glass cockpit

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 1 3 luglio 2009  27  /  28 S i rimane sorpresi quando aerei dalla tecnologia avanzatissima come l’Airbus A330 (recentemen- te caduto in pieno oceano mentre se ne stava in crociera a più di 10.000 metri) o come il Boeing 777 (caduto sulla pista di Londra-Heathrow ad una manciata di se- condi dall’atterraggio per il contemporaneo spegnimento di entrambi i motori) subisco- no incidenti: aerei dalla tecnologia avanza- tissima, appartenenti a compagnie di primo piano, di sicuro riferimento nel panorama internazionale. Ed è proprio per questo che si resta sbigottiti davanti a disastri simili e ci si chiede come possano ancora accadere in un mondo come quello del trasporto ae- reo nel quale non si fa altro che parlare di si- curezza. Sull’automazione delle macchine e su come l’uomo interagisce con esse di letteratura ce n’è tantissima e potrebbe sembrare inutile aggiungere altre conside- razioni a quelle già esistenti, ma poiché al- cuni gravi disastri, non soltanto di tipo aero- nautico, hanno stretta relazione proprio nel rapporto intercorrente tra l’uomo e l’auto- mazione che inventa, forse non è tempo sprecato aggiungere qualche spunto di ri- flessione a quanto già conosciuto. In tema di trasporto aereo è per esempio un proble- ma serio quello rappresentato dalla grande quantità di piloti che si trasferiscono a vola- re da aeroplani cosiddetti convenzionali ad aerei a tecnologia glass cockpit. Le flotte delle compagnie aeree di me- die e grandi dimensioni sono per lo più composte da aerei che usano una diversa tecnologia costruttiva e di presentazione dei dati di volo. È abbastanza facile riscon- trare la contemporanea presenza di aerei dal cockpit cosiddetto tradizionale, quello per intenderci pieno zeppo di strumenti, con altri interamente a tecnologia glass, cioè che presentano tramite sei grandi schermi una miriade di informazioni genera- te da decine e decine di computer. Risulta ovvio che quando l’industria offre sul mer- cato aerei a più bassi costi di esercizio siano presi in considerazione dalle compagnie aeree che, come si sa, sono alla costante ri- cerca della riduzione dei costi, in una indu- stria dove una piccola variabile rischia di far saltare i conti. Risparmi orientati non soltan- to alla riduzione del consumo di carburante, che da sempre è cospicua voce di bilancio, ma anche ad altri elementi considerati fatto- ri di costo, tra i quali, per esempio, quello relativo all’addestramento dei piloti. Più di venti anni fa erano necessari quattro mesi di corso a terra per imparare a pilotare un ae- reo come il Boeing 707. Oggi, grazie all’au- tomazione avanzata, un pilota completa in appena un mese tutto ciò che è previsto per far volare un Boeing 777 e questo rappre- senta senz’altro un notevole risparmio.  A PRIMA VIST A quindi, l’automazione porta solo ed indiscutibili vantaggi. Nella realtà in- vece, gli incidenti accaduti ad aerei con glass cockpit negli ultimi anni hanno dimo- strato in tutta la loro drammaticità che i ri- sparmi conseguiti nell’addestramento dei piloti sono stati poi pagati a caro prezzo. Disastri come quello accaduto a Kathman- du, in Nepal, ad un A310 della Thai Airways, o quello di Nagoya di un A300 della China  Airlines o anco ra a quello di C alì, che ha vi- sto protagonista un Boeing 757 dell’Ameri- can Airlines e che da soli hanno ucciso cen- tinaia di persone, dimostrano come sia faci- le smarrire la situational awareness su un aereo automatizzato. Piloti esperti ed adde- strati, familiari con l’ambiente circostante, hanno commesso errori talmente banali e macroscopici, al punto da sbagliare di 180° la direzione desiderata e dirigersi inconsa- pevolmente verso il disastro. Questi sono motivi sufficienti per avanzare ragionevoli dubbi che quanto detto e fatto finora in ma- teria di addestramento all’automazione non sia ancora abbastanza e che altre vie deb- bano per forza di cosa essere esplorate. Si dice spesso che gli incidenti la cui probabile causa è da ricercare nel fattore umano siano il 70-75%, ma questo dato si scontra con il fatto che è l’uomo che pro- getta, costruisce, utilizza le macchine che inventa. È meglio riferirsi ad errori di siste- ma, piuttosto che ad errori del singolo componente del sistema, quale potrebbe essere il pilota, oppure il meteorologo, o il manuntetore, il costruttore, la compagnia aerea. Sono difficili i cambiamenti di mo- delli mentali acquisiti e consolidati da tem- po. Chi è abituato a p ilotare un aereo di un certo tipo, certamente impara a pilotarne uno diverso durante il periodo di addestra- mento, ma la transizione di un modello mentale già acquisito e consolidato verso un nuovo modo di pensare e p ilotare è co- sa assai diversa dall’imparare a far funzio- nare un impianto o a far un bell’att erraggio, e non può concludersi in una manciata di lezioni al simulatore di volo. Pilotare aerei con glass cockpit, come l’A330 o il B777, significa apprendere una filosofia di volo nuova, che si concretizza nel favorire il pas- saggio da un ruolo di pilotaggio per così di- re “attivo“, che esplicando un controllo continuo su decine e decine di parametri consente di determinare le scelte necessa- rie per la prosecuzione del volo, ad un altro quasi “passivo“, da programmatore e su- pervisore di impianti completamente auto- matici, dove l’avanzatissima tecnologia de- termina in proprio la maggior parte delle scelte necessarie davanti ad un pilota che è per molti versi spettatore di quanto suc- cede. Mentre da un lato, il pilota dell’aero- plano convenzionale decide l’azione ed agisce sui comandi, secondo una formula pilots-controls-aircraft, aiutato da una tec- nologia primitiva quale quella che collega i Non tutto è “visibile“ e sotto controllo come si pensa Glass cockpit: in termini di ingegneria e di training c’è ancora molto da fare PAGINA 1035  Azimut  Azimut Rispetto a chi vola con aerei convenzionali, chi vola con glass cockpit dovrebbe effettuare più sessioni di addestramento al simulatore rispetto a quelle previste, in modo da mantenere allenati quegli skills necessari soprattutto in caso di degrado dei sistemi FILIPPO CAPUANO PILOT  A DI LINEA COMANDANTE DI BOEING 777 CONTINUA ALLA PAGINA SEGUENTE ERRORI DI SISTEMA

