glossario del contemporaneo
DESCRIPTION
Glossario dell'arte contemporaneaTRANSCRIPT
Accademia di Belle Arti di Brera
Corso di: Ultime Tendenze nelle Arti visive
Docente: Marcella Anglani
GLOSSARIO degli studenti
per gli studenti
LABORATORIO
DI IDEE DEL
CONTEMPORANEO
1
Indice Glossario
A Archeologia Industriale……………………………………….... 3 Arte Pubblica………………………………………………………..5 Arte Relazionale……………………………………………...…… 6 Atlante……………………………………………………………….. 8 Attivismo……………………………………………...…………... 10
B
Beni Comuni……………………………………………...……….11
C Cartografia …………….………….……………………………… 12 Città Contemporanea..………………………………………...13
Comunità………….………………………..…….………………. .14 Contesto…………………………………………………………….16
Contesto quotidiano……………………………………………17 Corporeità………………………………………………………….18 Critica Istituzionale………………………………………………21
Critica Istituzionale #2…….…………………………………..23
D Dispositivo……………………………….…………………………24
E
Ecosofia……………………………………………………………..25 Estetica Relazionale…………………………………………….26 Ethnoscape………………………………………………………..27
F
Flàneaur…………………………………………………………….30 Fruitore……………………………………………………………...32
G
Gentrification…………………………………………………….34 Glocalizzazione…………………………………………………...36
2
I
Internazionale Situazionista…………………………………37 Ibridazione………………………………………………………...40 Ibridazione #2……………………………………………………41 Identità……………………………………………………………..43 Immateriale……………………………………………………….45 Interstizio, Confine, Frontiera……………………………….48
M
Mappe, Mappature……………………………………………49 Moltitudine……………………………………………………….51
N
Network……………………………………………………………53 New Genre Public Art…………………………………………54 Non luogo………………………………………………………….56
P
ParaSite…………………………………………………………….57 Performatività……………………………………………………58 PostFordismo…………………………………………………….61 Precarietà………………………………………………………….63
S
Skulptur Projekte………………………………………………65 Skulptur Projekte Muster……………………………………66
Strategia…………………………………………………………..67 Strategia/ Tattica……………………………………………….68 Street Art…...…………………………………………………….69
3
Archeologia Industriale
Pratica di studio nata all‟inizio degli anni 50‟ finalizzata alla conoscenza
approfondita della storia del passato e del presente industriale. In anni
relativamente recenti ha subito un‟evoluzione, tramutandosi in una pratica di
riciclaggio e riconversione di spazi industriali, magazzini e stazioni al fine
di trasformarli in centri espositivi, poli per l'arte, atelier; “fabbriche di
cultura”.
Tutto ciò si può realizzare a partire da processi collettivi che vedono
coinvolti artisti e movimenti sociali allo stesso tempo.
In quest‟ottica il ruolo dell‟artista è soprattutto quello dell‟attivatore-
coordinatore di piattaforme aperte d‟intervento in grado di catalizzare le
forze immaginative.
Uno dei modelli di riferimento è stata la Factory di Andy Wharol a New
York.
In Italia, alcune testimonianze di archeologia industriale possono essere:
“Majazé”- che nel dialetto siciliano significa deposito di merce varia, sin
dalla sua fondazione a Catania nel 2002 è stato un “magazzino” di scambio
di arti e culture. Nato come struttura autonoma inserita nel territorio
siciliano, esso ha costruito negli anni una rete d‟interazione e di
sperimentazione creativa (artistica/tecnologica) che si è allargata a livello
internazionale. Nel 2002 Emma Scialfa e Tommaso Marletta hanno dato il
via al processo di trasformazione degli spazi: da antico deposito di agrumi
ormai dismesso, il “majazé” è diventato un centro di trasmissione e di
produzione di una cultura che è stata continuamente alimentata e sostenuta.
Esso ha messo a disposizione gli spazi, le competenze e l'ascolto necessario
per accogliere artisti e operatori culturali affinché potessero formarsi,
ricercare, sperimentare e sviluppare progetti in condizioni adeguate alle
esigenze della creazione, dando così opportunità anche ai giovani talenti e al
territorio.
