gigli obiettori 290516

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unque, per la Cgil e per il Co- mitato dei diritti sociali del Con- siglio d’Europa, l’Italia sarebbe un Pae- se da sanzionare, perché l’abbondanza di obiettori di coscienza mette in pericolo la "salute riproduttiva" (leggasi il "dirit- to" all’aborto) delle donne. Peccato che appena il 30 aprile 2014 i ministri del Gruppo sulle questioni so- ciali e sanitarie, da cui i burocrati del Comitato dipendono, abbia certificato che in Italia non vi erano problemi per gli interventi abortivi. Non si vede cosa sia cambiato da allora. In ogni caso, salvo accusare Regioni e Ministero della Salute di dichiarare il falso, i dati ufficiali (riportati in questo numero) stanno lì a dimostrare che i tem- pi di attesa per l’Ivg, la vicinanza tra la residenza e la sede di intervento, il cari- co di lavoro per i medici non obiettori so- no tali che non dovrebbero destare al- larme nemmeno nel più incallito degli a- bortisti, che non voglia semplicemente fare della propaganda ideologica. Il numero delle strutture ginecologiche in cui si può interrompere la gravidanza è addirittura proporzionalmente supe- riore ai punti nascita. Ci si ostina però a chiedere che l’interruzione di gravidan- za possa essere effettuata sotto casa, an- che se si tratta di un modello organizza- tivo che non è più previsto neanche per interventi di appendicectomia o coleci- stectomia. Le strutture sanitarie, infatti, cercano di concentrare gli interventi in alcune se- di, sia per ridurne i costi, sia per quali- ficare le prestazioni. La denuncia del pericolo obiettori per l’applicazione della legge 194/1978 è dun- que pretestuosa e stru- mentale, parte di un ve- ro e proprio accerchia- mento mediatico, cul- turale e parlamentare, volto a delegittimare l’obiezione di coscien- za. Vale allora la pena rimettere in fila alcune cose. Primo: l’aborto in Italia, malgrado ogni pretesa in tal senso, non può essere considerato un diritto individuale. L’Ivg, infatti, è consen- tita solo per motivi di salute, nei limiti previsti dalla legge e in deroga al fon- damentale diritto alla vita, considerato affievolito, ma non negato. Secondo: in Italia è prevista una tutela del concepi- to, ribadita dalla legge 40 sulla fecon- dazione artificiale, dalla legge sui con- sultori familiari e da interventi della Cor- te Costituzionale. Terzo: l’obiezione di coscienza è riconosciuta come un dirit- to costituzionale e non solo per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gra- vidanza. Si tratta peraltro di un diritto che la stessa Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha riaffermato so- lennemente nella Risoluzione 1763/2010. Ciononostante, si vorrebbe abbattere o- gni residua resistenza culturale rispetto al primato della vita umana. La storia dei tentativi di delegittimazione e delle aggressioni agli obiettori è lunga (vedi articolo di Luca Finocchiaro). Per vin- cere questa resistenza sono state propo- ste quote massime per gli obiettori, ac- cesso agli incarichi apicali per i soli non obiettori e concorsi loro riservati, mobi- lità obbligatoria quando le quote massi- me degli obiettori sono superate (la mo- bilità per i medici disponibili a fare a- borti, invece, è tabù). Addirittura, se- condo i pasdaran dell’aborto libero, per accedere alla specializzazione in gine- cologia si dovrebbe dichiarare di non es- sere obiettori, prevedendo poi sanzioni per chi rifiutasse di fare ciò che è previ- sto dal servizio, ma dimenticando che un medico sceglie di fare l’ostetrico-gi- necologo anzitutto per far nascere bam- bini e per curare donne ammalate. Sul  Journal of Medical Ethics , Francesca Minerva (la stessa bioeticista che auspi- cava l’aborto "post-natale") è giunta a proporre di disincentivare gli obiettori con stipendi differenziati, più vantag- giosi per i non obiettori. Sarebbe invece il caso di incominciare a chiedersi perché, a quasi quarant’anni dalla legge che ha autorizzato l’aborto in Italia, la maggioranza dei medici si ri- fiuta di fare aborti. Forse ci si accorge- rebbe che essi, malgrado tutto, credono che la vita umana sia sacra. Sarebbe anche ora di incominciare a chiedersi cosa facciamo per la preven- zione. Si vanta spesso il calo degli aborti ottenuto grazie alla 194. Vi è però poco da gioire, se si pensa che vengono co- munque soppressi 100 mila bambini al- l’anno in un Paese che è in inverno de- mografico. Soprattutto, non si conside- ra che, rispetto al 1978, la popolazione di donne in età fertile si è dimezzata. Gli aborti dunque non sono realmente calati e la prima ragione di ciò è dovuta al fatto che gli aspetti preventivi della 194 sono totalmente disattesi. Del resto, come è possibile fare seria prevenzione se solo 2 volte su 10 la donna che si ri- volge al consultorio incontra un obiettore di coscienza? Senza tornare a sanzionare nessuno, se davvero si vuole prevenire l’aborto, sa- rebbe il caso che le forze politiche, in- vece di pensare a come penalizzare gli obiettori, verificassero invece se non sia meglio lasciare nei consultori solo i gi- necologi obiettori, spostando negli o- spedali il compito di rilasciare il certifi- cato necessario per abortire. Una simile scelta renderebbe disponibi- le personale non obiettore per effettua- re aborti e permetterebbe alla donna che accede al consultorio di trovare medici interessati a trovare soluzioni per salva- re la vita che porta in grembo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Prevenire l ʼ aborto o “colpire” gli obiettori? D Gian Luigi Gigli maggio 2016 25 NOI  famiglia  vita L’analisi Sarebbe ora di chiederci  cosa facciamo per la prevenzione. Si vanta spesso il calo degli aborti  grazie alla 194. Ma cʼ è poco da gioire, se si pensa che vengono comunque soppressi 100 mila bambini  all ʼ anno in un Paese che è in inverno demograco 

