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Università "La Sapienza" INGEGNERIA BIOMEDICA FISICA DELLE RADIAZIONI APPLICATA ALLA MEDICINA A.A. 2014-15 Organizzazione del corso: 60 ore di teoria (Prof. Patera) Lun Mar Gio 20 ore di lezioni di laboratorio (Prof. Sciubba) Ven 20 ore di esercitazioni in laboratorio (Prof. Sciubba) Merc Esame: Proff. Patera & Sciubba, commissione unica Contenuti del corso La medicina nucleare e la radiologia sono le principali branche della medicina che utilizzano le radiazioni per scopi diagnostici e terapeutici. La ricerca in questi settori punta al miglioramento dell'efficacia delle tecniche esistenti e allo sviluppo di nuove con lo scopo di incrementare la qualità delle prestazioni erogate e la prevenzione dei rischi per i pazienti, gli operatori e la popolazione in generale. Questo corso illustra cosa sono le radiazioni ionizzanti, come interagiscono con la materia, quali effetti biologici producono e indica come utilizzarne gli effetti benefici in campo sanitario e limitarne i danni potenziali accennando, infine, alla normativa radioprotezionistica più rilevante. In particolare il modulo di laboratorio del corso di Fisica delle radiazioni applicata alla medicina mira a sviluppare alcuni concetti di fisica relativi alla misura di grandezze radiometriche e, soprattutto, a far considerare la radioattività come uno strumento da maneggiare sì con cura ma che è in grado di permettere diagnosi e terapie altrimenti impossibili. Le lezioni del modulo di laboratorio inizieranno col considerare la natura aleatoria delle misure e accennare ad alcuni elementi di base di calcolo delle probabilità e di statistica sufficienti per poter dedurre dai risultati delle misure i valori di alcune grandezze di interesse. Appena possibile gli aspetti teorici illustrati verranno verificati in una esperienza di laboratorio dedicata al conteggio di eventi radioattivi. Seguirà la descrizione particolareggiata di un tipo di rivelatore utilizzato in alcune apparecchiature medicali dato che è parte integrante dell’attrezzatura in dotazione al laboratorio. Le caratteristiche del rivelatore verranno dettagliate ad un livello sufficiente per essere verificate sperimentalmente in laboratorio. Si circoscriveranno alcuni aspetti dell’interazione delle particelle elementari con la materia e semplici metodologie di elaborazione di dati sperimentali per verificare le proprietà di schermaggio di alcuni materiali. Verranno inoltre descritte le catene di decadimento di alcuni sorgenti radioattive utilizzate per la certificazione della linearità della risposta di rivelatori di radioattività. I dati raccolti durante le 5 sedute obbligatorie di laboratorio permetteranno di valutare quantitativamente alcune grandezze radiometriche.

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Università    "La  Sapienza"                                  INGEGNERIA  BIOMEDICA    

FISICA DELLE RADIAZIONI APPLICATA ALLA MEDICINA A.A. 2014-15    Organizzazione  del  corso:    -­‐  60  ore  di  teoria  (Prof.  Patera)  -­‐  Lun  Mar  Gio    -­‐  20  ore  di  lezioni  di  laboratorio  (Prof.  Sciubba)  -­‐  Ven  -­‐  20  ore  di  esercitazioni  in  laboratorio  (Prof.  Sciubba)  -­‐  Merc    -­‐  Esame:  Proff.  Patera  &  Sciubba,  commissione  unica      Contenuti  del  corso    La  medicina  nucleare  e  la  radiologia  sono  le  principali  branche  della  medicina  che  utilizzano  le   radiazioni   per   scopi   diagnostici   e   terapeutici.   La   ricerca   in   questi   settori   punta   al  miglioramento  dell'efficacia  delle   tecniche  esistenti  e  allo   sviluppo  di  nuove  con   lo   scopo  di  incrementare  la  qualità  delle  prestazioni  erogate  e  la  prevenzione  dei  rischi  per  i  pazienti,  gli  operatori  e  la  popolazione  in  generale.    Questo   corso   illustra   cosa   sono   le   radiazioni   ionizzanti,   come   interagiscono   con   la  materia,  quali   effetti   biologici   producono   e   indica   come   utilizzarne   gli   effetti   benefici   in   campo  sanitario  e  limitarne  i  danni  potenziali  accennando,  infine,  alla  normativa  radioprotezionistica  più  rilevante.    In   particolare   il   modulo   di   laboratorio   del   corso   di   Fisica   delle   radiazioni   applicata   alla  medicina   mira   a   sviluppare   alcuni   concetti   di   fisica   relativi   alla   misura   di   grandezze  radiometriche   e,   soprattutto,   a   far   considerare   la   radioattività   come   uno   strumento   da  maneggiare   sì   con   cura   ma   che   è   in   grado   di   permettere   diagnosi   e   terapie   altrimenti  impossibili.      Le   lezioni   del   modulo   di   laboratorio   inizieranno   col   considerare   la   natura   aleatoria   delle  misure   e   accennare   ad   alcuni   elementi   di   base   di   calcolo   delle   probabilità   e   di   statistica  sufficienti  per  poter  dedurre  dai  risultati  delle  misure  i  valori  di  alcune  grandezze  di  interesse.  Appena   possibile   gli   aspetti   teorici   illustrati   verranno   verificati   in   una   esperienza   di  laboratorio  dedicata  al  conteggio  di  eventi  radioattivi.  Seguirà   la   descrizione   particolareggiata   di   un   tipo   di   rivelatore   utilizzato   in   alcune  apparecchiature   medicali   dato   che   è   parte   integrante   dell’attrezzatura   in   dotazione   al  laboratorio.  Le  caratteristiche  del  rivelatore  verranno  dettagliate  ad  un    livello  sufficiente  per  essere  verificate  sperimentalmente  in  laboratorio.  Si  circoscriveranno  alcuni  aspetti  dell’interazione  delle  particelle  elementari  con  la  materia  e  semplici   metodologie   di   elaborazione   di   dati   sperimentali   per   verificare   le   proprietà   di  schermaggio  di  alcuni  materiali.    Verranno   inoltre   descritte   le   catene  di   decadimento  di   alcuni   sorgenti   radioattive   utilizzate  per  la  certificazione  della  linearità  della  risposta  di  rivelatori  di  radioattività.    I   dati   raccolti   durante   le   5   sedute   obbligatorie   di   laboratorio   permetteranno   di   valutare  quantitativamente  alcune  grandezze  radiometriche.    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   2  

   Organizzazione  del  Laboratorio:      -­‐  c'è  obbligo  di  frequenza;  non  sono  ammessi  ritardi  all'inizio  delle  esperienze.    -­‐   Si   opererà   in   gruppi   di   tre   studenti.   E'   obbligatoria   la  prenotazione   che   andrà   effettuata  entro  il  6  marzo  via  e-­‐mail  ([email protected]  -­‐  oggetto:  GRUPPI)  comunicando  i  nomi  di  massimo  altri   due   componenti   del   gruppo.   Lunedì   9  marzo   le   formazioni   verranno  comunicate  in  rete  e  con  avviso  cartaceo  nella  bacheca  del  laboratorio.  Chi  non  fosse  regolarmente  iscritto  al  primo  anno  di  Ingegneria  biomedica  deve  comunicarlo  in  fase  di  prenotazione.    -­‐   Le   cinque   esperienze   si   svolgeranno   a   via   Scarpa   (9:00–13:00,   massima   puntualità)   a  mercoledì  alterni  a  partire  dall'11  marzo.    -­‐  In  laboratorio  i  dati  raccolti  andranno  via  via  riportati  in  un  apposito  quaderno  insieme  alla  loro  elaborazione  (svolta  durante  la  seduta  di  laboratorio).    Sul   retro   del   quaderno   andranno   elaborate,   a   partire   dai   dati   raccolti,   altre   quantità   che  verranno  indicate  di  volta  in  volta.    -­‐   Per   essere   ammessi   all’orale   occorrerà   aver   consegnato   in   tempo   (entro   il   29  maggio)   il  quaderno  di  laboratorio  con  le  elaborazioni  richieste.  Del  quaderno  verrà  valutato  solo  il  retro  al  fine  di  individuare  un'idoneità  a  sostenere  l'orale.  In   caso   contrario,   a   partire  da  una   copia  del   quaderno   effettuata  prima  della   sua   consegna,  andrà   effettuata   una   nuova   elaborazione   da   consegnare   almeno   15   giorni   prima   della   data  prevista  per  l'eventuale  orale.      -­‐   La   discussione   dell’elaborato   (si   dovrà   dimostrare   di   aver   capito   cosa   è   stato   fatto   in  laboratorio  e  perché)  costituirà  parte  della  prova  d’esame  che  si  svolgerà  contestualmente  a  quella  relativa  agli  altri  aspetti  teorici  del  corso.          La   settimana   del   2-­‐6   febbraio   le   lezioni   del   modulo   di   teoria   saranno   sostituite   da  quelle  di  laboratorio.    Il  4  febbraio  non  ci  sarà  laboratorio    

          23  febbraio  2015                                              Adalberto  Sciubba    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   3  

CENNI DI PROBABILITÀ E STATISTICA APPLICATE ALLA TEORIA DELLA MISURA  La  natura  casuale  di  molti   fenomeni   che   saranno   trattati  nel   corso  obbliga  a  un  accenno  ad  alcuni   concetti   di   base   di   calcolo   delle   probabilità   e   di   statistica.   Questi   elementi   verranno  discussi   senza   nessuna   pretesa   di   rigore   e   completezza   come   invece   avviene   negli  insegnamenti  dedicati  a  tali  discipline.      Ripercorriamo  brevemente  con  un  esempio  quanto  già  appreso  in  corsi  precedenti  allo  scopo  di  trovare  un  linguaggio  comune.    Supponiamo   voler   contare   quanti   raggi   cosmici   attraversano   nell'arco   di   un'ora   l'elemento  sensibile  (scintillatore)  di  un  dosimetro.                                

Foto  estratta  dalle  note  applicative,  capitolo  14  http://www.hamamatsu.com/resources/pdf/etd/PMT_handbook_v3aE.pdf  

 Lo   strumento   viene   attivato   e   dopo   un  minuto   segnala   che   è   stato   attraversato   da   6   raggi  cosmici:  "mediamente"  un  raggio  cosmico  ogni  10  s.       Quindi  i  conteggi  in  un'ora  saranno:  60  min  x  6  conteggi/min  =  360  conteggi.    Questo   tipo   di   ragionamento   apparentemente   ovvio   sottintende   una   serie   di   passaggi   non  banali.   Il   conteggio   effettuato   sui   dati   sperimentali   è   un   valore   statistico   e   quindi   certo:   6  conteggi!  Ma  cosa  succederebbe  se  ripetessimo  la  misura?  L'istante  del  passaggio  nel  sensore  di  un  raggio  cosmico  non  è  correlato  a  quello  di  un  altro  raggio  proveniente  da  un  altro  punto  dello  spazio:  il  fenomeno  non  è  periodico  con  periodo  10  s.    Se  analizzassimo  un  altro   intervallo  di  un  minuto  potremmo  ottenere  ancora  6  conteggi  ma  anche   5   o   7   o…:   non   si   è   in   grado   di   prevedere   con   certezza   cosa   succederebbe   ma   ci  aspettiamo  un  risultato  non  molto  diverso  da  una  misura  all'altra.    Stiamo   assumendo   implicitamente   che   l’osservazione   sperimentale   derivi   (inferenza  statistica)   da   una   distribuzione   di   probabilità   dei   valori   assunti   dalla   variabile   aleatoria   K  (numero   di   raggi   cosmici   in   un   minuto)   il   cui   valor   medio   corrisponde   alla   nostra  osservazione   di   6   conteggi.   Poi,   confidenti   in   quella   distribuzione   di   probabilità   possiamo  stimare   con   un   sufficiente   livello   di   confidenza   che   in   un   intervallo   di   un'ora   il   numero   di  conteggi  sarà  360.    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   4  