A Monteleone Sabino (Rieti) Ozu - una ex fabbrica di caramelle diventata
un laboratorio residenziale e creativo di più di 3 mila mq che ospita artisti
provenienti da ogni parte del mondo, in un contesto di condivisione
4
culturale libera , in cui ogni individuo può esprimere il proprio pensiero ed
il proprio lavoro in assoluta libertà e consapevolezza-; a Firenze l'ex
Manifattura Tabacchi e la vecchia Stazione Leopolda ospitano oggi arte
moderna, performance, sfilate di moda; il Lingotto di Torino, storico
stabilimento di produzione Fiat - e diventato un centro multifunzionale sito
a Torino (quartiere Nizza Millefonti). Quando Fiat ha spostato la produzione
in altri impianti, Renzo Piano è stato incaricato della ristrutturazione
dell‟edificio; attualmente la struttura ospita un auditorium, diversi uffici, un
centro congressi e uno dedicato alle esposizioni.
Sitografia:
www.treccani.it
www.ozu.it
www.majaze.it
www.wikipedia.it
5
Arte Pubblica
Il termine derivante dall‟inglese Public Art, sta a indicare una specifica
modalità di presentazione e fruizione dell'arte che entra nel tessuto sociale e
nella struttura urbana della città.
Nasce alla fine degli anni Sessanta, nel momento della crisi della
concezione urbanistica moderna e si allontana dall'idea di monumento in
quanto ha fini comunicativi e mai celebrativi.
Portare l'arte sullo spazio pubblico rappresenta l'occasione di far uscire
l‟arte dai luoghi ad essa deputati, di portarla a stretto contatto con un
pubblico ampio e allo stesso tempo di caratterizzare o rivalutare l'ambiente
cittadino.
Un lavoro ha la possibilità di essere pubblico quando riesce a comunicare
contenuti alla comunità alla quale decide di parlare e non si ferma a
questioni puramente figurative.
Le modalità di lavoro sono tante, ma presuppongono un'idea di fondo di arte
come servizio al cittadino, dove non si allude a una questione di pura
funzione, a un servizio puramente utilitario, ma a un utilizzo diverso del
luogo anche sul piano simbolico, affettivo, psicologico.
Le opere site-specific, sono interventi che vanno ad occuparsi di un luogo
specifico, della sua storia e memoria, recuperando i valori che la gente gli
attribuisce o entrando in relazione con la comunità che lo abita.
6
Arte Relazionale
Termine affermato da Nicolas Borriaud nel suo Esthétique ralationnelle
(pubblicato per la prima volta in Francia nel 1988), nella quale viene
espressa la tesi che vede protagonista l‟orizzonte teorico e pratico dell‟arte
degli anni novanta. Con la mostra Forme di relazione a cura del critico
Roberto Pinto, il concetto di relazione entra a far parte di innumerevoli
ricerche successive come il Progetto Oreste. L‟estetica relazionale di
Borriaud, consiste nel giudicare le opere d‟arte in funzione delle relazioni
interpersonali, che producono quindi un modello di partecipazione sociale
che traspone il reale o potrebbe tradursi in esso, abbandonando la
produzione di oggetti tipicamente estetici e trasformando l‟oggetto d‟arte in
un luogo di dialogo e confronto in cui perde importanza il risultato finale e
assume centralità il processo.
L‟arte degli anni novanta, secondo questo principio, diventa uno stato
d‟incontro, e l‟esposizione genera dunque un particolare “ambito di scambi”
creando spazi liberi e favorendo un commercio interpersonale differente
dalle “zone di comunicazione” che ci sono imposte. L‟opera d‟arte viene
definita da Borriaud come interstizio sociale, riprendendo il termine usato
da Karl Marx per qualificare quelle comunità di scambio che sfuggono al
quadro dell‟economia capitalista. Ogni “modello” che crea questo
interstizio, rinvia a valori trasponibili nella società. Le relazioni fa gli artisti
e la loro produzione si flettono verso la zona del feed-back: i progetti
artistici conviviali che esplorano le multiple potenzialità della relazione con
l‟altro si moltiplicano. Altre caratteristiche sono l'improvvisazione e la
messa in scena in tempo reale: nella mostra Traffic (Bordeaux, 1995) gli
artisti potevano intervenire per tutta la durata dell'esibizione per modificare
l'opera, cambiarne la disposizione trasformando nel frattempo la mostra
stessa. Forme espressive privilegiate sono installazioni, film, video, progetti
collettivi, performance, strumenti per far emergere significati inconsci,
nuove realtà o nuove interpretazioni della realtà, trasformando l'evento
espositivo in un percorso di crescita e di presa di coscienza delle dinamiche
della vita quotidiana e dell'azione individuale all'interno di un contesto
sociale collettivo.
