gli anonimi e i grandi maestri del 400

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  • da Gli anonimi e igrandi maestri delxv secolo

    di Jos Koldeweijcon la collaborazione di Alexandra Hermesdorf

    Storia dellarte Einaudi 1

  • Edizione di riferimento:in La pittura in Europa. La pittura nei Paesi Bassi, acura di Bert J. Meijer, vol. I, Electa, Milano 1997

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  • Indice

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    La pittura nel Quattrocento. I primitivi Nederlandesi 4

    Gli sviluppi storico-artistici dal 1425 al 1500 4

  • La pittura nel Quattrocento. I primitivi Nederlandesi

    Gli sviluppi storico-artistici dal 1425 al 1500

    Nella trattistica storica e storico-artistica si rilevanofin dagli esordi, nellOttocento, due concezioni diver-genti sulla cultura nederlandese del Quattrocento. Da unlato questo periodo dinnegabile splendore viene defi-nito come tardogotico e considerato come grandiosaconclusione delle tradizioni medievali. Dallaltro si fariferimento a questepoca con il termine di Rinasci-mento nederlandese. Ci che comunque appare eviden-te che si tratta di un periodo di grande fioritura sullimite di demarcazione tra il Medioevo e let moderna.Tale rigoglio culturale si svilupp nel contesto di unasociet marcatamente urbana e costituisce il pendantnordico del Rinascimento italiano. I fitti scambi com-merciali nonch le frequenti relazioni culturali che que-sti scambi alimentarono nel Quattrocento tra le cittfiamminghe e quelle del nord Italia, bastano ad eviden-ziare come le spettacolari trasformazioni avvenute nelledue regioni pi prospere delloccidente non possonoessere considerate fenomeni a s stanti.

    E tuttavia gli sviluppi in Italia sono di tuttaltrocarattere e assumono in modo pi pronunciato la valen-za di una rinascita o un recupero dellantichit. Anord, invece, prosegue levoluzione del Gotico interna-zionale, anche se il linguaggio delle forme si fa meno raf-

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  • finato e pi realistico per quanto riguarda la resa del pae-saggio, dello spazio, delle figure e dei dettagli, e va com-binandosi con tematiche spesso permeate di forte emo-tivit. Corte, nobilt, clero e borghesia diventano i com-mittenti di questo nuovo e apprezzatissimo linguaggioformale, che conobbe una magnifica fioritura in parti-colare nella sfera dinfluenza della corte borgognona eche consuetudine designare con il termine di pitturanederlandese antica o delle origini; gli artisti attivi inquesto periodo vengono definiti primitivi nederlandesisettentrionali e meridionali o meglio primitivi fiam-minghi. Tuttavia, questa pittura di stampo realisticoera tuttaltro che primitiva nellaccezione riduttiva deltermine: tanto la tecnica pittorica quanto la padronan-za dei materiali, liconografia, il linguaggio delle formee il simbolismo, il senso della realt, ove questa eraricercata, e il contenuto devozionale erano, anzi, oltre-modo raffinati e raggiunsero dei livelli qualitativi note-voli. E sebbene si sia soliti parlare anche di primitivitedeschi e di primitivi francesi in riferimento agli svi-luppi stilistici pi o meno coevi nei paesi confinanti, davvero sorprendente la misura in cui da questa nuovaarte si evolva uno stile prettamente nederlandese, carat-terizzato da un forte accento sul naturalismo e sul rea-lismo. Questo stile peculiare si diffuse dapprima nei ter-ritori meridionali della regione considerata Fiandre,Hainaut e Brabante per poi muovere verso nord, versolOlanda.

    La pittura nederlandese del Quattrocento si svilup-pa lungo tre generazioni pi o meno consecutive. Vistain prospettiva, la prima generazione, i cui pittori pisignificativi furono i fratelli Van Eyck, Robert Campine Rogier van der Weyden, forn forse il contributo pirilevante alla formazione di quei lineamenti tipici dellapittura nederlandese delle origini. Furono questi artistiche, muovendo dal Gotico internazionale, posero le pre-

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  • messe per il seguente periodo di fioritura, durato gros-so modo tre quarti di secolo e contraddistinto da une-levata qualit sia tecnica che contenutistica e da unaforte unit stilistica, che per non era certo statica. Laproduzione artistica costantemente animata da un rea-lismo idealizzato, di forte impronta religiosa e soprat-tutto innestato su una cultura borghese e cittadina, anzi-ch nobiliare e clericale in senso conservativo. In que-sta fase ebbe un ruolo di assoluto rilievo, difficilmentesopravvalutabile, lopera di Jan van Eyck, sebbene ancheil suo geniale lavoro non possa essere considerato inmaniera isolata da quanto lo precedette e dal contestoin cui si esplic. Dopo aver lavorato tra laltro per lacorte dellAia, Jan van Eyck and a stabilirsi a Bruges.La citt divenne un centro importante, con Petrus Chri-stus quale successore di Van Eyck, ospitando una tra-dizione che si protrarr sino alla fine del Quattrocento.Fino al 1440 circa ebbe un ruolo di primo piano Tour-nai, citt in cui Rogier van der Weyden fece il suoapprendistato presso Robert Campin prima di stabilirsia Bruxelles, dove si dispieg la sua carriera.

    Le figure di spicco della seconda generazione di pit-tori sono Hans Memling, Dirck Bouts e Hugo van derGoes. Si noti che due di loro si recarono espressamen-te nelle Fiandre, Bouts infatti si trasfer a Lovanio dallanativa Haarlem, nellOlanda settentrionale, e Memlinglasci la tedesca Seligenstadt per andare a Bruges; Vander Goes, invece, era nato e cresciuto a Bruges. Per lO-landa della seconda met del Quattrocento occorre cita-re Albert van Ouwater e Geertgen tot Sint Jans, entram-bi attivi ad Haarlem. Intorno al 1450 s-Hertogenboschdiede i natali a Hieronymus Bosch, il quale, dopo unaformazione ispirata alla tradizione fiamminga, divenneun maestro del tutto originale e, cosa piuttosto sor-prendente, altamente apprezzato.

    La terza generazione di primitivi nederlandesi,

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  • verso la fine del Quattrocento e soprattutto nel primoCinquecento, fa proprie le conquiste del Rinascimentoitaliano nellambito dello stile, del linguaggio formale edei soggetti. Va detto che gi in precedenza artistinederlandesi avevano compiuto dei viaggi in Italia oavevano avuto modo di conoscere larte italiana attra-verso i disegni e le stampe, anche se al nord si rimane-va ben radicati alle proprie tradizioni. Con maestri comeGerard David, proveniente da Oudewater in Olanda eQuentin Metsys, attivi rispettivamente a Bruges e adAnversa, e con Jan Mostaert, Jacob Cornelisz van Oost-sanen e Cornelis Engebrechtsz, attivi in Olanda, si inau-gura una nuova tendenza. Il Rinascimento italianocomincia a diffondersi anche nei Paesi Bassi: in manie-ra ancora embrionale nellopera di questi artisti, quindidecisamente negli esponenti appena pi giovani dellaloro generazione come Jan Gossaert detto Mabuse eLucas da Leida.

    A partire dalla seconda met del Quattrocento neiPaesi Bassi e in Germania al posto della tradizionale tec-nica su tavola si va affermando la pittura su tela, su lino.Uno dei primi esempi di pittura su tela rappresentatodal gi citato Parement de Narbonne, un dipinto in gri-saglia realizzato a Parigi nel 1375 circa su commissionedel re di Francia. Considerata la sua destinazione adantependium, realizzato cio per la parte anteriore del-laltare, non sorprende la scelta della tela quale suppor-to e per lungo tempo si perfino ipotizzato che questapittura estremamente raffinata servisse da base per unlavoro di ricamo. La grisaglia tuttavia appare eseguitacon notevole perfezione e fu senzaltro ritenuta unoperain s conclusa. Il sobrio disegno in nero che non appa-re arricchito da materiali pregiati quali sete colorate efili doro, n da pigmenti costosi, rendeva ancor pimanifesto il fatto che si era di fronte a un paramentofunebre. comunque principalmente nella sfera del-

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  • larte applicata che si inizi ad utilizzare la pittura sutela; partendo da questo ambito specifico e con un pro-cesso lento, ma inarrestabile, la tela sarebbe in seguitoandata a sostituire la tavola. Rientrano in questa tradi-zione applicata, ad esempio, le numerose commesse rice-vute nel tardo Quattrocento da Melchior Broederlam inqualit di pittore di corte dal duca di Borgogna; questecomprendevano in gran parte banderuole, stendardi,scudi stemmati e armature per tornei, e capitava ancheche ne venissero ordinati mille in una sola volta. In que-sti casi si trattava di lavori con finalit prettamentedecorative, che devono aver visto senza meno linter-vento di molti allievi e garzoni di bottega. Ancora intor-no al 1470 anche un pittore della portata di Hugo vander Goes risultava attivo nella realizzazione di prodot-ti del genere.

    Un esempio considerevole di dipinto su lino dellaprima pittura nederlandese la pala della Passione diRoermond. Questa pala daltare, che vide la luce nel1435 circa in Gheldria, eseguita a tempera su una telafissata su tavola. Questa tecnica, in cui il lino consenti-va di ridurre le deformazioni del supporto ligneo, fuimpiegata molto raramente nei Paesi Bassi, al contrariodi quanto accadde invece nellarea di Colonia. La tec-nica che prevedeva di incollare la tela su legno, qualebase di preparazione, venne adottata, per ovvie ragio-ni, regolarmente alle statue policrome. Si gi avutomodo di osservare come lapplicazione del colore alleopere scultoree rientrasse, quanto meno nel Trecento enel Quattrocento, tra gli incarichi ordinari del pittore.

    Un passo significativo nella graduale transizione dallatavola alla tela tesa segnato dalle ante della pala disanta Chiara del 1360-1370 circa, collocata nel duomodi Colonia e dono delle contesse Filippa e Isabella diGheldria al convento di santa Chiara di questa citt,citt in cui il dipinto vide la luce. Furono certo motivi

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  • di ordine pratico a suggerire luso, nella pala a doppieante (ciascuna di 282,5 x 138 cm), della tela tesa e fis-sata su telai per i battenti pi esterni, il cui peso veni-va in tal modo ridotto al minimo. La riproduzione sutela della struttura architettonica delle ante lignee evi-denzia quella che in effetti ancora una scelta negati-va. Le stesse ragioni spinsero un concittadino di Jero-nimus Bosch oltre un secolo dopo, nel 1513, a dipinge-re due grandi tele con la funzione di sportelli per un oro-logio con lo spettacolo del Giudizio Universale nellachiesa di San Giovanni a s-Hertogenbosch . Ogni voltache lorologio artistico faceva la sua rappresentazione, irobusti sportelli (250 x 80 cm circa) dovevano aprirsi erichiudersi meccanicamente, e dunque una struttura leg-gera era della massima importanza. Il lino ben teso sultelaio fu dipinto a tempera su entrambi i lati, allinter-no con quattro angeli con le Arma Christi, gli strumen-ti della Passione, allesterno invece con i santi patronidella chiesa a grandezza oltre il naturale, GiovanniEvangelista e la Madonna col Bambino. Analoghe anteleggere di tela rossa vennero aggiunte nella primaveradel 1482 alla Giustizia di Ottone III nel municipio diLovanio. Queste scene della Giustizia erano state com-missionate nel 1468 a Dirck Bouts, tuttavia alla suamorte, nel 1475, lopera non era ancora completa: latavola con la scena dellEsecuzione frutto del suo pen-nello, mentre quella con la Prova del fuoco opera dellasua bottega. Dopo che Hugo van der Goes ebbe eseguitoper la citt una stima delle tavole, forse portandoleanche a compimento, queste furono appese nel 1482 nelmunicipio. Esse vennero, inoltre, munite di battentiper preservare i pregevoli quadri dalla polvere e dallaluce, che vennero forse a loro volta dipinti con immagi-ni o testi. I battenti sono purtroppo andati perduti, legrandi tavole della Giustizia di Ottone III sono conser-vate i Koninklijke Musea di Bruxelles (ciascuna misura

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  • 324 x 182 cm). Altri pannelli protettivi in tela, seppu-re non dipinti, erano fissati alla pala della gilda deiminiatori di codici di Bruges. Lesecuzione delloperaera stata affidata nel 1478 a Hans Memling dal minia-tore di Utrecht Willem Vrelant, che in quella citt eraa capo di una delle botteghe pi importanti e si erafatto raffigurare insieme alla consorte come donatoresulle ante fisse della pala stessa.

