fratelli martiri a lentini
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Alfio, Cirino e Filadelfo
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Santi Alfio, Filadelfo e Cirino
Le statue venerate a Lentini (SR)
Le statue venerate a Lentini (SR)
Fratelli martiri
Nascita Vaste (LE), III secolo
Morte Lentini (SR), 10 maggio 253
Venerato da Chiesa cattolica
Ricorrenza 10 maggio
Attributi Palma del martirio, Corona
Patrono di Lentini, Sant'Alfio, Trecastagni,
Vaste
Alfio (Vaste, III secolo – Lentini, 10 maggio
253), Cirino (Vaste, III secolo – Lentini, 10
maggio 253) e Filadelfo (Vaste, III secolo –
Lentini, 10 maggio 253) sono stati tre fratelli,
figli di Vitale e Benedetta, due patrizi di fede
cristiana: i tre giovani, che sarebbero stati uccisi
durante l'epoca delle persecuzioni ordinate
dall'imperatore Decio, sono considerati santi
martiri dalla Chiesa cattolica che il ricorda il 10
maggio, giorno corrispondente al loro dies
natalis.
Indice [nascondi]
1 Agiografia
2 Culto
2.1 Festività e riti
2.2 Leggende
2.2.1 La leggenda del Simeto
2.2.2 La leggenda del cavallo
2.2.3 La leggenda della peste
2.2.4 La leggenda dei pozzi
2.2.5 La leggenda del terremoto
2.3 Compatroni
2.4 Luoghi di culto dedicati
3 Collegamenti esterni
Agiografia[modifica | modifica wikitesto]
Nel 250, l'imperatore Decio emanò un editto
secondo cui ogni persona doveva effettuare un
sacrificio alle divinità della Religione romana; il
rifiuto avrebbe significato il rifiuto di
sottomettersi all'impero e la pena sarebbe stata
la condanna a morte.
Sant'Alfio, Filadelfo e Cirino venerati a Vaste
(Lecce) il loro paese natale
Sant'Alfio, Filadelfo e Cirino venerati a
Trecastagni (Catania)
Sant'Alfio, Filadelfo e Cirino venerati a Sant'Alfio
(Catania)
È in questo contesto storico che, secondo la
tradizione, verso la fine del 251, mentre era a
capo dell'impero Treboniano Gallo, succeduto a
Decio, che un plotone di soldati romani si
presentò a Vaste, nella casa patrizia di Vitale e
Benedetta da Locuste. Avevano l'ordine di
tradurre in catene i loro tre giovani figli, rei di
avere elusa la legge con la continua
testimonianza di quella fede che avevano
assimilato in famiglia.
Vennero prima interrogati da Nigellione,
delegato dell'imperatore per l'Italia meridionale,
il quale, impotente a fiaccarne le convinzioni, li
fece trasferire a Roma, convinto che, lontani
dall'influenza del loro precettore Onesimo,
sarebbero stati più cedevoli ai voleri delle
autorità imperiali. Qui giunti e rinchiusi nel
carcere mamertino ai piedi del Campidoglio,
subirono un altro processo ad opera del prefetto
Licinio, conclusosi con un nulla di fatto. Ma, se
da un canto non si voleva infierire sui tre
giovani fratelli, espressione di una delle più
ragguardevoli famiglie dell'Impero, dall'altro si
pretendeva la loro sottomissione. Ecco perché
vennero trasferiti a Pozzuoli (ove neanche
Diomede riuscì a piegarli) e, successivamente,
in Sicilia, ove dettava legge Tertullo, giovane
patrizio romano e preside dell'isola, che aveva
acquistato fama di funzionario integerrimo ed
autoritario.
Sbarcati a Messina il 25 agosto del 252, Alfio,
Cirino e Filadelfo subirono un primo processo a
Taormina. Passarono poi dall'attuale
Trecastagni, alle falde dell'Etna, dove durante
una sosta, una donna pietosa donò ai tre fratelli
altrettante castagne, che loro piantarono nel
terreno. È, d'altra parte, possibile che il
racconto delle castagne origini dalla cattiva
interpretazione dell'espressione "tre casti agni",
cioè agnelli, nome con cui sarebbero stati
indicati originariamente i tre.