7
Tra gli artisti che operano secondo l‟estetica relazionale di Borriaud,
troviamo Félix Gonzàles-Torres, Rikrit Tiravanija, Philippe Perreno,
Gordon Matta-Clark, e Dominique Gonzales-Foerster.
8
Atlante
Raccolta di carte fisiche, politiche, economiche.
Gli illustri precedenti si ritrovano nel lavoro di August Sander “I volti del
tempo” e nel monumentale Atlante della Memoria di Aby Warburg.
Titano della mitologia greca condannato a reggere la volta del cielo.
Figura architettonica con funzione di sostegno.
Indica anche la collezione che Gerard Richter cominciò nel 1962 e consta
oggi di 5000 immagini tra fotografie, ritagli, collage, schizzi etc.
L‟archiviazione come atlante (Atlas) di immagini, raccolta di materiale
iconografico a supporto del lavoro pittorico, ci rende non solo il percorso
artistico ma anche privato del pittore
tedesco; l‟Atlas è una mappa completa della sua mente ma anche un
compendio della storia collettiva della cultura visiva di un‟epoca.
La prima raccolta, 27 carte, fu opera dell‟astronomo egiziano Tolomeo e
risale al II sec. a.C.. Gli atlanti indipendenti sono un'innovazione dei
cartografi fiamminghi, da Abraham Ortelius che nel 1570 pubblicò
il Theatrum orbis, primo atlante sistematico di geografia moderna,
a Gerardo Mercatore (Gerard de Kremer) che riprese la raccolta di Tolomeo
nel 1578. Il termine atlante comparve proprio nella prima raccolta di
Mercatore Atlas sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi, del
1595, che divenne la base per ogni carta geografica moderna, fino alla
contemporaneità; utile soprattutto ai navigatori. Dopo circa trent'anni, la
figura di Atlante comparve sulla copertina di tutte le raccolte di carte
geografiche. Nel 1818 Adolf Stieler formulò il primo atlante universale
mentre per il primo atlante mondiale si dovette attendere il 1992 e fu
il Grande Atlante Geografico dell'Istituto Geografico De
Agostini di Novara.
Nel 1973 lo storico tedesco Arno Peters pubblicò una cartina in risposta allo
schema di Marcatore, chiamata “Carta di Peters”; la superficie di ogni
elemento cartografato è realmente proporzionale alla vera estensione nello
spazio che nelle carte del passato risultava distorto, e non solo perché è
9
impossibile rappresentare fedelmente su una carta piana una superficie
sferica. Storici e geografi hanno dimostrato che ogni carta geografica
veicola anche messaggi ideologici e politici. La diffusione della proiezione
mercatoriana non dipendeva dal fatto che era la più comoda per i viaggi
marittimi ma dalla rilevanza che dava alle regioni settentrionali
dell‟emisfero terrestre, le più attive nell‟espansione coloniale. Peters
propose inoltre di collocare il meridiano centrale alla longitudine di Firenze
e abbandonare Greenwich come da tradizione. Il suo successo popolare e
politico della carta di Peters è determinato dal fatto che il sud del mondo
non viene sottovalutato. Infatti tra i suoi sponsor si trovano ONU, UNICEF-
Italia e la Caritas.
10
Attivismo
Il termine attivismo ha assunto nella contemporaneità attinenza ai campi più
svariati di un sistema economico-politico globale che pone sempre più
problemi riguardo a modelli , stili di vita e di consumo. In campo artistico
viene portato avanti un attivismo politico e sociale che ha avuto il momento
di maggior fervore negli anni 60-70 con la contestazione sociale operaia e
studentesca. Un attivismo quello artistico che si rinnova via via nelle
modalità ,grazie a vittorie e fallimenti collezionati dai predecessori, e che ha
consolidato un coinvolgimento sempre più forte con il tessuto sociale,con lo
scopo di rivelare incoerenze e deviazioni del sistema, che oppongono un uso
critico, alternativo, creativo dei media al tentativo di trasformarli in mezzi di
coesione sociale, che lavorano spesso ai limiti e sui limiti.