    Nella pittura nederlandese furono per lappuntoDirck Bouts e Hugo van der Goes, verosimilmente suoallievo, a scegliere ben presto quale supporto la telaanzich la tavola. Rispetto ad un supporto ligneo, il linoteso a dovere e preparato con cura non solo notevol-mente pi leggero e dunque pi maneggevole, ma anche pi stabile della tavola, formata da diversi assi esoggetta a continue deformazioni per gli sbalzi del tassodumidit nellatmosfera. Unaltra spiegazione, ugual-mente plausibile, per limpiego di alcune delle prime teleeseguite a tempera (colori stemperati in acqua e mischia-ti alla colla) che si trattasse di studi preparatori menopregiati oppure di varianti dipinte dei popolari arazzi.A questo proposito deve essere menzionata la Deposi-zione, ovvero il Compianto di Dirck Bouts databile gros-so modo al 1470 (Londra, National Gallery), che oggiappare quasi come una grisaglia. Va, inoltre, segnalatoun Calvario di notevoli dimensioni (181,5 x 153,5 cm,Bruxelles, Koninklijke Musea voor Schone Kunsten)attribuito allo stesso Bouts o a un pittore pi giovane,segnatamente a Hugo van der Goes, la cui produzionecomprende varie tele. Molte di queste sono di estremointeresse in quanto mostrano ancora il sistema primiti-vo usato per stendere la tela, o consentono almeno diricostruirlo. Tra queste opere emerge, ad esempio, il dit-tico con la cosiddetta Piccola deposizione allincirca del1480 (ciascun pannello 53 x 38 cm, Stati Uniti, pro-priet privata; Berlino, Staatliche Museen Preuischer

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  • Kulturbesitz). Davvero spettacolare un Tchleinnederlandese della seconda met del Quattrocento, pub-blicato nel 1992 da Jochen Sander. Questa piccola teladevozionale di un artista anonimo, in propriet privata,raffigura la Maria Lactans a mezzo busto. La toccanteimmagine della Madre di Dio dipinta entro un tondodorato su un lembo pressoch quadrato di lino finissi-mo (24,6 x 24,1 cm), tuttora racchiuso entro la propriacornice sul primitivo supporto ligneo posto dietro ilvetro originale. Sul retro della tela ancora chiaramen-te visibile il disegno preparatorio; la stretta cornicemodanata, di color oro, presenta ancora tracce di untesto pio che assieme alla pittura doveva esortare ad unasincera devozione.

    Lo sviluppo stilistico dellillustrazione dei codici neiPaesi Bassi non procedette inizialmente di pari passo conle innovazioni radicali sperimentate dalla pittura sutavola con laffermarsi, a partire dal 1425 circa, di unpronunciato realismo. I miniatori non ricercavano unaresa naturalistica dello spazio o effetti di profondit, macontinuarono il pi delle volte a impiegare sfondi ditipo decorativo. I paesaggi vengono costruiti su pianiposti in sequenza come fossero quinte e le dimensionidelle figure sono spesso del tutto sproporzionate rispet-to allambiente, pi piccolo perch meno importante. Ivolti e le espressioni erano e rimanevano stereotipati,rari o del tutto assenti erano i tentativi di conferiretratti individuali.

    Pochi sono i nomi noti dei miniatori attivi nel perio-do compreso tra il 1400 e il 1440 circa e nella maggiorparte dei casi per quanto resta delle opere miniate risa-lenti al tardo Quattrocento si costretti a ricorreresoprattutto ad una suddivisione per gruppi, scuole ea maestri a cui sono stati dati dei nomi convenzionali.Tuttavia, in maniera occasionale le novit si affaccianoanche nellambito dei codici miniati, come dimostra il

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  • famoso Libro dore Torino/Milano con le sue miniatureforse dipinte da Jan van Eyck durante il soggiorno del1422-1424 allAia presso la corte dOlanda. Anche alcu-ni altri illustratori introdussero innovazioni nella deco-razione dei tanti e lussuosi libri di preghiere commis-sionati da benestanti cittadini, da religiosi o conversi edalla nobilt per la loro devozione privata. Nei PaesiBassi settentrionali il Libro dore di Caterina di Cleve rap-presenta un vertice assoluto. Le miniature, frutto distraordinaria inventiva, e la decorazione sul margine diquesto manoscritto vennero eseguite intorno al 1440,probabilmente a Utrecht, e presentano influenze deri-vanti dalla pittura su tavola e dalla miniatura tanto deiPaesi Bassi meridionali quanto di quelli settentrionali.La domanda sempre crescente di libri di preghiere, inparticolare nei territori a nord dei grandi corsi dacqua,determin la formazione di gruppi di opere con carat-teristiche proprie in citt come Delft e Haarlem, oppu-re pi diffusi a livello regionale, in Gheldria, nei PaesiBassi orientali e cos via. Nei Paesi Bassi meridionali fula corte borgognona ad avere un ruolo importante perlillustrazione di codici nel periodo tra il 1400/1445 e il1475. Il mecenatismo e linfluenza esercitata dai duchidi Borgogna, che avevano fissato le loro residenze indiversi luoghi, crearono una grande uniformit nellaproduzione calligrafica. Molto apprezzati erano i testi siaprofani che religiosi di ampie dimensioni, cosicch spes-so vennero creati manoscritti composti da pi tomi. Ilduca Filippo il Buono si distinse in questo senso: alla suamorte la biblioteca personale contava niente meno che900 volumi! Tra le diverse citt prospere dei Paesi Bassimeridionali dotate di propri scriptoria, Bruges divenneun centro di spicco di notevole richiamo. Numerosiminiatori di gran talento andarono a stabilirsi a in que-sta citt lavorando in proprio come membri della gilda.Si citano qui solo alcuni esempi: il francese Jean Dreux

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  • fu attivo in quella citt negli anni 1448-1466, WillemVrelant, di Utrecht, dal 1454 fino al 1481, anno dellamorte, Loyset Lidet, di Hesdin, e il francese Philippede Mazarolle vi lavorarono dal 1469 fino alla loro mortenel 1479. Di Philippe de Mazarolle va segnalato in par-ticolare un singolare manoscritto, un libro dore stilatoin oro e argento su pergamena nera. Il libro venne dona-to dalla citt di Bruges al duca Carlo il Temerario il 24febbraio 1467 in occasione del suo ingresso ufficiale inqualit di duca e fu De Mazarolle a ottenere lincaricodi ultimare il manoscritto ancora incompiuto. possi-bile che questo libro dore in pergamena nera, attestatonei documenti darchivio, sia da identificarsi con unmanoscritto attualmente conservato a Vienna (ster-reichische Nationalbibliothek, ms. 1856). In tal casoPhilippe de Mazarolle sarebbe lillustratore di questocodice spettacolare, che rientra in un gruppo di mano-scritti di dimensioni molto piccole, estremamente pre-ziosi e raffinati, provenienti dagli ambienti della corteborgognona. Di questi libri dore di colore nero si con-servano nel complesso sette esemplari, tutti eseguiti aBruges e risalenti al terzo quarto del Quattrocento.

    Negli ultimi decenni del Quattrocento e agli inizidel Cinquecento anche nelle regioni meridionali il mer-cato mostra un notevole interesse per i libri dore deco-rati. Se da una parte vennero meno la corte e la casatadi Borgogna nella loro veste di grandi committenti, dal-laltra aumentano in maniera vistosa gli incarichi dei pri-vati relativi a manoscritti per la devozione personale.Con il modificarsi del tipo di clientela mut anche ilcarattere della miniatura dei Paesi Bassi meridionali,che fu allora spesso riferita alla scuola di Gand-Bru-ges, nome che deriva dai due maggiori centri di pro-duzione. I libri sono ridotti a un formato pi piccolo,pur presentando ancora ricchi ornamenti. La decora-zione a margine, che corre tuttintorno al testo, assume

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  • un carattere molto marcato e talvolta esibisce elementiarchitettonici. Celebri sono inoltre le scene istoriate esoprattutto le cornici realistiche cosparse di fiori, con-chiglie, insegne di pellegrinaggio o gioielli e altri ogget-ti, tutti raffigurati con notevole minuzia. Le stesseminiature cambiarono aspetto rispecchiando in modopalese linfluenza della pittura su tavola, in un processoche sfoci in raffigurazioni simili a quadri di piccolo for-mato, la cui funzione poteva esplicarsi tanto in un libroche su una parete. Anche nellultimo periodo dellaminiatura gli artisti noti per nome sono relativamentepochi e soltanto di alcuni illustratori si conoscono concertezza le opere. Sono da annoverare tra i pi insignimaestri del tardo Quattrocento e del primo Cinquecen-to lanonimo Maestro di Maria di Borgogna, che deveil suo nome alla committente per la quale esegu la deco-razione di taluni magnifici codici, e i due miniatori diGand, Alexander Bening e Gerard Horenbout. Que-stultimo trascorse gran parte della sua carriera, dal 1420alla sua morte nel 1440, alla corte inglese del re EnricoVIII. Simon Bening, figlio di Alexander, si stabil aBruges, dove mor nel 1561: nei suoi quadri miniaturi-stici egli raggiunse ancora risultati di elevato livello nellafase conclusiva della tradizione dei codici miniati neder-landesi. Nel frattempo larte tipografica aveva gi unsecolo di storia alle spalle e aveva soppiantato ormaidefinitivamente il libro scritto e decorato a mano.

