gli eventi come strumento strategico di marketing...
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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI
CULTURALI
Corso di laurea magistrale in
Scienze della Comunicazione pubblica e sociale
TITOLO DELLA TESI
GLI EVENTI COME STRUMENTO STRATEGICO DI MARKETING
TERRITORIALE
Il Resto del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare
Tesi di laurea in
Comunicazione pubblica
Relatore Prof.: Roberto Grandi
Correlatore Prof.: Saveria Capecchi
Presentata da: Giovanna De Filippo
Sessione
prima
Anno accademico
2015-2016
GLI EVENTI COME STRUMENTO STRATEGICO DI
MARKETING TERRITORIALE
Il Resto del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare
INDICE
Introduzione .................................................................................................... pag. 1
PARTE PRIMA
L’IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE PER LE IMPRESE
Capitolo 1
In principio è la comunicazione ............................................................... pag. 5
1.1 Comunicazione e informazione: quali differenze? ......................................... pag. 8
1.2 I modi di comunicare nello scenario mediatico attuale: una breve storia ....... pag. 12
1.3 La stampa come sinonimo di comunicazione, informazione e libertà di
espressione nell’era di Internet ............................................................................... pag. 16
Capitolo 2
L’impresa dalla sua evoluzione alla cultura organizzativa ........... pag. 20
2.1 I fenomeni che l’hanno cambiata nel tempo .................................................... pag. 27
2.2 La cultura come presupposto di un’impresa vincente ..................................... pag. 33
Capitolo 3
I princìpi fondamentali dell’impresa ...................................................... pag. 37
3.1 La mission ........................................................................................................ pag. 39
3.2 La vision ........................................................................................................... pag. 40
3.3 Il posizionamento ............................................................................................. pag. 41
3.4 Identità e immagine a confronto....................................................................... pag. 43
3.5 La comunicazione d’impresa come “vantaggio competitivo” ......................... pag. 48
PARTE SECONDA
GLI EVENTI PER FESTEGGIARE I 130 ANNI DE IL RESTO DEL
CARLINO
Capitolo 4
il Resto del Carlino, simbolo della città di Bologna
da 130 anni ....................................................................................................... pag. 52
4.1 1900: secolo di grandi cambiamenti per il Carlino .......................................... pag. 58
4.1.1 Si apre una nuova pagina aziendale con il Cavaliere del Lavoro
Attilio Monti ........................................................................................................... pag. 60
4.2 Monrif Group, il suo impero della carta e non solo ......................................... pag. 64
Capitolo 5
Le “iniziative speciali” per i 130 anni de il Resto del Carlino
secondo la regola delle 5W ......................................................................... pag. 73
5.1 Il profilo lettore ................................................................................................ pag. 75
5.2 WHO? ............................................................................................................... pag. 77
5.3 WHAT? ............................................................................................................. pag. 80
5.4 WHERE? .......................................................................................................... pag. 89
5.5 WHEN? ............................................................................................................. pag. 90
5.6 WHY? ................................................................................................................ pag. 91
Capitolo 6
Le tavole rotonde a tema “L’economia locale: come creare
valore per il territorio” ...................................................................................... pag. 94
6.1 Keywords per organizzare le tavole rotonde .................................................... pag. 95
6.1.1 Le fasi della comunicazione .......................................................................... pag. 97
6.2 Dialogo con BPER Banca e QN-il Resto del Carlino. Le opinioni
sulle “tavole rotonde” ............................................................................................ pag. 99
Conclusioni ....................................................................................................... pag. 111
Bibliografia
Sitografia
Ringraziamenti
1
INTRODUZIONE
Con il titolo “Gli eventi come strumento strategico di marketing territoriale. Il Resto
del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare” prende forma l’oggetto
principale di questo lavoro. Oggetto che racchiude in sé importanti argomenti, tra cui gli
eventi, il marketing territoriale e il Resto del Carlino, i quali fanno capo alla
“comunicazione”, collante di queste attività.
Ma qual è la relazione che intercorre tra questi mondi, apparentemente distinti e separati? La
risposta risiede nell’obiettivo finale di questa Tesi, che è capire in che modo e per quali
ragioni una redazione di stampo nazionale come il QN-il Resto del Carlino operi nel settore
eventi, partendo dal presupposto che si occupa anche di marketing territoriale, in maniera
trasversale. Come prima nozione, è indubbio che gli elementi presi in esame siano
condizionati dalla comunicazione in senso stretto, perché come è noto “non si può non
comunicare”, e un’azienda come la Monrif Group lo sa bene: infatti da ormai 130 anni
opera nel settore della carta stampata (e non solo), pubblica quotidianamente notizie
riguardanti il panorama italiano e internazionale e ed è ben radicato in quei territori di
riferimento come l’Emilia Romagna, le Marche, il Veneto, la Lombardia, la Toscana.
Prima di approfondire questo argomento, è interessante capire, teoricamente e praticamente,
come si è sviluppato il dibattito sulla comunicazione e sul ruolo degli eventi organizzati da
il Resto del Carlino, che fungono da strumenti strategici del marketing territoriale.
La struttura dell’elaborato, è suddivisa in due parti:
La Prima parte, di carattere teorico, si apre con il capitolo 1 che indaga il campo della
comunicazione, sin dalla sua etimologia e focalizzando l’attenzione su tutti quei fattori che
2
l’hanno cambiato nel corso dei decenni, primo fra tutti i new media (vedi l’avvento di
Internet). Con la distinzione tra vecchi e nuovi media si tenta di capire la differenza tra
comunicazione e informazione, termini il più delle volte confusi o usati erroneamente come
sinonimi. Il cerchio si ristringe a un settore particolare che è quello della stampa. Chi meglio
di questo comunica e informa, confrontandosi ogni giorno con uno scenario mediatico
innovativo, tecnologico e all’avanguardia come quello attuale?
I fattori che hanno modificato il modo di comunicare sono gli stessi che hanno cambiato il
mondo della stampa, ma non solo. Ormai l’elemento “comunicazione” è fondamentale in
ogni contesto della vita, anche per ciò che riguarda le attività di un’azienda che senza
comunicare e quindi senza coinvolgere, accomunare, rendere partecipe tutti i soggetti, dagli
stakeholder agli utenti, non ha vita, non ha successo ed è destinata a fallire in un mercato
sempre più competitivo. L’argomento “impresa” viene ripreso e approfondito nel capitolo
2, in cui vengono analizzati tutti gli elementi che compongono la sfera aziendale, dalla sua
evoluzione, ai fenomeni che l’hanno cambiata nel tempo, al concetto di “cultura
organizzativa”, prendendo come punto di riferimento fondamentali contributi teorici come
quello di Barnard e Maslow. Il capitolo 3 invece, oltre a concludere questa parte primaria,
analizza i principi fondamentali su cui ogni impresa si fonda, quelli relativi alla mission, alla
vision, al posizionamento e al binomio immagine-identità, il tutto non perdendo di vista il
valore della comunicazione, poiché questi concetti non potrebbero essere espressi e
comunicati né all’interno né all’esterno dell’azienda.
La Seconda parte, invece, vuole approfondire l’esperienza di Stage svolta all’interno
dell’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” del QN-il Resto del Carlino, sulla base
del metodo deduttivo: il capitolo 4, infatti, ha come argomento iniziale la nascita e lo
sviluppo della testata giornalistica, arricchendolo di alcune curiosità; inoltre si cerca di
3
capire come il Gruppo Monrif sia stato in grado di garantire successo e notorietà a quello
che ad oggi è il terzo quotidiano di informazione in Italia per numero di copie diffuse. Nel
capitolo 5 l’attenzione si sposta sul compleanno dei 130 anni de il Resto del Carlino,
motivo di festeggiamenti per l’intero 2015. Dopo aver ideato e messo a punto il piano delle
iniziative che hanno visto la collaborazione tra l’editore, l’ufficio eventi e la vasta
partnership del quotidiano QN-Quotidiano Nazionale, si sono svolti nelle città dove è
diffusa la testata giornalistica, numerosi eventi di tipologie diverse, dagli eventi culturali, a
quelli economici, musicali e altri.
La caratteristica che determina l’originalità di tale lavoro è che tutti i progetti vengono
analizzati e confrontati per mezzo della “regola delle 5W” tipica del giornalismo
anglosassone e attraverso questa metodologia sono emersi tutti i valori che da sempre
caratterizzano l’identità de il Resto del Carlino e della Monrif Group, tra cui la vision, la
mission, gli obiettivi, l’immagine che ha di sé e il posizionamento in un mercato
concorrenziale.
Con il capitolo 6, infine, si entra nello specifico della questione “eventi”, prendendo in
esame un ciclo di incontri intitolato “L’economia locale: come creare valore per il
territorio”, tavole rotonde che hanno come protagonista la partnership del Gruppo BPER
Banca. In questo cotesto vengono analizzate le fasi tecnico-operative dell’evento, dagli
obiettivi, alla scelta del target e del partner, alla cura della comunicazione, fondamentale per
qualsiasi tipo di evento, (concetto ribadito anche in questo caso) e le finalità di questi
appuntamenti.
Relativamente alle tavole rotonde analizzate, la scelta è ricaduta sull’intervista come
strumento comunicativo e lo scopo è stato quello di evidenziare le considerazioni di due
personaggi importanti dell’ambito degli eventi curati dalla Poligrafici Editoriale: i dialoghi
4
con Eugenio Tangerini, Responsabile Media Relations del Gruppo BPER Banca e Oda
Costa, Responsabile dell’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” hanno arricchito
questa Tesi, fornendo ulteriori spunti di riflessione su quanto le iniziative culturali siano
strategiche per valorizzare il territorio, nonostante la crisi economica e finanziaria che ha
danneggiato il patrimonio artistico, storico e paesaggistico, considerato muro portante per
un teatro a cielo aperto come la nostra Italia.
Tutta la documentazione raccolta per questa Tesi di Laurea Magistrale è stata gentilmente
fornita, dopo un percorso di Stage curriculare, dall’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative
editoriali” e dall’ufficio Marketing di QN-il Resto del Carlino, sede di Bologna.
PARTE PRIMA
L’IMPORTANZA DELLA
COMUNICAZIONE PER LE IMPRESE
6
CAPITOLO 1
In principio è la comunicazione
Se in principio era il Verbo, nella società contemporanea – per cui molti fattori esterni
incidono in modo cruciale - è la comunicazione, essa sia verbale o non verbale. In effetti,
ciò che si impara fin dai primi gemiti è che “non si può non comunicare”, primo assioma
fondamentale che ci distingue dal genere animale e che ci rende umani. A detta di Paul
Watzlawick e di altri studiosi della scuola Palo Alto in California, qualsiasi interazione
umana è una forma di comunicazione. Di conseguenza qualunque atteggiamento assunto da
un individuo diventa immediatamente portatore di significato per gli altri:
“[…] Non è possibile non avere un comportamento … ne consegue che non si può non
comunicare. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno valore di messaggio:
influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste
comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro”1.
La storia dei mezzi di comunicazione è segnata dalle scoperte tecnologiche che hanno via
via contribuito a modificare le interazioni sociali, permettendo una più libera circolazione di
idee e notizie. Pensiamo ad esempio all’introduzione della stampa nel XV secolo,
all’invenzione del computer e dell’efficacia della rete informatica e alla televisione e
telefonia mobile, fattori che riducono le distanze fisiche, accelerano e moltiplicano i
processi comunicativi tra gli uomini. Le tecnologie favoriscono lo scambio di informazioni,
offrendo nuove opportunità alla comunicazione umana. Si potrebbero definire “strumenti
1 P. Watzlawick, J.H Beavin, D.D. Jackson, “Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli
interattivi, delle patologie e dei paradossi”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1971, pagg. 41- 42
7
intelligenti” che aprono a nuovi spazi comunicativi, soprattutto a coloro i quali producono
gli stessi e li usano per attuare la comunicazione. E se essa può giovare agli esperti delle
tecnologie, senz’altro le tecnologie dell’informazione e della comunicazione giovano agli
esperti che studiano quest’arte, spingendo loro ad analizzare sempre più a fondo la sua
natura e le sue dinamiche. La società dell’informazione fa dell’universo della
comunicazione un fattore cruciale, determinativo e di qualità: si tratta nello specifico di
saper interpretare le complesse dinamiche comunicative che persistono nella nostra vita e
all’interno della società contemporanea2.
Dal punto di vista etimologico, il termine “comunicazione”, oltre che all’origine greca
koinós, ha anche origine latina, derivando dal verbo communicare, cioè mettere in comune,
derivato di commune, ossia che compie il suo dovere con gli altri. Dall’origine della parola
presa in esame, si percepiscono l’importanza, il valore e la profondità del termine stesso e di
quanto sia insito nell’uomo sin dalla sua esistenza, tanto che non sono ancora conclusi gli
studi analitici e semantici sulla lettura del termine per darne una definizione concreta, al
contrario non bastano a rendere giustizia a una parola che suona di libertà. E come la libertà,
allo stesso modo tutti noi abbiamo bisogno di comunicare, per vivere. Non esiste infatti una
sola scienza della comunicazione, capace di interpretarla in toto, ma vi sono diverse
discipline che riflettono sulla stessa realtà della comunicazione con domande e interessi
diversi. Le scienze che si occupano di studiare la comunicazione, con il fine di migliorarla,
sono numerose e variegate: dalla semiotica alla linguistica, dalla psicologia alla sociologia,
dall’economia alla storia, dalla pedagogia alla retorica. Addentrandoci nei sentieri tortuosi
di questo orientamento ci accorgiamo che spesso il termine comunicazione è sinonimo di
2 L. Cantoni, N. Di Blas, “Teoria e pratiche della comunicazione”, Edizione Apogeo, Milano, 2002,
‘Prefazione pag. xxii’
8
ambiguità, perché è il terreno dello scambio e della contaminazione, ed essendo costruita su
interrelazioni non tutte prevedibili, è espressa e mediata da persone concrete, con o senza
ausilio di tecnologie e canali particolari. La comunicazione è fondamentalmente un processo
interpretativo e negoziale: questa è una delle tante definizioni autorevoli, tuttavia il termine
ha mille sfumature di significato; può essere esaminato con ottiche diverse e ogni volta che
l’ottica cambierà, emergeranno nuovi aspetti che avranno rilievo nel contesto al quale ci si
riferisce. Paolo Giammarroni3, ad esempio, fornisce un decalogo analitico e personale sulle
possibili definizioni della parola, tra cui quattro rilevanti, ad esempio:
1. la comunicazione è un insieme di strategie e non solo di tecniche;
2. la comunicazione si basa su una struttura, centralizzata o a rete;
3. la comunicazione è ormai un settore economico, con molte sfaccettature, ma anche con
crescenti sinergie;
4. le informazioni obbediscono alle regole della comunicazione, ma in esse prevale il lato
utilitaristico per chi le riceve o le richiede.
Grande è lo spazio di manovra del cosiddetto destinatario. Dunque si potrebbe parlare di
comunicazione4:
- Come il passaggio e la trasmissione di informazioni, di elementi cognitivi, di valori
espressi e veicolati da quello che è il contenuto del messaggio che viene espresso;
- Il porre in comune quegli elementi che partecipano alla costruzione sociale della
realtà che lo stesso processo comunicativo contribuisce a creare;
3 P. Giammarroni, “L’organizzazione che comunica. Obiettivi, ruolo, esperienze di comunicazione sociale”,
Edizioni Lavoro, Roma, 2000, pagg. 23-24 4 M. Morelli, “L'immagine dell'impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell'epoca del
cambiamento”, Franco Angeli Editore, Milano, 2004, pag. 40
9
- Lo scambio e la condivisione, elementi questi che hanno come presupposto il
consenso di coloro che dello scambio e della condivisione sono i protagonisti;
- La relazione sociale che si realizza attraverso la reciproca influenza che i protagonisti
del processo comunicativo vengono realizzando;
- Il processo di inferenza attraverso il quale è possibile trarre deduzioni,
interpretandole, dagli elementi contenuti nei messaggi scambiati tra gli interlocutori;
- Il processo interpretativo grazie al quale i destinatari dei messaggi trasmessi ne
interpretano il significato e danno un senso a ciò che viene loro comunicato.
1.1 Comunicazione e informazione: quali differenze?
Molto spesso la comunicazione viene associata all’informazione, senza sapere che si
inciampa in un errore madornale poiché sono due termini distinti e separati. Per cui sorge un
dubbio, che apre le porte a ulteriori approfondimenti. Essendo due termini spesso usati
erroneamente come sinonimi, prima di andare più a fondo alla questione, è bene fare il
punto della situazione. Apparentemente convertibili, informazione e comunicazione in realtà
sono due risorse con determinati significati e non possono essere considerate come
espressioni equivalenti, anzi sono due concetti differenti della stessa realtà. Il lemma
“informazione” indica il fatto che da una parte, la sorgente sceglie il messaggio da inviare,
dall’altra il destinatario lo interpreta, o meglio lo decodifica, tra quelli per lui possibili.
Quanto più numerosi sono i messaggi possibili, tanto maggiore è la quantità di informazione
che il messaggio è in grado di veicolare. Secondo due studiosi della teoria matematica delle
comunicazioni5, Claude Shannon e Warren Weaver, l’informazione non riguarda tanto ciò
5 C. Shannon, W. Weaver, “La teoria matematica delle comunicazioni”, EtasLibri, Milano, 1971, pag. 8
10
che si dice effettivamente, quanto ciò che si potrebbe dire. Cioè, l’informazione è una
misura della libertà di scelta che si ha quando si sceglie un messaggio.
Il termine “comunicazione”, invece, ha etimologicamente un chiaro significato di “mettere
al corrente” qualcuno, coinvolgendolo. Ma, mentre l’uso corrente attribuisce al termine
“informazione” un significato che lo rende indifferente dal feedback, la “comunicazione”
presuppone la consapevolezza da entrambe le parti di una convergenza avvenuta e di una
identità conseguita sul medesimo contenuto mentale. La comunicazione si esprime infatti
attraverso l’azione della relazione-scambio tra i soggetti e come tale non va confusa con
alcuni mezzi con i quali essa viene connotata. Nel linguaggio comune, quando ci si riferisce
ad una comunicazione ottimale, si fa riferimento alla capacità dell’individuo di interloquire
in modo retorico e informale, in altre parole, il bel parlare, l’esprimersi correttamente o
l’avere risposte pronte, mentre non deve essere trascurato un aspetto importante, ovvero che
non sempre lo stesso modo di interloquire è adatto ad ogni situazione: è il contesto che fa la
differenza. Comunicare significa rendere trasmissibile un’idea, una nozione,
un’informazione, ma anche un’intenzione, un coinvolgimento, una richiesta. In altri termini,
quando parliamo di comunicazione quello che conta non è soltanto l’informazione che viene
trasmessa, ma come questa viene trasferita tra un emittente e un ricevente. In conclusione si
può affermare che la comunicazione rappresenta il momento del rapporto tra gli uomini che
stabiliscono un contatto. L’informazione è invece un aspetto della comunicazione, è un suo
particolare utilizzo; fondamentale è il tipo di interazione, di comunicazione, che si stabilisce
tra i partecipanti all’attività comunicativa.
Per rappresentare in modo generale il processo della comunicazione, nel corso dei decenni
sono stati elaborati tanti modelli comunicativi, molti dei quali sono stati oggetto nella teoria
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e ricerca sui media. Ogni teoria si basa su uno specifico modello di comunicazione:
innanzitutto quello proposto da Laswell nel lontano 1948, conosciuto come il “Modello
delle 5W” (who?, what?, when?, where?, why?), analizza come gli attori sociali entrano in
gioco nel processo di comunicazione di massa. Tra i tanti paradigmi sviluppati nel corso
degli anni, sicuramente si può far riferimento al modello di Shannon e Weaver
(schematizzato qui di seguito), che in qualche modo si può rapportare a una comunicazione
più specifica, per esempio alla comunicazione d’impresa.
Il modello fisico della comunicazione, di Shannon e Weaver, ideato nel 1949
Questo schema si può tradurre come la trasmissione ottimale dei messaggi da una “fonte di
informazione” ad un “destinatario” attraverso un canale di comunicazione. Lo scopo è
quello di consentire un veloce passaggio di informazioni riducendo il più possibile il
“rumore” nel canale di trasmissione. Applicando questo modello alla comunicazione
massmediatica, ne deriva una concezione del processo comunicativo scontata e lineare:
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infatti esso sostiene l’esistenza di un passaggio unidirezionale e diretto di informazioni dalla
fonte al destinatario senza considerare che tra essi vi è relazione. Tuttavia, i modelli citati
sinora, secondo Saveria Capecchi, contribuiscono a rafforzare la concezione di “audience
passiva” 6
: un aggregato informe di individui che assorbono esattamente gli stessi contenuti
informativi inviati dalla fonte. Perciò, nel corso degli studi, sono state avviate modifiche e
aggiornamenti che hanno portato ad altre teorie comunicative di grossa rilevanza e che in
qualche modo hanno influenzato i media studies. Un importante contributo è quello fornito
da Stuart Hall che nel 1980 schematizza il cosiddetto “Encoding and Decoding Model”,
riproposto in questo quadro:
Encoding/Decoding Model di Hall (1980)
La differenza sostanziale rispetto ai modelli precedenti è relativa agli aspetti contestuali del
processo comunicativo, alle condizioni sociali, politiche, economiche e strutturali entro cui
avvengono sia il processo di encoding sia di decodifica di un testo. Per fare chiarezza,
6 S. Capecchi, “L’audience attiva. Effetti e usi sociali dei media”, Carocci Editore, Roma, 2015, pagg. 148 -
149
13
l’emittente codifica un messaggio che veicola determinati significati e che assume una
particolare “forma” a seconda del mezzo utilizzato, mentre il destinatario, sulla base dei
propri codici, decodifica il messaggio cercando di comprendere le intenzioni e i significati
proposti dall’emittente: solo quando il messaggio ha significato allora si può parlare di vera
comunicazione.
1.2 I modi di comunicare nello scenario mediatico attuale: una
breve storia
Si evince, da questa argomentazione, quanto è importante il comunicare e com’è cambiata la
modalità di esercitarlo nel corso del tempo. Ma per avere un quadro temporale più netto
dell’evoluzione comunicativa, connessa inesorabilmente ai media - vecchi e nuovi non fa
differenza - viene proposta una “storia breve dell’invenzione dei media”, tratta dall’opera di
Saveria Capecchi7 “L’audience attiva”, partendo dall’invenzione della scrittura fino
all’avvento di Internet, strumento strategico, divenuto ormai un mezzo che ci accompagna
lungo tutto l’arco della giornata in modo costante e continuo. Un quadro, quello proposto
qui di seguito, per comprendere a fondo i radicali cambiamenti sociali all’interno della vita
quotidiana:
5000 a.C., invenzione della scrittura: Compaiono nell’antico Egitto le prime forme di
scrittura definite geroglifici;
2000 a.C., invenzione dell’alfabeto: Gli antichi greci sviluppano il sistema di scrittura più
veloce e si diffonde in tutto il mondo la pratica di utilizzare le lettere; 7 Saveria Capecchi è Professoressa associata di Sociologia dei processi culturali e comunicativi”, presso il
Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Bologna.
