gentile-sistema di logica

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Philosophy

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  • JOHN M. KELLY LIBRARY

    Donated byThe Redemptorists ofthe Toronto Province

    from the Library Collection ofHoly Redeemer College, Windsor

    University of

    St. Michael's College, Toronto

  • ^^M< 1
  • SCRITTI FILOSOFICIrv

    SISTEMA DI LOGICA

  • GIOVANNI GENTILE

    SISTEMADI

    LOGICACOME TEORIA DEL CONOSCERE

    SECONDA EDIZIONE COMPLETAIN DUE VOLUMI

    VOLUME PKIMO ^X^^^^^

    BARIGIUS. LATERZA & FIGLI

    TIPOGBAFI-BDITORI-LIBRAI

    1922

    ^.^

    HOLY REOEEMER LIBRARY. WINDSOI?^^^

  • PROPRIET LETTERARIA

    DICKUBBE MCMXXI - 59477

  • PREFAZIONE

    Di questo libro fu pubblicato nel 1917 il primovolume, nato da un corso di lezioni tenuto quell'annonell'universit di Pisa; e l'anno dopo si dovette ristam-pare prima che il secondo volume fosse pronto, poichintanto io avevo cambiato universit e materia d'inse-gnamento, e altre cure mi distraevano da questo lavoro.Il quale rimase pertanto qualche anno interrotto: e pro-prio al punto in cui si doveva cominciare a dimostrarein atto il suo spirito e il suo significato storico.

    Io infatti ho concepito questo sistema di logica nellasperanza di dar soddisfazione a un mio antico bisogno,di colmare l'abisso che nella storia della filosofia delsecolo decimonono s'era aperto fra l'antica concezioneanalitica del pensiero definita nella logica aristotelica e

    la nuova dialettica dell'idealismo inaugurata da Kante sviluppata da Hegel. Due logiche apparse fino a ieritra loro opposte, senza possibilit di passaggio dall'unaall'altra, rappresentanti due filosofie antitetiche, anch'esseconseguentemente concepite come separate e incapacid'integrarsi reciprocamente per unificarsi in un processounico di svolgimento. Concetto, che urtava con violenzacontro il mio modo d'intendere la filosofia appunto come

  • VI PREFAZIONE

    processo unico e veramente universale di svolgimento,philosophia quaedam perennis, intesa alla maniera diLeibniz, o meglio di Hegel, dove ogni sistema ha la suaverit, che non pu essere la verit del suo tempo senzaessere la verit d'ogni tempo, e quindi grado e basead ogni costruzione superiore, e concorrente per talguisa a una verit complessiva. E urtava pure, a parermio, nell'ovvia esperienza del pensare logico, alla qualeinvano si ribellano seguaci dell'antica e della nuovalogica, gli uni gridando all'assurdo della identit deicontrari e gli altri schernendo Videm pe?^ idem dellalogica dell'identit; laddove n gli uni possono pensarese non per sintesi a priori, n gli altri riescono a sot-trarsi all'eterna legge del pensiero che definisce e de-duce, e che, elaborando e rielaborando costantemente iconcetti, ribadisce la verit nella sua intrinseca coe-renza, fermamente combaciante con se medesima.

    Questo sistema dunque, fin dal suo motivo originario,mirava a conciliare gli antichi e i moderni, dimostrandoe quasi articolando la logica di questa conciliazione attra-

    verso i due metodi di pensiero apparentemente esclu-dentisi a vicenda : a dimostrare, cio, nell'analitica degliantichi, studiata alla luce della filosofia a cui s' inspirava,

    il fondamento della dialettica dei moderni quando questaa sua volta s'intenda nella sua storica connessione colpensiero da cui trasse e trae la sua ragion d'essere, esia liberata perci dalle superfetazioni a cui ben prestosoggiacque a causa dell'oscurit in cui dapprima s'in-travvide la sua peculiare ragion d'essere.

    Il sistema quindi si configur in una triplice tratta-zione: una indirizzata a dedurre la nuova posizione delproblema logico, che non guarda pi a una astratta te-cnica del pensare, ma al concetto che il pensiero acquistadi s come realt universale; e le altre due, ad esporre

  • PREFAZIONE VII

    le due forme assunte storicamente dal pensiero nel suosviluppo consapevole, come esse possono vedersi dalpunto di vista di questa nuova posizione del problema.E cosi il passaggio dalla prima alla seconda di questedue parti doveva e confermare la verit della logicaclassica e additare il nesso vitale e per l'unit delledue forme nella legge organica del pensiero, adeguatafinalmente alla sua essenza, non di strumento del sapere,ma di sapere esso stesso univ^ersale e concreto, anzi,com'ho accennato, di realt che si raccoglie in s e sipossiede nell'eterna coscienza di s.

    All'interruzione, dunque, prolungatasi pi che io noncredessi, devo attribuire la sorte finora toccata a questolibro, quantunque fin dal primo volume il mio disegnoapparisse intero. E stato letto bens, e considerato convivo interesse; ma non ho veduto che alcuno rilevasse(per aderirvi o per confutarlo) il mio concetto della logicaclassica esposto nella seconda Parte. Concetto che potrapparire d'un ardire addirittura temerario o di un'inge-nuit e d'un semplicismo inverosimili; ma che d'impor-tanza vitale in tutto il Sistema. E oso perci sperareche ora dall'opera completa chi ha il gusto di questistudi sar messo sull'avviso e indotto a meditare sul miotentativo. Il quale potr anche essere tutto sbagliato,ma segna (ho questa presunzione) un punto, pel qualebisogner passare.

    Eoma, 6 novembre 1921.

    G. G.

  • INTRODUZIONE

    6. Gbntilx.

  • Capitolo I

    LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA

    1. La logica come scienza particolare.

    Giova fin da principio distinguere nettamente la logicacome dottrina che interessa il filosofo, dalla logica che di-sciplina scientifica come una scienza tra le altre, simile a

    tutte le altre: derivante da un particolare interesse, rispon-dente a uno speciale bisogno teoretico, destinata ad appa-gare una curiosit che pu sorgere s nell'animo del filo-sofo, e s di qualsiasi scienziato che prenda a considerare lanatura e le propriet dello strumento che tutti adoperiamonella ricerca del vero. Se noi classifichiamo tutti i fatti og-

    getto dell'esperienza, e, per esemplificare, accanto ai fatti

    fisici, ai fatti chimici, ai fatti fisiologici, ai fatti psicologici

    mettiamo i fatti logici, quasi una categoria che si distinguadalla precedente a quel modo stesso che in zoologia la specieumana si distingue da quella degli animali superiori perchdotata di funzioni che, innestandosi su quelle delle speciesubumane, rappresentano tuttavia un che di nuovo; in talcaso ovvio che la scienza di questi fatti logici si schiereraccanto alla psicologia, alla fisiologia, alla chimica, alla fisica,e a tutte le altre scienze particolari in cui soggettivamentesi riproduce l'obbiettivo raggruppamento degli oggetti distudio della mente umana. Il che vorr dire che tanto dif-ferisce la logica dalla psicologia, quanto questa dalla fisio-

  • 4 INTRODUZIONE

    logia o da qualunque altra di siffatte scienze particolari, equanto la logica stessa differisce pure daila fisiologia e daqualunque altra: poich tutte insieme coteste scienze costi-tuiranno una molteplicit indifferente, dentro la quale cia-

    scuna verr concepita perci come una scienza partico-lare.

    2. Sistema di scienze particolari.

    N il concetto di scienza particolare superabile con l'os-servazione, fatta prima da Augusto Comte e poi ripetuta daaltri, che le stesse scienze particolari sono ordinate gerarchi-camente secondo la generalit decrescente e la complessitcrescente in cui si presentano naturalmente i fenomeni ^; inguisa da formare tutte insieme un sistema, in cui la scienzapi astratta pu bens prescindere dalla pi concreta, maquesta non pu prescindere da quella, poich i fenomeni cheessa dee spiegare sono quegli stessi della scienza pi astratta,ma diventati pi complessi per l'intervento di nuovi carat-teri. Eimane sempre che il cos detto fenomeno complessoconsta di elementi, alcuni generali e altri particolari, tantodistinti gli uni dagli altri, che quelli possono sussistere senzadi questi (i fenomeni fisici p. es., senza i chimici); sicch, sela scienza concreta comprende in s l'astratta, in tanto unascienza nuova che si differenzia dalla precedente, e le si so-vrappone, in quanto si sdoppia in due parti, una delle quali pura e semplice ripetizione della scienza astratta, e l'altra una novit, che costituisce appunto il suo proprio dominioautonomo, per cui oltre la scienza astratta c' la concreta.Affinch questa scomposizione del concreto non fosse possi-bile, bisognerebbe pensare che non solo il concreto non senza l'astratto, ma n anche l'astratto senza il concreto;che non solo non c' chimica senza fisica, ma n anche fisica

    1 Osservazione fondata, del resto, sulla vecchia dottrina logicadel rapporto inverso della comprensione e della estensione delconcetto.

  • LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA 5

    senza chimica. Il che pure stato pensato: e doveva esserpensato da quanti han filosofato sugli stessi fatti, che, inquanto fatti, non possono concepirsi se non come quei fattidella natura, che sono oggetto delle scienze particolari *. stato pensato introducendo nel meccanismo del puro fatto,dato dell'esperienza, un elemento estraneo, il fine, che non pi natura, ma spinto, o scienza; e rende possibile infattiil superamento del concetto di scienza particolare, perch nemodifica la base, a cui il positivismo comtiano e ogni posi-tivismo tien fermo.

    3. La filosofia come scienza dello spirito, e le scienze morali.

    Non basta neppure, come pur tante volte s' creduto,distinguere lo spirito dalla natura per assegnare questa allescienze particolari, atomisticamente giustapposte, e quelloalle scienze filosofiche, costituenti un sistema. Molto facil-mente oggi si ripete che la filosofia la scienza dello spi-rito, della libert, o del valore; che poi tutt'uno. In-tanto, agevole osservare che se la filosofia deve dividereil dominio del mondo con altre scienze, il fatto stesso chela parte del mondo attribuita a queste altre scienze sot-tratta ad essa, mette la filosofia alla pari delle altre scienze.Scienze particolari queste, singolarmente e tutte insieme (lascienza della natura); scienza particolare anche lei, la filo-sofia, nel suo complesso e negli elementi in cui bisognerpure che anch'essa si articoli.

    La distinzione empirica di spirito e natura pu giustifi-care soltanto la costituzione delle scienze morali di frontealle scienze naturali. Ma le scienze morali non sono menoparticolari delle altre; n, quando si va a vedere qual sia ilfondamento speculativo di questa empirica concezione dellescienze morali distinte dalle naturali, dato di scorgere unadifferenza sostanziale tra l'oggetto delle une e quello delle

    altre. Di che son prova eloquente le difficolt inestricabili

    * Ofr. Teoria generale dello spirito-, p. 152 e ss.

  • 6 INTRODUZIONE

    in cui le scienze morali si sono sempre avvolte volendo ri-vendicare e mantenere quelle prerogative dello spirito, lequali eifettivamente sono inconcepibili in uno spirito cheabbia di fronte a s la natura. In verit, qual differenza po-tr essere tra la volont umana, poniamo, e l'istinto ani-male, se cos quella come questo sono due presupposti dellascienza che se ne occupa, ossia di quella sola realt spiri-tuale che per tale scienza sia veramente reale; e se chidice presupposto della realt spirituale, dice sempre, di qua-lunque nome si serva, natura?

