giuseppe pignatone, relazione anno giudiziario 2011 reggio calabria
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PROCURA della REPUBBLICA
presso il Tribunale di Reggio Calabria
RELAZIONE DISCORSO INAUGURALE ANNO GIUDIZIARIO 2011
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI REGGIO CALABRIA
SITUAZIONE GENERALE DELL’UFFICIO
Ritengo opportuno precisare in via preliminare che lo scrivente, dopo aver assunto la
titolarità dell’incarico in data 15 aprile 2008, ha provveduto ad una pressoché totale
riorganizzazione dell’ufficio mediante l’adozione di nuovi criteri organizzativi di carattere
generale, oltre che mediante provvedimenti di carattere più specifico per fare fronte alle
esigenze che si sono via via manifestate.
Tali provvedimenti organizzativi sono stati adottati nel corso dell’anno 2008 e nei
primi mesi del 2009 e costituiscono a tutt’oggi la struttura organizzativa essenziale
dell’Ufficio; d’altra parte, essi hanno potuto dispiegare pienamente i loro effetti solo a
partire dal periodo in esame (e cioè dal secondo semestre del 2009).
Va poi in questa sede preliminare ricordato che anche questo Ufficio di Procura soffre
in misura notevole della mancata copertura dei posti in organico di Sostituto Procuratore
nonché della insufficienza dell’organico di alcune categorie di personale amministrativo (in
particolare, quello dei cancellieri, previsti in 28 unità a fronte di 30 magistrati).
In particolare per quanto riguarda i magistrati va detto che l’assoluta insufficienza
dell’organico è ancora più grave in quanto questo Ufficio deve fronteggiare l’eccezionale
carico di lavoro derivante dalla presenza in questa provincia (il cui ambito territoriale
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coincide con quello del Distretto e quindi con la “competenza” di questa Direzione
Distrettuale Antimafia) dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, articolata in
molte decine di “locali” e unanimemente riconosciuta come la più potente, pericolosa e
ricca delle organizzazione criminali operanti oggi in Italia e in Europa, e peraltro in grado di
compiere atti di eccezionale gravità come gli attentati con esplosivo all’edificio dove ha
sede la Procura Generale e a quello in cui abita lo stesso Procuratore Generale, nonché la
minaccia con uso di un bazooka nei confronti dello scrivente; la gravità di questa situazione
è stata riconosciuta dal Ministero della Giustizia che, su conforme parere del Consiglio
Superiore della Magistratura, ha disposto con decreto in data 18 marzo 2010, l’aumento di
due posti di Sostituto Procuratore (da 24 a 26).
Di fatto però, erano presenti alla data del 30 giugno 2010 solo n. 18 Sostituti su 26
posti in organico, tanto che questo Ufficio è stato considerato “sede disagiata” ai sensi della
Legge 133/1998, modificata dal D.L. n. 193/2009 convertito con L, 22 febbraio 2010 n. 24,
ma ciò nonostante nulla è cambiato dato che per il posto messo a concorso non è stata
presentata nessuna domanda.
E’ chiaro che questa pesante carenza del personale di magistratura non può non aver
ripercussione negative sulla situazione generale dell’Ufficio, tanto più in una fase storica in
cui il legislatore attribuisce sempre nuovi compiti alle Procure presso il Tribunale capoluogo
del Distretto: così in materia di terrorismo e di associazione contrabbandiera (D.L.
18.10.2001 n. 374), in materia di pedopornografia e in materia di misure di prevenzione
antimafia (L. 125/2008 e 92/2009)
Tuttavia, come si vedrà, la nuova organizzazione dell’ufficio ha consentito di
contenere gli effetti negativi e di raggiungere risultati significativi sia dal punto di vista
quantitativo che qualificativo.
Ritengo opportuno evidenziare che il primo provvedimento per assicurare il buon
funzionamento dell’Ufficio e, nell’ambito di questo, anche quel profilo di particolare
importanza che è costituito dal corretto esercizio dell’azione penale, è stato l’adozione di
nuovi criteri di organizzazione di questa Procura della Repubblica. Detti criteri
organizzativi sono stati adottati con provvedimento del 31.12.2008 condiviso da tutti i
magistrati dell’Ufficio, e che costituisce le sintesi di provvedimenti adottati in precedenza
su singoli aspetti critici che presentavano carattere di particolare urgenza.
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In particolare, la Direzione Distrettuale Antimafia, pur con un organico ridotto (otto
Sostituti, oltre il Procuratore aggiunto delegato al coordinamento), aveva ottenuto negli anni
precedenti significativi successi nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta; ciò nonostante, la
situazione della D.D.A. presentava aspetti di criticità tanto dal punto di vista organizzativo
quanto dal punto di vista del carico di lavoro.
In particolare, il numero dei procedimenti sopravvenuti contro noti non era elevato
(186 nell’anno 2007/2008); ciononostante il numero dei procedimenti pendenti contro noti
era aumentato nel triennio 1 luglio 2005 - 30 giugno 2008 nella misura ( a parere dello
scrivente inaccettabile) del 21,7% passando da 225 a 274, a fronte di un modesto
decremento (-4,8%) della pendenza complessiva dell’Ufficio (cioè di tutti i procedimenti
iscritti al Registro Generale mod.21)
Inoltre da una rilevazione statistica effettuata dalla Direzione Nazionale Antimafia era
risultato che nel decennio 1998/2008 il numero delle persone sottoposte a indagini dalla
D.D.A. di Reggio Calabria per i reati di cui agli artt. 416 bis c.p. e 74 Legge Stupefacenti è
sostanzialmente uguale, rispettivamente 13.860 e 14.044, a quello delle persone sottoposte a
indagini, sia pure nell’ambito di un numero maggiore di procedimenti, dalla D.D.A. di
Palermo, cioè da un Ufficio analogamente impegnato ai livelli più alti nel contrasto alla
criminalità organizzata e che prevede però un organico di ben 24 Sostituti.
Nella convinzione quindi della necessità che il contrasto alla ‘ndrangheta debba
costituire un’assoluta priorità e che di ciò debba tenersi conto in primo luogo
nell’organizzazione dell’Ufficio, lo scrivente ha assunto personalmente la direzione e il
coordinamento della D.D.A. ai sensi dell’art. 70 bis Ord. Giud. con la collaborazione di due
Procuratori aggiunti ed ha provveduto ad aumentare a 12, pari al 50% dell’organico
dell’Ufficio, il numero dei componenti della Direzione Distrettuale Antimafia, provvedendo
quindi –all’esito della procedure concorsuali- alle necessarie nuove designazioni.
Per quanto riguarda invece la Procura cd. “ordinaria”, essa era, alla data del 15 aprile
2008, composta da 14 Sostituti era divisa tra tre gruppi di lavoro specializzati; questo
sistema aveva consentito una lieve flessione del numero complessivo dei procedimenti
pendenti contro noti (-4.8% nel triennio), dando però luogo a due gravi inconvenienti:
• un aumento notevole, come già si è visto della pendenza dei procedimenti contro noti
per reati di competenza della D.D.A.;
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• una grave sperequazione nei carichi di lavoro tra i magistrati della Procura
“ordinaria” (nel triennio, la sopravvenienza dei procedimenti contro noti è variata da
un numero di 1045 a un massimo di 1602).
Queste considerazioni, unite alla necessità, già evidenziata, di aumentare il numero dei
componenti della D.D.A. ha portato alla decisione di ridurre a due soli i gruppi di lavoro,
alla cui attività è preposto il terzo Procuratore aggiunto, e di modificare, riducendole, le
materie ad essi attribuite. In proposito, al termine di un primo periodo sperimentale, dalle
rilevazioni statistiche emerge una minore sperequazione nelle sopravvenienze tra i singoli
Sostituti (e peraltro si deve unire alla valutazione meramente quantitativa anche una
considerazione della diversa complessità dei procedimenti).
Al fine di attenuare gli effetti immediati dell’aumento del carico di lavoro per i
colleghi della Procura “ordinaria”, è stato anche previsto che i Sostituti via via designati a
far parte della D.D.A. hanno mantenuto l’assegnazione dei procedimenti “ordinari” di cui
erano già titolari, fino alla loro definizione. E’ quindi possibile, in questo modo, assicurare
sempre più il necessario affinamento delle capacità professionali e l’acquisizione della
conoscenza delle tecniche d’indagine proprie di ognuno dei settori sopraindicati in capo a
un congruo numero di magistrati sufficiente per affrontare il notevolissimo carico di lavoro
costituito sia dalle indagini preliminari (per le quali sarà favorita anche la formazione e lo
sviluppo di gruppi specializzati di polizia giudiziaria), sia dalla trattazione, notoriamente
lunga e complessa, della fase dibattimentale dei processi.
Inoltre, la presenza in ogni gruppo di un apprezzabile numero di Sostituti, che si può
realisticamente valutare in 5-6 unità, consentirà di mantenere, anche grazie al progredire
dell’esperienza di tutto l’Ufficio e agli opportuni miglioramenti organizzativi in parte già
avviati, il necessario livello di impegno e di attenzione sulle materie non di competenza
della D.D.A., specie quelle che determinano maggiore allarme sociale. E invero, in una
realtà come quella reggina, è essenziale assicurare una rapida risposta alla domanda di
giustizia e intervenire su tutte le manifestazioni di illegalità, anche quelle apparentemente
“minori”, che però spesso favoriscono l’attività della criminalità organizzata e ne
costituiscono la premessa.
Al fine di favorire l’ampliamento delle conoscenze e l’affinamento delle
professionalità di è fatto largo ricorso allo strumento di cui all’art. 70 bis Ord. Giud.,
coassegnando ai sostituti della Procura “ordinaria” procedimenti aventi ad oggetto indagini
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riguardanti i reati di cui all’art. 51 c.3 bis c.p.p. Nel periodo in esame (1 gennaio 2009 – 30
giugno 2010) i provvedimenti in questione sono stati 35.
Una prima valutazione degli effetti della nuova organizzazione dell’Ufficio, entrata di
fatto in vigore dal 1 gennaio 2009, consente di affermare che i risultati di questo primo
periodo possono essere giudicati senz’altro positivi.
Per quanto riguarda i procedimenti contro noti non di competenza della DDA prima di
esaminare i dati statistici generali è indispensabile sottolineare che è aumentata, e continua
ad aumentare, in modo assolutamente abnorme e imprevedibile la sopravvenienza dei
procedimenti per il reato di cui all’art. 2 L. 463/1983 (omesso versamento dei contributi
INPS da parte dei datori di lavoro) che è passato da sole 265 unità nell’anno 2008, a ben
2913 unità nell’anno 2009 e addirittura a 2491 unità nel solo 1° semestre del 2010 (cifra
che rappresenta circa il 40% delle sopravvenienze complessive). Si tratta, come detto, di un
fenomeno improvviso e imprevedibile, dovuto – secondo le informazioni assunte – ad una
diversa organizzazione del lavoro da parte dell’INPS che trasmette le comunicazioni di
notizie di reato, e che ha fatto sì che la sopravvenienza complessiva dei procedimenti sia
aumentata costantemente da 5959 (nel 2007) a 6904 (nel 2008) a 9734 (nel 2009) e 5965
(nel solo 1° semestre del 2010) con un aumento, in meno di tre anni, del 100%. Sono state
adottate alcune iniziative per fronteggiare questa situazione assolutamente eccezionale, ma
deve fin d’ora essere evidenziato che è aumentato progressivamente (pur se,
inevitabilmente, non nella stessa misura) anche il numero dei procedimenti contro noti
definiti, che è passato dal 7061 (nel 2007), a 7264 (nel 2008) a 9299 (2009) a 4459 (nel
2010) con un aumento quindi del 31,5%.
Naturalmente, nonostante tutto, è aumentata anche la pendenza di questo tipo di
procedimenti che è passata da 4870 (al 31.12.2008) a 5265 (al 31.12.2009) a 6771 (al
30.6.2010) con un aumento del 20,7%. Si tratta a parere dello scrivente di un dato
assolutamente positivo a fronte, come si è detto, dell’aumento del 100% delle
sopravvenienze e che, si confida, potrà essere ulteriormente migliorato grazie alle misure
organizzative che sono state adottate e che dovrebbero dispiegare i loro effetti a partire dal
prossimo anno.
Invece per i procedimenti contro noti per reati di competenza dalla D.D.A. è
aumentato rispetto agli anni precedenti la riorganizzazione dell’Ufficio sia il numero dei
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procedimenti sopravvenuti (206 nel 2007, 232 nel 208, 291 nel 2009 e 139 nel primo
semestre 2010) sia di quelli definiti (rispettivamente, 193, 185, 271 e 116)
Naturalmente, tutti i dati precedenti vanno letti alla luce dei risultati ottenuti da questo
Ufficio nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta.
Si tratta di dati significativi e, a giudizio dello scrivente, molto positivi (di cui va dato
merito a tutti i colleghi dell’Ufficio e al personale amministrativo), che dimostra il
potenziamento dell’azione della Direzione Distrettuale Antimafia dato che, come è noto, in
questa materia sono proprio le indagini che devono fare emergere i fatti di reato, essendo del
tutto trascurabile l’incidenza delle denunce private e ridotto anche il numero di indagini
frutto solo dell’iniziativa della p.g., che peraltro ha svolto in questa provincia un’attività di
altissimo livello. La conferma di quanto qui affermato si ha dal numero dei nuovi
procedimenti iscritti nel periodo in esame per il reato di associazione per delinquere di
stampo mafioso (n. 109 procedimenti, ben 16 in più del periodo precedente con un aumento
del +21%).
A fronte di questi risultati è da ritenere una conseguenza inevitabile, e di minor
rilievo, il lieve aumento della pendenza alla fine del periodo (da 314 al 1.1.2009 a 357 al
30.6.2010, + 13,7%).
Si ritiene inoltre utile evidenziare che nel periodo 1.1.2009- 30.6.2010 sono state
richieste n. 387 misure cautelari personali (rispettivamente 248 nell’anno 2009 e 139 nel
primo semestre 2010) a carico di 1546 soggetti (rispettivamente 1056 e 490 nei due periodi;
le richieste presentate dalla DDA hanno riguardato, nei due periodi, rispettivamente 800 e
305 soggetti, per un totale di 1105, e cioè un numero quasi raddoppiato rispetto ai 449
dell’intero anno 2007).
Sono state altresì presentate 526 misure cautelari reali (rispettivamente 350 e 176 nei
due periodi) che hanno riguardato un totale di 667 indagati (rispettivamente 398 e 269).
Va detto infine che è aumentato progressivamente anche il numero delle udienze cui
hanno partecipato i magistrati di questo Ufficio: da 2263 (nel 2008) a 2551 (nel 2009) a
1335 (nel 1° semestre 2010); va tenuto conto, peraltro, che molti dei processi più importanti
e delicati sono trattati dai Tribunali e dalle Corti di Assise di Palmi e Locri, con un evidente
ulteriore maggior impegno e impiego di risorse per i magistrati di questo Ufficio.
E’ aumentato anche il numero delle udienze cui hanno partecipato i Vice Procuratori
Onorari (rispettivamente: 716, 838 e 469).
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L’attività della Direzione Distrettuale Antimafia Per quanto riguarda la riorganizzazione della Direzione, il nuovo progetto è partito
dall’analisi, condivisa da tutti i componenti della stessa DDA, delle linee evolutive della
“ndrangheta, anche alla luce della più recente Relazione della Commissione parlamentare
Antimafia (febbraio 2008).
In particolare, sono state individuate sia difficoltà di ordine oggettivo sia difficoltà
proprie dell’azione di contrasto:
A) Difficoltà oggettive:
1. La forza numerica ed economica della ‘ndrangheta
E’ proprio dalla presenza massiccia, anche in termini numerici che non trovano
riscontro nelle altre organizzazioni mafiose operanti in Italia, (quasi) in ogni città o singolo
paese della provincia di Reggio Calabria che la ‘ndrangheta trae la base prima della sua
forza sia in termini di potenza militare ed economica sia in termini di radicamento e
consenso sociale. Basti pensare che dalle indagini in corso è risultato che in cittadine di
10.000 – 15.000 abitanti vi sono 300 o 400 affiliati ai “locali” di ‘ndrangheta, numero che
probabilmente oggi si raggiunge con difficoltà in una città come Palermo.
Ancora l’indice di densità criminale (relativo al coinvolgimento, a diverso titolo, in
attività illecite) è stato stimato al 27% della popolazione, a fronte del 12% in Campania, del
10% in Sicilia e del 2% in Puglia.
Dal punto di vista economico, secondo le stime dell’EURISPES, il giro d’affari della
‘ndrangheta nel 2007 è stato di oltre 43 miliardi di euro.
E’ dunque evidente quanto ardua ed impegnativa appaia una azione di effettivo
contrasto in tale contesto.
2. Il suo radicamento nel tempo e nella società
Per comprendere quanto siano radicate nella società queste cosche, di cui non è
possibile sopravvalutare la potenza militare ed economica, è sufficiente ricordare le parole
di MOLE’ Girolamo intercettate nell’ambito del procedimento penale n. 6268/06 RGNR
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DDA. Invero, il MOLE’ riferendosi alla pluridecennale alleanza con i PIROMALLI e alle
difficoltà di quel particolare momento affermava:”gli deve dire “ti devi stare a posto tuo”
perché qua ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare, ecco…tu ci sono 100 anni
di storia che non la puoi guastare tu…se ti vuoi alleare…se voi insieme o per fatti tuoi però
su una giusta linea fai quello che vuoi…però se tu…questa linea la tieni pure tu,…devi
sapere che ad un certo punto ognuno…allora la storia qualcosa conta, i sacrifici, il carcere
e tutto il resto conta…noi rispettiamo il passato e rispettiamo la storia…e noi rispettiamo e
rispettiamo…e noi…di noi, non sbaglieremo mai mai!”
Un’altra indagine sulla cosca BELLOCCO, storica consorteria operante da decenni nel
territorio di Rosarno, come attestato da numerose sentenze passate in giudicato e come
affermato, non senza un certo orgoglio, dal giovane BELLOCCO Umberto in una
conversazione tra presenti registrata in Granarolo dell’Emilia in data 21.06.09 (“Rosarno è
nostro e deve essere per sempre nostro…se no non è di nessuno”).
3. Il ricorso agli omicidi ed alla violenza
Né è venuta meno la propensione dell’organizzazione mafiosa a commettere delitti
gravi o addirittura eclatanti, specie dove ravvisi la necessità di creare nuove alleanze o di
raggiungere nuovi equilibri. Di particolare gravità sono stati, gli attentati con ordigni esplosi
dalla Procura Generale (3 gennaio 2010) e le numerose intimidazioni a magistrati,
giornalisti, professionisti e pubblici amministratori.
Non si può inoltre fare a meno di ricordare, pur se successivi al periodo in esame,
l’attentato con ordigno esplosivo che ha danneggiato lo stabile in cui abita il Procuratore
Generale dr. Salvatore Di Landro ( 26 agosto 2010) e il bazooka lasciato nei pressi degli
uffici della Procura della Repubblica e fatto rinvenire con una telefonata anonima
contenente un messaggio di grave minaccia nei confronti dello scrivente Procuratore della
Repubblica (5 ottobre 2010).
4. L’internazionalizzazione
Un altro fattore di trasformazione è sicuramente costituito dalla progressiva
internazionalizzazione della mafia calabrese che per effetto dei processi di globalizzazione
dei mercati e della necessità di spostare persone e merci sul territorio dell’Unione Europea
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ha costituito basi operative e gruppi di riferimento ovunque, anche sfruttando le differenze
di legislazione o la minore efficienza di alcune strutture di contrasto estere. In proposito non
può non farsi riferimento al caso “Duisburg” , ovvero alla scelta stragista pianificata e
portata poi ad esecuzione con particolare ferocia da alcune consorterie di S. Luca in
territorio tedesco, che ha determinato sia una fase di contrasto istituzionale più pressante sia
forme di positiva collaborazione investigativa tra gli Stati d’Europa interessati dal fenomeno
della criminalità organizzata calabrese.
B) Difficoltà proprie dell’azione di contrasto
1) Le risorse
Per questo aspetto si rinvia a quanto già detto in precedenza.
2) Mancanza di una ricostruzione dell’organizzazione
Non si può non sottolineare, inoltre, che l’ultima ricostruzione complessiva, in sede
processuale, delle cosche ‘ndranghetiste di questa provincia, dei loro rapporti complessivi,
dei loro delicati equilibri, è stata finora quella effettuata nel corso dei processi denominati
“Olimpia” e risale quindi ad oltre dieci anni fa, mentre le risultanze dell’indagine
“Armonia” (2000-2002) non hanno trovato conferma processuale ed erano peraltro relative
ad una parte soltanto, sia pure significativa, del territorio provinciale. Si è dunque verificata,
come si dirà fra breve, la possibilità di procedere, sulla base dei nuovi elementi di prova nel
frattempo acquisiti, ad una nuova ricostruzione complessiva della struttura delle cosche e
dei loro rapporti.
In questa direzione un prezioso punto di partenza è costituito dalla recentissima
norma che ha espressamente inserito la ‘ndrangheta tra le associazioni mafiose previste
dall’art. 416 bis del codice penale e dall’art. 1 della legge 575/1965 in materia di misure di
prevenzione.
3. collaboratori di giustizia e intercettazioni
Altro elemento negativo, poi, è stata l’assenza, ormai da molti anni, di collaboratori di
giustizia di significativo rilievo e di sicura affidabilità che sono, come l’esperienza in altre
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regioni d’Italia dimostra, lo strumento fondamentale per ricostruire compiutamente la
struttura, le dinamiche interne e le relazioni esterne delle organizzazioni di tipo mafioso.
In questo contesto sono state assolutamente indispensabili, pur se da sole non sempre
sufficienti ai fini sopraindicati, le intercettazioni telefoniche ed ambientali.
4. Silenzio informativo
Ancora, assolutamente negativo è il disinteresse che abitualmente caratterizza
l’atteggiamento dei mezzi di informazione sulla Calabria e i suoi problemi, a cominciare
dalla ‘ndrangheta.
Questo disinteresse è venuto meno dall’inizio del 2010 grazie ai gravi fatti delittuosi e
alla continua e concreta presenza delle Istituzioni. Questa presenza deve continuare
altrimenti la situazione, per la Calabria e per chi lavora per il suo sviluppo nella legalità,
sarà anche peggiore di prima.
Sulla base dell’analisi fin qui sintetizzata, la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio
Calabria si è quindi posta come obiettivo una azione di contrasto articolata nella quale
possono individuarsi quattro aree tematiche:
A. L’adozione di strategie diversificate volte alla disarticolazione delle “consorterie
storiche” della ‘Ndrangheta presenti in tutta la provincia di Reggio Calabria, anche
attraverso una campagna mirata alla ricerca e cattura dei principali capi-cosca
latitanti, vere e proprie figure carismatiche del sistema mafioso locale, nonché
mediante l’individuazione di quelle “famiglie” ormai facenti parte con i loro
rappresentanti, anche di seconda e terza generazione, della borghesia, così da potersi
parlare di vere proprie “dinastie mafiose”, che mirano a consolidarsi sempre più
come naturale sviluppo e logica evoluzione dei precedenti modelli “paramilitari”,
largamente seguiti negli anni ’80-’90;
B. L’individuazione e il perseguimento in sede giudiziaria di componenti significativi
della cosiddetta “zona grigia”, di esponenti cioè della politica, delle istituzioni, delle
professioni, dell’imprenditoria, a volte con legami massonici, che forniscono alla
criminalità organizzata, ed in particolare alle “dinastie mafiose” di cui si è detto,
occasioni di grandi arricchimenti e – a volte – garanzie di impunità;
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C. Il contrasto di quelle attività criminose che la ‘Ndrangheta calabrese pianifica e porta
a compimento fuori dal proprio territorio originario non potendosi di certo trascurare
che attraverso tale “settore operativo” l’organizzazione calabrese ha conquistato di
recente risultati mai prima sfiorati: da un lato commettendo anche all’estero reati
gravissimi e dall’altro raggiungendo attraverso il commercio internazionale delle
sostanze stupefacenti ricchezze patrimoniali in precedenza non ipotizzabili;
D. l’aggressione ai patrimoni illeciti, sicuramente una delle chiavi di volta dell’azione di
contrasto alle organizzazioni mafiose.
Nel prosieguo si procederà ad una analisi dei risultati sin qui ottenuti con riferimento
alle aree tematiche sopra indicate.
Preliminare però a questa analisi è l’esposizione dei risultati delle indagini culminate
con l’operazione c.d. “Il Crimine” che ha consentito una ricostruzione assolutamente nuova
degli attuali assetti della “ndrangheta e dei rapporti tra le cosche reggine e quelle esistenti in
Lombardia e in altre parti d’Europa e del mondo, grazie alla straordinaria attività di indagine
sviluppata, in perfetto coordinamento tra loro, da numerosi Comandi dei Reparti territoriali
e del Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri e in pari tempo, e del
tutto indipendentemente, da diverse strutture della Polizia di Stato.
I primi giorni del mese di settembre 2009 per la prima volta è stata documentata,
proprio mentre era in corso di svolgimento, “la riunione” annuale cui prendono parte i
maggiori esponenti della ‘ndrangheta, in occasione della festa della Madonna di Polsi, come
noto uno dei momenti più rilevanti per tale associazione, che sancisce l’investitura delle
cariche apicali, definendo la composizione organica del vertice della ‘ndrangheta, indicato
alternativamente con l’espressione “Provincia” o “Crimine”.
In tale circostanza è stato possibile registrare in diretta, con un livello di
“riconoscibilità” di assoluta evidenza, le complesse operazioni di ratifica delle nuove
cariche - in realtà già decise nei giorni precedenti, il 19 agosto, ma formalizzate soltanto a
Polsi con effetti dal mezzogiorno del 2 settembre (“le cariche il giorno dopo quella volta
alla Madonna giorno 2 a mezzogiorno è entrata”) - che hanno ridisegnato gli attuali assetti
della ‘ndrangheta.
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Di lì a poco, il 31 ottobre 2009, questa volta in Lombardia, veniva documentato, con
una eccezionale videoripresa, un incontro conviviale, nel corso del quale, i capi delle locali
lombarde, riuniti presso il centro per anziani “Falcone e Borsellino” ubicato in Paderno
Dugnano, eleggevano quale referente della ‘ndrangheta in Lombardia ZAPPIA Pasquale,
già designato per tale carica pochi giorni prima dalla Provincia calabrese e salutavano l’esito
della votazione brindando tutti insieme, in piedi, all’indirizzo del nuovo “Mastro generale”.
Questi due momenti rappresentano in qualche modo la sintesi delle indagini che
hanno, da un lato, confermato le caratteristiche ben note delle cosche calabresi: il numero
eccezionalmente elevato di affiliati anche in cittadine di modeste dimensioni (“la società di
Rosarno tra 'ndrine e noi superiamo i 250 uomini, SARO Napoli ha oltre 60 uomini, Peppe
oltre 40, Iaropoli 30, Cannatà 35, a Rosarno centro ci sono 100 persone”), i legami
familiari (nel senso di famiglia di sangue) che esistono fra gli associati e ne rafforzano i
vincoli, anche di natura criminale, il rispetto di una serie di tradizioni e di rituali, la
straordinaria pervasità sul territorio e il controllo di molte delle manifestazioni della vita
amministrativa, sociale ed economica (“hanno sentenza su tutto... all'ispettorato del
lavoro...alla magistratura...perchè c'è infiltrazione mafiosa...c'è la connivenza di queste
persone che...con i mafiosi...questo è...la verità questa è … qua c’è collusione mafiosa
all’interno qua con, con l’esterno…” dice nel corso dell’indagine un imprenditore a
proposito della opprimente presenza ‘ndranghetista), la capacità di infiltrazione negli
ambienti più diversi ed anche negli apparati investigativi e della sicurezza (come
evidenziato in modo davvero allarmante dalle rivelazioni sulle indagini di questo ed altri
procedimenti ricevute da molti capibastone).
Ma accanto a queste conferme, le indagini hanno fatto emergere elementi di indubbia
novità i cui passaggi essenziali messi in evidenza dal provvedimento di fermo emesso da
questo Ufficio e dal coevo provvedimento dell’A.G. milanese, possono così essere
sintetizzati:
• l’esistenza della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso unitaria, insediata sul
territorio della provincia di Reggio Calabria e in altre parti della regione;
• l’esistenza di un organo di vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le
decisioni più importanti;
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• l’esistenza di molteplici proiezioni, oltre il territorio calabrese, di cui la più importante è
“la Lombardia”, secondo il modello della “colonizzazione”, ed i rapporti tra la casa
madre e tali proiezioni “esterne”.