    Nel Quattrocento trasformazioni rilevanti interessa-no nelle regioni nordiche anche il rivestimento pittori-co degli interni delle chiese. La tradizione dominanteprescriveva per le grandi cattedrali francesi lintonaca-tura sia delle pareti che delle volte: tutti i materiali dellacostruzione erano nascosti alla vista da un sottile stratodi malta policroma. Questa copertura esaltava la strut-tura architettonica degli edifici religiosi e conferivaarmonia ai loro vasti interni. Una cortina finta veniva

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  • dipinta su uno sfondo dalle tinte tenui che variavano dalgrigio e bianco sporco al rosato o allocra. Talvolta glielementi portanti erano evidenziati attraverso abbina-menti cromatici e le volte potevano avere un colorediverso dalle pareti. A completamento della costruzio-ne della cattedrale di Chartres, ad esempio, ledificio fuinteramente dipinto nella prima met del Duecento inocra chiaro con una cortina finta di colore bianco e lac-centuazione degli elementi portanti, anchessi bianchi;un rivestimento analogo, solo su sfondo rosato, loconobbe verso la fine del Duecento la chiesa di SantaElisabetta a Marburgo. Diverso invece linterno dellacattedrale di Amiens: lalzato era completamente grigio,le volte rossastre e sullinsieme era dipinta in bianco unacortina finta. Il rivestimento pittorico delle architettu-re faceva da scenario alle vetrate con figure dai colorispesso brillanti e alle sculture variopinte. Nel corso delTrecento a queste si aggiunsero anche dipinti murali dicarattere figurativo. Il gotico brabantino del Quattro-cento introdusse una tendenza pi sobria: un rivesti-mento uniforme e monocromo di tutto linterno dellechiese, su cui venivano poi apportate decorazioni dalletinte accese e vistose. Queste decorazioni si estesero len-tamente fino a divenire pitture murali di ampie dimen-sioni e dipinti figurativi e decorativi a copertura totaleo parziale delle volte. Questi dipinti murali formavanospesso un continuum con gli arredi, le porte, le finestre,le mensole e i baldacchini scolpiti. Tale sviluppo illu-strato in maniera molto eloquente dallinterno di chie-sa raffigurato da Jan van Eyck nella miniatura dellaMessa funebre databile al 1440 circa: un ambiente inte-ramente dipinto di bianco, intorno alle chiavi di voltacolori di forte impatto e in fondo al coro, sulla paretenord, una scultura posta in risalto dal contesto dipintoin cui inserita. Van Eyck mostra inoltre come il mate-riale di costruzione venisse effettivamente occultato

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  • sotto lintonaco: la cornice della miniatura delimita inalto la parte intonacata da quella non ancora rivestita ein quel punto si vede chiaramente la grezza muratura.Il trittico dei Sette Sacramenti di Rogier van der Wey-den, risalente al 1453-1455, presenta lo stesso internodi chiesa austero e dai colori chiari che sottolineano gliarredi. Un analogo rivestimento pittorico bianco mono-cromo, ascrivibile al gotico brabantino, con vistosiaccenti cromatici intorno alle chiavi di volta, anchessedipinte, stato riportato alla luce nella cattedrale diNotre Dame ad Anversa e di recente ripristinato. Lostesso ideale decorativo si ritrova nella chiesa di SanGiovanni a s-Hertogenbosch, dove al contempo siosserva chiaramente come in epoche successive, che arri-vano fino al periodo neogotico, le tonalit degli internitornino a ravvivarsi con scene di natura decorativa efigurativa. Che questo processo prenda le mosse gi nelQuattrocento lo dimostrano le pitture nella volta delcoro della chiesa di San Giovanni: nel secondo quartodel Quattrocento, la copertura tanto dellalzato che dellavolta era bianca, le linee di forza dellarchitettura eranoevidenziate dal rosso e dal nero. Le chiavi di volta eranodipinte in oro e policromia realistica e inoltre circonda-te da pennellate di colore. In vista dellassemblea capi-tolare dellordine del Toson dOro, che si svolse nel1481 nel coro della chiesa di San Giovanni, la volta fuornata con dipinti figurativi, in cui compaiono tra lal-tro, la Seconda venuta di Cristo, santi e angeli che suo-nano la tromba. Sotto il profilo stilistico, levoluzionedella pittura monumentale procede ovviamente in paral-lelo alle trasformazioni che hanno luogo nella miniatu-ra e nella pittura su tavola. Come si osservato in pre-cedenza, daltronde, tra queste espressioni artisticheesistevano forti legami. Si prenda ancora Hugo van derGoes quale esempio. Il suo dipinto murale che in unacasa di Gand illustra la storia del re Davide e di Abigail,

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  • personaggio amato come prototipo di Maria, era moltofamoso e fu descritto come tale gi nel tardo Cinque-cento nonch citato da Karel van Mander nel suo Librodella pittura del 1604.

    La miniatura. La fama del pittore greco Zeusi, vissu-to nel quinto secolo a.C., si perpetu anche nei PaesiBassi fino al tardo medioevo. Diversi erano gli aneddo-ti che circolavano sin dallantichit a proposito di que-sto geniale artista. Lepisodio pi celebre quello deichicchi duva da questi dipinti con tale realismo da trar-re in inganno gli stessi uccelli. Un altro racconto moltodiffuso venne riportato da Cicerone (106-43 a.C.) e api riprese illustrato nei manoscritti tardomedievali delbrano di Cicerone, come ad esempio nella copia dellaRhetorica di fine Quattrocento, appartenente alla biblio-teca dellabate di Gand Rafal de Mercatellis. Rafal deMercatellis, figlio naturale di Filippo il Buono, fu abatedellabbazia di San Bavone a Gand dal 1478 alla morte,avvenuta nel 1508. Una schiera di amanuensi e minia-tori lavor per lui sia a Gand che a Bruges al fine di crea-re una vasta biblioteca personale. In una delle sueMiscellanea, raccolte di testi di diversa natura, si riferi-sce quanto Cicerone scrisse nel 91 a.C. a proposito diZeusi: il rinomato pittore aveva ricevuto lincarico direalizzare per un tempio uneffigie della leggendariaElena, figlia di Giove. Il ritratto avrebbe dovuto coglie-re la venust senza pari della donna pi bella delmondo, nel suo dipinto Zeusi doveva trascendere larealt per dare forma a questideale di bellezza. Egli scel-se quindi cinque modelle componendo per sintesi il suoideale femminile.

    Nellillustrazione qui raffigurata il miniatore fiam-mingo (1482-1487 ca.) ha scelto proprio questa storia,offrendo al contempo loccasione di gettare uno sguar-do dentro una bottega dellepoca. Sullo sfondo, attra-

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  • verso limponente finestra, figurano due fasi del rac-conto: in lontananza, il pittore che prende accordi coni suoi committenti, quindi, in posizione pi vicina allos-servatore, gli stessi mentre scelgono alcuni giovani in ungruppo di allievi di una palestra che si stanno eserci-tando. La narrazione prosegue in alto, sulla destra: iragazzi prescelti per la loro bellezza conducono il pitto-re e i committenti dalle loro rispettive sorelle, tra le qualivengono scelte le cinque modelle, cui Zeusi si ispirerper dipingere la sua Elena. Questo il tema principalee occupa lo spazio maggiore al centro della miniatura.Sulla sinistra, in primo piano, il committente sta par-lando, mentre il pittore, seduto al centro su una cassa, intento a rifinire il suo ritratto muliebre idealizzato.Il dipinto su tavola collocato su un cavalletto, sullasinistra stanno in posa cinque bellezze fiamminghe e adestra sistemato un tavolo basso con recipienti di colo-re gi diluito. Sebbene non sia dato vederla, la manosinistra del pittore tiene senzaltro la tavolozza su cuiegli crea gli impasti pi delicati prima di applicarli sullatavola con il pennello. Si noti che anche qui, come nelcaso di Colyn de Coter, di cui parleremo in seguito, ildipinto si trova sul cavalletto gi montato in una corni-ce. In effetti, come rivelano le indagini sui materialidelle pitture su tavola, questo era il modo abituale dioperare, eseguendo la pittura letteralmente entro lo spa-zio delimitato dalla cornice: il margine estremo delleantiche tavole si presenta in genere privo di colore, cheforma invece uno spesso bordo rialzato tuttintorno aldipinto, la cosiddetta bava. Sulla destra della minia-tura compare un assistente del pittore, che trita i pig-menti e prepara il colore per il maestro Zeusi, impegnatoa combinare quanto di pi bello hanno le cinque model-le per creare la figura della bellissima Elena, avvolta inuna veste doro bordata di ermellino.

    Passiamo ora a descrivere un libro di preghiere e alta-

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  • re portatile di grande interesse. Modellato sulle esigen-ze personali del duca Filippo il Buono, questo libro dipreghiere, di dimensioni minime, costituisce un impor-tante esempio di manufatto destinato alla devozioneprivata: la parte testuale contiene alcune preghiere rivol-te a Maria, alla Trinit oggetto di un culto particola-re nella certosa di Champmol e a Cristo, che riguar-dano soprattutto la Passione. Lapparato decorativo formato da cinque miniature, due nel dittico applicatosulla copertina del libro e tre inserite nel volumettostesso, risalenti a epoche diverse e differenti nello stile.I due fogli miniati incorporati nella copertina, datanoallincirca al 1430, la copertina e il manoscritto sono del1450 circa.

    Sulla parte sinistra del dittico raffigurata la Trinit,a sinistra Dio Padre con la tiara sul capo e a destra loSpirito Santo nelle insolite sembianze di un Cristo alato.Nel mezzo, il Cristo crocifisso, la croce poggiata su unglobo terrestre. LIncoronazione di Maria sullaltra metdel dittico presentata in maniera alquanto tradiziona-le: la Madonna e il Cristo benedicente con il globo ingrembo, siedono luna di fronte allaltro sul trono, degliangeli sorreggono e incoronano Maria. Dio Padre inGloria osserva la scena dal cielo e d la sua benedizio-ne. Alcuni angeli rosso fuoco incorniciano la scena.

    In ogni miniatura del libro figura il committenteFilippo il Buono in persona. Sulla prima pagina egli inginocchiato insieme al figlio Carlo di Borgogna, dettoil Temerario, davanti a un piccolo dittico di forma sor-prendentemente simile a quello applicato allesterno dellibro. Come si legge nel testo della pagina opposta, lasingolare figura della scena seguente la cosiddettaMadonna delle Spighe, ispirata a una scultura marmo-rea nel Duomo di Milano (attualmente nel Castello Sfor-zesco della citt) che fin dal 1410 aveva compiuto nume-rosi miracoli. Con ogni probabilit Filippo il Buono

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  • venne a conoscenza del particolare culto tributato a que-stimmagine, peraltro rarissima nellarte a nord delleAlpi, attraverso i suoi stretti rapporti con gli Sforza,duchi di Milano. Lo stile delle miniature sulla coperti-na appare ancora fortemente improntato al Gotico inter-nazionale degli inizi del Quattrocento. Le scene conte-nute nel libro stesso, invece, devono essere collocate inun periodo pi tardo, alla luce degli accenni di tridi-mensionalit dello spazio in cui sono inserite le figure.Il manoscritto rilegato con una copertina realizzata inmaniera tradizionale con tavolette lignee rivestite dicuoio punzonato. Ci che rende eccezionale il volume il fatto che le tavolette siano state prolungate nella partesuperiore in modo da formare un dittico: a tuttoggi que-sto lunico esemplare noto di libro che combini unmanoscritto e un dittico.