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5/11/2018 Glass Cockpit - slidepdf.com

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13 luglio 2009  27 /  28

Si rimane sorpresi quando aereidalla tecnologia avanzatissimacome l’Airbus A330 (recentemen-te caduto in pieno oceano mentre

se ne stava in crociera a più di 10.000 metri)o come il Boeing 777 (caduto sulla pista diLondra-Heathrow ad una manciata di se-condi dall’atterraggio per il contemporaneospegnimento di entrambi i motori) subisco-no incidenti: aerei dalla tecnologia avanza-

tissima, appartenenti a compagnie di primopiano, di sicuro riferimento nel panoramainternazionale. Ed è proprio per questo chesi resta sbigottiti davanti a disastri simili e cisi chiede come possano ancora accaderein un mondo come quello del trasporto ae-reo nel quale non si fa altro che parlare di si-curezza. Sull’automazione delle macchinee su come l’uomo interagisce con esse diletteratura ce n’è tantissima e potrebbesembrare inutile aggiungere altre conside-razioni a quelle già esistenti, ma poiché al-

cuni gravi disastri, non soltanto di tipo aero-nautico, hanno stretta relazione proprio nelrapporto intercorrente tra l’uomo e l’auto-mazione che inventa, forse non è temposprecato aggiungere qualche spunto di ri-flessione a quanto già conosciuto. In temadi trasporto aereo è per esempio un proble-ma serio quello rappresentato dalla grandequantità di piloti che si trasferiscono a vola-re da aeroplani cosiddetti convenzionali adaerei a tecnologia glass cockpit.