Il   problema   di   base   in   ogni   misurazione   consiste   quindi   nel   determinare   quale   sia   la  distribuzione   di   probabilità   dalla   quale   sono   state   generate   le   N   misure   ottenute   (in   altri  gerghi  si  direbbe  che  è  stato  estratto  un  campione  di  potenza  N  o  che  è  stata  osservata  una  popolazione  di  N  individui  o  …).      E'  indispensabile  conoscere  in  dettaglio  la  distribuzione  di  probabilità  relativa  al  fenomeno  in  esame?  Ottenere  le  informazioni  necessarie  implica  una  campagna  di  misure  tanto  più  vasta  (e  costosa)  quanto  meglio  si  vogliono  conoscerne  i  particolari  (al  limite  N!  ∞).    Fortunatamente  le  distribuzioni  dei  risultati  sperimentali  sono  sufficientemente  “regolari”  per  cui   spesso  è  sufficiente  ricavare  poche   informazioni  per  essere   in  grado  di  elaborare  buone  previsioni.     In  molte  applicazioni   è   sufficiente   conoscere  un  valore   centrale   (la  media)  e  un  valore  legato  alla  dispersione  dei  valori  intorno  alla  media  (la  varianza).        Rivediamo  in  dettaglio  queste  affermazioni,  rapidamente,  ma  per  gradi…      Cominciamo  dalla  definizione  di  probabilità:  grado  di   fiducia  nel   verificarsi  di  un  evento  Quello   strumento   si   guasterà   entro   fine   anno?   Per   quando   devo   programmarne   la  manutenzione?   Quanti   pezzi   di   ricambio   devo   avere   di   scorta?   Quel   nucleo   radioattivo  decadrà?  Quando  sarò  attraversato  dal  prossimo  raggio  cosmico?    Dato   un   evento   assegniamo   una   probabilità   p   alla   possibilità   che   esso   si   verifichi.   Come  determiniamo  p?      Secondo  la  teoria  assiomatica  :        -­‐  la  probabilità  p  è  un  numero  non  negativo  tale  che:        -­‐  p  =  1  corrisponde  all’evento  certo,        -­‐  dati  due  eventi   tali   che   il  verificarsi  dell’uno  escluda   la  possibilità  di  verificarsi  dell’altro     (eventi  incompatibili  o  mutamente  esclusivi)  allora  la  probabilità  che  si  verifichino  o  A     o  B  è  P(A  o  B)  =  P(A)  +  P(B),        -­‐  dati  due  eventi  statisticamente  indipendenti,  tali  cioè  che  il  verificarsi  dell’uno  non  altera  la                         probabilità   di   verificarsi   dell’altro,   allora   la   probabilità   che   si   verifichino     congiuntamente  A  e  B  è  P(A  e  B)  =  P(A)  x  P(B)    Un   metodo   diverso   per   determinare   la   probabilità   di   realizzarsi   di   un   evento   consiste  nell’osservare  (teoria  frequentista)  il  fenomeno  N  volte,  contare  quante  volte  k  (frequenza)  si  verifica  l’evento  e  calcolare  il  rapporto  k/N  (frequenza  relativa).    -­‐  k/N  è  compreso  fra  0  (l’evento  non  si  verifica  mai)  e  1  (sempre).      Analizziamo   la   relazione   fra  p  e  k/N  utilizzando  come  esempio   il   lancio  di  una  moneta  non  truccata  per  ci  aspettiamo  che  la  probabilità  che  esca  testa  (T)  sia  p  =  0,5  =  50%.    Vediamo  cosa  può  succedere  al  crescere  del  numero  N  di  lanci.    Inizialmente  la  frequenza  relativa  varia  molto:  per  N  =  1  la  frequenza  relativa  può  valere  0  o  1,  per  N  =  2  può  valere  0  o  0,5  o  1  e  per  N  =  3  può  valere  0  o  0,33  o  0,67  o  1  e  così  via.    Al  crescere  di  N  la  frequenza  relativa  tende  a  0,5  ma  non  in  modo  monotono.  Le  variazioni  casuali  intorno  al  valore  0,5  vengono  dette  fluttuazioni  statistiche.    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   5  

                       Data   la   natura   aleatoria   del   fenomeno,   se   l’osservazione   venisse   ripetuta   altre   volte,   si  avrebbero  andamenti  simili  ma  non  identici.                            Tuttavia  al  crescere  di  N  l’ampiezza  delle  fluttuazioni  si  riduce1  e  la  frequenza  relativa  tende  a:  

 lim!→! k/N = p  

 Questa  relazione  (legge  forte  dei  grandi  numeri)  sottintende  che  le  prove  siano  indipendenti,  cioè   che   l’esito   di   una   prova   non   influenzi   l’esito   delle   prove   successive   (il   caso   non   ha  memoria   –   da   ricordare   se   al   gioco   del   Lotto   si   vuole   puntare   sull’uscita   dei   numeri  ritardatari).  E  se  la  moneta  fosse  truccata?  Con  questo  metodo  si  osserverebbe  che  il  limite  della  frequenza  relativa  non  sarebbe  p  =  0,5  ma  p’.  Noto  p’  si  può  prevedere  cosa  succederà   in   futuro:  su  N  tentativi  (con  N  sufficientemente  grande)  l’evento  testa  uscirà  mediamente  N  p’  volte2.      

Il   lancio   di   una   moneta   è   un   processo   di   tipo   binomiale:   l'evento   ha   due   modalità  mutuamente   esclusive   di   presentarsi   (testa-­‐croce,   sì-­‐no,   vero-­‐falso,   0-­‐1,   acceso-­‐spento…).   Detta   p   la   probabilità   di   verificarsi   di   una   modalità,   quella   dell'altra  modalità  avrà  probabilità  q  =  1  -­‐  p  di  presentarsi.    La  distribuzione  binomiale  o  di  Bernoulli  (che  non  tratteremo  in  questo  corso)  calcola  la   probabilità   con   cui,   su   N   prove   tra   di   loro   indipendenti,   k   volte   si   verifica   la  modalità  con  probabilità  p  e  le  restante  N-­‐k  volte  si  realizza  l'evento  complementare:  

p(k)  =  N!/[k!  (N-­‐k)!]  pk  qN-­‐k  

                                                                                                               1 Per una distribuzione binomiale di parametri N e p = ½ si ha: σ2(K) = Npq = N/4 da cui si ricava σ(K)/N = ½/√N; inoltre E(K/N) = E(K)/N = Np/N = p 2 Per una distribuzione binomiale di parametri N, p' si ha E(K) = N p'

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   6  

Cosa  succede  se  un  determinato  fenomeno  può  avere  più  di  due  esiti  (si  pensi  ai  6  possibili  risultati  del  lancio  di  un  dado)?  Anche  in  questo  caso  il  valore  del  risultato  non  è  determinato   ma   dipende   dal   caso:   è   una   variabile  aleatoria   (discreta)  X   il  cui   i-­‐mo  valore  xi  si  verifica  con  una  probabilità  P(xi).      La  funzione  P(X)  che  associa  le  probabilità  agli  N  possibili  valori  della  v.a.  X  è  la  distribuzione  di  probabilità  di  X.    Assiomaticamente   qualsiasi   funzione   P(X)   può   essere   considerata   una   distribuzione   di  probabilità  purché  per  ogni  xi  risulti  1  ≥  P(xi)  ≥  0  e  se  P(x1)  +  P(x2)  +  ...  +  P(xN)  =   P(x!)!

!!!  =  1.  Quest’ultima  relazione  (proprietà  di  chiusura)  deriva  dal  fatto  che  è  certo  (p  =  1)  che  in  una  prova  si  otterrà  almeno  uno  di  tutti  i  possibili  valori  della  v.a.  (nel  caso  del  lancio  di  un  dado  non   truccato  ci  aspettiamo  che  ogni  numero  esca  con  probabilità  1/6:   le  6  probabilità   sono  uguali  e  la  loro  somma  vale  1).    Non  sempre  i  valori  associati  ai  diversi   fenomeni  come,  ad  esempio,   il  conteggio  di  guasti  di  un’apparecchiatura   in   un   certo   intervallo   di   tempo,   sono   discreti.   Si   pensi   al   tempo   che  intercorre   fra   un   guasto   e   il   successivo.   In   questo   caso   la   variabile   aleatoria   tempo   è  continua   e   non   ha   più   senso   chiedersi   quale   sia   la   probabilità   che   X   assuma   uno   dei   suoi  infiniti  valori.    Sarà  invece  utile  definire  la  probabilità  infinitesima  che  X  assuma  un  valore  compreso  fra  x  e  x+dx:  dP(x)  =  dP(x  ≤  X  <  x+dx)    =   f(x)  dx  dove   f(x)  =  dP(x)/dx  è   la  densità  di  probabilità  o  funzione  di  distribuzione  (attenzione:  in  altri  corsi/testi  potreste  trovare  associato  al  simbolo  f(x)  un  significato  probabilistico  diverso).  

Graficamente   la   probabilità   che   X   assuma   un  particolare  valore  all'interno  di  un  intervallo  altri  non  è   che   l'area   racchiusa   al   di   sotto   della   densità   di  probabilità   in   quell'intervallo.   Se   la   f(x)   è   una  funzione   di   distribuzione   allora,   considerando   la  proprietà   di   chiusura,   si   ha:   ∫   f(x)   dx   =   1   qualora  l'integrale   venga   calcolato   su   tutto   l'insieme   di  

definizione  della  v.a.  X.  Infatti  ∫  f(x)  dx  =  P(X  =  un  qualsiasi  valore  x)  =  P(evento  certo)  =  1.    La  f(x)  contiene  tutta  l’informazione  necessaria  per  fare  previsioni  ma  conoscerla  richiede  una  quantità  infinita  di  misure.  Tuttavia  per  moltissimi  scopi  pratici  è  sufficiente  individuare  solo  alcuni  riassunti  (indici).    Il  primo  è  un  indice  di  posizione  che  individua  sull’asse  reale  il  punto  “intorno  al  quale  è  centrata”  la  distribuzione  dei  possibili  valori  della  v.a.    Simbolicamente  viene  definito  come  valore  atteso  (o  valore    previsto)  o  media3               m  =  E(X)  con  E(X)  definita  da:    

v.a.  discreta:  E(X)  =     x!P(x!)!!!!       v.a.  continua  E(X)  =   x  f x dx!!

!!    Si  noti  l’analogia  meccanica  col  baricentro  di  un  sistema  di  masse  P(xi)  nelle  posizioni  xi.   "  Esercizio:  verificare  che  il  valor  medio  del  risultato  del  lancio  di  un  dado  è  3,5  

                                                                                                               3 NON è la media aritmetica: la media è definita in campo probabilistico, la media aritmetica in quello statistico

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   7  

"  Esercizio:  dimostrare  che  E(aX+b)  =  a  E(X)  +  b   Un  secondo  indice  (di  dispersione)  quantifica  la  variabilità  della  v.a.  intorno  alla  media.    Si  definisce  varianza  la  quantità      

Var(X)  =  E[(X-­‐m)2]    

v.a.  discreta:  Var(X)  =     (x! −m)!P(x!)!!!!     v.a.  continua  E(X)  =   (x−m)!f x dx!!

!!    Dato  che  la  varianza  ha  le  dimensioni  fisiche  della  grandezza  X2  si   introduce  ai  fini  pratici   la  grandezza   σ(X)   =   Var(X)  detta   scarto   quadratico   medio   o   deviazione   standard   che   è  omogenea  alla  grandezza  X.   "  Esercizio:  dimostrare  che  E[(X-­‐m)2]  =  E(X2)-­‐E2(X)   "  Esercizio:  verificare  che  la  deviazione  standard  della  distribuzione  dei  risultati  del  lancio  di  un  dado  vale  σ(X)  =   35/12   "  Esercizio:  dimostrare  che  σ(aX+b)  =  a  σ(X)    Data  una  qualsiasi  distribuzione  è  possibile   calcolare   la  probabilità   che   la  v.a.   sia   compresa  nell’intervallo  (detto   intervallo   di   confidenza)  m-­‐σ <  X  <  m+σ.  Molte  delle  distribuzioni  di  uso  comune  hanno  la  caratteristica  che  all’interno  di  questo  intervallo  la  probabilità  (livello  di   confidenza)  è  molto  elevato.  Ovviamente  allargando  l’intervallo  di  confidenza  aumenta  il  livello  di  confidenza.  Spesso  si  utilizza  l’intervallo  m  -­‐  2σ <  X  <  m  +  2σ.  "  esercizio:  verificare  che  nell’intervallo  m-­‐σ <  X  <  m+σ  il  livello  di  confidenza  per  il  lancio  di  un  dado  è  2/3  (in  altri   termini:   la  probabilità  che   il  valore  della  v.a.  sia  compreso  fra  1,79  e  5,21  è  del  66,7%).      La  probabilità  che  una  v.a.  assuma  un  particolare  valore,  il  suo  valore  atteso  e  la  varianza  sono  grandezze   probabilistiche   che   richiedono   per   il   loro   calcolo   la   conoscenza   completa   della  distribuzione  di  probabilità.    Tuttavia,   a   partire   da   un   insieme   di   N   osservazioni   sperimentali   del   fenomeno   è   possibile  calcolare  delle  grandezze  statistiche  che  al  tendere  di  N  a  infinito  costituiscono  delle  stime  dei  riassunti  della  distribuzione.    Abbiamo  già  detto  della  frequenza  relativa  e  della  probabilità  p.  Analogamente  la  media  può  essere  stimata  attraverso   la  media  aritmetica  X =   !!

!  e   la  deviazione  standard  attraverso   la  

deviazione  standard  sperimentale  σs(X)  =   (!!!!)!

!!!.  

                                       PROBABILITA’      <-­‐-­‐>          STATISTICA                                                p            ≈     k/N                    m  =  E(X)          ≈     X =   !!

!  

σ(X)  =   Var(X)        ≈     σs(X)  =   (!!!!)!

!!!  