Si tratta di passaggi che costituiscono il punto di emersione di una complessa realtà
criminale sulla quale – in modo del tutto corrispondente - è intervenuto, come già si è
accennato, il legislatore con il d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, poi convertito in legge, che ha
modificato il testo dell’art. 416 bis c.p. e dell’art. 1 l. n. 575/1965, aggiungendo, al novero
delle organizzazioni di tipo mafioso, anche la “ndrangheta”, in precedenza confinata nel
concetto di “altre organizzazioni comunque localmente denominate”.
Ora, proprio grazie ai risultati delle indicate attività investigative, è possibile avviare,
anche in sede giudiziaria, questo approfondimento, che consente di allineare le ricostruzioni
di tipo generale alla concreta attualità di una realtà criminale tanto complessa quanto fin qui
poco conosciuta.
Intanto, è emersa con forza, ed in modo assolutamente univoco, l’unitarietà della
‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso. Non più dunque semplicemente
un’insieme di cosche, famiglie o ‘ndrine, nel loro complesso scoordinate e scollegate tra di
loro, salvo alcuni patti federativi di tipo localistico – territoriale, certificati da incontri, più o
meno casuali ed episodici, dei rispettivi componenti di vertice. Sotto tale profilo, i plurimi
elementi di prova raccolti consentono di evitare il grave rischio di una visione parcellizzata,
frammentaria e localistica della ‘ndrangheta, una visione che non ne ha fatto apprezzare la
reale forza complessiva in termini di legami e connessioni con il mondo “altro”, sia che si
tratti di pezzi delle istituzioni, sia che si tratti di settori dell’imprenditoria, sia infine che si
tratti di appartenenti al mondo della pubblica amministrazione o della politica.
E peraltro sono gli stessi associati ad essere consapevoli dell’importanza della struttura
unitaria e delle regole che essi si sono dati. Con queste parole, GATTUSO Nicola, capo di
una delle locali della zona di Reggio sud, esprimeva, il 14 gennaio 2008, le proprie
preoccupazioni al riguardo “sapete come andiamo a finire, ve lo dice il sottoscritto, da qua
ad un altro anno, due, tutto quello che abbiamo diventerà zero. Ognuno … (inc.)… ci
basiamo tutti un’altra volta sullo SGARRO, e ognuno si guarda la sua LOCALE, il suo
territorio, punto”.
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La ‘ndrangheta si presenta, dunque, come un’organizzazione di tipo mafioso, segreta,
fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di
vertice. Essa è insediata nella provincia di Reggio Calabria, dove è suddivisa in tre aree,
denominate mandamenti (Tirrenica, Città e Jonica), nel cui ambito insistono società e locali,
composti a loro volta da ‘ndrine e famiglie.
Ai vertici di tale organizzazione si pone un organo collegiale, definito Provincia o
anche Crimine, con la precisazione che quest’ultimo termine è riferito anche alle singole
articolazioni associative e, in altre occasioni, all’intera associazione (“Il CRIMINE non è
non di nessuno, è di tutti; il crimine lo devono formare tutti del locale, tutti gli uomini”). La
Provincia ha compiti, funzioni e cariche proprie: gli organi direttivi sono costituiti dal
capocrimine, dal contabile, dal mastro generale e dal mastro di giornata.
Si tratta di cariche elettive e temporanee, come tutte le cariche di ‘ndrangheta. E’ lo
stesso capocrimine, appena eletto, OPPEDISANO Domenico, a ribadire: “ci vuole un
responsabile che deve tenere praticamente …… ogni cosa che si fa... si fa con
l'accordo di tutti quanti .. . quando si fa una proposta si ascolta gli altri per
vedere come la pensano in maggioranza tutto passa ...”.
Gli eccezionali risultati conseguiti in queste attività di indagini collegate hanno
consentito di identificare i boss ai quali tali cariche sono state attribuite nell’estate 2009,
ricostruendo anche sia il momento sostanziale delle trattative tra i maggiori esponenti
dell’associazione sia quello della formalizzazione in occasione della festa della Madonna di
Polsi con l’omaggio reso dai rappresentanti delle varie locali al nuovo Capocrimine, uno
degli ‘ndranghetisti più anziani che vanta il proprio lungo e titolato excursus all’interno
dell’organizzazione (“ci siamo raccolti a livello nazionale ai tempi i CRIMINI per le
cariche della SANTA perche' quando fanno i CRIMINI ... eravamo piu' di 1000 persone
quella notte nelle montagne...io mi ricordo Peppe NIRTA e Ntoni NIRTA...inc... i grandi
dalla parte di la, mi chiamano passo di qua. lui passa di la... mi hanno messo in mezzo
Peppe NIRTA e Ntoni NIRTA e li' mi hanno dato la carica della SANTA c'e' pure una lettera
firmata...la carica del vangelo avevo la carica del VANGELO che allora in giro non
c'era...inc...non c'era ancora in giro come il fatto del vangelo non esisteva gliela abbiamo
data a compare Pasquale Napoli sempre noi qua di Rosarno, compare Pasquale NAPOLI
ha portato avanti Ciccio ALVARO...Ciccio ALVARO aveva portato compare Pasquale dalla
Santa...inc...abbiamo fatto le cariche ed abbiamo cominciato a dare a uno per
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paese...abbiamo scelto noi uno...abbiamo fatto il giro della piana, poi abbiamo preso da
Bagnara fino ad arrivare a Brancaleone”).
Il ruolo di vertice della Provincia è riconosciuto in Calabria e fuori dalla Calabria.
Chiarissime sono in questo senso le parole del caposocietà di Singen, in Germania, a
proposito delle iniziative di un altro associato: “Adesso se lo vuole fare lo fa, però ci devono
essere pure quelli del Crimine presenti, gli ho detto io … perché lui dipende di là, come
dipendiamo tutti”. E ancora più drasticamente “…. senza ordine di quelli di lì sotto non
possono fare niente nessuno”.
Parole sul cui significato nessuno può nutrire dubbi; e se qualcuno dovesse nutrirli, la
sorte toccata a NOVELLA Carmelo, ucciso nel luglio 2008, perché cultore del progetto
“indipendentista” della Lombardia, costituirebbe un monito sufficiente a convincerlo: il 12
giugno 2008 alcuni elementi di vertice dell’organizzazione si incontrano in Calabria, il
giorno successivo uno di essi, interloquendo con un altro associato, non usa mezzi termini
per descrivere la “situazione critica” in cui versa il NOVELLA (“no lui e' finito oramai...! e
finito...! la provincia lo ha licenziato a lui”) che a distanza di circa un mese viene infatti
ucciso.
Una regola tuttavia le cui modalità di concreta attuazione subiscono gli adattamenti del
caso secondo il modello di una grande flessibilità, che prevede significativi margini di
autonomia per le singole articolazioni dell’associazione.
Dal territorio calabrese, la ‘ndrangheta si è da tempo proiettata verso i mercati del
centro – Nord Italia, verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. L’infiltrazione
e la penetrazione di questi mercati ha comportato la stabilizzazione della presenza di
strutture ‘ndranghetiste in continuo contatto ed in rapporto di sostanziale dipendenza con la
casa madre reggina.
Più in particolare, in Lombardia la ‘ndrangheta si è diffusa non attraverso un modello
di imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli di azione dei
gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di “colonizzazione”, cioè di
espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici
illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso in Lombardia. Qui
la ‘ndrangheta ha “messo radici”, divenendo col tempo un’associazione dotata di un certo
grado di indipendenza dalla “casa madre”, con la quale però comunque continua ad
intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale dipende per le più rilevanti scelte strategiche.
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In altri termini, in Lombardia si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in
una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio
lombardo; ciò significherebbe non solo banalizzare gli esiti investigativi a cui si è potuti
giungere con le indagini collegate, ma anche contraddire la realtà che attesta tutt’altro
fenomeno e cioè che gli indagati operano secondo tradizioni di ‘ndrangheta: linguaggi, riti,
doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati
trapiantati in Lombardia dove la ‘ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di
violenza.
I risultati investigativi ottenuti sono state il frutto, in primo luogo, del fattivo
coordinamento tra le Procure Distrettuali di Reggio Calabria e Milano, consapevoli che una
piena comprensione del fenomeno mafioso in esame può aversi solo attraverso il continuo
scambio di materiale informativo e periodiche riunioni di confronto; questo è un dato che va
appieno valorizzato e che ha trovato una precisa manifestazione nei provvedimenti dei due
uffici giudiziari con l’esecuzione contestuale di 180 ordinanze di custodia cautelare in
carcere emesse dall’A.G. di Milano e di 123 provvedimenti di fermo emessi dalla Procura
della Repubblica di Reggio Calabria.
Un coordinamento necessario anche per un’altra ragione.
Da un lato è infatti essenziale ricostruire l’espansione delle cosche fuori dalla
provincia di Reggio Calabria, ma dall’altro è altrettanto essenziale contrastarle nel “cuore”
del loro potere. In altre parole, è necessario sviluppare l’azione repressiva in modo
contestuale sia a Reggio Calabria per colpire il centro vitale dell’accumulazione originaria
in termini di potere economico, criminale in senso stretto, ma anche di “relazioni esterne”,
sia nelle altre regioni d’Italia dove si sviluppano le diverse proiezioni territoriali.
In altri termini, per contrastare efficacemente la ‘ndrangheta, destrutturarne i bracci
operativi e aggredirne il potere finanziario, è necessaria un’azione contestuale che permetta
di ricollegare le ricchezze dell’associazione, ovunque esse si trovino, con le attività di
carattere mafioso delle quali esse sono il prodotto, diretto o indiretto.
Risultanze almeno in parte analoghe sono pressoché contemporaneamente emerse da
altre indagini (in particolare, la c.d. Operazione META) con riferimento alla città di Reggio
Calabria, rimasta in larga parte fuori dal quadro delineato dall’operazione “Il Crimine”. E’
risultato infatti che anche nel capoluogo tra le cosche è stato da tempo raggiunto un accordo
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per la gestione unitaria degli affari illeciti, e in particolare delle estorsioni, affidata – fino al
momento del suo arresto, 28 dicembre 2008 – a DE STEFANO Giuseppe.
Altro aspetto che merita poi di essere sottolineato, con riferimento a quanto già detto
sulle peculiari difficoltà dell’azione di contrasto alla “ndrangheta è il fatto che tra il
settembre e l’ottobre 2010 alcune persone, tutte appartenenti alle cosche di questa
provincia, hanno chiesto di collaborare con le Autorità dello Stato.
Naturalmente, gli interrogatori sono appena iniziati e non è questa la sede per
valutarne la attendibilità (i primi riscontri sono comunque positivi) e gli eventuali sviluppi
processuali. Non si può però tacere la circostanza che uno di questi soggetti, LO GIUDICE
Antonino, capo dell’omonima cosca di Reggio Calabria, ha affermato di essere stato
l’organizzatore degli attentati con ordigni esplosivi ai danni della Procura Generale e del
Procuratore Generale e della minaccia con un bazooka ai danni dello scrivente, e ha anche
indicato gli esecutori materiali di questi fatti di eccezionale gravità; ovviamente le
dichiarazioni del LO GIUDICE sono, per questo aspetto, al vaglio della Procura della
Repubblica di Catanzaro, competente ex art.11 c.p.p..
L’inizio di queste collaborazioni merita però di essere segnalato perché per la prima
volta dopo molto tempo costituisce un elemento di novità significativo, in contrasto, sotto
questo specifico punto di vista, con l’opinione largamente prevalente secondo cui la
struttura fortemente familiare delle cosche di ‘ndrangheta le renderebbe pressoché
impossibili.
In questa analisi di carattere generale è opportuno fare un cenno anche all’indagine su
Pelle Giuseppe “Gambazza”, figlio di Pelle Antonino, catturato dopo oltre 20 anni di
latitanza, durante i quali era stato uno dei capi carismatici della ‘ndrangheta.
Dalle intercettazioni eseguite dalla Sezione Anticrimine dei Carabinieri nell’abitazione
dei Pelle è infatti emersa non solo la prova dei suoi rapporti di natura criminale con altri
capicosca, tra cui Morabito Rocco, figlio del “Tiradritto”, e Ficara Giovanni ma, ancora una
volta, la dimostrazione dell’unitarietà dell’associazione (“siamo tutti della ‘ndrangheta”
dice proprio il Ficara).
E’ emersa, altresì, l’ampiezza e la pervasività delle relazioni intrattenute negli
ambienti più disparati dal Pelle Giuseppe, nonostante fosse ben nota in tutta la Calabria la
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sua caratura criminale. Tra queste relazioni va segnalata in questa sede quella, già oggetto di
provvedimenti giudiziari, con Zumbo Giovanni, dottore commercialista, già amministratore
giudiziario di beni sequestrati alle cosche; lo Zumbo, infatti, accompagnato dal Ficara, si è
recato - secondo quanto risulta dalle intercettazioni e dalle videoriprese – a casa del Pelle e
gli ha riferito, apparentemente senza chiedere nulla in cambio tutta una serie di informazioni
segrete sulle indagini in quel momento condotte dall’Arma dei Carabinieri su delega della
DDA di Reggio Calabria e di Milano ( e poi sfociate nell’operazione “Il Crimine”). Ancora,
lo Zumbo, che si definisce collaboratore esterno dei servizi segreti, ha assicurato il Pelle di
potergli fare avere tempestivamente ( e cioè in tempo utile per darsi alla latitanza) la lista
delle persone nei cui confronti sarebbero state emesse misure cautelari. Proprio per evitare
questo rischio, tra l’altro, questo Ufficio ha disposto il 23 aprile c.a. il fermo del Pelle
Giuseppe, del Ficara Giovanni e di altre sette persone.
Zumbo Giovanni è però stato oggetto di indagini anche in relazione ad un’altra grave
vicenda. Egli ha cioè, d’intesa, con Ficara Giovanni ed altri esponenti della cosca di
quest’ultimo, fatto ritrovare ai Carabinieri, fornendo notizie confidenziali, una macchina
carica di armi ed esplosivi il 21 gennaio 2010, giorno in cui era in corso la visita a Reggio
Calabria del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e addebitandone (falsamente)
la responsabilità alla cosca rivale di Ficara Giuseppe.
In conclusione, non si può fare a meno di sottolineare l’eccezionale gravità di quanto
è via via emerso dalle indagini coordinate da questa D.D.A.: il fatto cioè che lo ZUMBO,
professionista stimato, accreditato presso gli uffici giudiziari e di polizia e le agenzie di
sicurezza, abbia avuto la possibilità, per un prolungato periodo di tempo e con apparente
totale facilità, di conoscere nel dettaglio le più importanti e delicate indagini dell’Arma dei
Carabinieri; abbia poi coltivato un intenso rapporto con un esponente di rilievo delle cosche
di ‘ndrangheta come FICARA Giovanni mettendosi a sua disposizione senza
(apparentemente) nulla chiedere in cambio e presentandosi come collaboratore esterno ‘dei
servizi segreti’; abbia collaborato con lo stesso FICARA ed i suoi complici (non è dato
ancora sapere di chi sia stata l’iniziativa) per compiere un gesto eclatante e destinato ad
avere la massima risonanza mediatica qual è stato l’abbandono della macchina carica di
armi ed esplosivo nei pressi del percorso seguito dal Presidente della Repubblica appena
diciotto giorni dopo l’attentato alla Procura Generale, con l’intento, altresì, di garantirsi per
il futuro la fiducia e la collaborazione di un carabiniere, Roberto ROCCELLA, in servizio in
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un posto chiave come il Reparto Operativo del Comando Provinciale; abbia – infine –
rivelato a PELLE Giuseppe ed ai suoi fratelli, a FICARA Giovanni ed a BILLARI
Costantino Carmelo le indagini della D.D.A. di Reggio Calabria e Milano, recandosi
personalmente a casa del “Gambazza”, assicurandogli ulteriori rivelazioni per consentirgli
una ’tempestiva’ latitanza e tutto questo nella piena consapevolezza delle video riprese
effettuate dalle telecamere collocate, da tempo, dai Carabinieri all’esterno dell’edificio.
Tutte queste circostanze, accertate – giova ripetere – al di là di ogni dubbio, sono di
per sé di eccezionale gravità ma risultano ancor più gravi se si considera che lo ZUMBO
non può – con tutta evidenza – avere agito da solo ma, al contrario, non può che essere stato
incaricato da qualcuno (alla cui volontà lo ZUMBO, secondo FICARA “non può fare a
meno” di adeguarsi) interessato a entrare in rapporto con FICARA Giovanni e, suo tramite,
con PELLE Giuseppe anche a costo di vanificare le più importanti indagini dell’Arma dei
Carabinieri contro la ‘ndrangheta e questo, peraltro, in un periodo come l’attuale in cui a
Reggio Calabria e nella provincia si sono verificati fatti delittuosi di estrema gravità.
A fronte di tutto ciò, palesemente incongruo ed inadeguato risulta essere lo scopo
dichiarato dallo ZUMBO al momento del fermo e cioè l’acquisizione di notizie per la
cattura dei latitanti PELLE Sebastiano e GLICORA Santo.
Per altro verso, l’attività (criminale) di chi ha incaricato lo ZUMBO si colloca al di
fuori di qualsiasi circuito istituzionale, dato che tanto l’A.I.S.I. quanto l’A.I.S.E., hanno
formalmente affermato di non aver avuto alcun rapporto con lo ZUMBO a parte alcuni (del
tutto leciti) specificamente indicati ed estranei alle vicende appena descritte.
Su questi fatti continuano quindi le indagini di questo Ufficio con la piena e leale
collaborazione dell’Arma dei Carabinieri e di tutta la polizia giudiziaria; ed in proposito è
bene rilevare, accanto alla gravità delle condotte dello ZUMBO e dei suoi complici, allo
stato ancora non identificati, il fatto che siano state proprio le indagini disposte da questa
D.D.A. ed espletate dai Carabinieri a consentire di accertare tali condotte e di evitare, con il
tempestivo fermo dei responsabili, un danno irreparabile al buon esito dell’operazione “Il
Crimine” e delle altre indagini che nel solo periodo aprile-luglio 2010 hanno portato
all’arresto, per reati di mafia, di oltre 300 persone, tra cui molti dei capi dell’organizzazione
‘ndranghetista e degli esponenti di primo piano delle cosche di questa provincia (oltre che,
come si è detto, della Lombardia).
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SINTESI DEI RISULTATI
Nel fare rinvio, per una analisi dettagliata, all’elenco dei procedimenti trattati nel
periodo in esame, non appare superfluo procedere ad un esame sintetico dei risultati sin qui
ottenuti con riferimento alle aree tematiche sopra indicate.
A) Assolutamente eccezionali sono i risultati conseguiti nell’ultimo biennio nel settore
della cattura dei latitanti.
Grazie all’eccezionale professionalità e allo straordinario impegno del personale della
Polizia di Stato e dei Carabinieri, con il coordinamento dei magistrati di quest’Ufficio sono
stati tratti in arresto oltre 50 latitanti tra i quali ben 11 inseriti nell’elenco dei 30 latitanti più
pericolosi predisposto dal Ministero dell’interno e numerosi altri nell’analogo elenco dei
100.
In particolare nel periodo in esame meritano un cenno particolare, tra gli altri, l’arresto
di De Stefano Paolo Rosario, Bellocco Domenico, Callà Isidoro, Magnoli Antonino,
Facchineri Vincenzo, Racco Gianluca, Barbaro Carmelo, Trimboli Saverio, Ascone
Salvatore e Gligora Santo.
Specifico riferimento va fatto all’arresto, in data 26.04.2010, di Tegano Giovanni,
esponente di una delle famiglie storiche di Reggio Calabria, già condannato all’ergastolo e
latitante ormai da molti anni.
La cattura di un così elevato numero di latitanti, da un lato, ha significato che non vi
sono zone di impunità di fronte all’azione dello Stato e, dall’altro lato, ha scompaginato
equilibri consolidati in alcune delle più potenti famiglie di ‘ndrangheta.
B)Anche sotto il profilo del contrasto alle “dinastie mafiose” cioè a quelle grandi
famiglie che hanno fatto la storia della ’ndrangheta, sono stati conseguiti risultati
significativi con i procedimenti (per la cui analisi dettagliata si rinvia al prosieguo della
relazione) nei confronti ormai di quasi tutte le cosche mafiose più importanti, tra le quali
quelle dei LIBRI, dei LABATE, dei CREA, dei RUGOLO, dei GIOFFRE’, dei NIRTA-
STRANGIO, dei PELLE-VOTTARI, dei PIROMALLI, dei MOLE’, degli ALVARO, dei
DE STEFANO, dei CONDELLO, dei VADALA’, dei MORABITO, dei CORDI’, dei
BELLOCCO, dei GIOFFRE’, degli IAMONTE, dei TEGANO, dei PESCE, dei GALLICO,
dei MORABITO, dei FICARA, dei COMMISSO, degli AQUINO e di molte altre..
21
E’ altresì, utile precisare che nel periodo in riferimento il numero di soggetti nei cui
confronti è stata formulata richiesta di misure cautelari personali per reati di competenza
della DDA è raddoppiato dal 2007 al 2009 e che nel periodo 1.1.2009-30.06.2010 sono state
richieste n. 1546 misure cautelari di cui 1105 per reati DDA.
Quanto all’attività di individuazione e contrasto in sede giudiziaria di esponenti della
politica, dell’imprenditoria e delle professioni (la c.d. “zona grigia”), si deve in primo luogo
ricordare il processo contro CREA Domenico, consigliere regionale, votato, secondo
l’accusa, dalle maggiori cosche di ‘ndrangheta e subentrato in Consiglio dopo l’omicidio del
dr. Francesco FORTUGNO, in atto detenuto per il reato di cui agli artt. 110-416 bis c.p.; il
processo contro il CREA e numerosi altri soggetti, professionisti e pubblici funzionari, è
attualmente in corso nella sua fase dibattimentale dopo che le indagini hanno fatto emergere
un quadro impressionante dei rapporti tra politici, imprenditori, amministratori ed esponenti
mafiosi, specie nel settore della sanità, pubblica e privata. Alcuni dei coimputati del CREA,
giudicati con il rito abbreviato, sono stati già condannati per il reato di cui all’art. 416 bis
c.p. e/o per delitti contro la Pubblica Amministrazione.
Ugualmente importante è il processo nei confronti di INZITARI Pasquale, esponente
politico, amministratore locale e imprenditore, condannato in primo grado per il reato di cui
agli artt. 110- 416 bis c.p..
Altrettanto significativi sono i processi a carico di numerosi imprenditori e pubblici
funzionari ritenuti legati alle cosche mafiose (vedi i processi “Arca”, “Bellu Lavuru”,
“Cento Anni di Storia”, “Paper Mill”, “Saline”, “Testamento”, “Rifiuti” e altri per cui si
rinvia all’elenco analitico).
Va inoltre ricordato che si è concluso, in primo grado, con la condanna all’ergastolo
degli imputati, il processo a carico degli autori dell’omicidio del dr. Francesco Fortugno.
E’ opportuno inoltre aggiungere che nel periodo in esame sono state esperite indagini
che hanno portato all’adozione da parte del GIP, su richiesta di questo Ufficio, di misure
cautelari personali e reali nei confronti di professionisti, imprenditori, pubblici
amministratori, appartenenti alle Forze di Polizia ecc..
Peraltro è da mettere in rilievo che gli esiti delle indagini penali sono stati anche, in
una preziosa sinergia di tutte le Istituzioni impegnate nel contrasto alle organizzazioni
criminali, alla base dello scioglimento di alcune Amministrazioni comunali, disposto dal
Consiglio dei Ministri su proposta del Prefetto di Reggio Calabria.
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Un primo segnale incoraggiante, nel senso di una maggiore collaborazione da parte
dei cittadini è stato offerto, dalle denuncie presentate da alcune persone offese di gravi reati
(usura, estorsione) e dalla testimonianza che ha dato impulso all’operazione “Cento anni di
storia” nei confronti delle cosche della piana di Gioia Tauro; in tutti questi casi le indagini
della P.G. e l’azione di questa Procura ha portato a risultati concreti sul piano processuale
con l’arresto, anche in tempi brevi, dei responsabili di quei delitti.
C) E’ ormai un dato acquisito il ruolo di primissimo piano che la ‘ndrangheta ha nel
traffico internazionale di stupefacenti grazie ai suoi consolidati rapporti con i grandi
fornitori sudamericani (di cui è l’interlocutore privilegiato) e alla capacità di esportare
ingenti quantitativi di cocaina e altre sostanze stupefacenti in molti paesi d’Europa, anche
avvalendosi delle basi costituite, ormai da qualche anno, in vari Stati africani.
Anche in questo caso si rinvia all’elenco in cui vengono specificati alcuni dei più
importanti processi trattati da questa DDA, che hanno portato anche al sequestro di ingenti
quantitativi di stupefacenti e al sequestro dei beni degli imputati.
Merita qui sottolineare che lo svolgimento delle indagini e dei successivi processi in
questo settore è reso possibile dalla collaborazione instaurata, già da anni, da questo Ufficio
con le Autorità di grandi Paesi stranieri (fra cui Stati Uniti, Belgio, Colombia, Germania,
Canada, Svizzera, Olanda, Spagna, ecc.).
Emblematica in questo senso è la c.d. “Operazione Solare” che ha visto un
collegamento di indagini eccezionalmente proficuo con le Autorità, giudiziarie e di polizia,
degli Stati Uniti d’America che ha portato all’esecuzione contemporanea del fermo di
numerose persone e del sequestro di quantitativi di cocaina nei due Paesi, uniti anche nel
contrasto all’alleanza tra le cosche calabresi e il messicano “Cartello del Golfo”.
Ancora, va sottolineato che nel giro di pochi mesi, tra il giugno e il novembre 2009,
sono stati sequestrati circa 800 Kg di cocaina, di cui quasi 300 a bordo di un veliero al largo
della Sardegna e oltre 500, in più riprese, nel porto di Gioia Tauro, a conferma ulteriore del
ruolo di assoluta preminenza nel traffico mondiale di stupefacenti svolto dalle cosche
calabresi grazie al rapporto privilegiato con i fornitori sudamericani (in questo caso la
cocaina proveniva dall’Ecuador).
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D)Per quanto riguarda l’aggressione ai patrimoni mafiosi, si è fatto ricorso, secondo
le particolarità dei casi concreti, sia agli strumenti previsti nel processo penale (in
particolare la norma di cui all’art. 12 sexies L.356/1992) sia alle misure di prevenzione.
Sotto il primo profilo, all’esecuzione delle misure cautelari personali disposte dal GIP
è seguito di regola in tempi brevi il sequestro dei beni degli indagati secondo la prassi di
questo Ufficio di affiancare, ogni volta che è possibile, le indagini patrimoniali a quelle
strettamente penali così da pervenire in tempi brevi all’aggressione dei beni mafiosi.
Così è stato possibile sequestrare alcune imprese e complessi aziendali nell’ambito dei
procedimenti penali aventi ad oggetto l’infiltrazione mafiosa negli appalti e nelle esecuzione
delle opera pubbliche (vedi, per esempio le operazioni “Arca”, “Bellu Lavuru”, “Cento anni
di Storia”, “Meta”, “Cosa Mia”, “All Inside”) e di quelli instaurati per il reato di cui all’art.
74 D.P.R. 309/90.
In questo settore l’ esempio più importante è forse il sequestro di beni per circa 65
milioni di euro complessivi eseguito, in relazione ai reati di riciclaggio e intestazione
fraudolenta di beni, nei confronti di Campolo Gioacchino, di cui sono accertati i rapporti
con alcune cosche mafiose della città di Reggio ( in primo luogo i De Stefano).
Misure di Prevenzione
Dai dati statistici risulta che nel periodo 16.10.2001 – 12.02.2007 erano stati iscritti
numero 22 procedimenti per misure di prevenzione a carattere anche patrimoniale, mentre
nel periodo successivo al 07.02.2007 erano state formulate 8 proposte di carattere (anche)
patrimoniale.