Alfio, Cirino e Filadelfo vennero infine condotti a
Lentini, sede di una delle dimore preferite da
Tertullo, che per spezzarne la resistenza li volle
a sé vicini il 3 settembre 252, giorno del loro
arrivo, affidandoli al suo vicario Alessandro, con
il compito di sostituirlo nell'opera di persuasione
durante i giorni in cui sarebbe stato fuori città.
Viveva allora a Lentini Tecla, di nobile famiglia e
ricca proprietaria, cugina di Alessandro e da
oltre sei anni colpita da paralisi alle gambe.
Appunto per questo, saputo dei prodigi che in
nome di Cristo i tre fratelli avrebbero compiuto
durante il tragitto da Roma a Lentini, chiese al
cugino di poterli incontrare, per un ultimo
tentativo di ottenere, per loro tramite, la
guarigione. Dato l'immenso affetto che
Alessandro nutriva per Tecla, la richiesta venne
esaudita, con suo grande rischio, in uno dei
giorni di assenza di Tertullo. I tre fratelli
rimasero commossi alla vista di quella bella
giovane immobilizzata sul letto e le promisero
che avrebbero pregato per lei. Durante la stessa
notte a Tecla sarebbe comparso in sogno
l'apostolo Andrea, il quale, segnatala con un
segno di croce, le assicurò che sarebbe guarita
grazie all'intercessione di quei giovani
incarcerati da Tertullo. La leggenda racconta
che ella si svegliò guarita e, ancora con la
complicità dello sbigottito Alessandro, si volle
recare subito al carcere per ringraziare i tre
giovinetti che, da allora, continuò a visitare ogni
giorno di nascosto, assistendoli, confortandoli e
portando loro da mangiare. La sua opera di
assistenza durò poco, giacché Tertullo, arresosi
di fronte allo loro inflessibile costanza nella fede
in Cristo, emanò la sua inappellabile sentenza,
seguita dall'immediata esecuzione: dopo averli
fatti girare ammanettati e frustati per le vie di
Lentini, esposti allo scherno della plebe
inferocita ed urlante, ad Alfio venne strappata la
lingua (per questo motivo è considerato il
patrono dei muti), Filadelfo fu bruciato su una
graticola, Cirino fu immerso in una caldaia di
olio bollente. Era il 10 maggio del 253 ed Alfio
aveva 22 anni e 7 mesi, Filadelfo 21 anni, Cirino
19 anni e 8 mesi. Su ordine di Tertullo, i loro
corpi martirizzati furono legati con funi e
trascinati in una foresta, chiamata "strobilio" per
la gran quantità di pini esistenti. Le spoglie
vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla
casa di Tecla, ormai convertita alla religione di
Cristo, la quale, nella notte tra il 10 e l'11
maggio, accompagnata dalla cugina Giustina e
da undici servi (di cui cinque donne), anch'essi
cristiani, estrasse i corpi e, trasportatili in una
campagna vicina, diede loro degna sepoltura,
sfruttando una piccola grotta, quella oggi
contenuta nella chiesa di Sant'Alfio e sulla quale
successivamente, nel 261, placatesi le
persecuzioni, venne eretto un tempio ed essi
dedicato.
La breve vita terrena dei tre santi si concluse,
dunque, in modo tragico. Essi vennero però a
costituire il seme della chiesa lentinese, che
ebbe il privilegio di essere elevata a sede
vescovile, privilegio che tenne sino al 790. Il
primo vescovo di Lentini fu Neofito, nuovo nome
di quell'Alessandro, vicario di Tertullo,
convertitosi anch'egli al cristianesimo e
consacrato nel 259.
Culto[modifica | modifica wikitesto]
I santi Alfio, Filadelfo e Cirino in carcere, olio su
tela nella chiesa delle Anime del Purgatorio, a
Santa Maria di Licodia
Fu Costantino, tredicesimo vescovo di Lentini
(787), che, intimorito dai pericoli di una
imminente invasione musulmana, volle in gran
segreto il trasferimento delle sacre reliquie nel
Santuario Normanno sito nella acropoli di
Apollonia (attuale San Fratello).