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1450, invenzione della stampa: In Germania, Gutenberg, inventa uno strumento che utilizza
i caratteri mobili così, dalla diffusione manoscritta del sapere si passa alla diffusione
standardizzata della cultura;
1650, appaiono i primi giornali: Alla stampa quotidiana si attribuisce il merito di aver
cominciato a formare l’opinione pubblica diffondendo punti di vista differenti su una stessa
tematica;
1827: Nasce la fotografia grazie a Joseph Nicéphore Niepce;
1830, stampa di massa: Data fondamentale per i quotidiani che subiscono un forte
cambiamento in quanto nasce negli Stati Uniti la “penny press”, quotidiani dedicati agli
immigrati newyorkesi. Una stampa popolare non più rivolta ai politici e agli uomini d’affari,
ma a un pubblico di massa, avviando un processo di democratizzazione dell’informazione;
1837: Invenzione del telegrafo;
1876: Invenzione del telefono;
1895: Nasce e si diffonde velocemente il cinema nelle città più avanzate come Parigi e New
York;
1896: Il telegrafo è senza fili, grazie all’ingegno di Guglielmo Marconi;
1920: Vengono trasmessi via radio i nuovi networks come la BBC in Inghilterra o la CBS
negli Stati Uniti;
1923: Nasce la televisione, destinata a diventare vera protagonista nelle case di tutto il
mondo, ma a dire il vero il 1948 è il boom della televisione a New York, in Francia, in
Germania e in Italia con la prima trasmissione RAI nel 1954;
1952: Anno dei primi computer IBM (International Business Machines Company);
1956: Vengono lanciati sul mercato i primi videoregistratori ad uso professionale;
1977: Anno storico perché nasce la telefonia mobile ad uso privato;
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1981: L’IBM lancia il primo Personal Computer;
1989: È l’avvento di Internet, l’evoluzione della rete Arpanet risalente al 1969, destinato
allo scambio di informazioni tra università.
L’avanzamento delle tecnologie nei decenni ha dato un nuovo e più profondo senso di
comunicazione, poiché ha ampliato la varietà delle interazioni. Oltre alla comunicazione
interpersonale, infatti, avviata attraverso i media tradizionali, oggi è possibile dialogare in
tempo reale con una o più persone contemporaneamente, mediante la posta elettronica, chat
line, fax, sms ecc. Ma il cambiamento più visibile è attribuito ai new media e in particolare
ad una maggiore velocità grazie alla quale si accorciano le distanze e si riduce notevolmente
il tempo della comunicazione. Se la comunicazione mediata avviene in luoghi diversi
rispetto alla comunicazione faccia a faccia, i new media aumentano ancora di più la
possibilità di connettersi con gli altri in qualunque momento e in ogni posto. La
comunicazione mediata, perciò, differisce da quella faccia a faccia in quanto ha bisogno di
un medium; inoltre questa nuova comunicazione prevede la perdita di indizi fisici tipici
della comunicazione interpersonale, come gesti, postura, voce, che portano a considerarla
quasi come comunicazione “astratta”. Con ciò non la si vuole definire semplice e banale,
tutt’altro: la minore densità di informazioni inviate richiede al ricevente di “interpretare” nel
vero senso della parola; inoltre, si stanno via via sviluppando nuovi linguaggi e nuove
regole di comunicazione che è necessario acquisire se si vuole usufruire a pieno delle
potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. La loro evoluzione e rivoluzione ha reso nuova
la società e di conseguenza ha consentito di instaurare relazioni sempre diverse. Rispetto ai
media tradizionali, ciò che muta è l’illimitata estensione della comunicazione nel tempo e
nello spazio, oltre ad immagazzinare moltissimi dati in più rispetto alla scrittura. I new
media sono davvero interattivi e si avvicinano quindi ai canoni della comunicazione faccia a
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faccia. Ma nonostante si diversifichi nettamente l’utilizzo dei vecchi media con quelli nuovi
– contraddistinti da una costante innovazione - è importante sottolineare che i nuovi mezzi
di comunicazione di massa non sostituiranno mai i vecchi media, piuttosto si avverte
un’integrazione e complementarità in base al tipo di relazione che si desidera intrattenere e
degli scopi previsti dalla comunicazione. In conclusione, tutti i media si integrano nel
mondo in cui viviamo, modificano il nostro modo di vivere a livello individuale e collettivo
e contribuiscono a trasformare i contenuti culturali in cui siamo immersi. Infatti
“Poiché la cultura è mediata e messa in atto attraverso la comunicazione8, le culture stesse
subiscono una trasformazione fondamentale, che si radicalizza con l’andare del tempo a
opera del nuovo sistema tecnologico…La comparsa di un nuovo sistema di comunicazione
elettronica caratterizzato dal proprio raggio d’azione globale, dall’integrazione di tutti i
media e dalla propria potenziale interattività sta cambiando e cambierà per sempre la
nostra cultura.”
Per intenderci, si realizzano mutamenti a livello macro, toccando sistemi come quello
sociale - primariamente - ma anche economico, politico e culturale, quanto a livello micro,
dando la possibilità a ognuno di partecipare in maniera attiva alla vita pubblica e sociale.
8 M. Castells, “La nascita della società in rete”, Università Bocconi Editore, Milano, 2002, pag. 130
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1.3 La stampa come sinonimo di comunicazione, informazione e
libertà di espressione nell’era di Internet
“La lettura del giornale di mattina
presto è una sorta di realistica preghiera
mattutina”
Friedrich Hegel
Ma a cosa servono i media? E quali sono gli obiettivi dell’informazione e della
comunicazione? I media veicolano informazioni, aiutano a interpretare le dinamiche della
società contemporanea e soprattutto, dettano l’agenda dei problemi, orientando le scelte e le
opinioni dei cittadini. Alla conoscenza diretta di ciò che ci circonda si aggiunge una
conoscenza mediata di avvenimenti, difficile da controllare e verificare di persona. Inoltre, i
mezzi di comunicazione di massa assicurano maggiore visibilità alle procedure decisionali e
alle figure pubbliche: ciò aumenta sia il loro potere sia la loro responsabilità nei confronti
dei cittadini9. Per svolgere la loro funzione, dovrebbero idealmente garantire informazioni
complete, imparziali, varie, attendibili. Occorrerebbe quindi assicurare ai cittadini l’accesso
a informazioni di diversa provenienza, al fine di permettere un vero dibattito tra fonti
differenziate che si contendano le notizie da sottoporre a giudizio collettivo, e non il
predominio del mercato dell’informazione10
. Un preambolo, questo, per mettere in luce che
chi opera oggi nel campo dell’informazione e della comunicazione istituzionale ha una
precisa responsabilità collettiva. Le attività di informazione e comunicazione rivestono
ormai un ruolo tale da coinvolgere la dimensione etica, agendo sul funzionamento stesso
9 G. Gardini, P. Lalli, “Per un’etica dell’informazione e della comunicazione. Giornalismo, radiotelevisione,
new media, comunicazione pubblica”, FrancoAngeli Editore, Milano, 2009, pagg. 9-10 10
J. Habermas, L. Ceppa (a cura di), “Fatti e norme: contributi a una teoria discorsiva del diritto e della
democrazia”, Guerini Editore, Milano, 1996
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della sfera pubblica, definita in tal modo per il ruolo attivo del pubblico e dalla sua
accessibilità a tutti. Nella democrazia moderna la trasparenza istituzionale o il libero
dibattito sui temi collettivi dipendono sempre di più dal livello di affidabilità e completezza
che l’informazione e la comunicazione sono in grado di offrire al cittadino.
Ma c’è anche un altro livello di informazione rilevante nelle società, con cui si indica una
delle funzioni attribuite alla libertà di stampa e quindi al giornalismo e ai media in generale:
si assegna loro il ruolo qualificato con l’espressione inglese “watchdog”, o cane da guardia,
con il compito di monitorare, sorvegliare e investigare su processi decisionali e modalità di
espletazione dei servizi pubblici per informare i cittadini, garantendone la libera espressione
di giudizio. La stampa è divenuta sinonimo di informazione e la sua evoluzione ha segnato
quella dell’espressione del pensiero, il quale diventa manifesto grazie ai mezzi di
comunicazione di massa. Democrazia e libertà di espressione sono due concetti
interdipendenti. La manifestazione del pensiero diventa libera con la democrazia e questa ha
bisogno di tale libertà per crescere e consolidarsi. Alla manifestazione del pensiero sono
legati i mezzi per la sua diffusione tanto che alla stampa viene assegnata una funzione
importante: dare voce al popolo.11
Questo principio è espresso dall’articolo 21 della
Costituzione in cui si afferma che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, riconoscendo
l’importanza, il valore e il ruolo che i mezzi di comunicazione possiedono anche grazie alla
stretta relazione che intercorre con l’informazione. Tuttavia, tra i limiti posti dal suddetto
articolo, uno fondamentale a garanzia della libertà di informazione è la pluralità di fonti,
concetto importante per la storia italiana del giornalismo che mostra, inesorabilmente, un
11
C. Picca, “Senza bavaglio. L’evoluzione del concetto di libertà di stampa”, Edizioni Pendragon, Bologna,
2005, pag. 91
19
intreccio perverso tra industria, politica e stampa. Per questo motivo, la Corte costituzionale
ha elaborato un nuovo principio, quello dei cittadini titolari del diritto all’informazione, la
quale garantisce il pluralismo, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità nel fornire
notizie. L’informazione è ritenuta un bene collettivo perché favorisce la conoscenza e la
cultura che un popolo è capace di acquisire. E la pluralità delle fonti di informazioni, ossia
giornali, periodici, radio, televisione, internet, è figlia della tecnologia. Gli straordinari
sviluppi della rete hanno determinato un ampliamento del campo dei mezzi
dell’informazione cosicché le nuove vie della comunicazione hanno dato grande consistenza
all’enunciazione delle notizie che riguardano il mondo.
Il quotidiano moderno nasce e si sviluppa come mezzo di informazione e di opinione ma
anche come impresa nel corso dell’Ottocento. I due fattori principali sono il consolidamento
di regimi di libertà e i progressi dell’industrializzazione e dei mezzi di trasporto. Sono
cresciuti i giornalismi prodotti dai nuovi media, ma lo sviluppo tecnologico ha prodotto altre
novità che riguardano i giornali quotidiani. La più importante è il nuovo modo di produrli: il
full color ad esempio, comporta novità nelle formule e nei contenuti e un benefico aumento
degli introiti pubblicitari. Nonostante il quotidiano sia esposto a un avvenire difficile a causa
di internet, esso rappresenta lo strumento di successo che era previsto. In Italia i quotidiani
con testate on line sono 107, anche se la maggior parte si limita a immettere gli stessi
contenuti della carta stampata. L’innovazione del digitale sarebbe invece l’immissione in
rete di un’edizione diversa rispetto a quella stampata, in modo tale da integrare la tradizione
all’innovazione. Esistono anche quotidiani esclusivamente on line: pieni di notizie, di
immagini a colori e di servizi speciali, vivono soprattutto grazie al numero dei contatti
20
giornalieri e alcuni si sono specializzati in economia, in scienze o informatica12
. Internet ha
cambiato molte cose. Ha cambiato i rapporti fra le persone, quelli privati e quelli di lavoro.
Ha cambiato la comunicazione giornalistica: sono scomparsi i limiti di spazio e ciascuno di
noi può modellare il proprio giornale, stabilendo cosa interessa e cosa no. Il moltiplicarsi dei
notiziari on line potenzia il giornalismo di nicchia, essendo possibile selezionare le
informazioni facilitando la scelta da parte del lettore13
. È ormai un concentrato di
multimedialità: la dimostrazione di quanto valore abbia se internet venisse usato nella sua
compiutezza e in maniera appropriata.
12
P. Murialdi, “Il giornale”, Il Mulino Editore, Bologna, 2006, pagg. 7-55-57 13
V. Roidi, “La fabbrica delle notizie. Piccola guida ai quotidiani italiani”, Edizioni Laterza, Roma-Bari,
2001, pag.197
21
CAPITOLO 2
L’impresa dalla sua evoluzione alla cultura organizzativa
“La cultura di una data impresa
diviene non tanto una caratteristica che
si accompagna ad altre, ma ciò che
rende quell’impresa ciò che è.”14
Roberto Grandi, Mattia Miani
Dall’excursus precedentemente svolto a favore di tale Tesi, e prima di affrontare il tema
della comunicazione d’impresa, è d’obbligo contestualizzare questo concetto all’interno di
un determinato scenario, d’altronde tema principale dell’elaborato, cioè l’impresa. O
azienda oppure organizzazione complessa, come più aggrada. Proseguendo con ordine, la
domanda prioritaria che apre la discussione intende esaminare il concetto di impresa, o più
in generale, organizzazione. Il significato comune indica un insieme di persone formalmente
riunite per raggiungere degli obiettivi più o meno comuni; e pur considerando le possibili
soluzioni linguistiche, i dati comuni e ricorrenti definiscono l’organizzazione come “un
insieme di persone formalmente costituito per il raggiungimento di determinati fini.”15
La definizione chiara e lineare, in realtà nasconde un’analisi dettagliata che vede scomporla
in tre parti. Innanzitutto l’organizzazione è un “insieme di persone”, ma quante persone e
con quali caratteristiche? Certamente si compone di persone, ma non basta l’insieme di
persone, neppure caratterizzate da uno stesso scopo, per parlare di organizzazione in senso
proprio. Riguardo al “formalmente costituito”, l’espressione si può spiegare intendendo
che l’organizzazione ha bisogno di un atto formale di costituzione per essere considerata
14
R. Grandi, M. Miani, “L’impresa che comunica. Come creare valore in azienda con la comunicazione”,
Edizione ISEDI, Novara, 2006, pag. 45 15
M. Ferrante, S. Zan, “Che cos’è un’organizzazione?”, in “Il fenomeno organizzativo”, Carocci editore,
Roma, 2012, cap. 1
22
tale, questo perché essa è un costrutto sociale, un’invenzione dell’uomo che richiede sempre
alle sue spalle un attore intenzionale, un imprenditore. Ciò che conta è che le organizzazioni
non nascono da sole o dal nulla, bensì dal risultato dello sforzo di uno o più individui che
nella maggioranza dei casi tenderanno a mettere per iscritto le regole che governano la loro
organizzazione. L’ultima, ma non per importanza, componente della definizione è relativa ai
“determinati fini”: non esiste definizione alcuna di organizzazione che prescinda
dall’esistenza di fini espliciti, possibilmente condivisi. In fondo l’organizzazione serve
proprio per raggiungere degli scopi. Per dare una definizione di fine, quella che più rende
l’idea si riferisce a uno stato futuro atteso, qualcosa che vorremmo si realizzasse in un
futuro più o meno prossimo. Ma non sono le organizzazioni ad avere fini, piuttosto sono gli
individui ad averne e spesso questi sono complessi, contraddittori e mutevoli nel tempo. Per
intenderci, l’impresa, il carcere, la Chiesa, il partito, l’esercito, la pubblica amministrazione
sono tutte organizzazioni, ognuna delle quali si distingue dall’altra per varie ragioni, prima
fra tutte per il tipo di attività; ma sono diverse anche per le persone che condividono i valori
e gli obiettivi dell’organizzazione o per il tempo che richiedono all’individuo. Tutte però,
hanno qualche tratto in comune: le organizzazioni, in effetti, definiscono come si entra
nell’organizzazione stessa, come ci si rapporta con gli altri all’interno e all’esterno, come ci
si rapporta con le tecnologie. È con queste premesse che si può fornire una definizione più
specifica e autorevole della precedente, affermando che
“L’organizzazione è una forma di azione collettiva reiterata basata su processi di
differenziazione e di integrazione tendenzialmente stabili e intenzionali.”16
16
Ivi pag. 31
23
Per poter parlare di organizzazione in modo esaustivo, è necessario sottolineare quali sono
le due caratteristiche principali che definiscono il comportamento individuale: la
differenziazione è il processo attraverso il quale un lavoro complesso viene suddiviso tra
più persone, ognuna delle quali si specializza per svolgere al meglio quella determinata
attività. Le altre persone preferiranno acquisire quel lavoro dallo “specialista” piuttosto che
cimentarsi in una attività nella quale non possiedono abilità. A livello di società il grado di
modernizzazione di un Paese può venire misurato da quanto è complessa la struttura di
suddivisione del lavoro. Nelle società arcaiche gli uomini si specializzavano nella caccia
mentre le donne si specializzavano nella cura dei figli. Dall'antichità all'età contemporanea
c'è stato un progressivo evolversi della differenziazione strutturale che ha permesso agli
uomini di raggiungere livelli massimi di specializzazione per il soddisfacimento di sempre
nuovi bisogni umani. Attraverso la differenziazione un gruppo ottiene risultati superiori di
quelli che otterrebbe dalla somma dei singoli.
Per ottenere risultati non basta dividere i compiti tra più individui, occorre anche riportare a
unità ciò che si è diviso. Occorre un coordinamento, una “organizzazione” che definisca le
interrelazioni tra le persone e che li guidi verso un obiettivo condiviso. Il più antico e
utilizzato strumento di integrazione organizzativa è rappresentato dalla gerarchia.
Attraverso la gerarchia un soggetto assume una posizione di leadership su altre persone e ne
guida i comportamenti per il raggiungimento di obiettivi comuni. Con il tempo sono emerse
numerose altre modalità di coordinare il lavoro delle persone verso un unico fine, tra esse
24
citiamo le leggi, gli statuti, le norme, le procedure, la tecnologia, il sapere, i valori e la
cultura.17
La combinazione di queste dimensioni potrebbe far nascere l’idea che esista
l’organizzazione ottimale in assoluto e che sia quella che ha il miglior processo di
differenziazione e il miglior processo di integrazione. In realtà non è così, piuttosto il focus
non è tanto quello di avere punti di ottimo nei diversi processi, quanto quello di garantire la
coerenza tra i diversi processi. Se è vero che i suddetti fattori rappresentano l’essenza
dell’organizzazione affinché essa funzioni, occorre che i due processi in questione siano
caratterizzati da coerenza, congruenza, sintonia e che si sostengano l’un l’altro in maniera
più armonica possibile18
.
La consapevolezza di come tra gli elementi costitutivi di un’organizzazione vi sia proprio la
comunicazione comincia a diffondersi a partire dalla fine degli anni Trenta: “Si può
affermare che un’organizzazione esiste – scrive C. Barnard nel 1938 – quando vi siano
persone in grado di comunicare le une con le altre, disposte a dare un contributo individuale,
con l’intenzione di conseguire un fine comune”. La comunicazione, specifica ancora l’allora
Presidente della Rockefeller Foundation, svolge una funzione indispensabile proprio nella
diffusione del fine determinante dell’organizzazione “tant’è vero che l’assenza di
un’appropriata tecnica di comunicazione potrebbe venire ad eliminare la possibilità di
adottare scopi comuni come base per l’organizzazione. Insomma, le tecniche di
comunicazione stabiliscono la forma e l’economia interna di ogni organizzazione formale.”
17
Cfr. http://organizzazione-aziendale.com/home/47-aziendale/62-integrazione.html consultato il 4 marzo
2016 18
Ivi, pag. 42
25
Certamente, questa visione non è stata fatta propria da quelle aziende che si muovono
secondo una prospettiva puramente tecnologica, tipica dell’organizzazione scientifica del
lavoro. Il modello tayloristico – che connota gran parte della società industriale – arriva a
scomporre il servizio fino a considerare il fattore uomo in funzione dello strumento: è la
creazione della catena di montaggio, della specializzazione dei compiti e della produzione
seriale, dove importante è la rapidità del processo, determinata spesso dall’operaio più
veloce. La comunicazione, in una simile concezione, si risolve in un flusso informativo
unidirezionale che discende dall’alto della scala gerarchica e serve esclusivamente per
mantenere l’ordine e pianificare le risorse.
L’approccio al quale si è accennato sopra si sviluppa, invece, a partire da una visione della
persona quale soggetto sociale da cui l’organizzazione non può in alcun modo prescindere
nella realizzazione dei propri obiettivi. Grazie anche alle ricerche sperimentali condotte da
un gruppo di studiosi dell’Università di Harvard, coordinato da Elton Mayo, si sviluppa una
diffusa sensibilità per il contesto nel quale i dipendenti si trovano a operare. È la nascita del
movimento delle Human Relations, punto di partenza di tutta una serie di studi sulla
motivazione che, negli anni Cinquanta, trovano in Maslow il loro principale
rappresentante.
Gli anni Sessanta, con lo sviluppo degli studi psicologici, introducono, accanto alla
necessità di leggere i bisogni, quella di prendere in considerazione la visione del mondo e
della natura umana, quale componente fondamentale nel determinare la qualità del lavoro.
Per esemplificare, è diversa la resa di chi giudica l’impegno lavorativo come implicitamente
sgradevole, da quella di chi lo considera come una dimensione naturale della vita, che può
26
risultare addirittura piacevole se sono garantite determinate condizioni19
. Mentre nel primo
caso si troverà il motivo per un’opzione manageriale direttiva e una funzione di controllo
del dipendente, nel secondo si investirà su un diverso tipo di comunicazione, che favorirà
l’autocontrollo e la creatività.
Gli anni Ottanta definiscono i tratti di un’organizzazione più flessibile, nella quale
diventano vincenti la partecipazione e la cooperazione. In questo modello è posta grande
attenzione alle comunicazioni che provengono dal basso, nonché alle cosiddette
comunicazioni informali; a loro volta, quelle provenienti dall’alto, più che essere direttive,
sono finalizzate al coinvolgimento dei dipendenti e, quindi, tendono a divenire orizzontali.
L’impresa, nel tempo, è cambiata. E il tempo ha portato con sé anche l’idea dei tanti
economisti che classificano l’impresa in stereotipi, considerandola per nulla flessibile e
condizionata da codici e formule e per nulla in grado di reagire al cambiamento che la
società si trovava ad affrontare. Ma con l’avanzamento di fenomeni che hanno inciso
notevolmente sull’intera collettività, anche alle imprese - a chi sta dentro e fuori di esse – è
imposto questo cambiamento; e dalle teorie economiche si sono sviluppati dei modelli che
rispondono a principi operativi conformi a possibili scelte aziendali.
Quattro macro modelli20
sono in grado di definire i tratti di un’impresa più nuova adattata
sicuramente ai cambiamenti socio-economici in atto:
- Impresa padronale, di cui la caratteristica principale è il grado di proprietà che si
potrà concentrare su una, due o più persone, spesso in una stessa famiglia.
L’obiettivo primario è la massimizzazione del profitto al quale si aggiungono altri
19
Cfr. http://www.lacomunicazione.it/voce/organizzazione-e-comunicazione/, Ivan Maffeis 20
A. Foglio, “Turnaround. Ripensare e reinventare l’impresa”, Franco Angeli Editore, Milano, 2009, pagg.
62 - 64
27
obiettivi come il profitto sociale, il benessere, la qualità della vita, il potere, la tutela
dell’ambiente, ecc. Il successo di questa impresa è dato dalle spiccate capacità
imprenditoriali dell’imprenditore;
- Impresa manageriale: si differenzia nettamente dalla precedente poiché vi è una
separazione tra proprietà e governo dell’impresa. La proprietà è detenuta da azionisti
che necessariamente non svolgono attività decisionali all’interno dell’impresa. Anche
in questo caso lo scopo è il profitto, cioè la massima remunerazione del capitale di
rischio impiegato;
- Impresa multinazionale: impresa che sviluppa le proprie attività all’estero seguendo
un determinato percorso, con il fine di acquisire sempre più conoscenze per far sì che
l’impresa si sviluppi al meglio.
- Impresa globale, si riferisce al fenomeno della globalizzazione e la conquista del
mercato avverrà ricorrendo a politiche e strategie di marketing globale.
Come dice lo stesso Antonio Foglio21
, l’impresa in quanto parte integrante di un ambiente
socio-economico con il quale ogni giorno si confronta e nel quale si sviluppa e cresce, deve
ben recepirlo, percepirne i cambiamenti in corso e nel futuro per continuare a restarvi
protagonista e non subirlo e soccombere. L’impresa deve conoscere questo ambiente, per
adattarsi e migliorarsi.