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8/16/2019 Gigli Obiettori 290516

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unque, per la Cgil e per il Co-

mitato dei diritti sociali del Con-

siglio d’Europa, l’Italia sarebbe un Pae-

se da sanzionare, perché l’abbondanza di

obiettori di coscienza mette in pericolo

la "salute riproduttiva" (leggasi il "dirit-

to" all’aborto) delle donne.

Peccato che appena il 30 aprile 2014 iministri del Gruppo sulle questioni so-

ciali e sanitarie, da cui i burocrati del

Comitato dipendono, abbia certificato

che in Italia non vi erano problemi per

gli interventi abortivi.

Non si vede cosa sia cambiato da allora.

In ogni caso, salvo accusare Regioni e

Ministero della Salute di dichiarare il

falso, i dati ufficiali (riportati in questo

numero) stanno lì a dimostrare che i tem-

pi di attesa per l’Ivg, la vicinanza tra la

residenza e la sede di intervento, il cari-

co di lavoro per i medici non obiettori so-

no tali che non dovrebbero destare al-

larme nemmeno nel più incallito degli a-bortisti, che non voglia semplicemente

fare della propaganda ideologica.

Il numero delle strutture ginecologiche

in cui si può interrompere la gravidanza

è addirittura proporzionalmente supe-

riore ai punti nascita. Ci si ostina però a

chiedere che l’interruzione di gravidan-

za possa essere effettuata sotto casa, an-

che se si tratta di un modello organizza-

tivo che non è più previsto neanche per

interventi di appendicectomia o coleci-

stectomia.

Le strutture sanitarie, infatti, cercano di

concentrare gli interventi in alcune se-

di, sia per ridurne i costi, sia per quali-

ficare le prestazioni.La denuncia del pericolo obiettori per

l’applicazione della

legge 194/1978 è dun-

que pretestuosa e stru-

mentale, parte di un ve-

ro e proprio accerchia-

mento mediatico, cul-

turale e parlamentare,

volto a delegittimare

l’obiezione di coscien-

za. Vale allora la pena

rimettere in fila alcune

cose. Primo: l’aborto in

Italia, malgrado ogni

pretesa in tal senso, non

può essere consideratoun diritto individuale.