    4. La filosofia scienza universale.

    Le scienze particolari si distinguono dalla filosofia ap-punto per questo, che esse sono particolari, laddove la filo-sofia stata sempre la scienza universale.

    Ma la differenza tra il particolare e l'universale quali-tativa, e non quantitativa, come pu parere a chi si fermial primo significato del particolare. Giacch il particolare certamente, in primo luogo, parte del tutto; ma, in quantoparte, esso non solo non il resto del tutto, ma non nanche se stesso. Si consideri invero che, per esser parte,esso dev'essere in relazione (per lo meno di reciproca esclu-sione) col resto, e deve pertanto comprendere nel proprioconcetto (cio, in s) tale resto, come elemento costitutivo,ancorch in modo negativo, del proprio essere. Di che nasce,che il particolare, in quanto, ripeto, mera parte quantitati-vamente intesa, non che da meno del tutto o universale, niente: niente di tutto ci che l'universale . Esso non , equesto .

    Non v' ha dubbio che in questo concetto assurdo del par-ticolare il pensiero non posa ; e non e' particolare che questopossa concepire in modo da non trascenderlo punto e nonintegrarlo mediante il concetto della relazione ad altro, on-d'esso viene universalizzato. Ma questo dimostra che il pen-siero universalizza eo ipso il particolare in quanto lo poneinnanzi a s; laddove l'opposizione di particolare e uni ver-

  • LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA 7

    sale, che esso introduce di continuo nell'oggetto con discri-minarne e quindi fissarne i vari momenti, tende a staccareun termine dall'altro, e porre cos lo schietto particolare nellasua particolarit esclusiva. Che rimane quasi un termine versoil quale si orienta il pensiero nel suo bisogno di concretezza edeterminatezza; termine inattingibile, ma non perci menoreale come norma direttiva immanente del pensiero.

    Orbene, questo particolare, verso di cui il pensiero siorienta, ma in cui non possibile si fermi, l'empirico eil dommatico, che sono di ogni scienza particolare i carat-teri propri, per i quali essa si distingue dalla filosofia, e perspogliarsi dei quali tende a trasformarsi in filosofia, per at-tingere nella sua universalit la razionalit e la criticaproprie del vero sapere.

    5. Empirismo e dommatismo del sapere particolare,e necessit di superare l'uno e l'altro difetto mediante

    l'universalit del sapere.

    Empirico e dommatico nessuno vuol essere: n il sapereparticolare, in quanto sapere, pu esattamente dirsi tale. Mail sapere particolare, oltre che sapere, anche particolare;ossia, sa bens, ma anche non sa. E dal suo limite provienecos il suo empirismo, come il suo dommatismo. Empiricainfatti la conoscenza del dato, che dato in quanto non costruito; e non costruito perch immediato, essendoinnanzi alla mente che lo conosce senza connettersi con tuttigli altri elementi della realt che la mente conosce, e in rap-porto ai quali farebbe sistema, si medie rebbe, e mostrerebbela propria necessit, ossia la necessit, per la mente, di pen-sarlo. E cos cesserebbe di essere empirico, e diventerebberazionale, cio conforme, e per connaturato, a ragione,che quella stessa mente che lo conosce, e lo consideraestraneo a s solo finch non lo vegga nel suo sistema.

    Una conoscenza particolare pertanto anche dommatica:il suo oggetto perch , come il colore per chi lo vede, ela fame per chi la provi. Ove sorga il sospetto che la im-

  • 8 INTRODUZIONE

    mediata testimonianza dell'esperienza c'inganni con quellastessa fallacia, che l'esperienza stessa dimostra in taluni de'suoi momenti gi superati (p. es. in quelli che si dicono diallucinazione), la mente che non sorpassi quella tale cono-scenza particolare non ha modo di accertarsi della sua ve-rit. Rimane perci con una verit, che non soddisfa le sueesigenze razionali, e che essa non pu accettare senza fartacere queste esigenze. E se queste esigenze si possono direla sua stessa natura, essa non potr affermare una siffattaverit senza negare se medesima.

    Codesto il dommatismo di tutte le scienze particolari,tendenti all'asserzione di una realt, in cui lo stesso potereasserente, assorbito dalla preoccupazione dell'oggetto, obli-teri se medesimo per entro al mondo in cui l'oggetto si rap-presenta. E il risveglio di questo potere, che il centro attivodel mondo della conoscenza, segna il sorgere della critica,che la restaurazione del soggetto del conoscere, e perl'elaborazione dell'oggetto in funzione del giudizio in cuisi celebra l'attivit del soggetto conoscente. Questa elabora-zione sveste la verit del suo carattere dommatico, e la tra-smuta in certezza.

    6. Particolarit e universalit del problema filosofico.

    Il sapere particolare, in quanto tale, non ha n razio-nalit, n certezza. Per acquistarle, poich non ne pu farea meno, dalla logica immanente al suo stesso svolgimento portato ad universalizzarsi, e a diventare filosofico : cono-scendo non gi il tutto invece della parte, bens la stessaparte nel tutto.

    Il difetto, in verit, che si tratta di correggere, que-sto: che l'oggetto del conoscere sia immediato; poich ab-biamo visto che l'immediatezza dell'oggetto il carattereessenziale dell'empirismo e dommatismo delle scienze parti-colari. N l'immediatezza cesserebbe, se la parte si barat-tasse col tutto; perch anche questo, al pari della parteastratta, per la mente sarebbe solo perch sarebbe; n ci

  • LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA 9

    sarebbe modo di rappresentarselo in un sistema, in cui fossela sua mediazione, la sua necessit razionale, e da cui sca-turisse quindi la certezza della mente rispetto ad esso.

    L'universalit, dunque, che sola pu sanare il vizio dellaconoscenza particolare, non l'astratta universalit del tuttoindiflferenziato, ma quella universalit concreta che unitdi parte e di tutto: la parte nel tutto, e il tutto nella parte.

    E si pu anche dire: la differenza dell'identico, e l'identitdel differente. Manchi l'identico o manchi il differente, siricasca nel particolare, e si esce dalla filosofia. Il che, arigore, non pu mai accadere in modo assoluto.

    7. Immanenza della filosofia in ogni pensare.

    La parte nel tutto il tutto stesso nella parte. Non cisono due forme diverse di conoscenza, una diretta alla parte,e l'altra al tutto. Ogni conoscere unit inscindibile dellaconoscenza della parte e della conoscenza del tutto : cono-

    scenza del particolare nella sua universalit. Che comedire, conoscenza dell'universale nella sua concreta partico-

    larit. facile infatti avvertire che non solo il tutto, comepuro tutto (identit senza differenze), si particolarizza, po-nendosi come un immediato; ma la stessa parte, nella suaastrattezza (differenza senza identit), divien tutto: poichla parte parte solo verso il tutto, e parte cessa d'esserappena prescinda dal tutto, e si consideri in s, chiusa nellasua rigida particolarit irrelativa. I due opposti, consideratiastrattamente, si equivalgono e s'identificano affatto, poichla loro differenza si regge sulla loro relazione, che la lorounit differenziata (particolarit dell'universale, universalitdel particolare).

    Due adunque le condizioni del filosofare: che l'oggettodel nostro conoscere sia universale, e che sia particolare. Edalla filosofia tutte le scienze si distinguono in quanto spez-zano questa unit dei due termini essenziali del pensiero,ciascuno dei quali, possiamo ormai dire, particolare sescisso dall'altro. Avvertire per altro la particolarit del par-

  • 10 INTRODUZIONE

    ticolare, riferirlo ad altro, con cui esso tutto, e quindisuperare gi la pura conoscenza di quel particolare cometale. D'altra parte, quando la sua particolarit non sia stataancora avvertita, il particolare non vale, per chi lo conosce,

    come tale, anzi come tutto (che avr pure in s qualche dif-ferenza). Di guisa che non filosofare si pu soltanto in quantonon si ha coscienza della particolarit del proprio mondo,e cio di non filosofare; e tutta la vita dello spirito si pu^

    concepire come un salire di grado in grado nello svolgimentodella filosofia, un tendere crescente alla meta d'ogni filosofia:massima universalit nella massima concretezza.

    Ordinariamente, nello stesso pensiero comune non scien-tificamente elaborato, si distinguono i problemi filosofici delia-vita dai problemi particolari. E la distinzione non diversada questa che s' qui innanzi illustrata. L'interesse che de-sta nell'animo d'ogni uomo capace d'un certo uso della suariflessione il problema della morte, profondamente diversoda quello che pu sorgere dalla curiosit di sapere il numerodei petali d'un fiore che si vegga per la prima volta. E s'in-tende per problema della morte non pure quello che puesser posto da una filosofia superiore, ma quello stesso chesorge nella mente di tutti che intendono per morire il disfarsidel corpo di un uomo che si sottrae totalmente al mondodell'esperienza; e per cui si domanda se non ne resti proprionulla, o se sopravviva quella pi intima personalit, di cuilo stesso corpo era manifestazione e strumento. Domanda cheha goduto per tutti in ogni tempo una privilegiata impor-tanza insieme con altre equivalenti (natura dell'anima e suerelazioni col corpo, materia e spirito, origine del mondo, esi-stenza di Dio, ecc.), le quali perci hanno avuto il poteredi commuovere gli animi assai pi fortemente delle pi strin-genti necessit economiche da cui la vita umana dipende.

    Ebbene, in che consiste la differenza tra i due problemi ?^

    evidente che nessun uomo pensa al numero dei petali d'unflore come problema che dal punto di vista degl'interessi im-manenti della vita non sia possibile evitare. Quel fiore lovedo e non lo vedo: potevo non incontrarlo; tra poco essa

  • LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA 11

    non ci sar pi; e in questo momento che mi sta innanzi,esso un punto solo dell'orizzonte per cui spazia il miosguardo e il mio animo, che perci non vi si ferma, maguarda e passa. E il fiore si dilegua, e la variet sua pusparire dalla terra, e io resto, e resta l'umanit che ha valoreper me. Posto pure il problema, la soluzione qualunque sia,sar accettata da me indifferentemente, perch essa non im-pegner,''mi pare, nulla di ci che costituisce la sostanza diquesto mondo, che io ho interesse che sia. Sotto ben altraluce si presenta il problema della morte, termine fisso dellanostra vita. Non sfogliare i petali d'una corolla, possiamo;non"morire, no. E la soluzione ci preme, perch se moriamointeramente, quel che viene a mancarci, non un fiore dicui si possa fare a meno in quanto il mondo anche senza diesso rimane sostanzialmente lo stesso ; ma viene a mancarcia dirittura il mondo stesso, tutto. Si tratta di essere o nonessere; essere o non essere noi, e quindi tutto, per noi, es-sere non essere. La soluzione impegna non soltanto unparticolare, ma tutti i particolari in cui si dispiega e haconcretezza il mondo (quel mondo, che il mio mondo) : unparticolare, in cui si specchia il tutto, e che riflette quindiin s, come la monade di Leibniz, l'universo.

    Ma, si badi, filosofico non soltanto l'atteggiamento del-l'animo di fronte alla morte come problema universale cheinveste tutta la vita; filosofico anche l'atteggiamento del-l'animo verso il particolare veduto nella sua particolarit,cio nella sua vanit. Vanitas vanitatum et omnia vanitas l'espressione esagerata ed astratta di questa visione d'ognisingolo particolare nella sua particolarit: particolarit non

    avvertibile se non in rapporto a una realt superiore chedev'essere perci nello sfondo della visione stessa dei parti-colari. Trattare le vanit come cose salde (il contingentecome necessario, il caduco come eterno, il particolare comeuniversale), questo restare al di sotto della filosofia. Re-stare, s'intende, in senso relativo.

