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Quaderno Tecnico ARPA-SMR n° 14/2003 Gelate tardive in Emilia-Romagna ARPA-SIM Servizio IdroMeteorologico Direzione Generale Agricoltura: -Servizio Sviluppo del Sistema Agroalimentare - Servizio Produzioni Vegetali

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Quaderno Tecnico ARPA-SMR

n° 14/2003

Gelate tardive in Emilia-Romagna

ARPA-SIM Servizio IdroMeteorologicoDirezione Generale Agricoltura:-Servizio Sviluppo del Sistema

Agroalimentare- Servizio Produzioni Vegetali

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- Nota tecnica – Gelate tardive in Emilia-Romagna, marzo - aprile 2003

a cura di: ARPA-Servizio IdroMeteorologico Dir. Gen. Agricoltura: - Servizio Sviluppo del Sistema Agroalimentare - Servizio Produzioni Vegetali Il quadro meteorologico delle gelate tardive della primavera 2003 Dalla metà di marzo si sono verificati nella pianura emiliano-romagnola 15 giorni con temperature minime inferiori a 0 °C. Il periodo è stato caratterizzato da una forte anomalia, sia per i valori minimi delle temperature registrate, sia per la ricorrenza con cui gelate, anche intense, si sono succedute. La figura riporta la media delle temperature minime del periodo 15 marzo – 10 aprile e come si può osservare in diverse zone della pianura il valore è compreso tra

0 e 1 °C, con alcune aree che presentano temperature minime medie inferiori a 0 °C.

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 °C

Temperatura Minima - Valore Medio dal 15/03/2003 al 09/04/2003

In questo periodo si sono verificate due situazioni di circolazione sinottica con afflusso di aria da Nord-Est: la prima, iniziata alla metà di marzo, si è protratta per circa 10 gg con un primo afflusso di aria fredda il 15 marzo e un secondo afflusso in corrispondenza del 22 marzo; il secondo periodo è iniziato il 4 aprile ed è durato 5 giorni con l’afflusso di aria più fredda in corrispondenza del 7 aprile, aria con temperatura prossima a 0 °C al suolo che ha provocato nevicate per alcune ore anche nella zona di pianura. La mappa seguente riporta la variazione delle temperature minime rilevate nella Pianura Padana nella notte del 7 / 8 aprile, episodio che ha rappresentato la gelata più critica per i danni provocati alle colture sia dell’area padana, sia a scala nazionale (l’evento ha interessato anche le regioni meridionali). Si tratta di una rappresentazione a grande scala che non riproduce fedelmente la variazione della temperatura, ma permette comunque di apprezzare l’intensità raggiunta dal fenomeno in Emilia-Romagna, nella zona orientale del Piemonte e nella zona nord-occidentale della Lombardia.

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Elaborazione A. Cicogna (CSA, Friuli Venezia Giulia). Analisi meteorologica della seconda metà di marzo Durante il mese di Marzo si sono verificate diverse gelate tardive, tutte comprese tra il 16 ed il 25. Gli eventi estremi di temperatura minima nella regione, sia invernali che primaverili, sono associati a correnti da nord-est. Si tratta generalmente di aria fredda e secca continentale proveniente dal Nord-Europa o dai Balcani. Una simile situazione meteorologica ha contribuito al verificarsi delle gelate abbassando notevolmente le temperature; dal grafico si nota un deciso

calo nei valori massimi nei giorni precedenti le gelate. Da valori prossimi a 20°C registrati il 10 Marzo si scende sino ai 10 °C del 15, giorno che precedente la serie dei fenomeni. E’ questa la situazione “classica” che produce le gelate tardive nella regione: le correnti fredde abbassano la temperatura durante il giorno; la notte, con cielo sereno e calma di vento, il terreno perde

calore per irraggiamento provocando la discesa della temperatura al di sotto dello zero.

Andamento delle temperature (massima e minima giornaliera ) e delle precipitazioni -S.Pietro Capofiume BO nel mese di Marzo 2003

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°C /

mm Pre BO-S.Pietro Capofiume

Tmx BO-S.Pietro CapofiumeTmn BO-S.Pietro Capofiume

Ad eccezione della prima gelata della serie, in cui era presente vento, in tutte le altre notti l’abbassamento termico si è prodotto esclusivamente per irraggiamento

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Analisi meteorologica della prima decade di aprile Come accaduto in Marzo, il quadro meteorologico che ha preceduto le gelate in Aprile è stato caratterizzato da venti freddi da Nord –Est, con un deciso calo delle temperature massime; da 16 a 7 °C in appena 2 giorni (dal 5 al 7 aprile). Modeste precipitazioni si sono verificate nella serata di Domenica 6, e Lunedì 7. Nella giornata di Domenica le precipitazioni sono state nevose in collina, e con pioggia mista a neve in pianura, mentre il giorno successivo la neve ha interessato anche la pianura. Dalla notte di Domenica 6, per tre notti consecutive, le temperature sono scese a valori inferiori a zero con

punte minime registrate nella mattina di Martedì 8 di –5,8 °C nella pianura occidentale e inferiori a –4 °C nei comprensori frutticoli della pianura centro orientale. Questo evento, per le temperatura minima raggiunta e per la vastità delle aree colpite risulta sicuramente uno dei più importanti degli ultimi 100 anni.