Le flotte delle compagnie aeree di me-die e grandi dimensioni sono per lo piùcomposte da aerei che usano una diversatecnologia costruttiva e di presentazionedei dati di volo. È abbastanza facile riscon-trare la contemporanea presenza di aereidal cockpit cosiddetto tradizionale, quelloper intenderci pieno zeppo di strumenti,con altri interamente a tecnologia glass,cioè che presentano tramite sei grandischermi una miriade di informazioni genera-te da decine e decine di computer. Risultaovvio che quando l’industria offre sul mer-cato aerei a più bassi costi di esercizio siano

presi in considerazione dalle compagnieaeree che, come si sa, sono alla costante ri-cerca della riduzione dei costi, in una indu-stria dove una piccola variabile rischia di far

saltare i conti. Risparmi orientati non soltan-to alla riduzione del consumo di carburante,che da sempre è cospicua voce di bilancio,

ma anche ad altri elementi considerati fatto-ri di costo, tra i quali, per esempio, quellorelativo all’addestramento dei piloti. Più diventi anni fa erano necessari quattro mesi dicorso a terra per imparare a pilotare un ae-reo come il Boeing 707. Oggi, grazie all’au-tomazione avanzata, un pilota completa inappena un mese tutto ciò che è previsto perfar volare un Boeing 777 e questo rappre-senta senz’altro un notevole risparmio.

 A PRIMA VISTA quindi, l’automazione portasolo ed indiscutibili vantaggi. Nella realtà in-vece, gli incidenti accaduti ad aerei conglass cockpit negli ultimi anni hanno dimo-strato in tutta la loro drammaticità che i ri-sparmi conseguiti nell’addestramento deipiloti sono stati poi pagati a caro prezzo.Disastri come quello accaduto a Kathman-du, in Nepal, ad un A310 della Thai Airways,o quello di Nagoya di un A300 della China Airlines o ancora a quello di Calì, che ha vi-sto protagonista un Boeing 757 dell’Ameri-

can Airlines e che da soli hanno ucciso cen-tinaia di persone, dimostrano come sia faci-le smarrire la situational awareness su unaereo automatizzato. Piloti esperti ed adde-

strati, familiari con l’ambiente circostante,hanno commesso errori talmente banali emacroscopici, al punto da sbagliare di 180°la direzione desiderata e dirigersi inconsa-pevolmente verso il disastro. Questi sonomotivi sufficienti per avanzare ragionevolidubbi che quanto detto e fatto finora in ma-teria di addestramento all’automazione nonsia ancora abbastanza e che altre vie deb-bano per forza di cosa essere esplorate.

Si dice spesso che gli incidenti la cuiprobabile causa è da ricercare nel fattoreumano siano il 70-75%, ma questo dato siscontra con il fatto che è l’uomo che pro-getta, costruisce, utilizza le macchine cheinventa. È meglio riferirsi ad errori di siste-ma, piuttosto che ad errori del singolocomponente del sistema, quale potrebbeessere il pilota, oppure il meteorologo, o ilmanuntetore, il costruttore, la compagniaaerea. Sono difficili i cambiamenti di mo-delli mentali acquisiti e consolidati da tem-

po. Chi è abituato a pilotare un aereo di uncerto tipo, certamente impara a pilotarneuno diverso durante il periodo di addestra-mento, ma la transizione di un modellomentale già acquisito e consolidato versoun nuovo modo di pensare e pilotare è co-sa assai diversa dall’imparare a far funzio-nare un impianto o a far un bell’atterraggio,e non può concludersi in una manciata dilezioni al simulatore di volo. Pilotare aereicon glass cockpit, come l’A330 o il B777,significa apprendere una filosofia di volonuova, che si concretizza nel favorire il pas-saggio da un ruolo di pilotaggio per così di-re “attivo“, che esplicando un controllocontinuo su decine e decine di parametriconsente di determinare le scelte necessa-rie per la prosecuzione del volo, ad un altroquasi “passivo“, da programmatore e su-pervisore di impianti completamente auto-matici, dove l’avanzatissima tecnologia de-termina in proprio la maggior parte dellescelte necessarie davanti ad un pilota cheè per molti versi spettatore di quanto suc-cede. Mentre da un lato, il pilota dell’aero-

plano convenzionale decide l’azione edagisce sui comandi, secondo una formulapilots-controls-aircraft, aiutato da una tec-nologia primitiva quale quella che collega i

