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GNGTS 2015 SESSIONE 2.3 211 GLI INTERVENTI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO DI LIQUEFAZIONE PER LA RICOSTRUZIONE POST SISMA EMILIA 2012 A. Amadori 1 , V. Fioravante 2 , A. Ghinelli 3 , D. Giretti 2 , L. Martelli 4 1 Regione Emilia-Romagna, Servizio Tecnico di Bacino Romagna, Forlì, Italia 2 Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Ferrara, Italia 3 Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Italia 4 Regione Emilia-Romagna, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, Bologna, Italia Premessa. Com’è noto, le scosse principali del 20 maggio (M L =5,9) e del 29 maggio (M L =5,8) della sequenza sismica padana del 2012 hanno causato anche diffusi effetti di liquefazione in un vasto territorio, compreso tra la bassa pianura modenese, il settore occidentale della provincia ferrarese e l’oltrepo mantovano. I maggiori effetti sono stati osservati in provincia di Ferrara, in particolare a S. Carlo, frazione di S. Agostino, e a Mirabello (Fig. 1), dove la liquefazione degli orizzonti sabbiosi del sottosuolo ha causato l’inagibilità di interi settori dei centri abitati (Fioravante e Giretti, 2012; Crespellani et al., 2012). Diffusi e copiosi effetti sono stati rilevati anche in alcune frazioni del Comune di Cento (FE), a S. Felice sul Panaro (MO), a Cavezzo (MO) e a Moglia e Quistello in provincia di Mantova. Si è trattato per lo più di risalita e fuoriuscita di sabbia attraverso vulcanelli, fratture del terreno e pozzi per acqua. Ai piani inferiori degli edifici sono stati osservate fuoriuscite di sabbia anche attraverso gli scarichi dei sanitari. Localmente, sui dossi fluviali e sui rilevati arginali, si sono verificati anche fenomeni di espansione laterale. Non sono stati osservati fenomeni di fluidificazione. Dal confronto tra la distribuzione di questi fenomeni e le mappe geologiche e dalle indagini geotecniche risulta che la maggior parte degli effetti si sono verificati in corrispondenza di dossi e sistemi di paleoalvei e paleocanali originati dall’attività deposizionale dei fiumi Secchia, Panaro e Reno (Fig. 2); decisamente meno frequenti gli effetti nelle aree in cui i depositi sabbiosi del sottosuolo sono dovuti all’attività deposizionale del Po (Calabrese et al., 2012; Martelli e Romani, 2013). Le analisi granulometriche, effettuate su campioni di sedimenti fuoriusciti in superficie e su campioni prelevati durante le indagine geotecniche, e le prove di permeabilità in sito hanno evidenziato che i terreni liquefatti e liquefacibili di questo settore della Pianura Padana sono sabbie fini e sabbie limose con permeabilità dell’ordine di 10 -4 ÷10 -5 m/s, per lo più a profondità comprese tra -2 m e -13 m (Calabrese et al., 2012; Facciorusso et al., 2012; Martelli e Romani, 2013; Colombi et al., 2014). Le verifiche del rischio di liquefazione effettuate successivamente agli eventi sismici e alla manifestazione degli effetti cosismici e il confronto tra i parametri geotecnici delle prove penetrometriche realizzate prima e quelle realizzate dopo la liquefazione (Martelli e Romani, 2013) hanno evidenziato che la liquefazione non ha prodotto un apprezzabile addensamento delle sabbie e l’occorrenza di liquefazione è tuttora presente, anche nei siti dove questa è avvenuta. I contributi per la mitigazione del rischio di liquefazione. Vista la rilevanza e diffusione degli effetti di liquefazione, per la prima volta in Italia, il Commissario delegato per la ricostruzione-Presidente della Regione Emilia-Romagna, con le ordinanze n. 51, n. 57 e n. 86 del 2012, ha reso disponibili contributi economici per realizzare interventi di mitigazione del rischio di liquefazione. Tali ordinanze prevedono la possibilità di un aumento, fino al 15%, del costo convenzionale di riparazione/ricostruzione di edifici gravemente danneggiati (esito E delle verifiche di agibilità), in siti in cui si sono verificati effetti di liquefazione; recentemente, per edifici adibiti ad attività produttive, la possibilità di incremento è stata elevata fino al 50% (Ordinanze del Commissario delegato per la ricostruzione-Presidente della Regione Emilia- Romagna n. 16/2015 e n. 36/2015). Per ottenere tali contributi i progettisti devono documentare, nel sito d’interesse, la presenza di effetti di liquefazione a seguito dei terremoti di maggio-giugno 2012, verificare l’entità di rischio di liquefazione (valore dell’Indice Potenziale di Liquefazione e distribuzione del