L’Ivg, infatti, è consen-

tita solo per motivi di salute, nei limiti

previsti dalla legge e in deroga al fon-

damentale diritto alla vita, considerato

affievolito, ma non negato. Secondo: in

Italia è prevista una tutela del concepi-

to, ribadita dalla legge 40 sulla fecon-

dazione artificiale, dalla legge sui con-

sultori familiari e da interventi della Cor-

te Costituzionale. Terzo: l’obiezione di

coscienza è riconosciuta come un dirit-

to costituzionale e non solo per quanto

riguarda l’interruzione volontaria di gra-

vidanza. Si tratta peraltro di un diritto che

la stessa Assemblea Parlamentare del

Consiglio d’Europa ha riaffermato so-

lennemente nella Risoluzione

1763/2010.Ciononostante, si vorrebbe abbattere o-

gni residua resistenza culturale rispetto

al primato della vita umana. La storia

dei tentativi di delegittimazione e delle

aggressioni agli obiettori è lunga (vedi

articolo di Luca Finocchiaro). Per vin-

cere questa resistenza sono state propo-

ste quote massime per gli obiettori, ac-

cesso agli incarichi apicali per i soli non

obiettori e concorsi loro riservati, mobi-

lità obbligatoria quando le quote massi-

me degli obiettori sono superate (la mo-

bilità per i medici disponibili a fare a-

borti, invece, è tabù). Addirittura, se-

condo i pasdaran dell’aborto libero, per

accedere alla specializzazione in gine-

cologia si dovrebbe dichiarare di non es-sere obiettori, prevedendo poi sanzioni

per chi rifiutasse di fare ciò che è previ-

sto dal servizio, ma dimenticando che

un medico sceglie di fare l’ostetrico-gi-

necologo anzitutto per far nascere bam-

bini e per curare donne ammalate. Sul

 Journal of Medical Ethics , Francesca

Minerva (la stessa bioeticista che auspi-

cava l’aborto "post-natale") è giunta a

proporre di disincentivare gli obiettori

con stipendi differenziati, più vantag-

giosi per i non obiettori.

Sarebbe invece il caso di incominciare a

chiedersi perché, a quasi quarant’anni

dalla legge che ha autorizzato l’aborto inItalia, la maggioranza dei medici si ri-

fiuta di fare aborti. Forse ci si accorge-

rebbe che essi, malgrado tutto, credono

che la vita umana sia sacra.

Sarebbe anche ora di incominciare a

chiedersi cosa facciamo per la preven-

zione. Si vanta spesso il calo degli aborti

ottenuto grazie alla 194. Vi è però poco

da gioire, se si pensa che vengono co-

munque soppressi 100 mila bambini al-

l’anno in un Paese che è in inverno de-

mografico. Soprattutto, non si conside-

ra che, rispetto al 1978, la popolazione

di donne in età fertile si è dimezzata.

Gli aborti dunque non sono realmente

calati e la prima ragione di ciò è dovutaal fatto che gli aspetti preventivi della

194 sono totalmente disattesi. Del resto,

come è possibile fare seria prevenzione

se solo 2 volte su 10 la donna che si ri-

volge al consultorio incontra un obiettore

di coscienza?

Senza tornare a sanzionare nessuno, se

davvero si vuole prevenire l’aborto, sa-

rebbe il caso che le forze politiche, in-

vece di pensare a come penalizzare gli

obiettori, verificassero invece se non sia

meglio lasciare nei consultori solo i gi-

necologi obiettori, spostando negli o-

spedali il compito di rilasciare il certifi-

cato necessario per abortire.

Una simile scelta renderebbe disponibi-

le personale non obiettore per effettua-

re aborti e permetterebbe alla donna che

accede al consultorio di trovare medici

interessati a trovare soluzioni per salva-

re la vita che porta in grembo.

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Prevenire l̓ aborto

o “colpire” gli obiettori?D

Gian Luigi

Gigli

maggio 2016 25NOI   famiglia    vita L’analisi

Sarebbe ora di chiederci cosa facciamo per

la prevenzione. Si vanta spesso il calo degli aborti 

grazie alla 194. Ma cʼè poco da gioire, se

si pensa che vengono comunque soppressi

100 mila bambini 

allʼanno in un Paese che è in inverno demografico