Non tutto è “visibile“ e sotto controllo come si pensa 

Glass cockpit: in termini di ingegneria e di training

c’è ancora molto da fare

PAGINA

1035

 Azimut  Azimut 

Rispetto a chi volacon aerei convenzionali,chi vola con glass cockpitdovrebbe effettuarepiù sessionidi addestramentoal simulatore rispettoa quelle previste, in modo

da mantenere allenatiquegli skills necessarisoprattutto in casodi degrado dei sistemi

FILIPPO CAPUANO

PILOT  A DI LINEA

COMANDANTE DI BOEING 777 

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ERRORI DI SISTEMA 

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comandi di volo a dei cavi, dall’al-tro lato, il pilota glass cockpit sitrova a dover sorvegliare la corri-spondenza tra l’azione prece-dentemente programmata o co-munque voluta e quella realmen-te effettuata dall’aereo secondouna formula “Pilot-CDU-FMS-Controller-Autopilot-ControlSystem-Aircraft”. Il pilota sorve-glia che una manciata di giga dihard disks eseguano il program-ma previsto. Un lavoro più di mo-nitoraggio, di sorveglianza, che diazione vera e propria. Sull’aero-plano convenzionale si ha una ri-sposta immediata e visibile all’a-zione che si compie e tutto risulta

in primo piano, perfettamentechiaro.

Nell’aereo glass cockpit lecose non avvengono proprio co-sì. Per esempio, quando sull’ae-roplano convenzionale si sta perraggiungere la quota di volo, la tecnicasuggerisce di ridurre il variometro a valoriprestabiliti, fino ad annullarlo completa-mente al raggiungimento della quota desi-derata. I piloti fanno affidamento alle indi-cazioni del variometro e dell’altimetro per

mantenere e verificare il mantenimento diuna quota di volo. Nel glass cockpit, l’ae-reo passa invece da una fase di salita aduna di cattura della quota con una simbo-logia convenzionale. L’autoflight system in-forma il pilota attraverso il Flight Mode An-nunciator, l’FMA insomma, dei cambia-menti nella sua modalità di funzionamento.Il pilota non ha più quindi, come riferimentoprimario il variometro e l’altimetro, comenell’aereo convenzionale, ma per forza dicosa è portato ed addestrato a verificare ivari cambiamenti delle modalità di volo del-l’autoflight system. Quanto tratto da un ASRS (Air Safety Report System ) si com-menta da solo ed aiuta a capire questo ra-gionamento: «abbiamo mancato la quotaprevista di 1.000 feet; il comandante eraoccupato a programmare il flight manage-ment computer; essendo nuovo all’auto-mazione ho riscontrato che i piloti utilizza-no molto tempo “giocando” con il compu-ter anche in momenti particolarmente criti-ci piuttosto che a far “volare” l’aereo». Nontutto quindi è “visibile” e sotto controllo co-

me si pensa. Un interruttore posto su posi-zione ON nell’aereo glass cockpit attiva im-pianti dei quali il pilota ignora perfino l’esi-stenza. Poi, alcuni accorgimenti, come

l’autotrim e una migliore insonorizzazionedella cabina hanno reso più difficile la per-cezione globale del movimento dell’aereonello spazio.