21
Antonio Foglio è docente di marketing in svariate università italiane, europee, extraeuropee ed è
consulente di industrie e organismi internazionali come l’Unesco
28
2.1 I fenomeni che l’hanno cambiata nel tempo
In un momento storico che di volta in volta è stato identificato con l’epoca dell’ “esplosione
dell’informazione”, della terziarizzazione e della globalizzazione, le problematiche che
hanno segnato gli anni a cavallo della fine del secolo XX e dell’inizio del XXI, hanno avuto
e continueranno ad avere un’influenza determinante sull’evoluzione delle imprese, non solo
dal punto di vista economico, ma anche per ciò che riguarda la loro influenza sulle realtà
sociali o culturali dei diversi paesi. Discende che la comunicazione d’impresa non può in
alcun modo prescindere da tali fattori, i quali ne condizionano in modo deciso le modalità di
applicazione. È evidente che per mantenere un costruttivo rapporto con il mercato, l’impresa
deve sfruttare al meglio la comunicazione e le modalità comunicazionali che le vengono
offerte per trarne più vantaggi possibili. Il cambiamento sociale avvenuto nel corso dei
decenni si è tradotto in cambiamento organizzativo, condizionando l’evoluzione di un
numero crescente di imprese, spingendole ad agire con maggiore flessibilità e prospettive di
adattamento22
. La complessità di questo cambiamento ha fatto nascere una tipologia di
comunicazione destinata a rivestire il fondamentale ruolo delle complesse funzioni e
categorie sociali e di condivisione culturale. Le organizzazioni hanno saputo vedere nella
comunicazione un importante strumento di coesione interna e un veicolo efficace per
attivare, attraverso atti comunicativi, una rete di soggetti disposti a collaborare con
l’organizzazione in un clima di reciproca fiducia. La condivisione di valori, di credenze e di
significati definisce la cultura di un’organizzazione; tale condivisione si attua attraverso la
“ritualizzazione” dei comportamenti esterni, il linguaggio e l’universo dei simboli propri di
quell’organizzazione.
22
M. Morelli, “L'immagine dell'impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell'epoca del
cambiamento”, Franco Angeli Editore, Milano, 2004, pagg. 11 - 12
29
Sotto questo aspetto le aziende di oggi non devono più seguire quello che era l’imperativo
di accrescere la loro efficienza e la loro produttività, al fine di colmare o ridurre la
differenza fra domanda e offerta. Se l’Italia degli anni Sessanta era contraddistinta da un
mercato in forte espansione, per cui la strategia aziendale era rivolta alla razionalizzazione
della produzione e all’incremento dell’efficienza; se negli anni Settanta lo strumento della
finanza è stato il fattore determinante per la sopravvivenza delle imprese che hanno visto
incrementare i loro costi in conseguenza di un notevole aumento del costo di denaro e se
negli anni Ottanta sono l’organizzazione e l’informatica le competenze necessarie per
gestire la complessità interna ed esterna alle imprese, nel pieno del terzo millennio la nuova
realtà delle imprese è proprio la comunicazione. Ma per valutare come esse dovranno
comunicare questa nuova realtà, si devono prendere in esame i più significativi elementi di
questo cambiamento, necessari a comprendere come le imprese si sono costituite, arricchite
e rinnovate nel tempo.
Primo fra tutte è il fenomeno della globalizzazione dei mercati23
. Per globalizzazione si
intende quella fase del capitalismo moderno iniziata negli anni ottanta e caratterizzata da
una velocizzata integrazione internazionale delle attività economiche, sia dal punto di vista
del commercio e degli investimenti finanziari diretti all’estero, sia dal punto di vista
“moderno” riguardo maggiormente investimenti finanziari a breve termine, speculazioni sui
cambi, commercio nei servizi, accordi con imprese e così via. In quest’ottica le imprese
hanno avvertito la necessità di ampliare gli orizzonti e guardare alle attività economiche non
soltanto nazionali, ma verso un panorama che comprenda realtà sociali, economiche,
culturali variegate e differenti da paese in paese. Manovra questa che potrebbe comportare
dei rischi per le imprese, in quanto si tende a fare un “salto nel vuoto” che implica una forte
23
Ivi, pagg. 19 - 20
30
competizione ma allo stesso tempo una serie di prospettive e di opportunità sconosciute e
impensabili. Ci si deve confrontare con realtà differenti tra loro, con costi di lavoro diversi e
con realtà produttive che condizionano le aziende sulle possibilità operative e sulle
potenzialità a coprire territori più vasti. Un nuovo approccio ad un’economia nella quale
emergono in modo sempre più deciso le nuove tecnologie informatiche che tendono a
cambiare anche la quotidianità degli individui, tanto che il dibattito in corso sulle
problematiche della globalizzazione non è centrato solo sugli aspetti strettamente
economici, piuttosto sulle questioni culturali e sociologiche che finiscono per coinvolgere
gli individui posti ad un nuovo modo di essere. Lo sviluppo delle imprese in uno scenario
globalizzato ha comportato il sorgere delle imprese multinazionali, ma sono gli anni
novanta che hanno portato alla ribalta un nuovo tipo di impresa, la cosiddetta impresa
transnazionale. Esse si differenziano da quelle “tradizionali” perché localizzano la propria
struttura in paesi diversi, facendo risultare una struttura meno centralizzata trasferendo così
le diverse unità organizzative, quali il settore marketing, finanziario o dello sviluppo, in
altrettanti paesi, con lo scopo di far coincidere il luogo della produzione con i paesi nei quali
il costo delle materie prime è particolarmente basso.
Un altro fenomeno che caratterizza l’evoluzione delle attività imprenditoriali è la
terziarizzazione del lavoro che viene analizzato e reso pubblico dall’Istat attraverso un
rapporto annuale con lo scopo di mettere in luce i cambiamenti socio-economici del Paese.
Se tra la fine degli anni Novanta e il Duemila la crescita occupazionale è aumentata e si è
concentrata nell’area dei servizi24
, nel Rapporto annuale per l’anno 2016 le cose sono ben
diverse ed è necessario fare un confronto tra il passato e il presente. L’attenzione è
focalizzata sui “primi segnali di ripresa del ciclo economico, dopo una lunga fase recessiva,
24
Ivi, pag. 16
31
insieme al permanere o all’aggravarsi di numerosi elementi critici, primo fra tutti la
concentrazione territoriale fra Nord e Sud della penisola. Se nel 2014 il PIL italiano ha
segnato una nuova flessione, nei primi tre mesi di quest’anno – complice la combinazione
favorevole fra la politica monetaria adottata dalla BCE, l’apprezzamento del dollaro e la
caduta dei prezzi del petrolio – si registra una buona dinamica delle esportazioni e un
miglioramento del clima di fiducia dei consumatori. E se nel 2014 l’occupazione è tornata a
crescere (ma solo al Centro e al Nord), il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12.7%, con
dati particolarmente preoccupanti per quello giovanile che ormai sfiora il 43% a livello
nazionale e raggiunge picchi di quasi il 56% nel Mezzogiorno. Dati, questi, in
controtendenza rispetto allo scenario europeo, dove nel 2014 il tasso di disoccupazione ha
fatto registrare il primo calo dal 2008. Il tasso di occupazione segna una variazione annuale
positiva, raggiungendo il 55.7%, un dato tuttavia ancora molto lontano da quello UE
(64.9%): la distanza potrebbe essere colmata solo con l’ingresso nel mercato del lavoro di
altri tre milioni e mezzo di lavoratori; a questo proposito, i dati Istat confermano che,
benché la crescita dell’occupazione abbia riguardato soprattutto le donne, il tasso di
occupazione femminile (46.8%) rimane inferiore al valore medio dei Paesi dell’Unione
europea. Nel Rapporto, inoltre, si segnalano alcuni approfondimenti relativi alle dinamiche
del mercato del lavoro, che catturano diversi aspetti problematici della situazione italiana.
Un approfondimento del Rapporto25 evidenzia come il part-time sia l’unica forma di lavoro
cresciuta quasi ininterrottamente dall’inizio della crisi. Viene fatto notare che la crescita di
questo tipo di rapporto di lavoro non va interpretata tanto come una risposta alle crescenti
esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro degli individui, quanto
prevalentemente come una strategia seguita dalle aziende per far fronte alla crisi: dal
25
Rapporto annuale Istat per l’anno 2016, cap. 4.1.1
32
documento si evince infatti un netto incremento del cosiddetto part-time involontario, cioè
scelto come ripiego, in mancanza di lavoro a tempo pieno. Si tratta di una forma di impiego
particolarmente diffusa fra gli atipici, che, come sottolinea la ricerca, si trovano esposti a
una doppia vulnerabilità, data dalla combinazione fra svantaggio di una lavoro precario e
ripiego su un orario ridotto: non stupisce che i valori di soddisfazione medi espressi da
questi lavoratori siano i più bassi (inferiori sia a quelli dei lavoratori a tempo pieno sia a
quelli dei lavoratori a tempo parziale volontario). La sezione si conclude osservando che in
questi anni di congiuntura economica sfavorevole, il part-time ha ricoperto e continua a
ricoprire un ruolo cruciale. Soprattutto quando involontario, il part-time è stato utilizzato
dalle imprese come uno degli strumenti di flessibilità, consentendo il mantenimento di
alcune posizioni lavorative e la creazione di nuovi posti di lavoro, ma penalizzando la
qualità del lavoro.”26
I cambiamenti imposti dall’evoluzione del mercato, dalla competizione, dalla
globalizzazione, dalla tecnologia sempre più avanzata impongono rapide e concrete risposte
con impegno, coerenza e dinamicità da parte di quelle imprese che sentono la necessità di
ripensarsi e reinventarsi. Per non soccombere, molte imprese pensano a un ringiovanimento,
ad una rivitalizzazione, la via giusta per fare “turnaround”27
e quindi per rinascere e
rientrare in quel circuito di domanda-offerta che le rende vive. Il turnaround, cioè la
reinvenzione dell’impresa potrà rendersi necessaria a seguito di una serie di fattori previsti e
perché no, imprevisti, come ad esempio mutamenti dovuti allo scenario, situazioni
aziendali, andamento della domanda, introduzione di nuovi strumenti legislativi. L’impresa
da reinventare dovrà dunque essere un insieme di risorse organizzate per dare soluzioni a
26
Cfr. http://www.secondowelfare.it/primo-welfare/istat-rapporto-annuale-2015-la-situazione-del-paese.html
Federico Razzetti, 25 maggio 2015 27
A. Foglio, pagg. 64 – 65 - 37
33
problemi commerciali, produttivi, organizzativi, finanziari e per rispondere efficacemente
alle richieste del mercato. Dovrà innanzitutto rientrare in un sistema aperto (flessibilità e
visione di insieme) e organizzare persone, beni e servizi in maniera unitaria. Tutto questo
per conseguire un equilibrio economico duraturo e soddisfare i fabbisogni umani.
Essere consapevoli e saper gestire i cambiamenti fin qui analizzati, in un quadro di
riprogettazione, sarà la risposta che porterà successo alle imprese. Ma tutto questo è
possibile solo se esse sapranno accogliere il cambiamento in modo positivo, accettandolo e
confrontandosi con esso. Se saprà farlo, l’impresa sarà in grado di rispondere all’evoluzione
del mercato, all’innovazione tecnologica, alla battaglia concorrenziale e ai molteplici
cambiamenti che viviamo e vivremo. Lo scenario che prevede un forte sviluppo della
complessità dei problemi e delle situazioni, fa sì che l’impresa assuma un comportamento
più dinamico e attuale per rispondere all’evoluzione, alle incertezze al fine di gestire al
meglio la sua relazione con il mercato, quindi un’eventuale riprogettazione del suo modo di
essere impresa.
L’impresa deve fare di tutto per adattarsi a quanto richiesto dal mercato: migliori servizi,
competitività, qualità, flessibilità, migliori rapporti impresa-cliente, più organizzazione; se
dovesse rifiutarsi di capire il cambiamento, di adattarsi, di migliorarsi, è condannata a non
sopravvivere e a uscire di scena. Ma proprio i nuovi scenari analizzati finora sono la chiave
di lettura che ogni impresa deve considerare per trasformarsi e dare vita nuovi
comportamenti aziendali e nuove modalità organizzative. In una parola: innovazione.
Innovazione e qualità di prodotto, ricerca e sviluppo di prodotto, innovazione commerciale,
innovazione comunicazionale, innovazione gestionale. L’elaborazione di una vera e propria
cultura dell’innovazione all’interno dell’impresa garantirà una lunga vita nel mercato.
34
2.2 La cultura come presupposto di un’impresa vincente
Ogni impresa, affinché si possa definire tale deve incorporare in sé ciò che rientra nel vasto
mondo della cosiddetta “cultura organizzativa”. L’importanza degli aspetti culturali nella
gestione d’impresa è esplosa con lo scoccare degli anni Ottanta quando ci si è accorti che i
modelli organizzativi e strategici non erano facilmente adottabili dalle aziende e non
producevano i risultati attesi. In questi anni si comincia a diffondere il tema del “change
management”.28
Le imprese, messe di fronte al cambiamento e all’impatto competitivo, si
trovano ad attivare importanti modifiche mirate a renderle più flessibili, veloci, efficienti e
adatte al contesto di mercato. È in questa situazione che irrompe il ruolo della cultura
aziendale nel management. I manager cominciano quindi a rendersi conto che la cultura
aziendale influenza i comportamenti delle persone all’interno dell’organizzazione.
Se vogliamo arrivare a una mappa il più possibile precisa della fenomenologia che sostiene
l’anima aziendale, non possiamo esimerci dall’analisi scrupolosa del termine “cultura”.29
Il
significato comune di “cultura” presuppone un complesso di cognizioni, tradizioni,
procedimenti tecnici, comportamenti e simili, trasmessi e usati regolarmente, caratteristico
di un gruppo sociale, di un popolo o dell’umanità; si può parlare di un complesso delle
tradizioni scientifiche, storiche, filosofiche, artistiche, letterarie di un popolo o di un gruppo
di popoli, di una caratteristica di chi è colto o chi ha una mentalità acquisita. La cultura è la
proprietà di un gruppo. Ogni volta che un gruppo ha abbastanza esperienza in comune
comincia a formarsi una cultura. Culture si trovano al livello di piccole équipe, di famiglie e
di gruppi di lavoro. Culture sorgono anche a livello di dipartimenti, di gruppi funzionali e di
28
A. Cravera, “La guida del Sole 24 ore ai classici del management nell’era della complessità”, Gruppo 24
ore, Milano, 2012, pag. 91 29
R. Cerovic, P. Bonani, “La nuova cultura aziendale. Vademecum per il cambiamento sistemico del
business”, Franco Angeli Editore, Milano, 2007, pag. 24
35
altre unità organizzative che hanno un comune nucleo di occupazione ed esperienza. Si
trovano culture a ogni livello gerarchico. La cultura esiste a livello dell’intera
organizzazione, se c’è una storia sufficientemente condivisa.30
Tuttavia, le definizioni
sopracitate non sono altro che manifestazioni della cultura e nessuna esprime il livello in cui
la cultura è importante. A maggior ragione, il pericolo più grande nel cercare di
comprendere la cultura è di «semplificarla» eccessivamente nelle nostre menti. Il massimo
esperto della questione, Edgar Schein, ci insegna che per capire al meglio la cultura è
importante rendersi conto che «esiste a parecchi livelli». Ciò che realmente guida la cultura
sono gli assunti acquisiti, condivisi e taciti su cui la gente basa il proprio comportamento
quotidiano. La cultura è profonda, ampia e stabile: se la si considera un fenomeno
superficiale si è sicuri di fallire; quando un gruppo impara a sopravvivere nel proprio
ambiente, impara qualcosa anche sugli aspetti delle relazioni interne ed esterne; se si
vogliono cambiare alcuni elementi della propria cultura, si deve riconoscere che si stanno
affrontando alcune delle parti più stabili dell’organizzazione.31
In altre parole, per Schein la
cultura è data da un insieme di assunti condivisi dal gruppo, acquisiti imparando ad
affrontare i suoi problemi, tanto da poter essere insegnati ai nuovi membri come modo
corretto di percepire, pensare e sentire in base a quei problemi.
La cultura e la sua essenza, dunque, incidono particolarmente sull’organizzazione produttiva
dell’impresa, in quanto è la cultura di un popolo a essere influente nella struttura delle
relazioni sociali e a condizionare il modo di fare il business. Parafrasando “La nuova cultura
aziendale”, viene fuori un nuovo modo di definire la cultura d’impresa, ovvero la visione
30
E. H. Schein, “Culture d’impresa. Come affrontare con successo le transizioni e i cambiamenti
organizzativi”, traduzione a cura di Giuliana Picco, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, pag. 16 31
Cfr. E. Schein, pagg. 18 – 25 – 26 – 27
36
della “mappa del mondo aziendale” (come suggerito da Radoje Cerovic e Gian Paolo
Bonani, autori dell’opera): un insieme di elementi e tracce che orientano la percezione della
realtà e guidano gli individui che fanno parte dell’organizzazione; un insieme costituito da
modi di pensare ed interpretare la realtà da parte di ogni membro del sistema. Ne consegue
che la “mappa non è il territorio”, ossia la cultura aziendale non è data dalla realtà oggettiva.
Mappare la realtà è il modo di interpretare la realtà stessa. Come sostiene John Kotter,
professore emerito della Harvard Business School e autore dell’opera “Corporate Culture
and Performance” pubblicata nel lontano 1992 – ma sempre attuale -, la priorità delle
imprese di nuova generazione è fare della cultura non un vincolo, ma una leva di
adattamento al cambiamento. Ciò vuole significare che i leader che vogliono cambiare la
cultura aziendale e quindi l’azienda in sé, puntano a dei sistemi culturali in grado di
assorbire i cambiamenti senza danneggiarla.
Un altro punto interessante della questione è il distacco dei due autori dalle definizioni
classiche degli studiosi delle organizzazioni, infatti Bonani e Cerovic riferendosi all’analisi
di Schein sulla cultura aziendale, si trovano a dover sottolineare alcune imprecisioni poiché
secondo il loro parere la cultura è una caratteristica del sistema: ogni sistema umano ha una
sua cultura che rappresenta il miglior equilibrio possibile in un dato momento, ma quel
“miglior equilibrio” può essere, secondo gli esperti, inadeguato per i fini che l’azienda di
prefigge di seguire. Ciò significa che le culture sono qualità emergenti dei sistemi umani,
anche se come tali hanno effetti dannosi sul funzionamento aziendale e sul raggiungimento
di obiettivi specifici. Infine, il loro modo di vedere la cultura come aspetto inevitabile del
funzionamento dei sistemi aziendali32
è differente dalla prospettiva di altri esperti secondo i
quali vi sono sistemi aziendali privi di cultura aziendale. Anche queste aziende hanno una
32
Cit. R. Cerovic, P.Bonani, pagg. 31 - 32
37
cultura che però impedisce il cambiamento e il raggiungimento di obiettivi aziendali:
nonostante sia una cultura “penalizzante”, pur sempre cultura è.
Per citare Schein, “la cultura è importante perché è un insieme di forze potenti, nascoste e
spesso inconsce, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo, i modi
della percezione, lo schema del pensiero e i valori. La cultura organizzativa è
particolarmente importante perché gli elementi culturali determinano strategie, obiettivi e
modi di agire. I valori e lo schema di pensiero di leader e dirigenti sono in parte determinati
dal loro bagaglio culturale e dalle loro esperienze comuni. Se si vuole rendere
un’organizzazione più efficiente ed efficace, allora si deve comprendere il ruolo giocato
dalla cultura nella vita organizzativa.”33
33
Cit. E. H. Schein, pag. 17
38
CAPITOLO 3
I princìpi fondamentali dell’impresa
Quando si pensa alla cultura si possono identificare alcuni aspetti concernenti
l’organizzazione: come le persone si relazionano tra di loro e in che modo svolgono il
proprio lavoro. La prospettiva comune vuole che la cultura riguardi le relazioni umane
nell’organizzazione. Di certo i postulati culturali nelle organizzazioni crescono intorno al
modo in cui le persone si relazionano al loro interno, ma anche il modo in cui
l’organizzazione si relaziona ai suoi diversi ambienti.34
Com’è stato detto in precedenza,
un’organizzazione, sia essa un’azienda di prodotti o servizi, un ente o istituzione, è una
complessa struttura composta da risorse umane, mezzi e conoscenze, finalizzata a
raggiungere gli obiettivi che si è prefissata di raggiungere. I suoi fini sono espressi nella
vision e mission aziendale, perseguiti per mezzo di attività, valori e regole che ne
costituiscono la propria forza e caratteristica distintiva. Un’organizzazione è anche un
organismo dinamico poiché deve costantemente interfacciarsi con un“microambiente e
macroambiente”35
. Per “ambiente” si intende un complesso di protagonisti e di forze esterne
all’imprese che ne influenzano la capacità di sviluppare e mantenere positivi rapporti con i
clienti. Il primo (microambiente) è formato, oltre che dall’impresa stessa, dai soggetti che
influenzano la sua capacità di servire il mercato, ad esempio fornitori, intermediari
commerciali, clienti, concorrenti, operatori pubblici e sociali; il secondo (macroambiente) è
formato da contesti sociali non palpabili, come l’ambiente demografico, economico, fisico, 34
E. H. Schein, “Culture d’impresa. Come affrontare con successo le transizioni e i cambiamenti
organizzativi”, traduzione a cura di Giuliana Picco, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, pag. 28 35
T. Ferrari, “Comunicare l’impresa. Realtà e trend polisensoriale-emozionale”, Clueb Editore, 2014, pag.
34
39
tecnologico, culturale. La differenza sostanziale consiste nell’influenza degli ambienti
sull’impresa e viceversa: rispetto al microambiente, l’impresa può influenzarlo e può
esserne influenzata; il macroambiente invece, influenza l’organizzazione, sulla quale però
non è in grado di intervenire e di operare.36
Le funzioni organizzative e sociali degli ambienti caratterizzano un’organizzazione come
elemento di definizione della struttura organizzativa e come fattore di coesione interna,
necessario per la produzione e la trasmissione dei valori e dei conseguenti comportamenti.
Se l’organizzazione si trasforma in un sistema di rete, impostato sulla relazione, la
comunicazione diviene sempre più, una componente strutturale e strategica a sostegno della
mission, della vision, dei valori, della cultura dell’organizzazione. Da sistema di controllo,
nel suo trasformarsi in funzione dell’evoluzione dei modelli organizzativi, diventa un
sistema che crea cultura condivisa, partecipazione e coinvolgimento. Sorge, inoltre,
l’esigenza di agglomerare in un solo modello tutte le tipicità di comunicazione adottate
dall’organizzazione e da questa esigenza nasce la comunicazione organizzativa e le sue
definizioni.37
Tra le definizioni più autorevoli spicca quella di Emanuele Invernizzi, esperto
in comunicazione e strategie di marketing che asserisce così:
“la comunicazione organizzativa può essere dunque definita come l’insieme dei processi di
creazione, di scambio, di condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle
diverse reti di relazione che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua
collocazione nel suo ambiente. Essa coinvolge i membri interni, i collaboratori esterni ed
interni e tutti i soggetti esterni in qualche modo interessati e coinvolti nella vita
36
Dal sito web: https://associazioneetabetagamma.files.wordpress.com/2014/02/riassunti-marketing-philip-
kotler.pdf , cap. 3, pag. 5 37
E. Invernizzi, “La comunicazione organizzativa: teorie, modelli, metodi”, Giuffrè Editore, 2000, Milano,
pagg. 70 - 72
40
dell’organizzazione compresi i suoi clienti effettivi e potenziali. Essa costituisce parte
integrante dei processi produttivi e decisionali e dei rapporti con gli ambienti esterni; viene
usata per definire e condividere la missione, la cultura e i valori dell’impresa; viene
impiegata inoltre per sviluppare la qualità dei prodotti e dei servizi; favorisce infine la
visibilità all’interno e all’esterno di tutta l’organizzazione, delle sue attività, delle sue
politiche e dei cambiamenti in corso.”
Da qui si evince come un’impresa sta in piedi e ha successo grazie a quella cultura che
racchiude in sé quattro principi fondamentali, quattro punti cardine della comunicazione
d’impresa, che nel tempo definiscono la sua identità, la relazione con i diversi pubblici38
e
rappresentano gli obiettivi di azienda, non dal punto di vista delle vendite, ma obiettivi di
più ampia portata, che servono a ridimensionare quelli commerciali. Quando si parla di fini
aziendali ci si riferisce il più delle volte alla vision, alla mission e al suo posizionamento,
oltre ai cardini che fanno dell’impresa la sua essenza, identità e immagine (molto spesso
oggetto di confusione).