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   8  

Distribuzione  di  Poisson    Supponiamo  l’esistenza  di  un  numero  N  di  eventi  indipendenti,  ognuno  con  probabilità  p  di  verificarsi  e  probabilità  q  =  1-­‐  p  di  non  verificarsi.    E’  possibile  definire  una  v.a.  K  che  conta  il  numero  di  eventi  che  si  verificano.  Posto  m  =  Np    numero  atteso  di  successi,  nel  limite  in  cui  N  tende  a  infinito  e  p  a  zero  (eventi  rari),  si  ottiene  la  distribuzione  di  Poisson:  Pm(k)  =  !

!!!!

!!    in  cui  0  ≤  k  <  ∞

E’  possibile  dimostrare  che:       E(K)  =  m         Var(K)  =  m.  A prima vista il fatto che nella poissoniana risulti σ2 =  m  potrebbe  far  pensare  ad  un  errore  di  calcolo  dimensionale;  in  realtà  la  v.a.  della  distribuzione  di  Poisson  è  un  numero  puro  !   "  Esercizio:  verificare  che  la  distribuzione  di  Poisson  gode  della  proprietà  di  chiusura   "  Riflessione:  perché  possono  essere  considerati  eventi  rari  i  circa  200  raggi  cosmici  che  ogni  secondo  colpiscono  un  individuo?    Questa   distribuzione   è   stata   utilizzata   per   la   prima   volta   nella   conta   dei   globuli   rossi:   del  numero   enorme   contenuto   nel   volume   di   1   cm3   di   un   prelievo   standard   solo   una   frazione  irrisoria  viene  posta  su  un  vetrino  da  microscopio  con  una  camera  di  volume  noto.  L’esito  k  del  conteggio,  limitato  in  questo  modo  a  poche  centinaia  di  globuli  rossi,  è  quindi  soggetto  a  fluttuazioni   statistiche:   con   elevata   probabilità,   però,   il   numero   m   cercato   è   compreso  nell’intervallo  k  -­‐   k  <  m  <  k  +   k    !  m  =  k  ±   k    Come  esempio  analizziamo  la  distribuzione  per  m  =  2,5  k  =  0  !  P2,5(0)  =    !

!!,!!,!!

!!  =      8,2  %  

k  =  1  !  P2,5(1)  =    !!!,!!,!!

!!  =  20,5  %  

k  =  2  !  P2,5(2)  =    !!!,!!,!!

!!  =  25,7  %  

k  =  3  !  P2,5(3)  =    !!!,!!,!!

!!  =  21,4  %    

k  =  4  !  P2,5(4)  =    !!!,!!,!!

!!  =  13,4  %  

k  =  5  !  P2,5(5)  =    !!!,!!,!!

!!  =      6,7  %  

k  =  6  !  P2,5(6)  =    !!!,!!,!!

!!  =      2,3  %  

k  =  7  !  P2,5(7)  =    !!!,!!,!!

!!  =      1,0  %  

k  =  8  !  P2,5(8)  =    !!!,!!,!!

!!  =      0,3  %  

Calcoliamo  la  probabilità  che  m  -­‐  σ <  k  <  m  +σ,  cioè    2,5-­‐1,58 <  k  <  2,5+1,58  !  0,92 <  k  <  4,08.  Questa   condizione   è   soddisfatta   per   i   valori   k   =   1,   2,   3,   4   che   corrisponde   a   un   livello   di  confidenza  del  20,5  +  25,7  +  21,4  +  13,4  =  81,0  %.    "  esempio:  5000  cellule  vengono  irraggiate.  Sapendo  che  la  loro  probabilità  di  sopravvivenza  è  0,05%  qual  è  la  probabilità  di  trovarne  vive  esattamente  3?  E  almeno  3?  Il  valore  medio  è  dato  da  Np=  5000*0,0005=2,5.  P2,5(3)  =    !

!!,!!,!!

!!  =  21,4  %.  La  probabilità  che  

siano   almeno   3   si   ottiene   sommando   tutte   le   probabilità   da   k   =   3   fino   a   infinito…   Più  

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   9  

brevemente,  utilizzando  la  proprietà  di  chiusura,  si  può  scrivere  P(0)+P(1)+P(2)+P(3≤k)  =  1  e  quindi  P(3≤k)  =  1  -­‐  (8,2+20,5+25,7)%  =  1  -­‐  54,4%  =  45,6%   "  Esempio:  un  particolare  tipo  di  apparecchiatura  è  noto  per  avere  un  tasso  di  guasti  di  uno  ogni  2  anni.  Qual  è   la  probabilità  che   in  un  anno  non  abbia  guasti?  E  di  averne  uno  o  più  di  uno?  m  =    1/2  =  0,5    !  P0,5(0)  =    !

!!,!!,!!

!!  =  60,7  %;  P0,5(1≤k)  =  1-­‐  P0,5(0)  =  39,3%  

   Durante   un’esperienza   di   laboratorio   studieremo   il   numero   di   eventi   di   radioattività  ambientale  che  casualmente  vengono  rivelati  da  un  contatore  a  scintillazione.  Semplificandolo  al  massimo,  il  sistema  di  acquisizione  dei  dati  ha  una  sezione  che  lascia  passare  al  dispositivo  digitale   di   conteggio   solo   gli   eventi   che   si   presentano   temporalmente   in   coincidenza   con   il  segnale  di  GATE    aperto:                    Supponiamo  di  avere  una  frequenza  (rateo  o,  all’inglese  rate)  di  m  =  2,5  eventi  al  secondo.  Che   distribuzione   del   numero   di   conteggi   ci   aspettiamo   se   la   durata   del   GATE   è   1   s?  Ovviamente  m  =  2,5/s  x  1s  =  2,5.  Se  gli  eventi  sono  indipendenti  ci  aspettiamo  la  distribuzione    di  Poisson  con  m  =  2,5  già  graficata.      E  se,  invece,  il  GATE  durasse  0,1  s?    Allora  avremmo  m  =  0,25.    k  =  0  !  P0,25(0)  =    !

!!,!"!,!"!

!!  =      77,9  %  

k  =  1  !  P0,25(1)  =    !!!,!"!,!"!

!!  =    19,5  %  

k  =  2  !  P0,25(2)  =    !!!,!"!,!"!

!!  =        2,4  %  

k  =  3  !  P0,25(3)  =    !!!,!"!,!"!

!!  =        0,2  %  

   

Se   infine   la   durata   del   gate   fosse   di   10   secondi  allora   si   avrebbe   m   =   2,5/s   x   10   s   =   25   e   la  distribuzione  assumerebbe  una  forma  simmetrica    “a  campana”.    Questa   è   una   caratteristica   comune   a   tutte   le  distribuzioni  di  probabilità:  nel  limite  in  cui  il  loro  valore   medio   è   molto   elevato   (tende   a   infinito)  approssimano   sempre   più   una   particolare  distribuzione   (teorema   del   limite   centrale):   la  distribuzione  di  Gauss.    

   

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   10  

Distribuzione  di  Gauss    Dato  un  valore  x  =  m,  se  k  eventi  indipendenti  ne  aumentano,  ognuno  con  probabilità  p  =  1/2,  il  valore  di  una  quantità  Δ  e  N-­‐k  eventi  ne  diminuiscono,  ognuno  con  probabilità  q  =  1  -­‐  p  =1/2  il  valore  della  stessa  quantità  Δ,  posto  σ2  =  Np(1-­‐p)  Δ,  allora  X  =  m  +  k  Δ  -­‐  (N-­‐k)  Δ.  Nel  limite  di  N  che  tende  all’infinito  mentre  Δ va  a  zero,  X  diventa  una  v.a.  continua    con  la  distribuzione:  

           Applicando   le   definizioni   si   può   verificare   che   la  funzione  gode  della  proprietà  di  chiusura  e  che,  come  prevedibile,  E(X)  =  m  e  Var(X)  =   σ2.    I  flessi  della  funzione  sono  per  i  valori  di  x  =  m    ±  σ.     P(m    - σ  <  x  <  m    +        σ ) =  68,3%     P(m    -­‐  2σ  <  x  <  m    +    2σ ) =  95,4%     P(m    -­‐  3σ  <  x  <  m    +    3σ ) =  99,7%  

Dall'espressione  del  massimo  !!"!

 (detto  modulo  di  precisione)   si  deduce   immediatamente  che  tanto  più  aumenta  σ  tanto  più  la  curva  si  abbassa  (mantenendo  l’integrale  unitario).    La  precisione  di  un  sistema  di  misura  è   la  capacità  di   fornire   la   stessa   risposta   a   parità   di  sollecitazione.  Gli  errori  casuali  alterano  la  risposta  rendendo   imprecisa   la   misura.   La   distribuzione  degli   errori   segue   la   distribuzione   di   Gauss   ed   è  quindi  utilizzabile  per  stimare  la  risoluzione  di  uno  strumento.   La   utilizzeremo   per   caratterizzare   la  risoluzione  nella  misura  di  energia  effettuata  con  un  contatore  a  scintillazione.   "  Esercizio:  verificare  che  la  larghezza  della  funzione,  calcolata  a  mezza  altezza  (Full  Width  at  Half  Maximum),  è  pari  a  FWHM  =  2 2  ln2  σ  =  2,35  σ "  Esercizio:  verificare   che   la   probabilità   che  una  misura  distribuita   gaussianamente   sia   più  grande  del  valor  medio  di  una  quantità  2  σ  è  pari  al  2,3%      

( )( )

2

2

2mx

e21xf σ

−−

σπ=

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   11  

Distribuzione  esponenziale    Ipotizziamo   un   processo   poissoniano   per   il   quale   ci   si   attende   una   frequenza   di   r   conteggi  nell’unità  di  tempo4  (e  quindi  in  media  m  =  r  t  eventi  nell’intervallo  0÷t)  e  chiediamoci  quale  sia  la  distribuzione  del  tempo  t  che  intercorre  fra  un  evento  e  il  successivo.    L’istante  t*  in  cui  si  verifica  l’evento  è  una  v.a.  continua  e  quindi  ne  va  definita  la  probabilità  infinitesima:  dP(t<t*<t+dt).    Questa   probabilità   è   fattorizzabile   col   prodotto   della   probabilità   che   non   avvengano   eventi  nell’intervallo   finito  0÷t  moltiplicata  per   la  probabilità  (infinitesima)  che  avvenga  un  evento  nell’intervallo  t  ÷ t+dt:    dP(t<t*<t+dt)  =  Prt(0)  dPrdt(1)  =  e!!"  dPrdt(1)  =  e!!"[!

!!"#(!"#)!

!!] = e!!"[e!!"#rdt].

Sviluppando   in   serie   di   potenze   l’esponenziale   e   fermandosi   al   primo   termine   in   rdt   (cioè  e!!"# ∼1)  si  ottiene:  dP(t<t*<t+dt)  =  f(t)  dt  =  e!!"  rdt.    Da  f(t)  dt    =  re!!"dt  si  ottiene  che  la  distribuzione  dei  tempi  d’arrivo    è  esponenziale:       f(t)  =  re!!"  con  0  ≤  t  <  ∞    dalla  quale  si  può  dedurre:     E(t)  =  1/r       Var(t)  =  1/r2   L’inverso   della   frequenza   r   è   un   tempo   τ   =   1/r   caratteristico   dell’andamento   esponenziale:  E(t)  =  1/r  =  τ è   il   tempo  che   in  media  trascorre   fra   il  verificarsi  di  un  evento  e   il  successivo  (nel  caso  del  decadimento  di  nuclei  radioattivi  τ è  detto  vita  media)  La  distribuzione  f(t)  =  re!!"  può  quindi  essere  riscritta  come  f(t)  =  !

!e!! !  

"  Esercizio:  verificare  la  proprietà  di  chiusura  della  funzione  esponenziale   "  Esercizio:  verificare  che  per  la  distribuzione  esponenziale  E(t)  =  τ.    "   Esempio:   determiniamo   per   la   distribuzione   esponenziale   il   tempo   T1/2   entro   il   quale  l'evento  ha  una  probabilità  del  50%  di  verificarsi.    Si  tratta  di  integrare  f(t)  =  1/τ    e!!/!  fra  0  e  T1/2  e  porre  il  risultato  pari  a  0,5:    

!  !

!!/!!  e!

!!  dt    =  τ    e!!!/!/!=  0,5  !  T1/2  =  τ  ln  2  =  0,69  τ.  

            "  Esercizio:  analogamente  al  tempo  di  dimezzamento  T1/2  si  può  determinare  l’istante  T1/10  prima   del   quale   c’è   una   probabilità   del   90%   del   verificarsi   dell’evento   (e   quindi   una  probabilità   1/10   che   ancora   non   si   sia   verificato).   Verificare   che   ora   il   calcolo   svolto  

precedentemente  porta  a  0,1  =  e!!!/!"!      e  quindi  che  il  tempo  T1/10  =  τ  ln  10  =  2,30  τ.  