    Lartista anonimo indicato, sulla scorta del mano-scritto illustrato pi pregevole di cui fu autore, comeMaestro del Libro dore di Caterina di Cleve, o sempli-cemente Maestro di Caterina di Cleve, ritenuto ilmigliore e pi originale miniatore tardomedievale deiPaesi Bassi settentrionali e forse persino di tutta Euro-pa. Ben quattordici manoscritti, tutti databili agli annicompresi tra il 1430 e il 1460, sono stati identificaticome opera dellartista e della sua bottega. Dallinsiemedella produzione si desume che la sua attivit si svolsecon ogni probabilit a Utrecht. Di fronte alleccelsa qua-lit e al carattere notevolmente innovativo delle sueminiature e illustrazioni a margine, originalit che gi aisuoi tempi non deve essere sfuggita, stupisce che egli siatuttora un anonimo di cui non si hanno notizie certe.

    Lo splendido manoscritto, cui deve il suo nome, unlussuoso libro dore di oltre 350 fogli di fine pergamena,riccamente illustrato: 25 miniature a piena pagina, 132miniature a mezza pagina, uniniziale istoriata (un capo-lettera con una raffigurazione), innumerevoli lettere

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  • decorate, ornamenti sul margine di quasi tutti i fogli.Lartista offre in questopera un campionario delle suecapacit, che vanno dalle realistiche scene di generedomestico alle scene permeate di simbolismi o alle imma-gini fantastiche, quasi visionarie. Nelle decorazioni suimargini si rileva spesso una mirabile resa della realt, chenel contenuto a volte chiaramente correlata al temaprincipale del testo della pagina o alla miniatura checampeggia sul foglio; ma capita anche che il significatoultimo sia di ardua interpretazione o che si tratti di com-binazioni di oggetti di natura puramente associativa.

    Il Libro dore di Caterina di Cleve costituisce lesem-plare pi voluminoso e riccamente decorato di questotipo di libro di preghiere molto amato nei Paesi Bassi,che offriva ai laici lopportunit, attraverso la preghie-ra privata e la religiosit personale, di condurre la pro-pria vita, giorno per giorno e ad ogni ora, allinsegna delcristianesimo. Sia il testo che il corredo decorativo sonoestremamente minuziosi ed elaborati. Il Maestro diCaterina di Cleve concep in modo originale le illustra-zioni traendo ispirazione dal mondo circostante, da unlato da particolari eccezionali, oggetti preziosi, fattinotevoli, dallaltro da piccoli e commoventi dettagli esfumature quotidiani che egli coglieva e poi rielaboravanelle decorazioni. E tuttavia nemmeno questartista sicolloca al di fuori della tradizione da cui proveniva e dalcontesto artistico in cui era inserito. Nella sua opera siindividuano chiaramente motivi desunti dalle miniatu-re del passato nonch spunti tratti dai dipinti su tavo-la, ad esempio, di Jan van Eyck e del Maestro di Fl-malle (Robert Campin). Era normale che schizzi e dise-gni circolassero nelle botteghe e fossero impiegati qualimodelli; sembra persino che gi a quei tempi il Maestrodi Caterina di Cleve utilizz come esempi alcune ripro-duzioni, in particolare stampe dellartista anonimo, pro-veniente dallalto Reno, noto col nome convenzionale di

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  • Maestro delle Carte da gioco (attivo fino al 1435 circa).Si pu supporre che per la decorazione di questo librodore il miniatore ottenne da parte della committentepiena libert. Ne risult unopera di ampie dimensioni,che richiese certo alcuni anni di impegno, ma la cuistruttura era stata pianificata fin dallinizio. In diversipunti del manoscritto compare la committente in per-sona, e qui e l nelle illustrazioni inserito anche il suostemma; varie volte, inoltre, ricorrono le iniziali CD,che stanno per Catharina Duxissa, duchessa Caterina.

    Figlia del duca Adolfo di Cleve e nipote di Filippo ilBuono, duca di Borgogna, Caterina di Cleve (1417-1476)fu data in sposa ad Arnoldo di Egmont, rampollo di unacelebre casata dOlanda. Durante il governo del ducaArnoldo, la casa di Borgogna minacciava di avere ilsopravvento sul ducato di Gheldria; conflitti, guerre civi-li e lotte tra fazioni si susseguirono senza portare a unasoluzione definitiva e alla morte del duca Arnoldo, nel1473, le truppe borgognone di Carlo il Temerario inva-sero la regione. Caterina ebbe un suo ruolo nella politi-ca del tempo: fu la reggente di Gheldria negli anni 1449-1451, durante un pellegrinaggio di Arnoldo a Gerusa-lemme, e difese la causa del figlio Adolfo presso il vesco-vo di Utrecht, Filippo di Borgogna, in un periodo in cuiil consorte, con cui era in lite, conduceva una politicaanti-borgognona. Con il suo libro di preghiere Caterinaentr di diritto sia nella tradizione della Casa di Cleve,di cui si conoscono vari pregiati manoscritti, sia in quel-la borgognona, cui era legata tramite la madre. Consi-derazioni stilistiche e iconografico-contenutistiche indu-cono a ritenere che il libro dore fu eseguito probabil-mente intorno al 1440. Oltretutto un Hollandse Groot,riprodotto nel manoscritto con estrema precisione, for-nisce un terminus post quem trattandosi di una monetaconiata nel 1434 dal duca di Borgogna Filippo il Buonoin qualit di conte dOlanda.

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  • La pittura. La miniatura di Zeusi che dipinge Elenamostra lartista mentre con il pennello fine esegue gliultimi ritocchi. lecito ipotizzare che lartista utilizzidei colori a olio, dal momento che qui raffigurata latecnica in uso nel tardo Quattrocento. In precedenza ipittori adoperavano la tempera, colori disciolti in acqua,dove luovo o la colla funzionavano da leganti. Perdipingere le ante dellancona di Champmol, verso lafine del Trecento, Melchior Broederlam si serv, adesempio, prevalentemente di colori ad acqua miscelaticon luovo. Le prime pitture su tela furono eseguite conpigmenti impastati con colla animale, colla che in lineadi massima veniva dapprima applicata sulla tela. Del-limprimitura o della mestica ancora non vi era traccia.Nel corso del Quattrocento si ricorre sempre pi fre-quentemente agli oli quali leganti e fu soprattutto Janvan Eyck ad utilizzare i colori a olio con estrema per-fezione. Non che egli fosse il primo, le propriet agglu-tinanti degli oli erano sicuramente gi note nellottavosecolo: esisteva tuttavia il problema dellessiccazione,particolarmente lunga e laboriosa nel caso dei colori aolio. Daltra parte luso di pigmenti diluiti in sostanzeoleose consentiva di dare corpo al colore e alle grada-zioni per successivi strati sottili e trasparenti; tenui sfu-mature potevano essere combinate con colori scuri eintensi, con passaggi morbidi e graduali e con una lumi-nosit notevole. Tutti gli artisti fecero i loro esperi-menti alla ricerca della combinazione utile tra tempo diessiccazione, fluidit, capacit di miscelarsi, durata ealtre qualit dei colori. Un grande passo in avanti in que-sta direzione fu compiuto da Jan (e Hubert) van Eycke, a quanto pare, ci avvenne direttamente su unoperadalle sorprendenti dimensioni come il polittico dellA-gnello mistico, a Gand. stata talvolta formulata lipo-tesi che al fine di accelerare il processo di essiccazionedei colori, Van Eyck vi avesse unito un solvente allolio

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  • di seme di lino, ma dalle moderne indagini scientifichenon risultato nulla in questo senso. Si accert inveceche lartista aveva aggiunto allolio di lino uova e piom-bo. Per abbreviare il procedimento, a volte gli strati dicolore contenenti olio erano applicati su una base a tem-pera che aveva come legante luovo. Lo strato prepara-torio era in genere chiaro, in pratica quasi bianco, matalvolta la stessa mestica veniva colorata con terre nereo rosse. In tal modo si otteneva per le parti chiare deldipinto una tessitura luminosa ed espressiva applicandoun piccolo quantitativo di colore trasparente su questofondo gi chiaro; per le porzioni scure non occorrevainvece pi uno strato spesso di colore in quanto la baseera gi scurita.

    Sullo strato di mestica veniva tracciato il disegnopreparatorio: in maniera pi o meno schematica il pit-tore eseguiva con il gesso, il carboncino (a secco) o conil pennello (a fresco) il bozzetto del dipinto; soprattut-to nel caso di strutture architettoniche il disegno pre-paratorio poteva anche venire inciso nello strato dimestica. Talvolta si pu riconoscere anche limpiego ditecniche particolari per tracciare il disegno preparatorio,in particolare il sistema dello spolvero che consentiva ditrasferire il disegno dal cartone sulla superficie da dipin-gere. Dal momento che il disegno preparatorio dovevaessere occultato alla vista dagli strati di colore, questo di solito molto naturale e personale, la firma dellartistapi spontanea: da maestro a maestro cambia lapproccioal disegno e il suo carattere. Alcuni tracciano linee flui-de e sovrappongono correzioni e versioni diverse, altriinvece eseguono sin dal primo momento un disegno pre-ciso e gi quasi definitivo. Di particolare interesse sononaturalmente quei disegni che rivelano dettagli sulleattivit tipiche della bottega e sulla collaborazione tramaestro e aiuti. Sorprendentemente ricco di informa-zioni ad esempio il disegno preparatorio del Giudizio

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  • Universale di Rogier van der Weyden a Beaune, da cuirisulta che lartista impost lopera abbozzando su ognitavola alcuni personaggi e lasciando ad almeno quattroaiuti e allievi il completamento dei disegni; fu di nuovoil maestro a stendere il primo strato di colore apportan-do in quella fase modifiche al disegnopreparatorio, poiultim le parti pi rilevanti del polittico mentre i suoiassistenti eseguirono il resto.

    In alcuni casi, con il passar del tempo il colore sbia-disce tanto da consentire di cogliere ad occhio nudoporzioni di disegno preparatorio; ci si rileva con gran-de chiarezza, ad esempio, nel corpo del Cristo nellascena del Compianto nel Dittico di Vienna, opera diHugo van der Goes e nella piccola bilancia di santEli-gio, disegnata da Petrus Christus, in un primo momen-to di dimensioni maggiori di quelle conferitegli poi nellaversione definitiva del SantEligio nel suo laboratorio.Parti di disegno preparatorio si osservano anche nel trit-tico delle Tentazioni di santAntonio di HieronymusBosch, ora a Lisbona: soprattutto al di sotto dei dipin-ti a grisaille dalle tonalit brune che si trovano sulle-sterno delle ante, ma anche nelle parti interne policro-me delle ante e nello scomparto centrale sono ben visi-bili i disegni apportati sullo strato di mestica, con det-tagli che spesso differiscono dalla versione definitiva.

    A partire da Jan van Eyck, i primitivi nederlandesidel Quattrocento adoperarono in prevalenza colori aolio per tutti gli strati del dipinto. Allolio, legante dirapida essiccazione, si aggiungevano talvolta anchesostanze resinose per il glacis, gli strati superiori di colo-re, che sono diafani e lasciano trasparire la luce. Gi nelQuattrocento si stendeva spesso come ultimo strato,quale glacis incolore, una mano di smalto sullintera pit-tura, sia per proteggere che per conferire maggiore bril-lantezza e intensit ai colori.