  • 12 INTRODUZIONE

    8. Unit del tutto, e del pensiero del tutto.

    La filosofia stata perci in ogni tempo sforzo di pensarenon questa o quella cosa, ma tutte le cose, nella loro unit:il xonog (cpuoix? o yor\x(;) dei Greci, il Dio degli Scolasticiprincipio di tutte le cose, la sostanza di Cartesio o di Spi-

    noza, i possibili (che abbracciano tutta la realt razional-mente pensabile) di Leibniz e di Wolff, le idee umane delVico, le categorie di Kant e degli idealisti che gli tennerodietro. La stessa definizione formale che della filosofia diedeHerbart dicendola elaborazione dei concetti, ha il suosignificato nel presupposto, che i concetti sono elaborati eper sottratti alle contraddizioni che pullulano da ogni partedel pensiero empirico, in quanto formano un sistema coe-rente di tutto il pensabile.

    Questa totalit del pensabile per la filosofia materialistica immanente nel concetto della realt universale come ma-teria; ed parimente un attributo della realt universalecome pensiero per la filosofia idealistica, poich questa filo-sofia non vuole soltanto che il pensiero sia reale, ma che larealt sia pensiero. Il pensiero, cio, che da considerarequale oggetto proporzionato al sapere filosofico, non giil pensiero come parte della realt, bens il pensiero cometutta la realt. Un pensiero, il cui concetto non sia il con-cetto dell'universo, matei'ia d'un sapere particolare, manon di filosofia.

    E la storia della filosofia dimostra che soltanto il concettodella realt universale come pensiero pu mettere la filosofiain grado di assolvere l'antico suo compito di abbracciaretutta la realt. Infatti, come s' notato che s il particolareastratto e s l'astratto universale sono egualmente partico-lari, e per immediati, e non suscettibili di conoscenza filo-sofica; cos non difficile scorgere l'impossibilit di raggiun-gere la vera e concreta unit del particolare e dell'universalefinch non si scorga l'essenza affatto ideale della realt.

    In verit, presupposta pure la totalit differenziata e or-ganizzata del reale, questa totalit, appunto perch presup-

  • LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA 13

    posta, un che d'immediato verso la realt spirituale a cuisi riferisce, e da cui non si pu staccare del tutto senza chesi renda inconcepibile, e insomma si sopprima ; e questa suaimmediatezza vera e propria particolarit rispetto a quellatotalit assoluta, in cui la prima rientra insieme colla realtspirituale di cui presupposto. Il tutto, dunque, e lo ve-dremo meglio pi innanzi, non pu costituirsi astraendo dalpensiero in cui si pone. E quando non si astragga dal pen-siero, questo non pu apparire un semplice coejBficiente cheabbia bisogno d'una integrazione esterna per esaurire la to-talit del reale; giacche, posto il pensiero come complementodel reale, questo si idealizza in funzione del pensiero, e per-ci si risolve nel pensiero stesso.

    9. La logica come scienza del pensiero presupposto :descrittiva e normativa.

    La filosofia dunque per essere davvero, come gli antichila dissero, scientia divmarum atque humanarum rerum, de-v'essere scienza del pensiero, attivit produttiva cosi dellecose umane come di quelle che si dissero diviene soltantoperch non era facile scorgere la profonda unit della crea-tivit umana con la divina nell'assoluto concetto del pen-siero.

    A questo pensiero principio di tutto guarda tutta la filo-sofia moderna, che non ha ridotto gi le sue antiche pretesedi ricomprendere nel proprio dominio tutta la realt, quandos' detta idealismo trascendentale o criticismo, o dottrinadella scienza o idealismo assoluto, o scienza del pensiero,come diceva il nostro Galluppi, o psicologismo trascendente,come voleva il Gioberti. E in questa filosofia, come scienzauniversale a cui ogni sapere aspira, e da cui ogni sapereattinge il suo valore e il significato delle sue affermazioni,

    rientra la logica se non voglia essere una scienza partico-

    lare che presupponga il suo oggetto.La logica, infatti, nel suo doppio ufficio, descrittivo e

    normativo, nella sua millenaria tradizione da Socrate a

  • 14 INTRODUZIONE

    Kant, e dopo Kant per quanti non si sono accorti dellanuova logica sorta con la logica trascendentale da luisbozzata e della impossibilit di mantenere in piedi accanto

    alla nuova la vecchia logica, sorta e rimasta sempresemplice scienza particolare, perch fondata tutta sul prin-cipio che essa presupponga il suo oggetto. Oggetto della lo-

    gica il logo, il pensiero vero, ossia la verit nella sua in-

    telligibilit o proporzione al pensiero. La logica descrittiva,rispondente alla posizione pi ingenua dello spirito rispettoal logo, gli si pone innanzi e studia le forme principali e leleggi della sua struttura, sforzandosi di rappresentarle fede-

    lissimamente nel loro essere, immanente al logo che gi,e dev'essere gi, affinch si possa togliere ad oggetto di stu-dio. Cos gli Elejichi sofistici sono resi possibili dallo sviluppodella sofstica; cos la teoria del concetto presuppone il so-

    cratismo; e, quel che pi, ogni dottrina costruibile inquanto esempla il tipo eterno del logo, a cui l'autore delladottrina deve guardare. Di guisa che questa logica descrit-tiva, al pari delle analoghe discipline coetanee, come la ret-torica, la poetica, la grammatica, si riduce a una sorta distoria, il cui valore dipende dalla congruenza sua col mo-dello esemplato. Per questo verso, chiaro che il logo presupposto della logica.

    N diversa la relazione tra logica e logo se si guardaall'ufficio normativo della logica, la cui normativit guardabens innanzi anzi che indietro : si riferisce al futuro inveceche al passato; ma vale a regolare, o si pensa valga a re-golare, ogni eventuale uso avvenire del pensiero, solo inquanto essa scaturisce da un'ideale norma, che il presup-posto della logica descrittiva. E in verit la logica normativanon se non la stessa logica descrittiva, poich l'oggettodescritto (e per presupposto) ha una funzione normativa,ha cio valore. E ha valore, in quanto non consiste gi nelladescrizione che noi ne facciamo; anzi la condizione, l'an-tecedente della stessa descrizione. La sua normativit si ri-solve nel suo esser presupposto. Si consideri infatti che sequesto valore, che rende normativo il logo, non fosse un

  • LA LOGICA COME SCIENZA FILOSOFICA 15

    semplice presupposto e quindi immediato, e dovesse giusti-ficarsi, mediarsi, dimostrarsi, non sarebbe esso norma, maavrebbe piuttosto la sua norma nel pensiero, da cui attin-gerebbe valore.

    Una tale logica, proponendosi d'essere descrittiva e nor-mativa, ci vuol poco a convincersi che non pu riuscire ndescrittiva n normativa. Non descrittiva, perch presupponeun logo, che, una volta presupposto, non il pensiero, maun di l dal pensiero ; e non si pu mutare in pensiero (nellateoria logica risultante dalla descrizione) senza alterarsi ecessar di essere quel presupposto che in s fuori del pen-siero. N normativa, perch il logo, presupposto di ogni pen-siero, si trova innanzi al pensiero e questo innanzi ad esso,senza che n esso partecipi essenzialmente di questo, nquesto di esso. Esterno al pensiero, niente pu fare che ilpensiero veda in esso quella norma di s, che trasformi ilpuro essere del logo nel suo dover essere. Sarebbe comeuna autorit politica estranea, non riconosciuta, anzi igno-rata dal volere del cittadino per cui tuttavia dovesse valere.

    10. La logica matematica.

    La logica descrittiva e normativa ha potuto perci rive-stire carattere matematico, partecipando dell'empirismo edommatismo proprio delle intuizioni matematiche; le qualigenerano una realt intuitiva, in cui lo spirito non riconoscese stesso, e che presuppone quindi alla propria attivit me-ramente descrittiva e regolativa.

    Alla matematica occorre l'ipotesi e il postulato, per cuisi pone una realt, data la quale data insieme la possibi-lit della sua descrizione; poich infatti la descrizione nonsuccede, ma identica alla posizione stessa della realt. Ecome l'ipotesi matematica, anche l'ipotesi logica non pre-suppone, n pu presupporre altro che un particolare. Ilsuo logo quello che ; come lo spazio tridimensionale. Macome questo spazio non toglie la razionalit delle ipotesid'altri spazi, cos, presupposto il logo della logica descrit-

  • 16 INTRODUZIONE

    tiva, niente impedisce di pensare la possibilit di un logodiverso. un fatto che noi non si sappia ragionare altri-menti di come si ragiona e come la nostra umana logicac'insegna a ragionare. Ma quale necessit pu competere aun fatto? E chi pu dire che in un altro mondo, diversoda quello a cui appartiene il fatto della nostra logica, nons'abbia, o non s'avrebbe, a ragionare altrimenti? Messa lalogica sul terreno dei fatti ben stato detto, con coraggiosaconsequenzialit, che anch'essa il risultato d'una forma-zione naturale ^

    11. Necessit della logica filosofica.

    Finch si rimanga ne' limiti del sapere particolare, nulladi male se anche la logica ci apparisca spoglia d'ogni intrin-seca necessit. Non si potr pretender da essa pi di quelche non sia ragionevole pretendere p. es. dalla grammaticaitaliana, che assegna il verbo condizionale ali'apodosi e ilcongiuntivo alla protasi del periodo ipotetico, o dalla zoo-logia, che assegna alla capra quattro arti e due corna; senzapoter menomamente dimostrare l'assoluta necessit, l'una de'suoi modi verbali condizionale e l'altra delle sue corna.

    Ma abbiamo visto che non dato alla mente di restrin-gersi dentro agli angusti confini del sapere particolare. Nonvi si restringe infatti per nessun ordine di ricerche. Quantoalla logica, il fatto stesso di doversi appellare alla logicaper chiudere la logica dentro i cancelli del fatto particolare,e dovere adoperare la logica per andare in cerca della normae descriverla, la piti flagrante dimostrazione che si possadare dell'assurdit del concetto del mero particolare e delsemplice fatto. Il pensare che si possa pensare con una lo-gica diversa da quella con cui si pensa, possibile inverosolo ad un patto: che questo che s'ha da pensare sia vero.Ci che non consentito d'ammettere, se noi che lo pen-

    1 Cfr. Gentile, Le Origini della filosofia contemporanea in Italia, Mes-sina, Principato, 1921, voi. II, p. 278 e ss.

  • LA LOGICA COME SCIBNZ4 FILOSOFICA 17

    siamo, pensiamo con una logica che non la logica (la veralogica, la verit). Qaindi la manifesta necessit di costituirela logica come scienza filosofica: scienza del logo che non non presupposto del pensiero, ma atto del pensiero checonosce; o brevemente: scienza del logo come *p uro cono-scere. Giacch il conoscere nell'attualit sua (non ideal co-noscenza da realizzare, n conoscenza gi realizzata, o co-nosciuto) conoscere puro, conoscere in quantoconoscere.

    Tale concetto per altro non pu riuscir chiaro se nonviene illustrato il processo pel quale il pensiero umano pervenuto al concetto del puro conoscere; e che, mostrandocila genesi e lo svolgimento di questo concetto, ci scoprir in-sieme il significato che noi attribuiamo a tale espressione e ilcarattere filosofico proprio della logica che ricerchiamo.