                                                                                                               4 r (rateo di conteggi o "rate" in inglese) è un frequenza temporale: si misura in hertz

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   12  

"  Esercizio:  dopo  quante  costanti  di  tempo  τ si  ha  una  probabilità  del  25%  =  1/4  che  l’evento  non  si  sia  ancora  verificato?      "  Esercizio:  dopo  quante  costanti  di  tempo  τ si  ha  una  probabilità  del  5%  =  1/20  che  l’evento  non  si  sia  ancora  verificato?        Test  del  chi  quadro  applicato  ai  conteggi    Un'altra   distribuzione   di   probabilità   interessante   è   quella   della   somma   dei   quadrati   di   ν  variabili  aleatorie   indipendenti  ognuna  con  media  nulla  e  varianza  unitaria:   la  distribuzione  del  χ2  (chi  quadro)  con  ν  gradi  di  libertà:  

χ! = u!!!!!,!  dove  E(ui)  =  0  e  Var(ui)  =  1  I  riassunti  di  questa  distribuzione  sono:       E(χ!)  =  ν     Var(χ!)  =  2ν  e,  al  solito,  per  ν  sufficientemente  grande  la  distribuzione  è  approssimabile  con  una  gaussiana.    L'interesse  di  questa  distribuzione  consiste  nel   fatto   che   in  una   serie  di  misure  della   stessa  grandezza   è  possibile   costruire   la  quantità  χ2   e,   se  questa   si   discosta   troppo  dal   suo  valore  atteso,  significa  che  le  ipotesi  E(ui)  =  0  e  Var(ui)  =  1  non  sono  verificate  (test  del  χ2).    Vediamo  come  applicare  il  test  del  χ2  al  caso  di  una  serie  di  misure  xi  che  dovrebbero  seguire  la  distribuzione  di  Poisson.  Se  definiamo  ui  =  !!!!!  otteniamo:    

  E(ui)  =E(!!!!! )  =  !!!!!  =!(!!)!!(!)

!  =  !!!

!  =  0  

  Var(ui)  =  Var(!!!!! )  =  !"#(!!)!!"#(!)!!

 =  !!!!!!  =  1  

  Da  cui  χ2  =   (!!!!)!

!!!!!,!  =   (!!!!)!!!,!!

!!  

Nel  caso  di  una  poissoniana  si  possono  stimare  sia  m  che  σ2  con  X  per  cui:  χ2   =   (!!!!)!!!!,!

!  in   cui   ν,   che   conta   le   variabili   indipendenti,   vale   N-­‐1   (la   media   aritmetica  

costituisce  un  vincolo  fra  le  N  misure  di  X).  Assumeremo   quindi   che   la   v.a.   X   segue   la   statistica   di   Poisson   se,   eseguite   N   misure  indipendenti,  la  quantità  χ2  =   (!!!!)!!!!,!

!  è  all'interno  dell'intervallo  (N-­‐1)  ±  2 2(N− 1)  .  

Il  fattore  due  davanti  alla  deviazione  standard  è  per  allargare  il  livello  di  confidenza:  si  è  sicuri  al   95%   che   se   si   ottiene   un   valore   al   di   fuori   dell'intervallo   scelto   i   dati   non   seguono   la  statistica  di  Poisson.    "  Esercizio:  in  una  serie  di  100  misure  di  conteggi  si  ottengono:    conteggi   0   1   2   3   4   5  #  di  misure   61   26   10   2   1   0  I  conteggi  sono  distribuiti  poissonianamente?      X = !"#$!!"#$!!"#$!!"#!!"#

!"!!"!!"!!!!  =  0,56  (numero  medio  di  conteggi)  

χ2  =  !"#(!!!,!")!!!"#(!!!,!")!!!"#(!!!,!")!!!"(!!!,!")!!!"(!!!,!")!

!,!"  =122,6  

questo  valore  è  all'interno  dell'intervallo  99±2 2x99=99±28!  poissoniana    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   13  

 Il  caso  di  più  variabili  aleatorie    Prese  due  variabili  aleatorie  X  e  Y,  ognuna  la  propria  distribuzione  di  probabilità  f(x)  e  f(y),  e  quindi  valori  medi  E(X)  e  E(Y)  e  varianze  Var(X)  e  Var(Y),  è  utile  esaminarne  la  combinazione  lineare  Z  =  a  X  +  b  Y.    Basandosi  sulla  linearità  dell’operatore  E()  si  ha  che  E(Z)  =  a  E(X)  +  b  E(Y).    Inoltre,  se  X  e  Y  sono  statisticamente  indipendenti,  allora  la  distribuzione  di  probabilità  f(x,y)  che  si  verifichino  contemporaneamente  X  e  Y  è  data  da  f(x,y)  =  f(x)  f(y)  da  cui  si  ricava  che  Var(Z)  =  a2  Var(X)  +  b2  Var(Y)  !  σ(a  X  +  b  Y)  =   [𝐚  𝛔 𝐗 ]𝟐 + [𝐛  𝛔 𝐘 ]𝟐.    Nel  caso  in  cui  Z  =  X  ±  Y  (cioè  a  =1  e  b  =  ±1)  si  ottiene  σ(X  ±  Y)  =   [σ X ]! + [σ Y ]!.    Quest'ultima  relazione  è  particolarmente  utile  nel  caso  degli  N  conteggi  dovuti  alla  somma  di  due  contributi  originati,  per  esempio,  uno  da  eventi  di  radioattività  e  uno  dal  rumore  di  fondo  elettronico  del  dispositivo  di  rivelazione.    

In  questi  casi  si  possono  eseguire  due  misure:  il  numero  di  conteggi  F  di  fondo   del   solo   rivelatore   ottenuto   allontanandosi   dalla   sorgente  radioattiva  e  il  numero  totale  di  conteggi  dato  dalla  radioattività  (segnale  S  incognito  da  quantificare)  e  dal  fondo:  N  =  S  +  F.      Banalmente  S  =  N  –  F5.    Ma  con  quale  incertezza  è  noto  S?    σ(S)  =  σ(N-­‐F)  =   [σ N ]! + [σ F ]!  e,  dato  che  sia  N  che  F  sono  conteggi  che  seguono  la  statistica  poissoniana,  si  ha  σ(N)= N  e  σ(F)= F    e  quindi  σ(S)  =  σ(N-­‐F)  =   N+ F    

   Caratteristiche  della  media  aritmetica  Consideriamo  la  media  aritmetica  di  N  misure  X =   !!

!= !

!x!.    

Questa  espressione  può  essere  vista  come   la  combinazione   lineare  con  coefficienti  1/N  di  N  variabili  aleatorie:   l'indice   i  =  1,  N   in  questo  caso   indicherebbe  non   la  prima,  seconda,   terza  misura…  della  v.a.  X  ma  un  valore  assunto  dalla  v.a.  X1  (prima  misura),  un  valore  assunto  dalla  v.a.  X2  (seconda  misura),  un  valore  assunto  dalla  v.a.  X3  (terza  misura)...    E'  spesso  ragionevole  supporre  che  la  distribuzione  di  probabilità  della  prima  misura  f(x1)  sia  la  stessa  della  seconda  misura  e  così  per  tutte  le  altre6:  f(x1)  =  f(x2)  =…  =  f(xN)  =  f(x)  tutte  con  con  E(Xi)  =  m  e  Var(Xi)  =  σ2.    Pertanto  E(X)  =  !

!E(X1)  +  !!E(X2)  +…  =  N  

!!  E(X)  =  m  cioè  il  valore  atteso  della  media  aritmetica  

è  la  media  e  Var(X)  =   !!!  Var(X1)  +   !!!  Var(X2)  +…  =  N  

!!!  Var(X)  =  !

!  Var(X)  da  cui  si  ricava  che    

 la  deviazione  standard  della  media  aritmetica  di  N  misure  indipendenti  è    

σ(𝐗)  =   𝟏𝐍  σ(X)  

 Infine,   sempre   per   via   del   teorema   del   limite   centrale,   la   distribuzione   di   probabilità   della  media   aritmetica   di   N   misure   f(X)   tende,   nel   limite   N!∞,   alla   distribuzione   di   Gauss,   a  prescindere  dalla  distribuzione  di  probabilità  f(x).  

                                                                                                               5 si sta ipotizzando che le misure di N e F abbiano avuto la stessa durata temporale e che le frequenze del segnale e del fondo non siano variate durante le misure 6 cioè che i risultati delle misure siano tra loro statisticamente indipendenti

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   14  

   "  Esercizio:  calcolare  per  quanto  tempo  occorre  acquisire  eventi  con  frequenza  di  circa  10  Hz  affinché  tale  frequenza  sia  nota  al  5%  (40  s)    "  Esercizio:  …  e  se  la  strumentazione  avesse  una  frequenza  di  segnali  di  fondo  pari  a  7,5  Hz  misurata  per  una  pari  durata  temporale?  (100  s)      RIASSUMENDO:  il  risultato  di  una  serie  di  N  misure  della  stessa  grandezza  X  è  rappresentato  dalla  media  della  distribuzione  di  probabilità  di  X:  gli  errori  di  misura  alterano  casualmente  il  valore  m  ora  in  eccesso,  ora  in  difetto,  all'incirca  come  avviene  per  la  distribuzione  di  Gauss.    Dal  punto  di  vista  statistico  quindi  si  stima:    -­‐  m  con  la  media  aritmetica      

− σ(X)  =   Var(X)   con    σs(X)  =   (!!!!)!

!!!.    

 La  media  aritmetica  compensa  parzialmente  le  fluttuazioni  in  eccesso  rispetto  a  m  con  quelle  in  difetto  e  quindi  la  sua  precisione  migliora.  Si  conviene  quindi  di  riportare  come  risultato  la  media  aritmetica  e  la  sua  incertezza  σ(X)  =   !

!  σ(X)  che,  statisticamente,  diventa   !

!  σs(X).  

 Il   teorema   del   limite   centrale,   infine,   per   N   sufficientemente   grande   garantisce   che   la  distribuzione  della  media   aritmetica   è   gaussiana  e   che  quindi   con  elevata  probabilità   (circa  68%  di  livello  di  confidenza)    m  -­‐  σ(X)  <  X  <  m  +  σ(X)    !    X  -­‐  σ(X)  <  m  <  X  +  σ(X)    che,  statisticamente,  diventa:  X  -­‐  σs(X)  <  m  <  X  +  σs(X).      Al  crescere  di  N  si  ha  che  σs(X)  diminuisce  (N  al  denominatore),  quindi  l'intervallo  si  stringe  e  la  media  aritmetica  diventa  una  stima  sempre  più  buona  di  m:    

m  ≈  𝐗  ±  σs(𝐗)  =  𝐗  ± 𝛔𝐬(𝐗)𝐍  =  𝐗  ± 𝟏

𝐍(𝐱𝐢!𝐗)𝟐

𝐍!𝟏  

 "  Esercizio:  in  una  serie  di  9  misure  della  stessa  grandezza  X  si  ottengono  i  seguenti  risultati:        8,5  (2  volte)      9,0      9,5  (2  volte)  10,0  (2  volte)  10,5  Con   una   qualsiasi   calcolatrice   statistica   si  ottengono   rapidamente   la   media   aritmetica  della   serie   di   misure   (9,611)   e   la   deviazione  standard  (0,858).        Perché   la   migliore   stima   del   valore   vero   della  grandezza  misurata  è  X  =  9,61±0,29?    Con  un  intervallo  di  confidenza  di  3  deviazioni  standard,  perché  il  valore  minimo  che  ci  si  può  aspettare  per  una  decima  misura  è  7,0?    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   15  

   Retta  dei  minimi  quadrati    Spesso  è  necessario  studiare  la  relazione  fra  due  diverse  grandezze  fisiche,  per  esempio  per  tarare  uno  strumento  o  per  studiare   la   risposta  di  un  sistema  ad  uno  stimolo  variabile.  Nel  caso  di  una  relazione  lineare  si  può  procedere  anche  manualmente  realizzando  un  grafico  con  la   risposta  Y   in  ordinata  e   la   sollecitazione  X   in  ascissa:  un  andamento   lineare  è   facilmente  individuabile.    Ogni  punto  sul  grafico  è  il  risultato  di  una  coppia  di  misure  (xi,yi)  entrambe  affette  da  errori  di  misura:   solo   teoricamente   si   disporrebbero   lungo   una   retta.   In   realtà,   a   seconda   della  precisione   delle   misure,   i   punti   saranno   più   o   meno   ben   allineati;   in   alcuni   casi   potrebbe  essere   addirittura   problematico   tracciare   con   un   righello   una   retta   che   passi   quanto   più  possibile  nelle  vicinanze  di  quanti  più  punti  possibile.      Tuttavia  anche  una  retta  tracciata  grossolanamente  fornirebbe  molte  informazioni.  La  prima  è  che  se  si  è  riusciti  a  tracciarla  l'andamento  è  lineare!        A   questo   punto   diventa   lecito   ritenere   che  l'andamento  teorico  è  descritto  da  Y  =  p  X  +  q  dove  la  pendenza  p  e  l'intercetta  q  della  retta  approssimante   diventano   più   significativi   dei  singoli  punti  misurati.  Per   ricavare   q   basta   considerare   che   è   la  distanza   dall'origine   dell'intersezione   della  retta   con   l'asse   delle   Y:   q   =   Y(X=0);   è  sufficiente   leggere   sul   grafico   il   valore   con   la  sua  unità  di  misura.  Per  ricavare  la  pendenza  e  le  sue  unità  di  misura  si  scelgono  arbitrariamente  sulla  retta  due  punti  P1=(X1,  Y1)  e    P2=  (X2,  Y2).  Da  Y1  =  p  X1  +  q  e  Y2  =  p  X2  +  q  si  ricava  p  =  (Y2-­‐Y1)/(X2-­‐X1).    Per  una  elaborazione  meno  approssimata  si  può  ricorrere  al  metodo  dei  minimi  quadrati  che  minimizza,  al  variare  dei  parametri  p  e  q,  i  quadrati  delle  distanze  dei  singoli  punti  dalla  retta  Y  =  p  X  +  q.    L'elaborazione  statistica  di  questa  minimizzazione  fornisce  sia  una  stima  di  p  e  q:           p  =  

! !!!!! !! !!! !!