3.1 La vision
L’azienda è una struttura costituita e organizzata per conseguire un suo scopo ultimo che è
esplicitato nella “vision”. Essa rappresenta appunto il fine ultimo dell’azienda; indica la
direzione in cui si vuole andare e dove si vuole arrivare; rappresenta il riferimento guida per
tutte le attività e le risorse aziendali e fissa un obiettivo a lungo termine. La vision non è un
concetto astratto, tutt’altro, grazie alla visione di tanti imprenditori oggi il mondo è pieno di
38
T. Ferrari, pag. 44
41
innovazione, tecnologia e nuovi prodotti sempre più avanzati39
. Per certi versi è il sogno
dell’azienda e rispecchia i suoi valori, i suoi ideali e le sue aspirazioni. Inoltre deve essere
esplicitata e soprattutto deve essere condivisa con l’intera organizzazione a tutti i livelli.
3.2 La mission
Oltre ad essere conseguente alla visione dell’impresa, la mission rappresenta un documento
con cui l’azienda esplicita e porta a conoscenza dei suoi pubblici (interni ed esterni) quello
che a suo giudizio è il suo core business, i vantaggi competitivi che intende mantenere,
consolidare o raggiungere, i suoi valori e i suoi obiettivi di breve/medio periodo e le
politiche aziendali che intende adottare per raggiungere gli obiettivi stessi. La mission
definisce il ruolo dell’azienda per attuare la vision. Indicando i princìpi e gli obiettivi che
l’impresa decide di perseguire, deve per forza allinearsi con la vision stessa, focalizzandosi
più sul presente e fornendo una guida operativa dell’azione dell’organizzazione.
La mission deve essere composta da alcuni elementi chiave quali: la storia dell’azienda; le
preferenze del management e della proprietà, le risorse di cui dispone; descrive in modo
chiaro e conciso il motivo per cui l’organizzazione esiste, la sua unicità (in cosa si distingue
dalle altre aziende concorrenti), i valori che ne guidano l’azione, il target a cui si rivolge, gli
strumenti che utilizza, i bisogni a cui risponde, le risorse su cui fa affidamento, per cui
definisce le strategie, i valori, le finalità e gli obiettivi. La differenza sostanziale con la
vision è che, mentre questa indica il percorso e le aree in cui muoversi, la mission individua
principi e scopi a breve o medio termine. Tuttavia, affinché essa si compia, deve rispettare
39
Dal sito web: http://www.businessplanvincente.com/modello-di-business-plan/gli-obiettivi-dellazienda,
Impresa Sviluppo & Management S.n.c., 2015
42
quattro step di elaborazione, tra cui la “fase preparatoria”, cioè di rilevazione del
posizionamento mediante la raccolta di informazioni e dati; la “redazione del Documento
della mission”, importantissimo dossier che ingloba in sé i muri portanti di una impresa a
partire dalla dichiarazione di apertura, dalla vision, obiettivi, ai principi morali cui intende
ispirare le sue scelte di governo e i suoi comportamenti; la terza fase rappresenta l’
“elaborazione dell’Action Plan”, ovvero il piano operativo da mettere a punto e seguire
meticolosamente per raggiungere quei traguardi specificati dalla mission; l’ultimo step è il
“coinvolgimento dell’intera struttura aziendale40
” perché tutti sono parte integrante
dell’impresa, tutti hanno una valenza, tutti sono una squadra, tutti occupano un ruolo, fermo
restando che senza quei tutti l’azienda non avrebbe vita. Per loro la mission rappresenta la
bandiera sotto cui i dipendenti si identificano e combattono quotidianamente.
3.3 Il posizionamento
Vision e mission sono il punto di partenza per un’impresa, ma per andare avanti, crescere e
svilupparsi deve considerare come fondamentale il “mettersi a confronto”, avere un “posto”,
insomma deve posizionarsi in uno scenario competitivo e di mercato. Per un’azienda
conquistare un buon livello di notorietà ed avere una buona immagine è molto importante. I
clienti, infatti, preferiscono fare acquisti da un’azienda con una buona reputazione e
possono essere disposti a pagare un prezzo relativamente più alto per i suoi prodotti. Se i
clienti target conoscono l’azienda e ne hanno una buona immagine, è più facile conquistarli
e fidelizzarli. Naturalmente è l’azienda stessa che, tenendo conto dei suoi obiettivi, decide il
proprio posizionamento, cioè come vuole essere percepita dal segmento di clienti potenziali
40
T. Ferrari, pagg. 46 – 47
43
ai quali rivolgersi (target). Costruire un’immagine forte può essere un modo molto efficace
per differenziare i prodotti e i servizi di un’azienda da quelli dei concorrenti. Ogni azienda
deve fare tutto il possibile per raggiungere il positioning stabilito e deve controllare
periodicamente se ciò sta effettivamente avvenendo oppure no. Per fare questo controllo
bisogna realizzare delle indagini di mercato sulla notorietà e l’immagine aziendale.
Un tipico percorso per rafforzare notorietà ed immagine prevede le seguenti fasi:
1- ricerche di mercato per capire quanti clienti potenziali conoscono l’azienda e che
opinione ne hanno in assoluto e rispetto ai concorrenti;
2- identificazione dei punti di forza e di debolezza dell’azienda;
3- definizione degli interventi di miglioramento;
4- attuazione degli interventi di miglioramento;
5- monitoraggio, dopo un adeguato arco temporale, dei risultati raggiunti.41
In linea generale comunque, il posizionamento per un’azienda può essere ricondotto a
quattro aree, ossia l’area dei valori fisici, razionali e oggetti, dei valori emozionali,
relazionali e profondi: aree, queste, tutte correlate tra loro ma che forniscono i tratti
caratteristici dell’immagine che l’azienda ha di sé.42
41
Dal sito web: http://www.metron-on-line.it/awareness-positioning-study.html 42
T. Ferrari, pag. 49
44
3.4 Identità e immagine a confronto
La tematica dell’identità e dell’immagine d’impresa si sviluppa verso la fine degli anni
Settanta e durante gli anni Ottanta. Alla fine degli anni Sessanta le imprese erano orientate
al prodotto in quanto era elevata la richiesta di beni. Tra la fine degli anni Sessanta e la fine
degli anni Settanta il mercato italiano cambia. Solo con la fine degli anni Settanta che,
all’interesse delle imprese verso i beni e servizi proposti in funzione del ruolo che ricoprono
per i diversi segmenti di consumatori, si affianca l’esigenza di costruire le proprie identità e
immagine.
Le imprese devono essere considerate come sistemi di significati, di relazioni, di linguaggi
che dovrebbero essere condivisi al proprio interno per poter poi essere trasmessi all’esterno.
Al livello definito “di superficie” si possono collocare tutti quei comportamenti espressivi
che costituiscono l’insieme dei segni visibili di un’impresa. A un secondo livello definito
invece “intermedio”, si inquadrano i valori di una determinata impresa in quanto
costituiscono il substrato e la motivazione dei comportamenti visibili e dei segni di
superficie. A un livello ancora più profondo infine, poniamo gli assunti di base su cui
prendono corpo i valori di una determinata impresa. La costruzione dell’identità
organizzativa di un’impresa è dunque frutto di un processo articolato. Bernstein propone
una definizione di identità d’impresa che riprende tre diversi concetti di identità: identità in
quanto coerenza; identità in quanto individualità; identità in quanto segno che identifica il
possessore. La proposta di definizione di identità parte dall’indicazione del soggetto
responsabile della ideazione, costruzione e gestione dell’identità: l’identità d’impresa è
45
dunque ciò che dell’impresa intendono valorizzare, e successivamente comunicare, i
componenti della direzione. I vincoli di cui la direzione dovrà tener conto sono43
:
- Gli elementi fattuali dell’impresa, ossia le qualità che l’impresa declama devono aver
riscontro nella realtà;
- I discorsi che circolano a livello sociale, praticamente condivisi da tutti, che hanno
come oggetto l’impresa in relazione sia al suo passato, al presente e al futuro;
- Il posizionamento del prodotto, della marca e dell’impresa, ossia la percezione
diffusa nell’immaginario dei potenziali clienti.
Tenendo conto di questi vincoli, la leadership dell’impresa deve scegliere gli assunti di base
e i propri valori specifici. Il processo di definizione dell’identità di un’impresa è una
operazione strategica fondamentale perché individua quei princìpi di unicità e di
permanenza che rimarranno tali nel tempo e che devono costruire l’ancoraggio di ogni
comportamento dell’impresa stessa. L’identità d’impresa ha dunque la funzione di
costringere a decidere, all’interno dell’impresa stessa, su quali principi e valori l’impresa
dovrà essere comunicata. Il profilo “estetico”, unico e socialmente condiviso di un’impresa
è costituito da strumenti visivi, organizzati attraverso applicazioni specifiche coordinate, che
sono definiti visual identity. Gli elementi costituenti la visual identity sono:
- Logotipo, il fonema leggibile, memorabile e tipograficamente connotato che si
presenta come la prima e più immediata forma di comunicazione della marca;
- Marchio, il segno grafico che permette di identificare e distinguere le diverse
imprese e marche;
- Codici cromatici, i colori di riferimento dell’impresa nei suoi diversi settori;
43
R. Grandi, M. Miani, “L’impresa che comunica. Come creare valore in azienda con la comunicazione”,
Edizione ISEDI, Novara, 2006, cap. 5
46
- Lettering, i caratteri tipografici utilizzati per i testi scritti di un’impresa.
L’identità di un’impresa viene trasmessa e fatta circolare da specifici processi comunicativi
tra loro integrati per comunicare nella maniera più efficace gli elementi che caratterizzano
l’identità di ciascuna impresa, diversificandola da tutte le altre. Se manca questa
condivisione, viene meno la forza della comunicazione. Citando Roberto Grandi, “l’identità
è ciò che i responsabili dell’impresa intendono prima valorizzare e poi comunicare”: sono i
superiori che definiscono l’identità dell’impresa, creando un sistema di equilibrio tra
l’introspezione organizzativa, rivolta alle tradizioni passate e l’estroversione organizzativa,
orientata al sociale e al cambiamento. Dal consolidamento interno dell’identità e quindi del
dialogo interno, nasce la possibilità di trasmettere l’identità all’esterno, e da questa
trasmissione nasce l’immagine aziendale. Il processo dinamico e comunicativo che
accompagna questo passaggio è costituito dalla comunicazione dell’identità (quello che
viene veicolato dall’interno) e dalla costruzione dell’immagine, cioè quello che viene
percepito all’esterno. L’identità si colloca nel sistema come elemento necessario ma non
sufficiente alla comunicazione efficace dell’organizzazione che invece ha bisogno proprio
della comunicazione per costruire la sua immagine.44
Quindi l’immagine che cos’è? In linea generale si può definire l’immagine come l’insieme
delle rappresentazioni affettive e razionali, riferite a ogni individuo, di una marca, un
prodotto, un’azienda, un’idea; o ancora, l’immagine è il risultato delle percezioni dei
pubblici di riferimento. Questa definizione mette in evidenza due aspetti:45
innanzitutto
l’immagine è il prodotto delle percezioni e che è relativa a un determinato pubblico. Ma
44
C. Benzi, “La comunicazione organizzativa. Schede teoriche e tecniche”, Centro Studi Cisl, 2008, pag. 17 45
M. Morelli, “L'immagine dell'impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell'epoca del
cambiamento”, Franco Angeli Editore, Milano, 2004, pagg. 26 - 27
47
quali sono i fattori che influenzano l’immagine aziendale? L’evoluzione del concetto in
questione sembra essere determinata da sei fattori46
:
- Le dimensioni dell’impresa, la sua struttura, il settore in cui opera, i prodotti o i
servizi che offre: essi sono elementi essenziali nella creazione dell’immagine;
- Se si considera che l’immagine possa essere positiva, negativa o neutra, ma che in
ogni caso l’impresa non ne può prescindere, può darsi che l’impresa susciti interesse
grazie ai prodotti e servizi utili a migliorare la qualità della vita, o che, in caso
contrario, l’opinione pubblica sia interessata ugualmente alle notizie riguardanti
prodotti di cattiva qualità: anche le cattive notizie avranno l’effetto di aumentare la
notorietà dell’azienda, nonostante ciò provocherà sentimenti negativi nei suoi
confronti;
- Se le attività di un’azienda sono varie e diversificate, saranno diversificati anche i
messaggi che essa emette;
- È indubbio che le aziende seguaci di una politica di comunicazione, investendo nella
creazione dell’immagine aziendale sono meglio conosciute e godono di un’ottima
reputazione;
- Il tempo è uno dei fattori fondamenta mentali, in quanto la reputazione aziendale va
costruita e curata attraverso un processo graduale, senza fretta e meditando sui
possibili cambiamenti che l’ambiente interno ma soprattutto esterno inevitabilmente
impone;
46
T. F. Garbett, “La corporate image. Come costruire e mantenere l’identità dell’azienda”, Editore
Etaslibri, Milano, 1992, pagg. 11 – 12 e 20
48
- Il tempo però è l’altra faccia della stessa medaglia, perché potrebbe lenire il ricordo
dell’azienda da parte della gente. Per questo è necessario che la costruzione e il
rafforzamento dell’immagine deve essere un lavoro costante e continuo negli anni.
Se l’immagine è l’insieme di percezioni allora è utile chiedersi cosa sia la percezione e cosa
si cela dietro il suo significato. La parola in questione deriva dal latino perceptio, che
indicava l’atto e l’effetto del percepire, del ricevere. Mentre l’italiano percezione appartiene
soprattutto al linguaggio della filosofia e della psicologia e indica un processo per cui le
sensazioni proveniente dal mondo esterno vengono elaborate dalla mente e riconosciute: la
percezione, quindi, è vicina ai processi mentali attivi come il ragionamento, i sentimenti e le
emozioni.47
In relazione all’immagine dell’impresa, però, i pubblici consumatori
percepiscono una serie di sensazioni/informazioni dal mondo esterno, attribuendone un
significato, relativo a un modello del mondo reale. Per tale motivo, in termini tecnici,
l’immagine complessiva non è altro che la “rappresentazione che i diversi pubblici hanno
dell’azienda”48
, pubblici costituiti non solo dagli individui esterni all’impresa che
usufruiscono di beni e servizi ma anche delle persone che fanno parte dell’azienda. Affinché
la rappresentazione che l’azienda desidera ottenere sia il più possibile coincidente con
quella che i pubblici si costruiscono di essa, è necessario promuovere il coordinamento
dell’immagine tra tutte le funzioni dell’impresa ed assicurare che il rapporto tra
comportamento e comunicazione sia coerente.
In ultima analisi, come si può comunicare un’immagine positiva del management? I criteri
messi a punto da Thomas F. Garbett49
sono molteplici - anche se a detta sua non uniformi.
47
M. Morelli, pag. 32 48
T. Ferrari, pag. 50 49
Thomas Garbett è uno dei maggiori esperti statunitensi di pubblicità e immagine aziendale.
49
Tra i tanti vi è il confronto tra i progetti, le proiezioni e le previsioni aziendali precedenti
con i dati attuali; la disponibilità verso gli analisti è segno di apertura; l’attenzione al
marketing costituisce un ulteriore vantaggio; un buon programma di comunicazione dà
l’impressione che il management domini la situazione, al quale ne facciano parte tutti e con
una certa continuità.
Il rapporto scaturito tra corporate identity e corporate image risiede in quattro assiomi50
fondamentali:
- Ogni impresa ha una propria identità e una propria immagine;
- Qualunque attività dell’impresa (positiva o negativa), sia il suo modo di essere sia il
contesto in cui opera, condiziona la sua identità e di conseguenza la sua immagine;
- L’azienda non è in grado di controllare la propria immagine nella sua totalità, a
differenza invece dell’identità;
- Il proporre un’identità che corrisponde al reale, è sintomo di un miglioramento
dell’immagine dell’azienda.
3.5 La comunicazione d’impresa come “vantaggio competitivo”
Osservando il binomio comunicazione e organizzazione si può facilmente constatare come
il primo termine sia venuto assumendo un ruolo e uno spazio sempre più preponderante
nell’evoluzione e nella definizione dell’organizzazione stessa. Fino a un recente passato, il
rapporto tra i due termini rivestiva una realtà marginale: per le aziende, ad esempio, tra gli
aspetti decisivi vi erano i contatti con i fornitori, le reti di distribuzione, la puntualità nelle
50
M. Morelli, pag. 30
50
consegne, il prezzo, ma la comunicazione non appariva un elemento così indispensabile per
l’affermazione di un determinato servizio. Oggi, ogni persona che opera con una qualsiasi
responsabilità all’interno del mondo del lavoro sa che tra i suoi compiti essenziali c’è
proprio quello di comunicare. Questa, ormai, è una funzione che determina il successo o il
fallimento di un prodotto, di un’iniziativa, di una stessa organizzazione; non appare
esagerato, quindi, affermare come essa costituisca uno snodo decisivo, l’ambito nel quale
viene a giocarsi il confronto, ciò che contribuisce a conferire contenuto al tanto conclamato
concetto di qualità. La qualità, infatti, non si risolve in un aspetto aggiuntivo del prodotto,
quasi fosse un suo effetto. Essa rappresenta, piuttosto, una dimensione destinata a
coinvolgere l’intero processo produttivo e domanda, innanzitutto – per una piena
soddisfazione del destinatario del servizio – la valorizzazione delle risorse umane interne
all’organizzazione. Quest’ultima, del resto, comunica non semplicemente quando decide di
uscire all’esterno con un’immagine specifica di sé, ma con tutto ciò che è: con le sue
relazioni interne, con la qualità dei rapporti tra gli operatori, con la messa in comune di
obiettivi e strategie, con la scelta di investire nella formazione del proprio personale. A
questo livello, la comunicazione viene a costituire un nuovo sistema manageriale, un
approccio sostanziale che coinvolge tutti i settori, canalizzandoli verso la realizzazione delle
strategie dell’organizzazione.
In una società sempre più terziarizzata51
come quella attuale, emergono valori come
l’affidabilità, per la costante responsabilità riconosciuta alle persone, la soggettività, che
porta a prodotti creati non più semplicemente per la massa, l’affettività, quale condizione
perché la persona sia valorizzata, la destrutturazione spazio-temporale, per cui si lavora a
casa mantenendosi collegati in rete, e – non da ultimo – la qualità della vita, dimensione
51
Cfr. http://www.lacomunicazione.it/voce/organizzazione-e-comunicazione/, Ivan Maffeis
51
prima ignorata e ora ritenuta imprescindibile. Tale cambiamento ha provocato, a livello
gestionale, una crisi diffusa dei metodi tradizionali e la domanda di un nuovo rapporto tra
comunicazione e organizzazione. Essa, più che come sistema chiuso, viene interpretata
come insieme complesso di parti interdipendenti che interagiscono fra loro e che, per
conseguire i loro obiettivi, sono chiamate a partecipare a un processo di adattamento
continuo, all’interno di un ambiente in costante evoluzione. La propensione innovativa,
favorita dalla tecnologia, ha dimensioni tali in termini di trasformazione del modo stesso di
vivere, che il problema fondamentale per l’individuo diventa non tanto l’integrazione a una
specifica innovazione, quanto l’elasticità, ovvero il suo più generale equilibrio in un
dinamismo sistematico e solitamente stressante.
Decisivi diventano, da un punto di vista strutturale, il setting (o clima) e lo stile
manageriale, chiamato a confrontarsi continuamente con le persone alle quali si rivolge, per
percepirne le aspettative e aiutarle, a loro volta, a cogliere le possibilità offerte
dall’ambiente. A seconda della maturità dei collaboratori, il comportamento da direttivo
muta in relazione, passando dalla semplice prescrizione alla persuasione, dal
coinvolgimento alla delega.
La comunicazione assume, così, un ruolo sempre più centrale, tanto all’interno dei
sottosistemi che compongono l’organizzazione – dove essa favorisce l’entrata di nuovi
valori, la loro identificazione e interiorizzazione, fino ad accompagnare il processo di
ristrutturazione – quanto nei rapporti con l’esterno, in un dinamismo di reciproca influenza.
La sua funzione si avvicina, quindi, più a un’azione di armonizzazione che non a un bisogno
di controllo: ascoltare, informare, dialogare, promuovere una corporate culture, coinvolgere,
52
valorizzare, diventano presupposti generali, alla cui validità sono oggi legate le condizioni
per il cambiamento e il miglioramento di qualunque struttura organizzativa.
53
PARTE SECONDA
GLI EVENTI PER FESTEGGIARE I 130
ANNI DE IL RESTO DEL CARLINO
54
Per focalizzare l’attenzione sull’oggetto principale di questo lavoro che è il vasto mondo
degli eventi dalla loro ideazione al loro svolgimento e monitoraggio a posteriori, e per
confermare “a livello pratico” quanto sia fondamentale la funzione della comunicazione in
ambito aziendale, è doveroso prima di tutto conoscere uno dei giornali più importanti del
panorama italiano che è il Resto del Carlino, per comprendere e valutare gli effetti
esperienziali e territoriali in un contesto circoscritto e di competenza che va dall’Emilia
Romagna, alle Marche, al Veneto.
La prima domanda che potrebbe nascere si riferisce a quale nesso intercorre tra gli eventi e
il Resto del Carlino – che prima di tutto è una redazione giornalistica. La risposta è
semplice: il Resto del Carlino, come tanti altri giornali, non è solo un quotidiano che
racconta le notizie ogni giorno dal 1885, ma si affaccia – per varie ragioni che verranno
illustrate in seguito – a numerosi orizzonti che l’hanno reso un’impresa a tutti gli effetti:
come impresa, dunque, instaura relazioni con molteplici settori, da quello economico-
finanziario, dal marketing, a quello delle relazioni pubbliche, della comunicazione ecc.
Apparentemente gli eventi e i giornali quotidiani appartengono a mondi ben distinti, eppure
tra questi due elementi vi è una stretta correlazione, possibile grazie a quel collante che è la
comunicazione, capace di “mettere in comune”, di connettere, di coinvolgere e di legare
l’opinione pubblica all’operato aziendale mediante l’organizzazione degli eventi, strumenti
per eccellenza delle relazioni pubbliche che occupano un ruolo centrale per le strategie di
marketing territoriale.
55
CAPITOLO 4
il Resto del Carlino, simbolo della città di Bologna da 130 anni
Immagini storiche del ‘Carlino’: i quattro fondatori in una vignetta di Nasìca (Augusto Majani52
)
Quando Bologna nel 1885 contava già quattro quotidiani, la Gazzetta dell’Emilia, La Patria,
La Stella d’Italia, L’Unione, e tre periodici umoristi ovvero “La rana”, “Il Pappagallo” ed
“Ehi! Ch’al scusa”, nella notte tra il 20 e il 21 marzo del 1885, di sabato, quattro giovani
appena laureati in giurisprudenza e dediti alla scrittura e al divertimento, Alberto Carboni,
Cesare Chiusoli, Francesco Tonolla, tutti e tre bolognesi, ai quali se ne aggiunse un quarto,
il marchigiano Giulio Padovani, formando il conosciuto gruppo dei “quattro moschettieri”,
progettarono insieme quello che ad oggi è uno dei giornali più in voga del Paese,
52
Augusto Majani è stato il primo vignettista della storia giornalistica e anche pittore e grafico
56
particolarmente diffuso in Emilia Romagna e nelle Marche, utilizzando 100 lire a testa per
la prima pubblicazione de “il Resto…del Carlino”.