    G. Gentile.

  • Capitolo II

    IL PROBLEMA DELLA LOGICANELLA FILOSOFIA GRECA

    1. La storia del concetto del logo e la storia della filosofia.

    Il problema della logica dipende dal concetto del logo:tale logo, tale logica. Il nostro logo l'atto puro del cono-scere ; e come tale pare a noi che debba concepirsi se si rifail cammino che il pensiero umano ha fatto nel suo sforzodi concepirlo. N c' altro modo di sperimentare la legit-timit d'un concetto.

    Il logo, abbiamo detto, la realt nella sua intelligibi-lit: la realt universale a cui mira la filosofia. La sua sto-ria, essendo la storia del concetto suo, coincide pertanto conla storia della filosofia, o, se si vuole, del problema fonda-mentale della filosofia. Giacch questa d luogo bens a variproblemi distinti; ma che sono tutti filosofici, in quanto formedistinte d'un problema unico, che il concetto dell'univer-sale come universale immanente in ogni particolare: n possibile separare un problema dall'altro spezzando questofilo rosso che tutti li unisce, senza distruggere in ciascun diessi il suo carattere filosofico.

    2. Il logo come realt intelligibile.

    Ora, del logo o realt universale nella sua intelligibilit,se raccogliamo nelle sue linee principali tutto il movimentodel pensiero filosofico, scientificamente elaborato, dai pri-mordi della filosofia greca fino a noi, si pu dire che duesiano stati i concetti, o due le vie percorse dalla mente per

  • IL PROBLEMA DBLLA LOOICA NEIiLA FILOSOFIA GRECA 19

    concepirlo: e queste sono le sole, per cui essa potesse o possamai mettersi. Giacch se logo la realt intelligibile, essopotr esser considerato : 1 in astratto, come semplice realt;2" in concreto, come intelligibile: ossia non in quantorealt fuori dell'intelletto, ma in quanto quella realt che inerente all'intelletto, dove dimostra la sua intelligibilitA. Non dato altro modo di considerare quella realt, poich anchele filosofie esplicitamente negative, che oppugnano la intel-ligibilit del reale, non si sottraggono al concetto della filo-

    sofia come scienza della realt intelligibile, e rientrano infatto nella prima forma di essa: la quale, lasciandosi sfug-gire che di quella realt si parla in quanto essa si poneinnanzi tutto dall'intelletto, la considera come indipendenteda questo, e pu (anzi, deve) giungere alla conclusione cheessa non sia raggiungibile dall'intelletto.

    3. Differenza tra il logo della filosofia grecae quello della filosofia cristiana.

    Questo il ritmo eterno dell'intelletto: che prima fngitcreditque, e poi s'avvede di trovarsi innanzi al prodotto dellasua stessa attivit creativa. Pone la realt in un primo mo-mento per trovarsela innanzi come altro da s, in guisa dacrederla per s stante, di l e prima della sua medesimaattivit, e per ci stesso base solida e ferma all'esercizio diquesta. E questo il momento ingenuo della spontanea crea-tivit. Al quale segue l'altro della riflessione e della critica,ond'egli riconosce se stesso nell'oggetto, in cui si posto.

    I due atteggiamenti, distinti e idealmente successivi nellavita dello spirito, si spiegano in ogni rappresentazione em-pirica che ci facciamo della vita stessa dello spirito nel tempo:cos nell'individuo e cos in ogni singolo tratto, breve o lungo,che si assegni nel corso stesso dell'esperienza individuale;come in qualunque periodo storico e in tutta la storia che ilnostro pensiero abbracci da un determinato punto di prospet-tiva. E tutta la filosofia, che noi comprendiamo nella storiadel suo svolgimento da Talete a noi, si stende per due epoche

  • 20 INTRODUZIONE

    nettamente distinte. Nella prima, che si pu dire della filo-sofia greca, essa costruisce la realt intelligibile o il con-cetto dalla realt, ingenuamente; e non s'accorge perci delcarattere soggettivo di questa intelligibilit del reale, e quindidel reale stesso; e sviluppa ampiamente fino alle sue ultimeconseguenze questa posizione, potenziando, per cosi dire, finoal massimo grado il concetto della realt in s. Nella seconda,che dal suo primitivo e pi possente motivo ispiratore, devedenominarsi cristiana, acquista gradatamente coscienza cri-tica e riflessa dell'opera dello spirito nella produzione dellarealt. Talch pu dirsi che due siano le filosofie, che si sonostoricamente delineate; e l'una grado all'altra: la prima, de-finibile come il concetto della realt; la seconda, come ilconcetto dello spirito; ovvero, la prima, concetto dello spi-rito come realt; e la seconda, concetto della realt comespirito.

    4. L'oggetto della filosofia come principio del dato.

    Infatti n alla filosofia greca lo spirito sfugge dall'oggettodella ricerca ; n tanto meno sfugge la realt alla ricerca dellafilosofia cristiana. Anzi tutta la filosofia greca, mirando allarealt di cui essa non scorge la spiritualit, questo mira ascoprire propriamente nella realt: la ragion d'essere dellospirito. E si dissolve appunto quando ha acquistata la cer-tezza che nella realt, com'essa l'ha costruita, non c' postoper la vita spirituale dell'uomo.

    La realt del filosofo n)n la realt immediata dell'espe-rienza. La filosofia comincia quando questa realt che riempiequasi i nostri occhi e s'affolla nella coscienza da tutti i sensi,o da tutti gli spiragli dell'immediato conoscere, non ci sod-disfa pi perch incoerente, nella sua molteplicit, e secostessa contrastante, e riluttante a quell'unit che propriadel nostro pensiero. E nello sforzo di cogliere l'unit attra-verso la molteplicit dell'esperienza sorge la filosofia. Sorge,sorpassando quella forma di conoscenza da cui nasceva ilproblema, e quindi spingendosi di l dalla realt che con-

  • IL PROBLEMA DELLA LOGICA NHLLA FILOSOFIA GRECA 21

    tenuto di questa forma di conoscenza: dalla realt che il filo-sofo ha gi innanzi a s, e che non egli, con la sua speci-fica attivit di filosofo, ha posta in essere, e che rappresentaperci a lui un dato. Restare al dato non filosofare; efilosofare procedere oltre il dato, oltre l'esperienza, a che?Il termine a cui fin dall'origine aspira la filosofia, poichnon il suo dato, non pu essere altro che un suo prodotto:un principio, come ben presto fu detto, ossia una realtche, a diff'erenza di quella da cui la filosofia prende le mosse,appaghi l'esigenza dello spirito, gli sia conforme, diventandointelligibile, e spogliandosi di quella caotica frammentarietche la rende estranea e refrattaria a quell'intima compe-netrazione onde lo spirito tende a investirla. Lo spirito nonpu pensare altro che il pensabile, ci che essenzialmente,in s, contenuto di pensiero, e per pensiero: e lo spirito,respinto dall'impervia realt data dall'esperienza, passa allafilosofia per farsi una realt che sia pensiero.

    5. Il principio della filosofia ionica.

    Lo sviluppo infatti della filosofia greca in tutto il suo pe-riodo ascendente da Talete ad Aristotele una progressivaspiritualizzazione del reale. Dall'acqua del primo al pen-siero del secondo {-v^aig voriaecog) evidente il progresso neisenso indicato. La stessa acqua, quale principio di tutte lecose, come il primo filosofo milesio l'intende, non pii undato (l'acqua dell'esperienza), bens una realt speculativa,metafisica: l'acqua che, rarefacendosi o condensandosi, dluogo a tutti gli esseri dell'esperienza: unit del vario, uni-versale dei particolari; quell'universale che al puro empi-rismo negato, perch esso non conosce se non dati, pre-supposti, e perci sempre particolari. 11 principio di Talete gi pensiero, virtualmente: pensiero come acqua: quel-l'indeterminato, come dir meglio Anassimandro, che, nonessendo nessun particolare sensibile, in quanto particolare, l'intelligibilit di tutti i particolari.

  • 22 INTRODUZIONE

    6. Dall'Uno di Parmenide al concetto di Socrate.

    L'Uno di Parmenide, come i molti, gli atomi, di Leucippoe Democrito, l'essere immutabile degli Eleati, come il dive-nire incessante, ossia l'essere incessantemente mutevole deifilosofi Ionici, sono gradi ulteriori della costruzione di questarealt intelligibile, che deve render ragione della realt del-l'esperienza. E se le opposte posizioni, che in tutta la filo-sofia del sesto e del quinto secolo av. C. si vengono semprepi -recisamente affermando, generano lo scetticismo dellaSofistica, dimostrando che questa realt intelligibile, e comeuna e come molteplice, e come immutabile e come mutabile, la negazione della possibilit d'ogni conoscere. E sorgequindi Socrate, restauratore della scienza sulla base d'unarealt nuova, non pi naturale, ma ideale. Il problema insostanza non muta.

    I presocratici cercano il pensiero nella natura, e non lo

    trovano. N potevano trovarlo, poich la natura l'oppostodel pensiero: quella realt che il pensiero si rappresenta inmodo che essa quando egli non ; il cui essere perci coin-cide col suo non essere. La natura trov.ata infatti dalpensiero, che la presuppone, pensando che, come essa eraprima che egli fosse, sar egualmente quand'egli avr ces-satoci essere; e che essa perci dove egli non . Socratecerca egualmente il pensiero; ma, scaltrito dalle conclusioninegative' della speculazione anteriore, abbandona a s, al-meno provvisoriamente, quella natura, e fissa una realtumana, mentale, differente dalla natura dei presocratici per

    questo solo: che questa natura dei presocratici era spaziale,come lo stesso dato dell'esperienza di cui voleva esserel'unit; e il contenuto del concetto di Socrate (il ti sotiv,

    come dice Aristotele) non pi spaziale, o almeno, nonvuol essere spaziale. una nuova unit, diversa in ci daquella di Parmenide e di tutti i fisiologi: unit che, gio-vandosi della distinzione tra conoscenza sensibile e intellet-tuale, gi sorta nella filosofia anteriore, si stacca nettamente,come unit intelligibile, dalla molteplicit sensibile degli og-

  • IL PROBL.BMA DELLA LOaiCA N!Lj|^ FILOSOFIA GRECA 23

    getti deiresperienza, e segna pertanto l'inizio d'un nuovoperiodo nella costruzione della realt inintelligibile. Giacchd'ora innanzi questa realt trascender affatto come realtideale quella percepita con la sensazione nello spazio. Maquando Platone guarder bene in faccia questa nuova unit,questa realt ideale, e prender ad elaborarne con rigorespeculativo il concetto, ecco che essa diventer una se-conda natura.

    7. Il logo platonico.

    L'idealismo platonico segna una tappa avanzata, rispettoalla filosofia naturalistica antica, verso il concetto della spi-

    ritualit del reale. E per secoli si pot pensare che gi in Pla-tone la filosofia, speculando sulla realt intelligibile, avessescoperto lo spirito.

    Ma, in verit, se in lui il logo si liberato dall'empiricae rude particolarit dello spazio, e quindi del tempo \ nons' spogliato, n poteva, del carattere fondamentale di quellarealt che si concepisce come spaziale e temporale, o natura:di essere cio assolutamente un presupposto dello spirito.Il quale con Socrate si persuade che non s'attinge verit acercarla nel mondo percepito dai sensi; e si ritrae nel mondodella conoscenza intellettuale; ma qui dentro non acquistacoscienza della produttivit dell' intelletto, in virt della qualequesto mondo si costituisce: e la virt dell'attivit intellet-tuale limita alla critica delle opinioni pullulanti dalle perce-zioni sensibili e alla scoperta dell'universale presente all'in-telletto e da questo veduto quando esso siasi purgato dallefalse apparenze della fluttuante cognizione sensibile. Ancheper Socrate dunque il logo un presupposto del pensiero.