!! !! !!                                     q  =    

!!! !!! !!!! !!! !!

!! !! !!        

 che  le  loro  varianze:       σ2(p)  =  

!    !!

! !!!! !! !!

                             σ2(q)  =    !!!    !!

! !!!! !! !!

                           con    σ2  =   [!!! !!!!! ]!

!!!    

   Queste   formule   sono   integrate  nella   calcolatrice   statistica   LabCalc   sviluppata  per   le   attività  del   Laboratorio   Didattico   di   Fisica   della   Sapienza;   può   essere   scaricata   dal   sito  http://w3.uniroma1.it/labfis/download.html  Come  si  vede  le  incertezze  delle  stime  di  p  e  q  sono  legate  alla  quantità  σ2  =   [!!! !!!!! ]!

!!!  che  

rappresenta  sostanzialmente  la  distanza  quadratica  media  delle  coppie  di  misure  (xi,yi)  dalla  retta:   quanto   più   i   punti   sono   ben   allineati   tanto   più   piccole   sono   le   incertezze   con   cui   si  possono  ricavare  i  parametri  p  e  q.  

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   16  

"   Esercizio:   i   risultati   di   una   serie   di   8   misure   della  sollecitazione   X   e   della   risposta   Y   vengono   inseriti   in  una   calcolatrice   statistica   per   determinare   se   sia   più  precisa   la   stima   della   pendenza   o   dell'intercetta   della  retta  che  descrive  la  dipendenza  di  Y  da  X.      Viene   prodotto   un   grafico   dei   punti   misurati   e   se   ne  verifica   la   linearità.   Risulta   evidente   che   un   punto   è  affetto   da   errori   di   misura   eccessivi   e   quindi   viene  scartato.  Rielaborando  i  dati  dei  punti  rimasti  si  ottiene  σ(p)/p  =  0,08/0,65  =  12%  <  σ(q)/q  =  0,35/1,09    =  32%          "  Riflessione:   spero,  al  termine  di  questa  necessariamente  rapida,  superficiale  e  incompleta  carrellata  sul  significato  di  aleatorietà  della  natura,  che  abbiate  migliorato  la  conoscenza  della  relazione  causa-­‐effetto.   Spesso   la   sua  natura  è   contaminata  da   ragionamenti  di   fondo   in   cui  l'osservazione  statistica  viene  inconsciamente  alterata  dall'osservatore:  contate  quante  volte  non   succede   nulla   passando   sotto   una   scala,   quando   un   gatto   nero   vi   attraversa   la   strada,  quando   uno   specchio   si   rompe   e,   soprattutto,   quanti   esami   superate   anche   se   avete  correttamente  stampato  la  ricevuta  dell'esame  prima  di  presentarvi  all'orale…      LABORATORIO7:       ESPERIENZA SUI CONTEGGI  A)  STUDIO  DEL  NUMERO  MEDIO  DI  CONTEGGI  IN  FUNZIONE  DELLA  DURATA  DEL  GATE    B)   STUDIO   DELLA   RELAZIONE   FRA   MEDIA   E   DEVIAZIONE   STANDARD   DEL   NUMERO   DI  CONTEGGI    C)   CONFRONTO   FRA   DISTRIBUZIONE   STATISTICA   E   PREVISIONE   PROBABILISTICA   NEL  CASO  DI  EVENTI  POISSONIANI  CON  NUMERO  MEDIO  DI  CONTEGGI  PARI  A  CIRCA  0,8  –  3  -­‐    25  

 

PRIMA SERIE DI RACCOLTA DATI  

Con  la  durata  del  GATE  impostata  a  1000  ms  acquisire  200  GATE.  Ripetere  la  sequenza  per:  500  ms,  200  ms,  100  ms,  50  ms,  20  ms,  10  ms,  5  ms,  2  ms,  1  ms   Durante   ogni   acquisizione   verificare   che   l’andamento   dei   conteggi   segua   qualitativamente  l’andamento  previsto  dalla   statistica  di  Poisson:   in  caso  di  problemi  potrebbe  comparire  un  numero   anomalo   di   conteggi   nel   canale   zero   dell’istogramma   o   un   numero   anomalo   di  overflow   (valori  maggiori   del   canale  massimo   visualizzato   nell’istogramma)   o   l’istogramma  potrebbe  presentare  più  picchi…  se  dovesse  succedere  informare  il  docente.    Alla  fine  di  ogni  acquisizione  salvare  gli  istogrammi  dei  conteggi,  riportare  sul  quaderno  l’ora  e   le   statistiche   dell’istogramma:   numero  di   eventi,  media   (con   almeno  3   cifre   significative),  deviazione  standard,  valore  minimo  e  massimo  dell’istogramma  e  numero  di  canali.      

                                                                                                               7 maggiori dettagli verranno forniti in concomitanza con l'esercitazione in laboratorio

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   17  

Riportare  su  carta  doppio  logaritmica  il  numero  medio  di  conteggi  (fra  0,1  e  100)  in  funzione  della   durata   del   GATE   (fra   1   ms   e   1   s);   tracciare   la   retta   che   meglio   passa   per   i   punti  sperimentali  e  ricavarne  la  pendenza.  Inserire  i  logaritmi  dei  valori  ottenuti  nella  calcolatrice  per  ottenere  i  parametri  della  retta  col  metodo  dei  minimi  quadrati.  Preso  un  valore  sulla  retta  graficata  dedurne  la  frequenza  dei  segnali  prodotti  dal  contatore  a  scintillazione    SECONDA SERIE DI RACCOLTA DATI  

Impostare  un’acquisizione  di  500  GATE  della  durata  necessaria  per  ottenere  un  valore  medio  di   circa   0,8   conteggi;   acquisirli;   salvare   i   dati,   riportare   sul   quaderno   l’ora   e   le   statistiche  dell’istogramma:   numero   di   eventi,   media   (con   almeno   3   cifre   significative)   e   deviazione  standard.  Ripetere  la  stessa  operazione  per  i  valori  medi  3  e  25  (ovviamente  0,8  3  e  25  sono  solo  valori  nominali;  le  medie  effettive  saranno  note  solo  a  fine  acquisizione)    Graficare   su   carta   doppio   logaritmica   la   deviazione   standard   del   numero   di   conteggi   in  funzione   del   numero   medio   di   conteggi;   tracciare   la   retta   che   meglio   passa   per   i   punti  sperimentali.   Ricavare   con   i   minimi   quadrati   la   pendenza   della   retta   e   confrontarla   con  quanto  atteso    Copiare  su  un  grafico  in  carta  lineare  gli  istogrammi  delle  acquisizioni  già  effettuata  con  valori  medio  circa  0,8  e  3  e  sovraimporvi  le  distribuzioni  attese  in  base  alle  poissoniane  aventi  come  valori  m  le  rispettive  medie  aritmetiche  calcolate  da  GIADA  nei  500  GATE.      Analogamente  per   l'acquisizione  già  effettuata  con  valor  medio  circa  25  ma  sovrapponendo  una  distribuzione  gaussiana  avente  come  valore  m  la  media  aritmetica  calcolata  da  GIADA  nei  500  GATE  e  parametro  σ2  pari  a  m.      Commentare   l’entità   dell'accordo   fra   le   3   distribuzioni   statistiche   e   quelle   previste   su   base  probabilistica:   qualitativamente   dal   confronto   dei   grafici;   quantitativamente   verificando   la  poissonianità  dei  dati  col  test  del  χ2.      Esempio  della  distribuzione  del  numero  di  conteggi  (grafici  ottenuti  con  l’acquisizione  di  700  GATEs  lunghi  1  s  a  sinistra  (scala  verticale  lineare)  e  di  1000  GATEs  lunghi  1  s  a  destra  (scala  verticale  logaritmica).    

                       

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   18  

RADIOPROTEZIONE    Il  fatto  che  le  radiazioni  non  vengano  percepite  dall’uomo  le  rende  potenzialmente  pericolose  così  come  lo  sono  l’elettricità,  alcune  sostanze  chimiche,   le  emissioni  elettromagnetiche:  per  sfruttarne   le   notevoli   potenzialità   occorre   quindi   regolamentare   il   loro   uso   al   fine   di  massimizzarne   gli   effetti   benefici   mantenendo   a   un   livello   tollerabile   quelli   negativi,   come  avviene  per  tutte  le  tecnologie  che  interagiscono  con  l'uomo  o  l'ambiente.  La  radioprotezione  ha  il  compito  di  definire  un  insieme  di  leggi,  norme  e  procedure  tese  alla  protezione   da   effetti   nocivi   sui   lavoratori,   per   quanto   riguarda   le   esposizioni   derivanti  dall'attività   lavorativa;   sui   pazienti,   per   quanto   riguarda   le   esposizioni   derivanti   da   esami  diagnostici   o   terapie;   sulla   popolazione   e   sull'ambiente,   per   quanto   riguarda   i   tipi   di  esposizioni  che  possono  interessarle.    Nello  strutturare   il  corso  di   laboratorio  sono  stati  seguiti   i  principi   della  Radioprotezione  che   qui,   come   esempio   della   loro   applicazione,   vengono   solo   accennati   con   riferimento   alle  attività  di  laboratorio  (per  alcuni  dettagli  normativi  e  quantitativi  riferirsi  alle  lezioni  del  Prof.  Patera):  

Principio  di  giustificazione  

In   ogni   attività   che   contempla   esposizione   a   radiazioni   ionizzanti   deve   essere   giustificato   il  loro   uso.   In   particolare   deve   essere   verificato   che   i   benefici   ottenibili   dal   loro   impiego  superano  i  danni  che  potrebbero  derivarne.    

Nel  caso  delle  sorgenti  impiegate  in  laboratorio  non  sono  ragionevolmente  prevedibili  danni  alla   salute   degli   studenti  mentre   acquisire   familiarità   con   le   radiazioni   toglie   quel   senso   di  paura   ingiustificata   richiamato  dal   termine   “nucleare”   che  mal   si   addice   alla  professionalità  dell’Ingegnere  biomedico.  

Principio  di  ottimizzazione  

L'esposizione   alle   radiazioni   ionizzanti   deve   essere   ridotta   quanto   più   possibile   (principio  ALARA,  As  Low  As  Reasonably  Achievable).  

Nel  caso  delle  attività  di  laboratorio,  oltre  ad  aver  selezionato  sorgenti  con  il  più  basso  livello  di   radiazioni   compatibile   con   le  misure  da   svolgere,   il   loro   impiego  non   inizia   con   la  prima  esperienza   di   laboratorio   sfruttando   il   fatto   che   per   la   comprensione   delle   problematiche  relative   al   conteggio   in   fenomeni   poissoniani   è   possibile   utilizzare   il   fondo   naturale   di  radiazione.     Vengono   inoltre   presi   ulteriori   accorgimenti   per   ridurre   comunque   il   livello   di  esposizione  alle  radiazioni.    

Applicazione  dei  limiti  di  dose  

Una  volta  che  l’uso  delle  radiazioni  sia  stato  giustificato  e  ridotto  al  livello  più  basso  possibile  resta  da  verificare  se  quanto  ottenuto  rappresenta  comunque  una  situazione  di  pericolo  per  l’individuo,  il  lavoratore  e/o  la  popolazione.  