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  • GNGTS 2015 sessione 2.3

    211

    glI InterventI dI rIduzIone del rIschIo dI lIQueFazIone per la rIcostruzIone post sIsma emIlIa 2012 A. Amadori1, V. Fioravante2, A. Ghinelli3, D. Giretti2, L. Martelli41 Regione Emilia-Romagna, Servizio Tecnico di Bacino Romagna, Forlì, Italia2 Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Ferrara, Italia3 Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Italia 4 Regione Emilia-Romagna, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, Bologna, Italia

    Premessa. Com’è noto, le scosse principali del 20 maggio (ML=5,9) e del 29 maggio (ML=5,8) della sequenza sismica padana del 2012 hanno causato anche diffusi effetti di liquefazione in un vasto territorio, compreso tra la bassa pianura modenese, il settore occidentale della provincia ferrarese e l’oltrepo mantovano. I maggiori effetti sono stati osservati in provincia di Ferrara, in particolare a S. Carlo, frazione di S. Agostino, e a Mirabello (Fig. 1), dove la liquefazione degli orizzonti sabbiosi del sottosuolo ha causato l’inagibilità di interi settori dei centri abitati (Fioravante e Giretti, 2012; Crespellani et al., 2012). Diffusi e copiosi effetti sono stati rilevati anche in alcune frazioni del Comune di Cento (FE), a S. Felice sul Panaro (MO), a Cavezzo (MO) e a Moglia e Quistello in provincia di Mantova. Si è trattato per lo più di risalita e fuoriuscita di sabbia attraverso vulcanelli, fratture del terreno e pozzi per acqua. Ai piani inferiori degli edifici sono stati osservate fuoriuscite di sabbia anche attraverso gli scarichi dei sanitari. Localmente, sui dossi fluviali e sui rilevati arginali, si sono verificati anche fenomeni di espansione laterale. Non sono stati osservati fenomeni di fluidificazione.

    Dal confronto tra la distribuzione di questi fenomeni e le mappe geologiche e dalle indagini geotecniche risulta che la maggior parte degli effetti si sono verificati in corrispondenza di dossi e sistemi di paleoalvei e paleocanali originati dall’attività deposizionale dei fiumi Secchia, Panaro e Reno (Fig. 2); decisamente meno frequenti gli effetti nelle aree in cui i depositi sabbiosi del sottosuolo sono dovuti all’attività deposizionale del Po (Calabrese et al., 2012; Martelli e Romani, 2013).

    Le analisi granulometriche, effettuate su campioni di sedimenti fuoriusciti in superficie e su campioni prelevati durante le indagine geotecniche, e le prove di permeabilità in sito hanno evidenziato che i terreni liquefatti e liquefacibili di questo settore della Pianura Padana sono sabbie fini e sabbie limose con permeabilità dell’ordine di 10-4÷10-5 m/s, per lo più a profondità comprese tra -2 m e -13 m (Calabrese et al., 2012; Facciorusso et al., 2012; Martelli e Romani, 2013; Colombi et al., 2014).

    Le verifiche del rischio di liquefazione effettuate successivamente agli eventi sismici e alla manifestazione degli effetti cosismici e il confronto tra i parametri geotecnici delle prove penetrometriche realizzate prima e quelle realizzate dopo la liquefazione (Martelli e Romani, 2013) hanno evidenziato che la liquefazione non ha prodotto un apprezzabile addensamento delle sabbie e l’occorrenza di liquefazione è tuttora presente, anche nei siti dove questa è avvenuta.