    E tale il fondamento della speculazione platonica, cheirrigidisce l'antagonismo tra l'essere (il vero essere, vrcog 6v),e il pensiero a segno che tutta la natura dei presocraticisi fonde col pensiero, nel regno della generazione, del di-

    i Cfr. Teoria generale dello spirito-, p 100 ss.

  • 24 INTRODUZIONE

    venire, delle cose che sono e non sono; e di sotto, di ldalla vecchia natura, che anch'essa facevasi e disfacevasidi contnuo ciclicamente, in un ritmo perpetuo di nascite edi morti, sorge una natura pi grande e pi vera, quelladelle idee: le quali sono davvero, assolutamente: tutte es-sere, senza mistura di non-essere, e perci eterne, infinite. Su-blime scoperta, onde per la prima volta rifulse agli occhiestasiati dell'uomo l'Infinito, e gli fu reso possibile un primoconcetto della sua immortalit; ma legata al destino, cheresse tutta la filosofa greca. Giacch le idee sono un mondoche, per eterno che sia, resta fuori d'ogni tempo in cui lanatura si spiega; e cos, infinito , ma resta fuori anche dellospazio in cui si spiega la vita della natura. E cotesto mondo,eterno in s e infinito, si aggiunge al temporaneo e finito;e cos si fa temporale esso stesso, e finito: un'altra natura,che insieme con la prima forma tutta una natura, scissadentro di s in due parti inconciliabili: da un lato, le idee,che son tutto; e dall'altro, la natura sensibile; e in questal'uomo, sensibile anch'esso, che nasce, e cresce, e si vienevia via formando anche lui col suo sapere, in rapporto allosviluppo concomitante della natura circostante (ancorch infondo a lui giaccia un uomo, uno spirito eterno, che nonabbia bisogno se non di destarsi per attuare la ricchezzainfinita del suo sapere), e si fa Socrate, si fa Platone, ani-mato da un amore divino che l'attrae verso le idee, ed ec-celle, a grado a grado, sul volgo, e sui sofisti, e acquistaun valore suo, ed maestro, e scrive i suoi stupendi dia-loghi. E tutta questa natura culminante in Platone, nellafilosofia, nello spirito, che cosa pu essere dal canto suo, sedi contro a lei, dall'altro lato, c' tutto?

    8. Il fogo aristotelico.

    Alla pessimista conclusione di Platone si sforza di sot-trarsi Aristotele, negando la trascendenza delle idee, e le-gando la forma, che il pensiero del reale, alla materia,nella sostanza intesa come individuo; e in questo, nel suo

  • IL PROBLEMA DELLA LOGICA NELLA FILOSOFIA GRECA 25

    divenire, cliiudendo, o piuttosto, industriandosi di chiuderel'essere e l'operare del pensiero. Ma coi suoi sforzi poderosinon riesce se non a dimostrare l'intima essenza naturalisticadel pensiero, che Socrate e Platone avevano, per cos dire,estratto dal seno di quella realt cominciata a speculare comepresupposto dello spirito che la pensa. Il pensiero (le idee)di Platone, fatto scendere da Aristotele dal cielo in terra,divora quella natura che Platone gli aveva dualisticamenteopposta; e la divora, si noti, divorando in essa tutto quelpensiero che Platone aveva abbandonato al flusso delle cosenaturali, come pensiero dell'individuo, che aspira alla puracontemplazione delle idee, ma non l'attua in s (poich (pdaocpog e non ooqp?, come Platone bada a ripetere), non laraggiunge: e nell'aspirare ad essa sempre, senza raggiungerlamai, consiste appunto la sua vita.

    Per Aristotele vero che le forme non sono separate, maad eccezione di una, che poi, infine, le raccoglie tutte, e tuttele dispicca dal mondo naturale, a cui ci appaiono aftisse finchla speculazione non si sollevi al primo principio di tutte lecose; e tutte quindi le smaterializza. La realt infatti se-condo Aristotele questa natura che diviene, essere e non-essere, individuo, in ogni sua parte, come sintesi di una ma-teria e di una forma, in quanto questo movimento per cui ognicosa si fa quel che viene ad essere, generato a volta avolta dalla causalit della forma, agente finalisticamente.Ogni individuo realizza una forma ulteriore del suo essere,attratto dal valore di questa forma; la quale bens realein quanto si attua in quella materia che predisposta adaccoglierla; ma non pu agire come fine a cui tenda la ma-teria senza avere un suo, per quanto remoto, fondamento inuna realt suprema, che sia reale come pura forma immate-riale. E infatti Aristotele, oltre il pensiero delle singole cose,pone il pensiero d'ogni pensiero, non come funzione sogget-tiva, bens come logo e forma eterna del reale. A questopensiero nella sua psicologia corrisponde l'intelletto at-tivo, puro intelletto, in cui si raccolgono tutti i possibiliconcetti, che vengono via via accedendo all'intelletto umano

  • 26 INTRODUZIONE

    nella misura a questo resa possibile attraverso il suo svilupponell'esperienza, con quello stesso processo di accessione di

    forma a materia onde tutto diviene. Ma, sia pensiero delpensiero o intelletto attivo, questo vertice, a cui s'appunta

    tutto il mondo aristotelico, non n la natura, n lo spiritoche sorge al sommo della natura: sibbene l'eterno presupposto

    di tutto ci che diviene, la scienza compresa: presupposto

    infinito, dato il quale, non pili possibile pensare nulla chenon sia gi attuato.

    9. Eitorno della filosofia greca alle sue origininell'et alessandrina.

    La filosofia greca posteriore (Accademica o Peripatetica,Stoica od Epicurea, Scettica o Neoplatonica) si travaglia in-torno allo stesso concetto della realt a cui si guarda finoad Aristotele, e non lo supera mai. Al materialismo stoicoed epicureo e allo scetticismo fa degno riscontro il misti-cismo neoplatonico, l'ultima espressione della filosofia antica,e insieme il pi ricco e fruttifero legato da essa lasciato allamoderna. Esso il sistema, nel quale convergono tutte leconclusioni negative di una speculazione, che, presuppo-nendo la realt come unit che renda intelligibile il datoempirico, non pu non collocare questa unit al di l dellastessa intelligibilit, ossia della ragione, e venir meno quindiall'assunto suo proprio di una realt intelligibile. Se tutto

    quell'Uno che dice Plotino dopo l'intero sviluppo della filo-sofia greca, la filosofia allora attinge la mta, quando sipersuade che filosofare non giova, e che le tocca trascen-dere se stessa. Punto d'arrivo fatale d'una filosofia partitadal concetto che il reale sia un antecedente dello spirito, alquale perci non rimanga posto nel reale inteso nella suagenuina natura.

  • IL PROBLEMA DELLA LOGICA NELLA FILOSOFIA GRECA 27

    10. Carattere generale della filosofia greca rispetto al logo.

    La filosofia greca, naturalistica prima di Socrate, ideali-stica da Socrate ad Aristotele, e naturalisticamente idealisticadopo, a chi guardi a questo suo costante carattere, ondesempre cerc lo spirito nell'antecedente dello spirito (natura) tutta quanta propriamente naturalistica; e, come tale, nonfilosofica, ma partecipante della natura propria delle scienzeparticolari.

    Giacch ben pu dirsi che il naturalismo filosofico sia lafilosofia costruita col metodo stesso delle scienze naturali.Metodo implicito tutto in quel principio del presupporre dom-maticamente il proprio oggetto: presupposto il quale, non dato pi di sollevarsi all'universale che il termine dellafilosofia; poich, come s' visto, non c' pi luogo per lospirito, che non solo deve pur rientrare nella realt univer-salmente concepita, ma tutta la realt cos concepita.

    Sul terreno del pensiero greco, in questo senso pu dirsidunque che non sorga mai vera filosofia, poich non sorgeil concetto dello spirito come quell'attivit conoscitiva cheesso in rapporto con la realt che vuoisi spiegare. N erapossibile quindi nemmeno che sorgesse la logica altrimentiche come scienza particolare.

    Il logo della logica antica, con tanto rigore sistematicotrattato neV Orgatio aristotelico, un logo naturalisticamenteinteso, come astratto antecedente del conoscere; e d luogoperci a una scienza empirica e dommatica, che, diventatanel periodo discensivo di quella filosofia parte propedeuticae precettistica della filosofia *, proietta il suo empirismo edommatismo su tutta la filosofia, che in essa dovrebbe attin-gere la propria giustificazione. E si pu quindi considerarecome il suggello dell'antico naturalismo da cui deriva.

    i Intorno a questo concetto della logica, organo della filosofia, cfr.il mio scritto sul Metodo deW immanenza, nella Riforma della Dialetticahegeliana, Messina, Principato, 1913, p. 259 ss.

  • Capitolo III

    IL PROBLEMA DELLA LOGICANELLA FILOSOFIA MODERNA

    1. Il problema filosofico come problema moralenella filosofia greca della decadenza.

    La filosofia antica comincia dalla natura e vuol raggiun-gere lo spirito; e non pu raggiungerlo, come abbiamo ve-duto. La filosofia moderna comincia dallo spirito, e attra-verso lo spirito mira a restaurare l'intelligibilit d'ognireale, quello compreso che empiricamente si presenta comenatura. Comincia dallo spirito per la stessa ragione cheaveva fatto cominciare l'antica dalla natura; perch il pro-blema che ne costituisce il motivo fondamentale il pro-blema morale, il bisogno di rendersi conto di quella realtspirituale, che l'antica speculazione non aveva potuto giu-stificare.

    Il problema morale si acuisce nella dissoluzione dellastessa filosofia greca, nel periodo post-aristotelico, acqui-stando sul problema fisico una preminenza, che non avevamai avuto fine ad Aristotele, quando durava invitta in tutto ilsuo vigore la fede razionalistica in una filosofia puramentecontemplativa, naturalistica e incuriosa degl'interessi umani.Ma Stoici ed Epicurei, accentuando le tendenze antispecu-lative dei Cinici e dei Cirenaici, giungono a concepire sostan-zialmente il sapere filosofico come arte del vivere, sottraendolo spirito all'oppressione delle forze avverse, quantunque nonsiano in grado di smentire le origini del loro pensiero filo-sofico, ne sappiamo quindi vedere questa rivendicazione delleenergie morali se non in una maniera meramente negativa,

  • IL PROBLEMA DBLLA LOGICA NELLA ^[ILOSOFIA MODERNA 2i>

    come soppressione d'ogni loro ripugnanza alla natura origi-naria, sia essa ragione immanente nell'essere divino, che in fondo a tutte le cose, siano istinti e tendenze edonistiche.Ma a questo mondo tutto preoccupato del problema della vitauna scossa violenta data dalla dottrina morale del Cristia-nesimo, che entra subito in contrasto con le vecchie intui-zioni filosofiche, opponendo al reale che presupposto dellospirito una realt nuova, che dello spirito invece ha biso-gno, perch si realizza col realizzarsi di esso.