Nel  caso  delle  sorgenti  utilizzate  in  laboratorio,  come  si  vedrà  successivamente,  l’esposizione  alla   radiazione   che   possono   indurre   è   talmente   ridotta   da   farle   rientrare   nella   categoria   di  “esenzione”    per  la  quale  non  sono  previste  particolare  norme  per  la  tutela  dell’individuo  

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   19  

APPARATO  SPERIMENTALE    Le  esperienze  di  laboratorio  sono  volte  allo  studio  di  grandezze  dosimetriche  utilizzano  come  generatore   di   radiazione   una   sorgente   radioattiva   emettitrice   di   positroni.   In   questo  modo  potranno   essere   anche   effettuati   dei   paragoni   con   la   PET   che   costituisce   invece   uno   degli  strumenti  diagnostici  più  sofisticati  a  disposizione  delle  strutture  ospedaliere.    L’emissione   radioattiva   verrà   evidenziata   da   un   opportuno   rivelatore   in   grado   di   produrre  informazioni   che   verranno   sia   analizzate   in   tempo   reale,   sia   memorizzate   per   successive  elaborazioni  più  sofisticate.    Quando  una  particella  attraversa  la  materia  interagisce  con  essa  cedendole  tutta  o  parte  della  sua  energia   secondo  meccanismi   che  variano   significativamente   in  base  al   tipo  di  particella  incidente  e  alla  sua  energia.  Per  una  trattazione  completa  delle  modalità  di  interazione  della  radiazione   con   la   materia   si   rimanda   al   modulo   di   teoria   del   Prof.   Patera.   Per   la  comprensione  delle  sole  attività  di  laboratorio  è  sufficiente  ricordare  che  le  particelle  cariche  perdono  energia  per  eccitazione  e  ionizzazione  del  mezzo  in  modo  continuo  (Bethe-­‐Bloch).  Le  particelle   neutre   (fotoni,   neutroni)   non   sono,   invece,   in   grado   di   eccitare   e   ionizzare  direttamente  il  materiale:  lo  fanno  tramite  la  produzione  di  particelle  secondarie  cariche  che  a  loro  volta  perdono  energia  per  eccitazione  e  ionizzazione.    Nei  rivelatori  di  particelle  il  riconoscimento  del  passaggio  di  una  particella  può  avvenire  con  diverse  modalità:  alcuni  rivelatori  complessi  sono  in  grado  di  visualizzare    la  mappa  dei  punti  di  emissione  delle  radiazioni  (imaging),  altri,  più  semplici  (contatori),  sono  invece  dedicati  al  conteggio   del   numero   di   particelle   di   una   determinata   tipologia   e   energia   che   in   un  predefinito  intervallo  di  tempo  attraversano  il  rivelatore.        Il  rivelatore  scelto  per  il  laboratorio  è  il  contatore  a  scintillazione  che  sfrutta  la  proprietà  di  alcuni  materiali  di  emettere  radiazione  visibile  (“scintillare”)   in  seguito  al  rilascio  di  energia  nel   materiale.   Da   questo   punto   di   vista   il   materiale   scintillante   si   comporta   come   un  sensore/trasduttore   che   percepisce   la   presenza   di   radiazione   e   trasforma   in   fotoni   visibili  parte  dell’energia  rilasciata  dalla  particella  nello  scintillatore.  La  catena  di  misura  prosegue  con  un  tubo  fotomoltiplicatore  (Photo  Multiplier  Tube  PMT)  in  grado,  sfruttando   l’effetto   fotoelettrico  (vedi  Prof.  Patera)  di  convertire   la   luce  visibile   in  un  segnale  elettrico  di  misura  (proporzionale,  cioè,  all’energia  rilasciata  nello  scintillatore).      Analizziamo   con  qualche  dettaglio   i   diversi   elementi   della   catena  di  misura   con   lo   scopo  di  fornire  qualche  indicazione  di  base  utile  per  ottimizzare  la  scelta  di  un  particolare  dispositivo.  La  decisione  di  utilizzare  questo  rivelatore  per  le  attività  di  laboratorio  è  derivata  dal  fatto  che  gran  parte  della  strumentazione  biomedica  attualmente  in  uso  utilizza  scintillatori  accoppiati  a   fotomoltiplicatori   anche   se   le   apparecchiature   più   recenti   stanno   iniziando   a   impiegare    dispositivi  allo  stato  solido  (SiPM:  silicon  photomultiplier)  in  sostituzione  dei  PMT.      SCINTILLATORE    Lo   scintillatore   utilizzato   è   un   cristallo   inorganico   di   CsI   (Tl):   ioduro   di   cesio   attivato   con  tallio.  Il  meccanismo  di  scintillazione  nei  materiali   inorganici  è  dovuto  alle  transizioni  fra  gli  stati   energetici   determinati   dalle   caratteristiche   del   reticolo   cristallino.   L’interazione    

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reciproca   tra  gli  atomi  del   cristallo  crea  una  struttura  a   livelli  discreti   raggruppati   in  bande  permesse  agli  elettroni.  La  banda  più  bassa  è  quella  di  valenza,  occupata    dagli  elettroni  legati  ai  siti  reticolari.  Al  contrario,  i  livelli  della  banda  di  conduzione  sono  occupati  da  elettroni  che  hanno  un’energia  abbastanza  alta  per  migrare  all’interno  del  cristallo.  I  livelli  intermedi  tra  la  banda  di  valenza  e  quella  di  conduzione  non  possono  essere  occupati,  dando  luogo  così  a  una  banda  proibita.  Nei  materiali   isolanti,   come   i   cristalli   scintillanti,   a   temperatura  ambiente   la  banda  di  valenza  è  completamente  riempita,  al  contrario  di  quella  di  conduzione,  e   il  gap  di  energia  che  le  separa  è  troppo  alto  per  essere  superato  dagli  elettroni  termici.  Quando   una   data   radiazione   investe   il   cristallo   parte   dell’energia   ceduta   dalla   radiazione  incidente   può   eccitare   alcuni   elettroni,   permettendo   loro   di   superare   il   gap   di   energia   (di  pochi  eV)  e  di  salire   in  banda  di  conduzione,   lasciando   le  corrispondenti   lacune   in  banda  di  valenza;  quando  poi  l’atomo  si  diseccita,  gli  elettroni  tornano  in  banda  di  valenza  emettendo  un  fotone.  In   generale   nei   cristalli   scintillanti   puri   (scintillatori   intrinseci   –   p.es.   BGO)   i   processi   di  diseccitazione    con  emissione  di  fotoni  hanno  bassa  probabilità.  L’efficienza   luminosa   è   un   parametro   caratteristico   dello   scintillatore   ed   è   il   rapporto   tra  l’energia  convertita  in  luce  e  l’energia  rilasciata  nel  cristallo.  Per   aumentare   l’efficienza   luminosa   vengono  aggiunte  al  cristallo  piccole  quantità  (attorno  al  permille)   di   atomi   attivatori   (scintillatori  estrinseci  –  p.es.  NaI(Tl),  CsI(Tl),  LYSO(Ce))  che  creano   particolari   siti   nel   reticolo   modificando  la   struttura   dei   livelli   atomici   rispetto   a   un  cristallo  puro  così  da  inserire  nel  gap  di  energia  proibita   una   serie   di   livelli   energetici   intermedi   (centri   di   luminescenza)   che   favoriscono  l’intrappolamento   delle   coppie   elettrone-­‐lacuna   e   la   successiva   diseccitazione   attraverso  emissione  radiativa.  Poiché  l’emissione  tra  gli  stati  intermedi  avviene  a  una  lunghezza  d’onda  superiore   a   quella   di   assorbimento   del   cristallo,   quest’ultimo   risulta   trasparente   alla  radiazione  che  emette.  Ad  esempio  la  gap  del  CsI  è  6,5  eV  mentre  l’emissione  del  CsI(Tl)  è  …  (calcolatela  con  i  dati  della  pagina  seguente)    

Ad  esempio  lo  ioduro  di  cesio  ha  una  struttura  cubica:  ai  vertici  del  cubo  sono  posti  gli  atomi  di  cesio  e  al   centro   del   cubo   quelli   di   iodio  (ovviamente   la   situazione   è  simmetrica   Cs   <-­‐>   I).   Il   drogaggio   col  cerio   va   a   sostituire   alcuni   atomi   di  iodio   alterando   la   struttura   periodica  del   cristallo   e   quindi   alterando  localmente   (centri   di   luminescenza)   i  livelli  energetici.  

I   tempi   caratteristici   delle   diseccitazioni   sono   molto   rapidi   10-­‐9-­‐10-­‐6   s   (fluorescenza);   ma  esistono  altri  processi  di  emissione  di  luce,  competitivi  con  la  fluorescenza,  su  scale  di  tempo  maggiori  che  vanno  sotto  il  nome  di  fosforescenza.   Di   solito  nei   rivelatori   interessa   solo   il   contributo  di   fluorescenza  e   si   cerca  di  minimizzare  quello  dovuto  alla  fosforescenza  che  essendo  “lento”  limita  la  possibilità  di  contare  eventi  che  si  succedono  molto  rapidamente.      

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Confrontiamo  le  caratteristiche  di  quattro  diversi  scintillatori  inorganici  con  densità  e  numero  Z   medio   elevati   e   quindi   (chiedetevi   perché?)   particolarmente   efficaci   nella   rivelazione   di  radiazione  gamma  nell’intervallo  0,1  -­‐  1  MeV    -­‐  NaI(Tl)  –  ioduro  di  sodio  attivato  con  tallio  E’  uno  scintillatore  “storico”  utilizzato  come  termine  di  riferimento  per  i  nuovi  scintillatori.  Il  costo   è   contenuto   ma   è   altamente   igroscopico.   La   densità   non   è   particolarmente   alta  (3,7g/cm3)  e,  per  le  applicazioni  più  recenti  (TOF  PET),  è  troppo  lento  (costante  di  tempo  di  250   ns)   ma   ha   una   elevata   efficienza   luminosa   (38   000   fotoni/MeV).   Il   massimo  dell’emissione  luminosa  è  a  415  nm.    -­‐  CsI(Tl)  –  ioduro  di  cesio  attivato  con  tallio  Non  è  igroscopico  e  ha  una  elevata  resistenza  al  danno  da  radiazione  che  rende  inutilizzabili  altri   scintillatori.   Ha   una   densità   più   elevata   del   NaI   (4,5   g/cm3)   e   due   costanti   di   tempo  “lunghe”:   600   ns   e   3,4  µs.   L’efficienza   luminosa   è  molto   elevata   (50   000   fotoni/MeV)  ma   è  piccata  a  550  nm  (troppo  elevata  per  i  tubi  fotomoltiplicatori  usati  in  alcune  applicazioni)    -­‐  BGO  sigla  di  Bi4Ge3O12  –  germanato  di  bismuto  E’   uno  degli   scintillatori  più  diffusi  nelle   attuali   applicazioni  medicali   (SPECT,  PET).  Ha  una  densità  elevata  (7,1  g/cm3)  ma  una  bassa  efficienza   luminosa  (8  000  fotoni/MeV)  a    480  ns  con  una  costante  di  tempo  di  300  ns    -­‐  LYSO  (Ce)  sigla  di  Lu1,8Y0,2  SiO5  -­‐  silicato  di  lutezio  e  ittrio  attivato  con  cerio  E’   uno   scintillatore  molto   recente   che   presenta   alta   densità   (7,2   g/cm3),   elevata   velocità   di  risposta   (40   ns)   e   elevata   efficienza   luminosa   (40   000   fotoni/MeV   a   410   nm)   ma   è  leggermente   radioattivo   a   causa   del   decadimento   del   lutezio     e   quindi   non   può   essere  utilizzato  per  applicazioni  con  basse  frequenze  di  conteggio.      L’emissione   luminosa   non   è   monocromatica   ma   ha   uno   spettro   continuo   che   dipende   dal  materiale.   Questi   sono   alcuni   esempi   di   andamento   dello   spettro   di   emissione   f(λ)   degli  scintillatori   inorganici   considerati   confrontati   con   le   caratteristiche   spettrali   dei   tubi  fotomoltiplicatori  che  hanno  il  compito  di  trasformare  i  fotoni  dello  scintillatore  in  un  segnale  elettrico.  Notare  come  il  massimo  dell’emissione   luminosa  (normalizzato  al  100%)  si  sposta  verso   destra   andando   dal   NaI(Tl)   al   BGO,   al   CsI(Tl).   La   curva   indicata   come   fotocatodo  bialcalino  (normalizzata  a  10)  rappresenta   l’efficienza  (detta  efficienza  quantica)  s(λ)  con  la  quale  i  fotomoltiplicatori  più  diffusi  riescono  a  convertire  la  luce                                

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Questo   è   invece   un   confronto  quantitativo   fra   l’efficienza   luminosa  del  LYSO,  CsI(Tl)  e  del  BGO.    Come   già   detto   l’integrale   della   f(λ)  per   il   LYSO,   il   CsI(Tl)   e   il   BGO   vale  rispettivamente  40000,    50000  e  8000  fotoni/MeV)  Si  noti  come  il  massimo  dell’efficienza  luminosa   f(λ)   del   LYSO   sia   in  corrispondenza   del   massimo  dell’efficienza   quantica   s(λ)   del  fotomoltiplicatore.  La  quantità  che   interessa  è   l’integrale  

f λ s λ dλ!!  che  nel   caso  del   CsI(Tl)    è   pari   al   4-­‐5%.   Questa   percentuale  rappresenta   la   massima   frazione  dell’energia   rilasciata   nello  scintillatore  che  può  essere  convertita  in  un  segnale  elettrico.        Confrontare   le   lunghezze   d’onda   di  questi   spettri   con   quelle   della   luce  viola   (400   nm),   blu   (500   nm),   verde  (550   nm),   gialla   (600   nm)   e   rossa  (700  nm).      