L‟arte come resistenza è questo il punto. Un nuovo radicalismo venuto alla
luce dalle continue mutazioni attraverso i passaggi storici degli ultimi cento
anni.
L‟attivismo artistico si muove liberamente per le strade contemporanee
espressione di origine individuale o collettiva non vincolata alle logiche del
profitto, Il tutto per stimolare la reale sperimentazione sui linguaggi
espressivi al di fuori di ogni censura, L‟attivismo artistico allora è come il
delta di un fiume. Si dirama in mille percorsi per poi sfociare nel grande
mare.
Per attivismo si intende, quindi una forma di apertura artistica intesa, come
la capacità di intervenire personalmente nella produzione di informazione,
espressione e comunicazione, partecipando in prima persona nella
costruzione dell‟immaginario collettivo.
11
Beni Comuni
I “beni comuni” sono proprieta‟ di una comunita‟ e dei quali la comunita‟
puo‟ disporre liberamente; si tratta cioe‟ di beni che appartengono allo
stesso gruppo di individui e di cui i membri di questo gruppo possono
liberamente disporre.
Tutti quei beni materiali e immateriali (l‟ambiente, le foreste, il mare come
ecosistema e come territorio di pesca, le acque interne, le infrastrutture e i
servizi di pubblica utilita‟ - ma anche immateriali - la fiducia sociale, la
solidarieta‟, la sicurezza e la conoscenza) che costituiscono un patrimonio
collettivo di una comunita‟ e il cui sfruttamento deve essere regolato, per
impedire che queste risorse comuni, a causa del depauperamento
indiscriminato a opera di questo o quel soggetto, si esauriscano. il bene
comune non e‟ proprieta‟ di nessuno, ma un diritto di tutti. il bene comune
deve essere tutelato (cioe‟ preservato e garantito) e disponibile (fruibile da
tutti).
I beni relazionali sono beni che possono essere prodotti soltanto insieme,
che non sono frazionabili e neppure concepibili come somma di beni
individuali. i beni relazionali sono quei beni che nascono da rapporti, da
incontri, nei quali l‟identita‟ e le motivazioni dell‟altro con cui
interagiscono sono elementi essenziali nella creazione e nel valore del bene.
12
Cartografia
“La cartografia è l'insieme di conoscenze scientifiche , tecniche e artistiche
finalizzate alla rappresentazione simbolica ma veritiera di informazioni
geografiche o statistiche, demografiche, economiche, politiche, culturali,
comunque in relazione al luogo geografico nel quale si realizzano.”
Questa è la definizione che si da nei dizionari sulla spiegazione prima del
termine “Cartografia” e del suo significato.
Sono delle carte geografiche standardizzate agli schizzi estemporanei ed
elaborazioni in pittura, scultura , fotografia e arte contemporanea dei new
media concettuale. Attraverso una mappa incomincia la ricerca della propria
identità la quale è tale perché situata in un tempo e in uno spazio, così come
il mondo è tale solo in base a come noi lo percepiamo.
La riflessione su come i mezzi di comunicazione stiano cambiando in
maniera irreversibile la nostra percezione del territorio e della sua
rappresentazione simbolica è un tema molto attuale. La
“democratizzazione” della visione satellitare, fino a pochi anni fa privilegio
di enti e autorità politiche, attraverso servizi come Google Earth, non ha
solo normalizzato la rappresentazione simbolica – sovrapponendo
perfettamente mappa e territorio – e tolto al nostro pianeta ogni aura di
mistero; ha anche offerto a chiunque un punto di vista nuovo sul mondo e
sulla realtà.
“Avere fiducia nel mondo è ciò che più ci manca: abbiamo completamente
smarrito il mondo,ne siamo stati spossessati.