    2. Il nuovo spirito del Cristianesimo (volere, non intelletto).

    Nasce uno spirito nuovo. Socrate aveva ammonito i filo-sofi greci che lasciassero da parte le ricerche intorno allanatura, che realt divina (t Saijivia), per volgersi almondo che dipende dall'uomo (t (xveQcn:iva) ^ Ma le coseumane, nel nuovo avviamento della filosofia, erano stateassorbite tra le divine; e sola era rimasta l'opera divina,la natura, unica realt nota ai filosofi. Fiat voluntas tua -.

    dice invece la nuova preghiera; poich comincia a vedersiche questa volont non gi fatta, non quella natura checome presupposto dello spirito, un factum. Ora la volontdivina deve farsi, e farsi in terra come in cielo; farsi nellavolont umana. Il mondo pertanto non pii quello che c',ma quello che ci dev'essere; non quello che troviamo, maquello che lasceremo: quello che nasce in quanto con l'ener-gia del nostro spirito lo facciamo nascere.

    Questo nuovo spirito, di cui si desta viva la coscienza,non pi intelletto, ma volere. La conoscenza gonfia, dicePaolo, la carit edifica ; e non chi crede di conoscere, machi ama Dio, riconosciuto da lui. Si linguis hominumloquar et angelor^im, charitatem, autem non Tiaheam, factussum velut aes sona?is aut cymbalum tinnens. Et si... no-

    ^ Senofonte, Memor., I, I, 12.2 Matteo, VI, 10.

  • 30 INTRODUZIONE

    verim mysteria omnia et omnem scientiam, et si hdbueroomnevi /idem ita ut m,ontes transferam, charitatem aittemnon habuero, nihil sum ^ Il vero conoscere adunque amoreche fa essere innanzi a noi, nel nostro mondo, l'oggetto del-l'animo nostro, laddove il semplice conoscere lo presuppone.

    Alla conoscenza intellettualistica contemplativa, che eraad Aristotele la cima pi alta dell'ascensione spirituale, sot-tentra una conoscenza nuova, attiva, operosa, creatrice del

    suo oggetto, cio di se medesima nel suo spirituale valore.

    3. Ritorno della Scolastica all'intellettualismo greco.

    Non il luogo di dimostrare come questo nuovo spirito,che una nuova realt, dopo i primi sforzi vigorosi fatti nelcorso della Patristica per realizzarsi come nuovo concetto

    sistematico del mondo (e dei quali avremo occasione di toc-care in altra parte di questo libro), rimanga oppresso per pisecoli e poco men che soffocato nella Scolastica, poich que-sta torn all' intellettualismo platonico-aristotelico e si fermacos nella logica di Aristotele come nella generale intuizione

    metafisica trascendente d'una realt, sia pure intesa come spi-rito, e persona, ma presupposta all'attivit spirituale per cuiessa dovrebbe valere come spirito. L'elaborazione scolastica,meramente analitica, dei dommi in cui s'era costituito nelperiodo speculativamente originale il pensiero cristiano deipadri della Chiesa, come metafisica e come logica, fra lorostrettamente congiunte e formanti un sol tutto, ha questosignificato: la realt (Dio) spirito, ma non il soggettoche fa quest'affermazione, bens il suo principio: concepitobens come creativo, ma di una creativit necessaria pelprincipiato, non pel principio stesso: tal quale, pertanto,

    come l'idea platonica o il pensiero aristotelico, quantunqueil concetto di creazione sia estraneo alla filosofia classicagreca.

    i / Cor., 8, 1-4; e 13, 1-2.

  • IL PROBLEMA DELLA LOaiCA NELLA FILOSOFIA MODERNA 31

    Cos il vero sapere non produzione nuova; n il va-lore, quindi, appartiene al conoscere. Il sapere c' gi: esso,assolutamente parlando, quello di Dio, da lui stesso co-municato immediatamente (dottrina della rivelazione, corri-spondente alla teoria platonica dell'anamnesi): umanamenteparlando, quello di Aristotele, degli antichi, e cio non quelloche si conquista storicamente ed capace perci d'incre-mento e progresso, s quello che la stessa storia, l'attivitdello spirito, presuppone al suo punto di partenza.

    Quindi lo strumento del sapere attuale, ridotto a sem-plice funzione didattica d'analisi e di ripetizione, non puessere se non il sillogismo, che presuppone le premesse comequella cognizione in cui la conseguenza gi implicata.Quindi anche il principio d'autorit; poich il valore delpensiero non consiste nel suo atto, ma nella base che essopresuppone e non pone. Quindi il macchinoso formalismocon cui il pensiero in atto s'industria e s'adopra attorno alvero pensiero; il quale non deve nascere n svolgersi, mac', intero, infinito, destinato, malgrado tutti gli sforzi che lamente del filosofo faccia per chiuderlo dentro a una sommaponderosa (destinata ad apparire essa stessa ad altri pensa-tori testo da interpretare e illustrare), a rimanere, per defi-nizione, trascendente l'elaborazione scientifica che possa far-sene. Quindi la scienza ridotta a commento.

    4. Eiscossa dello spirito cristiano nell'Umanesimoe nel Rinascimento.

    Cotesta filosofia non di certo la vera interprete di quelnuovo mondo, che la fede cristiana aveva annunziato. Laprima forma nella quale essa venne rifiutata fu, al sorgerdell'Umanesimo, quell'armatura logica, ond'essa erasi vestita:quella dialettica termiuistica, vuotatasi d'ogni interesse filo-sofico e religioso per la verit, e che rinnovava, nel sec. XIVe nei primi decenni! del seguente, ma senza l'antica ele-ganza ed arguzia, le virtuosit ingegnose della sofistica greca

  • 32 INTRODUZIONE

    tutta pervasa di scetticismo. E quelle prime polemiche lo-giche, cominciate in Italia col Bruni e col Valla*, anzi colPetrarca, destituite, in s, d'un notevole valore scientifico^hanno questo profondo significato speculativo: di romperlacon quell'ideale d'una scienza puramente formale e vuota,che non mirava a scoprire la verit e ad accrescerne il pa-trimonio, poich nulla v'era da scoprire; di affermare il bi-sogno d'un pensiero pi intimo e pieno e conscio e respon-sabile del proprio valore come celebrazione di vita nuova.

    L'immanentismo del Rinascimento, culminante nel nuovoplatonismo di Ficino e di Pico, nel naturalismo di Pompo-nazzi, di Telesio, di Bruno, di Vanini, di Campanella (tantodiverso dal naturalismo dei presocratici gi pel fatto del mo-mento storico da cui rampolla), continua il movimento stessodegli Umanisti, e mira non a ritornare a quella natura, su cuis'era steso quel mondo ideale trascendente platonico-aristo-telico, risorto e perpetuatosi nella filosofia medievale, bensa una natura ringiovanita e trasfigurata perch pervasa nelsuo intrinseco da quel mondo ideale, in cui da Socrate inpoi s'era inteso che sia da ricercare ogni verit. Questa na-tura del Rinascimento culmina nell'uomo, che sente la pro-pria dignit e potenza e divinit, e partecipa insomma delsenso della divinit e assoluta realt dello spirito che erastato svegliato dal Cristianesimo. Ma quest'uomo s'attaccaalla natura e ama confondersi con essa perch una sortecomune gi da pi che un millennio e mezzo stringeva in-sieme l'uomo alla natura, da quando Platone, opponendoalla realt che diviene, la eterna, in questa aveva ristrettoogni essere e ogni valore. E tutta la vita, della natura edell'uomo, bisognava rivendicare dall'aduggiante oppressionedella realt sopramondana. Che se questa vita dell'uomo,che l'attivit dello spirito, inintelligibile all'antico intellet-tualismo, era la realt nuova del Cristianesimo, essi, gli

    1 Cfr. Gentile, Storia della filosofi

  • IL PROBLEMA DELLA LOGICA NBLIj^ FILOSOFIA MODERNA 33

    Umanisti, apparentemente scettici, e i pensatori della Rina-

    scenza, naturalisti o panteisti, sono nel Quattro e nel Cin-quecento, i restauratori del pensiero cristiano ^

    5. Il problema della certezza e la riforma della logicain Bacone e in Cartesio.

    Questo pensiero, dopo la riscossa del Rinascimento ita-taliano riprende il cammino con Bacone e con Cartesio : conla nuova teoria della percezione sensibile e dell'induzione

    da una parte, e con la nuova dottrina dell'essere del pensiero,dall'altra.

    Il Nuovo Organo di Bacone abbozza il disegno d'unalogica, che una nuova filosofia; per cui il sapere non

    fatto, ma da fare; non ci son premesse da svolgere, maun' instauratio ah imis da promuovere. E promuovere si pusoltanto abbandonando la vecchia logica inutilis ad inven-tionem scieitiarinn, e il suo sillogismo che assensum costrin-

    giti non res^; e affidandosi all'esperenza, cio alla cogni-

    zione immediata del senso, in cui l'oggetto non un pre-supposto, ma quello che consta al soggetto: un momento dellavita stessa del soggetto.

    La certezza il problema filosofico cartesiano: risolutocoi cogito, ergo sum, che non un'argomentazione sillogi-stica, ma la costruzione d'un concetto del reale, ignoto atutta la filosofia antica: del concetto di quell'essere cheil pensiero realizza realizzando se stesso: cio della realt

    come coscienza di s: non quindi come quel pensiero delpensiero che, come s' veduto, la realt fu gi per Aristo-

    tele (poich il pensiero del pensiero restava pur sempreoggetto di mera speculazione, antecedente del pensiero in

    atto del filosofo) ; ma come il pensiero stesso che cercal'essere e, intanto che lo cerca lo realizza. Non intelletto

    1 Cfr. il mio volume : Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento,Firenze, Vallecchi, 1921.

    2 N. Org., lib., I, af. XI, XIII.

    t. Gentile. 3

  • 34 INTRODUZIONE

    dunque, spettatore della sua realt; ma volont piuttosto,creatrice di quanto per lei reale.

    Anche il Descartes osserva che i dialettici non possonoformare nessun sillogismo che concluda il vero, senza averneavuto anticipatamente la materia, cio senza aver prima co-nosciuto innanzi la verit che questo sillogismo sviluppa ^ >

    .

    La logica corrisponde sempre all'intuizione filosofica. Lafilosofia dello spirito che presuppone l'oggetto, ha la suaforma nella logica del sillogismo; la filosofia dello spiritoche invece pone il suo oggetto, comincia dal negare il sil-logismo e tutta la logica fondata sul concetto della prece-denza del sapere al conoscere.

    6. Empirismo e idealismo nel Sei e nel Settecento.

    La filosofia moderna dei secoli XVII e XVIII svolge igermi dell'empirismo baconiano e dell'idealismo cartesiano,conducendo il primo fino al materialismo di La Mettrie ed'Holbach, l'altro fino alla metafisica di Spinoza, Leibnize Wolflf. Sono due secoli di travaglio speculativo, nel quale,mentre il difetto di una chiara e netta coscienza della nuovalogica postulata dalla filosofia moderna faceva ricascare que-sta nelle vecchie forme metafisiche di una filosofia intellet-tualistica (s nei materialisti, e s negli spiritualisti), si ve-

    nivano maturando alcuni concetti, sparsi e non ancora adu-nabili attorno a un centro di vita piena e concreta, dellaconcezione cristiana e veramente spiritualistica della vita.Locke riduce con rigore di metodo ogni sapere al conoscereche dalle forme piti semplici ed elementari si costituiscenello svolgimento attuale dello stesso soggetto ; negando o^nipresupposto di verit immediatamente presenti secondo lafamosa dottrina delle idee innate. Leibniz accetta questoimmanentismo empirico, ma bada ad avvertire che l'espe-rienza non crea il soggetto, ma lo presuppone, ed il suosviluppo {nihil in intellectu, quod non fuerlt prius in sensu :

    ^ Regul. ad directionem ingenii, reg. X.