    Nel Quattro- e nel Cinquecento il numero di pig-

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  • menti a disposizione era limitato: venivano utilizzatiprincipalmente pigmenti di origine minerale a fianco adalcune sostanze coloranti organiche, e ci in particolareper il rosso, il marrone e il nero. Il nero si otteneva dalcarbone di piante o di ossa bruciate, mentre il rosso deri-vava da sostanze animali come la cocciniglia, o vegetalicome la robbia. Diversi pigmenti furono ben presto pre-parati artificialmente, come ad esempio la cerussa e lamaggior parte delle sostanze coloranti gialle e rosse. Ilblu si otteneva soprattutto dallazzurrite o dal lapislaz-zuli, ma anche dal vetro di cobalto (azzurro di smalto);questultimo ebbe largo uso nel Cinquecento e ha assun-to col tempo una colorazione grigiastra. Lazzurrite (uncomposto del rame) presenta riflessi verdastri e il lapi-slazzuli forniva il blu intenso pi bello, ma era estre-mamente costoso. Prima della scoperta dellAmerica,infatti, il lapislazzuli doveva essere importato dallAf-ghanistan, per cui il minerale, pi caro ancora delloro,veniva impiegato con grande parsimonia, tanto che spes-so pu essere interpretato come status symbol. Il verdee il marrone erano per lo pi il risultato di miscele e crea-vano problemi sia per le tonalit che per la tenuta. Ilmarrone infatti opacizza rapidamente e si altera confacilit. Il pigmento verde malachite ha basso poterecoprente mentre il verderame, in grado di offrire un belverde scuro se impastato con resine e oli si ossida diven-tando marrone per effetto della luce. per questo moti-vo che gran parte delle distese derba della prima pittu-ra nederlandese si presentano oggi come riarse dal sole.

    colin de coter / pingit me in brabancia / brusel-le (Colyn de Coter, mi dipinse in Brabante/ Bruxel-les). Con queste parole, disposte sullorlo del manto diMaria, il pittore brussellese Colyn de Coter (1455 ca.-1540 ca.) firm, attorno al 1490 circa, la sua grandetavola con San Luca che dipinge la Vergine con il Bambi-no. Luca, che secondo la tradizione medico nonch pit-

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  • tore, raffigurato dietro al cavalletto mentre intentoa ultimare un ritratto della Vergine su una tavola gimunita di cornice. La scena si svolge in un atelier dome-stico: recatasi nellabitazione cittadina dellartista perfarsi ritrarre, Maria ora siede in posa su una pancadavanti al camino con il Bambino in grembo. Sullo sfon-do, sul retro della casa, un falegname sta costruendo unatavola per il pittore, un particolare, questo, che sembrasuggerire che i lavori di falegnameria potevano averluogo anche nella bottega dei pittori. inoltre possibi-le, che la persona allopera nel cortile recintato non siaaltri che Giuseppe nelle vesti di falegname e che il ritrat-tista sia venuto col cavalletto e gli attrezzi del mestierea casa dei committenti del dipinto. Se cos fosse, e tuttosommato questa sembra linterpretazione pi plausibi-le, lopera getta una luce interessante sulle pratiche pit-toriche nellambiente borghese dei Paesi Bassi meridio-nali del tardo Quattrocento.

    Levangelista ha a portata di mano tutto loccorrenteper la sua attivit. Sul cavalletto e sul tavolo dietro di lui,alla sua destra, ci sono conchiglie con i pigmenti prontiper luso e diversi pennelli. Nella mano sinistra lartistatiene una tavolozza con i colori che sta impiegando e unbastone da pittore a sostegno della destra con cui dipin-ge. Ad avvalorare lidentit dellevangelista Luca, quasisotto il cavalletto, giace un bue alato, suo simbolo perantonomasia. I lineamenti del volto del pittore, calmo econcentrato nel suo lavoro, suscitano limpressione di unritratto: ma allora chi che rappresenta?

    Comunque sia, probabile che in questo quadroColyn de Coter abbia imitato fedelmente un esempio diRobert Campin, il Maestro di Flmalle, della primamet del Quattrocento. La rappresentazione di Lucaquale ritrattista della Vergine col Bambino era moltoamata. Non solo a Roma, infatti, ma anche altrove,come ad esempio a Cambrai, immagini di Maria ritenu-

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  • te opera dello stesso Luca, erano oggetto di una vene-razione particolare. Da questa leggenda Luca derivavala sua fama di protettore dei pittori e degli artisti equindi la sua popolarit. La pi celebre raffigurazione diquesto soggetto venne eseguita nel 1432-1436 dal pit-tore Rogier van der Weyden, anchegli di Bruxelles.Del suo San Luca che dipinge la Vergine Maria si cono-scono ben quattro versioni, di cui una, in base a calco-li dendrocronologici, risulta collocabile grosso modo nel1434 (la dendrocronologia un metodo per la datazio-ne assoluta fondato sugli anelli di accrescimento annua-le presenti sul supporto ligneo). Ne consegue che que-sta la tavola originale di Van der Weyden (Boston,Museum of Fine Arts), mentre le altre tre sono copie,sempre brussellesi, della seconda met del Quattrocen-to. Lartista dipinse il quadro per la cappella di proprietdella gilda dei pittori, eretta nella chiesa di Santa Gudu-la a Bruxelles. Come artista ispirato egli si identificsenza dubbio con levangelista Luca intento a dipinge-re; tuttavia, non avrebbe mai potuto immaginare di tro-vare un giorno sepoltura davanti alla sua magnifica paladaltare.

    Robert Campin. Questo artista (1376?-1444) da iden-tificarsi con ogni probabilit con il Maestro di Flmalle:Viene menzionato per la prima volta nel 1406 a Tournai,dove rimase fino alla morte nel 1444. Campin frequentin questa citt gli ambienti della nuova borghesia e quirivest diversi incarichi di rilievo, tra cui quello di decanodella corporazione degli orafi e di capo della gilda di SanLuca, in cui erano associati i pittori. Diresse inoltre unabottega con artigiani e apprendisti, come testimonia unelenco dei suoi allievi, tra i quali compaiono pure gli arti-sti Roggie van der Weyden e Jacques Daret.

    Noto anche come Trittico Seilern dal nome del suooriginale proprietario, il duca Antoine Seilern, il tritti-

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  • co della Deposizione, che compare sul pannello centrale,venne eseguito da Campin nel 1415 circa. Per le inten-se emozioni racchiuse nel dipinto, questo certo pi cheuna semplice pala daltare. Esso si propone come unAndachtsbild, unimmagine devozionale, una scenadavanti alla quale lo spettatore, come del resto il dona-tore sullanta sinistra, si inginocchia in profonda medi-tazione per immedesimarsi in tal modo con il Cristo cheha sofferto per gli uomini. Sulle ante sono raffigurate lacollina del Golgota e la Resurrezione.

    Lenfasi posta in questopera sullepisodio della Depo-sizione rappresenta un fatto eccezionale per il Quattro-cento. Come soggetto autonomo, la Deposizione ricorreinvece con maggiore frequenza nella scultura francese,specialmente in Borgogna: ci indica una certa familia-rit dellartista con larte borgognona. Per alcuni detta-gli, inoltre, Campin si fece ispirare dalla pittura italia-na, come mostra il motivo della Madonna che abbrac-cia il Cristo morto, desunto dalla tradizione bizantina emolto diffuso in Italia.

    Linsolita combinazione di temi presenti nel tritticocon la Deposizione, la croce vuota sul Golgota e la Resur-rezione rimanda molto probabilmente alla liturgiapasquale. Secondo quanto risulta dalle fonti scritte, ilVenerd Santo, durante la messa della Deposizione, siriponeva unostia consacrata, a volte insieme ad unacroce, in una sorta di sepolcro per poi farla miracolosa-mente riapparire il giorno di Pasqua nel corso dellamessa dellElevazione, riproducendo pressoch alla let-tera le vicende legate alla sepoltura e alla Resurrezionedi Cristo.

    Sul fondo dorato sono graffite delle foglie di vite,allusione al vino quale simbolo del sangue di Cristodurante lEucaristia. Come lostia durante loffertorioviene innalzata sopra laltare, cos il corpo di Cristo sorretto sopra la tomba: si coglie qui uneco della tradi-

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  • zione risalente allalto Medioevo che considerava lalta-re il simbolo tangibile della tomba di Cristo. Lideadella funzione religiosa ulteriormente rafforzata dagliangeli ai lati del sepolcro, vestiti da chierici. Nel suocomplesso la scena caratterizzata da un forte realismo.Le figure collocate in prossimit della cornice, che sot-traggono ogni profondit allo spazio, sono tipiche dellostile di Campin. Lo sfondo doro e lespediente di riem-pire oltre ogni limite la superficie pittorica, il cosiddet-to horror vacui, conferiscono allopera un sapore arcai-co. I fondali gremiti di tralci di vite richiamano visto-samente la miniatura del Trecento. Inoltre, le figuremonumentali, dalla volumetria accentuata, i drappeggidi grande linearit e le donne dalle vesti colorate, spes-so colte di schiena per suggerire una maggiore profon-dit, appaiono caratteristici del suo stile. Riflessi delloStile internazionale traspaiono nellelegante panneggiodelle vesti degli angeli che si librano nellaria e nella tipo-logia dei volti che evocano con forza esempi italiani.Questinfluenza si riscontra parimenti nellopera di JeanMalouel e Henri Bellechose, due pittori nederlandesiattivi presso la corte borgognona. Dal momento cheCampin aveva familiarit con la scultura borgognona, verosimile che egli abbia avuto contatti con questaambiente artistico.

    Il Trittico di Mrode, eseguito grosso modo nel 1425-1430, costituisce uno dei primi esempi di Annunciazio-ne ambientata in un interno domestico. La scena del-langelo che reca lAnnuncio forse da porre in relazionecon il nome dei probabili donatori, la famiglia Engel-brecht (di Colonia?), il cui stemma familiare apparesulle finestre dipinte.

    In questopera emerge la maestria di Campin nellaraffigurazione degli oggetti quotidiani. In una stanzasovraccarica di suppellettili, dal singolare impianto pro-spettico, Maria siede a terra assorta nella lettura quan-

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  • do langelo compare a portare la Buona Novella. Sul-lanta sinistra i donatori inginocchiati in adorazioneosservano levento, mentre Giuseppe, sullanta destra,continua imperturbabile a lavorare nella sua bottega difalegname.