 "  Esercizio:    qual  è  l’energia  in  eV  di  un  fotone  da  400  nm?   "  Esercizio:    qual  è  la  massima  efficienza  luminosa  teoricamente  raggiungibile  a  400  nm?    L’emissione  luminosa  non  avviene  istantaneamente:  in  ogni  intervallo  temporale  infinitesimo  dt,   di   tutti   gli   N(t)   centri   di   luminescenza   ancora   attivati   solo   una   quantità   dN   di   diseccita  emettendo  luce  visibile.  Questa  quantità  è  proporzionale  tramite  una  costante  K  al  numero  di  centri  ancora  attivi  N(t)  e  all’intervallo  temporale  considerato:  dN  =  -­‐  K  N(t)  dt  (il  segno  meno  deriva  dal  fatto  che  N  diminuisce  e  quindi  dN  <0).  !  dN/N  =  -­‐  K  dt  da  cui  N(t)  =  N(0)  e  –Kt  cioè  un  andamento  esponenziale.      

Da   sinistra   a   destra   sono   riportati   gli  andamenti  temporali  attesi  per  LYSO,  NaI(Tl),  BGO   e   CsI(Tl)   con   costanti   di   tempo   40   ns,  250  ns,   300  ns   e   la   somma  dei   contributi   di  due  esponenziali  da  600  ns  e  3,4  µs.  

    x

y

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,80

0,2

0,4

0,6

0,8

1

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FOTOMOLTIPLICATORE    La   luce   emessa   dallo   scintillatore   deve   essere   convertita   in   un   segnale   elettrico.   Questa  conversione  può  essere  effettuata  all’interno  di  un  fotomoltiplicatore.    Si   tratta   di   un   tubo   a   vuoto   fotosensibile   il   cui   utilizzo   è   particolarmente   consigliato   in  applicazioni  che  richiedono  elevate  sensibilità  e  risposte  di  tempo  rapide.  Il  loro  costo  è  però  alto  e  necessitano  di  tensioni  di  alimentazione  elevate  (dell’ordine  dei  kV).  

 Un  fotomoltiplicatore  è  costituito  da:      -­‐  un   fotocatodo  che  converte i fotoni di luce in elettroni, mediante fotoemissione    -­‐  un  sistema  di   focalizzazione  e  accelerazione  (gestito  dal  sistema  elettroottico  d’ingresso)    -­‐   uno   stadio   moltiplicatore   di   corrente  costituito   da   elettrodi   (dinodi)   che   utilizza   il  fenomeno   dell’emissione   secondaria   di  elettroni    -­‐  un  anodo  (o  più  anodi  nei  sistemi  di  imaging)  che raccoglie il flusso di elettroni dopo il processo di moltiplicazione di carica e fornisce il segnale in uscita Il tubo di vetro che racchiude tutti i componenti è sotto vuoto spinto per ridurre le collisioni fra degli elettroni col gas residuo. All’esterno viene posto uno schermo metallico di materiale ad alta permeabilità magnetica (mu-metal) per ridurre l’effetto curvante dei campi magnetici. Infine il tutto è sigillato a tenuta di luce.    

Quando   un   fotone   proveniente   dallo   scintillatore   incide   sul   fotocatodo,   viene   emesso   un  elettrone   per   effetto   fotoelettrico   (fotoelettrone)   con   una   certa   efficienza   (efficienza  quantica).   Un’opportuna   geometria   del   campo   elettrico   accelera   e   focalizza   l’elettrone   sul  primo   dinodo   dove   trasferisce   la   sua   energia   agli   elettroni   del   materiale.   Questo   causa  l’emissione  di  un   certo  numero  di   elettroni   secondari   che,   a   loro  volta,   incidono   sul  dinodo  successivo   permettendo   un’ulteriore   emissione   di   elettroni   e   così   via,   generando   una  moltiplicazione   degli   elettroni   fino   ad   arrivare   all’anodo   dove   il   segnale   in   corrente   viene  finalmente   prelevato   per   essere   amplificato   ed   analizzato   attraverso   un   opportuna   catena  elettronica.  Pertanto,   un   rivelatore   di   radiazione   formato   dall’accoppiamento   scintillatore-­‐PMT   sarà   in  grado   di   fornire   non   solo   informazioni   sul   passaggio   della   particella  ma   anche   sull’energia  rilasciata  da  questa  interagendo  col  materiale  scintillante.    RACCOLTA  DELLA  LUCE  e  ACCOPPIAMENTO  OTTICO    Le  prestazioni  di  un  rivelatore  a  scintillazione  sono  criticamente  dipendenti  dall'efficacia  della  raccolta   di   luce:   meno   luce   viene   raccolta   e   maggiore   diventa   la   fluttuazione   statistica   del  segnale  in  uscita.    

Anodo

fotocatodo

Sistema elettroottico diingresso

Primo dinodo

deflettore

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La   luce  di   scintillazione  viene   emessa  nel   cristallo   secondo  una  distribuzione   isotropa;   solo  una   frazione   di   questa   raggiunge   l’interfaccia   cristallo-­‐vetro,   a   causa   delle   perdite   per  assorbimento    nel  cristallo  e  per  rifrazione  sulle  sue  pareti  laterali.  Per  questo  secondo  motivo  le  pareti   del   cristallo  non   a   contatto   con   il   PMT  vengono   ricoperte   di   un   materiale   riflettente  (spesso   è   alluminio)   o   diffondente   (teflon     o  vernici  al  titanio  ad  alta  riflettività).  Inoltre,   è   necessario   considerare   le   perdite   di  luce   causate   dall’accoppiamento   ottico   fra  cristallo  e  vetro  del  PMT:  se  l’indice  di  rifrazione  del   cristallo   scintillante   è   molto   maggiore   di  quello   del   vetro   o,   peggio,   tra   i   due   è   presente  uno   strato   d’aria   con   indice   di   rifrazione   1,   la  raccolta  dei  fotoni  viene  influenzata  da  fenomeni  di  riflessione  totale.  Per  ridurre  la  differenza  degli  indici  di  rifrazione  si   interpone   fra   cristallo   e   vetro   uno   strato   di  grasso   o   olio   siliconico   che   avendo   un   indice   di  rifrazione  intermedio  fra  quello  del  cristallo  e  del  vetro  aumenta  l’angolo  limite  al  di  sopra  del  quale  la  luce  viene  riflessa  anziché  essere  trasmessa  al  PMT.    Nel  caso  del  CsI(Tl)  (indice  di  rifrazione  nS=1,78)  accoppiato  al  vetro  (nV=1,47)  l’angolo  limite  ϑ! = arcsin !!

!!= arcsin !,!"

!,!"= 56°  mentre  un  sottile  strato  di  aria  fra  scintillatore  e  vetro  

farebbe  rimbalzare  indietro  i  fotoni  che  arrivassero  all’interfaccia  con  un  angolo  superiore  a  soli    arcsin !

!,!"= 34°  

 FOTOCATODO  E  SUA  SENSIBILITA’  -­‐  ACCOPPIAMENTO  LUNGHEZZE  D’ONDA  

In  uno  schema  semplificato,  il  tubo  fotomoltiplicatore  è  costituito  da  una  finestra  di  ingresso,  in  genere  di  quarzo,  all'interno  della  quale  si  trova  un  film  sensibile  alla  luce  (strato  emittente):  il  fotocatodo.  Questo  è  accoppiato  a  un  moltiplicatore  di  elettroni.    

La   luce   incidente   sul   fotocatodo,   tramite   un   processo   di  fotoemissione  (effetto  fotoelettrico),  libera  degli  elettroni  che,  per  essere  moltiplicati  devono  prima  attraversare  il  materiale  fotosensibile  senza  essere  assorbiti  e  superare  la  barriera  di  potenziale  che  separa  il  materiale  dal  vuoto  all'interno  del  fototubo.      L'efficienza   di   questo   processo   viene   caratterizzata   dall'efficienza   quantica   s(λ)   del  fotocatodo,   definita   come   il   rapporto   fra   il   numero   di   fotoelettroni   emesso   ed   il   numero   di  fotoni   di   una   data   lunghezza   d’onda   incidenti   sul   fotocatodo.   Nei   casi   di   nostro   interesse  (cristalli  inorganici)  l'efficienza  quantica  è  dell'ordine  del  10-­‐20%  (nei  dispositivi  più  moderni  si  può  arrivare  al  40%).  L’efficienza  dipende  dal  materiale  del  fotocatodo;  spesso  è  costituito  da  leghe  di  metalli  alcalini  con  un  basso  potenziale  di  estrazione.  Come   visto   precedentemente   il   parametro   determinante   è   l’integrale   f λ  s λ  dλ!

!  che  rappresenta   la   massima   frazione   dell’energia   rilasciata   nello   scintillatore   che   può   essere  convertita   in   un   segnale   elettrico.  Nella   scelta   di   un   PMT,   quindi,   si   dovrà   cercare   un   buon  accordo   tra   la   curva   dell’efficienza   quantica   del   fotocatodo   e   lo   spettro   di   emissione   del  cristallo,  necessario  per  aumentare  al  massimo  il  numero  di  fotoelettroni  prodotti.  Dato  che  la  

elettroni

luce

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A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   25  

fotoemissione  è  un  processo  probabilistico  in  cui,  essendo  ogni  emissione  indipendente  dalle  altre,   il   numero   di   fotoelettroni   np.e.   fluttua   poissonianamente   con   una   incertezza   relativa  σ(np.e.)/np.e.   =   !

!!.!.  tanto   più   trascurabile   quanto   maggiore   è   il   numero   di   fotoelettroni  

prodotto.      SISTEMA  ELETTROOTTICO  D’INGRESSO  (FOCALIZZAZIONE  E  ACCELERAZIONE)    Come   è   riportato   schematicamente   in   figura,   i  fotoelettroni   che   riescono   a   superare   la   barriera  fotocatodo-­‐vuoto   vengono   accelerati   da   un   elettrodo  per   strapparli   dal   fotocatodo   e   aumentarne   l’energia  cinetica   con   cui   urteranno   il   primo  dinodo  mentre  un  elettrodo  focalizzante,  posto  sulla  parete  dell’involucro,  li   indirizza   sul   primo   dinodo.   Nella   figura   sono  mostrate   alcune   linee   equipotenziali   con   alcuni  possibili  percorsi  dei  fotoelettroni.    SISTEMA  DI  MOLTIPLICAZIONE:  DINODI  e  COEFFICIENTE  DI  EMISSIONE  SECONDARIA    I   fotoelettroni   che   colpiscono   il   primo   dinodo   con   un’energia   sufficiente,   sono   in   grado   di  estrarre  a  loro  volta  da  questo  un  certo  numero  di  elettroni  secondari:  è  questo  il  fenomeno  dell’emissione   secondaria.   Tali   elettroni   vengono   a   loro   volta   accelerati   verso   il   secondo  dinodo,  dal  quale  estraggono  altri  elettroni,  e  così  via,  producendo  una  moltiplicazione  della  carica   raccolta   da   un   elettrodo   finale,   l’anodo.   In   pratica   il   campo   elettrico   tra   i   dinodi  permette  agli  elettroni  emessi  da  ogni  dinodo  di  colpire  il  successivo  con  un’energia  media  di  50-­‐100  eV.    La  teoria  dell’emissione  secondaria  è  molto  simile  a  quella  per  l’emissione  fotoelettrica,  con  la  differenza  che  il  fotone  incidente  è  ora  sostituito  da  un  elettrone.    Nell’impatto   sul   dinodo,   l’elettrone   trasferisce   la   sua   energia  direttamente   agli   elettroni   del  materiale  consentendo  l’emissione  di  un  certo  numero  di  elettroni  secondari  (il  guadagno  δ  di  ogni   elettrodo,   inteso   come   numero   di   elettroni   secondari   generati   per   ogni   elettrone  incidente  sul  dinodo,  è  chiamato  coefficiente  di  emissione  secondaria).      Se  δ   è   il   numero  di   elettroni   secondari   per   elettrone   incidente   ad   ogni   dinodo,   il   guadagno  complessivo  del  tubo  fotomoltiplicatore sarà G = f (g δ)N  dove N è  il  numero  totale  di  dinodi,  f  è  il   fattore   di   raccolta   fotocatodo-­‐primo   dinodo   (normalmente   dell'ordine   del   90%)   e   g   è  l'efficienza  di  trasferimento  degli  elettroni  fra  i  dinodi  (normalmente  dell'ordine  del  100%)  !  G = f (g δ)N   ≈ δN   con   δ dell'ordine di 4-5   per   moderati   voltaggi   operativi.   Il   guadagno  complessivo  è   dell'ordine  di   106.   I  materiali   principalmente  utilizzati   per   la   costruzione  dei  dinodi  sono  le  leghe  Cu-­‐Be  o  Mg-­‐Ag.    

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FISICA  DELLE  RADIAZIONI  APPLICATA  ALLA  MEDICINA  

A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   26  

Esistono  diverse  configurazioni  dei  dinodi.  Una  delle  più comuni  è  quella  a   scatola  e  griglia  (box  and  grid)  in  cui  i  dinodi  sono  una  serie  di  semicerchi  disposti  su  una  linea.  