Poi i lentinesi non ebbero più notizia dei resti dei
tre fratelli. Ciò sino al 22 settembre del 1516,
quando alcuni operai, nell'abbattere un muro
del monastero di Fragalà nel comune di
Frazzanò, trovarono nascosta in un sacco di tela
una cassetta contenente ossa umane ed un
manoscritto in greco antico. L'abate,
informatone, si premurò di far tradurre il
documento che confermò essere quelle ossa i
resti umani dei tre giovani fratelli che erano
stati martirizzati a Lentini. Grande fu la gioia dei
monaci che, dopo una solenne processione,
conservarono le reliquie nella loro chiesa, sotto
l'altare da tempo consacrato ai tre martiri. La
notizia ben presto giunse a Catania e poi a
Lentini, dove si decise di mandare cinque
sacerdoti ed un laico alla badia di Fragalà, per
sondare gli umori di quei monaci e nello stesso
tempo per studiare la topografia del convento,
nel caso si dovesse ricorrere alla forza.
La missione non ebbe un esito felice: alla loro
richiesta, i monaci non si pronunciarono
apertamente, avallarono diritti, chiesero di
sentire prima i loro superiori. Al ritorno a
Lentini, questa presa di posizione fu illustrata
dagli sconfitti ambasciatori ai loro concittadini
che, desiderosi di avere al più presto i resti dei
propri martiri protettori, votarono all'unanimità
in assemblea di armare una spedizione per
avere con la forza quello che non erano riusciti
ad ottenere in forza di quella legge naturale che
dava loro il diritto al possesso delle sacre
reliquie.
La spedizione, al comando di Giovanni Musso,
giunse sul far della notte del 29 agosto 1517, di
fronte al convento di Fragalà. Dopo aver
bussato ripetutamente e rassicurato i monaci
delle loro intenzioni, i lentinesi, visti vani i
tentativi di pacifico accesso, decisero l'azione di
forza. In breve entrarono nel cortile. Ai monaci,
impauriti per quella brusca invasione di armati,
parteciparono ancora una volta il nobile scopo
della loro missione, che altro non era di
ritornare in possesso delle reliquie dei loro santi
protettori. Le reliquie furono alla fine
consegnate dall'abate. Il 2 settembre 1517,
ottanta cavalieri entrarono al galoppo a Lentini,
accolti dagli applausi, portando, sorretta da "fra
servo di Dio", la cassetta con le reliquie dei santi
Alfio, Filadelfo e Cirino. Questa fu consegnata ai
sacerdoti della chiesa di Lentini e dopo una
solenne processione custodita nella Chiesa dei
Martiri.
Se i cittadini lentinesi erano rimasti soddisfatti
nelle proprie aspirazioni, la chiesa leontina non
poteva però chiudere questo capitolo della sua
storia con quell'atto di forza extra legem. A
questo scopo, mandò vari doni ai monaci di
Fragalà e, successivamente, tramite la brillante
arringa di difesa di don Costantino, inviato
espressamente dal senato lentinese in Vaticano,
chiese e ottenne dal sommo pontefice Leone X
la conferma della titolarità del possesso delle
reliquie e la remissione di ogni censura. Nel
luogo in cui i tre santi piantarono le castagne
sorse successivamente una chiesa e la località,
secondo una delle interpretazioni etimologiche
in voga, prese il nome di Trecastagni.