Allo scopo di rendere più efficiente l’azione dell’Ufficio in questo settore, di cui è persino
inutile sottolineare l’importanza strategica nel contrasto alle organizzazioni mafiose, e di
fronte, peraltro, alla necessità di far fronte all’aumento del carico di lavoro determinato dalle
nuove competenze previste dalla legge 125/2008 (basti pensare che – come già detto – dalla
Procure presso il Tribunali di Palmi e Locri sono stati trasmessi circa 600 procedimenti) è
stato costituito un nuovo Gruppo di Lavoro composto da 8 Sostituti non componenti della
DDA e coordinato dallo scrivente Procuratore anche al fine di assicurare il coordinamento
con l’attività della Direzione Distrettuale Antimafia.
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Sono state impartite specifiche direttive per la tempestiva trasmissione a questo gruppo
di lavoro di copia degli atti dei procedimenti penali, specie quelli per reati di cui all’art. 51
comma 3 bis c.p.p., utili ai fini delle proposte di misure di prevenzione, con particolare
attenzione all’aggressione dei patrimoni illeciti, anche sfruttando le nuove e più ampie
possibilità offerte dalla legge 125/2008 e poi dalla legge 92/2009, che ha trovato alcune
delle sue prime applicazioni in provvedimenti emessi dal Tribunale di Reggio Calabria su
proposta di questo Ufficio.
E’ stato inoltre stipulato con il Questore di Reggio Calabria un protocollo di intesa per
evitare duplicazioni e/o sovrapposizioni di iniziative in questo delicato settore. Analoghe
misure di coordinamento sono state assunte da questo Ufficio nei confronti dell’attività
svolta dai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza e dalla DIA , il cui Direttore è peraltro,
come è noto, titolare di un autonomo potere di proposta. Anche in questo caso, i primi
risultati appaiono positivi.
Dai dati statistici emerge infatti che nel periodo 1.1.2009- 30.06.2010 sono state
presentate al Tribunale 72 proposte di misure (anche) patrimoniali (oltre che 98 di carattere
solo personale) e che nel solo anno 2009 sono stati iniziati ben 337 nuovi procedimenti di
prevenzione (a fronte di una sopravvenienza media negli anni precedenti di 30
procedimenti).
Va inoltre sottolineato che è stato richiesto, sempre nel solo 2009, il sequestro e la
confisca di 419 beni ( immobili, beni mobili registrati, azioni e quote di società, complessi
aziendali).
Dalle indagini patrimoniali esperite da questo Ufficio (sia in sede di procedimenti
penali che in sede di prevenzione) è emersa con chiarezza l’eccezionale potenza economica
della ‘ndrangheta, le sue capacità imprenditoriali e finanziarie, l’attitudine ad inserirsi nelle
più diverse attività economiche in ogni parte d’Italia.
Queste indagini hanno anche confermato quanto già emergeva dalle indagini penali
circa la necessità di una continua collaborazione con gli altri Uffici di Procura. Nella
consapevolezza di questa necessità sono stati instaurati proficui rapporti di collaborazione,
da un lato con altre Procure della provincia reggina, quelle di Palmi e Locri, e dall’altro,
con le Direzioni Distrettuali Antimafia delle grandi città italiane ( Roma, Milano, Bologna,
Torino oltre che, naturalmente, Catanzaro).
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In conclusione, ammonta a circa 1000 milioni di euro il valore dei beni di cui nel
periodo 1.1.2009 – 30.06.2010 è stato disposto il sequestro, su richiesta di questo Ufficio,
dal Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione o dal Giudice Penale (ai sensi degli artt. 321
cpp e 12 sexies legge 356/92).
Da ultimo, a conclusione di questa parte generale della presente relazione, è doveroso
sottolineare il contributo offerto al conseguimento dei risultati fin qui illustrati,
unanimemente riconosciuti, in tutte le sedi competenti, di eccezionale rilievo, dagli Uffici di
Polizia Giudiziaria operanti in questa provincia.
E invero Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza, con il contributo della
D.I.A., hanno svolto la loro attività di indagine con grandissima professionalità, con livelli a
volte di assoluta eccezionalità, e con altrettanto impegno, operando, peraltro, come è noto,
in condizioni particolarmente difficili per la consolidata e pervasiva presenza della
‘ndrangheta in tutta la provincia e per la sua capacità di acquisire collusioni e protezioni in
tutti gli ambienti.
Va altresì rilevato che pur nello spirito di “leale competizione “ che comporta la
presenza di più forze di polizia, si è realizzata spesso, con il coordinamento di questa
Procura, una proficua collaborazione tanto che in più casi si è proceduto ad operazioni
congiunte e sono tuttora in corso indagini di grande rilievo svolte da diversi Uffici di p.g. in
collaborazione tra loro.
E va da ultimo aggiunto che proprio grazie anche alla “messa in comune” di tutte le
informazioni, frutto della collaborazione delle Forze di p.g. e del coordinamento realizzato
all’interno della Direzione Distrettuale Antimafia, sono emersi in quest’ultimo periodo
significativi elementi di raccordo e collegamento tra le più importanti cosche di
‘ndrangheta; tale collegamento è reso peraltro necessario, con tutta evidenza, dalla
dimensione eccezionale, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, degli interessi, anche non
strettamente criminali, in gioco.
Nella stessa direzione porta, ancora, l’espansione dell’attività della ‘ndrangheta al di
fuori della provincia di Reggio Calabria e della stessa regione, in Italia e nel mondo, anche
se resta prevalente, con tutta evidenza, il ruolo e l’importanza delle cosche reggine.
E, infine, non è inutile ripetere ancora una volta che la repressione non basta e che la
“ndrangheta può essere sconfitta solo se c’è, accanto ad una repressione efficiente, una forte
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reazione della società civile, nella consapevolezza che in ogni categoria sociale, nessuna
esclusa, la convivenza o anche soltanto la voglia di quieto vivere dell’uno aumenta il rischio
di chi invece fa la sua parte.
I procedimenti più importanti
A) Omicidi
1. Proc. pen. 2401/07 RGNR (c.d. operazione “Mistero”) contro Costa Tommaso ed altri
accusati (il Costa Tommaso) dell’omicidio di Simari Pasquale, nonché di associazione per
delinquere di stampo mafioso (cfr. anche infra). La sera del 26 luglio del 2005, nella
centralissima piazza Vittorio Veneto di Gioiosa Jonica, davanti a decine e decine di
testimoni, tra i quali anche donne, giovanissimi e persino bambini (tra questi, il figlioletto
della vittima), veniva brutalmente assassinato Pasquale Simari. Nonostante lo straordinario
livello di omertà che ha caratterizzato la vicenda investigativa, con la quasi totalità dei
testimoni oculari (tra questi anche una nota avvocatessa del posto) che si sono ostinatamente
rifiutati di fornire anche un minimo contributo alle Autorità investite del caso, testimoni
reticenti ed omertosi, ai quali fortunatamente si sono contrapposte poche confortanti –
quanto decisive – eccezioni, all’esito delle indagini è stato possibile non soltanto ricostruire
la causale dell’omicidio e le dinamiche del contesto mafioso in cui lo stesso è maturato, ma
anche individuare in Costa Tommaso cl. 59 l’esecutore materiale del delitto. Come in altre
recenti indagini (cfr. infra), aspetti centrali della vicenda finiscono per essere: lo sforzo
riorganizzativo della propria compagine mafiosa prodotto tra il 2004 ed il 2005, dal carcere
di Palmi, dal capo cosca Costa Tommaso cl. 59; il conseguente riconsolidamento, da parte
di questi, di importanti alleanze con altri gruppi mafiosi della zona ionica (segnatamente,
con gli Ursino a Gioiosa, con i Salerno a Siderno, con i Cataldo a Locri); il contestuale
riaccendersi, a partire dal febbraio 2005, della faida locrese tra i Cataldo ed i Cordì (in tal
senso è assolutamente significativo il fatale avvicinamento da parte del Simari, nel periodo
immediatamente precedente alla sua morte e quindi in piena faida, ad ambienti della cosca
Cordì di Locri, cfr. infra); la scarcerazione all’inizio del 2005 di Costa Tommaso cl. 59 e
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l’inizio, nel marzo dello stesso anno, della sua latitanza. A carico del Costa e degli altri
indagati è stata emessa ed eseguita ordinanza di custodia cautelare in carcere.
2.Proc. pen. 744/06 RGNR contro Marcianò Giuseppe ed altri imputati dell’omicidio
dell’On. Francesco Fortugno.
Nel periodo in esame, la Corte d’Assise di Locri ha definito, dopo una lunga e complessa
fase dibattimentale, il processo relativo all’omicidio del Vice Presidente del Consiglio
regionale, Francesco Fortugno, ucciso in Locri il 16 ottobre 2005. Con la sentenza emessa il
9.12.2008, la Corte d’Assise ha condannato alla pena dell’ergastolo Marciano’ Alessandro,
Marciano’ Giuseppe, Ritorto Salvatore e Audino Domenico, cui era stato contestato il
delitto di omicidio, e a pesanti pene detentive tutti gli altri imputati. In sostanza, come è
confermato dalle motivazioni della sentenza, la Corte ha riconosciuto la piena validità
dell’impostazione accusatoria di questo Ufficio e ha confermato il carattere politico-mafioso
del gravissimo delitto. E’ in corso il dibattimento in appello.
Nel mese di novembre è previsto l’inizio della fase dibattimentale del processo a carico di
numerosi soggetti che hanno reso testimonianza nel corso del dibattimento per l’omicidio
FORTUGNO, nei cui confronti – sulla base del contenuto della sentenza di primo grado e
della trasmissione degli atti effettuata dalla Corte di Assise – è stata esercitata l’azione
penale per i delitti di falsa testimonianza, simulazione di reato e favoreggiamento personale,
aggravati dalla finalità agevolatrice mafiosa.
3. Procedimento penale 1895/2007 RGNR DDA( faida di San Luca).
Il procedimento traeva origine dall’omicidio perpetrato il 25 dicembre 2006 a San Luca ai
danni di Strangio Maria e dal ferimento, nella stessa data, di Nirta Giovanni Luca, Nirta
Francesco, del piccolo Strangio Domenico e di Colorisi Francesco.
Le indagini avviate a seguito del predetto fatto di sangue, disvelavano l’esistenza di una
faida che vedeva contrapposti i gruppi PelleVanchelli-Vottari da una parte e Nirta-Strangio
dall’altra e che culminava nella strage di Duisburg dell’agosto 2007. A seguito di
quest’ultimo delitto le investigazioni, svolte in stretta collaborazione con gli inquirenti
tedeschi, hanno consentito di accertare la matrice transnazionale dell’omicidio dei sei
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cittadini italiani, alcuni dei quali partecipi della cosca Pelle – Vottari. E’ stato possibile
ricondurre la pianificazione in Italia del delitto in questione, eseguito all’estero anche a
causa delle minori cautele adottate dagli associati, quando si trovavano lontani dal paese
aspromontano. Le indagini hanno permesso di ottenere l’emissione di quattro distinte
ordinanze applicative della custodia cautelare in carcere a carico, complessivamente, di 58
persone per i reati di omicidio, associazione mafiosa ed altro. E’ stata altresì compiuta una
complessa indagine patrimoniale che ha consentito di sequestrare un cospicuo numero di
beni ex art. 12 sexies l. 356/1992.
Nei confronti di alcuni degli imputati è stato applicato il regime detentivo ex art. 41 bis l.
354/1975, in ragione dell’altissimo grado di coesione interna delle cosche coinvolte nella
faida, nell’ambito delle quali un ruolo fondamentale è stato ricoperto dalle donne, che hanno
ricoperto compiti di trasporto e staffetta per gli associati, preoccupati per la propria
incolumità.
Con sentenza del 19 marzo 2009 il Gup di Reggio Calabria in sede di giudizio abbreviato ha
emesso sentenza di condanna nei confronti di 31 imputati. Per altri 14 imputati che hanno
scelto di essere giudicati con rito ordinario è in corso il dibattimento presso la Corte
d’Assise di Locri.
4) Proc. pen. n. 1985/09 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di Caracciolo Giuseppe + 9 (c.d.
op. “Fehida 3 - Duisburg”, o.c.c. 11.02.2010 - per i reati del delitto di promozione,
direzione, organizzazione e partecipazione ad associazione di tipo mafioso, previsto e punito
dagli artt. 416 bis, commi 1°, 2°, 4° e 5° c.p.ed omicidio aggravato.
L’indagine in parola costituisce il risultato dello sforzo investigativo, profuso dalla DDA in
sinergia con la Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria, e finalizzato ad
individuare i responsabili dell’evento balzato alle cronache internazionali con il nome di
“Strage di Duisburg”, l’episodio più sanguinoso della cosiddetta faida di San Luca tra i clan
della ’ndrangheta Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, costata la vita a sei cittadini italiani.
Gli esiti delle investigazioni espletate hanno consentito di corroborare gli elementi già
raccolti a carico di Strangio Giovanni cl.’79 – soggetto già sottoposto a custodia cautelare
perche' ritenuto organizzatore ed esecutore materiale dell’omicidio nonché di individuare
altri due, Sebastiano Strangio, di 39 anni, e Giuseppe Nirta, di 37, membri del commando
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omicida che ha operato in territorio tedesco il 15.8.2007. Il loro dna corrisponde a quello dei
profili biologici rilevati sul luogo della strage. All’arresto dei due la mobile di Reggio è
giunta con l’acquisizione, in maniera riservata, di alcuni effetti personali degli indagati che
sono stati confrontati, a seguito di analisi tecniche di tipo scientifico-biologico effettuate dal
servizio di polizia scientifica, con i profili biologici accertati sul luogo della strage. Dal
confronto è risultato che i profili analizzati e sottoposti a comparazione sono sovrapponibili
e perfettamente compatibili con il dna di Strangio e Nirta. hanno agito in complicità con il
boss Giovanni Strangio, già catturato ad Amsterdam, il 12 marzo 2009, ed estradato in Italia
due mesi dopo.
Le indagini effettuate hanno consentito, altresì, di individuare ulteriori affiliati alla cosca
Nirta ‘Versu’ – Strangio ‘Jancu’ che, a vario titolo, hanno contribuito alle attività della
cosca, garantendo, con il proprio operato, la sopravvivenza della stessa, gravemente colpita
a seguito dei provvedimenti giudiziali che hanno portato alla carcerazione di diversi
membri, anche di vertice, della consorteria.
A contribuire al positivo esito delle investigazioni, proseguite senza soluzione di continuità
a partire dal tragico ferragosto di due anni fa, hanno concorso fonti di prova eterogenee ed,
in parte, assolutamente inedite, quali intercettazioni di conversazioni e di flussi di
comunicazioni (telematiche), le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Consoli
Vincenzo ed atti di indagine effettuati nell’ambito del parallelo procedimento istruito
dall’Autorità Giudiziaria Tedesca.
5. Procedimento penale 828/07 RGNRDDA contro Rodà Pasquale+3
Il procedimento riguarda l’omicidio perpetrato in data 16.2.2007 nei confronti di Sculli
Giuseppe nato a Bruzzano Zeffirio il 15.1.1973. Nell’ambito del citato procedimento
veniva emessa in data 2.11.2008 o.c.c. in carcere nei confronti di Talia Pasquale, del figlio
Talia Francesco e del nipote Rodà Alessandro per il reato di cui agli artt. 575-577 c.p., art. 7
l. 203/1991 perpetrato appunto ai danni di Sculli Giuseppe al fine di agevolare le attività
della cosca mafiosa facente capo alla famiglia Rodà, nonché nei confronti di Rodà Maria per
il reato di cui all’art. 416 bis c.p.p. in quanto ritenuta partecipe della cosca Talia Rodà
operante in Bruzzano Zeffirio e territori limitrofi. Tale fatto omicidiario si inscrive in un
articolato contesto di contrapposizione armata tra organizzazioni mafiose per
l’affermazione della supremazia sul territorio.
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In data 21 luglio 2009 il Giudice per l’Udienza preliminare di Reggio Calabria in sede di
giudizio abbreviato ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti dei due imputati
Rodà Pasquale per il reato di cui agli artt. 575-577 c.p., 7 l. 203/1991 e nei confronti di
Rodà Maria per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. Per gli altri imputati è in corso il
dibattimento davanti alla Corte d’Assise di Locri.
6. procedimento penale n. 2838/07 r.g.n.r./mod.21/dda (c.d. operazione “Pioggia di
novembre”).
Nell’ambito di tale attività di indagine è stato possibile ricostruire le dinamiche della
recrudescenza della faida tra la cosca Cordì e quella dei Cataldo in Locri nell’anno 2005; nello
specifico, si sono raccolti elementi per richiedere ed ottenere la cattura di 4 soggetti ritenuti
responsabili dell’omicidio di Cordì Salvatore cl. 54 e, allo stato, la condanna in primo grado di
uno di questi (Cataldo Antonio cl. 56) alla pena – in sede di giudizio abbreviato – di anni
trenta di reclusione. Nei confronti degli altri imputati è pendente il processo in Corte d’Assise.
7. Procedimento penale n. 5503/07 RGNR DDA cd. “Artemisia” nei confronti di Gioffrè
Rocco Antonio + 35.
Il procedimento in questione rappresenta il naturale sviluppo di quello recante il n. 3205/07
RGNR DDA inerente la cosca Gioffrè di Seminara. Attraverso una capillare attività di
intercettazione telefonica ed ambientale (anche negli Istituti carcerari dove erano ristretti i
soggetti colpiti dal provvedimento cautelare emesso nel procedimento penale n. 3205/07
RGNR DDA) ha permesso di approfondire la composizione di svariate famiglie mafiose
operanti in Seminara, i contrasti nati tra le stesse ed ha inoltre permesso di fare luce su alcuni
efferati episodi di sangue avvenuti nel territorio di quel comune tra il 2007 e il 2009.
In data 08/04/2009 è stato emesso provvedimento custodiale in carcere per n. 35 indagati.
In data 18/11/2009 è stata esercitata l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio. In
sede di udienza preliminare, in data 18/02/2010 è stato ammesso il giudizio abbreviato nei
confronti di 22 imputati e in data 19/02/2010 è stato disposto il rinvio a giudizio innanzi alla
Corte di Assise di Palmi dei rimanenti 11 imputati. Entrambi i processi sono tuttora in corso di
celebrazione.
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8. procedimento n. 815/02 RGNR DDA.Ultimamente, si è definito innanzi al GUP di Reggio
Calabria, nelle forme del rito abbreviato, il processo relativo ai presunti esecutori e mandanti
dell’omicidio di Raffaele Chiaravalloti, maturato nell’ambito di una attività di traffico di
sostanze stupefacenti. Il processo si è concluso con la condanna all’ergastolo di due dei tre
imputati.
9. p.p. n. 1578/08 RGNR contro Panuccio Giuseppe.
Trattasi di procedimento iscritto per triplice omicidio aggravato; i fatti avvenivano in data
30.03.2008 e l’indagato veniva arrestato nella quasi flagranza di reato; il P.M. titolare dopo
averlo interrogato ai sensi dell’art 388 c.p.p., chiedeva la convalida dell’arresto e la
applicazione della custodia in carcere (tuttora in atto); all’esito della attività di indagine,
svolte nel termine di 90 gg, veniva richiesto giudizio immediato, accolto dal GIP in sede;
procedimento pendente dinnanzi la Corte di Assise di Reggio Calabria.
10.Procedimento n. 3386/07 RGNR
Celebratosi con le forme del rito abbreviato a carico di FAMILIARI Giovan Battista,
FAMILIARI Santo, PAPALIA Giuseppe, PAPALIA Domenicoantonio, MARINO Marco,
GULLI’ Francesco Giuseppe, accusati insieme a MACRI’ Carmine e VIOLI Vincenzo -
questi ultimi latitanti, nei cui confronti si procede separatamente – di aver cagionato la
morte della guardia giurata Luigi Rende, in occasione di un tentativo di rapina a mano
armata, con armi clandestine, ad un furgone portavalori, verificatosi il 1 agosto 2007.
L’intensa attività di indagine condotta, unitamente alla Squadra Mobile di Reggio Calabria,
e con l’ausilio del RIS di Messina – a cui sono state affidate, in sede di incidente probatorio,
le perizie in materia balistica e biologica, comprese l’estrazione dei profili del DNA delle
tracce ematiche rinvenute sulla scena del crimine, ha consentito di cristallizzare, in capo ai
correi, la responsabilità per i gravissimi fatti verificatisi, ed ha condotto alla condanna dei
sei imputati, in primo grado alla pena dell’ergastolo nonché al risarcimento del danno in
favore della moglie e della figlia della vittima.
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11. Procedimento Penale n. 4721/08 RGNR a carico di Manti Francesco per il reato di cui
agli artt. 575 – 577 c.p. e violazione della normativa in materia di armi.
Il procedimento in questione ha ad oggetto l’uxoricidio commesso dall’imputato nei
confronti della moglie separata Nicolò Orsola, particolarmente grave perché premeditato e
commesso davanti agli occhi dei figli in tenerissima età. E’ stata la figlia dei coniugi Manti
ad avvisare i Carabinieri intervenuti. L’imputato ha ammesso le proprie responsabilità ed è
stato condannato, in sede di giudizio abbreviato, ad oltre 15 anni di reclusione. La sentenza
è stata confermata in Appello.
12. Procedimento penale n. 243/09 RGNR nei confronti di Candito Concetto Bruno per il
reato di tentato omicidio e detenzione illegale di arma da sparo, recentemente conclusosi
con la condanna in primo grado dell’imputato ad anni 12 di reclusione. La Corte di Appello
ha annullato la sentenza di primo grado quanto alla condanna per tentato omicidio,
ritenendo configurabile la legittima difesa, confermando solo la condanna per il reato di
porto abusivo di armi.
13. Procedimento penale n. 4152/09 RGNR nei confronti di MORELLI VITO e MORELLI
ANDREA per il reato di omicidio e detenzione illegale di armi.
Nell’ambito di tale procedimento, all’esito di complesse indagini, sono stati emessi due
provvedimenti di fermo di indiziato di delitto per il reato di omicidio in pregiudizio di
CASILE Giovanni avvenuto nello scorso mese di giugno. I provvedimenti di fermo sono
stati entrambi convalidati dal GIP e confermati anche dal Tribunale della Libertà. I due
indagati sono stati rinviati a giudizio dinanzi alla Corte di Assise di Reggio Calabria.
14. procedimento penale n. 5408/06 RGNR/Mod.21
Dopo oltre quindici anni si è fatta luce su un omicidio avvenuto nel 1992 e rimasto sinora
irrisolto. Accusato dell’omicidio suddetto commesso ai danni del medico CERATTI
Stefano, al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa facente capo alla famiglia
Pelle-Gambazza di San Luca, è PREZIO SERGIO. Quest’ultimo, dopo essere stato
raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt 575-577
c.p., art. 7 D.L. 152/1991, è stato rinviato a giudizio dinanzi alla Corte di Assise di Locri.
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Il processo si è concluso con la condanna dell’imputato alla pena di anni trenta di
reclusione.
15. proc. pen. 2831/09 RGNR nei confronti di BEN TAIKA Mohamed.
La mattina del 23.04.2009 personale della Polizia Ferroviaria di Reggio Calabria rinveniva
al margine di un binario di bassa velocità contiguo alla stazione ferroviaria il corpo di un
giovane, verosimilmente nord-africano, che presentava il volto tumefatto e completamente
imbrattato di sangue. Lo stesso, sprovvisto di documenti di identità, grazie ad una ricevuta
della casa Circondariale veniva identificato per AMCANICE Rahidi.
La testimonianza di una donna, presente all’accaduto ed individuata nel corso delle indagini,
consentiva di ricostruire la dinamica del fatto ed individuare l’autore in BEN TAIKA
Mohamed. E’ stato emesso decreto di fermo da parte del P.M., l’indagato frattanto si è reso
irreperibile. E’ intervenuto frattanto il provvedimento cautelare richiesto al GIP. Le indagini
preliminari sono tuttora in corso.
16. procedimento penale n. 2522/08 RGNR nei confronti di ARILLOTTA Giuseppe.
Si è proceduto contro l’ARILLOTTA per l’omicidio, in data 16.05.2008, del fratello
ARILLOTTA Domenico; il procedimento è stato definito con rito abbreviato, in data
29.09.2009, con sentenza di condanna dell’imputato.
17. procedimento 4340.08 RGNR a carico dei georgiani ARDAZISHVILI Sviadi e
DOLABERIDZE Shota, individuati quali responsabili della rapina ed omicidio di Logoteta
Pietro Giovanni, avvenuto in Reggio Calabria in data 9.7.2008, e dei loro favoreggiatori,
DIDEBASHWILI Eka, e BUDA Claudio, già condannati con sentenza emessa in sede di
giudizio abbreviato dal GIP di Reggio Calabria, ed ARDAZISHVILI Irma, pendente in fase
dibattimentale.
Tutti e due i georgiani si erano resi irreperibili, immediatamente dopo l’omicidio; allo stato,
solo Sviadi è stato arrestato, in Grecia, in esecuzione del mandato d’arresto europeo, grazie
anche all’attività effettuata in rogatoria con le autorità greche, che hanno consentito la
“localizzazione” del ricercato. Allo stato è in corso, con le forme dell’incidente probatorio,
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l’accertamento sul DNA rinvenuto sulla scena del crimine da comparare con quello estratto
dal materiale biologico acquisito sulla persona di ARDAZISHVILI Sviadi, all’esito del suo
arresto.
18. Processo contro Favasuli Pasquale ed altri (n. 4951/05 rgnr dda).
La vicenda dell’omicidio di Giorgi Antonio (originario di S.Luca, parente dei CORDI di
Locri e degli Strangio - Ianchi di S. Luca), costituisce – secondo una seria ipotesi
investigativa – non solo la risposta all’omicidio di Favasuli Salvatore (originario di Africo),
ma l’antecedente diretto del tentato omicidio di PELLE Francesco (detto Pakistan) e quindi
della strage di Natale in San Luca (omicidio di Strangio Maria), episodio questo che – con
ceertezza - segnò la ripresa della faida tra le famiglie di ndrangheta Pelle – Vottari e Nirta-
Strangio, culminata con la strage di Duisburg del Ferragosto 2007.Gli imputati (tutti legati a
Favasuli Salvatore da vincoli familiari o da vincoli di cosca mafiosa) sono stati condannati
con il rito abbreviato ed ordinario dal GUP e dalla Corte di Assise.
19. Processo a carico di Paviglianiti Domenico (n. 43/03 rgnr dda + altri riuniti).
Paviglianiti Domenico, capo dell’omonima cosca operante nel basso ionio reggino (federata
alle cosche Latella, Barreca, Libri, De Stefano e Tegano) è stato giudicato dalla Corte di
Assise di Reggio Calabria e condannato all’ergastolo nell’ambito dell’ultima “tranche” dei
max-processi (riuniti) instaurati dalla DDA reggina nel corso della seconda metà degli anni
’90 e cioè “Olimpia” “Barracuda” “Valanidi” e “Gallo”. Paviglianiti Domenico era imputato
di omicidio, tentato omicidio ed associazione mafiosa.
20. Il procedimento penale n. 4508/06 RGNR DDA “Cosa Mia” riguarda indagini
inizialmente avviate al fine di accertare eventuali infiltrazioni delle criminalità organizzata
nei lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria nel tratto
compreso tra gli svincoli di gioia Tauro e Scilla. Dalle stesse si è avuto modo di risalire agli
autori di numerosi omicidi commessi in tale contesto. In data 14/09/2009 è stata avanzata
richiesta di applicazione di misure cautelari personali e reali nei confronti di 58 indagati,
richiesta accolta per la gran parte con OCC emessa in data 24/05/2010.
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21. Proc. pen. 3932/2010 RGNR contro IARIA Giovanni Antonio indagato dell’omicidio e
della distruzione del cadavere della moglie Gattuso Francesca.
L’indagine ha preso le mosse dal ritrovamento il 15 maggio 2010 in un burrone, nell’ambito
di una zona montana ed isolata del Comune di Reggio Calabria, di una autovettura
incendiata con all’interno il cadavere carbonizzato della donna mentre il marito con ustioni
e ferite varie si faceva accompagnare al pronto soccorso degli OO RR dichiarando di essere
riuscito a mettersi in salvo dopo che l’autovettura violentemente tamponata da una persona
che era fuggita aveva preso fuoco. Accurate indagini compiute nell’immediatezza del fatto
dalla Polizia di Stato permettevano di operare il fermo dell’uomo e il GIP emetteva nei suoi
confronti ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il procedimento si trova ancora nella
fase delle indagini preliminari.
