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La gestione delle Risorse UmaneFabiano Corsiniprimo modulo / introduzione

SVILUPPO1.1 Organizzazione1.1.1

Cosa è l’Organizzazione

1.1.2

Le relazioni nell’Organizzazione

1.1.3

Responsabilità dell’Organizzazione

La teoria classica della organizzazione ed i modelli tradizionali.Organizzazione gerarchica, divisionale;Organizzazione a matrice e per processi.

1.2 Razionalità1.2.1

Rapporto causa effetto

1.3 Componente emozionale

1.3.1

Cosa è e perché è importante

I nuovi contesti macroorganizzativi:l’importanza del mercato e del clientela figura del prosumerla nuova pubblica amministrazionedall’esercizio del potere autoritativo al dialogo: l’uso degli strumenti negoziali

1.4 La persona Persone e organizzazioneIl Management delle risorse umaneDal MPP, al PM, al HRM

1.5 Ancora sulla C.E.1.5.1

competenze personali

1.5.2

competenze sociali, consapevolezza di sé , autocontrollo

1.5.3

intelligenza emotiva sociale

1.6 Ascolto, empatia1.6.1

Ascolto passivo Ascolto simulato,rassegnato,critico

1.6. Ascolto attivo Competenze di ascolto:la comunicazione non

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2 verbaleil silenzio e le pausela gestualità

1.6.3

Empatia Ascolto in profondità

1.6.4

Assertività Descrizione, presupposti, competenze

Questo modulo ha carattere introduttivo, sarà dunque funzionale alla acquisizione/condivisione di un linguaggio condiviso e alla costruzione di un primo impianto di “gruppo di lavoro”.

Parole chiave: responsabilità, essere responsabili, rapporti responsabili, individuo, gruppo, responsabilità personale, responsabilità dell’organizzazione, intelligenza emotiva, leadership, carisma, empatia, competenza, competenza organizzativa, relazione e comunicazione, ascolto, comunicazione e empatia, assertività e autostima, benessere organizzativo, Organizzazione come necessità e come mitoAl centro del successo di ogni iniziativa ci può essere una buona organizzazione.C’è sempre il fattore umano.Ci sono sempre delle persone.Il successo dipende in primo luogo dalle persone.

Tag cloud della sintesi

Spesso a elevati quozienti intellettivi, corrispondono risultati modesti o addirittura mediocri nel campo del lavoro e della riuscita sociale. Questa constatazione porta al riconoscimento che l'intelligenza basata sull'esercizio della pura razionalità costituisce soltanto un aspetto delle più

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generali capacità che permettono all'uomo di misurarsi con le diverse situazioni incontrate nella vita di tutti i giorni e di risolvere adeguatamente i problemi che esse implicano.

Che cosa si intende per razionalitàCosa si intende per modelli razionaliTipi di organizzazione “razionale”

Nel modello di decisione razionale, la decisione consiste nell’adottare i mezzi che permettano di raggiungere i fini dati nel modo migliore possibile (più efficace e meno costoso) e si risolve perciò in un processo di massimizzazione.Operativamente, il modello comporta che in una situazione data, su questa si possa intervenire per modificarla secondo le nostre intenzioni, ottenendo così un risultato nei termini previsti.La razionalità viene intesa come razionalità orientata allo scopo o razionalità sostanziale.Il processo decisionale prevede fasi distinte, separate sul piano temporale:fissazione degli obiettivi, ordinati e non contraddittori;generazione di tutte le alternative idonee a raggiungere gli obiettivi prefissati;valutazione di tutte le conseguenze di ciascuna alternativa;scelta dell’alternativa che presenta i valori massimi in termini di efficienza e di rispetto degli obiettivi inizialmente assunti.Se il processo è stato condotto correttamente, la decisione finale si riduce ad un calcolo.Il modello razionale è un metodo comprensivo perché presuppone un’indagine completa nel campo decisionale, cerca di non lasciare nulla al caso o all’improvvisazione.

Modello organizzativo classico-weberiano

• Distinzione fra competenze tecniche e politiche (di indirizzo)• Centralizzazione del potere• Legittimazione del potere attraverso l’autorità legale• Razionalità logica (mezzi-fini)• Imparzialità e uniformità di comando• Efficienza attraverso linee gerarchiche accettate• Precisa strutturazione dei compiti• Processo decisionale frammentato e non lineare• Scarsa autonomia decisionale ai soggetti

La teoria classica della organizzazione ed i modelli tradizionali.