Festività e riti[modifica | modifica wikitesto]
Sant'Alfio venerato a Trecastagni
Nella chiesa madre di Lentini, a tutt'oggi, si
conserva un busto reliquiario d'argento che
contiene il cuore di sant'Alfio, che la sera del 9
maggio viene portato in processione. All'una di
notte viene aperta la chiesa e inizia il giru
santu, ovvero il giro santo effettuato dai
tradizionali "nuri", cioè uomini coperti solo da
calzoncini bianchi, che scalzi toccano correndo i
luoghi legati al martirio dei tre fratelli,
invocandoli con la tipica espressione "Prima
DDiu e i Santi Mattri" (prima Dio e poi i santi
Martiri) a cui si risponde "Mattri Santi" (martiri
santi). Il 10 maggio il fercolo argenteo di
Sant'Alfio e le reliquie vengono portate in
processione per le vie della città, vestita a festa,
tramite le tradizionali luminarie, e gli stendardi
rossi appesi ai balconi delle case, con la scritta
"W S.Alfio" o "W i SS. Martiri". Tutto questo è
accompagnato da momenti commoventi, fino
all'alba del 12 maggio quando il santo viene
riposto nella sua cappella. Il 9, 10 e 11 maggio
di ogni anno, si ricorda il martirio con una
solenne festa che coinvolge l'intera popolazione
di Lentini.
A Trecastagni, ventuno salve di cannone,
sparate al mattino dal Forte Mulino a Vento,
danno inizio alla grande manifestazione che
dura dal 1º al 17 maggio. Prima ancora che il
cannone annunzi l'inizio della festa, è possibile
incontrare, lungo le strade che portano al paese
da ogni parte della provincia, i pellegrini che,
spesso scalzi, fanno il "viaggio" fino al Santuario
e che accorrono alla messa delle 5.30. Le varie
edicole votive che, numerose, s'incontrano
lungo le strade possono, d'altronde, essere lette
come "stazioni" di sosta e di riposo, ma forse
più di meditazione e di preghiera, lungo il
cammino dei pellegrini ai vari santuari locali. Le
campane prolungano, con il loro suono, l'eco
delle salve di cannone, e annunciano l'apertura
del sacro novenario di predicazione e di
preghiera, che prepara, con un cammino
spirituale, i devoti e i pellegrini al culto dei
santi. Alla festa, i fedeli "gridano" le loro
preghiere. Vi partecipano i nuri, i nudi, vestiti
con pantaloncini e tracolla rossa, penitenti che
recano un mazzo di fiori, che al termine del giro
viene deposto nella chiesa e quindi offerto
all'asta. Sfilano per l'occasione anche i tipici
carretti siciliani festosamente addobbati.
A Sant'Alfio (CT) l'ultima Domenica D'Aprile
"entratra della festa" a mezzogiorno 100 colpi a
cannone danno inizio della festa in onore dei
Santi Martiri S.Alfio S.Filadelfo S.Cirino,nelle
serate di giovedi e venerdi un colpo a cannone
annunzierà l'inizio dei tradizionali falò a legna
resinosa ('a dera) la prima domenica di Maggio
si svolge la festa dei Santi Martiri
A San Fratello (ME), dal 7 maggio al 9 maggio si
svolge il triduo in onore ai tre Santi Fratelli; il
10 maggio fin dal mattino sfilano per le vie del
centro centinaia e centinaia di cavalli con i loro
cavalieri che si uniranno alla processione con
partenza dalla chiesa madre e diretta
all'antichissimo Santuario Normanno dedito ai
tre Fratelli; dove verrà celebrata la santa Messa
e si concluderà con una sorta di sagra del
paese.
Leggende[modifica | modifica wikitesto]
Chiesa madre di Vaste in cui si venerano i Santi
Alfio, Filadelfo e Cirino
Chiesa Madre di Lentini dove si venerano i tre
fratelli martiri
Il Santuario di Trecastagni, in occasione della
Festa dei Santi Fratelli
Attorno alle tre figure dei santi martiri della
chiesa di Lentini ruotano numerose leggende e
credenze che vengono trasmesse oralmente da
padre in figlio. Alcune di esse trovano riscontro
nelle documentazioni storiche, altre sono basate
su testimonianze scritte dagli storici, altre
ancora vengono semplicemente raccontate. Qui
di seguito ne riportiamo alcune.
La leggenda del Simeto[modifica | modifica
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Si narra che durante le persecuzioni cristiane da
parte dei romani, i tre fratelli di Vaste, giunti
ormai nei pressi di Lentini, più esattamente nel
fiume Simeto, si trovarono nella difficoltà di
doverlo attraversare, avendo i soldati romani
alle loro spalle; il Simeto allora più grande e
rigoglioso di quanto sia oggi, era un turbinio di
acque. I tre fratelli, non avendo altra possibilità,
si avventurarono in quelle acque, che ad un
tratto si abbassarono permettondo loro il
passaggio. Subito dopo le acque inghiottirono
buona parte dei soldati che li scortavano,
facendoli annegare.