Andamento delle temperature (massima e minima giornaliera) e delle precipitazioni nelle prime due decadi di Aprile 2003 -

Base meteo di S.Pietro Capofiume BO

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°C /

mm

Pre BO-S.Pietro CapofiumeTmx BO-S.Pietro CapofiumeTmn BO-S.Pietro Capofiume

Analisi delle temperature minime Le gelate tardive che si verificano nella nostra regione sono la causa, come già ricordato, di due eventi successivi:

• avvezione di aria fredda proveniente da Nord-Est o dai Balcani.; • perdita di calore per irraggiamento del suolo nelle ore notturne.

La temperatura minima si raggiunge quasi sempre in prossimità dell’alba ed è legata prevalentemente alla perdita di calore per irraggiamento (il suolo perde calore sotto forma di radiazione infrarossa), la temperatura minima si verifica alla superficie del suolo (o dell’erba sovrastante) nelle zone più basse (nelle depressioni della pianura e nei fondovalle). L’aria si raffredda a contatto del suolo e inizia la stratificazione che porta al fenomeno dell’inversione termica (aumento della temperatura con la quota), molto accentuata nelle notti con gelo. La gelata è favorita da una bassa umidità assoluta dell’aria (situazione che si verifica con aria proveniente dai quadranti settentrionali), o da una precedente precipitazione (sempre con aria proveniente da Nord-Est), dalla assenza di nubi e da calma di vento. La precipitazione che precede la gelata rende umido il terreno e aumenta la quantità di calore che il terreno può perdere senza abbassare la sua temperatura riducendo così l’intensità della gelata. Le coltivazioni di collina non sono di norma interessate dalle gelate (ad eccezione degli appezzamenti situati in prossimità dei fondovalle) dato che l’aria fredda che si crea a contatto del suolo scivola verso il fondovalle. L’effetto stesso della brezza che si verifica nelle zone di collina costituisce un elemento importante per il rimescolamento dell’aria, fattore che contrasta la gelata radiativa. La situazione si modifica in presenza di neve nella media e alta collina. In questo caso si assiste ad un generale abbassamento della temperatura dovuto ad una minore temperatura di partenza al calar del sole e ad uno scarso contributo di calore proveniente dal terreno che rimane isolato a

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causa della neve. E’ quello che si è verificato nella prima decade di aprile, quando nel giorno 6 è nevicato durante la notte, con una temperatura dell’aria prossima a 0 °C ed il successivo rasserenamento nelle ore prossime all’alba. Anche il giorno successivo è stato caratterizzato da precipitazioni nevose, questa volta anche nelle aree di pianura, con temperature comprese tra 1 / 5 °C al calar del sole. Lo strato di inversione, che solitamente è compreso tra 300 e 400 m, in questi due giorni è stato di soli 100 / 150 m e questo ha determinato temperature inferiori a –1 / -2 °C nelle aree di collina, normalmente esenti da gelate. L’intensità della gelata nelle aree di pianura varia in relazione alla conformazione topografica e geografica del territorio, le zone più fredde si confermano in modo pressoché sistematico la pianura tra Piacenza e Parma, la pianura tra Modena e Bologna e la pianura tra Bologna Ravenna e Forlì. Anche all’interno di queste aree però la variabilità è elevata ed è condizionata prevalentemente dalla microtopografia locale (avvallamenti di pochi metri, barriere naturali o artificiali come argini, autostrade, ferrovie, ecc.), con differenze anche di alcuni gradi. Altro aspetto essenziale riguarda la temperatura misurata nelle stazioni meteorologiche (temperatura misurata a 180 cm dal suolo), la sua variazione nello strato di aria prossimo al suolo (tra 0 e 10 m) e la temperatura a cui è esposta la pianta. Come più avanti descritto la temperatura dell’aria presenta un gradiente elevato nei primi metri che può assumere valori anche di 7 / 8 °C in 10 m (temperatura minima in prossimità del suolo), questo gradiente si riduce in presenza di brezza fino ad annullarsi quasi completamente con vento superiore a 3 / 4 m/s. Come vedremo, la brezza, se consistente, provoca però un aumento della temperatura e di fatto riduce il rischio di gelate critiche per le piante. La variazione di temperatura con la distanza dal suolo determina la stratificazione dei danni sulla pianta, normalmente le zone più colpite sono le parti più basse. La pianta si comporta come qualsiasi altro corpo e quindi perde calore per irraggiamento abbassando la sua temperatura. In assenza di vento e nelle notti terse la temperatura alla superficie della pianta (fiori, frutticini, ecc.) può essere anche di 2 °C inferiore alla temperatura dell’aria e dipende in gran parte dalla posizione dell’organo ( la parte della pianta rivolta verso il cielo presenta la temperatura più bassa, mentre la parte rivolta verso il suolo è leggermente più calda rispetto all’aria). Analizzando le temperature che hanno interessato questo periodo è utile pertanto considerare i vari aspetti che possono aver contribuito a creare la situazione di rischio:

• la situazione meteorologica prevalente rilevata dalla rete meteorologica regionale, tali dati forniscono un’indicazione della vastità degli eventi;

• la variazione locale delle temperature determinata dalla topografia, questi valori ci presentano un quadro più realistico della reale intensità e della variabilità locale del fenomeno;

• la durata delle gelate; • la presenza di neve e ghiaccio sulla vegetazione che costituisce un altro elemento di

rischio per la produzione. Stima della distribuzione delle temperature minime utilizzando il modello topografico Le stazioni meteorologiche che costituiscono la rete regionale appartengono alla categoria delle stazioni agrometeorologiche e delle stazioni sinottiche secondo la classificazione dell’Organizzazione Meteorologia Mondiale (OMM). Sono collocate in aree agricole, in posizione rappresentativa di un comprensorio limitrofo sufficientemente grande (400 – 600 km2), e quindi si trovano normalmente in situazioni tali da cogliere un valor medio della variabilità dell’area. Le mappe sopra descritte riportano i valori e le interpolazioni dei dati rilevati dalla rete, senza tener conto dell’effetto topografico. Per cogliere la reale variazione delle temperature sono stati utilizzati i dati rilevati nel periodo 1986 – 1998 dalle Sezioni Agrometeorologiche Locali (circa 100 stazioni meteorologiche) e sono state eseguite negli ultimi 4 anni misure specifiche in diverse posizioni del territorio. Con i