Il nome dato a questa nuova testata ha una storia particolare e lo si deve a un’idea di
Padovani che cambiò in corsa il progetto dei soci, i quali copiando un piccolo foglio
denominato “il Resto al sigaro” che circolava a Firenze in quegli anni, avrebbero usato il
giornale appunto come resto di 2 centesimi a chi acquistava un sigaro “Cavour” o
“Minghetti” al prezzo di 8 centesimi e pagato con una baiocca (moneta dello Stato
Pontificio fino al 1886) da 10 centesimi, che qualcuno chiamava ancora “carlino”. Il foglio,
dunque, era già stato lanciato come “Il resto del zigaro” e affidato ai tabaccai per la
distribuzione. Padovani allora convinse i soci che il giornale identificato come “resto”
sarebbe morto al primo aumento di prezzo di sigaro o del giornale. Per non scontentare i
tabaccai si giocò sul concetto di resto, con l’aggiunta di tre puntini di sospensione nella
testata, riferendosi al detto popolare “dare il resto del carlino” che vuole significare mettere
le cose a posto, regolare i conti insomma. E così il Carlino si è salvato per i successivi 130
anni e promette un lungo futuro.53
53
P. Visci, già Direttore de il resto del Carlino, 130 anni del Resto del Carlino, radici, storia, eccellenze,
aneddoti, saggio, Libro Aperto, gennaio/marzo 2015
57
Il primo numero de “Il Resto…del Carlino”, 21 marzo 1885
58
Nel primo editoriale, non firmato ma attribuito a Padovani che lo titolò con un punto
interrogativo e tre puntini di sospensione, salutò i lettori con una nota di provocazione: «Ci
resta la vanità di credere che, se non riusciremo, il torto sarà tutto del pubblico, che non avrà
saputo comprendere» ed esordì così:
“Questo punto deve servire a rappresentare la curiosità dei lettori per un giornale piccolo
per chi non ha tempo di leggere i grandi; un giornale dove l’uomo d’affari, l’operaio,
l’artista, la donna, tutti, troveranno in un batter d’occhio le notizie sugli avvenimenti più
importanti.”
Era un foglio quotidiano tutto nuovo, «un giornale piccolo per chi non ha tempo di leggere i
grandi», con un approccio simpatico già nella sua testata, “il Resto…del Carlino” e con
un’immagine, opera del pittore Giacomo Lolli, di una giovane donna vestita da una
semplice camicia bianca e con un sigaro fumante in bocca (geniale idea del marketing –
diremmo oggi – non solo per favorire il commercio dei tabaccai che lo vendevano, ma
anche straordinaria anteprima dei movimenti di emancipazione femminile che di lì a poco
avrebbero provocato le suffragette inglesi). Successivamente quella donna che ispirava
“libertà femminile” cambiò d’abito e smise di fumare. Cambiò anche il nome della testata
per mano di Augusto Majani, il quale eliminò i puntini sospensivi a fine 1885, e più tardi la
“i” divenne minuscola, risultando così un nome chiaro e diretto, come in fondo volevano
che fossero le notizie: il Resto del Carlino.
Prese in mano le redini della redazione, i quattro giovani fondatori organizzavano i ruoli di
ognuno: Carboni si occupava di politica ed economia e firmava come redattore
responsabile; Chiusoli lavorava come critico drammatico, Tonolla critico musicale e
59
Padovani curava la rubrica “Sprizzi/Azzi/Uzzi” in cui pullulavano indiscrezioni, gossip,
sottile ironia sui fatti della giornata, sia nazionali sia locali.
I bolognesi da subito adottarono questo giornale, ma paradossalmente più il Carlino
vendeva, più perdeva. La problematica risiedeva prettamente in un fattore economico-
amministrativo che portò il giornale a una profonda crisi: Tonolla, proveniente da una ricca
famiglia, colui che amministrava il Carlino all’epoca, era poco pratico dal punto di vista
economico, rischiò di mandare in rovina il giornale, perché fece l’errore di aumentarne il
costo di 3 centesimi. I tabaccai si infuriarono e smisero di venderlo; nel mentre di una tale
tensione si decise di modificare il formato, ma fu tutto inutile: le copie precipitarono. Si
tentò il possibile fin quando non si fece avanti un uomo, l’avvocato ferrarese Amilcare
Zamorani che il 23 dicembre 1885 acquisendo la quota di Padovani divenne il proprietario
e direttore de Il Resto…del Carlino.
Con Zamorani tutto si ridimensiona e torna finalmente la luce per il giornale. All’alba del
1886, l’avvocato trapiantato a Bologna trasformò il Carlino da un giornalino sulla strada del
fallimento in un vero quotidiano di informazione, assumendo i toni dei maggiori giornali
nazionali e portò il giornale a diventare un’azienda editoriale e tipografica con tutte le
migliori caratteristiche della modernità e dell’efficienza industriale e giornalistica.
Contemporaneamente comincia a definirsi l’area politica di riferimento, quella cioè
dell’associazione democratica dei radicali, repubblicani e socialisti, aumenta il formato, da
19x29 cm a 37x52 cm, le colonne da tre a cinque e anche il prezzo che sale a 5 centesimi:
con queste novità, entro un anno le vendite arrivano a 12.000 copie, tante se si rapportano a
una città con 130.000 abitanti. Il Carlino apre le porte alle donne, prima fra tutte Olga
60
Ossani, poi Annetta Ceccoli Boneschi, ma tra le firme illustri spunta quella di Giosuè
Carducci con uno scritto dedicato a Severino Ferrari Poeta che finisce in prima pagina.
Nel 1888 Zamorani trasferisce la sede in piazza Cavour, dove nel 1990 verrà installata la
“rotativa delle meraviglie”, capace di stampare 10.000 copie già piegate in un’ora. Il
“nuovo” Carlino supera di gran lunga, portando al fallimento il Don Chisciotte di Barbanti
Brodano, La Stella d’Italia e La Gazzetta dell’Emilia. Nel mese di gennaio dello stesso anno
il giornale assorbe La Patria, un altro quotidiano locale. Qualche anno più tardi, il Carlino
diventerà un giornale sempre più radicato nella cultura bolognese, arrivando a salire al
primo posto dei giornali più letti e apprezzati: nel 1890 infatti, sono 20.000 le copie
vendute; nel 1895 viene così acquistata la prima macchina rotativa e il giornale si trasferisce
in piazza Calderini.
Nel 1905 il direttore viene colpito da una grave malattia al quale gli succede Pio Schinetti.
Ma i ventiquattro anni vissuti da Zamorani-direttore, sono stati fondamentali per un’azienda
editoriale come quella del Carlino, il quale con passione e intelligenza riuscì a guidarla
verso l’innovazione e la tecnologia proiettandola nel futuro.
4.1 1900: secolo di grandi cambiamenti per il Carlino
In un secolo come quello del 1900, dove si sono succeduti ripetutamente fatti cruciali che
hanno costituito la storia che conosciamo oggi, anche il Resto del Carlino ha subìto tanti
accadimenti che l’hanno sicuramente fatto crescere ma anche segnato, sia dal punto di vista
amministrativo e di gestione - poiché è passato in mano a tanti personaggi -, sia per quel che
concerne il contesto storico, perché sarà costretto a fare i conti con il fascismo.
61
A partire dal 1909, dopo la morte di Zamorani, lo Stabilimento Tipografico Emiliano, la
società editrice del Carlino, passa a un gruppo finanziario, capeggiato dai deputati moderati
Giuseppe Tanari ed Enrico Pini, che resterà a “governare” il giornale per quattro anni, anni
in cui si susseguono altri direttori, fin quando la gestione finanziaria passa a Filippo Naldi
insieme a un gruppo di industriali saccariferi. Gli anni della Grande Guerra portano il
giornale a un picco di copie vendute, da 30.000 a 150.000 anche grazie all’esercizio speciale
per i soldati al fronte predisposto dal giornale. Tra i più grandi corrispondenti vi è Gino
Piva, sindacalista, politico, giornalista, nonché poeta italiano che operò per il Resto del
Carlino dal 1914 al 1929 come corrispondente di guerra.
L’influenza del Fascismo diventa preponderante dal 1925 e l’assetto proprietario del
quotidiano oscilla tra la famiglia Agnelli e il politico Leandro Arpinati nel che acquisisce il
controllo nel 1927, contro il parere di Mussolini che invece lo otterrà nel 1933. Il Carlino
diventa proprietà del partito fascista. Nel 1940 la parentesi fascista si conclude con
l’acquisizione da parte di Dino Grandi. Nei venti anni di regime si susseguono ben nove
direttori, quasi nessuno giornalista di professione. La caduta del fascismo porta una breve
boccata d’aria, un momento di libertà che a Bologna durò solo 45 giorni, dopodiché si
avviano i così definiti 600 giorni della RSI e della Resistenza, ma per il Carlino non sono
giorni facili, in quanto a causa dei bombardamenti che danneggiarono la sede di via Dogali,
furono vendute solo 15.000 copie. Addirittura lo storico nome il Resto del Carlino viene
cancellato. Gli ufficiali del PWB (Psychological Warfare Branch), la sezione informativa
delle forze alleate, fonda la nuova testata “Giornale dell’Emilia”. A causa di problemi
economici, il quotidiano è costituito da un solo foglio – definito “formato lenzuolo” – di cui
62
la prima facciata è dedicata alle notizie di interesse nazionale, mentre il retro è riservato alle
notizie derivanti dall’area bolognese.
Poco dopo la Liberazione, nel maggio del 1945, al giornale si affiancano gli industriali
saccariferi, tornando in mano ai proprietari terrieri, mentre nel 1946, nel gruppo azionario
spicca il colosso saccarifero Eridania Zuccheri, che assume il controllo della società editrice
del quotidiano, la S.A. Polografici il Resto del Carlino. Seguono diversi direttori alla guida
del quotidiano, fino alla direzione di Vittorio Zincone che promuove un referendum per la
riappropriazione del vecchio nome della testata: vincerà il sì, quasi all’unanimità. Così il 4
novembre del 1954 il Resto del Carlino riappare dopo 3.483 giorni di assenza, con la
direzione di Giovanni Spadolini, dal 1955 al 1968, professore fiorentino a cui si deve la
creazione della Terza pagina, arricchita dalle firme di personaggi illustri dell’epoca.
4.1.1 Si apre una nuova pagina aziendale54
con il Cavaliere del
Lavoro Attilio Monti
Questi sono anni cruciali per il quotidiano, anzi si può dire con precisione che il 18
novembre 1966 è l’anno-svolta de il Resto del Carlino, grazie all’arrivo del petroliere Attilio
Monti acquirente del “pacchetto” Carlino, dall’Eridania Zuccheri al quotidiano gemello La
Nazione di Firenze nato nel 1952, al quale si affianca qualche anno dopo, nel 1956, a
Milano il quotidiano Il Giorno, diretto da Gaetano Baldacci (novità importante nel
panorama giornalistico nazionale: in breve tempo Il Giorno toccherà 150.000 copie di
vendita). Sì, la “trilogia” sta per compiersi, il Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione
54
Cit. P. Visci, 130 anni del Resto del Carlino, radici, storia, eccellenze, aneddoti, saggio, Libro Aperto,
gennaio/marzo 2015, pag. 139
63
sono i tre quotidiani accorpati in un unico giornale che è il QN – Quotidiano Nazionale,
oltre che componenti di un unico gruppo editoriale, la Poligrafici Editoriale.
Tornando alle innumerevoli redazioni del quotidiano, dopo che Spadolini lascia il Carlino
per dirigere un altro giornale, il Corriere della Sera, arrivano Domenico Bartoli e il
designer Giuseppe Trevisani a cui si deve la modifica dell’immagine grafica grazie a una
nuova tecnica di stampa, dato che la tecnologia avanza..e avanza, soprattutto a cavallo tra
gli anni ottanta e gli anni novanta.
In 130 anni, dalla primissima di Alberto Carboni nel 1885, al direttore attuale Andrea
Cangini, nella sede di via Mattei (quinta sede dopo via Garibaldi, piazza Cavour, piazza
Calderini, via Dogali) si sono alternati ben 43 direzioni e 39 direttori e con l’attuale
proprietà, a partire da Spadolini, sono 16 le direzioni con 15 direttori tra cui Franco Di
Bella, Gabriele Canè, Giancarlo Mazzucca, Pierluigi Visci, Giovanni Morandi, Andrea
Cangini. Le date importanti sono tre:
1976: quando la S.A. Poligrafici il Resto del Carlino passa ad Andrea Riffeser,nipote di
Monti, l’anno seguente essa modifica la propria denominazione in Poligrafici editoriale;
1986: la Poligrafici Editoriale viene quotata in Borsa;
1996: Il Gruppo Monti-Riffeser diventa l’attuale Monrif Group.
Da 49 anni, insomma, l’attuale Famiglia Monti-Riffeser, assicura la più lunga e solida
continuità aziendale della storia de il Resto del Carlino, con il Cavaliere del Lavoro Attilio
Monti per i primi 28 anni, con la figlia Maria Luisa Monti Riffeser, attuale presidente, e al
nipote Andrea Riffeser Monti, amministratore delegato e direttore generale nel periodo
successivo e tuttora.
64
Ma chi era Attilio Monti? In che modo – da petroliere - è riuscito ad accresce l’impero della
carta? Da un articolo pubblicato da La repubblica nel lontano 1984 si legge questo: “ ‘Il
cavalier Artiglio’, lo chiamavano così alcuni dei suoi collaboratori più fidati, e non certo a
scopo d’irrisione, ma quasi a riassumere le qualità dell' uomo e del finanziere. “Artiglio”:
bel nome di battaglia per questo romagnolo alto, asciutto, profilo grifagno, baffetti taglienti
come lame, aria simpatico-ribalda. Nel settembre 1966, conquistando il controllo della
Società Industrie Agricole Ligure Lombarda, si mette in tasca la maggior industria
saccariferia italiana, l’Eridania. Nello zucchero dell’Eridania c’è anche lo zuccherino dei
giornali. Sono quelli della Poligrafici Editoriale: il Resto del Carlino, La Nazione, le loro
edizioni serali, il quotidiano sportivo Stadio. Il suo impero poggia su due gambe, petrolio e
zucchero.
All’inizio degli anni settanta è il petroliere di cui si scrive di più. Si scrive della sua potenza,
sancita nel 1973 dall’ingresso nel sindacato di controllo della Montedison. Si scrive delle
sue tasse (800 milioni di reddito imponibile nel 1973). Dei suoi aerei privati. Delle sue ville
a Cap d’Antibes e in Florida. Nasce la figura del “Petroliere nero”. Monti è, sì, il maggior
petroliere italiano, ma le sue raffinerie cominciano a produrre solo perdite. È ora di ridurre
l’impero, anzi, di ristrutturarlo, arte nella quale Monti è sempre stato un maestro. Si disfa
del Giornale d’Italia. Chiude il Telegrafo. Cede l’Eridania ai Ferruzzi. Fra il 1980 e l’ ‘81 si
disfa dell’Eni, delle sue raffinerie e dei distributori di benzina. Per rialzarsi dunque,
possiede alberghi, progetta insediamenti turistici, ha tirato su una piccola compagnia aerea.
65
Ma volete mettere il piacere, e il potere, che dà la carta stampata? Carlino e Nazione,
sistemati da abili manager, vanno bene, rendono di più...”55
Il Resto del Carlino voleva essere una finestra sulle vicende di cui si parlava in piazza, nei
caffè, magari andando a comperare il primo sigaro della giornata. È così che da piccolo che
era, è diventato grande. Da Bologna è arrivato ovunque, ha saputo documentare svolte
epocali, guerre, rivoluzioni, tragedie e successi, lacrime e sorrisi, ha accompagnato il
passaggio dall’Ottocento al Novecento e quindi al nuovo millennio, è entrato via via nella
nuova era della comunicazione, oggi ancor più veloce e multimediale. E tutto questo grazie
al sostegno degli editori che lo hanno fatto crescere, grazie alle intuizioni e all’impegno di
più di quaranta direttori che lo hanno guidato, grazie all’acume di firme autorevoli che
hanno illuminato la testata, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli, e poi Alfredo Oriani,
Giuseppe Prezzolini, Giovanni Papini, Giovanni Gentile e Ignazio Silone, grazie al lavoro
quotidiano di centinaia, migliaia di giornalisti, collaboratori e fotografi pronti a cogliere
l’attimo fuggente, grazie a tutti coloro che questo giornale lo hanno impaginato, stampato
ogni notte, distribuito e diffuso.
Ma soprattutto lo hanno amato. Se il Carlino oggi è sempre leader nelle sue aree di vendita,
è proprio grazie a chi ha continuato a seguirlo quotidianamente e a sentirlo come uno di
famiglia.56
55
Cfr. G. Pansa, “L’irresistibile ascesa del Cavalier ‘Artiglio’”, articolo de “La Repubblica”, Roma, 11
settembre 1984, URL consultato il 23 maggio 2015
(http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/09/11/irresistibile-ascesa-del-cavalier-
artiglio.html) 56
Cfr. S. Marchetti, “Il Carlino compie 130 anni: la storia del foglio che cambiò l'informazione”, articolo de
il Resto del Carlino, 21 marzo 2015, Bologna, URL consultato il 24 maggio 2016
(http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130/storia-resto-del-carlino-compleanno-1.779743)
66
4.2 Monrif Group, il suo impero della carta e non solo
Modernizzazione, identità. L’originalità dell’accostamento di questo binomio sta nell’idea
che i modelli di sviluppo debbano essere fortemente legati all’identità. E questa è una cosa
straordinaria, proprio per l’elemento di contraddizione che c’è nel termine “identità”. In
effetti, non c’è dubbio che l’elemento “tradizione” abbia una valenza identitaria, ma al
tempo stesso va ricordato che non esiste identità senza scambio. Un aspetto importantissimo
che costituisce la ricchezza dell’identità che si arricchisce nella tradizione e nello scambio.57
Questi sono gli elementi distintivi di un’azienda come la Monrif Group, holding finanziaria
che negli anni è riuscita a radicarsi nel territorio emiliano ma anche a livello nazionale,
inglobando in un giornale unico, il Quotidiano Nazionale, tre quotidiani, il Resto del
Carlino, La Nazione e Il Giorno, diffusi distintamente nel bacino di competenza.
Nel segno di una profonda tradizione, l’editore Monti Riffeser è riuscito a sviluppare una
grande editoria nazionale e imprenditoriale, diventando leader nella comunicazione pubblica
e locale e portando il quotidiano alle vette più alte della lettura: il Quotidiano Nazionale,
infatti è il terzo quotidiano d’informazione in Italia per numero di copie diffuse, dopo il
Corriere della Sera e La Repubblica. È una delle più belle ed affascinanti storie del
57
C. Pertini, “La tradizione è un’innovazione ben riuscita”, articolo tratto da AriannaEditrice, 24 gennaio
2007, URL consultato il 25 maggio 2016 (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=8159)
67
capitalismo italiano che dal quartier generale di Bologna è diventata un Gruppo leader nel
mercato dell’Editoria, Stampa, Nuove Tecnologie e Turismo. Il Gruppo assume l’attuale
denominazione con la quotazione in Borsa nel 1986 e segna un ulteriore sviluppo con la
quotazione nel 2007 del Gruppo Poligrafici Printing, attivo nella stampa con le controllate
Grafica Editoriale Printing S.r.l., Csp (Centro Stampa Poligrafici) e Gcp (Grafica
Commerciale Printing S.r.l).
S.A Poligrafici il Resto del Carlino viene rinominata Poligrafici Editoriale nel 1977, a
seguito dell’assorbimento delle società editrici dei quotidiani La Nazione e il Resto del
Carlino, che facevano capo ad essa. L’anno prima l’Editoriale (ora gruppo Monrif) aveva
acquisito la partecipazione di controllo della società. Nel 1986 viene quotata in Borsa. Nel
1989 acquisisce il controllo della Spe, (Società Pubblicità Editoriale ora SpeeD, Società
pubblicità editoriale e Digitale), nel 1997 acquista dalla Sogedit (Gruppo ENI) le azioni
della Editrice Il Giorno e della Nuova Same (che si occupava della stampa del quotidiano
nazionale Il Giorno). Nel 1997 è stato scorporato il ramo aziendale della stampa del
quotidiano La Nazione a favore della controllata Case Nuove S.r.l. (ora Centro Stampa
Poligrafici S.r.l.).
La vision e mission del Gruppo consistono in un’informazione indipendente, fedele ai
propri lettori, attenta alla realtà del proprio territorio ma aperta ai cambiamenti
internazionali. Attraverso la qualità, la verifica e l’attendibilità delle notizie è possibile
contribuire allo sviluppo della società civile, soprattutto in quest’epoca di grande fruibilità
favorita dallo sviluppo di Internet. Pioniere dello sviluppo tecnologico dell’editoria, abbina
la ricerca e l’innovazione con la grande tradizione dei principi e valori alla base dei
quotidiani più antichi d’Italia. È presente nel settore editoriale tramite Poligrafici
68
Editoriale S.p.A., nel settore pubblicitario tramite SpeeD, nel settore Printig tramite
Poligrafici Printing S.p.A., nel settore New Media tramite Monrif Net e nel settore
alberghiero tramite Monrif Hotels.
Il grafico riportato qui di seguito descrive lo “scheletro” del Gruppo, risalente al 12 giugno
2013:
69
Le attività della Poligrafici Editoriale sono relative a diverse aree, prima di tutto al settore
dei quotidiani (QN-Quotidiano Nazionale e QS-Quotidiano Sportivo) e dei periodici con
Cavallo Magazine e Cavallo Sport che sono mensili ed il settimanale L’Enigmista.
QN - QUOTIDIANO NAZIONALE
È un fascicolo comune ai tre quotidiani con news dall’Italia e dall’estero, sulla politica,
economia, finanza, attualità, sport. Dal mese di gennaio 2014 si fa in 4 per i suoi lettori:
1° fascicolo: informazione dall’ITALIA e dal MONDO
2° fascicolo: informazione della TUA CITTA’
3° fascicolo: informazione SPORTIVA (QS – Sport)
4° fascicolo: QN – ECONOMIA E LAVORO, nato da poco, nel marzo 2016, ha lo scopo di
raccontare l’economia anche a chi non se ne sente attratto, che la considera roba da iniziati,
mentre invece è ricca di spunti e di stimoli. Visto che dietro ogni azienda, di successo o
fallita, c'è la storia di imprenditori che hanno voluto giocare una partita a modo loro. Si
compone di 32 pagine ed è diviso in 3 sezioni: la prima è riservata ai protagonisti
dell’economia, attraverso interviste, la seconda si incentra sul mondo delle banche e della
finanza, la terza è una sezione curata da Giuseppe Turani che con il suo editoriale chiude il
fascicolo, fornendo in pillole i retroscena e gli appuntamenti dal punto di vista economico
5° fascicolo: PASSIONI e STILI DI VITA (QN il Settimanale), sezione di 5/8 pagine che
cercherà di orientare il lettore verso un acquisto consapevole, prevede degli appuntamenti
quotidiani così programmati:
70
– Lunedì: Auto e Motori
– Martedì: 12 pagine di economia
– Mercoledì: Obiettivo Lavoro
– Giovedì: Turismo e tempo libero
– Venerdì: Moda e bellezza
– Domenica: Salute e benessere
Fornisce insomma un’informazione a 360º e la caratteristica che lo distingue dagli altri
giornali è l’insieme di tre prodotti in un unico quotidiano: il fascicolo nazionale, QN,
comune a tutte le testate, il fascicolo sportivo, QS e il fascicolo locale con 38 edizioni in
totale. 277.894 58
copie diffuse e 2.117.000 59
lettori ogni giorno.
Il Resto del carlino, è il primo quotidiano in Emilia Romagna e Marche, presente
anche nel Veneto meridionale e in Abruzzo e le sue edizioni sono 15 distribuite
insieme al QN;
La Nazione, quotidiano presente in Toscana, Umbria e parte della Liguria con 14
edizioni distribuite anch’esse con il QN;
Il Giorno, è presente invece a Milano e in tutta la Lombardia, con 9 edizioni.
58
Dato ADS (Accertamento Diffusione Stampa) settembre 2013 59
Dato Audipress 2015/I
71
QS – QUOTIDIANO SPORTIVO
È l’unico quotidiano sportivo con 38 edizioni che coniuga una visione sportiva di rilevanza
globale con approfondimenti in funzione delle specifiche realtà territoriali.