22.Proc. pen. 2492/2008 RGNR contro ALOISIO Pietro Angelo + 2.
A distanza di alcuni anni dall’omicidio di tale Pace Francesco avvenuto nell’ottobre 2005
accurate indagini dei Carabinieri di Reggio Calabria permettevano di ricostruire gravi indizi
di responsabilità e una precisa causale dell’omicidio con l’emissione di misure cautelari a
carico dell’ALOISIO come mandante e di tale MINGU Bledi, albanese, irreperibile, quale
esecutore. L’uomo accusato di avere cagionato anche la morte della moglie in Firenze nel
2004 a mezzo di soggetti appartenenti a una cosca mafiosa (processo pendente in quella
sede giudiziaria in grado di appello dopo la sua assoluzione a seguito di giudizio abbreviato)
avrebbe deciso di sopprimere il Pace, assoldando un sicario albanese poi rientrato
definitivamente in Albania, perché questi aveva ripreso una relazione con la sua convivente,
per potere sposare liberamente la quale lo stesso secondo la ricostruita causale avrebbe in
precedenza fatto uccidere anche la moglie.
Il processo di estrema delicatezza sul piano indiziario, anche alla luce dell’esito in primo
grado del processo di Firenze, è iniziato in Corte d’Assise dopo il rinvio a giudizio dei due
imputati.
23. processo per l’omicidio del Brig. dei CC Antonio MARINO, assassinato a Bovalino nel
1990. Il processo è in corso di svolgimento con le forme del rito abbreviato. Si tratta di un
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fatto omicidiario particolarmente grave, avvenuto vent’anni or sono, che ha visto la barbara
uccisione del Brig. CC Antonio MARINO, che fino a poco tempo prima era stato
comandante della Staz. CC di Platì. Il fatto omicidiario è stato eseguito davanti a decine di
persone, durante una festa patronale, mentre il MARINO si trovava in compagnia della
moglie e del figlioletto di due anni che rimanevano entrambi feriti. Nel processo sono
imputati i vertici delle cosche BARBARO e PAPALIA, essendo l’omicidio – secondo
quanto riferito dal collaboratore di Giustizia CUZZOLA Antonino – dovuto alla vendetta
della ‘ndrangheta platiota nei confronti del MARINO, ‘reo’ di avere svolto in prima persona
approfondite indagini nei confronti della cosca BARBARO, finalizzate alla cattura
dell’allora latitante BARBARO Francesco e all’applicazione di misure di prevenzione
personali e reali nei suoi confronti.
B) Associazione a delinquere di stampo mafioso ( e reati fine).
1) Procedimento penale nr. 4508/06 R.G.N.R.-D.D.A. “COSA MIA”
O.c.c. emessa dal G.i.p. in data 25.05.10 nei confronti di nr. 52 soggetti, per i delitti di
omicidio, estorsione aggravata dall'art. 7 L. 203/91, associazione mafiosa ed altro. Le
ordinanze sono state tutte confermate dal T.d.L.
L'ordinanza costituiva l’esito di una articolata attività di indagine eseguita dalla Questura di
Reggio Calabria-Squadra Mobile S.C.O. e dal Commissariato di Palmi, avente ad oggetto:
1) le infiltrazioni mafiose negli appalti relativi ai lavori di ammodernamento
dell’autostrada, con particolare riferimento al c.d. V macrolotto, ricompreso tra lo
svincolo di Gioia Tauro (escluso) e lo svincolo di Scilla (escluso), affidati al c.d.
“CONSORZIO SCILLA”, formato da CONDOTTE S.p.a. e IMPREGILO S.p.a.,
società consortile costituita in data 22 Settembre 2004, che poi provvedeva a
subappaltare ad imprese locali i singoli tratti;
2) la cosca GALLICO, cosca storicamente operante nella città di Palmi;
3) la cosca BRUZZISE, altra storica consorteria, operante nella frazione Barritteri di
Seminara, federata alla cosca PARRELLO di Palmi;
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4) la c.d. “faida di Barritteri”, nel corso della quale dal Gennaio 2004 al Febbraio 2008 si
registravano sette omicidi e un tentato omicidio.
I quattro argomenti sopra indicati sono risultati essere strettamente legati fra loro, in quanto
dall’attività di indagine compiuta è emerso che la faida di Barritteri aveva coinvolto le
cosche GALLICO e BRUZZISE e che la causale era da ricondurre al fatto che i BRUZZISE
avevano ricevuto da BELLOCCO Umberto cl. ‘37, storico boss della omonima cosca di
Rosarno, la legittimazione a riscuotere i proventi delle estorsioni connesse ai lavori di
ammodernamento della A3 nel tratto di competenza, cioè nella frazione Barritteri di
Seminara, circostanza che aveva determinato la reazione di altre famiglie di Barritteri -i
MORGANTE e gli SCIGLITANO- i cui componenti erano affiliati alla cosca GALLICO.
Per quanto riguarda il “sistema” vigente per i lavori di ammodernamento della A3 ,
l’attività di indagine compiuta costituiva la prosecuzione di quella già espletata dalla stessa
P.G. nel p.p. 1348/2001 R.G.N.R. D.D.A. (c.d. “Operazione Arca”), nell’ambito del quale
nel luglio 2007 il G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria aveva emesso quindici
ordinanze di custodia cautelare per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso
anche in relazione alle illecite attività di controllo e gestione degli appalti pubblici connessi
ai lavori di rifacimento-ammodernamento dell’Autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria
(tratti ricompresi tra gli svincoli di Mileto e Gioia Tauro).
Gli accertamenti compiuti nell’ambito dell'“Operazione Cosa Mia” sono complementari a
quelli eseguiti nel p.p. 1348/01 R.G.N.R. D.D.A. (“Operazione Arca”): quest’ultimo p.p.,
infatti, aveva riguardato essenzialmente il “lato imprenditoriale”, per cui l’attenzione si era
concentrata su una serie di imprenditori scesi a patti con la ‘ndrangheta; l’attività di
indagine "Cosa Mia", viceversa, ha riguardato essenzialmente il “lato mafioso” e, di
conseguenza, gli elementi acquisiti, da un lato hanno confermato l’esistenza di quel sistema
descritto dal collaboratore DI DIECO Antonino e, dall’altro, hanno permesso di constatare
con assoluta certezza che la questione relativa al diritto a riscuotere i proventi delle
estorsioni connesse ai lavori di ammodernamento della A3 aveva determinato una vera e
propria faida.
Le risultanze emerse nell'indagine Cosa mia hanno riscontrato le dichiarazioni rese dal
collaboratore di giustizia DI DIECO Antonino (sulle quali si fondano le operazioni
38
“TAMBURO” e “ARCA”), il quale nel corso di un lungo interrogatorio, avvenuto in data
12.11.03, aveva spiegato con dovizia di particolari quali fossero gli accordi, frutto delle
riunioni avvenute in c.da Bosco di Rosarno negli anni 1999 e 2000, che costituivano la base
della spartizione territoriale realizzata dalle consorterie calabresi per accaparrarsi i lavori di
ammodernamento dell’autostrada: divisione della A3 in zone di competenza territoriale per
ciascuna cosca, c.d. “tassa ambientale “ (cioè la tangente da pagare alle cosche,
corrispondente al 3% dell’importo fissato nel capitolato), l’imposizione di ditte “amiche”,
l’ostracismo nei confronti di quelle non gradite, la posa in opera del materiale con metodi
tali da impiegare un quantitativo inferiore a quello necessario, ma apparentemente
rispondente a quello fatturato, etc.
Come si è già dimostrato nel p.p. 1348/2001 R.G.N.R. D.D.A. (c.d. “Operazione Arca”), il
sistema lucidamente delineato dalle dichiarazioni del DI DIECO risultava conveniente per
tutti i protagonisti, anche per il c.d. Contraente Generale, che in tal modo riusciva a
garantire la c.d. “sicurezza nei cantieri” e, di conseguenza, a realizzare i lavori.
Il procedimento 4508/06 R.G.N.R.-D.D.A. é attualmente in fase di indagini preliminari.
2) Procedimento penale nr. 1095/10 R.G.N.R.-D.D.A. “REALE”
Attività di indagine espletata dal R.O.S.-Sez. Anticrimine di RC, che si fonda sulle
conversazioni tra presenti registrate all'interno dell'abitazione di PELLE Giuseppe cl. 60,
sita in Bovalino alla Via Borrello nr. 20 e sul parallelo servizio di video-osservazione della
medesima via.
Si accertava che PELLE Giuseppe, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, riceveva costantemente le visite
di numerosi personaggi di rilievo del panorama criminale della provincia reggina: in
particolare, da agosto 2009 ad oggi si accertavano le visite di IETTO Antonio Pietro,
ITALIANO Giasone, ITALIANO Giuseppantonio, MARVELLI Giuseppe, AGUI’ Roberto,
BELLOCCO Michele, MAISANO Saverio, MORABITO Rocco, FICARA Giovanni cl. 64,
tutti personaggi ben noti all’Ufficio.
Le operazioni di intercettazione ambientale hanno confermato che PELLE Giuseppe, figlio
dello storico boss PELLE Antonio cl. 32, detto Gambazza, dopo la morte del padre ha
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assunto il comando della omonima cosca, operante in San Luca, Bovalino e comuni
limitrofi.
Le conversazioni tra presenti registrate all’interno dell’abitazione di PELLE Giuseppe
permettevano:
- innanzitutto di accertare l’esistenza e l’attualità della cosca di San Luca, nonché di
constatare che la stessa costituisce un vero e proprio punto di riferimento per le cosche
operanti nel mandamento jonico;
- inoltre di accertare che esponenti di altissimo livello della criminalità organizzata reggina
(es. MORABITO Rocco cl. 60, FICARA Giovanni cl. 64) si recavano presso la residenza di
PELLE Giuseppe per discutere di questioni relative agli equilibri esistenti fra le cosche
facenti parte della più complessa organizzazione denominata ‘ndrangheta.
In data 21.04.10 questo Ufficio disponeva il fermo di indiziato di delitto nei confronti si
nove soggetti: i fratelli PELLE Giuseppe, PELLE Domenico e PELLE Sebastiano, PELLE
Antonio cl. 86 (nipote di PELLE Giuseppe), PELLE Antonio cl. 87 (figlio di PELLE
Giuseppe), LATELLA Antonino, FICARA Giovanni cl. 64, BILLARI Costantino Carmelo
e MORABITO Rocco. Il provvedimento ruotava intorno a tre argomenti: la nomina del
nuovo capo-locale di Roghudi -vicenda che coinvolgeva PELLE Giuseppe, MORABITO
Rocco e LATELLA Antonino-, l’attualità della cosca FICARA-LATELLA e gli equilibri
all’interno della stessa -vicenda che coinvolgeva FICARA Giovanni, BILLARI Costantino
Carmelo e, ancora, LATELLA Antonino- e l’esistenza e l’attualità della cosca PELLE, di
cui fanno parte PELLE Sebastiano, PELLE Domenico e PELLE Antonio cl. 87.
Il provvedimento veniva convalidato dal G.i.p., che applicava ai nove soggetti sopra indicati
la misura della custodia in carcere.
Successivamente si accertava, inoltre, che la cosca PELLE disponeva di attività commerciali
(una ditta edile e un distributore di carburante) fittiziamente intestate a prestanome: per tale
ragione con ordinanza del 13.05.10 il G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria applicava
la misura della custodia in carcere a anche a CARBONE Sebastiano e FRANCONE
Giuseppe (ritenuti prestanome della famiglia PELLE) e disponeva il sequestro dei beni.
Tutte le ordinanze sopra indicate sono state confermate dal T.d.L.
Il procedimento é attualmente in fase di indagini preliminari.
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3.Il Procedimento penale n. 5731/2005 RGNR DDA ( c.d. Operazione META) nei confronti
di Condello Pasquale + 72 persone indagate del delitto di cui all’art. 416 bis c.p. per aver
fatto parte con ruoli apicali di una associazione a delinquere di tipo mafioso denominata
‘ndrangheta presente ed operante in prevalenza sul territorio regionale, ma anche su quello
nazionale ed all’estero, e delle articolazioni territoriali denominate “cosca DE STEFANO”,
“cosca CONDELLO” e “cosca LIBRI” .
Le indagini hanno consentito di ricostruire gli assetti criminali di Reggio Calabria,
documentando gli accordi tra i clan Condello e De Stefano-Libri, un tempo contrapposti e
oggi alleati per comuni interessi. È stata accertata la costituzione di un organismo
decisionale al vertice del quale c'erano Pasquale Condello detto "Il supremo", arrestato il 18
febbraio 2008 dopo 18 anni di latitanza, e Giuseppe De Stefano. I militari hanno sequestrato
beni mobili e immobili nella disponibilità delle due cosche, per un valore di oltre cento
milioni di euro: 18 imprese dei settori dell'edilizia e della ristorazione, stabilimenti balneari
e centri sportivi, 26 appezzamenti di terreno, 22 appartamenti, 12 unità immobiliari a uso
commerciale situati a Reggio e provincia, 26 auto e 6 moto.
Dalle indagini è emerso, altresì, che l'associazione mafiosa avrebbe avuto anche il controllo
di alcuni appalti pubblici a Reggio Calabria, attraverso l'affidamento dei lavori a imprese
controllate dalle cosche. Un'attività controllata direttamente dal vertice, ovvero Pasquale
Condello e Giuseppe De Stefano. Nel procedimento figurano indagati trenta imprenditori
che avrebbero gestito gli appalti pubblici a Reggio e in altri centri della provincia per conto
dei clan.
Uno dei personaggi chiave dell'associazione mafiosa sgominata dalla Dda di Reggio è
l'avvocato civilista Vitaliano Grillo Brancati che,con la moglie Anna Maria Tripepi, anche
lei avvocato, «pur non essendo entrambi inseriti stabilmente nella struttura organizzativa
dell'associazione mafiosa» si occupava del controllo delle aste giudiziarie per assicurare alle
cosche l'acquisizione di immobili sequestrati.
Segmento dell’indagine ha per oggetto le ultime elezioni comunali a San Procopio, un
centro del Reggino. Dall'indagine è emerso in particolare il condizionamento da parte della
cosca Alvaro delle ultime elezioni comunali a San Procopio, per impedire e ostacolare il
libero esercizio del voto e procurare consenso elettorale ai componenti dell'associazione
mafiosa costituita insieme ad altre cosche. Tra i destinatari delle 42 ordinanze di custodia
cautelare emesse dal gip distrettuale c'è anche il sindaco di San Procopio, Rocco Palermo,
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che sarebbe legato alla cosca degli Alvaro. Il clan avrebbe appoggiato direttamente la lista
capeggiata da Palermo e avrebbe anche presentato un'altra lista, destinata a risultare
sconfitta in modo da fare apparire che le elezioni si svolgessero regolarmente.
4. Procedimento penale nr. 4290/04 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di ATTINA’ Domenico
+ altri per i reati di cui agli artt. 416-bis c.p., 629 c.p. e 513bis c.p. + 7 L. 203/91 e altro (c.d.
procedimento “Nuovo Potere”). Le indagini hanno origine in data 08.04.2004 quando, in
c.da Lacco di Melito Porto Salvo, ignoti killers, in un agguato di chiaro stampo mafioso,
attentano alla vita di SPANO’ Teodoro (proc pen 2113/04 RGNR/mod.44 DDA,
successivamente passato a mod. 21 e riunito al presente procedimento); ulteriore sviluppo
alle investigazioni viene fornito da un altro grave episodio delittuoso: in data 28.09.2004,
infatti, a Roccaforte del Greco veniva brutalmente assassinato PANGALLO Antonino detto
“U Chiumbinu” (Proc Pen 4290/04 RGNR/mod.21 DDA, cui viene poi riunito il p.p.
scaturito dal tentato omicidio di Spanò Teodoro). Le investigazioni svolte hanno consentito
non soltanto, come si vedrà, di fare luce sui fatti di sangue appena ricordati (con
individuazione di uno degli autori del tentato omicidio di Spanò Teodoro), ma anche di
acquisire elementi sull’attuale operatività dei sodalizi mafiosi insistenti sul territorio di
Roccaforte del Greco e zone limitrofe, sull’identità degli associati, sul loro ruolo all’interno
della organizzazione, sulle molteplici attività criminali poste in essere. Nei comuni di
Roghudi e Roccaforte del Greco esistono storicamente e risultano attualmente operative
due organizzazioni mafiose di cui una denominata “cosca ZAVETTIERI”, e una
denominata “PANGALLO – MAESANO - FAVASULI”. Le indagini che si sono
sviluppate dal 08.04.2004 fino a tutto il 2007 hanno permesso di accertare i vari accoliti
appartenenti ai due sodalizi, nonché le attività illecite che gli stessi pongono in essere. Le
2 famiglie mafiose insistenti nella zona in discorso, ormai in stato di non belligeranza, si
accordano al fine di gestire i traffici illeciti; in questo senso è stato approfondita
l’ingerenza delle organizzazioni criminali operanti sul territorio nel settore degli appalti
pubblici e nelle elezioni comunali. Le indagini effettuate hanno infatti consentito di
delineare la strategia delle cosche per accaparrarsi gli appalti pubblici. E’ stato accertato
che le ditte che dovevano partecipare all’appalto decidevano già in anticipo anche chi se lo
sarebbe aggiudicato. Il metodo utilizzato era quello classico, ovvero del massimo ribasso:
42
infatti le ditte partecipanti, sotto l’influenza mafiosa presentavano un offerta “pilotata”,
essendo già a conoscenza di quella presentata dalle altre concorrenti, in modo tale da
predeterminare l’offerta vincente. In cambio dell’assegnazione dei lavori, veniva corrisposta
una tangente in percentuale rispetto all’importo dell’opera.
5. Procedimento penale nr. 887/06 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di BRUZZESE Francesco
+ altri per i reati di cui agli artt. 416-bis c.p., 629 c.p. e 513bis c.p. + 7 L. 203/91 e altro (c.d.
procedimento “Kontakorion – Parola d’onore””). Le indagini svolte nell’ambito del p.p.
887/06 RGNR DDA dal Commissariato di P.S. di Condofuri avevano quale punto di
partenza il danneggiamento dell’escavatore di proprietà di RODA’ Giuseppe, piccolo
imprenditore edile del posto. Le investigazioni consentivano di accertare – grazie ad attività
d’intercettazione di conversazioni telefoniche e tra presenti - l’esistenza di un vero e proprio
locale di ‘ndrangheta, pienamente operante sul territorio di Condofuri, fondato su una
struttura gerarchica e su riti di affiliazione, dotato di una suddivisione interna di ruoli e
compiti, che ha disponibilità di armi, che mantiene solidi rapporti con altre realtà criminali
della provincia reggina, che mira al controllo del territorio per mezzo del potere di
intimidazione, che dimostra una considerevole capacità di infiltrazione
nell’amministrazione comunale e di condizionamento delle competizioni elettorali. Detta
attività veniva corroborata dalle risultanze delle indagini del p.p. 5186/07 RGNR/DDA,
condotte parallelamente con l’ausilio di diversa forza di Polizia Giudiziaria (Staz. CC di
Condofuri S. Carlo). Le indagini in questione, pur procedendo in parallelo a quelle condotte
dal Commissariato di P.S. di Condofuri, giungevano ad accertare i medesimi fatti e,
pertanto, confluivano nel procedimento principale. Le investigazioni condotte nel p.p.
887/06 RGNR DDA dal Commissariato di P.S. di Condofuri consentivano, inoltre, di
accertare la commissione di una serie di turbative d’asta, commesse, tra gli altri, dagli
indagati IARIA Maurizio e POERIO Giuseppe, per il tramite di TEDESCO Walter, soggetto
in grado di predisporre tutto il necessario per pilotare l’aggiudicazione degli appalti
pubblici, fungendo, altresì, da ‘cerniera’ tra gli imprenditori della provincia di Reggio
Calabria.
43
6. Procedimento penale nr. 2401/07 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di COSTA Tommaso +
altri per i reati di cui agli artt. 416-bis c.p., 629 c.p. – 575, 577 c.p. + 7 L. 203/91 e altro
(c.d. procedimento “Mistero”). Si è già detto sopra che le indagini svolte in questo
procedimento hanno permesso di individuare l’autore dell’omicidio di Simari Pasquale. Al
di là della vicenda omicidiaria, lo sviluppo delle investigazioni ha consentito, inoltre, di fare
luce sulla attuale operatività, sulla consistenza, sulla capacità di intimidazione, sulla
gerarchia interna della cosca mafiosa degli Ursino operante in Gioiosa Jonica, cosca
“federata” a quella dei Costa-Curciarello di Siderno. Della stessa è stato possibile ricostruire
la collocazione attuale nel sistema di alleanze mafiose in atto nella fascia ionica reggina, ma
anche la pervasiva attività estorsiva ed il controllo di alcune attività commerciali per mezzo
di prestanome. Le indagini hanno condotto all’arresto, tra gli altri, del boss URSINO
Antonio.
7. Procedimento penale n. 1389/08 RGNR DDA contro Pelle Giuseppe ed altri sottoposti a
indagini per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.. In data 23 aprile 2010 questo Ufficio ha
disposto il fermo di Pelle Giuseppe, dei suoi fratelli, di Ficara Giovanni e di Morabito
Rocco, quali esponenti di primissimo piano delle cosche di ‘ndrangheta di S. Luca, di
Reggio Calabria e di africo. Le indagini preliminari sono in corso.
8. P.P. 4841/08 RGNR DDA a carico di Schimizzi Paolo e Canzonieri Donatello, per il
danneggiamento mediante attentato dinamitardo dell’esercizio commerciale bar pasticceria
Malavenda di via Santa Caterina di Reggio Calabria e per estorsione in relazione alla
commessa dei lavori di tinteggiatura del locale.
L’esercizio commerciale bar pasticceria “Malavenda” di Santa Caterina, locale storico della
città, è stato oggetto di attentato dinamitardo nella notte tra il 24 ed il 25 febbraio 2009,
poche settimane dopo l’inaugurazione del nuovo locale ristrutturato.
Il 24.08.2009 è stata disposta, su richiesta di questo Ufficio risalente al 18.06.2009, la
misura cautelare della custodia in carcere a carico degli indagati.
La ricostruzione delle cause dell’attentato che ha portato alla richiesta ed all’applicazione
della misura cautelare ha consentito di verificare come lo stesso sia riconducibile ad una
precedente offerta, non accolta, per lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione del locale da
44
parte di impresa riferibile alla famiglia Tegano ed in particolare alla persona di Schimizzi
Paolo.
Il processo è attualmente ancora in fase di istruttoria dibattimentale.
9) Procedimento penale nr. 4129/06 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di Crea Teodoro + 23
per i reati di cui agli artt. 416-bis c.p., 629 c.p. e 378 c.p. + 7 L. 203/91 (c.d. procedimento
“Toro”).
Le indagini hanno avuto ad oggetto una delle più potenti organizzazioni criminali della
Piana di Gioia Tauro: la famiglia mafiosa dei CREA di Rizziconi.
L’esistenza del sodalizio mafioso dei CREA di Rizziconi, facente capo al capostipite ed
indiscusso leader del gruppo, CREA Teodoro cl.39, costituisce una realtà storico-giudiziaria
già accertata con la sentenza passata in cosa giudicata emessa all’esito dello storico processo
contro De Stefano Paolo + 59, al termine del quale il Crea riportò la condanna, passata in
cosa giudicata, per essere introneo ad una associazione per delinquere di stampo mafioso.
Tuttavia, anche all’esito di quel giudizio, la realtà criminale della cosca mafiosa dei CREA
non ha cessato in alcun modo di esistere, proiettandosi sino ai giorni nostri, con una potenza
nient’affatto diminuita dal passare degli anni, bensì accresciuta esponenzialmente nel
tempo, grazie all’emergere di altre personalità di assoluto spessore criminale, pur
continuando a mantenere in CREA Teodoro la figura carismatica cui fare principale
riferimento.
Merito delle indagini condotte è stato proprio quello di arrivare a dimostrare l’attualità
dell’esistenza del gruppo ‘ndranghetistico considerato e la drammatica pericolosità dello
stesso, alla luce della molteplicità degli interessi criminali perseguiti e della tentacolarità
della sua capacità d’azione.
Infatti, come tutti i moderni fenomeni mafiosi, quello dei CREA costituisce una realtà
criminale di straordinaria pericolosità in quanto, ormai lontana dai vecchi stereotipi mafiosi,
ha dimostrato di sapersi comportare da vera e propria holding del crimine: partendo da un
capillare ed assoluto controllo del territorio, perpetrato ed assicurato mediante il sistematico
ricorso alla violenza e che nel corso del tempo ha permesso di garantire lunghe latitanze a
beneficio dei principali membri del gruppo (primo fra tutti proprio il boss CREA Teodoro,
nonché suo figlio CREA Giuseppe), la famiglia mafiosa dei CREA, in costante crescendo,
45
ha saputo affermarsi in ogni campo criminale, dall’imposizione di guardianie alla
perpetrazione di attività estorsiva ai danni di qualsiasi attività sia pur minimamente
remunerativa condotta sul territorio di influenza, sino a fenomeni di imprenditorialità pura
praticati sia mediante l’occulta adesione ad ambiziosi progetti commerciali altrui, da
strumentalizzare e capitalizzare poi in propri guadagni criminali, sia mediante il diretto
ingresso nell’attività economica, attuato con l’accaparramento di remunerativi appalti e con
attività di riciclaggio degli immensi capitali illeciti accumulati mediante l’accaparramento
immobiliare non solo sul territorio calabrese ma anche fuori dai confini dello stesso.
A tutto ciò non può non aggiungersi chiaramente la capacità dimostrata dalla cosca di
determinare l’assoluto condizionamento della realtà politica locale, con asservimento delle
amministrazioni pubbliche ai voleri del sodalizio criminale (il riferimento è allo
scioglimento dell’amministrazione comunale di Rizziconi per infiltrazioni mafiose, disposto
con decreto prefettizio del luglio del 2000).
Per finire, se quanto accennato non fosse sufficiente a rappresentare l’importanza e la
pericolosità della famiglia ‘ndranghetistica dei CREA di Rizziconi, a conferma della stessa
milita un ulteriore risultato raggiunto con le indagini condotte: l’accertamento delle alleanze
mafiose degli stessi CREA, con alcune tra le più importanti e storiche compagini mafiose
della zona, quali i RUGOLO ed i MAMMOLITI di Castellace (dove è stato arrestato il
CREA Teodoro nel corso di un summit mafioso a cui partecipavano esponenti delle due
famiglie citate), e gli ALVARO di Sinopoli (coi quali il rapporto è stato cementato anche
attraverso unioni familiari come il matrimonio tra Crea Giuseppe, figlio di Teodoro e Maria
Grazia Alvaro, figlia di Nicola e nipote di Carmine) ed i SANTAITI di Seminara.
Il processo è stato definito con la condanna degli imputati, anche in appello.
10. il procedimento penale nr. 1784/07 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di Princi Antonino +
4 per il reato di cui all’art. 416-bis c.p.(Cosca Rugolo).
Detto procedimento costituisce una sorta di prosecuzione dell’indagine relativa al
procedimento penale n. 4129/06 RGNR-DDA (c.d. operazione “Toro”), che ha tra l’altro
riguardato un’attività estorsiva posta in essere da alcuni componenti della cosca mafiosa dei
CREA, operante in via egemonica nel territorio di Rizziconi, nei confronti dei soci della
DEVIN spa e cioè di INZITARI Pasquale, VASTA Rosario e DE MARTE Ferdinando, che
avevano acquistato dai CREA il terreno su cui realizzare il centro Commerciale “Porto degli
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Ulivi”. Sulla vicenda è già intervenuta sentenza di condanna del Tribunale di Palmi nei
confronti di CREA Teodoro, CREA Domenico e CREA Giuseppe.