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dati ottenuti è stato realizzato un modello matematico che permette di tener in debita considerazione l’effetto della topografia sulla temperatura minima, con una risoluzione di alcune centinaia di metri. Le mappe di seguito riportate illustrano la variazione delle temperature nelle notti in cui le gelate sono state di entità tale da causare danni alla produzione regionale.

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12°C

Temperatura minima nel periodo 20 - 25/03/2003Ricostruzione in base all'orografia

-12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4°C

Temperatura minima del 08/04/2003Ricostruzione in base all'orografia

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-10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 °C

Temperatura minima del 09/04/2003Ricostruzione in base all'orografia

Durata delle gelate

19:12 21:36 0:00 2:24 4:48 7:12 9:36

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24/03/2003

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Durata delle gelate durante il mese di Marzo 2003 - Base meteo S.Pietro Capofiume (BO)-

sensore posto ad 1 metro dal suoloLa durata della gelata, rappresenta, insieme all’intensità e al periodo in cui si verifica la gelata, l’altro fattore che incide sull’entità dei danni. L’intensità e la durata sono spesso tra loro correlate e questo si può dedurre anche dalle figure seguenti, infatti, si osserva che le gelate terminano quasi sempre 1 o 2 ore dopo l’alba, momento che di solito coincide con la temperatura minima e le notti del 24 marzo e 8 aprile corrispondono alle gelate più lunghe e più intense. Come si può osservare in ben 4 notti le gelate hanno avuto una durata superiore a 10 ore con

evidenti ripercussioni anche sulla gestione e sull’esito della difesa.

18:00 19:00 20:00 21:00 22:00 23:00 0:00 1:00 2:00 3:00 4:00 5:00 6:00 7:00 8:00 9:00

07/04/2003

08/04/2003

09/04/2003

Durata delle gelate durante il mese di Aprile 2003- Base Meteo S.Pietro Capofiume

sensore ad 1 metro di altezza dal suolo La presenza di ghiaccio e neve sulla vegetazione Nelle notti del 6 / 7 aprile e 7 / 8 aprile si sono verificati abbassamenti termici con presenza di neve sulla vegetazione. Questo fenomeno ha interessato prevalentemente le aree di collina. La neve caduta in collina nelle prime ore della notte del 6 / 7 si è depositata sulla

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pianta e il successivo rasserenamento avvenuto nel corso della notte ha portato la temperatura a valori inferiori a 0 °C, con formazione di ghiaccio che ha accelerato la perdita di calore ed il congelamento interno ai tessuti vegetali. La giornata successiva è stata caratterizzata da una nevicata più intensa che è però terminata verso le ore 15 / 16 e ha permesso lo scioglimento della neve accumulata sulle piante, ad eccezione delle aree collinari esposte a nord. Negli appezzamenti dove si è verificata la formazione di ghiaccio in queste due occasioni, con le piante nella fase di fioritura o allegagione o germogli sensibili, si è osservata la perdite di produzione pressoché totale, con un fenomeno naturale che ha avuto gli stessi effetti di una irrigazione antibrina sovrachioma interrotta a metà della gelata. Pertanto, a differenza di quanto normalmente si verifica nelle gelate tardive che interessano la nostra regione, possiamo ritenere tutt’altro che marginali i danni verificatisi nelle aree di collina, dove la perdita di produzione determinata da temperature inusualmente basse nella fascia collinare e la formazione di ghiaccio sulle piante, ha interessano zone di norma esenti da questo problema. Profilo delle temperature nelle notti di gelo

Nel corso delle gelate sono state eseguite misure del profilo delle temperature presso la base meteorologica di S. Pietro Capofiume (BO) e nell’az. Giulani di S. Pietro in Vincoli (RA), nello strato compreso tra il suolo e 8 m. Dai dati è evidente che nelle notti con temperature critiche per le piante (temperature inferiori a – 3 / - 4 °C all’altezza di riferimento di 2 m), la gelata si è sviluppata per irraggiamento, con l’eventuale presenza di una leggera brezza. Viceversa, nelle notti ventose, la

temperatura ha raggiunto anche valori inferiori a 0 °C ma non è scesa a valori inferiori a -2 °C.

San Pietro Capofiume Profili della temperatura del 18/03/2003

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-4

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0

2

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ore

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T_0cm T_25cm T_50cm T_100cm

T_200cm T_400cm T_800cm

Nelle figure si riportano i dati di alcune notti caratteristiche. La notte del 18 marzo con una classica situazione di gelata per irraggiamento con assenza di vento: si osserva un elevato gradiente termico, gradiente che si riduce col procedere della notte, ma che non scende al disotto di 6 / 7 °C in 8 m e la temperatura a 8 m è

