gli ebrei
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Gli Ebrei erano un popolo suddiviso in tribù che verso il 1900 a.C. giunse in Palestina dalla Mesopotamia. Attorno al 1700 a.C. però una grave carestia spinse gli Ebrei a trasferirsi in Egitto. Qui, dopo un periodo di tranquillità, vennero perseguitati dai faraoni. Verso il 1250 a.C. Mosè liberò gli Ebrei dalla schiavitù egizia e li ricondusse in Palestina. Gerusalemme diventò la capitale del regno e nel 926 a.C. il paese si divise in due parti: il regno di Israele e il regno di Giuda. Nel 721 a.C. il regno di Israele venne conquistato dagli Assiri e nel 586 a.C. il regno di Giuda cadde sotto i colpi dei Babilonesi che deportarono gran parte della popolazione a Babilonia. Nel 538 a.C. i Persiani sconfissero i Babilonesi e permisero agli Ebrei di tornare in patria. Nel 70 d.C. i Romani distrussero Gerusalemme disperdendo gli Ebrei nel mondo (diaspora).
Gli Arabo-Palestinesi si affrontano in guerre che si succedono incessantemente; soprattutto però pare che
non importa chi vinca e chi perda: si aspetta semplicemente la prossima battaglia. Il conflitto continua
implacabile, passa da una generazione all’altra, siamo ormai alla terza generazione quindi i soldati
combattono la stessa guerra dei loro nonni. Il resto del mondo è preoccupato per le inevitabili conseguenze
del conflitto in un’area instabile e ricca di risorse petrolifere come il Medio Oriente e propone
incessantemente piani di pace che regolarmente vengono ignorati. Il conflitto è nato dal fatto che un
numero elevato di Ebrei si trasferì in Palestina dopo la Seconda Guerra Mondiale, stabilendosi in una terra
abitata da Arabi, mussulmani e cristiani. Indubbiamente l’arrivo degli Ebrei in massa in Palestina si
configura come un’invasione immotivata: non si può pretendere di occupare una terra perché vi abitavano
quasi duemila anni prima i propri antenati. Gli Arabi quindi vedono gli Israeliani come invasori da ricacciare
e affermano che lo stato di Israele non dovrebbe esistere.
Intorno al 1880 gli Ebrei in Palestina costituivano una minoranza di 73000 persone. Intorno alla metà del
secolo si era però messo in moto il progetto ebraico mirante a porre fine alla propria millenaria diaspora,
frutto di innumerevoli persecuzioni, e a rifondare la nazione permettendo il suo ritorno alla "terra
promessa". Tale progetto venne definito "Sionismo”.
La Società delle Nazioni affidò alla Gran Bretagna un mandato per la regione della Palestina perché riteneva
necessario istituire un'agenzia che coordinasse l'immigrazione ebraica. Sotto il Mandato britannico
l'immigrazione ebraica nella zona subì un'accelerazione infatti portarono la popolazione dalle 83.000 unità
del 1915 alle 360.000 unità della fine degli anni trenta.
Nel 1936, uno sciopero generale di sei mesi indetto dal Comitato Supremo Arabo, chiedeva la fine del
Mandato e dell'immigrazione ebraica e diede il via alla Grande Rivolta Araba. Al termine di questa, verso la
fine degli anni trenta e ,dopo alcuni tentativi falliti di proporre la divisione della Palestina in due Stati, la
Gran Bretagna cambiò opinione verso il sostegno al movimento sionista, che iniziava a mostrare anche
aspetti inquietanti e violenti, e cominciò a negare al sionismo quell'appoggio politico che fin lì aveva
garantito. Ciò indusse pertanto gli Ebrei a cercare negli Stati Uniti quello che fino ad allora aveva concesso
loro l'Impero britannico.
La decisione in realtà fu più che altro formale, poiché l'ingresso clandestino di coloni aumentò
sensibilmente anche a causa delle persecuzioni che gli ebrei avevano cominciato a subire da parte della
Germania nazista fin dal 1933.
La nascita ufficiale dei due Stati in Palestina era stata fissata dall'ONU nel 1948, ma essa non ebbe mai
luogo. Infatti la Lega Araba, che non aveva accettato la risoluzione dell'ONU, scatenò una guerra "di
liberazione" contro l’Israele. Gli Israeliani dimostrarono subito un’imprevista capacità bellica che permise
loro non solo di resistere agli
eserciti arabi ma anche di
contrattaccare e di occupare
militarmente gran parte della
Palestina. Dopo la catastrofe
militare degli eserciti invasori, ci si
ritrovò un unico Stato, quello
israeliano, impegnato a difendere
quanto già conseguito sul campo di
battaglia e a ottenere l'intero
controllo del territorio palestinese
tramite il proprio esercito.
Il 25 luglio 1956 il presidente
egiziano nazionalizzò la Compagnia del Canale di Suez scatenando così l'intervento di Francia e Gran
Bretagna - che vedevano messi in pericolo i loro interessi economici e strategici - e dello stesso Israele che
si vide minacciato dalla nuova alleanza militare inter-araba.
Dal 1962 una lunga serie di scaramucce di confine tra Egitto e Israele preparò il terreno per una nuova
guerra.
Il 5 giugno 1967 un attacco preventivo delle forze aeree israeliane avviò la "III Guerra arabo-israeliana o
Guerra dei sei giorni", con la distruzione al suolo della quasi totalità dell'aviazione di Egitto, Siria e
Giordania. Con questa fulminea vittoria l’Israele occupava l'intera penisola del Sinai e la striscia di Gaza che
fino ad allora era rimasta sotto amministrazione militare egiziana, oltre a inglobare
l'intera Cisgiordania (Gerusalemme compresa) e le alture del Golan a nord-est, sottratte invece alla Siria.
Nel 1973 si ebbe una nuova crisi vicino-orientale che porterà in breve tempo alla IV guerra arabo-israeliana,
detta anche "del Kippur" (da una festività religiosa ebraica). In quest’occasione furono gli eserciti dell'Egitto
e della Siria ad attaccare a sorpresa l’Israele, che perse il controllo del Canale di Suez.
Dopo il 73 però l’Egitto trattò una pace separata con l’Israele e da allora nessun esercito arabo ha mostrato
né l’intenzione né la capacità di affrontare in campo aperto l’Israele.
A questo punto ci si sarebbe aspettato che il conflitto fosse terminato, ma questo non avvenne. Infatti, la
causa palestinese organizzò una resistenza che però non avendo eserciti adeguati, carri e aerei dovette
ricorrere al terrorismo. L’Israele invase ripetutamente il Libano senza comunque riuscire a stroncare la
resistenza palestinese.
In seguito alla Prima Guerra del Golfo la situazione si fece più difficile. Abbiamo avuto la così detta “seconda
intifada” che è sfociata in una lunga serie di attentati, soprattutto suicidi, che hanno colpito la popolazione
israeliana. Tuttavia è chiaro che gli attentati non possono sconfiggere gli Israeliani, ma anche loro non
riescono, dopo oltre trenta anni, a vincere la lotta contro il terrorismo.