I PERIODICI
Le attività dei periodici comprendono 3 pubblicazioni:
Cavallo Magazine: tutto il mondo dell’equitazione raccontato con grande passione
dando spazio anche agli avvenimenti più importanti di tutti gli sport equestri, dalle
discipline olimpiche e agli attacchi. Concludono il mensile racconti sulla natura,
turismo equestre, personaggi, reportage e interviste a prestigiosi esperti del settore.
Cavallo Sport: un altro mensile relativo questa volta alle classifiche, risultati,
inchieste, interviste e retroscena dai campi di gara degli sport equestri, attraverso gli
avvenimenti più importante a livello internazionale e nazionale.
L’Enigmista: il supplemento settimanale dei quotidiani del Gruppo interamente
dedicato ai giochi per intrattenere tutta la famiglia.
SOCIETA’ PUBBLICITARIA EDITORIALE E DIGITALE (SpeeD)
Sempre al gruppo della Poligrafici Editoriale appartiene la Società Pubblicitaria Editoriale
(SPE), concessionaria di pubblicità multimediale che diversifica le sue attività sul mondo
della carta stampata e delle nuove tecnologie. Infatti Con la nuova denominazione la storica
72
concessionaria di pubblicità del Gruppo Monrif – Poligrafici Editoriale (Spe) vuole
testimoniare lo sviluppo che la stessa ha avuto negli anni e sottolinearne la nuova vocazione
digitale. Con l’affermarsi del media Internet, Spe ha progressivamente sviluppato soluzioni
pubblicitarie digitali sempre più articolate, che oggi spaziano dal display adv alle
directories, dal couponing al keyword adv. SpeeD può infatti contare su una struttura
commerciale composta da: 3 Succursali – 44 agenzie sul territorio e più di 150 agenti per gli
oltre 24.000 clienti attivi di ogni dimensione e settore merceologico, cui è oggi in grado di
offrire “progetti di comunicazione integrata” attraverso un articolato portafoglio prodotti
costituito dai diversi media: Stampa (quotidiani e periodici), Internet, Radio e Tv Locali,
Eventi e Sponsorizzazioni. SpeeD è una realtà leader nella comunicazione pubblicitaria
locale e nazionale. Da oltre 60 anni offre le migliori soluzioni possibili per portare il
messaggio al grande pubblico attraverso l’ampia gamma di mezzi e servizi del gruppo
editoriale e un team competente.
POLIGRAFICI PRINTING
Poligrafici Printing è il polo industriale del gruppo media Poligrafici – Monrif che opera
principalmente nel settore editoria quotidiani (QN, il Resto del Carlino, Il Giorno, La
Nazione), editoria periodici (Superprint Editoriale), editoria online (Monrif Net) e pubblicità
ed eventi (SpeeD). Custodisce una lunga storia cominciata nel lontano 1885 insieme alle
prime edizioni de il Resto del Carlino e condotta in tutti questi anni attraverso una gestione
attenta alla professionalità delle proprie risorse umane e allo sviluppo tecnologico, per
risolvere sempre meglio le dinamiche esigenze del mercato. Poligrafici Printing opera sul
mercato nazionale ed europeo attraverso una rete commerciale capillare e una capacità
73
produttiva articolata su numerosi impianti roto-offset (con e senza forno), operativi per 24
ore al giorno per 6 giorni alla settimana e distribuiti nei centri stampa di Bologna, Firenze e
Milano. Soddisfa con efficienza le necessità di produzione del mondo editoriale (prodotti a
periodicità variabile, free-press), della GDO (folder), del mondo aziendale in genere
(cataloghi commerciali). Tra i prodotti editoriali non vi sono solo i quotidiani ma anche
volantini, riviste, cataloghi, libri.
MONRIF.NET
Monrif Net è attivo anche nel settore internet con QN quotidiano.net – il Resto del Carlino,
La Nazione, Il Giorno. Nasce nel 1999 come società new media del Gruppo Monrif. Il 1999
segna l’apice degli anni della cosiddetta New Economy, anche se le origini di Monrif Net
rivelano solide basi nella Old Economy. Monrif Net è infatti figlia della holding cui fanno
capo alcune delle più importanti realtà del panorama editoriale e industriale nazionale. Il
gruppo concepisce i new media come l’evoluzione di una rotativa tipografica, mentre lo
schermo di un PC o di un cellulare sono modi nuovi di intendere la tradizionale pagina di
giornale.
La sua ambizione ma anche peculiarità è combinare tradizione e innovazione, mestiere
giornalistico e nuove tecnologie, per offrire ai lettori di ieri e di oggi i servizi di
informazione di domani. In termini di audience l’obiettivo primario è sempre stato quello
di fidelizzare il lettore del quotidiano coinvolgendolo in un percorso che inizia la mattina in
edicola e continua durante la giornata su un PC o su un device mobile.
74
EGA – EMILIANA GRANDI ALBERGHI
Ega gestisce una catena di 4 prestigiosi alberghi 4 stelle a Milano e Bologna. La
caratteristica che accomuna i Monrif Hotels, oltre alla cura dei dettagli nell’arredamento e
nel servizio al cliente, è la vocazione per l’attività congressuale e per la clientela d’affari.
Tutti gli alberghi infatti, sono dotati delle più avanzate tecnologie e possono ospitare dai
piccoli meeting alle grandi platee.
Il Gruppo Monrif inoltre possiede immobili ad uso strumentale e ad uso terziario,
principalmente situati nelle città di Bologna e di Firenze, nonché nelle città ove hanno sede
le redazioni dei quotidiani editi.
75
CAPITOLO 5
Le “iniziative speciali” per i 130 anni de il Resto del Carlino secondo la
regola delle 5W
“Era il 1885. A New York veniva completata la Statua della Libertà, a Bologna veniva
fondato il Resto del Carlino: due simboli cittadini, due eventi diversissimi eppure destinati a
caratterizzare nel tempo, un tempo che pare infinito, le città che furono allora teatro
inconsapevole della loro nascita. Centotrent'anni esatti tra un pugno di settimane, nel 2015.
Centotrenta anni fanno cinque generazioni. E' dunque da cinque generazioni che prima i
soli bolognesi, poi gli emiliani, i romagnoli e i marchigiani si informano, dibattono, si
arrabbiano e si consolano leggendo «il Carlino». Non solo. Il Resto del Carlino è più di un
giornale. E' un'istituzione, un fratello maggiore che da sempre cerca di comprendere, di
avvertire e persino di difendere i propri cittadini-lettori. E si tratta di lettori esigenti,
uomini e donne liberi che dal loro giornale pretendono in primo luogo la libertà. L'onestà
intellettuale, l'indipendenza di giudizio. Lettori che quando il Fascismo si impossessò del
“loro” foglio trasformandolo in un foglio di regime, disertarono le edicole spingendo
Mussolini a riconsegnare il giornale in mani private pur di non vederlo inutilmente fallire.
Il Resto del Carlino tornò così ad essere quel che era stato, quel che è e quel che di certo
ancora sarà: un quotidiano indipendente, di servizio; un servizio alle famiglie, alla
borghesia, ai ceti produttivi e, per senso di responsabilità, alla Patria.
Da Carducci a D'Annunzio, da Croce a Einaudi, da Pascoli a Parise, da Prezzolini a
Spadolini sulle colonne del Carlino sono comparse le firme migliori d'Italia e grazie a
queste firme eccellenti e alle migliaia di ottimi giornalisti che nel tempo vi hanno lavorato,
dell'Italia il Resto del Carlino ha sempre dato la propria, particolare lettura. Mai faziosa,
semmai appassionata. Mai presuntuosa, semmai scanzonata. Perché un po' di quello spirito
goliardico che caratterizzò il Carlino delle origini continua a vivere in noi e a voce bassa ci
suggerisce di non prenderci troppo sul serio.
76
Non c'è bar di paese, in queste regioni, dove non capiti di vedere almeno una copia del
Carlino: poggiata su un tavolino a disposizione dei clienti o piegata in due che spunta dalla
tasca di un avventore. E da quando, sotto la testata Quotidiano Nazionale, al Resto del
Carlino di Bologna si sono aggiunti la Nazione di Firenze e il Giorno di Milano, le radici
locali hanno guadagnato una invidiabile, e in effetti invidiata, dimensione nazionale
quotidianamente suggellata da oltre due milioni di lettori effettivi.
Il compleanno cadrà in marzo, ma già da gennaio, gennaio 2015, cominceremo a
festeggiare i nostri 130 anni di vita. Lo faremo nel corso dell'intero anno con una
straordinaria sequenza di dibattiti, convegni, concerti, spettacoli e celebrazioni in molti dei
maggiori centri delle nostre zone di diffusione. Lo faremo con i cittadini, non per
impancarci ma per ringraziarli: perché - pur in quest'epoca di crisi, che per l'editoria è
crisi nera - ci è sembrato doveroso restituirgli in forme straordinarie almeno un po' di
quell'attenzione e di quell'affetto che ordinariamente ci riservano acquistando ogni santo
giorno il nostro giornale.”60
Con questo scritto, Andrea Cangini61
, nella conferenza stampa di presentazione dei 130 anni
de il Resto del Carlino, invita i numerosi lettori non solo bolognesi a festeggiare la longeva
vita di una testata tanto conosciuta quanto apprezzata dalla popolazione per i suoi contenuti
chiari e capaci di arrivare dritti al punto.
Un editoriale inoltre che apre le danze destinate a durare l’intero 2015, per commemorare
centotrent’ anni di attività continue, attraverso una rosa di iniziative variegate, dai concerti,
agli incontri culturali e dibattiti aperti a tutti. Perché questo è un quotidiano che appartiene a
quei cittadini affezionati e attenti che a loro volta appartengono ad esso. Non è, dunque,
“solo” la festa del Carlino, ma della libertà e dell’espressione di ognuno di noi.
60
A. Cangini, Direttore de il Resto del Carlino, “il Resto del Carlino compie 130 anni”, articolo 26
novembre 2014 URL consultato il 21 maggio 2016 (http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130) 61
Andrea Cangini è il Direttore de il Resto del Carlino dal 26 ottobre 2014
77
Eventi, progetti ed iniziative editoriali hanno arricchito il programma de il Resto del Carlino
con l’obiettivo di commemorarne la sua longeva vita, destinata ad andare avanti e a
rinnovarsi al passo dei tempi. E nonostante i 130 anni cadevano nel mese di marzo – il 20
marzo per l’esattezza – i festeggiamenti sono iniziati già dal mese di gennaio, soprattutto
perché i progetti sono tanti e variegati.
5.1 IL PROFILO LETTORE
A proposito di lettori, i “numeri” sono essenziali per comprendere ancora più a fondo
quanto il quotidiano sia ben radicato nel vasto territorio che comprende l’Emilia Romagna,
le Marche e parte del Veneto. Il suo forte legame con i lettori è rappresentato dall’alta
percentuale di copie vendute attraverso i canali previsti dalle disposizioni di legge (edicola)
pari al 90% del totale copie diffuse.62
Secondo gli studi effettuati sulla relativa testata da
parte di ADS63
, il totale raggiunge il numero di 1.097.000 dei lettori, con una prevalenza di
lettori uomini (57%). Più di un lettore su due (55%) ha una significativa disponibilità
economica con un reddito medio mensile superiore ai 2.401 euro. Il 41% appartiene alla
fascia centrale di età (35 – 54 anni). Questi lettori oltre a rappresentare la fascia di età più
popolata sono anche quelli con il maggior potenziale di spesa. La ricerca svolta da
62
(Fonte: ADS 2013 – Area Emilia Romagna e Marche) 63
Società i cui soci rappresentano le diverse componenti editoriali e pubblicitarie interessate a proporre dati
di tiratura, diffusione o distribuzione della stampa pubblicata in Italia di qualunque specie, certificati secondo
regole condivise
78
Euromedia Research64
, risalente ad aprile 201565
, propone una “Sintesi dei principali
risultati emersi dalle tre metodologie intergrate, come le interviste telefoniche, face to face e
focus group” avente come oggetto l’indagine sul profilo dei lettori. Ricerca che ha come
obiettivi il conoscere le caratteristiche e le esigenze dei readers del quotidiano, approfondire
le modalità, le abitudini e le motivazioni di fruizione ed acquisto della testata, analizzare il
gradimento e l’immagine percepita presso i lettori e infine individuare idee, attese e
possibili ottimizzazioni suggerite da essi stessi. La lettura del quotidiano per il target
bolognese sembra configurarsi come un fatto culturale, fortemente legato al tessuto sociale e
ben consolidato nelle abitudini individuali. L’interesse del lettore è in questo caso
sbilanciato verso le notizie provenienti dal territorio. La scelta del quotidiano è quasi
“obbligata”: l’informazione è prevalentemente un fatto locale, l’essere informati su quanto
avviene sul territorio è parte integrante dell’identità del lettore bolognese e l’atto di
informarsi è associato quasi per analogia alla lettura de il Resto del Carlino. La lettura del
giornale si svolge soprattutto in situazioni di socialità come il bar e l’ambiente domestico,
luoghi che danno dimensione relazionale alle notizie. Il target bolognese, inoltre, manifesta
in modo marcato il senso di appartenenza verso le tradizioni culturali sedimentate nel
tessuto sociale di riferimento e si evidenzia una carica emotiva importante verso il territorio
64
Euromedia Research è un Istituto di ricerca sul mercato fondato da Alessandra Ghisleri e Alfonso Lupo nel
2003. Sviluppa la metodologia dedicata all’analisi qualitativa, lessicale e semantica dei contenuti raccolti
nelle interviste quantitative. 65
Documentazione “Sintesi il Resto del Carlino” resa disponibile dall’Ufficio Stampa del Gruppo Monrif ,
Milano, 2015
79
inteso come luogo in cui le tradizioni e la cultura vivono e vengono condivise. Tra le
versioni che il QN-il Resto del Carlino offre (versione cartacea, online e mobile) quella
sicuramente più fruibile e acquistata è la cartacea (74,8%), seguita da quella online con il
20,5% e per ultima la versione mobile preferita da solo il 4,7% e le ragioni, secondo
l’opinione degli intervistati, si basano sul concetto tradizionale di quotidiano, sull’abitudine
personale di sfogliare il quotidiano e sentirne l’odore oppure sul fatto che il cartaceo invita
di più alla lettura. Dunque, dalle opinioni che emergono dalle interviste, i lettori del
quotidiano si sentono soddisfatti di usufruire di un giornale sicuramente leggibile, legato al
territorio, completo e alla portata di tutti, grazie a un linguaggio accessibile e popolare. Con
il Resto del Carlino, il pubblico bologbese ha un rapporto quasi umano di affetto e amicizia.
5.2 WHO?
È doveroso innanzitutto citare il “luogo” e le persone che hanno messo in atto tutti questi
grandi eventi, ringraziando l’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” sito nella sede
de il Resto del Carlino a Bologna, in particolare ringraziando la responsabile Oda Costa per
la sua disponibilità, per avermi accolta e per avermi inculcato passione e perseveranza,
elementi di chi fa un eccellente lavoro di successo. Proprio in questo ufficio sono stati
organizzati i progetti per celebrare l’anniversario del quotidiano, dalla loro ideazione ai
risultati portati a casa con esito decisamente positivo.
80
Nel percorso durato quattro mesi, ho avuto l’opportunità di conoscere davvero il vasto
mondo degli eventi (molti dei quali già in esecuzione o in fase di elaborazione) in ogni sua
sfaccettatura.
La caratteristica che suscita curiosità risiede nel fatto che si tratta di eventi organizzati da
una testata giornalistica: iniziative che implicano una stretta collaborazione con alcuni dei
partner principali della testata come la BPER Banca, la Confcommercio, l’Unicredit, per
favorire una maggiore visibilità a entrambe le parti, per informare il numeroso pubblico
coinvolto che fa parte da 130 anni della “famiglia” di RDC e per ridare identità al territorio.
Inoltre, con gli eventi organizzati è stato possibile condividere la storia dei territori con lo
scopo di unire idee e riflessioni per capirne il loro sviluppo guardando al futuro. Tutto
questo è stato possibile grazie al quotidiano RDC che, informando tutti i giorni i cittadini, è
adatto e adeguato a raggiungere questo tipo di obiettivi.
La rassegna di eventi ha avuto realizzazione non solo agli sforzi organizzativi ed economici
di un intero anno, anche grazie all’impegno e alla collaborazione di molti sponsor
istituzionali e commerciali, insieme all’Alto Patronato delle cariche pubbliche italiane,
costituendo così il Comitato d’onore delle iniziative editoriali. I nomi:
Marisa Monti Riffeser - Presidente Poligrafici Editoriale S.p.A.; Andrea Riffeser Monti -
Presidente e A.D. Monrif S.p.A.; Bruno Riffeser Monti - Consigliere Poligrafici Printing
S.p.A.; Matteo Riffeser Monti - Presidente MonrifNet; Sara Riffeser Monti - Vice
Presidente SPE; Pietro Grasso - Presidente del Senato della Repubblica; Laura Boldrini -
Presidente della Camera dei Deputati; Matteo Renzi - Presidente del Consiglio dei Ministri;
Gianluca Galletti - Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Giuliano
Poletti - Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Stefano Bonaccini - Regione Emilia
81
Romagna; Gian Mario Spacca - Presidente della Regione Marche; Virginio Merola -
Sindaco del Comune di Bologna; Gian Carlo Muzzarelli - Sindaco del Comune di Modena;
Federico Ghizzoni - CEO di UniCredit; Alessandro Vandelli - Amministratore Delegato
BPER; Carlo Sangalli - Presidente Confcommercio Italia; Corrado Casoli - Presidente
Riunite & CIV; Claudia Cremonini - Direzione Relazioni Esterne Gruppo Cremonini;
Giovanni Consorte - Fondatore di NTC & P.E.; Graziano Verdi - Amministratore Delegato
di Petracer’s e Koramic; Lorenzo Cagnoni - Presidente Rimini Fiera S.p.A.; Duccio
Campagnoli - Presidente Bologna Fiere S.p.A.; Valerio Tura - Docente Universitario e
Esperto Arte, Musica, Teatro; Andrea Ceccherini - Presidente dell’Osservatorio Permanente
Giovani-Editori; Andrea Cangini - Direttore Responsabile di QN il Resto del Carlino.
Infine tra i riconoscimenti richiesti, vi è l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica,
con i Patrocini del: Senato della Repubblica; Camera dei Deputati; Presidenza del Consiglio
dei Ministri; Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo; Ministero degli
Affari Regionali , le Autonomie e lo Sport; Ministero degli Affari Esteri; Ministero
dell’Economia e delle Finanze; Ministero dello Sviluppo Economico; Ministero delle
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare; Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Regione Emilia-Romagna; Regione Marche;
Comune di Bologna.
82
5.3 WHAT?
Il Resto del Carlino ha deciso di festeggiare i suoi 130 anni di vita organizzando 130 eventi
riconducibili a due parole-chiave: informazione e identità. Parole che poi sono “esplose”
nelle loro declinazioni più significative, dando vita a un vero e proprio universo tematico,
con una sola matrice: i 130 anni de il Resto del Carlino. Si può affermare infatti che il piano
degli eventi è basato su un programma unico e complesso. Feste, concerti, convegni, tavole
rotonde, eventi di valore sociale, concorsi, giochi e altro ancora che hanno valore soprattutto
in termini di strategie di marketing territoriale.
Gli eventi programmati sono stati numerosi e hanno toccato moltissimi temi di vasto
interesse: eventi culturali, musicali, di informazione, da promozioni e omaggi inseriti nelle
pagine del quotidiano, dalle conferenze agli incontri. Per avere una panoramica completa,
qui di seguito sono descritti e presentati in breve tutte le iniziative organizzate dall’ufficio
“Eventi, progetti ed iniziative editoriali”:
“LA STORIA ATTRAVERSO LE PAGINE DE IL RESTO DEL
CARLINO”
130 riproduzioni delle prime pagine più importanti de il Resto del Carlino, a partire dal
1885 fino ai giorni nostri contenute in un prezioso cofanetto che verrà distribuito in
omaggio a tutte le scuole secondarie di Primo Grado dell’Emilia Romagna e a tutti i
Membri del Comitato d’Onore e alla partnership dei 130 anni de il Resto del Carlino;
83
“PROGETTO DI EDUCAZIONE MUSICALE IN
COLLABORAZIONE CON IL MAESTRO RICCARDO MUTI”
Percorso di 4 DVD con relative “lezioni” pubblicate sui quotidiani del Gruppo Poligrafici
Editoriale. I DVD presenteranno 4 lectio magistralis, vere e proprie lezioni di musica inedite
che inviteranno gli studenti ed i lettori all’ascolto di importanti opere verdiane quali Ernani,
Simon Boccanegra, Nabucco e Attila;
“PREMIO MARCO BIAGI IL RESTO DEL CARLINO PER LA
SOLIDARIETA’ SOCIALE”
Premio organizzato da QN il Resto del Carlino per ricordare il professor Marco Biagi e per
dare un sostegno a quanti, in forma volontaria e senza scopo di lucro, si adoperano per
l'assistenza di persone e categorie svantaggiate. Il Premio, che ha potuto distribuire in
questi anni grazie ai contributi di singoli, aziende ed enti, riconoscimenti per 381.500 euro,
giungerà nel 2015 alla sua nona edizione;
“PREMIO MASCAGNI, IMPRESE CHE CRESCONO”
Iniziativa che vuole ricordare l’imprenditore Paolo Mascagni, testimone convinto del ruolo
dell’industria nella nostra provincia e, al tempo stesso, valorizzare e far conoscere le realtà
aziendali d’eccellenza del territorio bolognese che in questi anni hanno continuato a
crescere a dispetto della crisi, sottolineando il loro impegno e i loro risultati;
84
“PANE, AMORE E FANTASIA – LA GIOVANEFOTOGRAFIA
ITALIANA”
Premio fotografico promosso e organizzato da QN - il Resto del Carlino e da BPER Banca.
I protagonisti sono i giovani, in particolare i ragazzi dai 14 ai 25 anni. Giunto alla sesta
edizione, si presenta come un’occasione unica per i giovani di poter cogliere con un clic le
immagini e le emozioni di un mondo in continua evoluzione sociale e culturale;
“PRIMA PAGINA ART PRIZE QN IL RESTO DEL CARLINO E
QN QUOTIDIANO.NET”
Rivolto a giovani artisti under 35, questo è un premio con l’obiettivo di far emergere nuovi
artisti e di far incontrare il mondo dell’informazione e quello dell’arte contemporanea
stimolando un confronto tra passato, presente e futuro;
“DIRETTORE PER UN GIORNO”
12 (o più) personaggi famosi, uno per ogni mese del 2015, ai quali affidare per un giorno la
direzione della testata on-line www.ilrestodelcarlino.it. Ogni ‘Direttore per un Giorno’ sarà
affiancato da due ‘Vice Direttori per un Giorno’: un lettore (che verrà scelto da una giuria
sulla base di un suo scritto) e un rappresentante del partner. Tra i personaggi che hanno
accettato di “giocare” vi sono: Bruno Barbieri, Luca Carboni, Paolo Cevoli, Martina
Colombari, Cesare Cremonini, Elisa DiFrancisca, Fabrizio Frizzi, Giuseppe Giacobazzi,
Raphael Gualazzi, Gianni Morandi , Red Ronnie, Paolo Simoncelli, Stadio, Alberto Tomba e
Vito;
85
“‘130 RIGHE’ PREMIO LETTERARIO RIVOLTO AD ASPIRANTI
SCRITTORI”
Ogni iscritto dovrà produrre un testo di 130 righe ispirandosi a uno dei 130 anni di vita de il
Resto del Carlino. L’anno, tra il 1885 e il 2015, verrà assegnato al momento dell’iscrizione.