 Come  visto   il  primo  dinodo  ha  anche   il   compito  di   accoppiare   il  sistema   d’ingresso   al   tubo  moltiplicatore:   deve   raccogliere   tutti  gli   elettroni   emessi   dal   fotocatodo   e   defletterli   in   modo   che  colpiscano  gli  altri  dinodi  secondo  l’angolo  corretto.  Il   fattore   di   emissione   secondaria   δ   dipende   dall’energia  dell’elettrone   incidente:   per   alti   valori   di   energia   l’elettrone  incidente  penetra  nel  materiale.  Questo  spiega  il  calo  della  curva  in  tale  zona  di  valori.  Per  energie  più  basse,  fino  a  circa  100  eV  (e  quindi   tensioni   dinodo-­‐dinodo   V   di   circa   100   V),   il   valore   di   δ  cresce  linearmente  (con  pendenza  k:  δ  =  k  Vd)  fino  a  circa  10  per  energie  di  circa  150  eV.      ALIMENTAZIONE  IN  HV  CON  PARTITORE    Molto   spesso   i   potenziali   dei   dinodi   vengono   realizzati   mediante   un   partitore   di   tensione  realizzato  con  resistenze  uguali  per  cui  fra  un  dinodo  e  il  successivo  c’è  la  stessa  differenza  di  potenziale.  Detta  V  la  tensione  fra  fotocatodo  e  anodo  di  raccolta,  questa  viene  distribuita  in  modo  lineare  tra  gli  N  dinodi:  V  =  N  Vd.      Pertanto  il  guadagno  G  del  tubo  moltiplicatore  è:  G  =  δN  =  (k  Vd)N  =  (k  V/N)N.    Bisogna  porre  attenzione  sulla  stabilità  della  tensione  di  alimentazione.  Infatti  si  può  ricavare:  σ(G)/G   =  N  σ(V)/V   cioè   la   variazione   percentuale   del   guadagno   è  N   volte   più   grande   della  variazione  percentuale  della  tensione  di  alimentazione.    Durante  l’uso,  per  ogni  particella  rivelata  si  genera  una  corrente  di  elettroni  che  viene  estratta  dai   dinodi   e   indirizzata   verso   l’anodo.   Questa   corrente   negli   ultimi   stadi   del   tubo  moltiplicatore   può   diventare   confrontabile   con   la   corrente   di   partitore.   Per   stabilizzarla   si  aggiungono  dei  condensatori  che  forniscono  la  carica  necessaria  per  tutta  la  durata  del  picco  di  corrente.  Queste  capacità  vengono  poi  ricaricate  durante  l’intervallo  tra  due  picchi.    I   tubi   fotomoltiplicatori   possono  lavorare   con   un   valore   dell’alta  tensione  sia  positivo  sia  negativo  (a  patto   che   il   potenziale   dei   dinodi   e  dell'anodo   sia   maggiore   di   quello  applicato  al  fotocatodo).  Nella   strumentazione   del   nostro  laboratorio  viene  usata  una  tensione  positiva:  il  fotocatodo  è  mantenuto  a  massa  per  evitare  scariche   che   possono   verificarsi   tra   il   fotocatodo   e   lo   scintillatore   o   tra   il   fotocatodo   e  

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l’involucro  esterno  del  rivelatore.  Mantenendo  a  massa  il  fotocatodo  viene  anche  minimizzato  il   rumore   elettronico   proveniente   dal   fotocatodo.   Questo   vantaggio   è   però   compensato   dal  fatto  che  l’anodo  deve  essere  tenuto  ad  un  potenziale  positivo  costante.  Pertanto  è  necessario  disaccoppiare  l’anodo  attraverso  una  opportuna  capacità  di  blocco,  per  eliminare   la   componente   continua   del   segnale   (e   quindi   con   una   perdita   di   informazione  temporale:  la  capacità  di  disacoppiamento  forma,  con  la  resistenza  di  ingresso  del  sistema  di  lettura,  un  filtro  passa  basso  che  taglia  le  armoniche  del  segnale  a  frequenze  più  elevate).      Il  contatore  scelto  per  il  laboratorio  utilizza  un  fotomoltiplicatore  ADIT  B29B01  che  ha  n  =  11  dinodi   ed   è   alimentato   a   circa  660  V.   Essendo δ(60  V)   circa  4   si   ha  G  =  411  =   4   x   106.  Ogni  fotoelettrone,  quindi,  produce  una  carica  all’anodo  Gq  =  4  x  106  x  1,6  x  10-­‐19  C  =  0,6  pC.    Finora  non  abbiamo  considerato  il  tempo  necessario  ai  fotoelettroni  per  arrivare  all’anodo.  Se  questo  tempo  fosse  superiore  o  confrontabile  con  il  tempo  caratteristico  della  diseccitazione  del  cristallo  occorrerebbe  tenerne  conto  nel  momento  della  scelta  del  PMT  da  usare. Calcoliamo  la  velocità  media  di  un  elettrone  che,  partendo  da  fermo  da  un  dinodo,  arriva  sul  successivo   con  un’energia   cinetica  di  60  eV.   Ipotizziamo  che   la   velocità   sia  non   relativistica  (del  resto  l'energia  cinetica  è  una  piccola  frazione  dell'energia  a  riposo  dell'elettrone):    

60  eV  =  ½  m  v2  con  m  =    511  keV/c2  !  v  =   !  !  !"!""  !"!

 c  =  0,015  c  

L’approssimazione  non  relativistica  è  quindi  valida,  pertanto  v  =4,5  108  cm/s  =  0,45  cm/ns.  Quindi  per  percorrere   i  circa  10  cm  di   lunghezza  della  traiettoria   fotocatodo-­‐anodo  con  una  velocità  media  di  circa  0,25  cm/ns  occorrono  40  ns,  tempo  decisamente  trascurabile  rispetto  ai  tempi  dell’emissione  di  scintillazione  del  CsI(Tl).    Nei  dispositivi  (p.es.  ToF-­‐PET)  in  cui  la  misura  dei  tempi  è  critica  occorre  scegliere,  oltre  che  cristalli   veloci   (p.es.   LYSO),   fotomoltiplicatori   in   cui   le   fluttuazioni   del   tempo   di   transito  fotocatodo-­‐anodo   sono   trascurabili.   Questo   richiede   un’accurata   progettazione   del   sistema  elettroottico   per   rendere   il   tempo   di   arrivo   degli   elettroni   sull’anodo   quanto   più   possibile  indipendente  dal  punto  di  impatto  del  fotone  sul  fotocatodo.       Anche  quando  un  fotomoltiplicatore  non  è  illuminato  al  suo  interno  può  scorrere  una  piccola  corrente   che   prende   il   nome   di   corrente   oscura   (dark   current)   originata   dall’emissione  termoionica  da  parte  del  catodo  e  dei  dinodi.  Se   gli   elettroni   sono   generati   per   eccitazione   termica   dal   fotocatodo   la   carica   raccolta  all’anodo   è   maggiore   rispetto   all’emissione   dagli   altri   dinodi,   perché   tale   segnale   risulta  maggiormente  amplificato  dagli  stadi  successivi.  Questi   impulsi  di  corrente  spuri  che  si  manifestano   in  uscita  corrispondono  all’emissione  di  un   singolo   elettrone   da   parte   del   fotocatodo;   questo   comporta   che   la   loro   ampiezza   è  relativamente   piccola.   Nella   rivelazione   di   impulsi   luminosi   provenienti   da   un   cristallo  scintillante,   invece,   il   numero   di   fotoelettroni   emessi   dal   fotocatodo   è   molto   maggiore;  discriminando  quindi  l’ampiezza  degli  impulsi  in  uscita  è  possibile  eliminare  o  almeno  ridurre  i  contributi  del  rumore  termico.  Segnali  spuri  di  ampiezza  maggiore  possono  invece  essere  causati  dalla  radiazione  emessa  da  elementi   radioattivi   contenuti   nell’atmosfera   (222Rn   e   nuclei   figli)   o   nell’ambiente   (40K   del  cemento  delle  pareti)  o  direttamente  dal  passaggio  di  raggi  cosmici  nello  scintillatore.      

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CATENA  DI  MISURA  IN  DOTAZIONE  AL  LABORATORIO  

   contenitore  sorgente          

   GIADA  (Graphic  Interface  for  Acquisition  and  Data   Analysis)   è   un   software   didattico  sviluppato   per   "Fisica   delle   radiazioni  applicata   alla   medicina"   di   Ingegneria  Biomedica  della  Facoltà  di   Ingegneria  Civile  e  Industriale  alla  Sapienza.    Il   sistema   BLUE   BOX-­‐GIADA   esiste   grazie  all’impegno   profuso   fuori   dalle   attività  istituzionali   da   Stefano   Pioli   (software),  Giovanni  Corradi  (hardware),  Francesco  Colao  (firmware)  e  ai   fondi  assegnati  al  Laboratorio  Didattico  di  Fisica  dalle  Facoltà  ICI  e  I3S  

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La  BLUE  BOX  è  il  sistema  integrato  che  genera    l'alta  tensione   (HV)   per   alimentare   il   rivelatore   di  particelle  ionizzanti,  condiziona  i  segnali  e  ne  cura  la  digitalizzazione.  I  rilasci  di  energia  nel  cristallo  vengono  trasdotti  dal  PMT  in  impulsi  di  corrente.  Un  circuito  della  Blue  Box  discrimina   i   segnali   che   hanno   un’ampiezza   in  tensione   superiore   a   un   valore   prefissato   di   soglia  (THR)   e   produce   un   segnale   digitale   di   durata  (WIDTH)   entrambi   regolabili   tramite   potenziometri.  

Il  segnale  analogico  e  quello  digitale  sono  visualizzabili  con  un  oscilloscopio.    Periodicamente  si  apre  un  GATE.  Solo  gli  eventi  all’interno  della   durata   del   GATE   che   superano   il   valore   di   soglia  vengono   analizzati:   contati   nella   sezione   CONTEGGI   e  analizzati  in  tensione  nella  sezione  AMPIEZZA.    L’esempio   di   segnale   analogico   visualizzabile   con   un  oscilloscopio   (uscita   ANALOG)  mostra   una   salita   ripida   e  una  discesa  con  una  costante  di   tempo  di   circa  3µs  che  è  quanto  atteso  per  la  diseccitazione  del  CsI(Tl).  La  struttura  frastagliata  del  segnale  è  dovuta  alla  sovrapposizione  degli  impulsi  generati  dai  singoli  fotoelettroni.  

 I   principali   comandi   di   GIADA   riguardano  l’accensione  o  meno  dell’alimentazione  del  PMT,  la  lettura  dell'HV,  l’attivazione  o  meno  di   un   buzzer   e   il   controllo   della   larghezza  del  GATE  periodico  di    acquisizione.    Il   TAB   per   l’analisi   dell’ampiezza   dei  segnali   produce   un   istogramma   con   le  ampiezze   dei   segnali   proporzionali   al  rilascio  di  energia  nel  cristallo.    Il  TAB  per   l’analisi   dei   conteggi  produce  un   istogramma   con   il   numero   di   conteggi  

ottenuto  durante  ogni  GATE.  L’acquisizione  può  essere  attivata  sia  dalla  pagina  AMPIEZZA  che  da  quella  CONTEGGI.  Si  può  fissare   il  numero  di  GATE  da  acquisire  o  arrestare   la  raccolta  dati  agendo  dalla  pagina  dalla  quale  è  stata  avviata  l’acquisizione.    I   dati   registrati   durante  un’acquisizione  possono   essere   salvati   sul   desktop  del   PC   sia   sotto  forma   di   tabella   col   contenuto   dei   canali   dell’istogramma   che   sotto   forma   di   grafico  dell’istogramma.                

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A.Sciubba         versione  del  23.2.2015   30  

SCIONIX HOLLAND BV Dedicated Scintillation Detectors P.O. Box 143 3980 CC Bunnik The Netherlands Tel. 31 (0)30 657 0312 Fax. 31 (0)30 656 7563

E-mail : [email protected] Specifications Web. http://www.scionix.nl

Subject: 25.4 B 25.4 / 1.1 – E1 –Cs- X Description: 1”x1 CsI(Tl) Scintillation detector with built-in High ohmic Voltage Divider Scintillation crystal : CsI(Tl) 25.4 mm diameter, 25.4 mm high . Crystal read out : 30 mm dia. photomultiplier ADIT B29B01 Detector diameter : 35 mm Detector length : 175 mm Wall thickness : 1.5 mm aluminum High Voltage requirements : Positive +- 600 – 800 V. Voltage Divider : Single connector, 100 MOhm Electrical connections : Single MHV connector at backside for

combined signal and High Voltage High Voltage Polarity : Positive Max High voltage current needed : 10microAmps Energy Resolution : < 10 % FWHM @ 662 keV Last revision, 29-06-2011 25.4B25.4_1.1-E1-Cs.DOC