    Come nellAdorazione del Bambino, Campin si servequi del linguaggio per immagini abitualmente indicatocon il termine di disguised symbolism, simbolismomascherato: gli oggetti allapparenza comuni inseritinella scena sono scelti con cura e racchiudono un signi-ficato pi profondo. I gigli bianchi sulla tavola, ad esem-pio, alludono alla verginit e alla purezza di Maria, e cosil bollitore, il lavabo e lasciugamano nella nicchia sullaparete di fondo. La devozione di Maria e la sua fami-liarit con le profezie veterotestamentarie circa la venu-ta del Cristo sono suggerite dal libro che sta leggendo.Nel suo essere seduta in terra (humus), a dimostrazionedella sua modestia, essa raffigurata come Madonna del-lUmilt, un motivo caro allarte italiana. Alle sue spal-le la panca con i leoncini rimanda al trono del saggio reSalomone e indicano in Maria la Sedes Sapientiae, ilTrono della Saggezza. Il contenuto del messaggio ange-lico viene illustrato dal Bambino nudo che, con unacroce tra le braccia, entra in volo nella stanza attraver-so la finestra intatta. La figura simboleggia al contem-po la Passione di Cristo e la sua Incarnazione attuatasisenza che Maria perdesse la sua verginit. La candela sultavolo stata a volte identificata con il Cristo stesso, eallora la cera rinvierebbe alla sua natura umana, mentrelo stoppino e la fiamma rappresentano la sua anima e lasua natura divina. Il Bambino che sopraggiunge in volosubentra alla simbologia della candela che, forse perquesto motivo, si appena spenta e ancora fuma. Sem-bra che gli artisti amassero molto simili sovrapposizionidi simbolismi, che conobbero con Jan van Eyck unadelle massime espressioni. Una possibile chiave di lettura

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  • per il particolare della candela dato dalla Visione di Bri-gida di Svezia. Sebbene questa, infatti, riguardi laNascita di Cristo, nulla esclude che qui Campin abbiadi nuovo ripreso il passaggio ove si legge che lemana-zione divina del Bambino cancella la luce naturale delmondo. Secondo unaltra ipotesi, invece, lartista avreb-be raffigurato la Brautkerze, la candela nuziale, comeallusione al momento in cui si celebra lo sposalizio dellaVergine con Dio.

    Un tema davvero inconsueto lo offre lanta destra:Giuseppe, che oltretutto non compare quasi mai nelle-pisodio dellAnnunciazione, al lavoro nella sua botte-ga di falegname. Pu darsi che qui si faccia riferimentoalla prima moglie del committente del trittico, PeterEngelbrecht, che si chiamava Scrynmakere (Ebani-sta). Daltra parte non bisogna dimenticare che fin datempi antichissimi Giuseppe godette di grande popola-rit nei Paesi Bassi. Il falegname ha un gran da fare: sulbancone, sul tavolo da lavoro davanti a lui e per terra sitrovano sparsi gli attrezzi del mestiere e gli oggetti cheha realizzato per la vendita. Le bizzarre gabbiette dilegno sono trappole per topi e rimandano alla Reden-zione dellumanit da parte del Cristo e al suo trionfosul Male, il diavolo. Ecco a tal proposito le parole delPadre della Chiesa Agostino: Il diavolo si rallegr allamorte di Cristo, ma proprio attraverso la morte di Cri-sto il diavolo stato sconfitto, come se avesse mangia-to lesca di una trappola per topi [...] la trappola lacroce di Cristo; lesca con cui venne preso la morte delSignore. La stessa scure, la sega e il bastone in primopiano sembrano essere una metafora. Un brano del pro-feta Isaia (10, 15) recita: Si glorier forse la scure con-tro chi la brandisce? O si insuperbir la sega contro chila muove? Come se una verga si levasse contro chi lal-za e si atteggiasse come un bastone, che non altro chelegno! Il commento del padre della Chiesa Girolamo

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  • chiarisce che anche questa immagine allude al diavolo.Non del tutto chiara la funzione della tavoletta in cuiGiuseppe sta praticando dei fori. Potrebbe essere lele-mento di un torchio per luva in miniatura oppure ilblocchetto irto di chiodi che pende dalla cintola di Cri-sto durante la sua salita al Golgota. In entrambi i casi quindi un simbolo della Reincarnazione ovvero del-lEucaristia. I donatori ne sono testimoni: secondo il rac-conto per cui le porte del Paradiso vennero di nuovoaperte al genere umano grazie alla Reincarnazione, adessi permesso assistere al mistero attraverso la portaspalancata. La figura esotica presso la porta del giardi-no ha suscitato numerose interpretazioni, ma probabil-mente esso rappresenta il profeta Isaia, ai cui scritti ildipinto rinvia molto chiaramente.

    Anche questopera di Campin racchiude unicono-grafia complessa, di cui si ignora se sia frutto delle cono-scenze dellartista oppure del contributo di un teologoerudito.Gli oggetti tratti dalla vita quotidiana sono resicon grande perizia. Mediante un sapiente gioco di lucie ombre quanto rappresentato acquista notevoleprofondit: il trattamento volumetrico delle figure, ilpesante panneggio delle loro vesti, gli oggetti, lo spazioin cui la scena si svolge. I dettagli minuziosi e il natu-ralismo con cui lartista narra la storia sottolineano alcontempo la funzione dellopera, una pala daltare perla devozione domestica, che per lo spettatore sar statacerto di stimolo per una meditazione sul tema del Cri-sto fattosi uomo.

    Il ritratto autonomo e individualizzato non fece la suacomparsa che nel tardo Medioevo. Nel corso del Tre-cento lattenzione si sposta gradualmente dallessereuniversale verso lindividuo, luomo visto sempremeno come rappresentante del genere umano e in misu-ra crescente come persona nella sua unicit. Ritratti dicommittenti, immagini di defunti e, quale forma inter-

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  • media, raffigurazioni su epitaffi di donatori che eranoal contempo persone estinte da commemorare, ne costi-tuiscono i primi esempi. Inizialmente i ritratti sono diprofilo, figure a mezzo busto rappresentate esclusiva-mente di lato. Questa la tipologia che sarebbe rimastain voga soprattutto in Italia, mentre nei paesi nordici lapreferenza andava al ritratto di tre quarti. Un esempioprecoce di questultimo genere lo fornisce il ritratto pre-cedentemente esaminato contenuto nella miniatura Mar-cia dipinge il proprio ritratto. Nel ritratto di tre quarti ilbusto della persona non n in posizione frontale nlaterale bens leggermente voltata rispetto allo spetta-tore, le mani sono talvolta visibili. La particolare ango-lazione consente quindi di raffigurare le due met delvolto senza rigidit, rendendo possibile una caratteriz-zazione del personaggio ritratto.

    Il ritratto di un uomo e di una donna eseguiti daRobert Campin sono di estremo interesse per levolu-zione della ritrattistica. Non si tratta infatti solo diritratti sorprendentemente precoci anteriori a quellipervenuti di Jan van Eyck e Rogier van der Weyden essi formano anche un doppio ritratto, un dittico bor-ghese. Il dittico, che nasce come oggetto devozionale,viene qui trasformato in supporto dei ritratti, intima-mente legati, dei due coniugi di cui oggi si ignora ilnome. Sotto il profilo tecnico Campin si serv abil-mente delle opportunit offerte dalla nuova tecnica pit-torica, la trasparente pittura a olio. Egli ha saputo ren-dere con notevole maestria lincarnato, dove la lumi-nosit della base affiora attraverso gli strati di coloretrasparenti e di intensit cromatica variabile. Magnifi-co il contrasto cos ottenuto tra il volto rosa pallidodella donna e il velo drappeggiato con cura intorno alcollo, che per lappunto di un bianco coprente. Sianella donna che nelluomo la stoffa del copricapo ele-mento essenziale ad inquadrare i visi fortemente espres-

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  • sivi e pone in risalto le figure sullo sfondo pressochnero.

    Il composto ritratto femminile di Campin pu defi-nirsi pi propriamente uneccelsa rappresentazionedellessere guardati piuttosto che uno dei consuetiritratti che guardano lo spettatore. Questo trattoviene accentuato dagli accostamenti cromatici, dallaposizione dei personaggi e dallinquadratura dei dueritratti posti uno di fronte allaltro. Il rosso intenso e latonalit scura delluomo emergono dal dipinto, il bian-co vivissimo e lincarnato chiaro della donna tendonoinvece a ritrarsi; luomo, di dimensioni maggiori, raf-figurato appena pi da vicino, la donna invece a distan-za tale che le sue mani, posate luna sullaltra, vengonoa formare il primo piano; questo effetto ulteriormen-te rafforzato dal copricapo delluomo, che ne ingrandi-sce la testa, e dal velo della donna che le riduce il capoe il volto; luomo guarda leggermente verso lalto, men-tre lo sguardo della donna orientato appena verso ilbasso. In passato queste osservazioni sono state utiliz-zate a sostegno della tesi che affermava lautenticit delsolo ritratto femminile, considerando quello maschileunaggiunta o una copia da un pi antico modello. Tut-tavia, oggi i pareri sono concordi nel ritenere le duetavole originali e concepite come pendants. La forza e le-levata qualit dei ritratti sono racchiuse per lappuntoin queste raffinate contrapposizioni. Con il doppioritratto di questa coppia borghese, benestante a giudi-care dallabbigliamento, Campin ha saputo fornireuneccellente caratterizzazione dei due personaggi e haraffigurato un armonioso scambio di pensieri tra le parti.Nemmeno un secolo pi tardi Quentin Metsys, nel suospettacolare ritratto doppio di Erasmus e Pieter Gillis,avrebbe compiuto un passo ulteriore, coinvolgendo los-servatore nellimpianto dellopera.

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  • Jan van Eyck. Meyster Ian den maelre (maestroJan, il pittore) lavor presso la corte dellAia dal 1422al 1424, anni in cui il potere su Olanda e Zelanda eranelle mani di Giovanni di Baviera (1419-1425) in qua-lit di duca supplente del fratello Guglielmo. Il pittoreJan van Eyck nacque intorno al 1390 probabilmente aMaaseik, nella regione della Mosa, mentre si ignoradove comp il suo apprendistato; secondo i cronisti cin-quecenteschi furono pittori anche la sorella Margarethae i fratelli Lambert e Hubert. Questi ultimi acquistaro-no fama a livello internazionale, sebbene di Hubert nonsi conosca alcuna opera. La produzione pittorica attri-buibile con certezza a Jan van Eyck invece copiosa ele fonti darchivio consentono di ricostruire anche alcu-ni tratti della sua carriera. Sembra che egli giungesse inOlanda al seguito di Giovanni di Baviera (1374-1425),figlio del conte Alberto di Olanda, Zelanda e Hainaute vescovo-elettore di Liegi (1389-1418). Questi ammi-nistrava il vescovado con lo spirito di un soldato piut-tosto che come un religioso e quando nel 1417 mor ilfratello, il conte Guglielmo VI di Olanda, egli scavalcla legittima erede, la nipote Jacoba di Baviera, e riuscad assumere quale reggente il controllo dellOlanda,rinunciando pertanto al vescovado. Morto Giovanni peravvelenamento, Van Eyck, suo pittore di corte, lascilAia per entrare al servizio del duca di Borgogna, Filip-po il Buono, e si stabil a Lilla. Lartista seppe conqui-starsi una posizione di fiducia presso il duca, per il qualefu, infatti, oltre che pittore ufficiale, anche consiglieree diplomatico. A pi riprese Van Eyck fu inviato in mis-sione e nel 1428-1429 fece parte della delegazione inca-ricata delle trattative con il re Giovanni del Portogalloper le nozze della figlia di questi con il duca Filippo. Inquelloccasione egli esegu un ritratto di Isabella delPortogallo, che il 7 gennaio 1430 sarebbe andata insposa a Filippo il Buono. Lincarico ricevuto trattenne

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  • Van Eyck per oltre un anno in Portogallo e in Spagna,periodo nel quale ebbe modo di visitare Santiago deCompostela, Granada e diversi altri luoghi. Anche inseguito venne richiesto il suo intervento in vicende poli-tiche e diplomatiche; un esempio per tutti il viaggiosegreto compiuto nel 1436 per conto del duca. Intornoal 1430 lartista si trasfer a Bruges, dove due anni dopoacquist una casa in cui abit fino alla morte nellesta-te del 1441. In quanto pittore ufficiale le commesseducali costituirono senzaltro la voce principale dellat-tivit di Van Eyck, tuttavia egli lavor anche per la corteche circondava il duca, per la citt, la nobilt e la bor-ghesia. Delle opere eseguite per Filippo il Buono nonrimane nulla; del ritratto dIsabella del Portogallo e diun planisfero grandemente apprezzato restano solo testi-monianze darchivio; dei ritratti del duca non sonosopravvissute che copie mediocri. Sono inoltre andateperdute le pitture murali, le bandiere e gli stendardidipinti, gli stemmi, le decorazioni per le occasioni solen-ni e la policromia delle sculture, alla cui realizzazionepartecip in alcuni casi anche Henri Bellechose. Del-lartista restano il celebre polittico di Gand e gli incari-chi in prevalenza di modesta entit eseguiti per contodella sua clientela di Bruges. La tradizione vuole chesulla lastra a sigillo della tomba andata dispersa intornoal 1800 si leggesse: Qui giace il Maestro Joannes deEijcke, il pi eccelso maestro di dipinti che vi sia maistato nei Paesi Bassi, morto nellanno 1441.