È diventato quindi indispensabile con-trollare con un continuo linguaggio man-

machine-man che l’aereo “faccia“ esatta-mente ciò che si desidera. I piloti non pos-sono più contare sulla loro percezionesensoriale e questo ha posto sul tappetola necessità di addestrarli ad un nuovo epiù completo concetto di comunicazione edi situational awareness. Una volta “senti-vi” i motori che giravano, oggi ci devi pen-sare un momento. Percezioni sensorialiche in un aereo glass cockpit vanno a di-minuire sempre di più. I programmi di ad-destramento al glass cockpit ricalcano,seppur con alcune varianti, schemi vecchie provenienti da quanto fatto in tema ad-destramento su aerei convenzionali. Sicontinua infatti a studiare l’impianto, le sueavarie e le procedure per risolverle. Si con-fida molto sul fatto che gli impianti di volosono ridondanti, rotto uno ne entra in fun-zione un altro uguale, quindi, non c’è alcu-na preoccupazione ed anzi si acquisiscel’idea che l’aereo glass cockpit è di una fa-cilità impressionante. Non si apprende ab-bastanza sulle relazioni che intercorronotra gli impianti e sui vari livelli di automazio-

ne che il sistema è in grado di fornire infunzione dell’avaria di uno o più compo-nenti; sulla difficoltà di programmazione,specialmente in certe fasi del volo, quale

quella di programmare un cambio di pistain fase di avvicinamento utilizzando i com-puter di bordo o sul cattivo utilizzo che del-l’automazione si può fare.

Un ruolo importantissimo è svolto dal-l’ingegneria della manutenzione alla quale è

richiesto di mantenere l’efficienza degli im-pianti di bordo. Anche i tecnici della manu-tenzione devono essere addestrati ad ac-quisire un modello mentale nuovo. C’è mol-ta differenza tra rendere indisponibile, peresempio, un impianto di autothrottle sul-l’aeroplano convenzionale e su un aereoglass cockpit. Le MEL (Minimum Equip-ment List) di un aereo glass cockpit dovreb-bero essere valutate tenendo in debito con-to il teatro di operazioni nel quale l’aereodovrà volare con quel dato componente inavaria. Se, infatti, il glass cockpit ha con-sentito di ridurre i tempi di addestramentoalla conoscenza del need to know, dall’altroha spalancato le porte all’esigenza di ap-prendere un modello mentale di comporta-mento per il quale l’addestramento sembratroppo breve per permettere un adeguatopassaggio al nuovo modello mentale e do-ve solo un adeguato tempo di permanenzasull’aereo e frequenti passaggi al simulatoredi volo possono contribuire ad aiutare a ri-solvere le difficili problematiche di adatta-mento ad un nuovo quanto diverso modello

mentale di pilotaggio.Nel glass cockpit, alcune qualità pro-

prie del pilota, skills consolidati da sempre,sono prepotentemente rimessi in discus-PAGINA

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 Azimut  Azimut 

Cruscotti di ieri…

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13 luglio 2009  27 /  28

sione alla luce di un terzo soggetto, appa-

rentemente docile e controllabile, ma dai

risvolti invece pericolosi ed inaspettati:

l’automazione avanzata. Volare con un

glass cockpit significa far propria la con-

vinzione che i comandi, i pulsanti, le leve,

le manopole della cabina di pilotaggio, so-no degli attivatori di programmi, interrutto-

ri di processo. Significa capire senza om-

bra di dubbio che l’architettura del cock-

pit, semplice nella sua presentazione, na-

sconde in realtà complesse soluzioni di in-

gegneria, decine e decine di sottosistemi

che obbediscono a logiche sconosciute e

non scritte sui manuali di volo a disposizio-

ne dei piloti. Significa ancora credere che

un computer, seppur sofisticato, è in gra-

do di rilevare e diagnosticare un’avaria e di

suggerire le opportune azioni per la sua ri-

soluzione.

L’AVIAZIONE con l’avvento dell’elettronica

ha raggiunto livelli di automatismo fantastici

ed impensabili fino a poco tempo addietro.