La leggenda del cavallo[modifica | modifica
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Nella grotta rupestre di Tertullo, chiamata a
rutta di ra Tattullu, carcere dei tre santi, nella
parte di destra in alto si possono vedere delle
orme di zoccoli di cavallo, di cui non si sa ben
spiegare l'origine. Alcuni dicono sia stato un
cavallo alato, altri dicono si trattasse del cavallo
di Tertullo che cadde dalla sommità della grotta,
altri le attribuiscono al mito di Pegaso alato.
La leggenda della peste[modifica | modifica
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Quando i tre fratelli di Vaste giunsero a Lentini,
la trovarono appestata. Riuscirono, però, a
miracolarla, liberandola dalla peste. Oggi, nella
chiesa di San Francesco di Paola, si conserva a
sinistra dell'altare un frammento di roccia che
conserva le orme dei tre fratelli che sarebbero
state lasciate nel momento in cui Lentini fu
liberata dalla peste.
La leggenda dei pozzi[modifica | modifica
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Quella dei pozzi è, forse, l'unica leggenda che si
avvalga di elementi materiali che ne spieghino
l'origine. Si racconta che, durante il martirio dei
tre fratelli, la lingua mozzata di sant'Alfio
cadesse a terra, facendo tre balzi e scavando
tre pozzi. Ancora oggi nella chiesa della
Fontana, edificata sulle basi di un foro romano,
nello stesso luogo dove i tre vennero
martirizzati, si possono vedere i tre pozzi. In
occasione della festa patronale, quello centrale
viene aperto e l'acqua santa contenuta
miracolosamente si innalza di livello.
La leggenda del terremoto[modifica | modifica
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Questa leggenda riguarda sempre la chiesa di
Maria della Fontana o dei tre Santi. Nell'abside,
si trovano le statue lignee raffiguranti i tre santi.
Si racconta che, in occasione del ricordo della
traslazione delle reliquie dei tre fratelli (2
settembre), le statue vennero spostate e
portate fuori dalla chiesa: nello stesso istante, si
abbatté su Lentini un violento sisma, tanto che
le statue vennero immediatamente riportate
all'interno della chiesa ed il sisma cessò. Da
allora non vennero più spostate.
Compatroni[modifica | modifica wikitesto]
Alfio, Cirino e Filadelfo sono compatroni di
alcuni comuni italiani:
Italia Lentini
Italia Trecastagni
Italia Sant'Alfio
Italia Vaste
Italia San Fratello
Italia Scifì
Italia Catania
Italia Mirto (Italia)
Luoghi di culto dedicati[modifica | modifica
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Ex-Cattedrale di S.Maria la Cava e Sant'Alfio di
Lentini
Chiesa dei Tre Santi o della Fontana di Lentini
Chiesa Rupestre del Carcere dei Tre Santi di
Lentini
Basilica SS.Apostoli Pietro e Paolo di Acireale
Santuario Normanno dei tre Santi Fratelli, a San
Fratello
Chiesa Madre Madonna delle Grazie, a Vaste,
paese natale dei santi.
Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria a
Paternò
Santuario di Sant'Alfio a Trecastagni
Chiesa della Fontana, luogo del martirio, a
Lentini
Chiesa del Carcere (rutta di ra Tattullu, luogo
della prigionia dei tre fratelli, a Lentini)
Chiesa delle Anime del Purgatorio a Santa Maria
di Licodia
Chiesa Madre di Sant'Alfio
Chiesa dell'Immacolata ai Minoritelli a Catania,
luogo che conserva i resti del carcere dei Santi
Fratelli.
Chiesa di Sant'Alfio ad Adrano
Chiesa di Sant'Alfio a Scifì frazione di Forza
d'Agrò
Chiesa di Sant'Alfio a Mirto
Holy Rosary Church in Lawrence, MA (USA)