  • IL PROBLEMA DELLA LOGICA NBLIjA FILOSOFIA MODERNA 35

    nisi intellectus ips). Spinoza, d'altra parte, elabora il con-cetto della sostanza, come autonomia assoluta e assoluta pro-duttivit, rispetto alla quale il numero e ogni concetto chelo implichi sono semplici auxilia iinaginationis. Vico riprendeda Bacone il problema del conoscere senza presupposti, e facoincidere il vero col fatto della mente, come Cartesio; e diqui si fa strada al concetto della storia, realt umana, pie-namente intelligibile perch realt in cui si viene spiegandol'essere stesso della mente. Leibniz fa della sostanza spino-ziana, radice indifferente di pensiero e estensione, uno spi-rito, che chiude in s il suo universo. Hume, d'altro canto,messa da parte come affatto sterile e tautologica ogni cono-scenza analitica, dimostra che se la conoscenza empirica,ove l'esperienza s'intendesse quasi commercio del soggettocon una natura opposta e sorgente d'ogni elemento dellaesperienza, la conoscenza sintetica non avrebbe giustifica-zione di sorta, e tutta la scienza si ridurrebbe a un fattoprivo di valore, convalidabile soltanto con un atto di fede.

    7. Nuovi bisogni dello spirito.

    Per tutte queste vie le menti, urgendo da ogni parte ibisogni attuali dello spirito conscio del suo valore e del suodiritto, sono spinte verso il concetto di una filosofia radical-

    mente opposta all'antica, tradizionale e non mai del tuttospenta nelle scuole. Si ricordino cotesti bisogni, brevemente.

    La formazione della scienza moderna, era un fatto vivo,a cui partecipavano e s'interessavano perci personalmentetutti i grandi pensatori: Galileo, Bacone, Cartesio, Spinoza,Leibniz, appartengono, con tanti altri nomi dei piti illustri,cos alla storia della filosofia come a quella della scienzamoderna. Scienza nuova, e ogni giorno in pieno svolgimento.Veritas filia temporis, ripete Bacone; l'aveva detto Bruno,

    lo dice Galileo, lo ripete Pascal; lo sentono tutti ^ Non ci

    i Gentile, Veritas filia temporis, nel citato volume : Giordano Brunoe il pensiero del Rinascimento, pp. 87-100.

  • 36 INTRODUZIONB

    sono testi, da cui apprendere la verit della scienza: essa frutto della mente in progresso. Qual' il valore di questamente? Non Dio con la rivelazione, e tanto meno Aristotelecon la sua veneranda antichit e miracolosa onniscienza pos-sono pi garantire il possesso del vero. Al risveglio tumul-tuoso dello spirito religioso della Protesta son seguite le guerredi religione; e se la pace di Vestfalia pone termine ad essenei paesi tedeschi, il fermento e la lotta, pi o meno duracontinuano in tutti i paesi (Italia, Inghilterra, Francia,Olanda) dove pi vigoroso l'impulso del pensiero. Ledottrine di libert e di tolleranza, la scuola del diritto na-

    turale sono proteste e compromessi, quasi tentativi di divi-dere quel che unito, poich non si riesce a risolvere l'in-tero contrasto da cui la realt spirituale, come organizzazione,disciplina, vita comune e universale da una parte, ma in-dividualit e persona libera e padrone di se, dall'altra, travagliata. Si sono organizzati i grandi Stati con la pacifi-cazione e alleanza degl' interessi feudali e chiericali, ma nelloro seno s' venuta formando una borghesia, che non po-tr a lungo restar compressa dentro le vecchie forme poli-tiche; e gli animi sentono gi l'intollerabilit di uno statoche non la loro volont, ma il limite piuttosto e l'antitesidi questa. E da ogni parte scrittori pedagogisti e politiciattaccano i sistemi e chiedono una riforma (finch non scoppiiessa nella Rivoluzione), la quale riedifichi la societ su altrebasi, facendo l'uomo libero da ogni giogo di autorit nonderivanti dal suo stesso spontaneo e razionale sviluppo.

    8. Il kantismo come concetto spiritualistico della realt.

    Era la nuova realt preconizzata dal Cristianesimo ches'imponeva dunque al pensiero dei filosofi per tutte le viedella vita: la realt, che l'uomo non trova fatta venendoal mondo, ma egli fa: la realt della scienza, della reli-gione, dello Stato, e, in generale, dello spirito. La qualerealt s'affermava energicamente, quando la filosofia avevafatto un bimillenario tirocinio per intenderla.

  • IL PROBLEMA DELLA LOGIOA NELLA FILOSOFIA MODERNA 37

    _E sorge Kant: da Hume che addita il pericolo d'un con-cetto intellettualistico della esperienza; da Leibniz, che fadell'universo una rappresentazione della monade, senza ca-dere nel soggettivismo astratto; da Rousseau, la maggiorvoce, la pi eloquente, la pi appassionata, delle rivendi-cazioni dell'uomo forte della coscienza immediata della sualibert, del suo valore, come sostanza d'ogni vita morale.

    E distrugge ogni metafisica, come filosofia dell'intuito in-tellettuale; come filosofia il cui oggetto, presupposto dello

    spirito, a questo si presenti immediatamente, per non esseralterato dai processi propri dello spirito ma estranei alla ge-

    nuina natura dell'oggetto.La distrugge, rifacendosi dal motivo della filosofia baco-

    niana e di tutto l'empirismo moderno: che noi conosciamosoltanto quello che sentiamo (cio, abbiamo detto, noi cono-sciamo soltanto i momenti concreti della stessa nostra vitaattuale). Ma questa immediata materia del nostro conoscere, secondo Kant, mediata nel conoscere dall'attivit origi-naria del soggetto (per intuizioni pure, categorie, idee), in

    guisa che la realt del conoscere consista in una sintesi a

    priori. Sintesi di elementi sensitivi od empirici e di formaimpressa in loro dall'attivit originaria del soggetto: sintesi,oltre la quale non pu l'analisi spingersi per fissare la ma-teria da un lato, e dalll'altro la forma, quasi due coeffi-cienti separati, a cui l'incontro e la fusione nell'atto del

    conoscere sia accidentale. Dunque, sintesi a priori, e l'aprio-rit della sintesi importa che l'atto del conoscere sia prin-cipio, non risultato della dualit dei termini concorrenti

    nella sintesi. Principio e radice; alla quale pertanto occor-

    rer guardare se altri voglia rendersi conto del reale fon-damento di quanto, oggetto della nostra esperienza, si con-cepisce volgarmente, e si concep da tutta l'antica filosofiareale in s e, come tale, fondamento del conoscere. Il co-noscere diventa esso, per la sintesi a priori, fondamento diogni realt.

    Quest'attivit originaria non si dispiega soltanto comeconoscere, e legge del reale; si manifesta altres come vo-

  • 38 INTRODUZIONE

    lere, e legge morale. La morale morale se autonoma;lo spirito, che, psicologicamente considerato, diventa unfenomeno tra i fenomeni, non intelligibile se non alla stre-gua del meccanismo della causalit; considerato invece cri-ticamente (dal punto di vista di quella critica che ha sco-perto nell'attivit trascendentale del conoscere il principiodel fenomeno, o la condizione d'ogni concetto del fenomeno)si svela nella sua luce morale come essere che pu avereun dovere perch libero, arteice di se stesso.

    9. Eesidui intellettualistici nell'idealismo kantiano.

    Rimangono oscurit, interni contrasti, diffteolt gravi nellafilosofia di Kant, poich la fatica erculea da lui affrontata da rassomigliare a quella dell'idra lernea dalle cento te-ste, che bisognava recidere d'un colpo. Ma con la sua filo-sofia si pone in termini esatti il problema cristiano o mo-derno: di concepire la realt non come il limite dello spirito,anzi come lo stesso spirito, che per essere reale deve avertutto dentro se stesso; poich la sua natura tale da nonconsentire compagnia e division di dominio.

    Kant non raggiunge l'unit. Non la raggiunge nel cono-scere, che non assolutamete creatore: poich la sensazionemateria del conoscere, s momento o modificazione delsoggetto, ma non prodotto dello stesso soggetto, non dimostrazione della sua attivit, ma piuttosto della passivitsua: un'affezione, che suppone un agente esterno, di lda ogni possibilit di esser conosciuto. Donde il noumeno,residuo della vecchia metafisica intellettualistica, che Kantha abbattuta, ma non ha annientata. N raggiunge l'unit trail conoscere e il volere, come avrebbe dovuto una voltadistrutta la base della metafisica intellettualistica, che ilconcetto dello spirito come intelletto, facolt spettatrice della

    realt messa l come esterna. Giacch solo il conoscere in-tellettuale diverso dal volere : quella yv'woK; che da Paolo contrapposta all'ynri ^ E la ragione per cui non pu

    1 I Cor., 1. e.

  • IL PROBLEMA DELLA LOGICA NELLA FILOSOFIA MODERNA 39

    raggiungere questa uniti tra conoscere e volere, e quellaper cui non ha raggiunta la prima tra conoscere e cono-sciuto *. N quindi egli pu risolvere il dualismo tra il mec-canismo del mondo oggetto del conoscere e la finalit dellospirito soggetto del conoscere; e la Critica del giudizio dpiuttosto il problema che la soluzione, della conciliazione diquesto dualismo.

    10. Il problema della logica come scienza del conosceredopo Kant.

    Ma il problema non pii abbandonato dopo di lui; egl'idealisti, che lo raccolsero in Germania (Fichte, Schelling,Hegel) e in Italia (Rosmini, Gioberti, Spaventa) miraronosempre a questo segno: instaurare l'unit compatta del realenello spirito. Hegel ebbe il merito sommo di aver visto pro-fondamente che questo problema era prima di tutto problemalogico : e di quella logica trascendentale , a cui Kantaveva consacrato una parte (e certamente quella che digran lunga la pii importante) della sua Critica della Ra-gioi pura, fece la trattazione centrale della filosofa, a cui

    l'et moderna da secoli, anzi da millennii, aspira faticosa-mente. Vide che, se si vuol rendere possibile questa filoso-fia, non bisogna obbligare il pensiero ad entrare negli schemipropri d'un pensiero orientato secondo la vecchia metafisica;e tracci le linee d'una logica, la cui legge fondamentale in aperta antitesi con quella della logica tradizionale, riu-

    scendo per tal modo a trasformare la logica, da una scienzaessenzialmente particolare e dommatica, in vera e propriascienza universale e filosofica. Che anzi la sua logica, seegli avesse fermamente mantenuti i principii inspiratori dellaScienza della logica, quali derivano dalla sua Fenomenologiadello spirito, avrebbe dovuto esaurire in s tutta la filosofia.E si vedr a suo luogo perch ci non sia avvenuto.

    1 Cfr. pi innanzi, parte 1, cap. VI, g 2-3.

  • 40 INTRODUZIONE

    Qui basti avvertire che la logica dell' idealismo trascen-dentale inaugurato da Kant e tuttavia proseguito fino alleforme recentissime di speculazione idealistica, non pi ilproblema della forma del pensiero vero, esemplato su unarealt intelligibile che ne sia l'oggetto idealmente anteriore,ma quello piuttosto del pensiero in atto, o dello spirito nellasua libert; il quale, non chiuso dentro limiti di sorta enulla presupponendo, costruisce l'oggetto come la concre-tezza del suo proprio essere. Alla logica del conosciuto sivuol sostituire la logica del conoscere.