    I contributi per la mitigazione del rischio di liquefazione. Vista la rilevanza e diffusione degli effetti di liquefazione, per la prima volta in Italia, il Commissario delegato per la ricostruzione-Presidente della Regione Emilia-Romagna, con le ordinanze n. 51, n. 57 e n. 86 del 2012, ha reso disponibili contributi economici per realizzare interventi di mitigazione del rischio di liquefazione. Tali ordinanze prevedono la possibilità di un aumento, fino al 15%, del costo convenzionale di riparazione/ricostruzione di edifici gravemente danneggiati (esito E delle verifiche di agibilità), in siti in cui si sono verificati effetti di liquefazione; recentemente, per edifici adibiti ad attività produttive, la possibilità di incremento è stata elevata fino al 50% (Ordinanze del Commissario delegato per la ricostruzione-Presidente della Regione Emilia-Romagna n. 16/2015 e n. 36/2015).

    Per ottenere tali contributi i progettisti devono documentare, nel sito d’interesse, la presenza di effetti di liquefazione a seguito dei terremoti di maggio-giugno 2012, verificare l’entità di rischio di liquefazione (valore dell’Indice Potenziale di Liquefazione e distribuzione del

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    Fattore di Sicurezza alla Liquefazione lungo la verticale di indagine) in caso di nuove scosse e presentare un progetto di mitigazione di tale rischio. Nei centri abitati di S. Carlo e Mirabello, data la diffusione degli effetti e visti i risultati delle indagini che hanno dimostrato la presenza diffusa di rischio di liquefazione, con DD 12418/2012 sono state perimetrate le aree in cui non occorre documentare né l’avvenuta liquefazione né la presenza del rischio ed è sufficiente presentare il progetto di intervento; in tali aree il contributo concesso è massimo (15%).

    Utili riferimenti per la localizzazione dei siti in cui sono stati osservati effetti di liquefazione sono la cartografia delle microzone omogenee in prospettiva sismica dello studio di microzonazione sismica per la ricostruzione post terremoto (Allegato 1.4; http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/speciale-terremoto/sisma-2012-ordinanza-70-13-11-2012-) e la cartografia di sintesi degli effetti ambientali a cura di EMERGEO-INGV (http://www.esriitalia.it/emergeo/; v. anche il rapporto disponibile in http://emergeo.ingv.it/rapporti-di-attivita.html).

    Per una valutazione, a scala territoriale, della distribuzione delle aree a maggiore rischio di liquefazione è utile consultare la cartografia dei fattori di amplificazione e del rischio di liquefazione dello studio di microzonazione sismica per la ricostruzione post terremoto (Allegato 1.5; http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/speciale-terremoto/sisma-2012-ordinanza-70-13-11-2012-).

    Per favorire la realizzazione di tali interventi sono state pubblicate indicazioni sulle tecniche di mitigazione ritenute più idonee in base alle caratteristiche geologiche locali (DD 12418/2012; Fig. 3) e linee guida sulle indagini geotecniche da effettuare a supporto dei progetti (DD 1105/2014).

    Fig. 1 – Esempi di effetti di liquefazione a seguito del terremoto ML=5.9 del 20 maggio 2012: a) Mirabello, b) e c) S. Carlo.

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    Situazione ad oggi dei progetti presentati. Al momento della presentazione di questa nota, fine settembre 2015, sono state presentate 95 domande di contributi per interventi di mitigazione del rischio di liquefazione. Di queste, 65 avevano i requisiti richiesti (danni gravi, effetti osservati e presenza del rischio di liquefazione) mentre le restanti 30, nonostante nella maggior parte dei casi fosse documentata la presenza del rischio, erano relative a siti in cui non sono stati rilevati effetti di liquefazione.

    Nel primo anno post-sisma (periodo giugno 2012-maggio 2013) le domande di contributi presentate sono state appena 5; a questo proposito è però importante tenere presente che le prime ordinanze di finanziamento degli interventi di mitigazione del rischio di liquefazione sono state emanate nell’ottobre 2012. Dal giugno 2013 al maggio 2014 (secondo anno) il numero delle domande presentate è stato di 37 e altrettante sono state le domande presentate dal giugno 2014 al maggio 2015 (terzo anno); infine, da giugno 2015 a settembre 2015, vale a dire in 4 mesi, sono state presentate le restanti 16 domande.