    Non esiste alcun documento che riguardi la forma-zione e gli esordi di Van Eyck; certo che quando nel1422 viene detto maestro e approda allAia, deveessersi gi fatto un nome come pittore. Alla sua produ-zione iniziale viene ascritto un dittico con la Crocifis-sione e il Giudizio universale (New York, MetropolitanMuseum of Art), forse degli anni 1420-1425, nonch ilcontributo, probabilmente del 1420 circa, al gi citato

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  • Libro dore Torino/Milano. Questo libro ha una storiacomplessa. Il manoscritto venne iniziato per un membrodella casa reale francese. Ne entr poi in possesso il ducaJean de Berry che vi fece aggiungere delle illustrazionima a sua volta lo diede via prima che questo fosse ulti-mato; in seguito il manoscritto fu smembrato, una parterimase in Francia (ora a Parigi, Bibliothque Nationale,Nouv. Acq. Lat. 3093), laltra entr in possesso di Gio-vanni di Baviera (in seguito smembrata a sua volta in piparti: Torino, Biblioteca Nazionale, scomparsa in unincendio; Torino, Museo Civico; Parigi, Muse du Lou-vre, Cabinet des Dessins, RF 2022-2025, cinque foglistaccati). Nel 1420 Giovanni di Baviera fece ampliarele decorazioni del manoscritto e altre illustrazioni furo-no aggiunte attorno al 1450. Sei sono i fogli, risalenti al1420 circa, attribuiti a Jan van Eyck (mano G), mentrealtre pagine provengono da ambienti a lui vicini (manoH). Alcuni autori ritengono che anche Hubert van Eyckabbia dato il suo apporto tanto nelle miniature che neldittico di New York, tuttavia non esistono prove ariguardo. Si aggiunga che recentemente i due esperti diminiature fiamminghe, Maurits Smeyers e Cyriel Stroo,hanno decisamente respinto la datazione e lattribuzio-ne a Van Eyck delle miniature in questione, realizzatea loro parere nel 1440-1450 a Bruges.

    Sono invece generalmente riferite allartista le minia-ture con la Nascita di San Giovanni Battista (fol. 93v) ela Messa funebre (fol. 116r). Le foto a infrarossi delfoglio 93v rivelano che il miniatore apport delle modi-fiche al disegno preliminare: Van Eyck esegu il lavoropartendo da uno schizzo tracciato da un artista che la-veva preceduto. La miniatura rappresenta la Nascita delBattista secondo la descrizione resa dal vangelo di Luca(Luca 1, 57-66) e arricchita da aneddoti posteriori.Distesa sul letto a baldacchino Elisabetta riceve dallemani della levatrice il piccolo Giovanni. Una donna

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  • venuta a farle visita con il figlio, sulla destra Maria, inattesa del Figlio, raffigurata con una brocca. SUllosfondo a destra si scorge un vecchio intento a leggere,senza dubbio si tratta di Zaccaria che, punito con la pri-vazione della parola, avrebbe scritto che suo figlio dove-va chiamarsi Giovanni. unallusione veterotestamen-taria a queste parole divine la minuscola immagine diMos con le tavole della legge sopra il passaggio dietroZaccaria. Con notevole ingegno lartista ha raccordatoil capolettera istoriato D con la decorazione del margi-ne inferiore della pagina. Nelliniziale Dio Padre, assi-so su un trono, benedice la scena che si svolge sotto dilui. Attraverso i raggi doro che racchiudono lo SpiritoSanto viene creato il legame tra il Padre in cielo e Gio-vanni accovacciato che battezza il Cristo nelle acque delGiordano. Il paesaggio fluviale fortemente realistico,dallorizzonte insolitamente basso, stato da talunoposto in relazione alla vallata della Mosa.

    Nella pagina della Messa funebre ancora una volta ledecorazioni figurative sono state concepite come uninsieme iconografico. La miniatura rappresenta un fune-rale in una chiesa gotica: nel coro appare la bara collo-cata sotto un cataletto, mentre allaltare un sacerdotecelebra la messa di requiem. Sul margine inferiore delfoglio si osserva la conclusione della cerimonia: il sacer-dote in preghiera, seguito dai chierici con lacqua santae da tre figure che piangono il defunto, avanza tra letombe e le croci di un cimitero. Quanto raffigurato evidentemente il principio e la fine del rito: da un latosi vede linizio delle esequie nella chiesa, dallaltro i pic-coli gruppi in basso che stanno lasciando il camposanto;qui non compaiono pi n la bara n la recente sepol-tura. Allinterno della R istoriata, incipit del testo, raf-figurata la Seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi;egli siede sullarcobaleno in qualit di Giudice mentresotto di lui i defunti resuscitano dai loro sepolcri. Gli

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  • stemmi sul cataletto consentono di indicare quale com-mittente dellopera Giovanni di Baviera, Olanda e Hai-naut. Molto suggestivo infine leffetto che lartistaottiene facendo uscire dalla cornice della miniatura laparte delledificio religioso ancora in costruzione.

    Lopera pi famosa della pittura fiamminga delle ori-gini senza dubbio il polittico con lAdorazione dellA-gnello mistico di Jan e Hubert van Eyck (Bruges 1432).Il polittico non conosce pari sia per le dimensioni cheper il numero di pannelli che formano linsieme. Lico-nografia complessa e affascinante e ha suscitato nelcorso del tempo svariate interpretazioni. Uniscrizioneriporta data e firma dei due fratelli Van Eyck, non risul-ta chiaro per quali parti siano da attribuire a Hubert,venuto a mancare molto tempo prima che il lavoro fosseterminato. Fu Jan van Eyck a portare a compimentolimponente pala daltare, impiegando la sua tecnica aolio senza sperimentare prima su una tavola di piccoledimensioni, ma direttamente sulle tavole di formatoeccezionale del polittico con una perfezione raramenteeguagliata. Lopera ebbe una storia molto movimenta-ta, fu infatti pi volte smembrata, trafugata e rivendu-ta per tornare definitivamente nella sua collocazioneoriginaria nel 1945; mutila, per, dello scomparto con iGiudici equanimi scomparso nel corso di uno spettaco-lare furto nel 1934 e tuttora ricercato.

    Nel 1823, allepoca in cui sei delle otto ante si tro-vavano al Kaiser-Friedrich Museum di Berlino, sulbordo inferiore della cornice originale venne individua-ta uniscrizione. Nel testo si dichiara che Hubert vanEyck, il pi grande tra i pittori, aveva cominciato la paladaltare e che il fratello Jan, secondo per importanza, la-veva ultimata il 6 maggio 1432 su incarico di JodocusVijd. Dalle indagini tecniche, che hanno interessatoanche i disegni preparatori, non sono emersi elementiutili a distinguere lopera dei due fratelli e non risulta-

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  • no quindi individuabili mani diverse. Di Hubert vanEyck non si conserva nessun altra opera e in base aidocumenti darchivio sono note soltanto alcune com-messe affidategli. Egli mor il 18 settembre 1426 e fusepolto davanti allaltare dove vari anni pi tardi sareb-be stata sistemata la pala. Jan van Eyck complet ilgrandioso polittico sfruttando appieno le potenzialitdella sua nuova tecnica. Come scrisse lo storico dellar-te Brinkman nel 1993, Van Eyck non fu tanto linven-tore dei colori a olio quanto piuttosto della pittura a olio,giacch egli impieg tecniche gi note in modo innova-tivo e pot cos raggiungere con la tecnica il risultatoartistico cui mirava.

    A battenti chiusi il polittico presenta quattro scenecon funzione introduttiva alle complesse e maestose rap-presentazioni visibili a battenti aperti. Al centro, inbasso, i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelistasono raffigurati a grisaglia come statue dipinte, con irispettivi attributi, lAgnello di Dio e il calice di vele-no. I due santi erano venerati quali patroni della chiesacui era destinato il polittico: la cattedrale di San Bavo-ne era in origine una chiesa parrocchiale dedicata alBattista, non a caso, infatti, liscrizione reca la data del6 maggio, vale a dire una delle feste dellEvangelista.Ritratti con grande realismo, i coniugi donatori dello-pera sono in inginocchiati a fianco alle due statue, a sini-stra Jodocus Vijd e a destra la moglie Elisabeth Borluut.Nelle lunette in cima alle ante trovano posto quattropersonaggi veterotestamentari che predissero lIncarna-zione di Cristo e lavvento del suo Regno: i profeti Zac-caria e Michea, e tra loro la Sibilla Eritrea e la SibillaCumana. Nel registro superiore si snoda per tutta la lar-ghezza della pala lepisodio dellAnnunciazione dellav-vento del Redentore. Le parole rivolte dallangelo allaVergine sono scritte a caratteri doro: Ave Maria, pienadi grazia, il Signore sia con Te, mentre la risposta di

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  • Maria, Ecco lancella del Signore, disposta a rove-scio, cos che la breve frase procede letteralmente versolangelo. Lumile risposta leggibile sia dallo SpiritoSanto sopra al capo di Maria sia dalla sibilla e dal pro-feta pi in alto.

    A battenti aperti, nel registro inferiore si estendedalluna allaltra estremit del polittico unampia scenaambientata sulla terra, mentre nel riquadro superioreappare una visione celeste che sembra vicinissima allos-servatore. Al centro di questultima raffigurato unagigantesca Desis, il Cristo glorificato quale apparir alsuo ritorno alla fine dei tempi, affiancato da Maria e daGiovanni Battista come intercessori dellumanit. Sia laVergine che il Battista sono investiti qui di un dupliceruolo: la Madre di Dio al contempo Regina dei cieli eSposa mistica di Cristo, Giovanni insieme il patronodella chiesa. Cristo Onnipotente domina linsieme, conla tiara papale sul capo e la corona del potere tempora-le ai suoi piedi. Ai lati di Maria e di san Giovanni sonodisposti angeli che suonano e cantano e vicino ad essi,in piccolissime nicchie, si vedono i nudi davvero reali-stici di Adamo ed Eva; sopra di loro viene rappresenta-ta a grisaille, in due riquadri che sembrano dei rilieviscolpiti, la storia dei loro figli, Caino e Abele. Questaappare come una profezia veterotestamentaria dellaRedenzione operata attraverso la morte di Cristo sullacroce.