Gli autopiloti a due assi, in grado a malape-

na di mantenere costanti due semplici

parametri, hanno ceduto il passo ad im-

pianti completamente autonomi. L’automa-

zione ha consentito di disegnare profili di

volo, all’interno dei quali l’aeroplano si auto-

protegge dal superamento di valori fonda-

mentali, come quelli legati alla bassa e alta

velocità o agli eccessivi angoli di virata. L’in-

tegrazione di alcuni sistemi di bordo ha

consentito di sviluppare un autoflight

system capace di percorrere un’intera pro-

cedura strumentale, variando la quota

quando previsto, virando al momento op-

portuno, applicando la corretta variazione

di velocità di avvicinamento in funzione del-la configurazione. La navigazione, un tem-

po di esclusiva competenza del navigatore,

poi integrata nel pilotaggio, oggi è svolta

egregiamente dal sistema FMS. Dati neces-

sari a condurre una navigazione efficiente

ed economica, come quelli meteorologici,

di performance , di calcolo preciso della rot-

ta, con determinazione di prue e distanze e

che costringono il pilota di aeroplani con-

venzionali a calcoli a volte e per forza di co-

se approssimati, impegnandone grande-

mente l’attenzione e aumentando i costi

delle operazioni, oggi sono automatica-

mente e costantemente calcolati dai siste-

mi automatici, in relazione a costi di eserci-

zio predeterminati. Il controllo periodico del

corretto funzionamento degli impianti di

bordo, l’attenzione richiesta in particolari fa-

si di volo, le difficoltà ed il tempo necessario

ad identificare malfunzionamenti, hanno la-

sciato il posto a computer di sorveglianza

elettronici, meccanismi in grado di diagno-

sticare le parti di un componente in avaria e

di presentare al pilota le manovre correttive

necessarie.

Ma tutta questa tecnologia, se da un la-

to aiuta il pilota, dall’altro rischia di farlo pre-

cipitare in un baratro di confusione e dis-

orientamento quando le cose non

vanno nel verso giusto ed un circo

di campanelli, sirene, avvisi lumi-

nosi, tutti necessariamente da in-

terpretare, catalogare, analizzare,

risolvere, anche quando l’ambien-

te circostante non ti è favorevole

proprio per niente e di tempo ne ri-

mane miseramente poco. Nell’ad-

destramento al glass cockpit il

CRM (Crew Resources Manage-

ment ) diventa un inscindibile ele-

mento del “passaggio macchina”

e non dovrebbe essere solo una

presenza saltuaria del processo di

educazione alla nuova filosofia di

volo. Il pilota deve essere facilitato

all’apprendimento a mano a mano

che scopre le logiche di funziona-

mento dell’automazione. La co-

municazione man-machine-man,

un corretto processo di decision

making, l’applicazione delle cor-

rette procedure e la coscienza del-

l’awareness sono parti importanti così co-

me la descrizione di un impianto e delle sue

avarie. Gli incidenti occorsi ad aerei glass

cockpit dovrebbero essere analizzati e di-

ventare parte integrante di un corso di

transizione per permettere la comparsa dei

comportamenti inadatti e facilitarne il rico-noscimento da parte dei piloti. Rispetto a

chi vola con aerei convenzionali, chi vola

aerei glass cockpit dovrebbe effettuare più

sessioni di addestramento al simulatore ri-

spetto a quelle previste, in modo da mante-

nere allenati quegli skills necessari soprat-

tutto in caso di degrado dei sistemi.

C’è quindi ancora molto da fare in ter-

mini di ingegneria e in termini di training and

education. Molte soluzioni sono ancora al

loro stato embrionale e certamente il glass

cockpit rappresenta un punto di partenza

verso un cockpit finalmente in grado di mo-

strare la navigazione su un piano tridimen-

sionale dove l’aereo sia visibile e non sol-

tanto interpretabile rispetto al mondo circo-

stante, non solo in termini di profilo laterale,

ma, anche e soprattutto, in termini di profilo

verticale. «The captain than said: “What’s

going on at which point the aircraft was ob-

served 300 feet high; it had entered a subtle

climb seemingly on its own accord. This is

another case of learning to type 80 words a

minute instead of flying the aircraft. The mo-

re automation there is in the aircraft, it just

means the flight crew should work that

much harder to remain an active and inte-

gral part of the loop». ● PAGINA

1037

 Azimut  Azimut 

… e di oggi 

PASSAGGIO MACCHINA