Dagli atti di quel procedimento si intuiva l’esistenza e l’operatività della cosca CREA ed
una sorta di interazione della stessa con altra consorteria mafiosa operante in via egemonica
nel territorio di Castellace e cioè della cosca RUGOLO. Peraltro, in ordine alla sussistenza
della cosca CREA si acquisivano peraltro importanti elementi probatori nell’ambito di altro
procedimento penale (c.d. Operazione PAPERMILL) già conclusosi in 1° grado con una
sentenza di condanna di vari esponenti della cosca CREA per associazione di stampo
mafioso e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Gli esiti della nuova indagine consentono di ritenere sussistente nel territorio di Castellace
una consorteria criminale, denominata RUGOLO, capeggiata dall’anziano boss RUGOLO
Domenico e risorta dalle ceneri della cosca MAMMOLITI – RUGOLO, sfaldata da note
vicende giudiziarie del passato e, soprattutto, dalla presenza di un collaboratore di giustizia,
MAMMOLITI Saverio, che ha minato la graniticità del vincolo familiare, concetto su cui
storicamente si basava l’intero nucleo.
In tale “rinnovata” cosca RUGOLO è emerso prepotente il ruolo dei generi del RUGOLO
Domenico ed, in particolare, di ROMEO Domenico, impegnato quale prestanome del
suocero nel settore degli appalti, e ancor più di PRINCI Antonino, impegnato nella
riorganizzazione del sodalizio criminoso e nell’attività di riciclaggio e reimpiego nel settore
imprenditoriale dei proventi illeciti della cosca. E’ quest’ultimo (od almeno lo è stato prima
di essere ucciso il 26 aprile 2008) un personaggio capace di assicurare unità e continuità al
sodalizio criminoso anche oltre il ruolo di vertice svolto dal suocero ed indipendentemente
dalla presenza del medesimo. Le capacità strategiche del PRINCI emergono in modo
particolare nella vicenda del Centro Commerciale “Porto degli Ulivi”, nell’ambito della
quale lo stesso è stato in grado di approfittare della crisi determinatasi tra la tracotante cosca
CREA ed i soci della DEVIN, per ottenere in un sol colpo il doppio risultato
- di liberarsi del latitante CREA Teodoro, facendolo arrestare attraverso una ben
congegnata attività collaborativa con le Forze dell’Ordine condotta senza esporsi
personalmente ma avvalendosi dell’intermediazione del VASTA Rosario,
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- e di entrare, in compenso dell’aiuto e protezione prestata ai soci della DEVIN ed
attraverso la fattiva collaborazione del cognato INZITARI Pasquale, esponente politico
regionale, come socio occulto nell’affare del Centro Commerciale.
Su richiesta di quest’Ufficio il Giudice per le Indagini preliminari depositava in data 06
maggio u.s. ordinanza applicativa di misure cautelari in carcere e contestuale sequestro
preventivo di beni e conti correnti appartenenti ad indagati gravemente indiziati di
appartenere ad associazione di cui all’art. 416-bis c.p..
Il processo è stato definito in sede di giudizio abbreviato, davanti al GUP presso il Tribunale
di Reggio Calabria, in data 18.9.2009 con sentenza di condanna per tutti gli imputati . In
data 10/03/2010 gli atti sono stati trasmessi alla locale Corte di Appello per il gravame.
11. Procedimento 6268/06 RGNR DDA per il reato di cui all’art. 416 bis c.p, a carico di
Alvaro Giuseppe + 23.
All’esito delle indagini quest’Ufficio ha emesso decreto di fermo eseguito a luglio del 2008:
Oggetto dell’indagine è stata l’attività delle cosche Alvaro, Piromalli e Molè con
riferimento ad alcuni aspetti della gestione del porto di Gioia Tauro. Si tratta di alcune delle
cosche di più antica tradizione e più potenti della ‘ndrangheta e se ne è avuta conferma in
una conversazione intercettata dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria.
Sul finire dello scorso anno, ARCIDIACO Gioacchino - amico di PIROMALLI Antonio,
figlio di PIROMALLI Giuseppe, detenuto, sottoposto allo speciale regime detentivo di cui
all’art. 41 bis ord. pen., capo di una delle più potenti ‘ndrine insediate nella Piana di Gioia
Tauro - doveva incontrare l’on. Marcello DELL’UTRI per prospettargli talune situazioni
che riguardavano la famiglia PIROMALLI e sollecitare un suo intervento. Il 02 dicembre
2007 viene intercettata una chiamata telefonica nel corso della quale ARCIDIACO, in vista
di questo importante incontro, chiede lumi a MICCICHE’ Aldo, ex uomo politico da tempo
residente in Venezuela. “Voglio capire in che termini mi devo proporre” domanda
ARCIDIACO e MICCICHE’ non ha al riguardo alcun dubbio: “La Piana ... la Piana è cosa
nostra facci capisciri … il Porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi, insomma! Hai capito o
no? Fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite
noi, mi hai o capito? ... ”. E, per spiegarsi meglio, aggiunge: “ricordati che la politica si
deve saper fare … ora fagli capire che in Calabria o si muove sulla Tirrenica o si muove
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sulla Ionica o si muove al centro ha bisogno di noi … hai capito il discorso ? E quando dico
noi intendo dire Gioacchino ed Antonio, mi sono spiegato ? ..”
Parole che testimoniano non solo di quanto sia esteso, profondo e ramificato il potere
mafioso esercitato dalla famiglia PIROMALLI – ai cui componenti, Antonio e Gioacchino
fa esplicito riferimento MICCICHE’ nel corso della citata conversazione – ma anche e
soprattutto quali capacità di proporsi verso l’“esterno”, addirittura al livello istituzionale
nazionale, tale famiglia possa vantare.
Anche se con il trascorrere degli anni le attività economiche nell’area del porto di Gioia
Tauro hanno avuto un forte incremento, il potere di controllo esercitato dalle potenti ‘ndrine
PIROMALLI e MOLE’ sugli affari del porto è rimasto intatto, anzi si è evoluto secondo un
modello che ormai caratterizza il modus operandi delle più importanti organizzazioni
mafiose, quello del passaggio dallo sfruttamento parassitario delle risorse attraverso forme
di imposizione “esterne” alla scelta di “farsi impresa” attraverso un complesso sistema di
patti strategici con settori dell’imprenditoria, che ha visto la scomposizione degli storici
cartelli mafiosi e la ricomposizione di nuove forme di alleanza tra le più potenti ‘ndrine
insediate ed operanti nell’area della Piana.
Queste sono le conclusioni che oggi consentono di formulare gli esiti delle complesse
attività investigative effettuate dalla Polizia di Stato sugli affari in corso nell’area portuale,
sul ruolo svolto nell’intera zona dai PIROMALLI, dai MOLE’ e dagli ALVARO di S.
Procopio e sullo stato dei reciproci rapporti.
Più in particolare le indagini hanno fatto emergere l’attività delle cosche con riferimento ad
una delle imprese operanti all’interno del porto, la cooperativa All Services.
Per circa due anni, dal 2006 fino ai primi mesi del 2008, due diversi gruppi si sono contesi
l’acquisizione della All Services, preventivamente portata, attraverso una ben congegnata
strategia, allo stato di liquidazione coatta amministrativa: da un lato i MOLE’, attraverso
MOLE’ Girolamo (cl. ’63) - cugino dei più titolati fratelli, MOLE’ Girolamo (’61), MOLE’
Domenico (cl. ’63) e MOLE’ Rocco (cl.’65) - ed il suo braccio operativo ARENA
Giuseppe, dall’altro una cordata formata da un imprenditore romano, D’ARDES Pietro,
titolare della Cooperativa Lavoro di Roma, ma con attività in Calabria, affiancato dall’avv.
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Giuseppe MANCINI ed alleatosi con gli ALVARO di S. Procopio, con l’avallo dei
PIROMALLI.
La lunga contesa ha visto prevalere il gruppo capeggiato da D’ARDES, che è riuscito ad
imporsi ottenendo, nei primi mesi del 2008, la cessione della cooperativa All Services
attraverso l’affitto d’azienda.
Sullo sfondo, il potere di direzione esercitato dai capi mafiosi detenuti, MOLE’ Girolamo
(cl. 61) e PIROMALLI Giuseppe (cl. ’45), un potere esercitato nonostante che entrambi
siano detenuti ed il PIROMALLI addirittura sottoposto allo speciale regime detentivo
imposto dall’art. 41bis ord. pen., le cui attuali maglie evidentemente non hanno impedito la
funzionalità del circuito comunicativo con l’esterno. Il PIROMALLI, infatti, attraverso il
proprio figlio Antonio (cl.’72), ha continuato a gestire gli affari della sua cosca.
Analogamente, ha operato anche MOLE’ Girolamo (cl.’61), detenuto, che attraverso i
propri congiunti, tra cui il figlio Antonio, invia disposizioni per la gestione di importanti
affari, tra i quali quello della All Services, ricevendo notizie dai suoi uomini sul territorio.
Un interscambio con l’esterno tanto più importante e decisivo per il futuro sviluppo della
presenza e delle attività della cosca che il MOLE’ concorre a dirigere, perché a cavallo di un
difficilissimo momento, segnato da ben quattro particolari eventi: la perdita da parte del
gruppo MOLE’ della battaglia per l’acquisizione della All Services, consumatasi la mattina
del 31 gennaio 2008 con la cessione al gruppo capeggiato dall’imprenditore D’Ardes
dell’azienda; la contestuale e quasi conseguenziale uccisione, il giorno successivo 01
febbraio 2008, di MOLE’ Rocco, in quel momento libero, fratello di Girolamo e reggente
della ‘ndrina MOLE’; la successiva eliminazione, il 26 aprile 2008, di PRINCI Antonino,
imprenditore legato ai MOLE’; la rottura degli storici rapporti con la cosca dei
PIROMALLI, oramai entrata in stabile alleanza con quella degli ALVARO.
Eventi che hanno finito per determinare il mutamento degli equilibri mafiosi in tutta la zona.
MOLE’ Girolamo ne è tanto consapevole che, sin dalle prime avvisaglie dello strapotere
accumulato dai PIROMALLI, della corrispondente perdita di posizioni da parte dei suoi
uomini e del conseguente determinarsi di un clima di tensione e conflittualità tra le famiglie
da sempre alleate, già il 27 settembre 2007, mette in guardia il suo interlocutore, il nipote
50
STANGANELLI Domenico, richiamandolo a stare “al suo posto” per non distruggere quel
potere mafioso frutto di oltre “cento anni di storia”.
“Poi i fatti devono seguire … alle parole … ai discorsi non alle parole ai discorsi devono
seguire i fatti … con i fatti senza parole inc dietro le sbarre …e noi …noi …sei tu a dire a
tuo nipote … se tuo nipote dice …chi lo dice! Che è scostumato uno, chi lo dice? inc…
perché se lui …se il figlio di Mico o Mommo o Ciccio fa un messaggio sbagliato stai
tranquillo che o mio zio o l’altro zio mala nova pigliagli nerva (picchialo) gli deve dire “ti
devi stare a posto tuo” perché qua ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare, ecco
…tu ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare tu …se ti vuoi alleare… se voi
insieme o per fatti tuoi però su una giusta linea fai quello che vuoi …però se tu …questa
linea la tieni pure tu, … devi sapere che ad un certo punto ognuno …allora la storia
qualcosa conta, i sacrifici, il carcere e tutto il resto conta … noi rispettiamo il passato e
rispettiamo la storia …e noi rispettiamo e rispettiamo …e noi… di noi, non sbaglieremo mai
inc mai!”.
Attualmente il processo è stato definito con decreto che dispone il giudizio nelle forme del
rito ordinario davanti al Tribunale di Palmi, per circa metà degli imputati. Il dibattimento
ancora in corso è alla battute conclusive. Gli altri hanno scelto di essere giudicati nelle
forme del rito abbreviato che è stato definito in data 08.10.2009 con condanna di 9 imputati.
12. Il procedimento penale nr. 1348/01 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di Bellocco Giuseppe
ed altri (c.d. procedimento “Arca”).
Questo processo ha avuto per oggetto le infiltrazioni delle ndrine della Piana di Gioia Tauro
nei lavori di rifacimento-ammodernamento della autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria
nel tratto Serre-Gioia Tauro.
I risultati investigativi raggiunti hanno come cornice generale le dichiarazioni di un
collaboratore di giustizia, Antonio Di Dieco, sopraggiunte, peraltro, quando le indagini della
P.G. erano ormai concluse. In sintesi, il collaboratore ha dichiarato che le cosche della Piana
si erano interessate ai sub-appalti relativi ai lavori di ammodernamento-rifacimento
dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e, precisamente, per i settori della
movimentazione terra e fornitura inerti, nonché per i settori relativi ai cc. dd. noli “a caldo”
(ossia con fornitura di manodopera per i mezzi dati a nolo) ed a “freddo” (ossia solo con il
51
noleggio del mezzo). In particolare, l’accordo fra le cosche – e fra queste e l’ente appaltante
(ossia la grande ditta del Nord aggiudicatasi il lavoro) era intervenuto preventivamente
all’inizio dei lavori medesimi seguendo il criterio che ogni cosca aveva competenza sul
tratto autostradale che insisteva sul territorio da essa controllato.
In tal modo, e mediante il ricorso a ditte intestate fittiziamente a prestanomi di comodo, le
cosche si sarebbero garantite:
introiti diretti, intesa in tale espressione gli emolumenti pagati dalla ditta appaltante
per i vari sub-appalti e/o noli;
la possibilità di effettuare sovra-fatturazioni (tramite la realizzazione di opere di
qualità inferiore a quelle dichiarate) – in pieno accordo con la stazione appaltante -
finalizzate a mascherare il “pizzo” da pagare alla ‘‘ndrangheta o, come più propriamente
afferma il Di Dieco, per pagare la necessaria “tassa ambientale”;
l’accesso al lavoro di persone fidate e comunque collegate alla ‘‘ndrangheta, con
l’effetto riflesso di muoversi come reale “ufficio di collocamento”, con tutti i risvolti
clientelari annessi e connessi;
le ditte non gradite sarebbero state scoraggiate direttamente dalla ditta appaltante a
partecipare ai sub-appalti paventando prezzi di base estremamente bassi e non remunerativi
per i subappaltatori;
ed infine, un intervento di tipo “classico” (danneggiamenti alle cose, minacce etc.)
nei confronti di quelle ditte non gradite che nonostante l’intervento scoraggiante dell’ente
appaltante “si fossero ostinate” a partecipare.
Le indagini della p.g. hanno confermato tali dichiarazioni. Anche il riferimento del Di
Dieco all’infiltrazione mafiosa in ambienti sindacali combacia perfettamente con i dati
acquisiti, essendo Noè Vazzana, sindacalista della Piana coinvolto a vario titolo nelle
indagini, parente diretto del famosissimo e temutissimo Gregorio Bellocco, all’epoca
latitante, poi catturato. Ma non è tutto: anche la “tassa ambientale”, che il Di Dieco
quantizza nel 3%, ha trovato indiretta conferma nella intercettazione telefonica in cui un
responsabile di una delle grandi ditte appaltatrici esplicitamente afferma l’esistenza di un
3% quale voce relativa alla “sicurezza cantieri”.
In data 02 luglio 2007 il Giudice per le Indagini preliminari emetteva provvedimento
custodiale nei confronti di nr. 15 indagati e sequestro preventivo di varie ditte riconducibili
52
a soggetti appartenenti a famiglie di ndrangheta, cui successivamente hanno fatto seguito
altre richieste di sequestro preventivo e susseguenti provvedimenti del Giudice.
Il processo è stato definito in data 08.7.2009 dal GUP di Reggio Calabria con sentenza ex
artt. 438 e segg. c.p.p. con condanna di alcuni imputati ed assoluzione di altri.
Sostanzialmente, le condanne, seppur di primo grado, hanno confermato l’impostazione
accusatoria per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose nell’esecuzione delle opere; il
Giudice non ha invece accolto le tesi dell’Accusa sulla responsabilità dei dipendenti della
ditta appaltatrice dell’opera in ordine al reato di truffa aggravata e/o frode nelle pubbliche
forniture. Il dibattimento nei confronti di 6 imputati è ancora in corso innanzi al Tribunale di
Palmi.
13. Il procedimento penale nr. 3205/07 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di Gioffrè Rocco
Antonio + 21 per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. inerente le infiltrazioni mafiose nel
Comune di Seminara.
Il processo è pendente davanti al Tribunale di Palmi.
Gli imputati che hanno chiesto di essere processati nelle forme del rito abbreviato sono stati
giudicati, con sentenza di condanna (per un imputato) ed assoluzione (per due imputati),
davanti al GUP di Reggio Calabria
14.Il procedimento penale n. 75/05 RGNR-DDA (c.d. operazione “Testamento”) nei
confronti di Libri Pasquale + 19, imputati per i reati di cui all’art. 416 bis c.p., 110,416 bis
c.p., 629 c.p., 56,629 c.p. , 81 c.p. 12 quinquies l. 356/92 e 7 l. 203/91.
Con ordinanza emessa in data 13/7/2007 il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria
disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di n. 15 indagati ed il sequestro
preventivo di tre società ed una ditta individuale.
Esercitata l’azione penale il Giudice per l’Udienza Preliminare ha rinviato a giudizio
davanti al competente Tribunale in composizione collegiale n. 6 imputati; le ulteriori
posizioni, tutte ammesse al rito abbreviato, sono state definite in data 06 marzo 2009 con
sentenza di condanna.
Il processo in questione è di particolare importanza perché ha ricostruito le vicende interne
ad una delle cosche più importanti della città di Reggio Calabria, anche con riferimento alla
“successione” al vertice di Pasquale Libri dopo la morte del fratello Domenico (Micu).
53
15. Il procedimento n.1272/07 RGNR DDA (cd. operazione "Onorata Sanità"), nei confronti
di ASARO Salvatore ed altri, indagati per i reati di cui agli artt.416 bis c.p., 323-479, 640
cpv, 640 bis c.p., 12 quinques della legge 7.8.92, n.356 ed altro.
Con ordinanza del 21 gennaio '08, il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria disponeva
la custodia cautelare in carcere nei confronti di n. 18 indagati ed il sequestro preventivo d
società srl VILLA ANYA.
L'indagine costituiva un ulteriore sviluppo delle investigazioni compiute a seguito
dell'omicidio dell'on.FORTUGNO, ed in particolare l'approfondimento delle infiltrazioni
mafiose nell'ambito del consiglio regionale e del mondo della sanità pubblica.
Le indagini già compiute avevano permesso di individuare uno dei moventi del grave delitto
nell'ambito dei grandi interessi economici ruotanti attorno alla competizione elettorale per
l'elezione del consiglio regionale dell'aprile '05 ed in particolare a quelli riguardanti
l'accaparramento e lo sfruttamento criminale delle risorse della sanità pubblica.
Nel prosieguo, si veniva ad individuare la creazione di un vero e proprio cartello elettorale
di cosche, tutte appartenenti alla fascia jonica della provincia di Reggio Calabria, di cui
facevano parte i CORDI' di Locri, i Talia di Bova i ZAVETTIERI -MORABITO di Africo che
alle elezioni regionali calabresi dell'aprile '05 avevano individuato nel candidato CREA
Domenico l'esponente politico di riferimento, su cui puntare e dalla cui elezione trarre vantaggi
economici a beneficio degli stessi sodalizi. La scelta cadeva sul CREA, da lungo tempo
protagonista della scena politica regionale, titolare di importanti interessi nel mondo della
sanità privata, in quanto vero dominus di una clinica del territorio, Villa Anja,
strumentalizzata al fine dì aumentare il proprio bacino elettorale, attraverso la collocazione di
posti di lavoro, appalti e servizi, garantiti attraverso il sistema del convenzionamento pubblico
della struttura privata.
Ciò veniva realizzato attraverso la compiacenza di un articolato sistema del quale facevano
parte una pluralità di pubblici funzionari posti in ruoli apicali dell'Asl di Reggio Calabria e
dell'assessorato alla sanità di Catanzaro che attraverso la commissione di reati di abuso e di
falso avevano permesso il convenzionamento finale della struttura Villa Anja del CREA col
servizio sanitario nazionale.
In data 16.1.2010 il GUP ha pronunciato condanna per tutti gli imputati che avevano scelto
il ‘rito abbreviato’, mentre il troncone dibattimentale, nel quale è imputato di concorso
54
esterno in associazione mafiosa l’ex consigliere regionale CREA Domenico, è attualmente
in corso avanti la seconda sezione del Tribunale di Reggio Calabria.
16. E’ stata poi esercitata l’azione penale nell’ambito del proc.n. 6429/08 RGNR DDA,
connesso al processo n.1272/07 RGNR, nei confronti dello stesso CREA Domenico.
E’ stato contestato il reato di peculato avente ad oggetto l’utilizzazione per finalità personali
delle sovvenzioni pubbliche percepite dal predetto quale componente del (mono)gruppo
politico del CCD, all’epoca rappresentato nel consiglio regionale calabrese, con conseguente
reimpiego delle stesse somme da parte della moglie FAMILIARI Angela, nell’ambito
dell’attività della struttura clinica privata Villa Anja: reati aggravati ex art.7 L.203/91, essendo,
nell’ipotesi accusatoria, la gestione della predetta struttura clinica, serbatoio di consenso del
CREA a beneficio delle varie cosche mafiose che nel tempo ne hanno appoggiato e sostenuto
la candidatura. E’ in corso la fase dibattimentale.
17. Il procedimento penale n. 1130/06 RGNR-DDA (c.d. operazione “Bellu Lavuru”),
concernente l’appalto pubblico relativo alla strada statale 106 - variante all’abitato di Palizzi
(RC) –.
Particolarmente complessa è stata l’indagine inerente i tentativi (peraltro concretizzatisi) di
infiltrazione mafiosa negli appalti relativi ai lavori di cui sopra.
All’esito delle indagini è stato emesso da quest’Ufficio decreto di fermo di indiziato di
delitto a carico di 33 persone, cui è seguita l’emissione da parte del competente Giudice per
le Indagini Preliminari di altrettanti provvedimenti cautelari.
Le indagini preliminari hanno consentito di tratteggiare i nuovi assetti criminali instauratisi
tra le varie consorterie criminali operanti nella fascia jonica della provincia reggina, in un
ampio territorio che si estende da Bova Marina ad Africo, rivelando ruoli, compiti, mansioni
e mandati ben precisi in relazione ad una molteplicità di soggetti, alcuni dei quali già
coinvolti in pregresse attività investigative, altri sino ad oggi ritenuti estranei al detto
contesto criminale e confermando ancora una volta l’evoluzione della ‘ndrangheta da
“rurale” ad “imprenditrice”. L’aspetto che emerge con forza in questo quadro è l’intervento
delle organizzazioni ‘ndranghetistiche nelle grandi opere pubbliche. tanto nella fase del
movimento terra, del trasporto e fornitura di inerti, che della fornitura di mezzi e
manodopera.
55
Tali considerazioni di carattere generale hanno trovato riscontro nelle acquisizioni
investigative con particolare riferimento ai lavori relativi alla realizzazione della variante
all’abitato di Palazzi della S.S. 106, quale appalto di sicuro rilievo per essere inserito nel
programma delle grandi opere di interesse nazionale.
Ciò che emerge con forza è il definitivo condizionamento degli aspetti esecutivi da parte dei
sodalizi mafiosi locali ed in particolare di quello facente capo alla storica famiglia di
‘ndrangheta dei MORABITO di Africo, la quale ha di fatto assunto il controllo delle attività
imprenditoriali relative all’appalto in questione, anche attraverso una serie di ditte intestate
fittiziamente a prestanomi ma di fatto riconducibili al predetto gruppo criminale, così
consentendo alla famiglia MORABITO di ottenere introiti diretti ed indiretti di sensibile
entità attraverso la riscossione dei pagamenti effettuati dalla ditta appaltatrice ed imputabili
alle varie forniture ottenute, anche in subappalto, ed ai numerosissimi noli a freddo oggetto
di specifici contratti. Questo sistema ha consentito, peraltro, la effettuazione di operazioni
sovrafatturate attraverso il meccanismo fraudolento legato alla realizzazione di opere di
qualità inferiore a quelle oggetto di pattuizione negoziale.
Le indagini hanno anche dimostrato che il sostanziale equilibrio raggiunto tra le cosche
appare legato proprio alla presenza di innovativi organismi – tra cui quello denominato
“base” – in grado di gestire la condivisa spartizione tra i vari sodalizi - alcuni dei quali in
passato interessati da cruenti faide - della gestione e controllo della fase esecutiva degli
appalti di interesse, ed in particolare di quella relativa alla costruzione della variante
all’abitato di Palizzi della S.S. 106.
Al termine delle indagini preliminari, questo Ufficio ha esercitato l’azione penale nei
confronti di 37 imputati, dei quali 33 hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato,
concluso con la condanna di quasi tutti gli imputati.
18. Procedimento penale 126/2005 RGNRDDA Rodà Alessandro + altri.
Si tratta di procedimento nell’ambito del quale è stata pronunciata in data 30.9.2008
sentenza nei confronti dei 9 imputati che hanno tutti richiesto di essere giudicati con rito
abbreviato.
La sentenza sancisce l’esistenza dell’operatività della cosca Talia-Rodà, cosca a base
prettamente familiare operante sul territorio di Bruzzano Zeffirio e territori limitrofi.
56
Con la citata sentenza sono stati condannati tutti gli imputati, in particolare Rodà
Alessandro, Rodà Domenico, Talia Francesco, Talia Pasquale, Talia Domenico imputati del
reato di cui all’art. 416 bis c.p.. Gli altri imputati sono stati condannati per reati in materia di
armi.
19. Nell’ambito del proc.n.2532/05 RGNR DDA, in data 15.9.09 è stata data esecuzione,
nel comprensorio della Locride, ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari
personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria in conformità ad una
richiesta inoltrata da questa D. D. A., avente ad oggetto il reato di associazione a
delinquere di tipo mafioso finalizzata alla commissione di una pluralità di reati, tra cui
rapine, estorsioni, usura, esercizio abusivo del credito, danneggiamenti, detenzione e
porto illegale di armi ed altro, reato contestato ad una pluralità di appartenenti alla cosca
CORDI’ di Locri.
L’operazione è giunta a conclusione di una complessa indagine diretta e coordinata dalla
D.D.A. (convenzionalmente denominata “Sharks”), ampliatasi attraverso gli esiti delle
attività riscontro delle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia NOVELLA
Domenico e PICCOLO Bruno.
La complessa attività investigativa così portata a termine ha consentito di aggiornare il
profilo della composizione e della articolazione di una delle più note “famiglie” mafiose
del comprensorio jonico della provincia, la cosca CORDI’ appunto, documentandone la
persistente, piena operatività ed attualizzandone il quadro sia dei referenti sul territorio
che delle più recenti forme di manifestazione criminale.
Di pari passo è stata fatta luce su una pluralità di reati “fine” riconducibile agli
appartenenti alla cosca, tra cui una pluralità di atti a contenuto intimidatorio commessi
con l’utilizzo di armi, e soprattutto una serie di condotte integranti il reato di usura che
costituisce una delle più ricorrenti ed insidiose attività criminali esercitate in maniera
capillare sul territorio dalle consorterie di ‘ndrangheta, ad opera sia di sodali che di
soggetti contigui. Sotto questo profilo, di particolare rilevanza è apparsa la collaborazione
prestata dalle vittime che con le loro coraggiose dichiarazioni hanno permesso di fare
luce su di un fenomeno criminale estremamente pericoloso e particolarmente incidente
sul territorio della locride.
57
L’attività compiuta dalla P.S. ha invece permesso di individuare una serie di vicende
d’infiltrazione della cosca nell’aggiudicazione di remunerativi appalti pubblici: ciò, sia
mediante il taglieggiamento della ditta aggiudicataria, sia attraverso l’aggiudicazione
diretta o in sub-appalto dei lavori commissionati a ditte direttamente riconducibili agli
appartenenti alla cosca. Sotto questo profilo, importanti sono state invece i riscontri
acquisiti alle dichiarazioni rese dal collaboratore NOVELLA Domenico.
Sedici sono state le misure restrittive eseguite dai Carabinieri, nove quelle affidate per
l’applicazione alla P. di S., nei confronti di altrettanti destinatari, dei quali: tredici
indagati quali promotori, organizzatori o partecipi della anzidetta associazione mafiosa;
i rimanenti dodici ritenti responsabili di reati di usura, estorsione, violenza, minaccia,
danneggiamento, violazione delle leggi sulle armi e condotte finalizzate al controllo di
attività economiche, illeciti questi comunque commessi avvalendosi della capacità
intimidatoria ed al fine di agevolare l’attività dell’indicato sodalizio criminale di
riferimento.