    I progetti approvati e in via di approvazione sono suddivisibili come segue.• Più della metà (54%) hanno previsto la realizzazione di dreni verticali. Questo tipo di

    intervento (passivo), pur non migliorando le proprietà meccaniche del terreno, se ben dimensionato riduce fortemente la probabilità di liquefazione poiché limita lo sviluppo delle sovrappressioni interstiziali in caso di terremoto. Il frequente ricorso a questa tecnica è senz’altro dovuto ai costi contenuti e alla facilità di realizzazione in caso di demolizione e ricostruzione.

    • Nel 20% dei casi i progetti presentati hanno previsto la realizzazione di fondazioni profonde (soprattutto pali, in minor misura micropali), finalizzate al superamento degli strati potenzialmente liquefacibili e al trasferimento dei carichi delle strutture in elevazione a strati di terreno profondi e stabili in caso di sisma. Questo tipo di intervento può risultare particolarmente oneroso perché, gli orizzonti liquefacibili sono generalmente presenti

    Fig. 2 – Mappa dei siti in cui sono stati rilevati effetti di liquefazione a seguito dei terremoti di maggio-giugno 2012.

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    fino a profondità di circa 12÷13 m, rendendo quindi necessaria la progettazione di pali particolarmente lunghi, a fronte di carichi superficiali in genere modesti.

    • La tecnica del compaction grouting è stata adottata in circa l’8% dei progetti. Il ricorso a questo tipo di intervento, tra i più efficaci in quanto induce addensamento del terreno con conseguente incremento della resistenza ciclica, è risultato piuttosto limitato sia a causa degli elevati costi di realizzazione sia perché l’approvazione dell’intervento è subordinata all’esecuzione di un campo prova che ne consenta il dimensionamento e certifichi l’efficacia (in alcuni casi gli esiti dei campi prova hanno indotto i progettisti ad adottare tecniche di mitigazione del rischio di liquefazione differenti). Inoltre il compaction grouting non è applicabile nel caso di orizzonti liquefacibili presenti a profondità inferiori di 5,5÷6 m perché potrebbe causare sollevamenti del piano campagna con conseguenti effetti dannosi agli edifici adiacenti (Idriss e Boulanger, 2008). Per un esempio di campo prova, realizzato per la verifica preliminare dell’efficacia di questa tecnica per un intervento di ricostruzione a S. Carlo (FE), si veda Colombi et al. (2015) in questo volume.

    • Nell’8% dei progetti è stata prevista la realizzazione di colonne in ghiaia vibrocompattate, che in fase di realizzazione addensano il terreno e durante un sisma si comportano come dreni. Anche in questo caso il ricorso piuttosto limitato a questo tipo di intervento è dovuto al rischio di causare danni agli edifici adiacenti durante la vibrocompattazione.

    • Il 5% dei progetti ha previsto la realizzazione di colonne di jet grouting, che, più rigide del terreno naturale presente tra esse, hanno la funzione di assorbire gran parte degli sforzi di taglio indotti dal sisma, con conseguente abbattimento delle deformazioni di taglio della sabbia e riduzione delle sovrappressioni interstiziali.

    • Il 5% dei progetti ha previsto il ricorso ad iniezioni di miscele di malte cementizie mentre in due casi sono state proposte iniezioni di miscele chimiche ecocompatibili (v. D’Attoli

    Fig. 3 – Rappresentazione schematica di alcuni degli interventi di mitigazione del rischio di liquefazione ritenuti più idonei in base alle caratteristiche geologiche locali (da DD 12418/2012).

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    et al., 2015, in questo volume), con l’obiettivo, per entrambe le tecniche, di indurre cementazione dei grani e aumentare di conseguenza la resistenza ciclica del terreno trattato. In entrambi i casi è stata richiesta la realizzazione preliminare di campi prova per valutare l’efficacia dei trattamenti (capacità delle miscele iniettate di permeare il terreno e cementarlo) e per il dimensionamento degli interventi.

    • Infine, la difficoltà di realizzare interventi nel sottosuolo per l’adiacenza di edifici ha comportato in un caso la necessità di ricorrere al solo rinforzo delle fondazioni superficiali esistenti.