Per Organizzazione si intende l’insieme delle relazioni che si stabiliscono tra i componenti di una associazione finalizzata al conseguimento di determinati obiettivi. Dunque, è evidente la natura strumentale/funzionale della organizzazione; di norma il modello organizzativo è valutato in

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funzione della sua efficacia, ovvero in primo luogo della sua capacità di facilitare il raggiungimento dei risultati per la quale l’associazione è nata. Il modello di organizzazione cui quasi inconsapevolmente tutti tendiamo a far riferimento è quello nato nella società moderna e studiato da Weber: un modello contraddistinto da semplici principi informatori, come gerarchia e divisione del lavoro.

Più recentemente si è fatta strada la consapevolezza che la natura strumentale (funzionale) della organizzazione richieda anche una sua “dinamicità”; in epoca di grandi e rapide trasformazioni, una organizzazione è tanto più adeguata quanto più è capace di trasformarsi, di essere flessibilmente in grado di tenere conto delle trasformazioni degli elementi che la compongono e del sistema di richieste che verso lo strumento organizzativo si indirizza. Un ulteriore sviluppo di questa concezione porta a ipotizzare e preferire forme di organizzazione che siano in grado non solo di rispondere alle trasformazioni (interne ed esterne), ma anche di prevederle o favorirle.

Organizzazione gerarchica, divisionale - Organizzazione a matrice e per processi.

Il concetto di RESPONSABILITA’

? la responsabilità nella organizzazione: coincide con l’obbedienza ?

? questo modello funziona anche quando ci rivolgiamo a delle persone ?

? anche quando lo applichiamo agli interventi sulle persone ?

La maggior parte delle nostre scelte e decisioni non sono il risultato di una attenta disamina razionale dei pro e dei contro relativi alle diverse alternative possibili. In molti casi, infatti, le facoltà razionali verrebbero affiancate dall'apparato emotivo, il quale costituirebbe una sorta di "percorso abbreviato", capace di farci raggiungere una conclusione adeguata in tempi utili.

La componente emotiva coinvolta nelle decisioni sarebbe anzi determinante nei casi in cui queste riguardano la nostra persona o coloro che ci sono vicini. La nozione di intelligenza emotiva distingue due principali sottocategorie:

1. Le competenze personali, riferite alla capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita emozionale;

2. le competenze sociali, relative alla maniera con cui comprendiamo gli altri e ci rapportiamo ad essi.

L'intelligenza emotiva personale :

- comprende la consapevolezza di sé , che ci porta a dare un nome e un senso alle nostre emozioni negative, aiutandoci a comprendere le circostanze e le cause che le scatenano;

- essa permette una autovalutazione obiettiva delle proprie capacità e dei propri limiti, così da riuscire a proporsi mete realistiche, scegliendo poi le risorse personali più adeguate per raggiungerle.

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- Anche l'autocontrollo fa parte delle competenze personali . Esso implica la capacità di dominare le proprie emozioni, il che non vuol dire negarle o soffocarle, bensì esprimerle in forme socialmente accettabili. L'incapacità di gestire le proprie emozioni, può portare infatti ad agire in maniera inopportuna, e magari a forme di esagerata aggressività nei confronti degli altri, offrendo di sè un'immagine ben poco lusinghiera

Chi è padrone di sè, riesce di solito a comportarsi in maniera appropriata alla situazione, tenendo conto delle regole del vivere sociale, riconoscendo le proprie responsabilità e i propri errori, rispettando gli impegni presi e portando a compimento i compiti assegnatigli.

Tra le competenze personali può essere inoltre collocata la capacità di alimentare la propria motivazione, mantenendola anche di fronte alle difficoltà o quando le cose non vanno come avevamo previsto o speravamo.

La capacità di motivarsi è formata da una giusta dose di ottimismo e dallo spirito di iniziativa, attitudini che spingono a perseguire i propri obiettivi, reagendo attivamente agli insuccessi e alle frustrazioni.

L'intelligenza emotiva sociale

- E' costituita da quell'insieme di caratteristiche che ci permettono di relazionarci positivamente con gli altri e di interagire in modo costruttivo con essi.

Le competenze dell’intelligenza emotiva:

- capacità di ascolto e comunicazioneascolto passivoascolto attivoempatia

- Per Empatia si intende la capacità di ri-conoscere le emozioni e i sentimenti negli altri, ponendoci idealmente nei loro panni e riuscendo a comprendere i rispettivi punti di vista, gli interessi e le difficoltà interiori.