A queste ordinanze si è aggiunta l’esecuzione di due provvedimenti di fermo emessi da
questa DDA nei confronti di due indagati, per il pericolo di fuga degli stessi.
Determinanti in tal senso, sono state le dichiarazioni rese da ultimo da un terzo
collaboratore, MARINO Vincenzo, che ha fato luce sull’attribuzione del superiore grado
‘ndranghetistico di ‘sgarrista’ avvenuto nel carcere di Locri nei confronti di CORDI’
Cesare e CORDI’ Attilio, nel periodo di poco antecedente alla loro scarcerazione, allo
scopo di permettere agli stessi di riorganizzare le file della famiglia Locri, coinvolta
nell’estate del ’05 nella recrudescenza della storica faida coi CATALDO.
Da sottolineare che le indagini hanno permesso di provare che i vertici della cosca
mafiosa (sia i capi storici CORDI’ Antonio e CORDI’ Vincenzo, sia i ‘rampolli’ CORDI’
Salvatore Giuseppe, CORDI’ Cosimo, CORDI’ Attilio e CORDI’ Cesare), hanno
continuato a fare parte integrante della stessa, in posizione apicale e con funzioni
decisionali, durante il periodo di carcerazione e nonostante la sottoposizione anche al
regime carcerario previsto dall’art. 41 bis Ord.pen., riuscendo comunque, tramite colloqui
e scambi epistolari, a mandare messaggi all’esterno, a beneficio dei soggetti rimasti sul
territorio.
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Contestualmente alle ordinanze di custodia cautelare è stata data altresì esecuzione a
decreti di sottoposizione a sequestro preventivo di attività economiche con sede in Locri,
riconducibili e strumentali al contesto associativo indagato.
Nell’ambito del suddetto procedimento sono state emesse nuove ordinanze di custodia
cautelare per ulteriori ipotesi di usura (con denuncia di nuove pp.oo.) e in data
27.07.2010 è stata avanzata al GIP di Reggio Calabria la richiesta di rinvio a giudizio.
Per alcuni degli imputati è pendente il giudizio abbreviato.
20. Il procedimento n. 6172/06 nei confronti di CHIEFARI Francesco imputato per i reati di cui
arti 10, 422 c.p., 56-629, 2° co. - in relazione all'art.628 2° co. n.l -, c.p.artt.10 e 12 della legge
n.497/74 ed all'art.7 della legge n.203/01.
In data 27.5.08 il Gup di Reggio Calabria emetteva sentenza di condanna ad anni quattordici
di reclusione.
La decisione del giudice costituiva un primo avallo giurisdizionale delle indagini compiute a
seguito della collocazione di ordigni esplosivi negli ospedali di Siderno e Locri, accompagnati
da missive di carattere minatorio ancora una volta dirette ai danni dell'on.LAGANA' Maria
Grazia, vedova dell'on. FORTUGNO. Le investigazioni avevano permesso di individuare nel
CHIEFARI, ex poliziotto allontanato dalla P.S. per motivi disciplinari, il responsabile,
sottoposto a fermo del p.m. poi convalidato dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria,
quando lo stesso cercava ulteriormente di estorcere somme di danaro in una presunta
trattativa coi Carabinieri per far ritrovare ulteriore esplosivo da utilizzare in altri atti intimidatori.
In data 22.12.2009 la Corte di Assise di Appello ha accolto l’appello della Procura
Distrettuale riconoscendo l’aggravante dell’art. 7 l.n. 203/91, in relazione all’addebito di
strage contestato al CHIEFARI. In sostanza è stato affermato giudizialmente che la vicenda
relativa alla collocazione degli ordigni al tritolo negli ospedali di Siderno e Locri (il primo
dei quali fatto esplodere) è connotata da ‘modalità tipicamente mafiose’.
21. Il procedimento penale n. 4951/05/rgnr/mod. 21/DDA, c.d. operazione “Bellezza”.
Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un gruppo criminale emergente nella
zona di Africo e di individuare gli autori dell’omicidio del giovane Giorgi Antonio; 20 gli
59
arrestati nel corso dell’operazione, di cui 18 hanno scelto il giudizio abbreviato e nei loro
confronti è stata emessa sentenza di condanna.
22. Il procedimento penale 1502/05 RGNR relativo agli arsenali di armi rinvenuti a seguito
della collaborazione di FIUME Antonino.
In data 22.4.2009 il GUP ha pronunciato sentenza di condanna del FIUME, con la quale è
stata accertata la riferibilità alla cosca DE STEFANO delle armi predette.
23. Il procedimento penale n. 4059/04 RGNR relativo alla articolazione della cosca DE
STEFANO facente capo a Orazio DE STEFANO.
In data 2.2.2009 la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia di
primo grado per tutte le statuizioni riguardanti il reato associativo.
24. P.P. 4841/08 RGNR DDA a carico di Schimizzi Paolo e Canzonieri Donatello
Le indagini hanno per oggetto il danneggiamento mediante attentato dinamitardo
dell’esercizio commerciale bar pasticceria Malavenda di via Santa Caterina di Reggio
Calabria e il reato estorsione in relazione alla commessa dei lavori di tinteggiatura del
locale.
L’esercizio commerciale bar pasticceria “Malavenda” di Santa Caterina, locale storico della
città, è stato oggetto di attentato dinamitardo nella notte tra il 24 ed il 25 febbraio 2009,
poche settimane dopo l’inaugurazione del nuovo locale ristrutturato.
Il 24.08.2009 è stata disposta, su richiesta di questo Ufficio risalente al 18.06.2009, la
misura cautelare della custodia in carcere a carico degli indagati.
La ricostruzione delle cause dell’attentato che ha portato alla richiesta ed all’applicazione
della misura cautelare ha consentito di verificare come lo stesso sia riconducibile ad una
precedente offerta, non accolta, per lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione del locale da
parte di impresa riferibile alla famiglia Tegano ed in particolare alla persona di Schimizzi
Paolo.
Il processo è attualmente ancora in fase di istruttoria dibattimentale
25. procedimento penale 3925/08 R.G.NR.-D.D.A.
60
Il procedimento trae origine da una denuncia presentata da un commerciante di bibite,
CABULLIESE Felice, nel luglio 2008, il quale dichiarava di essere da anni vittima di
estorsione da parte di SURACE Mario e LATELLA Paolo (soggetto, quest'ultimo, già
arrestato perché ritenuto appartenente ad una organizzazione di tipo mafioso, precisamente
alla cosca capeggiata da ONORATO Giuseppe). Il CABULLIESE era stato costretto a
denunciare i fatti perché non riusciva a far fronte alle continue richieste del SURACE e del
PRESTO, ma in una prima fase aveva cercato di tener fuori altri soggetti coinvolti nella
vicenda (PRESTO Antonio, PRESTO Demetrio Antonino, PRESTO Demetrio, personaggi
gravitanti nella zona di Cannavò e ritenuti dalla P.G. vicini alla cosca LIBRI).
Le indagini permettevano di far luce sull'intera vicenda e in data 20.05.09 i cinque indagati
venivano tratti in arresto in esecuzione di ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di
Reggio Calabria.
26. p.p. 3629/09 R.G.N.R. D.D.A.
Le indagini riguardano alcuni personaggi ritenuti contigui alla cosca PIROMALLI di Gioia
Tauro. In data 12.05.09 la P.G. (Commissariato P.S. di Gioia Tauro) eseguiva una
perquisizione e, all'esito, traeva in arresto GUERRISI Teresa e ALBANESE Domenico
(rispettivamente madre e figlio) nella flagranza del delitto di detenzione di un vero e propio
arsenale (armi da guerra, munizioni, esplosivo).
27.Procedimento penale n.6587/08 RGNR DDA a carico di FILICE Giuseppe per il reato di
estorsione aggravata dall’art. 7 D.L. 152/1991.
Questo procedimento merita una particolare segnalazione perché la vittima dell’estorsione
ha immediatamente presentato denunzia fornendo elementi precisi (circostanza assai poco
frequente nel contesto reggino) e ha così consentito l’avvio di una mirata attività di indagine
che ha portato, nel giro di pochi giorni, al fermo di uno dei responsabili, FELICE Giuseppe,
legato alla cosca di “ndrangheta” dei Barreca; lo stesso è stato poi condannato alla pena di
anni sei di reclusione con il rito abbreviato.
28. proc. pen. n. 3457/08 R.G. notizie di reato/mod. 21 D.D.A
Nel corso degli accertamenti svolti dalla Commissione d’accesso presso la ex A.S.L. 11 di
Reggio Calabria (oggi A.S.P. nr.5), istituita con Decreto del Prefetto di Reggio Calabria del
61
27 giugno 2006, venivano riscontrate numerose situazioni relative al mancato avvio dei
procedimenti disciplinari. L’esame effettuato dalla Commissione ha permesso di fare
emergere 265 posizioni di soggetti, identificati e segnalati nella prima parte della relativa
relazione redatta dalla Commissione, i quali sono stati ritenuti permeabili alle infiltrazioni
della criminalità organizzata nell’Ente. In particolare sono emerse n. 18 posizioni relative a
soggetti che, in periodi di detenzione e/o latitanza, sono stati egualmente retribuiti; tra questi
ve ne sono alcuni condannati alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici ( tra
cui Morabito Francesco, figlio di Giuseppe “il Tiradritto”).
Sono state eseguite perquisizioni domiciliari e si prevede entro breve termine la chiusura
delle indagini preliminari.
29. Il procedimento penale n. 4018/07 RGNR DDA cd “Virus” nei confronti di Alvaro
Carmine + 13.
L’indagine ha avuto ad oggetto la rete di favoreggiatori del già latitante Carmine Alvaro da
Sinopoli nonché parte dei soggetti inseriti nell’associazione per delinquere di stampo
mafioso da questi capeggiata. Nell’ambito delle investigazioni si è avuto modo di
individuare una attività di riciclaggio di valuta estera di provenienza illecita per il tramite di
finanzieri compiacenti.di tale procedimento sono state emesse n. 14 ordinanze di custodia
cautelari nel febbraio 2009. In data 14/05/2009 è stato chiesto il rinvio a giudizio. Il
procedimento è stato definito in data 07/04/2010 con 13 condanne nei confronti degli
imputati che hanno scelto di essere giudicati con le forme del rito abbreviato ed 1 condanna
ex art. 444 c.p.p..
30. Il proc. pen. n. 4259/09 R.g.n.r. mod. 21 DDA nei confronti della cosca BELLOCCO di
Rosarno.
Tale procedimento per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. nei confronti di diversi esponenti
della cosca BELLOCCO di Rosarno (RC) e per diverse ipotesi di reato di cui all’art. 12
quinquies aggravato dall’art. 7 L. n. 356 del 1992 è scaturito da indagini, coordinate dalla
Direzione Distrettuale di Bologna e da quella di Reggio Calabria (poi definitivamente
trasmesse per competenza a questo Ufficio), che hanno evidenziato la attuale operatività
della ‘ndrina BELLOCCO, che, tra Rosarno e Granarolo dell’Emilia, ha continuato ad
occuparsi non soltanto dei tradizionali settori di intervento mafioso, ma si è da ultimo
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attivata, anche mediante il reperimento di armi, per “fronteggiare” il pericolo di una
generalizzata aggressione ai suoi componenti da parte di un gruppo criminale, al momento
presentatosi sotto le spoglie di AMATO Francesco, operativo nella zona di Bologna, ma con
attuali collegamenti con il territorio di Rosarno. Straordinaria la mole di elementi di prova
acquisiti, soprattutto grazie all’attività di intercettazione ambientale, che ha consentito di
registrare in diretta un vero e proprio summit mafioso convocato per organizzare un’azione
militare armata volta al consolidamento della egemonia della cosca sul territorio di Rosarno.
L’estrema gravità dei fatti e l’assoluta urgenza di bloccare le imminenti condotte delittuose
programmate hanno determinato questo Ufficio ad emettere nel luglio 2009 un decreto di
fermo per tutti gli esponenti della consorteria, poi convalidato dal GIP, con emissione di
misura cautelare della custodia di carcere (Operazione “Rosarno è nostro”). In seguito, nel
gennaio 2010, il G.I.P. su richiesta di questo Ufficio, ha emesso misura cautelare nei
confronti di 17 soggetti per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. (cosca BELLOCCO) e per il
reato di cui all’art. 12 quinquies L. n. 356 del 1992, con sequestro preventivo di numerose
attività commerciali, di beni aziendali e di quote di società con sede in Rosarno (RC)
(Operazione “Vento del Nord”). Nel luglio 2010, si è celebrata l’udienza preliminare, a
seguito della quale diversi imputati hanno scelto il rito abbreviato che si terrà nell’autunno
del 2010, mentre i restanti sono stati rinviati a giudizio davanti al Trib. Coll. Pen. di Palmi
(RC).
31. Il proc. pen. n. 881/07 R.g.n.r. mod. 21 nei confronti di Campolo Gioacchino.
Il procedimento ha per oggetto una indagine nei confronti di Gioacchino CAMPOLO -
esercente, attraverso la Ditta Individuale A.R.E., la gestione ed il noleggio di apparecchi da
gioco illegali - risultato utilizzare le ingenti somme provento di frodi fiscali, per acquistare,
attraverso società (tra cui la S.r.l. GRIDA di Reggio Calabria e la S.r.l. S.I.C.A.F. di Roma)
a lui (ed alla moglie) di fatto riconducibili, ma formalmente amministrate da terzi soggetti,
responsabili così del reato di riciclaggio di denaro di provenienza delittuosa, un numero
notevole di lussuosi immobili situati non solo nel centro della città di Reggio Calabria, ma
anche a Roma e Parigi. I complessi accertamenti bancari e patrimoniali, attività tecnica di
intercettazione ed istruttoria posti in essere hanno, inoltre, permesso di collegare tale
personaggio a diverse cosche operanti in città. In sostanza, è emerso che CAMPOLO
Gioacchino si è stabilmente accordato con gli esponenti apicali di diverse ‘ndrine, quali
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ZINDATO Gaetano Andrea (della cosca ZINDATO, egemone nel quartiere
Modena/Ciccarello), Mario AUDINO (della cosca AUDINO, egemone nel quartiere San
Giovanello), Orazio DE STEFANO (della cosca DE STEFANO, egemone nel territorio di
Reggio Calabria città), stringendo un patto secondo il quale il sodalizio criminoso nel
quartiere di competenza: 1) si sarebbe avvalso degli apparecchi della Ditta ARE nelle Sale
Giochi direttamente o indirettamente riconducibili alla cosca; 2) avrebbe imposto agli
esercenti commerciali di installare gli apparecchi della Ditta ARE del CAMPOLO, quale
soggetto legittimato dalla cosca a gestire il mercato dei videopoker, obbligando gli
imprenditori concorrenti a togliere le proprie macchinette. E il CAMPOLO in cambio
avrebbe garantito alla cosca ZINDATO certamente un introito sulle entrate dell’affare,
sostenendo le casse del gruppo criminale, anche finanziando con somme di denaro la cosca,
in tal modo fornendo un apprezzabile contributo di rafforzamento alla stessa, che acquistava
così consistenti liquidità economiche da distribuire ai singoli affiliati.
Nell’ambito di tale procedimento penale --- durante il quale si sono succedute diverse
ordinanze cautelari personali e reali emesse dal G.I.P. a partire dal luglio 2008 sino al
settembre 2009 su richiesta di questo Ufficio (per i reati di cui all’art. 648 bis c.p., 12
quinquies L. n. 356 del 1992, artt. 629 c.p. aggravato dall’art. 7 L. n. 203 del 1991 --- vi è
stato uno stralcio per la parte relativa alle estorsioni con dibattimento attualmente in corso
davanti al Trib. Coll. Pen. Sez. II, mentre per la parte “patrimoniale” (art. 12 quinquies e
riciclaggio) è in corso l’udienza preliminare davanti al G.U.P.
32. Il proc. pen. n. 2478/07 R.g.n.r. mod. 21 nei confronti di LOGIUDICE Luciano.
Il procedimento ha per oggetto fatti di usura e di fittizia intestazione di beni (art. 12
quinquies L. n. 356 del 1992), nei confronti di LOGIUDICE Luciano (personaggio ritenuto
elemento di spicco della consorteria mafiosa “LOGIUDICE” attiva nel quartiere di Santa
Caterina di Reggio Calabria) e PERLA Antonino. In data 19/10/2009, su richiesta di questo
Ufficio, il G.I.P. ha emesso ordinanza di misura cautelare personale e reale nei confronti di
LOGIUDICE Luciano, con sequestro preventivo di diversi esercizi commerciali a
quest’ultimo fittiziamente riconducibili situati sia a Reggio Calabria, sia a Milano. Ancora,
nel gennaio del 2010, il G.I.P. su richiesta di questo Ufficio ha emesso ulteriore ordinanza
di custodia cautelare per il LOGIUDICE e per PERLA Antonino per il reato di usura.
Infine, nel maggio 2010, il G.I.P. ha emesso altro provvedimento di sequestro preventivo di
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ulteriore attività commerciale riconducibile al LOGIUDICE, ma fittiziamente intestata a
prestanome. Attualmente, il procedimento penale ha avuto uno stralcio e, mentre per i fatti
di usura è in corso il dibattimento nei confronti di LOGIUDICE e di PERLA presso il Trib.
Coll. Pen. Sez. I, per i fatti di cui all’art. 12 quinquies L. n. 356 del 1992 sono ancora in
corso le indagini preliminari.
33. Proc. pen. n. 4653/02 RGNR-DDA nei confronti di Tropea Domenico +18, indagati per
i reati di cui agli artt. 110 c.p. , 12 quinquies l. 356/92 e 7 l. 203/91, 73 D.P.R. 309/90.
Il Tropea Domenico, soggetto più volte sottoposto a procedimento penale per associazione
a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti nonché per associazione per
delinquere di tipo mafioso, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di
prevenzione patrimoniali, aveva fittiziamente intestato a terzi società ed immobili dei quali
aveva la disponibilità. A seguito di richiesta del p.m. ed in accoglimento della stessa, con
provvedimento del 13/ 3/2007 il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria disponeva il
sequestro preventivo di n. 13 appartamenti, di un albergo e del patrimonio sociale di una
società operante nel settore dell’edilizia; il provvedimento è stato confermato dal Tribunale
del Riesame.
E’ stato richiesto il rinvio a giudizio degli indagati.
34. Procedimento penale 4963/03 R.G.N.R. DDA
Tale procedimento riguardava una serie di operazioni societarie la cui finalità era di
consentire a Leuzzi Cosimo, i cui beni aziendali erano stati confiscati a seguito di
provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria, sezione Misure di Prevenzione, di gestire
di fatto l’azienda confiscata e quindi di eludere l’applicazione della misura di prevenzione.
Leuzzi Cosimo risultava essere stato condannato in via definitiva per il reato di cui all’art.
416 bis c.p. nell’ambito del p.p. cosiddetto Stilaro.
Al Leuzzi ed ai suoi correi sono stati contestati i reati di cui agli artt. 648 bis c.p. e 12
quinquies L.356/1992 aggravati dall’art. 7 D.L. 152/1991. In sede di giudizio abbreviato il
Gup di Reggio Calabria in data 29.9.2009 pronunciava sentenza di condanna nei confronti
di tutti gli imputati riconoscendo la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 e
disponendo la confisca delle aziende in sequestro.
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35. Procedimento Penale n. 2986/09 RGNR DDA a carico di Canali Olindo per il reato di
cui all’art. 372 c.p., aggravato ex art. 7 l.203/1991.
Il procedimento traeva le mosse dal suicidio del prof. Adolfo Parmaliana, avvenuto il
3.10.2008. Il prof. Parmaliana lasciava una lettera ai familiari in cui additava, quale
responsabile dell’insano gesto, una certa parte della magistratura di Barcellona Pozzo di
Gotto e di Messina inerte, a suo giudizio, rispetto alle denunce che il defunto presentava,
anche quale segretario della sezione dei DS di Terme Vigliatore.
Nell’alveo delle investigazioni avviate da questo ufficio si inserivano le denunce dell’avv.
Fabio Repici, che evidenziavano la falsità della deposizione del dott. Olindo Canali,
chiamato a deporre, nell’ambito del procedimento c.d. “Mare Nostrum” circa un memoriale
di tre pagine riconosciuto come autografo dal magistrato. La falsità della deposizione su
alcuni punti potrebbe - in ipotesi - consentire ai difensori di Gullotti Giuseppe (condannato a
trenta anni di reclusione quale mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano) di
avanzare richiesta di revisione del processo a carico di quest’ultimo, da cui la contestazione
dell’aggravante ex art. 7 l. 203/1991.
Il procedimento pende nella fase delle indagini preliminari.
36. In data 10/07/2009 è stata avanzata richiesta di misure cautelari personali e reali nei
confronti di 18 indagati nell’ambito del procedimento penale n. 2038/04 RGNR DDA cd.
“Pettirosso”. La richiesta è stata accolta con ordinanza del 30/06/2010 con la quale è stata
disposta la carcerazione nei confronti di 10 indagati e il sequestro preventivo di bei 81
cespiti tra terreni e fabbricati. Il procedimento riguarda le indagini svolte nei confronti della
cosca Bellocco di Rosarno ed erano incentrate prevalentemente alla ricerca dei latitanti
Bellocco Gregorio e Bellocco Giuseppe entrambi catturati.
37. Nell’ambito del procedimento penale n. 4571/09 RGNR DDA, in data 01/11/2009 è
stato emesso un provvedimento di fermo nei confronti di 10 indagati per reati di
associazione a delinquere ed estorsioni in danno di operatori nel settore del taglio di alberi
per la produzione di legname nel territorio ricadente nel Comune di Giffone e zone
limitrofe. Nei confronti del capo cosca, non ricompreso tra i fermati poiché già detenuto per
altra causa, è stata avanzata richiesta di applicazione di misura cautelare unitamente agli
altri. La misura è stata concessa dal GIP con ordinanza del 23/11/2009. Allo stato la
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posizione degli indagati colpiti da misura cautelare è stata stralciata e riunita al
procedimento n. 4801/09 RGNR DDA dove allo stato è stato emesso avviso di conclusione
indagini.
38. Il procedimento penale n. 1910/06 RGNR DDA denominato “Maestro” riguarda
indagini per associazione a delinquere di tipo mafioso finalizzata anche all’importazione di
merci in evasione dei dazi doganali. Nell’ambito del procedimento in data 21/07/2009 è
stata avanzata richiesta di applicazione di misure cautelari e reali nei confronti di 29
indagati. Il GIP ha accolto emettendo OCC in data 19/12/2009 nei confronti di 27 indagati e
disponendo il sequestro preventivo del patrimonio aziendale di 4 S.r.l. per un valore di 50
milioni di Euro. Il procedimento è stato esitato con richiesta di giudizio immediato in data
26/05/2010. 3 imputati sono stati rinviati a giudizio innanzi al Tribunale di Palmi con
udienza fissata per il 24/09/2010 mentre per altri 16 è fissata l’udienza del 30/09/2010 per il
giudizio abbreviato. E’ da notare che uno degli imputati, VIRGILGIO Cosimo, ha chiesto di
collaborare con le Autorità dello Stato.
39. Nell’ambito del procedimento penale n. 4302/06 RGNR DDA cd. “ALL INSIDE”, in
data 26/04/2010 è stato emesso provvedimento di fermo nei confronti di 40 indagati
appartenenti al clan mafioso dei Pesce di Rosarno per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. e
per altri gravi reati. Sono in corso le indagini preliminari.
40) nel processo n. 1673/04 RGNR DDA c.d. ‘Pietrastorta’ il GUP ha pronunciato, in data
18.4.2010, condanna per il delitto di appartenenza ad associazione mafiosa nei confronti di
CRUCITTI Santo (cl. 1963) ed altri soggetti ritenuti membri della cosca CRUCITTI,
articolazione ‘ndranghetistica attiva nel centro cittadino di Reggio Calabria e precisamente
nel quartiere di Pietrastorta.
41) P.p. 7177/09 R.G.N.R. D.D.A. per i reati di cui agli artt. 317 c.p.; art. 322 c.p.; art. 319
c.p. e art. 7 L. 152/91; art. 326 c.p.; art. 326 e e art. 7 L. 152/91 + altro.L’indagine ha
riguardato inizialmente militari della GdF che risultavano avere contatti con soggetti vicini
alla criminalità organizzata; successivamente l’indagine si è sviluppata anche a carico di
altri soggetti non appartenenti alla GdF ed ha riguardato svariate ipotesi di reato tra cui
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anche condotte di truffa, falsi e rivelazione del segreto di ufficio. Veniva richiesta misura
cautelare per n. 4 persone sottoposte ad indagini (in particolare n.1 Ufficiale della GdF, n. 2
sottoufficiali e n. 1 commercialista), richiesta che il GIP in sede accoglieva applicando la
misura della custodia in carcere per le persone sottoposte ad indagini per le quali veniva
richiesta la misura. Applicazione che veniva confermata dal Tribunale di RC in sede di
riesame, a tutt’oggi i soggetti sono detenuti.
Il procedimento è in fase dibattimentale.
C) Associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
1) proc. 2266/06 RGNR DDA (c.d. operazione eremo 2008). In data 8.4.2010 è stata data
esecuzione a 65 OCC per art. 74 comma VI e 73 DPR 309/90, in gran parte confermate in
sede di riesame. Il processo pende nella fase del rito abbreviato, nei confronti degli imputati
che hanno effettuato tale scelta processuale, ed in quella dibattimentale, innestata con il
meccanismo del rito immediato, nei confronti di tutti gli altri.
2)procedimento 6233/2006/21 (cd. Operazione Tamanaco) avente ad oggetto associazione a
delinquere internazionale di cui all’art. 74 del d.p.r. 309/90, in cui sono state chieste ed
ottenute 18 misure cautelari, con sequestri di cocaina per 670 chili e misure reali con
sequestri societari per centinaia di milioni di euro, eseguiti contestualmente all’emissione
delle ordinanze cautelari: il procedimento ha evidenziato l’esistenza di accordi tra esponenti
della camorra casertana ed uomini della ndrangheta per l’acquisto di stupefacente nonché
riconfermato i contatti diretti con emissari dei trafficanti venezuelani e colombiani.
3. Nell’ambito della lotta al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, in data
10/06/2009, a seguito di una complessa attività investigativa, svolta anche tramite la
fattiva collaborazione di organi investigativi stranieri, si è giunti al sequestro di 300 KG
di cocaina e al conseguente arresto dei due corrieri che, attraversando l’oceano Atlantico
a bordo di un veliero, trasportavano lo stupefacente dalle Americhe in Italia.
4. Procedimento 919/04 RGNR DDA.
A seguito di indagini del GOA di Catanzaro (cd. operazione “Perpignan”) sono state
emesse dal GIP, su richiesta di questo Ufficio, n. 49 ordinanze di custodia cautelare
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(quasi integralmente confermate dal Tribunale del Riesame), per i reati di cui agli artt. 73
e 74 DPR 309/90; nel corso delle indagini sono stati sequestrati ingenti quantitativi di
sostanze stupefacenti;è stato altresì disposto il sequestro dei beni degli indagati ai sensi
dell’art. 12 sexies l.356/92.
5.proc. pen. 611/08 RGNR DDA.
A seguito di indagini dei Carabinieri del ROS Centrale e RC (cd. operazione “Solare”), in
collaborazione con organi di polizia degli Stati Uniti di America, è stata individuata una
associazione finalizzata all’importazione in Calabria e in Italia di ingenti quantitativi di
cocaina ( in parte sequestrati) provenienti dall’organizzazione messicana denominata
“Cartello del Golfo”.
Il 16 ottobre 2008, in contemporanea con numerosissimi arresti eseguiti negli USA, sono
stati eseguiti dai carabinieri 16 fermi disposti da questo Ufficio per vari reati tra cui quello
di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90.
Il giudizio con il rito abbreviato si è concluso con la condanna degli imputati.
6. Il procedimento penale n. 3887/04 RGNR DDA (che fa seguito all'operazione antidroga
denominata JoTi).