I tre racconti selezionati dalla giuria, oltre al premio speciale assegnato dal Partner, saranno
raccolti e pubblicati in un libro che verrà regalato in 150,000 copie a tutti i lettori de il Resto
del Carlino;
“‘STORIE’ RACCONTA CON UN VIDEO I PERSONAGGI E LE
STORIE DEL TUO TERRITORIO”
Viene chiesto ad aspiranti videomaker di raccontare con un video, quindi con un linguaggio
moderno e coinvolgente, il proprio territorio attraverso le storie delle persone che lo abitano;
“PROGETTO ‘CARLINO, SOCIAL, CERSAIE”
A partire da gennaio 2015, uno specifico tema oggetto del calendario di Cersaie verrà posto
all’attenzione dei lettori del giornale cartaceo e della community virtuale del Quotidiano,
con l’obiettivo di avviare una discussione ed una riflessione in merito al tema. Una serie di
appuntamenti che, nel corso di altrettanti mesi, aiuteranno a conoscere meglio la realtà dei
rivestimenti ceramici, il mondo dell’Arredobagno, declinati a livello planetario dalla fiera in
programma dal 28 settembre al 3 ottobre a Bologna;
86
“RIMINI FIERA S.P.A. E I 130 ANNI DE IL RESTO DEL
CARLINO”
Rimini Fiera S.p.A., nell’ambito della sua organizzazione fieristica annuale, annovera tre
grandi Eventi che ospiteranno le Celebrazioni dei 130 anni de il Resto del Carlino: il SIGEP
dal 17 al 21 gennaio 2015, RIMINI WELLNWESS dal 28 al 31 maggio 2015 e
ECOMONDO dal 3 al 6 novembre 2015;
“L’ITALIA IN PRIMA PAGINA”
12 riproduzioni di prime pagine de il Resto del Carlino relative ad altrettanti eventi che
hanno fatto la storia degli ultimi 130 anni del nostro Paese verranno regalate a tutti i lettori.
Ciascuna riproduzione sarà contenuta all’interno di uno speciale di 4 pagine, delle stesse
dimensioni del quotidiano, arricchito da un approfondimento firmato da una firma
prestigiosa;
“VIA EMILIA: EXPERIENCE THE ITALIAN LIFESTYLE”
Food Valley, motor Valley, wellness Valley: le eccellenze turistiche e produttive
dell’Emilia Romagna declinate nel nuovo brand turistico in vista di expo 2015;
“EDISON START & EDISON PULSE”
Per celebrare i 130 anni dalla fondazione è stato promosso il concorso Edison Smart, al fine
di sostenere i progetti più innovativi e sostenibili, sia dal punto di vista socio-ambientale,
87
che da quello dell’energia e delle Smart Communities. Nel 2015 Edison Energia, visto il
successo del concorso Edison Start 2014 (841 i progetti pervenuti da tutta Italia), ha deciso
di replicare l’iniziativa con Edison Pulse, concorso dedicato alla valorizzazione dei progetti
che favoriscono il cambiamento, la competitività e lo sviluppo di un futuro sostenibile;
“PARCO DELLE BIODIVERSITA’ IN COLLABORAZIONE CON
EXPO MILANO 2015”
Progetto che colloca il modello dell’agricoltura italiana biologica al centro di una nuova
prospettiva, realizzando nel Parco della Biodiversità di Expo 2015, un Padiglione ed una
sede dove presentare il progetto: tecnologie agricole innovative volte a preservare e
valorizzare la biodiversità, prodotti alimentari e cosmetici biologici e naturali; logiche di
sicurezza alimentare e sostenibilità, soluzioni innovative di sostenibilità ambientale anche in
termini di processo e packaging alimentare e di riutilizzo di scarti alimentari come materia
prima di altri processi produttivi;
“MUSIC CONTEST 2015 ‘LA MIA MUSICA, LA MIA TERRA’”
È la gara musicale de il Resto del Carlino organizzata in collaborazione con Red Ronnie e
Roxy Bar TV, finalizzata a fare emergere i talenti musicali dell’Emilia Romagna e delle
Marche;
88
“BOLOGNA – 50 GIORNI A EXPO 2015”
La Regione Emilia Romagna e il Gruppo Editoriale QN il Resto del Carlino, la Nazione, Il
Giorno organizzano questo Evento “50 giorni a Expo 2015” al fine di dar voce e
testimoniare i progetti che la Regione Emilia ha sviluppato e creato per l’Expo 2015;
“MIRELLA FRENI E LA LIRICA: 60 ANNI D’AMORE”
Concerto dedicato ai 60 anni di carriera di Mirella Freni, una delle più grandi cantanti
liriche di tutti i tempi;
“ATER - IL SISTEMA DELLO SPETTACOLO DAL VIVO IN
EMILIA ROMAGNA”
Un particolarissimo e affascinante "ecosistema" teatrale e musicale fatto di Musica e teatro
d'ogni genere: teatri, auditori e sale da concerto, orchestre, cori e bande, cantautori e gruppi
rock, insegnanti, conservatori e scuole di musica, di teatro e di danza pubbliche e private,
liutai e altri artigiani che ruotano intorno al mondo musicale, studi di registrazione, fino ai
complessini per il ballo liscio;
“IL VINO DEL CARLINO”
Le Cantine Riunite & CIV produrranno per le celebrazioni dei 130 anni de il Resto del
Carlino 2.600 bottiglie personalizzate di Lambrusco Ottocento della loro Cantina Albinea
Canali. Le bottiglie saranno confezionate singolarmente in un astuccio di latta con la grafica
89
esclusiva dei 130 anni de il Resto del Carlino e saranno distribuite ai Membri del Comitato
d’Onore e durante gli Eventi istituzionali;
“10 ANNI DI VINCI IL TUO PESO IN CIOCCOLATO”
Una fortunatissima iniziativa giunta alla decima edizione che ha fatto arrivare alla redazione
centinaia di ricette a base di cioccolato, tra le quali ogni hanno una giuria di esperti Maître
Chocolatier eleggeva le migliori. Insieme al quotidiano anche il libro con le migliori ricette
del Cioccoshow.
DUE APPUNTAMENTI DEDICATI ALL’INFORMAZIONE DEL
FUTURO:
“IL NET CAMPUS”
Un vero e proprio openday nella sede de il Resto del Carlino, dedicato all’informazione di
domani e rivolto a 130 ragazzi che sognano di intraprendere la carriera giornalistica;
“IL FUTURE DIGITAL EXPERIENCE AWARDS”
Il progetto propone ai lettori e utenti di immaginarsi l’informazione del futuro e nello
specifico come potrebbe essere la home page de il Resto del Carlino fra 130 anni? Tra tutte
le proposte arrivate una giuria eleggerà le tre più ‘visionarie’, i cui ideatori riceveranno
premi super tecnologici;
90
“TAVOLE ROTONDE A TEMA «L’ECONOMIA LOCALE: COME
CREARE VALORE PER IL TERRITORIO»”
QN il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione e BPER Banca popolare dell’Emilia-
Romagna si interrogano sulla possibilità di un nuovo Rinascimento italiano e lo fanno
utilizzando la formula delle tavole rotonde. Le location selezionate si estendono a
importanti città dell’hinterland bolognese, a Ravenna, Modena, Reggio Emilia, Bologna e
anche Milano;
“FORUM A TEMA «DAL BORGO AL MONDO: INNOVAZIONE,
NUOVI MERCATI E NUOVI SOGGETTI»”
Una serie di forum per definire il profilo del nuovo modello economico italiano
valorizzando il ruolo del credito nel sostegno e nella promozione dell’innovazione e
dell’internazionalizzazione ai quali hanno partecipato e parteciperanno imprenditori,
ricercatori, formatori e rappresentanti istituzionali;
“INCONTRI A TEMA «DALL’EXPO ALLE SMART
COMMUNITIES: LE ECCELLENZE DELL’EMILIA-
ROMAGNA»”
Incontri che diventano l’occasione per porre in evidenza la straordinaria capacità di fare
impresa che il territorio dell’Emilia-Romagna da sempre esprime e, più in generale, le
unicità del Made in Italy. I luoghi di incontro sono stati Ferrara, Cesena, Rimini, Bologna,
Modena, Reggio Emilia.
91
5.4 WHERE?
Sin dalla sua prima pubblicazione, il Resto del Carlino nasce per offrire un panorama
quanto mai esaustivo di ciò che succedeva nel mondo, con riprese puntuali dalle agenzie e
dalle testate giornalistiche di Parigi, Londra, Vienna, ma soprattutto di ciò che succedeva in
città.
Da allora il Resto del Carlino vuol dire Bologna, tanto che s’identifica con la sua città
d’origine e ne interpreta lo spirito. Oggi, con le sue numerose redazioni locali (15 in totale)
va ben oltre i confini cittadini, spaziando in tre regioni, tra le più belle in termini di “qualità
di vita” – come affermano ormai da tempo le università americane – e contemporaneamente
così trainanti e produttive, in termini economici.
Il Resto del Carlino, e di conseguenza il QN, si diffondono in un territorio ricco a livello
culturale ed economico, composto da una popolazione attiva che fa del bacino di diffusione
del quotidiano un territorio strategico a livello non solo locale.
In quest’area così importante, il Resto del Carlino rappresenta il leader indiscusso per
readership e autorevolezza grazie alla capillarità dell’informazione locale unita alla
completezza degli argomenti di livello nazionale e internazionale. Con il suo secolo e più di
vita, il Resto del Carlino rappresenta a pieno titolo il modello di quotidiano costantemente
attento ai propri lettori e agli interessi del proprio grande bacino di diffusione.
Il ruolo del quotidiano diventa quindi fondamentale perché “attira l’attenzione” di una
popolazione così numerosa, non solo attraverso le informazioni e comunicazioni, ma agisce
da fattore determinante nell’ambiente economico in cui è radicato.
92
5.5 WHEN?
Nell’anno 2015 il Resto del Carlino ha compiuto 130 anni. Da quel lontano 1885 il
quotidiano è nato, cresciuto e continua a farsi apprezzare da quegli utenti appassionati e
fedeli. È stato quasi una scommessa e nonostante i numerosi ostacoli che ha dovuto
affrontare nel passato ha avuto fortuna.
La passione dei suoi fondatori e di tutti coloro che oggi fanno parte di questa famiglia, lo
hanno reso un quotidiano ricco di notizie, ben organizzato, particolare, strategico e
completo rispetto ad altri, poiché è formato da notizie non solo a carattere locale (con le
tante edizioni), non solo a carattere nazionale (perché è sinergico al QN) ma anche a
carattere internazionale perché le notizie toccano argomenti relativi a ogni parte del mondo.
Il Resto del Carlino, diceva Pierluigi Visci in occasione dei 125 anni, è la storia nella storia.
E come dice il direttore attuale Andrea Cangini, è un’istituzione, motivo di orgoglio per chi
ha il privilegio di portare avanti un’impresa, fiore all’occhiello per questo Paese.
La messa in opera dei grandi eventi ideati dall’editore insieme agli uffici di competenza è
sintesi della sua missione “ideale”:
1. ringraziare i cittadini emiliani e romagnoli, marchigiani e veneti che dal 1885 sono legati
al quotidiano perché si rivolge a loro con chiarezza e semplicità fornendo informazioni e
spaziando da un genere all’altro;
2. è l’augurio che possa continuare ad essere presente nella loro quotidianità per altri 130
anni, in maniera sicuramente più innovativa ma sempre chiara ella portata di tutti.
93
5.6 WHY?
Le iniziative speciali organizzate dall’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” fanno
capo a un programma tanto consistente quanto è la grandezza di un quotidiano - al terzo
posto per diffusione di copie - che si vuole celebrare. È indubbio che i progetti realizzati nel
corso del 2015 siano stati ideati per commemorare il compleanno del quotidiano il Resto del
Carlino, ma non basta, poiché ad esso si uniscono il territorio, i lettori e la storia che ogni
giorno ci viene raccontata che d’altro canto sono gli obiettivi primari su cui puntare.
Ma cosa si intende per evento? Con questo termine si indica un avvenimento o un’iniziativa
di particolare rilievo; tuttavia in tale definizione possono essere compresi molteplici aspetti
che rendono di conseguenza l’attività complessa e di non facile gestione.66
L’organizzazione
degli eventi, insieme all’ufficio stampa, è uno degli strumenti più utilizzati nelle relazioni
pubbliche. Da alcune stime, si calcola che in Italia vengono organizzati circa un migliaio di
eventi al giorno. Il successo dell’evento dipende dall’affluenza dei pubblici e dalla sua
capacità di creare, sviluppare e rafforzare relazioni interattive e simmetriche tra interlocutori
ed impresa o ente. Per organizzare un evento sono necessarie le competenze e le capacità
tecniche per trasmettere messaggi coerenti con lo stile dell’organizzazione. Le
caratteristiche principali degli eventi sono innanzitutto la sua unicità, dovuta al suo accadere
in un determinato momento e luogo, per uno specifico pubblico e con un particolare tema,
infatti l’evento è circoscritto nel tempo (seconda caratteristica). Essenziale è anche la
visibilità presso i mass media, sia essi tradizionali che innovativi. In sostanza, il termine
“evento” può essere sinonimo di “riunirsi, incontrarsi, conoscere, comunicare, partecipare”;
66
S. Cherubini, S. Pattuglia, “Comunicare con gli eventi. Riflessioni e casi di eccellenza”, Franco Angeli
Editore, Milano, 2013, pagg. 13 - 14
94
vi sono molteplici tipologie di eventi ma tutte presuppongono la “creazione di relazioni”. 67
Si osserva un fiorire di eventi nei settori più vari, nei territori più vari, con protagonisti più
vari, con tecnologie più varie e con modalità più varie, dagli eventi religiosi a quelli
sportivi, turistici, aziendali, economici, congressuali, politici, economici, medici, culturali,
musicali e così via. Tra le tipologie di eventi si possono annoverare ad esempio: i congressi,
i convegni, le conferenze, le tavole rotonde, i workshop, incontri tematici, i meeting, le
convention. Si può pensare che siano tutti uguali, ma in realtà sono eventi con caratteristiche
distinte e ben precise.
Particolarmente importante nel settore eventi è inoltre la comunicazione – altro obiettivo
delle iniziative de il Resto del Carlino – che con i suoi tanti strumenti e le sue molteplici
forme garantisce la riuscita dell’evento stesso. In effetti, tutti gli aspetti della comunicazione
integrata e del marketing relazionale si incontrano efficacemente nell’evento che
rappresenta un vero e proprio momento di mix comunicativo in quanto può prevedere
attività pubblicitarie, soprattutto nella fase di lancio, promozionali, di pubbliche relazioni e
di interattività, durante l’evento, di direct marketing, dopo l’evento, il tutto in una chiara
configurazione di marketing relazionale. In quest’ottica si comprende come gli eventi
rappresentino un’opportunità di per il marketing e la comunicazione.68
Essendo gli eventi una vetrina per comunicare, una modalità di contatto con il mondo
esterno e di promozione e comunicazione delle iniziative editoriali, si percepisce come la
scelta di questo strumento sia una vera e propria strategia di marketing territoriale, con lo
scopo di rafforzare la leadership all’interno del territorio sfruttando un’occasione come i
67
T. Ferrari, “Comunicare l’impresa. Realtà e trend polisensoriale-emozionale”, Editore Clueb, Bologna,
2014, pagg. 103 - 104 68
Cit. S. Cherubini, S. Pattuglia, “Comunicare con gli eventi. Riflessioni e casi di eccellenza”, pagg. 27 - 28
95
130 anni. Un altro beneficio che l’evento comporta è la visibilità e il prestigio di tutti gli
attori coinvolti, sia istituzionali come le autorità invitate o le istituzioni che hanno
patrocinato le iniziative, sia commerciali, cioè gli sponsor delle celebrazioni: l’evento, in
questo caso ha rafforzato ancora di più il legame con i rappresentanti economici e
istituzionali coinvolti.
Tutto questo verrà in qualche modo “applicato” ad una specifica iniziativa per esaminare
come il Resto del Carlino ha ideato, sviluppato e gestito l’evento in questione e confermare
quanto queste celebrazioni siano muri portanti per il rilancio economico del territorio, per
offrire l’opportunità di nuove relazioni e per un maggiore radicamento de il Resto del
Carlino sul territorio.
96
CAPITOLO 6
Le tavole rotonde a tema “L’economia locale: come creare valore per il
territorio”
Cinque appuntamenti di grande intensità sono stati realizzati dall’ufficio che si occupa
dell’organizzazione degli eventi nella sede de il Resto del Carlino in un periodo che va da
febbraio 2015 a gennaio 2016. Un ciclo di tavole rotonde inserito nel più vasto programma
di iniziative per le celebrazioni dei 130 anni della storia del giornale che ha “invaso”
diverse città del panorama emiliano-romagnolo e ha coinvolto anche Milano, come ultima
data, a coronare gli incontri su temi sempre molto attuali dell’economia, del lavoro e del
territorio. Il tutto con uno sguardo al futuro.
Cinque tavole rotonde dedicate all’economia nell’ambito delle celebrazioni per
l’anniversario della testata, ma com’è doveroso per il QN, l’orizzonte del dibattito e degli
approfondimenti economici è molto più ampio. Un grande quotidiano come questo, radicato
nelle aree ad alto tasso d’imprenditorialità d’Italia, che dà voce a comunità dinamiche e
operose non può esimersi dal compito che gli è proprio di individuare i presupposti di una
ripresa economica, interrogandosi se e come dare forza all’economia in “via di sviluppo”.
Ed è proprio questo l’intento degli incontri che il Resto del Carlino organizza in partnership
con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna.
Per capire come questa tipologia di evento – le tavole rotonde – sia stata ideata e realizzata
nel corso di un tempo circoscritto è necessario fare riferimento alle fasi operative grazie alle
quali è stato possibile portare avanti il piano, ma prima di tutto è importante capire cosa
sono le tavole rotonde.
97
Le “tavole rotonde” sono degli eventi, o meglio dei forum che riuniscono degli esperti per
discutere ed esaminare temi specialistici e evvengono sia in “seduta chiusa”, sia alla
presenza di pubblico e dibattito, per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli argomenti in
discussione o di sollecitare l’intervento politico e istituzionale.69
Per offrire una lettura dinamica della nostra economia le tavole rotonde indagheranno volta
per volta vari aspetti del “creare valore”: dall’innovazione, alla competenza fino all’export,
cercando negli approfondimenti e nelle testimonianze di manager, esperti di industria e di
finanza, di marketing e con il supporto dei tecnici di Bper, la chiave per avviare la ripresa.
Le tavole rotonde hanno proprio lo scopo di far confrontare Sindaci, Assessori Regionali,
Imprenditori, Associazioni di Categoria, Centri di Studio e di Ricerca, per definire una sorta
di protocollo per la ripresa che mette insieme nel perimetro dei territori le energie
imprenditoriali il sostegno finanziario ma anche la capacità di conseulenza di BPER, la
funzione di rappresentanza di un grande quotidiano come il QN per generare quella
coesione territorialeche è il principale asset per avviare la ripresa.70
6.1 Keywords per organizzare le tavole rotonde
Obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica su una tematica come quella dell’economia e
del valore che essa può accrescere per il territorio. QN il Resto del Carlino, Il Giorno, La
Nazione e BPER Banca popolare dell’Emilia-Romagna si interrogano sulla possibilità di un
nuovo Rinascimento italiano, e lo fanno utilizzando la formula delle tavole rotonde. La
69
T. Ferrari, “Comunicare l’impresa. Realtà e trend polisensoriale-emozionale”, Clueb Editore, 2014, pag.
105 70
Cit. Comunicato stampa QN e il Resto del Calino, “Tornano le tavole rotonde di QN e BPER”, Ravenna
19 febbraio 2015
98
domanda viene posta agli imprenditori più dinamici, agli studiosi più attenti, agli
amministratori più lungimiranti, con lo scopo di sollecitare le migliori energie per costruire
un orizzonte di sviluppo sostenibile che passi attraverso le inclinazioni, le tendenze e le
peculiarità del nostro territorio.71
Location: Il primo incontro ha avuto sede a Ravenna il 19 febbraio 2015 e a seguire
Modena il 26 maggio, Reggio Emilia il 16 settembre, Bologna il 29 ottobre; ultima data il
27 gennaio 2016 a Milano. Le tematiche erano differenti per ogni città, tenendo sempre fede
al tema centrale “l’economia locale: come creare valore per il territorio”:
- RAVENNA: “Banca e Impresa: un rapporto da consolidare”
- MODENA: “Banca e Impresa: insieme per tornare a crescere”
- REGGIO EMILIA: “Industria 4.0: nuovi modelli per competere”
- BOLOGNA: “Banca 4.0: quale finanza per l’innovazione delle imprese?”
- MILANO: “La svolta di Milano: banca e impresa protagoniste”
Target: le tavole rotonde hanno avuto una grande affluenza di cittadini,ma principlamente
erano rivolte ad autorità istituzionali e ed esperti dei più svariati ambiti, da quello bancario,
economico e territoriale. Tutti i destinatari vengono invitati tramite mail contenente l’invito
e tutti i riferimenti dell’evento in questione;
Partnership: La ricerca di sponsor o di partner che sostengono le spese dell’evento si rivela
sempre di più una reale opportunità. C’è dunque un reale spazio di collaborazione per
71
URL di riferimento: http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130/l-economia-locale-come-creare-valore-
per-il-territorio-1.436063
99
l’organizzazione di eventi. Una sponsorizzazione o una collaborazione per l’organizzazione
di un evento è un vero contratto di scambio
che deve essere di mutuo beneficio. Il legame tra impresa e partner può rivelarsi di grande
vantaggio: per l’impresa in termini di immagine, per l’associazione in termini di risorse
disponibili.72
Per questo evento il Resto del Carlino ha avuto come partner la BPER
Banca73
, istituto di credito che si interfaccia costantemente con il territorio, oggetto delle
tavole rotonde che ha proprio come mission: “dare ossigeno finanziario e sostegno operativo
ai territori ad imprenditoria diffusa”. I territori in questione sono anche quelli del QN, dove
imprese ma anche amministazioni pubbliche, associazioni e centri di ricerca stanno facendo
sistema per lanciare e possibilmente vincere la sfida dell’economia globalizzata.
Catering: infine, ogni tavola rotonda termina con un “momento di svago”, mediante un
banchetto organizzato da il Resto del Carlino come ringraziamento alla partecipazione degli
invitati, in cui viene servito, tra le altre prelibatezze tipiche delle città che ospitano l’evento,
il vino del Carlino, per brindare ai 130 anni del quotidiano.
6.1.1 Le fasi della comunicazione
Le tavole rotonde, come ogni evento che si rispetti, sono un atto inteso a coordinare la
comunicazione dell’impresa o dell’ente intorno a un avvenimento sponsorizzato. Ogni
72
URL di riferimento: http://www.ciessevi.org/sites/default/files/pubblicazioni/universita/organizzare-
eventi.pdf, pag. 23 73
Banca popolare dell’Emilia Romagna è la capogruppo del Gruppo BPER, oggi costituito da 4 banche
territoriali, per circa 1300 filiali a presidio della quasi totalità delle regioni italiane. Sesto gruppo bancario in
Italia per numero di sportelli e terzo a matrice popolare, attraverso società partecipate, attivo in tutti i principali
segmenti di mercato. (Da: Comunicato stampa BPER, “Banca popolare dell’Emilia Romagna, idee per far
ripartire il territorio”, Ravenna 19 febbraio 2015)
100
evento, dunque, è essenzialmente un atto di comunicazione persuasiva che propone almeno
tre fasi per la comunicazione, prima, durante e dopo l’evento:
- Prima: è questo il momento in cui informare i partecipanti e i fruitori dell’evento,
creare aspettativa e invogliare alla partecipazione. In questa fase è necessario: partire
con il giusto anticipo rispetto alla data dell’evento; comunicare in modo differente in
base ai diversi segmenti di pubblico ai cui ci si rivolge; investire in promozione e
pubblicità;
- Durante: questa è la fase privilegiata per raccontare, coinvolgere e approfondire i
contenuti dell’evento in questione. È necessario dare il giusto spazio ai contenuti
generati dai partecipanti e dai fruitori;
- Dopo: quando tutto è finito arriva il tempo di rendicontare e fidelizzare: è già il
momento di parlare dell’evento successivo. Qui è fondamentale rendere ragione di
quello che è stato fatto, raccontare i risultati dell’evento e illustrare le performance
raggiunte. Forse un’infografica può essere utile per trasmettere tante informazioni in
modo leggibile e accattivante.74
Infatti a fine evento, messi insieme i risultati sono
state realizzate le cosiddette “case history”, opuscoli con lo scopo di “narrare” come
si sono svolti gli incontri, sia dal punto di vista tecnico (indicando la partnership, gli
obiettivi ecc.), sia per spiegare il progetto realizzato.