- Essere empatici significa percepire il mondo interiore dell'altro come se fosse il nostro, mantenendo tuttavia la consapevolezza della sua alterità rispetto ai nostri punti di vista. La comunicazione, altra attitudine "sociale", è invece la capacità di parlare agli altri, facendo coincidere il contenuto esplicito dei messaggi (trasmesso dalle parole) con le proprie convinzioni ed emozioni (involontariamente rivelate attraverso il linguaggio del corpo). Comunicare in maniera efficace è anche saper ascoltare e fare domande, mantenendo una reale attenzione alle risposte emotive dei nostri interlocutori.

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Questa scala di bisogni, elaborata dal sociologo americano Abraham Maslow, è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L'individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow". I livelli di bisogno concepiti sono:

1. Bisogni fisiologici ( fame, sete, ecc.)

2. Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione

3. Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)

4. Bisogni di stima, di prestigio, di successo

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5. Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e

occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).

Questa rappresentazione è un po’ datata, ed è stata oggetto di molti rilievi critici. La riteniamo tuttavia utile per noi, anche perché ci consente di individuare chiaramente il terzo livello come soglia dove collocare l’ascolto empatico: ci fa sentire accettati.

Le competenze all’ascolto

Ascolto, empatia: richiedono dunque competenza:- saper ascoltare,- la comunicazione verbale: il tipo di parole usate più frequentemente, le espressioni, lo stile, il tono della voce, le pause, le ripetizioni, il gergo- interpretare i gesti non verbali, la gestualità

La comunicazione non verbale

ci si esprime attraverso: La cinesica La prossemica Il paraverbale Gli artefatti Gli elementi ambientali

In ogni caso lo sforzo più difficile, per interpretare, è liberarsi dai pregiudizi; non incasellare l’interlocutore in una classificazione: tornare ad ascoltare, a sviluppare empatia

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Più corto?

Le due immagini, tratte da materiale illustrativo della gestalt. Mostrano come uno stesso oggetto possa essere “visto”, letto e interpretato in maniera diversa, e che il contesto influenza la modalità con cui leggiamo e interpretiamo.

Un albero che crolla in una foresta non fa nessun rumore se non c’è nessuno ad ascoltare; perché il rumore è ….. un oggetto della nostra sensibilità .

Domanda : “C’è dell’acqua in frigorifero?”

Se chi lo chiede è un chimico che si rivolge ad un collega di laboratorio, o un tecnico frigorista che si rivolge ad altro collega, o un marito che lo chiede alla moglie, cambia il significato ( es. “si, c’è, nelle cellule delle melanzane…” “si, nelle serpentine del radiatore…” ecc)Citazioni da Andrea Cozzo (Gestione creativa delle situazioni di tensione)

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Le sette regole dell'arte di ascoltaredi Marianella Sclavi

1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.

2. Quel che vedi dipende dalla prospettiva in cui ti trovi. Per riuscire a vedere la tua prospettiva, devi cambiare prospettiva.

3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a capire come e perché.   

4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico.

5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti perché incongruenti con le proprie certezze.

6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.

7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad   ascoltare, l'umorismo viene da sè.

L'intelligenza emotiva si può sviluppare attraverso un adeguato allenamento, diretto soprattutto a cogliere i sentimenti e le emozioni, nostri e altrui, indirizzandoli in senso costruttivo.

L'intelligenza emotiva può essere migliorata nel corso di tutta la vita.

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L’assertivitàL'assertività   è una caratteristica del comportamento   umano che consiste nella capacità di

esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni. “Un comportamento che permette a una persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il suo punto di vista senza ansia esagerata, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i suoi diritti senza ignorare quelli altrui”Essa si può anche delineare come il giusto equilibrio tra due polarità: da una parte il comportamento passivo, dall'altra il comportamento aggressivo.

Presupposti necessari per un comportamento assertivo sono:

1. buona immagine di sé (autostima);

2. adeguata comunicazione;

3. libertà espressiva;

4. capacità di rispondere alle richieste e alle critiche;

5. capacità di dare e di ricevere apprezzamenti;

6. capacità di sciogliere i conflitti.

L'autostima è necessaria nella condotta assertiva, poiché chi si vuole bene si relaziona in maniera adeguata con gli altri, mentre il pensare di non valer nulla impedisce un buon dialogo con se stessi, finendo così per comportarsi in maniera o passiva o aggressiva.Un atteggiamento assertivo implica empatia.In ogni caso, si tratta di competenze emozionali, acquisibili e sviluppabili solo all’interno di organizzazioni ben strutturate e orientate al miglioramento continuo ed al benessere organizzativo.

Una organizzazione che sappia valorizzare l’apporto individuale e dia spazio alla intelligenza emotiva. E’ questo in fin dei conti il benessere organizzativo.

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