L'ordinanza di custodia cautelare veniva emessa il 16 gennaio 2008 nei confronti di ben 73
indagati, tra i quali alcuni esponenti di spicco della criminalità organizzata. I reati contestati
sono stati quelli di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti, vendita, detenzione, trasporto e cessione illecita di sostanze stupefacenti del
tipo cocaina, metamfetamina e cannabis sativa (hashish e marijuana). Le investigazioni
condotte dalla Polizia di Stato reggina hanno riguardato un traffico di sostanze stupefacenti
gestito da un’associazione per delinquere articolata in alcune agguerrite ed efficienti
consorterie criminali di narcotrafficanti prevalentemente operanti a Reggio Calabria, con
articolazioni territoriali sia nel versante jonico che tirrenico della provincia ed importanti
ramificazioni in altre regioni d’Italia ed in alcuni stati nordafricani.
Uno degli aspetti più interessanti delle investigazioni è costituito dal fatto che è stata fatta
piena luce sulle attività di vendita e spaccio di droga all’interno di alcune scuole della Città,
anche nei confronti di studenti minorenni.
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Gran parte degli imputati è stata giudicata con rito abbreviato, riportando condanna per i
reati di cui agli artt. 73 e, in molti casi, 74 Legge Stupefacenti.
7. Il procedimento 670/04 RGNR - DDA a carico di Zampaglione + altri.
Il procedimento si è concluso in primo grado con le seguenti condanne: ZAMPAGLIONE
Pasquale condanna alla pena di anni 23 di reclusione; PANZERA Santa condanna alla pena
di anni 23 di reclusione; SANTORO Domenico condanna alla pena di anni 22 di reclusione;
ZAMPAGLIONE Nicola condanna alla pena di anni 9 di reclusione e 30.000,00 di multa;
BARILLARI Gaetano condanna alla pena di anni 5 di reclusione e 8.000,00 euro di multa.
8. Il proc. pen. 3801/06 RG DDA a carico di BRIGA Luciano + altri per il reato di cui
all’art. 74 D.P.R. 309/90.
In sede di giudizio abbreviato dinanzi al GUP il procedimento si è concluso con la condanna
per BRIGA Luciano, DANIELE Antonio; DANIELE Michele, DESIDERATO Pasqualino
per il reato di cui all’art 74 co I, II III, 80 co B) DPR 309/90 e sentenza di non luogo a
procedere per Siviglia Giuseppe.
9. il procedimento per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, recante il n. 515/04
RG DDA, a carico di Franco Demetrio + altri.
Il procedimento si è concluso in sede di giudizio abbreviato con la condanna degli imputati
a pesanti pene detentive.
10. Il procedimento penale 4230/2004 RGNRDDA (pushers).
Le investigazioni condotte dal Commissariato della Polizia di Stato di Siderno hanno
riguardato un traffico di sostanze stupefacenti gestito da un’associazione per delinquere
articolata in alcune agguerrite ed efficienti consorterie criminali di narcotrafficanti
prevalentemente operanti nella zona jonica reggina, con ramificazioni in altre regioni
d’Italia.
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In data 26.5.2009 il Gup di Reggio Calabria emetteva sentenza di condanna nei confronti
di 25 imputati responsabili del reato di cui agli artt. 73 e 74 DPR 309/90.
11. Va segnalata anche la definizione in primo grado, con il rito abbreviato, del
procedimento definito “Stupor Mundi” contro Caridi Agazio Cosimo ed altri.
I 21 imputati sono stati condannati per più reati tra cui quelli di cui agli artt. 73 e 74 DPR
309/90.
12. Processo a carico di Semaan Georges (n.81/93 rgnr dda).
Il processo in questione rappresenta l’ultima “tranche”del più importante e complesso
processo relativo alla importazione di droga dal Marocco e dal Libano a cura della
‘ndrangheta reggina. La vicenda prese l’avvio dallo sbarco sulle coste calabresi di ingenti
quantitativi di droga. Nel corso dei vari procedimenti emerse che almeno dieci tra le più
importanti cosche della ndrangheta reggina importavano droga dal Marocco ed armi e droga
dal Libano. Tra gli altri, erano stati già condannati MORABITO Giuseppe (detto Tiradritto)
e PELLE Antonio (detto Gambazza), Romeo Giuseppe (detto Stacco) e Pisano Salvatore di
Rosarno (detto i diavuli). L’imputato Semaaan Georges, armatore della nave utilizzata per i
viaggi dal Libano, è stato condannato a 12 anni di reclusione.
13. procedimento penale nr. 669/04 R.G.N.R.- D.D.A.
A seguito di indagini del GOA di Catanzaro (operazione “Chiosco grigio”) sono state
emesse dal GIP 28 ordinanze di custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 73 e
74 D.P.R. 309/90.
E’ stata conclusa la fase di primo grado per gli imputati che hanno chiesto il rito abbreviato.
14. P.P. 3560/08 RGNR DDA a carico di Bevilacqua Antonio ed altri in relazione ad
un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante nelle
provincie di Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone, con base principale a Gioia Tauro.
In particolare oggetto del procedimento è la sussistenza di un’organizzazione, diretta a
consumare più delitti tra quelli previsti dall’art. 73 dello stesso D.P.R., che si esprimeva sul
territorio attraverso tre gruppi, il principale dei quali era radicato in Gioia Tauro e curava
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l’acquisto e la fornitura dello stupefacente per tutti i sodali, tra cui quelli stabilmente
operanti nei territori di Crotone e Catanzaro,
E’ stata emessa ordinanza applicativa di misura cautelare a carico di 38 indagati. In data
08.09.2010, il GIP ha emesso decreto di giudizio immediato ex art. 453 comma 1 bis c.p.p..
15. P.p. 1224/09 R.G.N.R. D.D.A. per il delitto di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90. L’indagine
ha riguardato un gruppo di soggetti residenti nella zona di Monasterace e dintorni, indagati
per il reato di cui agli artt. 74; 110 c.p. e 73 D.P.R. 309/90. In fase di indagine sono state
emesse dal G.i.p. presso il Tribunale di RC, a seguito di richiesta di misura cautelare
presentata da questo Ufficio di Procura, ordinanza per 11 persone; misure cautelari che
venivano quasi totalmente confermate dal Tribunale di RC in sede di riesame (limitandosi
solo a sostituire la misura della custodia in carcere per alcune delle persone sottoposte ad
indagini). A tutt’oggi gli imputati sono sottoposti a misura cautelare.
Il procedimento è pendente in fase di udienza preliminare.
16. P.P. 5802/08 R.G.N.R. D.D.A. per il reato di cui all’ art. 74 D.P.R. 309/90.
Si è concluso il giudizio di primo grado dinnanzi al GUP con le seguenti condanne:
BARRANCA Domenico 16 anni di reclusone e quarantamila euro di multa; BELCASTRO
Girolamo 14 anni di reclusione e trentamila euro di multa; COMMISSO Giuseppe e
COASTA Domenico 14 anni di reclusione e quarantamila euro di multa; NUCERA
Vincenzo 10 anni di reclusione; FIMOGNARI Carmelo 8 anni di reclusione; Trichilo
Cosimo 10 anni di reclusione e quarantamila euro di multa.
17.P.P.4532/08 R.G.N.R. D.D.A. per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90.
Si è concluso il giudizio di primo grado dinnanzi al GUP con le seguenti condanne:
ALBANESE Luigi anni 4 e mesi 6 di reclusione: ARGIRO’ Maria teresa anni 5 e mesi 4 di
reclusione; LAMANNA Diego anni 5 e mesi 4 di reclusione e 18.000 euro di multa;
PUGLIESE Pasquale anni 9 e mesi 4 di reclusione; ROCCISANO Teresa anni 9 e mesi 4 di
reclusione; SANSOTTA anni 8 di reclusione; SCHIRRIPA Anna Maria anni 9 mesi 4 di
reclusione; SCHIRIPPA Pasquale: anni 9 e mesi 4 di reclusione
72
18. P.P. 719/06 RGNR DDA nei confronti di Arriagada Ramos Alejandro Omar ed altri 64
indagati per i reati di cui all’art. 74 DPR 309/90, per aver costituito e fatto parte di una
associazione per delinquere strutturata gerarchicamente e dotata di un altissimo livello di
organizzazione e carattere di stabilità – articolata in alcune agguerrite ed efficienti
consorterie criminali di narcotrafficanti, sovente consorziate tra loro, che operavano nella
provincia di Reggio Calabria ed in Calabria, in altre regioni d’Italia, in altre nazioni
europee e in paesi sudamericani. Detta associazione era dedita al traffico internazionale di
sostanze stupefacenti del tipo cocaina e, più genericamente, all’effettuazione di una serie
indeterminata di delitti in materia di sostanze stupefacenti. In data 10 luglio 2010 il Gip di
Reggio Calabria emetteva ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli indagati. Il
procedimento è pendente per una parte degli imputati davanti al GUP con rito abbreviato
mentre per gli altri è in corso il dibattimento davanti al Tribunale competente.
D) Il reato di associazione finalizzato alla tratta di esseri umani e di riduzione in schiavitù.
1. Il procedimento 814/08 RGNR DDA iscritto per i reati di cui agli artt. 416 bis; 601 e 600
c.p. in danno di cittadine rumene minori degli anni 18.
Nel corso delle indagini veniva disposto il fermo (uno dei tre soggetti di nazionalità rumena
veniva dichiarato latitante); il GIP convalidava il fermo ed emetteva ordinanza di custodia
cautelare in carcere; successivamente veniva sostituita per TOMA Timea la misura della
custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso comunità, in quanto il GIP non
riteneva adeguate le strutture sanitarie delle casa circondariale per lo stato di gravidanza e
successiva assistenza alla maternità della TOMA Timea.
Il procedimento è stato definito con sentenza di condanna della Corte di Assise di Palmi per
tutti i reati contestati per tutti gli imputati.
2. Il procedimento penale n. 5332/09 RGNR DDA, a carico di Crisan Vasile Gheorghe,
cittadino rumeno, per violenza sessuale, anche di gruppo, e riduzione in schiavitù in danno
di una sua connazionale.
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Oggetto del procedimento è un grave episodio di sfruttamento sessuale e segregazione
avvenuto in un contesto sociale degradato e caratterizzato dalla prevaricazione “padronale”
dell’indagato nei confronti di una connazionale molto più giovane di lui, che veniva privata
del passaporto, reclusa in casa e ripetutamente minacciata, percossa e violentata per diverse
settimane prima di riuscire a fuggire e a denunciare l’accaduto.
A seguito della richiesta di questo Ufficio, il 12.08.2008 è stata applicata all’indagato la
misura cautelare della custodia in carcere.
Il processo è attualmente in fase di istruttoria dibattimentale.
3. P.P. 894/09 RGNR DDA a carico di Metodiev Tristo ed altri in relazione ad un
‘associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitto di favoreggiamento
dell’immigrazione e di riduzione in schiavitù.
Si tratta di una vicenda caratterizzata dallo sfruttamento della manodopera di immigrati
clandestini provenienti dall’ Europa Orientale e dal Nordafrica da parte di alcune
cooperative agricole nella zona di Rosarno realizzato attraverso un accordo tra i responsabili
delle cooperative e mediatori bulgari che si occupavano del reclutamento dei braccianti da
adibire alla raccolta di agrumi.
L’affare era basato sulla possibilità da parte delle cooperative di gestire una considerevole
offerta di lavoro e d’altra parte sul condizionamento della libertà di autodeterminazione
delle persone offese a causa della loro condizione di clandestinità che li induceva ad
accettare condizioni di lavoro, ampiamente sottoretribuito rispetto al minimo sindacale ed
estremamente gravose per orario, ritmi, sottoposizione a controllo espletato anche con
metodi violenti e minacciosi da parte dei sorveglianti ed in considerazione della sua
prestazione in assenza di qualsiasi forma di tutela. I braccianti, quasi esclusivamente
cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno, vengono ingaggiati dai mediatori e
costretti, a causa della loro condizione di estrema indigenza, e d’altra parte a causa della
“concorrenza” determinata dalla sovrabbondanza della domanda di lavoro rispetto
all’offerta, ad accettare di prestare la propria attività lavorativa sottostando ai dettami
impostigli sia per quanto attiene all’orario di lavoro sia per quanto riguarda la retribuzione
e soprattutto con riferimento alla totale assenza di quelle garanzie e protezioni che la
normativa vigente appresta in favore dei lavoratori agricoli allo scopo di garantirne la
dignità e la salute.
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Dopo il decreto di fermo emesso da questo Ufficio e l’applicazione della misura cautelare a
carico degli indagati cittadini italiani da parte del GIP di Palmi mentre gli indagati stranieri
si erano resi irreperibili, è stata richiesta ed ottenuta dal GIP di Reggio Calabria la conferma
della misura già irrogata ai sensi dell’art. 27 c.p.p. e d’altra parte anche l’applicazione della
misura cautelare della custodia in carcere a carico dei cittadini stranieri resisi irreperibili,
per i quali è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere il 13.07.2009.
Il processo, con rito abbreviato, si è concluso con sentenza di condanna nei confronti degli
imputati bulgari alla pena di anni 9 mesi quattro di reclusione per i reati di riduzione in
schiavitù, estorsione, favoreggiamento della prostituzione e dell’immigrazione clandestina e
di due datori di lavoro italiani alla pena di due anni di reclusione e 6000,00 euro di multa
per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
E) Misure di Prevenzione
1. Procedimento n. 511/08 relativa al sequestro beni già appartenuti a Princi Antonino.
Il Princi Antonino era stato ritenuto dal GIP di Reggio Calabria nel già citato procedimento
penale cd. Saline, colpito da gravi indizi dio colpevolezza sì da disporne la custodia in
carcere. Il provvedimento rimaneva, tuttavia, ineseguito, in quanto qualche giorno prima
della emissione dello stesso, il Princi rimaneva vittima di un attentato dinamitardo che lo
riduceva, prima, in fin di vita sino a portarlo, poi, alla morte.
Applicando la modifica intervenuta sulla legge inerente le misure di prevenzione
patrimoniali, che permette l’aggressione di patrimoni illecitamente accumulati anche dopo la
morte del titolare degli stessi, quest’Ufficio ha chiesto ed ottenuto dal locale Tribunale,
Sezione M.P., il sequestro di un patrimonio mobiliare ed immobiliare per svariate decine di
milioni di euro. La procedura è pendente, in attesa di definizione.
2. procedimento 67/09 R.M.P. relativo alla richiesta di applicazione di misura di prevenzione
patrimoniale nei confronti di ALVARO Vincenzo.
Si tratta di un procedimento di grande rilievo, la cui instaurazione è stata resa possibile dalle
nuove e più ampie previsioni delle leggi 125/2008 e 94/2009 che consentono l’applicazione
della misura patrimoniale indipendentemente dalla attualità della pericolosità del soggetto.
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Le grandi professionalità e l’impegno profuso dal ROS dei Carabinieri e dalla Guardia di
Finanza e la proficua collaborazione instaurata da questo Ufficio con la DDA di Roma
hanno consentito di ricostruire quella che può considerarsi la nuova frontiera degli
investimenti della ‘ndrangheta calabrese: è stata avanzata e accolta conformemente dal
Tribunale una complessa e articolata misura di prevenzione patrimoniale che ha riguardato
un numero rilevante di locali pubblici, bar, ristoranti tutti siti nella Capitale. Per citarne solo
alcuni, il noto locale Cafè de Paris, simbolo della dolce vita romana, il lussuosissimo
ristorante George, il ristorante FEDERICO I, nonché numerosi altri locali e società, beni
mobili ed immobili per un valore di oltre 250 milioni di euro, tutti beni ritenuti riconducibili
ad ALVARO Vincenzo, ed intestati a nullatenenti prestanome.
3. procedimento nr. 557/08 RG MP relativo alla richiesta di applicazione di misura di
prevenzione patrimoniale nei confronti di Piromalli Giuseppe.
Nell’ambito di tale procedimento la richiesta di sequestro, accolta conformemente dal
Tribunale, ha riguardato una serie immobili siti nel Comune di Gioia Tauro, compreso
l’immobile adibito a residenza familiare sito in via Monacelli di Reggio Calabria,
considerato il fortino della famiglia PIROMALLI.
4. procedimento nr.. 560/08 RG MP relativo alla richiesta di applicazione di misura di
prevenzione patrimoniale nei confronti di Piromalli Antonio, figlio di Giuseppe.
Nell’ambito di tale procedimento la richiesta di sequestro, accolta conformemente dal
Tribunale, ha riguardato aziende e immobili siti nel Comune di Gioia Tauro e Milano, città
quest’ultima in cui la cosca ha prepotentemente esteso i suoi interessi ed investimenti.
5. procedura n. 01/09 Reg. Mis. Prev. nei confronti di INZITARI Pasquale
Nei confronti dell’INZITARI --- politico ed imprenditore di recente condannato, in esito al
giudizio abbreviato nell’ambito del proc. pen. n. 1784/07 R.G.N.R. DDA, quale concorrente
esterno nella commissione del reato di associazione mafiosa con la ‘ndrina CREA di
Rizziconi e con la ‘ndrina RUGOLO di Castellane --- è stata inoltrata da questo Ufficio al
Tribunale Sez. Mis. Prev. proposta per l’applicazione di misure di prevenzione personale e
reale, con richiesta di sequestro d’urgenza dell’ingente patrimonio immobiliare e societario
riconducibile al proposto, favorito nella propria attività imprenditoriale dagli accordi
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stabiliti con le citate cosche mafiose. La predetta proposta è stata accolta con decreto n.
71/09 Reg. Mis. Prev. e n. 31/09 Seq., emesso dal Tribunale il 12/08/2009: sono stati
sequestrati attività commerciali, quote sociali e beni immobili per un valore stimato di circa
45 milioni di euro.
6. procedura n. 42/09 Reg. Mis. Prev. nei confronti di CREA Domenico.
Nei confronti del CREA --- politico ed imprenditore di recente rinviato a giudizio
nell’ambito del proc. pen. n. 1272/07 R.G.N.R. Mod. 21 DDA, quale concorrente esterno
nella commissione del reato di associazione mafiosa con le ‘ndrine “MORABITO-
ZAVETTIERI” di Africo e Roghudi, “CORDI’” di Locri e “TALIA” di Bova Marina ---
è stata da questo Ufficio inoltrata al Trib. Sez. Mis. Prev. proposta per l’applicazione di
misure di prevenzione personale e reale, con richiesta di sequestro d’urgenza dell’ingente
patrimonio immobiliare e societario riconducibile al proposto, favorito nella propria
attività politica dagli accordi stabiliti con le citate cosche mafiose. La predetta proposta è
stata accolta con decreto n. 110/09 Reg. Mis. Prev. e n. 44/09 Seq., emesso dal Tribunale
il 29/10/2009.
7. procedura n. 103/10 Reg. Mis. Prev. nei confronti di CAMPOLO Gioacchino.
In data 29/06/2010 questo Ufficio ha inoltrato al Trib. Sez. Mis. Prev. proposta per
l’applicazione di misure di prevenzione personale e reale, con richiesta di sequestro
d’urgenza dell’ingente patrimonio immobiliare e societario riconducibile al proposto,
favorito nella propria attività imprenditoriale nel campo degli apparecchi da gioco dagli
accordi stabiliti con diversi esponenti di vertice delle cosche di ‘ndrangheta (quali
ZINDATO Gaetano Andrea, Mario AUDINO, Orazio DE STEFANO, PRINCI Antonino,
Paolo IANNO’, i LIBRI). Nel luglio 2010, il Tribunale ha in toto accolto la
prospettazione della Procura secondo cui il patrimonio di CAMPOLO è, "prima ancora
che sproporzionato alle sue entrate lecite, interamente viziato dal modo criminale in cui
l'interessato ha agito nell'esercizio delle sue attività economiche". “Il CAMPOLO, lungi
dall'agire come un ordinario imprenditore e fondare quindi la sua attività, la sua
presenza sul mercato ed i suoi profitti sul rispetto della legge e sulla leale concorrenza
con gli altri soggetti attivi nel medesimo settore, ha inteso invece servirsi costantemente e
77
sistematicamente dei vantaggi illeciti derivanti dalla sua condizione di soggetto colluso
con la 'ndrangheta" (pagg. 24, 25 decreto di sequestro).
Il decreto di sequestro ricomprende n. 260 immobili, tra Reggio Calabria, Roma (tra cui
una villa sull'Aventino di 26 stanze e un appartamento nei pressi di via Veneto),
Taormina, Milano, Parigi (nei pressi di Place Vendome); n. 102 quadri di GUTTUSO, di
DE CHIRICO, di PICASSO, di LIGABUE, DALI’, TOZZI, ecc.; n. 16 autoveicoli; per
un valore approssimativo oltre 300 milioni di euro.
8. procedimento 178/09 RGMP nei confronti di Polito Nicola.
Il Polito è stato condannato in primo e secondo grado per il delitto di partecipazione ad
associazione finalizzata al narcotraffico (art. 74 DPR 309/1990), nell’ambito del
procedimento c.d. “Stupor Mundi”.
La proficua collaborazione con le autorità Olandesi ha consentito di ottenere il sequestro
e la confisca di oltre 400.000 Euro in contanti, somme ritenute provento dell’attività
illecita dell’associazione.
F) Altri procedimenti di particolare interesse
1. p.p. n. 3358/06 RGNR
Trattasi di procedimento iscritto per il reato di associazione a delinquere finalizzata a delitti
di concussione a carico di pubblici ufficiali, in particolare militari appartenenti alla GdF –
Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria, in concorso con un dottore commercialista,
iscritto all’ordine della città di Reggio Calabria. E’ un procedimento di particolare
complessità e notevole attività istruttoria; veniva richiesta e adottata misura cautelare
personale per tutti i soggetti indagati, poi confermata dal tribunale del Riesame;
successivamente, a seguito di revoca della misura da parte del GIP, veniva proposto appello
al Tribunale di Riesame che accoglieva le richieste del PM ; attualmente pende ricorso per
cassazione presentato dagli indagati con riferimento allo stato cautelare.
Si è concluso il giudizio di primo grado dinnanzi il Tribunale di RC con la condanna degli
imputati.
78
2. p.p. n. 3994/07 RGNR (c.d. procedimento “Leone”) -
L’indagine ha consentito di individuare due organizzazioni criminali operanti sull’intero
territorio nazionale, dedite alla consumazione di reati di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina; le indagini effettuate hanno permesso di disvelare un incredibile fenomeno
economico-sociale: l’esistenza di un circuito economico criminale di proporzioni
sorpredenti, basato sulla disperazione di centinaia di persone di origine prevalentemente
indiana e pakistana, alla ricerca spasmodica di un escamotage che permetta loro di
regolarizzare l’ingresso e la presenza nel nostro paese, mediante la copertura giuridica
apparente fornita prima da un provvedimento temporaneo di nulla-osta lavorativo, scaturito
da una domanda di assunzione di un compiacente datore di lavoro italiano, e poi dalla
stipula di un contratto di lavoro fittizio, al fine di ottenere il rilascio di un permesso di
soggiorno formalmente regolare, ma nella realtà basato su presupposti falsi ed inesistenti.
Il tutto, a fronte dell’esborso, da parte dell’immigrato ed in favore dell’organizzazione, di
ingentissime somme di danaro pagate in successive tranches nel corso dell’operazione.
Tale mercato viene gestito da sodalizi criminali (due dei quali individuati dalla indagine in
discorso), diversi ma paralleli, strutturati in modo analogo ed organizzati in forma
associativa, che agiscono su più livelli, nell’ambito dei quali ciascun associato ricopre un
ruolo ed una funzione specifica:
- in posizione apicale si pongono i soggetti, in assoluta prevalenza di origine indiana,
incaricati di individuare ed acquisire l’identità ed i documenti della miriade di
soggetti intenzionati a far ingresso “regolare” nel paese o a “regolarizzare” ex post la
loro permanenza in Italia;
- altrettanto importanti sono poi gli intermediari italiani, incaricati di individuare sul
territorio i datori di lavoro compiacenti;
- vi sono poi gli stessi numerosi imprenditori italiani, intenzionati ad entrare nel ‘giro’
inoltrando varie richieste di assunzione, in relazione ai cc.dd. “Decreti Flussi”
emessi annualmente dal Ministero, per l’ingresso di cittadini extracomunitari, in
relazione a rapporti di lavoro rivelatisi assolutamente fittizzi, spesso già sulla base
dell’analisi della stessa domanda, per la concreta mancanza dei requisiti aziendali
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necessari per procedere alle assunzioni richieste o per altre ragioni poi via via
evidenziate nel corso delle indagini;
- si aggiungono poi diversi soggetti, tra cui pubblici funzionari italiani, collocati
strategicamente negli uffici amministrativi (Prefettura e Direzione del lavoro) o in
organizzazioni sindacali, competenti all’instradamento, all’istruzione ed alla
definizione delle pratiche relative;
- infine, si può dire quale ultima ruota del complesso ingranaggio, emergono una
pluralità di compartecipi di origine indiana, entrati illegalmente col meccanismo in
esame, che forniscono sempre nuova ‘linfa’ all’organizzazione offrendo in
continuazione ulteriori nominativi di persone intenzionate ad essere “assunte”, nel
tentativo di guadagnare anche loro parte dei compensi;
Infatti, ciò che comprensibilmente tiene assieme le associazione ai diversi livelli, sono le
incredibili possibilità di guadagno offerte dal ‘mercato’, mediante le sorprendenti cifre che
ciascun soggetto è disposto a pagare, pur di regolarizzare formalmente la propria posizione
in Italia: sino a 18.000 €. - per come emerge dalle intercettazioni telefoniche - pagati come
detto in successive tranche ed elargite ai vari accoliti, in relazione al ruolo ed alla funzione
esercitata nell’articolato sistema.
Tale lucrosissima fonte di guadagno, non poteva sfuggire all’attenzione della criminalità
organizzata locale: ed infatti, dalle investigazioni è emerso l’interesse delle cosche Iamonte
di Melito Porto Salvo e Cordì di Locri.
All’esito delle investigazioni, oltre alla ricostruzione completa di tali traffici a livello
nazionale ed internazionale, del sistema adottato, delle connivenze all’interno degli uffici
pubblici interessati dalla procedura di “regolarizzazione” dell’immigrato, è stato possibile
richiedere ed ottenere la cattura di circa 60 soggetti coinvolti nelle citate attività illecite.
3. proc. 5219/10 RGNR DDA. In data 3.6.2010 i CC della Staz. di Pellaro e della
Compagnia di Reggio Calabria, nell’ambito di più ampia attività di controllo del territorio,
rinvenivano un imponente arsenale composto da armi comuni e da guerra, munizioni ed
esplosivi, occultato all’interno delle pertinenze di un casolare di campagna in loc. Pellaro,
80
nella materiale disponibilità di tale LATELLA Carmelo, oltre che del di lui padre
ultranovantenne, incaricati dal proprietario di ivi svolgere l’attività di custodi oltre che
alcuni lavori agricoli. A seguito del rinvenimento i due LATELLA, padre e figlio, venivano
tratti in arresto in flagranza. Successivamente, accertata la ricorrenza di gravi indizi nei
confronti del solo LATELLA Carmelo, il GIP su richiesta del PM applicava a quest’ultimo
la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di detenzione di armi, munizioni ed
esplosivi aggravati dalla finalità agevolatrice mafiosa. La misura cautelare è tutt’ora in atto
ed il procedimento pende in fase di indagini essendo in corso accertamenti sulla
provenienza dell’arsenale.
4. procedimento 1605/2007/21 in cui, tramite lo strumento delle intercettazioni telefoniche
è stato scoperto un accordo corruttivo tra il presidente della sezione distaccata del T.A.R. di
Reggio Calabria ed un imprenditore del ramo navale, in virtù del quale il magistrato,
accettata la promessa di ricevere una consistente somma di danaro (pari a 200.000,00 €), si
impegnava a favorire il detto gruppo imprenditoriale in diversi ricorsi presentati avverso
provvedimenti della Capitaneria di Porto che negavano a detta società il diritto di accosto al
porto di Villa San Giovanni.
E’ stata esercitata l’azione penale per 9 imputati e per 7 l’udienza preliminare è ancora in
corso, mentre il presidente del Tar ha richiesto giudizio immediato e la prima udienza non è
ancora stata celebrata.
5. P.P. 251/04 RGNR a carico di Caracciolo Antonino ed altri, per associazione a delinquere
finalizzata alle truffe ad assicurazioni realizzate attraverso sinistri stradali simulati. A
seguito della richiesta di questo Ufficio del 30.07.2008, è stata applicata, in data 19.03.2009,
la misura cautelare degli arresti domiciliari a Caracciolo Antonino e Cutrì Clelia.