Ovviamente, trattandosi di un quotidiano, la comunicazione degli incontri viene espressa
maggiormente attraverso articoli inseriti non solo nel cartaceo ma anche nel quotidiano
74
D. Ferraretti, “Un piano per comunicare gli eventi: prima, durante e dopo sono i 3 momenti chiave di un
evento”, 9 aprile 2015, URL di riferimento: http://greenwebmarketing.acquistiverdi.it/un-piano-per-
comunicare-gli-eventi/, consultato il 9 giugno 2016
101
online, per dare più visibilità e far conoscere il più possibile agli utenti tutte le informazioni
e i temi relativi agli incontri. Gli articoli, infine, hanno una precisa programmazione, perché
vengono pubblicati quotidianamente a partire da due settimane prima dell’evento, durante e
anche quando si conclude.
6.2 Dialogo con BPER Banca e QN-il Resto del Carlino. Le
opinioni sulle “tavole rotonde”
*LE CONSIDERAZIONI DI EUGENIO TANGERINI, RESPONSABILE MEDIA
RELATIONS DI BPER BANCA:
Laureato in Giurisprudenza ma con una carriera giornalistica alle spalle, Eugenio Tangerini,
Capo delle relazioni esterne e Responsabile delle media relations, fa parte da quattro anni
del Gruppo BPER Banca. Ricopre questo incarico in un Ufficio che si occupa anche di
eventi, interni ed esterni alla Banca, di sponsorizzazioni, di erogazioni liberali e tutto quel
mondo che riguarda la “responsabilità sociale d’impresa” intesa come consapevolezza delle
ricadute sociali che l’attività di un’azienda importante come la BPER - sesto Gruppo
bancario nazionale per importanza e per dimensioni - ha sugli stakeholder e su tutto il
territorio. Essendo stato in passato Responsabile della Redazione il Resto del Carlino di
Modena, è di certo la persona adatta a rispondere ad alcune domande relative alle tavole
rotonde descritte precedentemente, per offrirci un’analisi più dettagliata del dibattito
sviluppatosi intorno alla questione “economia locale”, in un contesto come quello della crisi
finanziaria che ha colpito molti settori del nostro Paese.
102
1. Da quanto tempo BPER è partner del QN-il Resto del Carlino e perché questa
scelta di collaborare con l'azienda?
Tra la più importante banca del territorio, che nel frattempo è diventata un grosso Gruppo
bancario nazionale e il quotidiano di riferimento dei territori in cui è nata questa banca, la
collaborazione in realtà c’è sempre stata e non potrebbe essere diversamente. Nata a
Modena come “Banca popolare di Modena”, BPER Banca (che l’anno prossimo festeggia
150 anni) si è tanto sviluppata così da diventare una banca nazionale a tutti gli effetti. La
collaborazione col Carlino si è intensificata in modo specifico negli ultimi cinque anni
anche in concomitanza di eventi del giornale – penso al 125esimo e al 130esimo
anniversario – ma non specificatamente riferito a questi, infatti cito due iniziative
fondamentali: l’organizzazione delle tavole rotonde e – non meno importante per quanto
riguarda il marketing territoriale ma più in generale per il rapporto con gli stakeholder e
con un target giovanile – un Concorso fotografico nazionale organizzato insieme ogni anno
che ha un tema sempre diverso, intercetta un pubblico giovanile e tramite il veicolo della
Poligrafici Editoriale di QN accede anche sul web dando la possibilità di inviare foto,
premiate da una giuria selezionatrice.
2. Per quanto riguarda le tavole rotonde realizzate nel 2015, com’è nata l’idea di
una tematica come quella dell’economia locale e cosa intendete per “creazione di
valore per il territorio”?
L’idea delle tavole rotonde nasce dal concetto di “creare valore”, in una fase economica
particolare, perché siamo nel pieno della crisi finanziaria che si è via via estesa
103
all’economia reale, dando una ricaduta ulteriore sulle istituzioni finanziarie perché,
colpite le imprese, di conseguenza ne hanno sofferto anche banche e istituti di credito. In
questa fase ci siamo chiesti tutti come cercare di creare valore per il territorio, cioè creare
una consapevolezza diffusa dei beni più importanti per capire a che punto era la crisi,
allora, al punto che stiamo uscendo dalla crisi oggi, ma forse anche per andare oltre,
ovvero per avviarci al concetto di “nuova normalità” che spesso viene declinata in varie
forme ma che in definitiva fa riferimento a questo assunto: siamo proprio sicuri che stiamo
uscendo da una crisi lunga otto anni, oppure c’è un nuovo ordine dell’economia globale a
cui dovremmo abituarci poiché nulla sarà come prima? Nonostante ciò rispetteremo quella
che è la nostra funzione, quella cioè di creare valore economico per il territorio, creare
valore sociale, creare interesse, creare tutti quei concetti che fanno riferimento al territorio
nella sua totalità.
In questa cornice “come creare valore per il territorio” si declinano varie possibilità. Mi
piacerebbe ricordare, tra le varie tavole rotonde, quella di Reggio Emilia, perché da lì partì
un percorso innovativo in cui noi declinammo il concetto di “Industria 4.0” e di “Banca
4.0”: se è vero che le aziende devono aprirsi sempre più al mondo del digitale per
aumentare la produttività, diminuendo i costi di produzione, con minore impatto sociale
possibile, allo stesso modo le banche che accompagnano le aziende devono inoltrarsi in un
percorso in cui il digitale – e qui la concezione banca 4.0 – abbia un ruolo sempre più
importante, con tutto quello che comporta nella definizione degli assetti, della rete, delle
organizzazioni generali a cui tutte le imprese vanno incontro.
Comunque, in ogni territorio dove siamo andati, abbiamo declinato delle tematiche che
potessero avere riferimento alla situazione locale con lo scopo di creare valore per esso. In
104
sostanza viene a galla sempre il concetto di “guardare avanti” e di vedere cosa si può fare
per modificare degli assetti, dei comportamenti, dei modi di produrre e concepire l’attività
economica in cui ci stiamo orientando. In questo sta l’idea della tematica che cambia ogni
anno e per ogni città ospitante, a seconda delle esigenze che saltano fuori, ma sempre con
un preciso radicamento territoriale.
3. Qual è la vostra idea di ripresa economica? In particolare, su cosa puntereste
per raggiungere questo obiettivo?
Sarà anche una ripresa, sì, ma noi non la vediamo del tutto. Si può dire che dal punto di
vista dei consumi delle famiglie una certa ripresa si può constatare ma appartiene a una
percentuale minima; non altrettanto e non nella misura sperata gli investimenti per
l’attività produttiva che sono il vero motore che alimenta l’economia. Si devono ancora fare
passi avanti per poter rispondere in modo affermativo.
4. Che funzione attribuisce alla informazione fornita dalla stampa in relazione
allo sviluppo economico del territorio e alla percezione della popolazione?
Ha una funzione assolutamente fondamentale. L’informazione è un valore che non verrà
mai meno; è vero che prima era declinata sui media tradizionali, adesso è molto proiettata
sui social. Senza informazione e senza la possibilità di far sapere al mondo quello che fai
non esiste quello che stai facendo. La comunicazione e quindi la notiziabilità, il “fare
notizia” sono essenziali per veicolare la giusta immagine della banca, dalla stampa, ai
105
media tradizionali, ai nuovi tradizionali e ai social più recentemente, perché ci permettono
non solo di raggiungere facilmente gli stakeholder e di creare valore ma di avere un
rapporto proficuo che risponda alle istanze sociali, culturali, economiche – non solo attività
bancarie specifiche ma anche altro, nonostante il nostro mestiere è quello di “fare banca”
per prima cosa – che vengono dai territori serviti in tutti Italia.
5. Quanto sono importanti, per la crescita economica territoriale, le iniziative
culturali?
La cultura occupa un ruolo essenziale. Il problema è che non vorrei diventasse un slogan,
nel senso che stiamo dicendo tutti, da anni, «dobbiamo ripartire dalla cultura e dal nuovo
ordine mondiale e del Paese» e poi non si fa abbastanza né come destinazione di risorse da
parte della struttura pubblica né forse come abitudine nostra nel concepire la cultura come
tale. Per quello che ci riguarda la riteniamo importante - come lo dimostrano varie
iniziative - ne cito solo una: siamo sponsor del Premio Strega Giovani (da quest’anno
anche del Premio Strega Ragazzi), una formula particolare per cui i giovani di varie parti
d’Italia, via web, votano personalmente i veri finalisti del Premio Strega nazionale,
scegliendo il loro vincitore. Non solo per includere e coinvolgere a tutto tondo i giovani, ma
è un’iniziativa, secondo noi, ottima per diffondere cultura in un target giovanile. Questo
progetto è stato realizzato in occasione della Fiera del Libro per ragazzi di Bologna a cui è
stata aggiunta questa iniziativa. Di progetti sul tema “cultura” ce ne sono stati tanti dato
che abbiamo tante occasioni per “fare cultura”, fattore fondamentale su cui noi crediamo
molto, cercando di fare la nostra parte, avendo tutte le carte per poterla realizzare al
meglio.
106
*LE CONSIDERAZIONI DI ODA COSTA, RESPONSABILE UFFICIO EVENTI,
PROGETTI ED INIZIATIVE EDITORIALI DELLA POLIGRAFICI EDITORIALE:
1. Che ruolo occupa all’interno della Poligrafici Editoriale?
Ho fatto esperienza per più di trent’anni al Gruppo Espresso-Repubblica e dal 2002 sono
arrivata a Poligrafici Editoriale, dove mi sono sempre occupata di attività legate
all’organizzazione degli eventi e alle iniziative editoriali che riguardano tutti quei “temi
monografici” inseriti nelle pagine dei nostri quotidiani: sono i cosiddetti appuntamenti
settimanali come ad esempio “le auto” il lunedì, “l’economia” il mercoledì, “il tempo
libero” il giovedì, “la moda” il venerdì, “la lettura” il sabato (nuovo supplemento dedicato
alla lettura dei libri) “la salute” la domenica. Per precisare, non mi occupo tanto delle
testate specifiche regionali ma della sezione a livello nazionale che è il Quotidiano
Nazionale.
2. Che funzione attribuisce agli eventi in relazione anche dei diversi
destinatari a cui sono rivolti?
La funzione è prettamente informativa ed esplicativa, nel senso che attraverso le pagine del
quotidiano, i nostri lettori hanno la possibilità di approfondire determinati temi, ma
dall’altra parte coloro che partecipano attivamente agli eventi diventano interlocutori che
possono interagire direttamente con i relatori del momento creando un vero e proprio
dibattito. Inoltre essendo temi di grande interesse quelli dedicati all’economia, hanno vari
107
risvolti: abbiamo approfondito la tematica “territorio”, abbiamo parlato di
“internazionalizzazione”, di “start up”, di attività rivolte all’Expo. Le tavole rotonde, i
forum, o gli incontri hanno invogliato il pubblico a porre attenzione creando curiosità e
interesse. La funzione dunque è duplice: trovare e dare informazioni ai lettori e allo stesso
tempo dare al possibilità di fare domande specifiche a tutti coloro che sono presenti
all’evento per essere maggiormente indottrinati dai relatori.
3. Di che tipo di eventi si occupa l’ufficio Eventi, progetti ed iniziative
editoriali?
L’anno scorso ci siamo occupati maggiormente di eventi economici in senso generale ed
eventi dedicati al settore del turismo, anch’essi con un taglio prettamente economico, che
attraverso la Regione e l’Apt hanno dato risvolti interessanti per i nostri lettori. Nell’ultima
parte dell’anno, inoltre, abbiamo fornito una informazione molto interessante legata al
tema della salute. Sono stati tre gli eventi “salutistici”: l’evento dedicato alla Boston
Scientific e altri due dedicati a Roche e alla tematica del tumore al seno. Tuttavia i
maggiori temi affrontati rimangono quelli di stampo economico.
4. Quali elementi o fattori si considerano prima di pianificare un evento?
L’evento viene pianificato su specifiche date che combaciano con la “necessità” del
territorio di riferimento.
108
Il motivo per cui ci siamo occupati dell’Expo, ad esempio, è perché, nel mese di settembre,
la Regione Emilia Romagna ha avuto la sua presenza all’evento mondiale. Mentre prima,
quando abbiamo pianificato altri eventi sull’Expo (e abbiamo cominciato tre anni fa), lo
abbiamo fatto in funzione di un cammino per raggiungere e capire come si sviluppava il
tema del cibo in regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna e lo scopo era quello di
raccontare tutte le loro attività organizzate in occasione dell’Expo.
Il secondo elemento che impone l’organizzazione di un evento è il lancio di un prodotto. Ad
esempio, la Boston Scientific, nel 2015 si è servita di un evento per pubblicizzare e rendere
il più possibile “visibile” uno strumento innovativo per l’attività cardiaca che era stato
precedentemente lanciato sul mercato europeo: era necessario che nelle nostre aree in cui
eccelle il reparto di cardiologia venisse raccontato.
5. Ci sono delle fasi che la pianificazione di un evento deve seguire?
Innanzitutto, per parlare di “organizzazione di eventi” bisogna distinguere due fasi:
- Fase “interna” svolta in questo ufficio e ha funzione operativa perché si ricercano i
relatori, i partner adeguati a quel tema, si mandano gli inviti tramite e-mail, si stampano
tutti gli articoli e i comunicati stampa che vengono raccolti in “cartelline” che sono il
materiale di riferimento di quell’evento destinato al pubblico;
- Fase “esterna” contraddistinta dalla collaborazione di un partner che ci accompagna
durante tutto lo svolgimento del progetto e avviene perché può esserci richiesta dal
mercato.
109
6. Perché avete scelto il Gruppo BPER Banca come partner delle tavole
rotonde?
Perché la BPER Banca è un gruppo molto importante per il territorio dell’Emilia Romagna,
ben radicato proprio come il Resto del Carlino, quindi non poteva essere altrimenti. La
BPER è un partner storico per noi. La collaborazione è iniziata con il Premio fotografico
da quando il Carlino ha compiuto 125 anni e continuerà negli anni avvenire. Infatti, al di là
di seguirci negli anniversari, la BPER ha espresso la volontà di promuovere alcuni loro
argomenti sui vari territori di riferimento. Ed ecco che è nata la partnership anche per le
tavole rotonde.
7. A chi vi rivolgete quando organizzate tavole rotonde di questo tipo?
Di solito ci rivolgiamo ad esperti a seconda del il titolo di quella tavola rotonda. Scelto
anche grazie all’ausilio dell’Università, è proprio un Professore esperto di quel
determinato tema che introduce il convegno. Poi selezioniamo quelli che sono i principali
protagonisti di quel determinato settore, figure per lo più istituzionali, mentre chi modera il
dibattito è sempre un responsabile di area di quel determinato territorio. Gli inviti sono
sempre creati dal Direttore di QN-il Resto del Carlino Andrea Cangini, al quale si
sottopone il panel dei relatori per discutere dell’organizzazione generale. I 300 e più
relatori, protagonisti degli eventi fatti finora, si possono raggruppare in categorie e quindi
avremo la categoria di relatori istituzionali che danno la caratura di queste attività e poi la
categoria di esperti del settore di quel territorio.
110
8. Quali sono gli obiettivi che desiderate raggiungere utilizzando questo
strumento di marketing e comunicazione?
Gli obiettivi sono vari. Tra questi, interessare i lettori attraverso le pagine perché questi
eventi vengono pubblicati sul quotidiano prima, durante e post evento; il partner e anche
quello di avere la massima visibilità sull’argomento e sul territorio di riferimento.
9. Quali sono gli imprevisti che si possono incontrare quando si cura un
evento?
Chi cura gli eventi sa benissimo che ci possono essere degli imprevisti che ti obbligano a
trovare delle soluzioni all’ultimo momento. Perciò nulla deve essere trascurato. La regola è
che si deve arrivare al giorno dell’evento curando ogni minimo particolare. Tra gli
imprevisti vi può essere l’assenza improvvisa di un relatore, per cui è bene assicurarsi,
tramite conferma scritta, che sarà presente. Anche la location se non curata abbastanza
può comportare delle difficoltà: tutto deve essere scritto sottoforma di contratto per
garantire l’occupazione di quella sala o di quel palazzo.
10. Che funzione svolge la stampa rispetto allo sviluppo economico del
territorio e rispetto alla popolazione?
L’aspetto più importante è la fedeltà di lettura: tanto più hai un quotidiano che sviluppa dei
temi, tanto più la funzione che la stampa svolge è importante.
111
Lavorando per un Gruppo che si chiama QN-il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno, il
ruolo fondamentale è di accontentare, non per raccontare al lettore quello che si aspetta,
ma di raccontargli le peculiarità dell’argomento che stai trattando. Nel 90% dei casi i
nostri lettori sono attenti e curiosi e sono anche stimolatori perché molto interessati a
quello che capita nel loro territorio.
11. Quanto sono importanti, per la crescita economica territoriale, le
iniziative culturali?
Sono assolutamente fondamentali per lo sviluppo della crescita economica territoriale. Se
non c’è cultura non c’è crescita economica e del territorio. La cultura è curiosità di
apprendere, per avere lo stimolo di conoscere e sapere sempre di più.
13. Che caratteristiche bisogna avere per intraprendere questa
professione?
Organizzare gli eventi, al contrario di quello che si possa pensare, è un lavoro complesso e
che ti obbliga ad essere costantemente disponibile in ogni momento, permettendoti di
instaurare relazioni di tutti i tipi sia con personalità di spicco sia con la gente comune. Ma
la prima qualità che bisogna avere è la curiosità di capire come funzionano le cose: mai
lavorare a livello superficiale, ma andare nel profondo dell’attività. Tanto più si ha
curiosità, tanto più porti a termine il lavoro in maniera eccellente. La seconda qualità è
l’aspetto culturale che caratterizza ognuno di noi e che è molto importante per un lavoro
112
del genere. L’ultima qualità, che non è però da meno, è la capacità di lavorare in team in
armonia e coordinazione. Per riuscire nell’organizzazione di un evento esso deve essere
sempre supportato dal mezzo di comunicazione giusto, dalla televisione ai mezzi
specializzati nel settore. Se hai questa forza di comunicare attraverso i media, l’evento avrà
successo.
113
CONCLUSIONI
Giunti alla conclusione di questo lavoro è possibile “tirare le somme” di un percorso che mi
ha permesso di comprendere a pieno il mondo degli eventi, diventandone in qualche modo
“protagonista”. Grazie all’occasione che mi è stata offerta dall’ufficio Eventi, progetti ed
iniziative editoriali, ho avuto modo di toccare con mano tutti i lati di una pianificazione di
attività – con annesse difficoltà - che non erano per nulla fini a se stesse. Sopraggiungono,
infatti, diverse riflessioni da argomentare.
I convegni, le tavole rotonde, gli incontri contribuiscono innanzitutto a “dare valore” a un
territorio come quello dell’Emilia Romagna, una regione ricca dal punto di vista culturale ed
economico, nonostante i problemi scaturiti da una crisi che va avanti da otto anni. Con
questi incontri però, argomenti come il territorio e il suo sviluppo in concomitanza della
crisi economica, sono stati sviscerati e semplificati per creare un dibattito e dare soluzioni
per una possibile ripresa, tra cui creare una maggiore consapevolezza e maggiore interesse
nelle persone per un nuovo ordine dell’economia, in relazione a un mondo come il digitale
che si sta imponendo con forza, ma si spinge anche a guardare avanti, a migliorarsi e a
concepire un nuovo modello economico nel quale siamo immersi. Per questi motivi sono
essenziali le iniziative pensate da un giornale come il QN-il Resto del Carlino, che dà voce
al popolo e che comprende e grida la sua necessità a migliorarsi.
Il funzionamento degli eventi permette di comprendere anche il ruolo fondamentale della
comunicazione, onnipresente nella vita di ognuno di noi e in tutti i settori lavorativi. Senza
una buona comunicazione, l’evento stesso non si potrebbe sviluppare, come la
114
comunicazione che coinvolge gli attori interni ed esterni è l’aspetto centrale della vita
dell’azienda.
Si può confermare, inoltre, che gli eventi sono importanti strumenti strategici per il
marketing territoriale, sfera che accomuna tanti fattori: ad esempio il ruolo della cultura si
può definire “propagatore di ricchezza” nell’economia dell’Emilia Romagna, dato che essa
genera identità, valore sociale e proietta al futuro.
Le celebrazioni per i 130 anni de il Resto del Carlino sono state oggetto di tutto questo:
hanno permesso di analizzare e confrontare le diverse realtà economiche e di sviluppo di
tante città, cominciando a rivisitare il passato per inquadrare nuove progetti per risolvere le
difficoltà e le sfide di queste città. La tutela e la valorizzazione del grande patrimonio
storico insieme alla promozione delle attività culturali devono essere considerate come muri
portanti per lo sviluppo del nostro Paese e un quotidiano come questo, ben radicato nel
territorio, potrebbe accrescere l’importanza per lo sviluppo economico e culturale sia a
livello locale che nazionale.
115
BIBLIOGRAFIA
Benzi C., “La comunicazione organizzativa. Schede teoriche e tecniche”, Centro Studi
Cisl, 2008
Cantoni L., Di Blas N., “Teoria e pratiche della comunicazione”, Edizione Apogeo,
Milano, 2002
Capecchi S., “L’audience attiva. Effetti e usi sociali dei media”, Carocci Editore, Roma,
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I dati statistici e i materiali specifici relativi alle celebrazione per i 130 anni del il Resto
del Carlino sono stati resi accessibili dall’ufficio Eventi e dall’ufficio Marketing
della Poligrafici Editoriale, Gruppo Monrif, sede di Bologna.
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“GRAZIE”
Frutto di impegno, costanza e perseveranza, questo lavoro deve tanti grazie. A tutte quelle
persone vere che mi hanno accompagnato in questo lungo percorso, supportandomi e
incoraggiandomi senza mai mancarmi di un sorriso e credendo sempre in me.
Grazie infinitesimo ai muri portanti della mia vita, Mamma e Papà. Il vostro sostegno e
amore sono linfa vitale.
Grazie ai miei fratelli, Andrea, Marianna e Antonella, semplicemente perché esistete. E
grazie a Francesco e Alessandro di cui sono follemente Innamorata.
Quando guardo lassù o quando chiudo gli occhi o quando stringo i pugni, mi viene sempre
in mente la mia cara nonnina che non mi stanco mai di ricordare e di pensare. Grazie.
E poi…Grazie a Francesco. Ringraziarti è davvero troppo poco in paragone a tutto quello
che ogni giorno, incondizionatamente, fai per me. L’amore quotidiano unito alla forza e
alla tranquillità insiti in te, mi rendono invincibile e orgogliosa. Grazie a te la felicità è
tangibile.
Grazie a Fiorella, di cui non posso fare a meno, ad Annalisa, grande compagna di sintonie
perfette, grazie a Rosangela e a Pasquale, compagni di risate e di avventure. Grazie a Rita
che mi ha supportato anche nei momenti bui di questo periodo. Grazie a Francesca e alle
risate impossibili da trattenere.
Ringrazio il Professore Grandi e la Professoressa Capecchi per la loro disponibilità.
Un ringraziamento particolare va a Oda Costa che con autorevolezza mi ha insegnato il
“mestiere”, perché mi ha dato fiducia e responsabilità e per il tempo dedicatomi.