0

4

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°C

Profilo delle temperature Gelata del 7_8 Aprile 2003

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21.0

221

.26

21.5

022

.14

22.3

823

.02

23.2

623

.50

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1.50

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3.26

3.50

4.14

4.38

5.02

5.26

5.50

6.14

6.38

7.02

7.26

ora

t0t50t100t200t400t800

7

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costantemente superiore a 0 °C. La notte dell’8 aprile mostra un andamento simile al precedente, ma pur essendo in presenza di irraggiamento (gradiente termico superiore a 5 °C) la temperatura dell’aria al tramonto era già così bassa che la temperatura a 8 m è scesa al di sotto di -2 / -3 °C, lo strato di inversione termica è rimasto assai limitato rispetto alle situazioni tipiche (100 / 150 m rispetto ai 350 / 400 m delle gelate tradizionali) e questo ha determinato valori inferiori a -2 / -3 °C anche nelle zone di collina normalmente esenti da questo problema. La notte del 17 marzo presenta invece caratteristiche miste, la gelata si sviluppa per irraggiamento e successivamente si osserva la scomparsa del gradiente termico con la quota, dovuto all’avvezione di aria fredda. La temperatura nei primi 2 m oscilla tra valori di 0 e -2 °C mentre al suolo si osserva un progressivo riscaldamento dell’aria. Situazioni simili si sono osservate anche nella notte del 16 marzo e nella notte del 9 aprile. In queste situazioni, con avvezione di aria fredda nel corso della notte non si sono mai osservati valori di temperatura critici per le piante, ma in questo caso l’applicazione di alcune tecniche di difesa normalmente efficaci come l’irrigazione antibrina sovrachioma ed i ventilatori, può essere causa di danni aumentando la perdita di calore dalla vegetazione.

-2

San Pietro Capofiume profilo di temperatura del 17/03/2003

-8

-6

-4

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2

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6

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20:24 21:36 22:48 0:00 1:12 2:24 3:36 4:48 6:00 7:12

ora

°C

T_0cm T_25cm T_50cm T_100cm

T_200cm T_400cm T_800cm

Stadio di sviluppo delle colture nel periodo delle gelate

Colture 23 – 24 Marzo 7 – 9 aprile Albicocco piena fioritura - allegagione scamiciatura Pesco Inizio - piena fioritura piena fioritura-inizio caduta petali Actinidia inizio germogliamento Ciliegio fioritura Susino fioritura Pero Mazzetti affioranti bottoni bianchi – primi fiori Melo bottoni rosa Bietola 2 – 4 foglie vere Frumento e Orzo levata - meiosi Pomodoro 20-30% trapianti Cocomero e Melone inizio trapianti

Dal confronto delle fasi fenologiche indicate sui bollettini agrometeorologici e di produzione integrata risulta un ritardo nello sviluppo delle colture rispetto all’annata precedente. All’epoca della prima gelata di Aprile le colture erano in ritardo rispetto al 2002 di circa 10-12 giorni . Questo ritardo nello sviluppo ha senza alcun dubbio contenuto nel complesso i danni provocati dal gelo.

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Effetti del gelo sulle colture L’albicocco è sicuramente la specie più colpita, era già in fase sensibile ( fioritura) durante le gelate del 23-24 Marzo (a quella data erano già evidenti danni consistenti) ed in fase ancora più delicata dal 7 al 9 aprile (caduta petali-scamiciatura). Il gelo ha provocato la caduta dei fiori e dei frutticini appena allegati e quindi appare evidente fin da ora un danno notevole. Le perdite di produzione si dovrebbero attestare tra il 70 e l’80 %. Gli impianti di Actinidia sono stati colpiti dalle gelate di Aprile (nell’ultima settimana di Marzo si trovavano all’inizio del germogliamento e quindi in una fase poco sensibile) con danni che appaiono importanti. Pur all’interno di una accentuata variabilità, compresa tra il 20 e il 70%, si può

ipotizzare un danno medio alla produzione nelle aree più vocate che dovrebbe oscillare intorno al 40 / 50 %. Per quanto riguarda il pesco la stima appare più difficile. La coltura si trovava mediamente nella fase di piena – fine fioritura. Molte variabili hanno influito sugli effetti del gelo. Le diverse varietà hanno risposto in modo estremamente diversificato in relazione soprattutto all’epoca di fioritura ed alle condizioni microclimatiche aziendali. Inoltre su questa coltura gli effetti del gelo, anche se non evidenti ad un esame visivo, possono indurre successivamente una forte cascola post-fiorale. Attualmente l’orientamento

generale è per una stima di danno sulla produzione del 30 / 35 %. Dal 7 al 9 Aprile, ciliegio e susino avevano appena iniziato la fioritura (erano presenti ancora fiori non completamente aperti). Anche in questo caso non è semplice stimare gli effetti del gelo sulla produzione finale. Immediatamente dopo gli abbassamenti termici era già possibile osservare necrosi dei petali e dell’ovario (vedi foto) in alcuni casi anche sul 50 % dei fiori. Da ricordare come soprattutto la gelata dell’8 abbia raggiunto anche altezze elevate, con temperature al di sotto di -2 / -3 °C anche a 10 metri dal suolo, l’altezza di molti impianti non ha pertanto impedito che si producessero danni anche nella parte alta delle piante. A fronte di una alta percentuale di fiori colpiti non è comunque possibile ora definire il corrispondente danno sulla produzione, una buona allegazione dei fiori indenni potrebbe comunque permettere una produzione accettabile, con una perdita di prodotto dovuto al gelo che non dovrebbe in ogni caso essere inferiore al 20-30%. Foto Massimo Fornaciari Modena

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Sulle pomacee (melo e pero) i danni appaiono meno evidenti grazie alla fase più ritardata in cui i trovavano i fruttiferi all’epoca delle gelate.