Il processo, con rito abbreviato, si è concluso con sentenza di condanna in data 15.07.2010
nei confronti di Caracciolo Antonino alla pena di anni quattro di reclusione e di Cutrì Clelia
alla pena di anni due di reclusione
6. P.P. n. 1006/04 RGNR DDA, a carico di Iaria Antonino ed altri, relativo ad associazione a delinquere finalizzata alle truffe, all’usura ed altri reati.
81
Dopo l’applicazione di misura cautelare a carico di 34 indagati e l’esercizio dell’azione
penale, il GIP, in data 29.06.2010, ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di otto
dei dieci imputati che avevano formulato richiesta di giudizio abbreviato.
7. p.p. n. 4401/05 rgnr/mod.21 (c.d. operazione “Giotto”)
L’indagine ha consentito di individuare una sorta di “cartello” di più organizzazioni criminali
operanti sull’intero territorio nazionale, collegate tra loro, dedite alla consumazione di reati
di fabbricazione e spendita di banconote e monete false e marche da bollo contraffatte;
durante le indagini sono state sequestrate ingenti quantità di marche da bollo e banconote
false (da 20, 50 e 100 euro), una zecca (per la produzione di monete da 2 euro) ed una
stamperia clandestina; all’esito delle investigazioni, oltre alla ricostruzione completa di tali
traffici a livello nazionale ed internazionale, è stato possibile richiedere ed ottenere la cattura
di 100 soggetti coinvolti nelle citate attività illecite.
E’ stata esercitata l’azione penale: la maggior parte degli imputati ha scelto l’abbreviato, che
non è stato ancora deciso, mentre 12 sono stati rinviati a giudizio ed il processo è ancora
pendente.
8. procedimento penale n. 1364/08 R.G.N.R. Mod. 21, trattato per competenza ai sensi
dell’art. 11 c.p.p.
Una articolata di intercettazione, l’assunzione di sommarie informazioni dalle persone
offese e dalle persone informate sui fatti e l’acquisizione documentale hanno consentito di
richiedere e di ottenere dal G.I.P. nel maggio 2009 la misura cautelare degli arresti
domiciliari (tutt’ora in corso) nei confronti di un magistrato (SICILIANO Giuseppe) della
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, per una serie reiterata di reati di
concussione e di svelare un “modus operandi di 40 anni, di 45 anni”, come rivelato dallo
stesso indagato nel corso di intercettazione captata nel corso delle indagini.
L’ordinanza del G.I.P. è stata totalmente confermata dal Tribunale del Riesame che,
come già sostenuto da questo Ufficio nella richiesta di misura cautelare, descriveva
l’attività di SICILIANO come “completamente dedicata ad obiettivi del tutto estranei
alla funzione requirente tipica di un magistrato, … uno strumento per accrescere la
propria influenza, per orientare determinate vicende urbanistiche, amministrative,
politiche, di rilevanza nel contesto locale e, in sintesi, per estendere il proprio potere
82
personale, anche attraverso una rete di influenti personaggi, quali imprenditori, politici,
funzionari pubblici”.
9. procedimento penale nr. 4783/06 RGNR
Trattasi di procedimento iscritto per i reati di malversazione e truffa aggravata ai danni
dello Stato + altri (cd. operazione Symposium). Questo Ufficio formulava richiesta di
misura interdittiva per n. 2 società e richiesta di sequestro preventivo per circa 30 milioni di
euro; richieste accolte dal Gip in sede, confermate dal TDL. Attualmente è stato richiesto il
rinvio al giudizio.
10. p.p. 3844/08 RGNR. Trattasi di procedimento iscritto per il reato di associazione a
delinquere finalizzata alla commissione di delitti di abuso di ufficio e frode sportiva (cd.
operazione “time out”) che ha interessato il mondo del Basket. Il P.M. presentava richiesta
di misura interdittiva al Gip in sede che accoglieva la richiesta; misura confermata dal
Tribunale del riesame.
11. p.p. n. 3781/07 RGNR . Iscritto per il delitto di concussione a carico di pubblici ufficiali,
è un procedimento di particolare complessità e spessore; veniva richiesta misura cautelare
personale della custodia in carcere a carico di due sottoufficiali della Guardia di Finanza;
misura che veniva applicata dal GIP e confermata dal Tribunale del Riesame; attualmente
pende giudizio di primo grado dinnanzi il Tribunale in composizione collegiale per
l’imputato che sceglieva il rito ordinario; mentre è stata emessa sentenza di condanna di
primo grado per l’imputato che chiedeva di essere giudicato con il rito abbreviato (condanna
alla pena di anni 5 e mesi 6 di reclusione).
12. Proc. n 3204/2008 RGNR.Ha avuto per oggetto una serie di episodi di resistenza in
mare posti in essere nell’estate 2008 in danno di motovedette della Capitaneria di porto di
Reggio Calabria da parte di titolari di pescherecci di Bagnara Calabra dediti alla pesca
illegale attraverso le c.d. spadare. L’indagine ha riguardato più in generale fenomeni di
83
illegalità segnalati all’interno del porto di Bagnara ed ha coinvolto in un separato
procedimento (n. 165/2009 RGNR) anche un componente della Polizia Municipale del
luogo per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per corruzione e peculato. Sono state
emesse ordinanze di custodia cautelare nei confronti di tre comandanti dei pescherecci
individuati quali responsabili degli episodi accertati e gli stessi a conclusione del
procedimento hanno patteggiato condanne a pene detentive (la più alta ad anni due e mesi
otto reclusione), accettando di consegnare alle autorità alcune migliaia di metri di attrezzi
illegali di pesca ancora in loro possesso. L’azione giudiziaria sembra avere determinato
nella stagione di pesca 2009 una sensibile riduzione delle violazioni accertate,
agevolando il regolare esercizio dell’azione di vigilanza.
13. p.p. n. 5988/06 RGNR iscritto nei confronti di CASERTA Antonio + 15
E’ relativo ad un’articolata e complessa attività d’indagine in tema di gestione illecita di
rifiuti. Le indagini si sono sviluppate, dapprima, attraverso metodi “tradizionali” quali
acquisizioni documentali, sopralluoghi presso le imprese produttrici di rifiuti e presso le
imprese sito di destinazione finale dei rifiuti con successiva verifica della regolarità della
documentazione e poi sono proseguite attraverso attività di intercettazione telefonica,
disvelando un’illecita attività diretta, “ufficialmente”, al recupero presso la Ditta Caserta
s.n.c. di un’ingente quantità di rifiuti, recupero finalizzato al riutilizzo dei rifiuti per la
produzione di laterizi per l’edilizia (in specie, mattoni) ma “in realtà” finalizzata allo
smaltimento illecito di rifiuti, anche pericolosi, mediante occultamento degli stessi nel
suolo. Il procedimento che ha visto coinvolti anche dirigenti e funzionari della centrale
ENEL di Brindisi, impresa produttrice di rifiuti, ha portato all’emissione di dieci ordinanze
di custodia cautelare per i reati di associazione per delinquere, associazione finalizzata al
traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Si vuole evidenziare l’importanza di tale
procedimento, primo in materia di traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale nell’ambito
delle attività di quest’Ufficio e per la rilevanza che ha assunto, negli ultimi anni, la materia
della gestione dei rifiuti, tanto da fare gola anche alla criminalità organizzata locale.
E’ stata presentata richiesta di rinvio a giudizio.
14. Il procedimento n.2855/06 RGNR DDA, nei confronti di TURANO Angelo + 8, indagati per
i reati di cui agli artt.416, 353, 476-479, 640 cpv c.p.
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Nel luglio '08 venivano emessi avvisi di conclusione indagini del procedimento indicato
nell'ambito del quale con ordinanza del 2.4.07, il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria
disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di n.6 indagati ed il sequestro
preventivo delle società ATTIMED e TIMEDICAL.
Anche questa indagine era scaturita dalle investigazioni compiute a seguito dell'omicidio
dell’ on.FORTUGNO ed in particolare dall'approfondimento delle infiltrazioni malavitose
nell'ambito dell'ASL n.9 di Locri, successivamente sciolta per infiltrazione mafiosa a seguito
della cd."Relazione Basilone" e che era stata oggetto di numerose denunce ed interpellanze da
parte della vittima.
Le indagini hanno permesso di individuare una vera e propria associazione a delinquere
composta da imprenditori senza scrupoli, funzionari componenti della direzione strategica
dell'ASL e primari delle varie strutture sanitarie che si rendevano protagonisti di truffe e frodi in
pubbliche forniture ai danni dell'ente pubblico. Ciò, attraverso la fatturazione di centinaia di
migliaia di euro per forniture concernenti strumenti e presidi sanitari, rivelatesi essere
completamente false o totalmente inadeguate ai bisogni di cura.
Nel mese di novembre è previsto l’avvio della fase dibattimentale.
15. Proc. 3434/08 RGNR (stralcio da 2855/06 RGNR). In data 20.10.2008 il GIP ha
applicato misura cautelare interdittiva nei confronti di Rappoccio Pasquale, un imprenditore
di Reggio Calabria, operante nel settore delle forniture di materiale sanitario alle strutture
pubbliche, per ipotesi di corruzione, falso e frode nelle pubbliche forniture, connesse agli
acquisti di prodotti sanitari (letti attrezzati per rianimazione e terapia intensiva) da parte
della ex-ASL n. 9 di Locri.
Tale procedimento è stato riunito al n. 2855/06 RGNR e nel mese di novembre è previsto
l’avvio del dibattimento.
16. p.p. n. 4027/2007 a carico di POLIMENO DEMETRIO+ 11
In materia di ambiente e rifiuti, si è acclarata l’esistenza di una vera e propria attività
organizzata, a partire dall’anno 2004, in contrada Gallina, di gestione, da parte di
POLIMENO DEMETRIO e suo figlio Giovanni, di ingenti quantitativi di rifiuti – in cui
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confluivano anche i rifiuti derivanti dai lavori di realizzazione del lungomare di Pellaro,
concessi in appalto a Forte Paolo, ed in subappalto a Nocera Giuseppe – tale da determinare
la creazione di due terrapieni, costituiti da rifiuti speciali di diversa tipologia l’uno, di circa
10.000 mq, e l’altro, di circa 15.000 mq, con invasione del demanio fluviale del Vallone
Benefizio sfociante nel vallone Morloquio, deturpamento delle bellezze naturali e
deviazione del corso delle acque. Nell’area adiacente alla discarica, di proprietà del
POLIMENO DEMETRIO si è accertata altresì la presenza di strutture costituenti impianto
di tiro a volo (fossa piattelli, cabine comando, tettoie, bagni), completamente abusive,
gestite in assenza di qualsiasi autorizzazione.
Si è in attesa della notifica del provvedimento ex art. 415 bis c.p.p.
17. p.p. a carico di VIZZARI Giuseppe, VIZZARI Carmelo, e VIZZARI Pasquale
I VIZZARI, indagati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe
aggravate ai danni dell’Agenzia per l’erogazioni in agricoltura (AGEA), hanno conseguito
rilevanti provvidenze comunitarie destinate al sostegno per la produzione di olio di oliva; è
stato richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo per equivalente delle somme conseguite
per effetto dei reati, con il recupero di circa 100.000 euro.
18.p.p. 2885/08 R.G.N.R. per il tentato omicidio ai danni di BORRELLO Francesco.
Il fatto, avvenuto a Melito P.S. il 6.06.08, ha destato notevole clamore, anche nell'opinione
pubblica, in quanto nell'attentato é stato ferito un bambino di tre anni, Antonino LAGANA'.
Dopo mesi di indagini, in data 3.12.08 sono stati arrestati i presunti mandanti : FOTI
Leonardo e FOTI Antonino (rispettivamente zio e nipote). Il delitto del 6.06.08 costituisce
l'ultimo capitolo di una faida che va avanti dall'aprile 2004, quando a Melito P.S., a seguito
di una lite per futili motivi, ZAMPAGLIONE Carmelo (cugino dei FOTI) e VERDERAME
Giulio perdevano la vita e BORRELLO Francesco e FOTI Paolo (fratello dell'indagato
FOTI Leonardo) venivano feriti. Per tali fatti FOTI Paolo e BORRELLO Francesco
venivano tratti in arresto e condannati in primo grado. La sentenza emessa dalla Corte
d'Assise d'Appello di RC nell'ottobre 2007 (con la quale il BORRELLO veniva assolto
dall'omicidio di ZAMPAGLIONE Carmelo e contestualmente scarcerato) faceva riemergere
i vecchi rancori: nel Gennaio 2008 FOTI Annunziato (fratello dell'indagato FOTI Antonino)
veniva arrestato per una aggressione ai danni del BORRELLO; nella circostanza interveniva
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anche FOTI Paolo, in soccorso del nipote, e veniva arrestato per resistenza a pubblico
ufficiale.
Infine, si arrivava ai fatti del Giugno 2008: nella circostanza il BORRELLO veniva ferito
alle gambe, mentre il piccolo LAGANA' veniva colpito al capo da un proiettile vagante,
riportando lesioni gravissime.
FOTI Leonardo e FOTI Antonino sono tuttora detenuti per questa causa, il procedimento é
in udienza preliminare, prevista per il 2.11.09.
19. p.p.2858/08 RGNR a carico di TRIPODI Bruno e MORABITO Giacomo per rapina e
sequestro di persona ai danni di un autotrasportatore.
Le indagini, svolte attraverso la ricostruzione del percorso dell’autocarro una volta entrato
in possesso dei malviventi, le dichiarazioni della persona offesa e gli accertamenti
dattiloscopici su una impronta rilevata all’interno dell’autocarro, permettevano
l’identificazione certa di uno dei rapinatori-sequestratori. L’acquisizione poi dei tabulati
telefonici consentiva di risalire all’esistenza di rapporti assidui, in particolare nel periodo di
tempo concomitante con l’azione delittuosa, tra il soggetto di cui era stata accertata
l’identità attraverso gli accertamenti dattiloscopici e il proprietario dell’immobile dove la
merce rapinata era stata abbandonata.
A seguito di richiesta di questo Ufficio, veniva applicata la misura cautelare della custodia
cautelare. Veniva esercitata l’azione penale mediante richiesta di giudizio immediato in data
09.10.2008 e a seguito del dibattimento veniva pronunciata, a carico di entrambi gli
imputati, sentenza di condanna in primo grado alla pena di anni sei di reclusione e 1.500,00
euro di multa.
20. p.p.4468/08 RGNR a carico di BOUALLEGUI Kaola per rapina, sequestro di persona e
tentato omicidio ai danni dell’anziana Gulli’ Giovanna.
L’episodio, particolarmente inquietante dal punto di vista sociale, originava dal rapporto di
lavoro domestico tra la giovanissima cittadina tunisina e l’anziana donna, cieca ed affetta da
rilevanti patologie che l’aveva assunta come badante. La badante, il 5 settembre 2008, dopo
che l’anziana aveva scoperto la sua responsabilità in relazione ad una serie di piccoli furti
avvenuti in casa, l’aveva immobilizzata sulla sedia a rotelle e violentemente malmenata e
percossa dopo averle tappato la bocca con del nastro adesivo, aveva tentato di soffocarla con
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un cuscino ed era poi fuggita dopo essersi impossessata di tutti i contanti che aveva trovato
in casa nella convinzione della morte della vittima che era rimasta immobile fingendosi
priva di vita.
La cittadina extracomunitaria, già condannata in precedenza a quattro anni di reclusione per
violazione del T.U. sugli stupefacenti, si rendeva irreperibile. A seguito di decreto di fermo
di questo Ufficio, la donna veniva bloccata a Palermo mentre era in procinto di lasciare il
territorio italiano e sottoposta alla misura cautelare della custodia in carcere, poi confermata,
il 20.10.2009, ai sensi dell’art. 27 c.p.p. dal GIP di Reggio Calabria.
In data 08.01.2009, veniva formulata richiesta di giudizio immediato e dopo la celebrazione
del dibattimento veniva emessa, il 07.04.2009, sentenza di condanna in primo grado a
quindici anni di reclusione.
16. p.p. n. 4200/09 a carico di MITEV Veselin, e ANGELOV Mihail, per favoreggiamento
della prostituzione di cittadine bulgare mediante accompagnamento presso i luoghi ove le
stesse si prostituivano con le proprie autovetture.
I fatti di estrema attualità sono stati oggetto di osservazione diretta da parte della Polizia
Giudiziaria che verificava già in data 8 giugno 2009 la circostanza che gli imputati erano
impegnati nel trasporto di alcune donne loro connazionali che svolgendo l’attività di
meretricio venivano accompagnate nella zona di Reggio Calabria. I servizi di osservazione
venivano predisposti dalle Forze dell’ordine nella notte tra il 20 ed il 21 giugno 2009
quando, sei prostitute di nazionalità bulgara venivano osservate mentre percorrevano a
piedi le vie delle città fino a raggiungere la stazione ferroviaria ove venivano prelevate dai
ANGELOV e MITEV che le aspettavano a bordo delle loro autovetture.
A seguito dell’arresto avvenuto il 21 giugno questo ufficio chiedeva la convalida
dell’arresto e l’ applicazione di misura cautelare. Il giudice sottoponeva gli stranieri alla
misura dell’obbligo di dimora nel Comune di S. Ferdinando (RC) con divieto di
allontanarsi dall’abitazione dalle ore 20.00 alle ore 6.00 di ogni giorno.
Successivamente in data 17 luglio 2009 veniva formulata richiesta di giudizio immediato e
richiesta di aggravamento della misura in atto a seguito di segnalazione da parte della P.G.
di trasgressioni alle prescrizioni inerenti la misura dell’obbligo di dimora.
21.p.p. 5423/09 a carico di Mirzea Ion, cittadino rumeno per maltrattamenti ai danni di
Spinella Paolo, soggetto anziano ed invalido.
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La vicenda pur non essendo particolarmente grave riveste notevole importanza sociale
inquadrandosi nel più ampio contesto relativo alle problematiche della mancanza di idonee
strutture atte alla cura ed al sostegno delle persone sole in età avanzata e colpite da gravi
patologie. L’anziano signore, affidato alle cure di un badante straniero, veniva ritrovato
dalle forze dell’ordine privo di coscienza e con un evidente ferita all’arcata sopraciliare
destra. Presentava inoltre ecchimosi su varie parti del corpo ed il personale sanitario
intervenuto sul posto poteva riscontrare un trauma cranico. I vicini di casa dell’anziano
testimoniavano di avere udito le urla della vittima e di avere potuto assistere dal balcone alla
scena dei maltrattamenti fisici da parte del badante. L’uomo al momento dell’arresto si
trovava in stato di ebbrezza conseguente all’abuso di bevande alcoliche.
Veniva convalidato l’arresto ed applicata la misura dell’obbligo di presentazione alla P.G.
Il procedimento attualmente, a seguito di richiesta di giudizio immediato del 17.09.2009,
pende avanti al Tribunale Monocratico di Reggio Calabria.
22. Processo contro AGOZ MURAT + 27 (n. 1806/02 rgnr).
La vicenda oggetto del presente processo trae origine da una complessa indagine della
Squadra Mobile di Reggio Calabria che, muovendo dagli accertamenti successivi a
numerosi sbarchi di clandestini sulla coste calabresi, ha individuato i componenti di una
associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. L’indagine, tra l’altro,
mirava anche ad accertare collegamenti tra la mafia turca e la ndrangheta calabrese. Il
processo è stato celebrato innanzi alla I Sez. Penale del Tribunale e si è concluso con la
condanna di tutti gli imputati.
23. Processo contro Misiti Massimo (n. 2577/07 rgnr).L’imputato Misiti Massimo è stato
tratto a giudizio per omicidio preterintenzionale in danno di un soggetto anziano di Villa S.
Giovanni. Al di là degli aspetti fattuali oggetto del processo, la vicenda ha assunto rilievo
per l’affermazione della responsabilità dell’imputato, nella particolare prospettiva della
sussistenza del dolo indiretto nelle ipotesi di omicidio preterintenzionale.
24. P.P.n. 8266/09 R.G.N.R. Mod. 21 nei confronti di 1. SAPIA Sebastiano Franco, 2.
CHIARENZA Sebastiano, 3. MANNINO Matteo per il delitto p. e p. dagli artt. 99, 110, 56-
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628, commi 3° n. 1 cod.pen., e dagli artt. 99, 61 n.2, 81 cpv. e 110 cod .pen., 4 e 7 L.
n.895/67, 4 cpv. L. 18.4.1975 n.110 In Reggio Calabria il 18 ottobre 2007
Alle ore 16.10 del 18 ottobre 2007, presso la filiale di Reggio Calabria della banca Monte
dei Paschi di Siena, due malviventi travisati da cappelli e sciarpe, armati di pistola,
entravano da un ingresso posteriore della banca, precedentemente forzato, e sotto la
minaccia delle armi rinchiudevano gli impiegati nel bagno dell’istituto di credito. La rapina
non veniva consumata con l’impossessamento del denaro custodito nell’istituto a causa
della presenza di un temporizzatore della cassaforte che non ne permetteva l’apertura.
L’attività d'indagine all'epoca esperita si concludeva con esito negativo.
Le indagini condotte da parte del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei
Carabinieri di Grosseto che, con informativa datata 12.10.2009 n. 65/6-1-230 di prot., ha
riferito in merito all’ attività investigativa svolta in relazione ad una serie di rapine da parte
di un gruppo di malavitosi provenienti dalla Sicilia, hanno permesso di acquisire, tra l’altro,
elementi significativi anche in ordine alla rapina in danno della banca Monte dei Paschi di
Siena verificatasi in Reggio Calabria il 18.10.2007. Tali nuovi elementi emergono
dall’analisi di tabulati telefonici acquisiti, la cui elaborazione ha portato ad accertare il dato
oggettivo della presenza dei soggetti responsabili della rapina di Grosseto a Reggio
Calabria e nelle zone limitrofe in occasione della tentata rapina al Monte dei Paschi di
Siena: gli utilizzatori delle schede telefoniche analizzate erano a Reggio Calabria sia nei
giorni precedenti alla rapina che il giorno della rapina.
Veniva applicata a seguito di richiesta di questo Ufficio la misura cautelare della custodia in
carcere ai soggetti individuato mediante gli accertamenti esperiti e successivamente veniva
esercitata l’azione penale mediante richiesta di giudizio immediato in data 14 settembre
2010 e attualmente tale richiesta è pendente avanti al GIP del Tribunale di Reggio Calabria.
25. p.p.n. 4758/09 R.G. Mod. 21 nei confronti di TEDESCHI Mario, per il delitto p. e p.
dagli artt. 99 nn. 1,2,3,4,5, 110 e 628 commi 1, 2 e 3 n.1), cod.pen., commesso in Reggio
Calabria il 10.07.2009.
In data 10 luglio 2009 due malviventi si introducevano all’interno della Banca CARIME
agenzia di Reggio Calabria, viale Calabria, dove ponevano in essere una rapina e si
impossessavano della somma di 24.500,00 euro prelevati dal bancone e dalle casse
dell’agenzia di credito.
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Le bussole di ingresso all’istituto bancario oggetto della rapina sono regolate da un sistema
che consente l’accesso all’interno della banca solo a coloro che lasciano le proprie impronte
digitali su un sensore apposito.
Le indagini svolte mediante la ricostruzione dei fatti fornita dai testimoni presenti e
mediante gli accertamenti dattiloscopici sul frammento digitale recante l’impronta del
pollice rilasciata attraverso l’apparecchiatura presente all’ingresso dell’istituto bancario (cd
rilevatore di sicurezza biometrico). La consultazione della banca dati in uso alle Forze di
Polizia a mezzo della comparazione con una delle impronte in archivio di quella rilevata
presso la Banca CARIME agenzia di Reggio Calabria, viale Calabria, permetteva
l’identificazione certa di uno dei rapinatori-sequestratori: TEDESCHI Mario.
A seguito di richiesta di questo Ufficio, veniva applicata la misura cautelare della custodia
in carcere al soggetto individuato mediante gli accertamenti tecnici dattiloscopici.
Veniva esercitata l’azione penale mediante richiesta di giudizio immediato in data
12.07.2010 e attualmente il procedimento è pendente avanti al Tribunale di Reggio Calabria
1^ sez. Coll..
26. p.p. n.8365/2009 R.G.N.R. nei confronti di Fio Leonardo per il delitto p. e p. dagli artt.
81 cpv, 609 quater, comma 1 lett. a) c.p., .dagli artt. 81 cpv, 61 n.2, 609 quinquies c.p., dagli
artt. 81 cpv, 527 c.p. e dall’art. 648 c.p. In Reggio Calabria gennaio/maggio 2009
Il procedimento penale nasce, in modo indiretto, dalla denuncia sporta presso gli Uffici
della Questura di Reggio Calabria, Squadra Mobile, Sezione 3^, in data 26/05/2009 dalla
signora Lingurar Marandita, relativa all’allontanamento del proprio figlio minore Lingurar
Ionel, già rintracciato, nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Melito Porto Salvo, la
sera del 25/05/2009 da personale della locale Stazione dei Carabinieri e ,successivamente,
collocato dagli stessi in una casa d’accoglienza minorile.
Nel corso dell’attività investigativa espletata al fine di ritrovare il minore, si è controllato il
telefono cellulare in uso allo stesso,nella circostanza nella materiale disponibilità della
madre.
Dall’analisi delle telefonate ed sms giunti sull’utenza mobile utilizzata da Ionel emergeva
l’esistenza di un’ amicizia dai contorni equivoci con un certo “Antonio”. In particolare, si
evinceva, dal numero delle chiamate e dal tenore degli sms in entrata, che la relazione
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amichevole veniva instaurata dall’adulto al fine di incontrare il minorenne per abusarne
sessualmente.
E sono proprio gli esiti dei sopralluoghi effettuati dal personale della Questura di Reggio
Calabria, Squadra Mobile, Sezione 3^, con il minore Ionel e a conferire oggettiva
credibilità alle dichiarazioni rese da Ionel e, più in generale, alle affermazioni delle
diverse persone informate sui fatti.
In data 19 ottobre 2009, si procedeva al sopralluogo del posto che Ionel indicava essere la
dimora di “Antonio”, cioè di Fio Leonardo.
A seguito di richiesta di questo Ufficio, veniva applicata la misura cautelare della custodia
in carcere a FIO Leonardo e successivamente veniva espletato incidente probatorio per
cristallizzare le dichiarazioni del minore in vista dellla fase dibattimentale.
Veniva esercitata l’azione penale mediante richiesta di giudizio immediato in data 26 marzo
2010 e attualmente il procedimento è pendente avanti al Tribunale di Reggio Calabria.
27. P.P. N. 4223/2009 R.G.N.R. a carico di Riacà Giovanni per il delitto p.e p. dall’art. 572
c.p. , delitto p.e p. dagli artt. 624, 625 n. 2 c.p., delitto p. e p. dall’art. 612 bis c.p., delitto p.
e p. dall’art. 594 c.p., delitto p. e p. dall’art. 581 c.p.,
In Cardeto, luglio 2009 –novembre 2009.
La vicenda nasce dalle denunzie di Corsaro Daniela nei confronti del marito per le continue
violenze fisiche e psicologiche subite durante la loro convivenza e viene segnalata perché si
inserisce nel fenomeno dello stalking , grave per il contesto sociale nel quale si inserisce,
Gli alterchi violenti le sopraffazioni e le percosse da parte del Riacà ai danni della moglie ed
in genere la condotta tenuta dal Riacà in un momento successivo all’allontanamento dalla
casa “coniugale” è stata ritenuta idonea ad integrare il reato cd di “stalking”, della quale
presenta, tutti gli elementi costitutivi, trattandosi di condotta ingiuriosa, molesta e
fortemente minacciosa, reiterata in un determinato lasso di tempo, seppur relativamente
breve, tale comunque da indurre, anche alla luce della personalità dell’autore, e della sua
indole violenta, nella persona offesa un particolare stato d'animo nella vittima, alterandone
in modo fastidioso o importuno l'equilibrio psichico e le abitudini di vita.
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Veniva, a seguito di richiesta di questo ufficio applicata la misura coercitiva di divieto di
avvicinarsi ai luoghi determinati abitualmente frequentati dalla moglie Corsaro Anna Maria
e successivamente veniva esercitata l’azione penale.
Reggio Calabria,
Il Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone