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“La cultura visuale non è una forma di storia dell’arte, né di critica d’arte – essa designa un intero ambito di
rappresentazioni visuali che circolano nel campo della visione stabilendo visibilità (e regolando invisibilità),
stereotipi, relazioni di potere, e possibilità di conoscere e verificare; ovvero, stabilendo l’intero campo del
conosciuto”. Irit Rogoff, Terra Infirma, Geography’s Visual Culture. London and New York, Routledge. 2000.
• Geografia come ordine del sapere, teoria della conoscenza
• Modalità di collocazione/dislocazione • Spazializzazione, occupazione multipla degli spazi • Luogo di materializzazione della differenza
Geografia: Categoria critica per il femminismo e la teoria postcoloniale
• In contrasto con gli stati-nazione • Concetto di spazio come negazione dell’illusione della trasparenza (Henri Lefebvre)
• Attenzione sulla “situatedness”, sull’essere situati, sulla posizionalità dei corpi incarnati.
La teoria femminista e il sapere situato • The Politics of Location (Adrienne Rich – 1984 – oppressione delle
donne; posiziona se stessa rispetto al “Sistema Solare”, come donna bianca, ebrea, statunitense; il corpo, la materialità come punto di partenza; interrogarsi sul dove, come, quando, in quali relazioni e condizioni di potere si pronuncia il sé).
• Rispetto alla visualità: “scrivo per sostenere la visuale che proviene da un corpo, un corpo sempre complesso, contraddittorio e strutturato, scrivo contro la visuale dall’alto, da nessun luogo, dalla semplicità … il femminismo ama le scienze e le politiche dell’interpretazione, traduzione, del balbettio, e della comprensione parziale … le scienze del soggetto multiplo, che possiede una visione (almeno) doppia … in uno spazio sociale non omogeneo e sessuato. … Il prendere corpo femminista resiste al fissaggio e possiede una curiosità insaziabile per le reti di posizionamento differenziato.” Donna Haraway, Simians, Cyborg and Women. The Reinvention of Nature, London and New York, Routledge,1991.
• “punto di vista disincarnato”, “sguardo divino”, “finzione del sapere” - Michel De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma 2001 [1980].
• “ salire in cima al World Trade Center significa sottrarsi alla presa della città … chi sale lassù esce dalla massa che travolge qualsiasi identità di autore e spettatore. Tramuta in un testo che si ha sotto gli occhi il mondo che ci stregava e dal quale eravamo posseduti. Permette di interpretare con un Occhio solare, di posare uno sguardo divino: esaltazione di una pulsione scopica e gnostica. La finzione del sapere consiste nell’essere soltanto quest’occhio vedente.” De Certeau
• “Chi redige una mappa cartografa un intero campo di visione, un intero mondo e, nel farlo, egli (sì, egli) gioca a fare Dio” Coco Fusco (“Questioning the Frame. Thoughts about Maps and Spatial Logic in the Global Present”, In These Times, 16 dicembre, 2004).
• Artiste femministe anni 80 articolano la relazione tra il corpo e lo spazio (urbano): Cindy Sherman, Barbara Kruger, Jenny Holzer, Chantal Akermann…
Prospettiva critica della cultura visuale, approccio postcoloniale
• “Racconto, raccontato, essere raccontato/ stai dicendo la verità? Riconoscere le complessità di ogni atto di parola non significa necessariamente abolire o comprendere le qualità di una bella storia …. Chi parla? Cosa parla? La domanda è implicita e la funzione definita, ma l’individuo non domina mai, e il soggetto scivola via senza naturalizzare la sua voce. Colei o colui che parla, parla al racconto e lo comincia a raccontare, e ri-raccontare. Ma non ne parla a proposito. Perché senza un certo lavoro di spostamento, ‘parlare a proposito di qualcosa’ riguarda ancora il mantenimento di un insieme di opposizioni binarie (soggetto/oggetto, io/esso, noi/loro) su cui si basa il sapere territorializzato.” Trinh Min-ha, in Cotton and Iron, eds, R. Ferguson, M. Grever and Min-ha; Cambridge (MA), The MIT Press, 1992.
• Forte interesse per i confini • Stretto legame tra capitalismo ed egemonia
culturale europea • Individualismo • Differenziazione – il capitale ha bisogno di
differenze per crescere • Omogeneizzazione – l’egemonia culturale ha
bisogno di uniformità