di produzione sono comunque già evidenti su

e

i danni riguardano le piantine in relazione alla percentuale di trapianti ffettuati. Nelle province in cui questa fase era più avanzata (a Piacenza e Parma circa il 15 %

che sul apiantato. In provincia di Ferrara si stimano danni sul cocomero che oscillano dal 10 al 50 %,

Lievi i danni, che si ono verificati solo a carico delle colture in emergenza senza peraltro compromettere

suscettibile agli effetti egativi delle basse temperature sulla formazione delle spighette fertili). I danni potrebbero

a difesa antibrina può essere realizzata con interventi “preventivi” atti a limitare l’effetto delle fesa passiva), oppure con interventi “attivi” atti a

ne alla posizione

limitare i danni nelle annate medie, viceversa non

orrenza delle gelate hanno stimolato l’ interesse

icilia attraverso l’impiego dei

sRimane da verificare la situazione al termine della cascola post-fiorale, soprattutto in relazione alla qualità (pezzatura) del prodotto. Perdite alcune varietà di mele (Spur Rossi, sulla Pink Lady e su Fuji) a carico dei fiori centrali, i più sviluppati all’epoca del gelo e dai quali dovrebbe provenire il prodotto di maggiore pezzatura. Anche sul pero una scarsa o incompleta allegazione dei fiori più sviluppati potrebbe portare a produzioni di scarsa pezzatura (esiste una correlazione positiva tra semi presenti e dimensionfinale del frutto). Per il pomodoro edella superficie totale) la perdita di piantine è stimabile, attorno al 5 / 10% del prodotto. Per cocomero e melone i danni maggiori si registrano nelle aree torbose sia sul seminato trmentre per il melone, trapiantato e seminato, il danno oscilla dal 5 al 20 %. La bietola si trovava nella fase compresa tra l’emergenza e le 4 foglie vere. sl’investimento minimo necessario ad ottenere una produzione normale. L’orzo, all’epoca delle gelate, aveva già raggiunto la fase di meiosi (fasenrendersi evidenti solo al termine della allegagione con un numero inferiore di semi per spiga. Anche il frumento (in particolare le varietà di grano duro) potrebbe aver risentito delle gelate ma gli eventuali danni dovrebbero essere inferiori a quelli stimati sull’orzo. La difesa antibrina presente in regione Lbasse temperature sulla vegetazione (dimodificare il clima nello strato limite interessato dalle piante (difesa attiva). La difesa passiva è stata troppo spesso dimenticata, ma ricordiamo che una buona programmazione delle varie colture all’interno dell’azienda in relaziotopografica degli appezzamenti può ridurre notevolmente i danni; altri importanti fattori riguardano l’altezza del frutteto, la precocità della specie e della cultivar, la sua sensibilità al gelo, la gestione della superficie del terreno. Una gestione attenta di queste regole può contribuire in modo significativo a ridurre la frequenza dei danni nel corso degli anni ed a sono così efficaci quando la frequenza e l’intensità delle gelate assumono caratteristiche come quelle osservate nel corrente anno, o nel 1997. Nel corso dei vari convegni, seminari e incontri con gli agricoltori che si sono svolti dal 1997 ad oggi, periodo nel quale gli ingenti danni e la ricdegli operatori per contenere gli effetti delle gelate, è stata sovente ricordata l’importanza della difesa passiva come metodo di base per il contenimento dei danni, ma troppo spesso quella che dovrebbe costituire una regola basilare della programmazione aziendale nelle zone interessate dalle gelate tardive viene sottovalutata, oppure relegata ad un ruolo marginale rispetto agli altri fattori che concorrono a definire la programmazione aziendale. La difesa attiva è presente in Italia da alcuni decenni (la formazione di fumo e di nebbie artificiali era già descritta in testi dell’ottocento), ma solo in S

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ventilatori e nel Trentino Alto Adige con l’irrigazione sovrachioma ha assunto le caratteristiche di tecnica efficace e consolidata. Negli altre zone la difesa non ha mai assunto un’importanza strategica all’interno della tecnica produttiva. La ragione di questa lacuna va ricercata in buona parte nella incapacità della ricerca

milia Romagna, che

senza di una leggera brezza saltuaria, quando si verificano gelate per avvezione

eleme

ifesa attiva rigazione antibrina sottochioma

di proporre fino alla metà degli anni ’90 soluzioni razionali alla difesa di colture mediamente pregiate, dove l’uso delle stufe come in California non trova adeguata remunerazione delle produzioni in relazione ai costi, e l’irrigazione ed i ventilatori non apparivano adatti per l’ambiente e le gelate tardive della Pianura Padana o dell’Italia centrale. L’esperienza avviata nei primi anni ’90 dal Servizio Meteorologico Regionale, poi proseguita all’interno del progetto DISGELO (progetto finanziato dalla Regione Evede la collaborazione del CNR, dell’Università, dei consorzi e delle associazioni dei produttori, nonché delle ditte private interessate a sviluppare strumenti e tecniche di difesa attiva), sta avviando un processo lento ma continuo di incremento della difesa all’interno della nostra regione. Bisogna ricordare che la difesa attiva è efficace contro le gelate per irraggiamento, con assenza di vento o in pre(peraltro rare e di modesta intensità) le tecniche di difesa attiva non possono contrastare l’abbassamento termico, e in alcuni casi possono anche accentuare il danno. La carta del rischio climatico da gelata tardiva di seguito riportata costituisce un importante

nto conoscitivo per definire le aree del territorio dove porre particolareattenzione a questo problema e ricorrere alle possibili tecniche di difesa attiva e passiva adatte per il nostro sistema produttivo. La carta considera le temperature minime suddivise per decadi e l’effetto della topografia sulla variabilità della temperatura.