    I cinque pannelli inferiori del polittico formano nelloro complesso un paesaggio paradisiaco in cui sei gran-di gruppi di figure muovono verso laltare al centrodella scena. Sullaltare, lAgnello mistico riempie uncalice con il sangue che gli sgorga dal petto; angeli inpreghiera sono inginocchiati ai lati dellaltare, quattrodi loro hanno in mano le Arma Christi, gli strumentidella passione che alludono al sacrificio di Cristo, ealtri due cospargono dincenso lAgnello. Allorizzonte

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  • si stagliano edifici in parte reali e in parte inventati, trai quali spicca, quasi al centro, la torre del duomo diUtrecht, che forma di fatto il prolungamento della lan-cia che trafisse il costato di Cristo. Nel mezzo, al disopra dellAgnello di Dio, raffigurato lo Spirito Santoentro una corona radiale, la cui luce ispiratrice rag-giunge tutti i santi. In primo piano, in posizione cen-trale, compare una fontana quale sorgente di vita: dallavasca ottagonale, di forma perfetta, lacqua vivificantee salvifica fluisce direttamente verso losservatore. Que-sti era in prima istanza il sacerdote che, secondo ladonazione di Jodocus Vijd e Elisabeth Borluut, cele-brava la messa allaltare nella loro cappella sopra ilquale era collocato il polittico; il fine era la salute del-lanima dei donatori, della loro famiglia e dellumanitintera, salvata dallAgnello.

    Il doppio ritratto che Jan van Eyck esegu nel 1434di Giovanni Arnolfini e della moglie Giovanna Cena-mi oggetto di innumerevoli analisi e famoso in tuttoil mondo come quadro profano. I due coniugi Arnol-fini sono ritratti a figura intera in una camera da letto.Nella mano sinistra Giovanni Arnolfini tiene la destradella consorte, aperta con benevolenza verso di lui, ungesto che da interpretarsi come promessa di fedeltconiugale. Con la mano destra levata quasi a compiereun giuramento, egli suggella il voto reciproco. Questainterpretazione stata dimostrata in maniera convin-cente nel 1986 e poi ancora nel 1990 dallo storico del-larte olandese Bedaux, il quale contesta con validiargomenti la tesi di Panofsky secondo cui il ritrattodegli Arnofini sarebbe la rappresentazione di un con-tratto coniugale. Il quadro presenta in effetti una seriedi riferimenti alla cerimonia nuziale nonch i tipiciregali di nozze, tuttavia si tratta di tradizioni e di sim-bologie manifeste e non di un ingegnoso e sottile lin-guaggio figurativo, carico di simboli reconditi ed ela-

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  • borato di proposito dal pittore: non si tratta di undisguised symbolism, un simbolismo mascherato, come lodefinisce Panofsky.

    Giovanni era figlio di mercanti ed era nato a Luccaallincirca nel 1400; dal 1421 divenne a sua volta mer-cante di stoffe a Bruges. Molto ricco e potente, otten-ne persino la carica di consigliere di Filippo il Buono emor nel 1472 a Bruges, dove trov sepoltura. La con-sorte Giovanna era la figlia di un mercante di Lucca chesi era stabilito a Parigi e in quella citt aveva sposato unadonna francese. Giovanni Arnolfini e Giovanna Cena-mi furono uniti in matrimonio nellanno 1434, data che riportata al centro del quadro, tra le teste dei due gio-vani personaggi, sotto la scritta del nome dellartista. Siha limpressione che le parole Johannes de eyck fuithic e lanno 1434 siano scritti di pugno dellartistasulla parete della stanza, esattamente sopra lo specchio.Laffermazione, che si discosta dalla formula in uso,rende lartista evidentemente testimone di quanto hadipinto. Tale lettura confermata dallo specchio con-vesso, in cui si scorgono i due coniugi di schiena non-ch il pittore e un quarto astante. Lo specchio indicainoltre che il matrimonio degli Arnolfini indubbia-mente ununione cristiana. Esso costituisce il centroottico del duplice ritratto e cattura limmagine di tuttoci che accade nella camera. Le immagini riflesse sonodi natura cristiana: intorno al grande specchio sonodisposte a raggiera dieci piccole scene dipinte dietrovetro, che vanno della Passione di Cristo. Il ciclo ha ini-zio in basso, al centro, con il Cristo in preghiera nellOr-to degli Ulivi, allestremit opposta, in alto, figura ilcompianto di Maria e Giovanni sul Cristo crocifisso, inbasso a destra la narrazione si conclude con la discesadi Cristo nel limbo e da ultimo con la Resurrezione.

    Quasi tutti gli oggetti presenti nella scena racchiu-dono, al pari dello specchio, un duplice significato: essi

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  • sono riproduzione della realt e hanno al contempo unavalenza simbolica. Per losservatore del tempo sarannostati senzaltro evidenti i richiami moralistici e le allu-sioni al tradizionale rito nuziale, anche se vi compari-vano elementi estranei al linguaggio figurativo dei paesinordici, come il grandissimo cappello nero dello sposo,tipico dellItalia settentrionale. Quello che Van Eyck hainteso rappresentare nel suo magistrale doppio ritratto un matrimonio gi celebrato che viene riconfermato daparte dei due coniugi felici nella cosiddetta chambretoffe, la camera da letto con ricchi arredi e una seriedi doni, che, secondo la tradizione, il mattino seguentealla prima notte di nozze lo sposo regala alla sua sposa.

    Tanto realistica appare la stanza da letto in cui raf-figurata la coppia Arnolfini, quanto fittizio si mostra lospazio in cui Van Eyck ha collocato Nicolas Rolin e laMadonna col Bambino nella Madonna del cancelliereRolin (1435 ca.). Il donatore inginocchiato in pre-ghiera; un libro di preghiere giace aperto sul suo ingi-nocchiatoio, ma egli guarda davanti a s assorto in altripensieri. Le sue vesti sono di preziosissimo broccatodoro orlato di ermellino, linginocchiatoio nascosto daun sobrio drappo di raffinato velluto o damasco deltanto costoso color blu. Di fronte a lui siede la VergineMaria con il Bambino nudo in grembo, che con la suapiccola destra benedice il cancelliere mentre un angeloin volo tiene una corona finemente decorata sopra ilcapo della Madonna. Lungo il bordo doro tempestatodi gemme del suo mantello rosso brillante, sono ricamatiframmenti delle preghiere del piccolo Ufficio della Ver-gine. Non casuale che anche il libro dore di Rolin siaaperto su queste preghiere, che esaltano tra laltro laposizione eminente di Maria, qui considerata come SedesSapientiae, trono della saggezza.

    Nicolas Rolin, nato intorno al 1380 a Autun, ebbevita lunghissima, mor infatti il 18 gennaio 1462, e mal-

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  • grado i suoi umili natali riusc a rivestire le cariche piprestigiose e ad accumulare grandi ricchezze. Nel 1408ricopr la carica di giureconsulto presso i parlamenti diParigi e di Dole. Poco tempo dopo la morte di Giovan-ni senza Paura, nel 1419, venne chiamato in veste diconsigliere dal figlio di questi, lancora giovanissimoFilippo il Buono. Dal 1422 in poi Rolin fu come can-celliere di Borgogna il massimo funzionario di corte, fin-ch nel 1457 non cadde in disgrazia. Il duca Filippo ilBuono aveva subito a tal punto la sua influenza e gli eratalmente affezionato che nel 1462 nessuno os riferireal duca malato, cos raccontano le cronache, della mortedel consigliere che gli era stato al fianco quasi tutta lavita. Il mecenatismo di Nicolas Rolin si concentr sullasua citt natale Autun e su Beaune, dove era nata esepolta la madre. Per suo volere a Beaune nacque ilgrande ospedale, lHtel-Dieu; ad Autun egli fu autoredi una serie di donazioni materiali e spirituali nella chie-sa di Notre-Dame-du-Chastel, andata distrutta nel 1798.In questa chiesa, che sorgeva nei pressi della casa avita,il cancelliere era stato battezzato e qui ebbe sepolturadavanti al coro. Sullaltare maggiore Rolin aveva fattocollocare una pala in cui figuravano lui e la terza mogliein veste di donatori. Sullaltare della cappella sepolcra-le della famiglia, dedicata a san Sebastiano, vi erano lestatue dei santi patroni della famiglia Antonio e Seba-stiano, che in veste di santi protettori compaiono anchenel Giudizio Universale di Rogier van der Weyden desti-nato alla Sala dei malati a Beaune. Tra la propria abi-tazione e la chiesa Rolin fece costruire un passaggio, chesboccava in una seconda cappella di famiglia, con unbovindo da cui si vedevano sia la cappella sepolcrale chelaltare maggiore e il punto dove sarebbe stato seppelli-to il cancelliere. I duchi di Borgogna avevano un analo-go oratorio nella loro certosa di Digione, e cos pure isovrani francesi nella Sainte Chapelle a Parigi, senza

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  • dubbio lesempio per antonomasia di questi oratori. ABruges la famiglia Adornes possedeva un luogo privatoper la preghiera nella chiesa di Gerusalemme, di cui erala fondatrice, e sempre in quella citt unaltro splendi-do esempio loratorio del palazzo cittadino dei Signo-ri di Gruuthuse, che si affacciava sul coro della chiesadi Notre Dame.

    Jan van Eyck non dipinse certo il quadro dellaMadonna del cancelliere Rolin, come pi volte stato sug-gerito, con lintento di realizzare una pala daltare, ntantomeno come epitaffio o tavola commemorativa.Esso invece un quadro di devozione privata, che Rolinavr portato con s nei suoi viaggi al seguito della corteborgognona e che avr avuto una sua collocazione nelpalazzo del cancelliere e una sistemazione ancor piappropriata nelloratorio allorch questa venne ultima-ta nel 1453. Il committente e primo proprietario, Nico-las Rolin, e la Madonna col Bambino si non si trovanoin un ambiente reale, bens simbolico, elevato in unasfera irraggiungibile al di sopra del magnifico paesaggiosullo sfondo. Del tutto inverosimili per la loro grandez-za sono le due figure del cancelliere e di Maria, una spro-porzione vistosa in rapporto agli elementi architettoni-ci, alle piante e ai fiori del piccolo giardino recintato, esoprattutto alle due piccole figure maschili collocate alcentro, sul fondo. Larchitettura romanica ha la mae-stosit di un palazzo ed evoca le vaste sale tipiche deicastelli imperiali con le arcate aperte. I tre archi rap-presentano qui senza dubbio il numero divino tre contutte le sue implicazioni simboliche. In questo palazzoceleste, al cospetto di Rolin in preghiera, si svolge lavisione di Maria come regina dei cieli e del Bambino conil globo imperiale come sovrano. Rolin qui raffigura-to anzitutto come uomo pio intensamente dedito allapreghiera. Nel disegno prepar