    11. Concetto della nuova logica filosofica.

    E la conclusione intanto vuol essere, che una logica, de-gna di questo nome, si pu costruire, sul terreno di unafilosofia il cui oggetto non l'opposto dello spirito filoso-fante, s questo spirito stesso. La quale filosofia possibile,se lo spirito che ne soggetto, alla sua volta viene intesonon come la mente limitata del filosofo che ha un nome dibattsimo e un suo posto tra gli esseri tanti della natura,ma, semplicemente, come la mente; quella Mente che pensal'individuo filosofo e tutta la natura, quanta se ne stendenell'orizzonte sterminato della coscienza. Mente perci uni-versale, quale ogni misero mortale tiene per certo di esseredentro se stesso, ancorch per sano spirito di umilt dispostoa prostrarsi nella polvere, e annientare ogni pluriposto germed'orgoglio che gli s'annidi nelle pieghe dell'animo: poichl'affermazione del proprio niente dalla quale ogni uomo con-sapevole non vorr mai cessare, non pu aver senso per chinon investa il proprio potere affermante della suprema e in-finita autorit della mente universale che non falla. Mente,che intelletto, o conoscere; e non altro che questo. Nonper come yv&aiq, se abbiamo inteso lo spirito di Paolo, macome quell'amore, che tutto intende e conosce davvero, per-ch n presuppone il suo termine, n, quindi, presuppone sestesso: ma forma quello e lo fa essere innanzi a s, formando

  • IL PROBLEMA DBLLA LOGICA NELLA FILOSOFIA MODERNA 41

    o riformando o edificando, come il cristiano, la propria me-desima attivit; vero volere, che crea il suo mondo creandose medesimo nella sua propria attualit. Fuori della quale,si ponga mente, c' solo un mondo astratto, che natura,e un astratto soggetto che intelletto.

    La filosofia filosofia come scienza dello spirito puroatto; e la logica scienza filosofica come scienza di questoatto inteso come puro conoscere.

    k

  • PARTE PRIMA

    IL LOGO LA VERIT

  • Capitolo I

    LA VERIT TRASCENDENTE

    1. Origine storica e ideale della logica:la verit come pensiero necessario.

    La scienza della logica sorta con la distinzione di pen-siero vero e pensiero falso: o, piti precisamente, quando sicominci a distinguere il pensiero come fatto dal pensieroche ha un valore. Platone ha chiara coscienza (polemizzandoforse contro Antistene) del profondo divario tra il pensieromaterialmente vero, ma privo della ragione di questa sua ve-rit, e il pensiero vero altres formalmente : chiamando il primoA.Ti6fi o q6tiv 8|av, e l'altra :tiOTii|XT]v ^ Scienza in senso pro-prio gi per lui non solo il possesso della verit, ma il

    sapere di possederla; e saperne la ragione in guisa che essa

    non paia soltanto vera e possa quindi parere non vera, a mo'di uno schiavo che possa fuggire al suo padrone, e non co-stituisca perci una propriet sicura.

    Non basta infatti distinguere il vero dal falso, per poterparlare di logica, se per vero non s'intende quel che vale

    come vero, che s'abbia cio diritto di far riconoscere, e doverepertanto di riconoscere vero. E la differenza appunto tra ilvero di fatto (o materiale) e il vero di diritto (o formale) additata da Platone allorch osserva che la retta opinione

    i Teet. 200 E, 210 A; Men. 97-98; Conv. 202 A.

  • 46 IL LOGO O LA VERIT

    sciolta e pu quindi scappare, laddove la scienza legata, xal8i Tata 8t] xi^iicTegov IjtiOTTjp] pOi'ig 80511; sari, '/.al 8iaq)Qei

    8eafi> 7iiaxr\iir\ QOfjg lr\q ^ Ossia il pensiero vero , a rigore,quello necessario, che, quando si pensa, si presenta cometale che non si possa pensare altrimenti.

    2. La verit come pensiero universale.

    Ma dire necessit del pensiero lo stesso che dire uni-versalit (a parte subiecti); perch la necessit si dimostranella esclusione della possibilit che altri soggetti, o lo stessosoggetto in circostanze diverse (onde verrebbe ad essere di-verso da s, e quindi un altro soggetto) pensino altrimenti;quindi nella esclusione che il soggetto, in quanto soggetto d'undato pensiero, funzioni da soggetto particolare. E a questauniversalit del vero, gi molto prima di Platone aveva pen-sato Eraclito, che oppone la conoscenza individuale (1.8 l'a (pg-vr]oiq) al logo che comune (luvv) ^ ; come Parmenide ^ avevainsistito con insuperabile energia sul concetto della necessit.

    Il logo il solo pensiero a cui guardi la logica : pensiero,adunque, vero necessariamente e universalmente; verosenz'altro, nel senso pi proprio della parola.

    3. Doppio significato del pensiero vero:logo oggettivo, e logo soggettivo.

    Ma questo pensiero vero pu esser inteso in due modi, ei due significati sono continuamente mescolati non solo nellinguaggio comune, bens anche nell'uso dei filosofi, quan-tunque rispondenti a due concetti, che sono ben diversi, puressendo strettamente congiunti ; e che bisogna accuratamentedistinguere per porre ne' suoi termini esatti il problema dellalogica. Il logo di cui parla Eraclito un logo oggettivo, pre-

    i Men. 98 A.2 Fr. 2 Diels.*

    'AJ.iieT]; s

  • liA VERIT TRASCBINDBNTE 47

    supposto di Ogni sapere. Ma il logo di cui parla Platone nelCratilo (385 B), che pu esser vero e pu esser falso, secondoche dice l'essere come , o come non , un logo soggettivo.11 pensiero vero pu essere una volta il logo eracliteo, e un'al-tra volta il logo platonico: poich pensiero tanto quello chenoi pensiamo, che, se vero, sar il logo nel senso di Era-clito

    ;quanto il nostro pensare quello che va pensato ; nel

    qual caso, se si pensa rettamente, si ha il logo di Platone.L'uno dei due, chiaro, non si pu concepire senza l'altro;perch il logo oggettivo vale come contenuto del soggettivo,e noi soltanto possiamo affermarlo allorch lo conosciamo ein quanto lo conosciamo; viceversa, il logo soggettivo ha ilsuo valore di verit, in quanto contiene dentro di s l'ogget-tivo. Tuttavia, senza la distinzione tra logo oggettivo e logovero ma soggettivo, il problema logico non sorge.

    Infatti il logo, oggetto della logica, il logo vero in quantosi distingue dal falso. Ma come sarebbe possibile tale distin-zione, se a distinguere l'uno dall'altro non intervenisse unamisura superiore a questo logo soggettivo, che pu esser veroma pu anche esser falso, ed infatti ora vero ora falso?N la misura pu esser altro che un logo assolutamente vero,sottratto alla possibilit d'esser falso. Che se per oggetto dellalogica si volesse assumere un logo assolutamente vero, ossiail logo oggettivo, senza contrapporlo al soggettivo, quel logo,come tale, non avendo di contro a s il falso, non sarebbevero ; e nella meccanica brutalit del suo essere, scenderebbeal di sotto del pensiero, n sarebbe da questo afferrabile.

    4. Necessit della differenza e della identit dei due logM.

    La distinzione, dunque, necessaria. Ed Eraclito infattioppone la cognizione dell'individuo al suo logo, che unoper tutti; come, d'altra parte, Platone non pu parlare delsuo logo vero senza commisurarlo all'essere com' (t vxa(1)5 eoTiv). Questa inscindibilit di un termine dall'altro importae suppone, al di sotto della differenza, una identit fonda-mentale, che stata sempre in perpetuo gioco in questo pr-

  • 48 IL LOGO O LA VERIT

    blema della verit, che il problema capitale di tutta la lo-gica. Il logo soggettivo deve differire bens dall'oggettivo, madeve anche coincidere con esso. Il pensiero nostro vero inquanto, a differenza del falso, pur non essendo immedia-tamente lo stesso pensiero oggettivo, che la norma delnostro pensare, riesce tuttavia a identificarsi con esso: in

    modo che, fin quando non sia riuscito a identificarvisi, aspiraa esser vero, ma non vero; e quando vero, la sua veritsuppone esaurito il processo mediato della identificazione, odella riduzione del pensiero soggettivo all'oggettivo. Il chenon vorr dire certamente che, posta la verit nella mede-simezza, si possa quindi fare a meno della differenza. Senzadi questa, come s' veduto, il pensiero, nella sua immediataoggettivit, non sarebbe neppur pensiero : e non si potrebbeparlare di verit. La differenza dunque necessaria alla stessamedesimezza, poich questa solo in virt della prima puessere verit.

    N la medesimezza pu dirsi posteriore, e la differenzaanteriore. Movendo da questa, ovvio che la prima debbaapparire come un resultato, che presuppone la differenzacome punto di partenza. Ma la differenza stessa presupponela medesimezza, perch il pensiero soggettivo si pu conce-pire come pensiero che aspira alla verit solo in quanto que-

    sta verit che esso cerca (o pensiero oggettivo) ei l'ha incerto modo trovata, ne ha idea, la pregia, la tien presente,dentro di s, e cos via. Comunque, il pensiero soggettivonella sua opposizione al logo assoluto non vero, non sidistingue dal falso, e non pu esser materia della logica: laquale ha per oggetto soltanto il pensiero come unit di pen-siero soggettivo e pensiero oggettivo, e, come tale, vero.

    5. Logica e metafisica.

    Ma se la verit sorge nel momento della medesimezza, evien meno appena si spezzi l'unit e risorga la differenza conl'opposizione del soggetto all'oggetto, il problema della ve-rit, e per quello di tutta la logica, si pu configurare in

  • LA VERIT TRASCBNDBNTE 49

    due modi, secondo che si presupponga l'unit o la difiFercnza.E il problema della verit nel presupposto dell'unit quelloche ha generato propriamente la metafisica, come filosofiaintellettualistica, dall'antichit^i, si pu dire fino a Kant, e dopo.La scienza dell'essere o delle idee di Platone, o quella scienzaprima che scienza dei principii per Aristotele, scienza dellaverit come unit gi realizzata del pensiero soggettivo e delpensiero oggettivo: la scienza della realt intelligibile, mapuramente intelligibile, ossia indipendente da ogni intel-ligenza, e per s stante. La logica invece sorse come scienzadella verit considerata dal punto di vista della differenza;che era infatti la scienza onde era necessario che s' integrassela ricerca metafisica.

    Posto infatti il concetto del lego obbiettivo, o dell'unit

    del subbiettivo con l'obbiettivo, raggiunta come s' avver-tito, quando ogni differenza sia eliminata e sia gi tutta per-corsa la via, lungo la quale la mente cade e risorge ed errae si corregge, la scienza non pu essere altro che intito.Che r ideale del sapere in Platone, rappresentato nel mitodella vita contemplativa iperurania; e dello stesso Aristotele,filosofo dell'esperienza e dello sviluppo ideale: adombrato inlui nel concetto dell'intelletto attivo, che il sapere totaleimmediato. Ma poich oltre l'intuito ipotetico c' la cogni-zione sensibile ed opinativa, sparpagliata e frammentaria ma-teria, su cui il dialettico deve gettare il suo sguardo sinot-tico; poich oltre l'intelletto attivo, c' il passivo, che soloa grado a grado partecipa dell'eterna forma del primo; poichinsomma il filosofo non pu non sentire la sua scienza comeun processo, che tende alla sofia, ma e sar sempre filo-sofia, ecco che l