DIr

el 1992 è iniziata una sperimentazione condotta nell’area di Vignola (MO) valutando la acia dell’irrigazione antibrina sottochioma per ridurre i danni provocati dalle

ento di stato dell’acqua libera circa 80 calorie per grammo di acqua che

Npossibile efficgelate tardive. L’irrigazione rappresenta il metodo più economico per difendersi dalle gelate: l’irrigazione a pioggia sovrachioma con temperatura inferiore a 0 °C determina la formazione di ghiaccio sulla pianta, il cambiamsolidifica e questo mantiene la temperatura in prossimità di 0 / -1 °C, sufficiente a proteggere la pianta. Questa tecnica largamente utilizzata nel trentino necessita di elevati volumi irrigui (60 mc/Ha ora) che non si adattano nei nostri ambienti con gelate ricorrenti e prolungate, sia per l’elevato fabbisogno irriguo aziendale e comprensoriale, sia per le caratteristiche poco

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permeabili dei nostri terreni. Inoltre gli impianti irrigui in Emilia-Romagna sono prevalentemente sottochioma per le esigenze della difesa fitosanitaria, e non ultimo, l’irrigazione sovrachioma è particolarmente efficace nella difesa delle pomacee mentre sulle drupacee come pesco e albicocco e sull’actinidia ha presentato in diverse occasioni dei limiti di efficacia. L’irrigazione sottochioma, effettuata con microirrigatori posti al di sotto della chioma delle piante, con una disposizione tale da bagnare tutta la superficie inerbita del terreno, sfrutta invece il calore ceduto dall’acqua che congela sull’erba: il calore rilasciato reintegra alla superficie il

in settori permette di aumentare

ualmente, le aziende che adottano questo sistema

la gelata, la posizione dei microirrigatori in relazione al rischio di

era pendenza,

calore perso dal terreno durante la notte. In questo modo si contrasta il meccanismo che provoca la gelata e si modifica il profilo della temperatura nei 2 / 3 metri di aria prossima al terreno, zona che rappresenta la parte della pianta normalmente interessata dai danni da gelo Le portate utilizzate sono il 20 / 30 % rispetto al sovrachioma e l’irrigazione viene di solito effettuata con turni interni all’azienda (ad esempio l’azienda può essere suddivisa in 3 / 4 settori con 2 minuti di irrigazione e 4 / 6 minuti di pausa per settore). Si tratta di soluzioni tecniche compatibili con l’esigenza della difesa fitosanitaria (la pianta non viene bagnata), inoltre l’impianto può essere integrato con costi marginali per poter effettuare l’irrigazione a goccia e la fertirrigazione estiva, la suddivisionela superficie difesa anche in presenza di limitate disponibilità di acqua e l’uso di volumi limitati potrebbe favorire il superamento del conflitto generato da una elevata domanda di acqua da parte delle aziende in un periodo in cui l’offerta da parte dei consorzi di bonifica è limitata (gli impianti delle colture sensibili devono funzionare tutti contemporaneamente nelle stesse ore su tutta la superficie interessata dalla gelata). Le aziende che fino ad ora hanno adottato questo sistema in modo adeguato hanno superato pressoché indenni o con danni assai contenuti eventi decisamente avversi quali le gelate del 1997, del 1998 e del corrente anno. Attcoprono l’intero panorama frutticolo della nostra regione (albicocche, susine, pesche, nettarine, pero, melo, actinidia, vite) e sono in progressiva estensione; il limite principale a questa tecnica di difesa appare la limitata disponibilità irrigua per le aziende che adoperano acqua di superficie, dovuta al fatto che nei mesi di marzo e aprile i canali comprensoriali sono normalmente asciutti. Nel corso del progetto DISGELO sono state realizzate misure sperimentali presso la Base Meteorologica di ARPA-SMR che hanno permesso di individuare il tipo di microirrigatori più efficaci per contrastarecongelamento nei momenti di pausa, le portate più idonee, il tipo di copertuta del suolo, le attenzioni da porre al sistema irriguo per evitare spiacevoli sorprese durante il funzionamento, gli automatismi necessari per ridurre il rischio come la misura in automatico della temperatura e la gestione automatica dell’irrigazione. Le figure successive illustrano l’effetto dell’irrigazione sulla modifica della temperatura dell’aria rilevato nelle prove condotte presso la Base Meteorologica di ARPA-SMR e presso due aziende che adottano questo sistema. Questo metodo sfrutta il calore che si libera localmente per modificare la naturale stratificazione dell’aria che porta alla formazione di aria fredda in prossimità del suolo. Per questo motivo si adatta bene nelle aree di pianura e nei fondovalle ampi, con terreni in piano o leggsituazioni che peraltro costituiscono la percentuale ampiamente prevalente delle aree regionali interessate dal fenomeno delle gelate, sia per la caratteristica climatica della gelata, sia per la prevalenza in queste aree delle colture a rischio. Nelle zone declive (pendii delle colline) e in prossimità dei crinali le gelate sono eventi rari che comunque non giustificano fino ad ora la realizzazione di impianti di difesa. In prossimità dei fondo valle e sui pendii di valli strette, di norma le specie coltivate sono a sviluppo tardivo, poco soggette al rischio da gelo, alcune prove sono peraltro in corso anche nell’alta Valle del Santerno, su Pesco e Actinidia, per trovare soluzioni adeguate per ridurre il danno anche in aree che si possono definire marginali per ampiezza delle colture e per la severità del clima, ma che comunque necessitano di una risposta a sostegno dell’attività agricola.