    I sintesi la scelta degli interventi di mitigazione del rischio di liquefazione per la ricostruzione post sisma nelle aree dei terremoti emiliani di maggio-giugno 2102 è stata fortemente condizionata dai costi, dalla difficoltà di progettazione e realizzazione, in particolare nei siti con edifici adiacenti, e dalla difficoltà di permeazione dei terreni da trattare.

    BibliografiaCalabrese L., Martelli L., Severi P.; 2012: Stratigrafia dell’area interessata dai fenomeni di liquefazione durante

    il terremoto dell’Emilia (maggio 2012). Atti del 31° Convegno del Gruppo Nazionale di Geofisica della Terra Solida, Potenza, 20-22 novembre 2012, sessione 2.2, 119-126.

    Colombi A., Curli S., Ercolessi G., Loffredo G., Martelli L., Minghini F., Stevanin E., Veronese T., Zanetti D., 2014: Analisi del rischio di liquefazione dell’area produttiva “Piccola e Media Industria” di Ferrara. Atti del 33° Convegno del Gruppo Nazionale di Geofisica della Terra Solida, Bologna, 25-27 novembre 2014, sessione 2.2, 165-173.

    Colombi A., Roversi M., Pallara E.; 2015: Intervento di compaction grouting su un edificio residenziale danneggiato dal sisma emiliano del 2012 a San Carlo (FE) per la mitigazione del rischio di liquefazione: primi risultati di un campo prova. In questo volume, sessione 2.3.

    Crespellani T., Facciorusso J., Ghinelli A., Madiai C., Renzi S., Vannucchi G.; 2012: Rapporto preliminare sui diffusi fenomeni di liquefazione verificatisi durante il terremoto in Pianura Padana emiliana del maggio 2012. http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/liquefazione-gruppo-di-lavoro

    D’Attoli M., Navi F., Occhi A., Gualerzi D., Occhi M.; 2015: Liquefazione dei terreni in condizioni sismiche: metodo PRELIMITTM per la mitigazione del rischio mediante iniezioni chimiche eco-compatibili. In questo volume, sessione 2.3.

    DD 12418/2012: Approvazione degli elaborati cartografici concernenti la delimitazione delle aree nelle quali si sono manifestati gravi effetti di liquefazione a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 e degli indirizzi per interventi di consolidamento dei terreni. Determinazione del Dirigente del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna n° 12418 del 02/10/2012. http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/speciale-terremoto/interventi-per-la-ricostruzione-e-la-ripresa

    DD 1105/2014: Approvazione di “Indicazioni sulla documentazione tecnica da produrre a supporto della richiesta di contributi per interventi di consolidamento del terreno di fondazione in caso di riparazione, ripristino con miglioramento sismico o demolizione e ricostruzione di edifici dichiarati inagibili che abbiano riportato danni da liquefazione, a seguito della sequenza sismica che ha interessato la pianura emiliana nel maggio-giugno 2012”. Determinazione del Dirigente del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna n° 1105 del 03/02/2014. http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/speciale-terremoto/interventi-per-la-ricostruzione-e-la-ripresa

    Facciorusso J., Madiai C., Vannucchi G.; 2012: Rapporto sulla risposta sismica locale e pericolosità di liquefazione a S. Carlo e Mirabello. http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/liquefazione-gruppo-di-lavoro

    Fioravante V., Giretti D.; 2012: Il caso di Sant’Agostino-San Carlo. http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/liquefazione-gruppo-di-lavoro

    Idriss I.M., Boulanger R.W.; 2008: Soil liquefaction during earthquakes. Monograph MNO-12, Earthquake Engineering Research Institute, Oakland, CA, 261 pp.

    Martelli L., Romani M. ( a cura di); 2013: Microzonazione Sismica e analisi della condizione limite per l’emergenze delle aree epicentrali dei terremoti della Pianura Emiliana di Maggio-Giugno 2012 (Ordinanza del Commissario Delegato – Presidente della Regione Emilia-Romagna n. 70/2012). http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/speciale-terremoto/sisma-2012-ordinanza-70-13-11-2012-cartografia