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Profilo medio della temperatura rilevato nella prova sperimentale eseguita

Irrigazione sottochioma antibrina : profili medi di temperatura del 28_29 Marzo dalle 22:00 alle 06:00

0

50

100

150

200

250

-4.5 -4 -3.5 -3 -2.5 -2 -1.5 -1°C

cm

8 testimone non irrigato2 din_45 litri/ora inerbito3 din_65 litri/ora inerbito4 din_senza antimist 50 litri/ora lavorato5 din_senza antimist 50 litri/ora inerbito

6 din_65 litri/ora lavorato7 din_45 litri/ora lavorato

. Verifica del ongelamento

con irrigazione

turnata

lavorato

presso la Base eteorologica di S. Pietro apofiume (BO). Il confronto videnzia l’efficacia dei diversi etodi di irrigazione antibrina ttochioma rispetto al

Confronto tra i profili di temperatura dell’aria rilevati presso l’Az. Giuliani di S. Pietro in Vincoli (RA) difesa con irrigazione antibrina sottochioma (linee continue) ed i valori minimi di

araiazione della temperatura elle corso delle notti con gelo ell’aprile 2003 rilevato nella alle del Santerno, presso l’Az. ongellini, nell’appezzamento ifeso con irrigazione antibrina

MC

Controllo non irrigato

Dinamico senza

antimist 50 l/h

Dinamico con

antimist 65 l/h

Dinamico con

antimist 45 l/h

Centralina di comando

+ sensore di

allarme

Dinamico con

antimist 45 l/h

Dinamico con

antimist 65 l/h

Dinamico senza

antimist 50 l/h

c

inerbito

emsotestimone (senza irrigazione) e una modesta differenza tra i vari metodi.

temperatura rilevati in un appezzamento esterno privo di difesa (punti blu).

7-8 aprile (climatizzato)

0

100

200

300

400

500

600

-7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2

T (°C)

h (

cm)

Giuliani – S.Pietro in Vincoli7-8 aprile (climatizzato)

0

100

200

300

400

500

600

-7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2

T (°C)

h (

cm)

Giuliani – S.Pietro in Vincoli

3:3:0000

4:004:00

5:005:00

6:00

valoriesterni

6:00

valoriesterni

Andamento delle temperature durante le gelate di Aprile in un appezzamento di albicocco con impianto di irrigazione sottochioma e confronto con il testimone

non difeso. Zona Casalfiumanese

-6

-5

-4

-3

-2

-1

0

°C

test 1 m

irrigato 1m5 Aprile

6 Aprile

7 Aprile

8 Aprile

VndVDdsottochioma e in un

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appezzamento testimone privo di difesa. Irrigazione sovrachioma

a è presente all’interno della regione in numero forse superiore al

egistrati danni consistenti in diversi appezzamenti nel corso della

ato (forse il maggiore tra i vari sistemi

difesa

entilatori

L’irrigazione sovrachiomsottochioma, si è sviluppata prima e deve la sua diffusione ai buoni risultati conseguiti nel trentino e al sopraggiungere nella nostra regione di agricoltori provenienti dalle regioni situate a nord del Po (Veneto e Trentino Alto Adige), ma i diversi insuccessi registrati su specie di difficile difesa come le drupacee e l’actinidia ne hanno limitato l’impiego, anche all’interno delle stesse aziende che dispongono dell’impianto. Infatti con assenza di vento e con un funzionamento perfetto dell’impianto l’irrigazione sovrachioma rappresenta il metodo migliore per difendere la produzione dal gelo, ma sono sufficienti piccoli inconvenienti come l’intasamento dei filtri durante la notte, l’arrivo di una brezza temporanea, una partenza ritardata o una interruzione anticipata dell’irrigazione per determinare su specie particolarmente sensibili la perdita totale del prodotto. Nel presente anno sono stati rnotte del 8 / 9 aprile a causa di una forte brezza che non ha arrecato invece danni negli appezzamenti non difesi (la temperatura dell’aria oscillava tra -1 e 2 °C, ma il vento ha asportato una grande quantità di calore per evaporazione dai fiori e dai germogli congelandoli durante il funzionamento degli impianti sovrachioma). Possiamo quindi dire che il grado di protezione è elevdisponibili) ma anche il rischio relativo alla sua gestione assume caratteristiche elevate. Considerando inoltre l’elevato volume irriguo e l’incremento dei trattamenti difitosanitaria con irrigazione estiva sovrachioma, questo metodo tende ad essere sostituito con l’irrigazione sottochioma. V

sfruttano il fatto che normalmente in presenza di vento le gelate per irraggiamento

elevato rischio per

imità delle pale o

to (3.000 / 3.500 Euro/Ha) e un

ruciatori e pani di cera

I ventilatorisono scongiurate. Infatti rimescolando l’aria evitano la sua stratificazione e quindi mantengono in prossimità del suolo una temperatura simile a quella dell’aria compresa nello strato posto tra 10 e 20 m al di sopra del suolo, circa 3 / 4 °C maggiore rispetto alla temperatura rilevata a 2 m. La ventilazione aumenta la temperatura ma determina anche una maggiore perdita di caloredalla superficie delle piante rispetto alla calma di vento: il bilancio complessivo è positivo (protezione delle piante) quando la temperatura a cui lavorano le pale del ventilatore è prossima a 0 °C, ma può determinare anche maggiori danni quando il ventilatore convoglia aria gelida (-2 / -3 °C) come è stato osservato in alcuni casi nel corso del 1997 e del 1998. La gelata del 7 / 8 aprile del corrente anno rappresentava una situazione adl’impiego del ventilatore per le basse temperature registrate a 10 m dal suolo. Per un uso corretto del ventilatore è necessario rilevare la temperatura in prossricostruire il suo valore con 2 / 3 misure effettuate in prossimità del suolo e sulla base dei valori rilevati decidere l’eventuale attivazione o meno del ventilatore. Si tratta di macchine che hanno un elevato costo di investimenbasso costo di gestione (10 / 20 Euro/Ha per intervento), efficaci nel 90 % dei casi, ma che non andrebbero utilizzati in determinate condizioni e quest’ultimo aspetto si scontra con la pratica usuale. B

altri sistemi di combustione sono largamente diffusi in California, in L’uso di bruciatori o di Francia nella zona dello Champagne, ma non trovano condizioni idonee per la loro applicazione nei nostri ambienti. Seppur efficaci, la frequenza delle gelate tardive ed il costo eccessivo di gestione che questa tecnica avrebbe sulla PLV delle colture presenti nel nostro areale (circa 400

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/ 500 Euro per notte, per un numero medio di 4 / 6 notti anno con punte di 15 / 20 interventi come si è verificato nel 1997 e nel 2003). Nuove tecniche Negli ultimi anni si è assistito alla messa a punto da parte di operatori italiani e stranieri di diverse soluzioni tecniche per la difesa dalle gelate. Si tratta prevalentemente di macchine fisse o trasportate che generano un rimescolamento dell’aria all’interno del frutteto, provvedendo in alcuni casi al riscaldamento dell’aria mediante bruciatori. Alcune prove sono state condotte anche presso la Base Meteorologica di S. Pietro Capofiume, con un modello di ventilatore che preleva aria dal basso, in prossimità del suolo, e la sospinge verso l’alto. Il pregio di questo strumento è quello di evitare la stratificazione come nel caso del ventilatore classico senza però generare vento e quindi non peggiora la situazione quando la temperatura di funzionamento è molto bassa (in questo caso non produce alcun beneficio). Si tratta in ogni caso di soluzioni per le quali i dati sull’efficacia sono ancora parziali, e quindi sarà necessario effettuare ulteriori misure per verificarne il grado di protezione. Azioni estemporanee come l’impiego degli atomizzatori all’interno del frutteto per rimescolare l’aria, con eventuale bagnatura della vegetazione, nel corso delle gelate di aprile hanno avuto esito negativo, accentuando il danno. Non si hanno al momento informazioni positive legate alla formazione di fumi e nebbie artificiali (pratica peraltro sconsigliata sia per la scarsa efficacia del metodo, sia per il rischio ambientale e alla circolazione stradale) e neppure sull’impiego di prodotti chimici da utilizzare in prossimità della gelata (No Frost, ecc.). Effetti positivi sono stati invece osservati dall’impiego dei teli antispacco utilizzati negli impianti a ciliegio: la stesura dei teli, costituiti da materiale plastico che ricopre tutta la superficie del frutteto, ha creato un effetto serra limitando la perdita di calore da parte del terreno e aumentando la temperatura in tutta la zona interessata dalle piante Attività in corso per la difesa dalle gelate Le attuali conoscenze sono il risultato di azioni di ricerca realizzate in questi ultimi anni sul tema. In modo particolare si ricordano i progetti DISGELO (finanziato dalla regione Emilia Romagna), il progetto CLIMAGRI (finanziato dal MiPAF) e il progetto GEPRI (finanziato dalla Provincia di Trento). Su questo tema si sono tenuti un convegno nazionale nel 2000 e diversi workshop e seminari, inoltre è stato redatto un libro a cura del CRPV (F. Zinoni et al, 2000: Metodi di previsione e difesa dalle gelate tardive, ed. Calderini, Bologna). Altre pubblicazioni e azioni di divulgazione sono previste all’interno dei vari progetti. Il progetto DISGELO della Regione Emilia-Romagna Il progetto quadriennale (1999-2003) di cui è titolare ARPA-SMR è finanziato con i meccanismi della L.R. 28/98. Per la sua realizzazione ARPA-SMR si avvale della collaborazione del CNR di Bologna, Dell’Università di Parma e di Padova, del CER, del CISA Mario Neri e dell’APO-CONERPO. Le azioni previste e realizzate nel corso del progetto riguardano i seguenti aspetti: • Caratterizzare il territorio in relazione alle gelate; • Migliorare le previsioni meteorologiche delle gelate; • Migliorare le conoscenze colture – territorio in relazione al rischio di gelate; • Definire le tecniche di difesa in relazione al rischio climatico; • Automatizzare gli interventi di difesa al fine di ridurre il rischio operativo; • Valutare l’efficienza economica delle tecniche di difesa; • Realizzare un sistema di comunicazione e divulgazione dei risultati.

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Il progetto CLIMAGRI Il progetto “CLIMAGRI – Cambiamenti climatici e agricoltura” è diviso in 4 sottoprogetti di cui il 2° sottoprogetto “Agricoltura italiana e cambiamenti climatici” è coordinato da ARPA-SMR e comprende una scheda di ricerca per lo studio del rischio futuro legato alle gelate tardive “Effetto delle modificazioni del clima sui rischi da gelate (invernali, precoci e tardive) e sul soddisfacimento in freddo delle specie coltivate”. Il progetto GEPRI Il progetto finanziato dalla provincia di Trento e coordinato dall’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige riprende in buona parte i contenuti del progetto DISGELO e prevede la collaborazione di ARPA-SMR per la messa a punto di tecniche di difesa basate sull’uso dell’irrigazione con portate ridotte rispetto alla tecnica tradizionale utilizzata nel trentino.