Avere fiducia nel mondo vuol anche dire suscitare eventi, per piccoli che
siano, che sfuggano al controllo, oppure dare vita a nuovi spazzi-tempo,
anche di superficie e volumi ridotti. (…) Ma occorrono al tempo stesso
creazione e popolo”. (Gilles Deleuze).
13
Città contemporanea
La città contemporanea è un organismo troppo complesso e articolato per
essere giudicato come la semplice somma delle architetture che la
compongono: la qualità urbana non può fare a meno di prendere in
considerazione l‟accessibilità reale degli spazi pubblici e dei servizi, l‟uso
che abitanti, lavoratori e passanti fanno delle diverse aree in momenti
differenti, il grado di mescolanza e di vitalità che la progettazione urbana
riesce a consentire o che si sviluppa indipendentemente da qualsiasi piano.
Città come Berlino, Londra, New York, Tokyo, Hong Kong, Città del
Messico non hanno nulla più di armonico, straripano di brutti palazzi, brutte
infrastrutture, aree commerciali e interventi di bassa qualità, eppure ognuna
in modo diverso esprime un altissimo livello estetico in continua
evoluzione. Al contrario, città apparentemente più intatte e omogenee come
Bruges, Venezia o San Gimignano, ridotte a macchine da turismo, possono
produrre esperienze di desolazione molto disturbanti.
Ampiamente esposta e discussa in italiano dieci anni fa, nel n. 3 della rivista
“Ágalma” (giugno 2002)
14
Comunità
Il termine comunità deriva dal sostantivo femminile latino communitas, atis.
Nel linguaggio odierno è di uso comune e spesso viene utilizzato come
sinonimo di società. In realtà, secondo la riflessione filosofica di Ferdinand
Tӧnnies contenuta in "Comunità e società" (1887), le due parole assumono
significati antitetici: "comunità" indica una forma di socializzazione, che
predomina nell'epoca pre-industriale, verso la quale gli individui nutrono un
senso di appartenenza e alla quale partecipano spontaneamente; al contrario
la "società", che fa la sua comparsa nell'era industriale, è un insieme di
persone che si rapportano reciprocamente con un atteggiamento strumentale,
mirando al proprio interesse ed essa è basata perciò sullo scambio.
Proprio nell'epoca della rivoluzione industriale, definita "grande
trasformazione da Zygmunt Bauman, la massa viene strappata dal proprio
ambiente naturale, ovvero quello rurale, per essere inserita nel contesto della
fabbrica, nel quale ciascun individuo è privato della sicurezza che derivava
dal vivere nella comunità. In quel frangente temporale le tendenze diffuse
erano due: la prima era quella di imporre, attraverso la coercizione, la
routine della fabbrica, sostituendo così i ritmi della passata comunità rurale;
la seconda aveva come obiettivo quello di ricreare all'interno della fabbrica
lo stesso habitat della comunità, favorendo così il benessere dei lavoratori.
Questo secondo aspetto è rimasto marginale fino a quando la fabbrica
fordista ha deciso di sintetizzare i due aspetti in un modello unico.
Bauman sostiene tuttavia che in una società della globalizzazione, sempre
più individualizzata come quella in cui noi viviamo, risulta sempre più
evidente il venir meno di modalità di relazione solidale ed affettiva. In
"Voglia di comunità" (2001) l‟autore afferma che, se alcune parole destano
particolari sensazioni, "comunità" è sicuramente una di queste: essa emana
infatti un‟impressione piacevole, qualunque sia il suo significato. Comunità
è un posto caldo, intimo e confortevole, all‟interno del quale ci sentiamo al
sicuro. E‟ inoltre il luogo della gratuità e della reciprocità, dove è possibile
contare sulla benevolenza di tutti. “Far parte di una comunità” è dunque
percepito come qualcosa di buono.
15
Il problema alla base de "Il contratto sociale" (1762) di Jean-Jacques
Rousseau è trovare una forma di associazione che difenda e protegga con
tutta la forza comune la persona e i beni di ciascun associato, e in virtù della
quale ognuno, unendosi a tutti gli altri, obbedisca, tuttavia, soltanto a se
stesso, e rimanga libero com'era prima". La soluzione a ciò è data dal
contratto sociale, stipulato tra gli individui. Attraverso questo patto il popolo
realizza collettivamente la propria libertà: ciascuno aliena la propria libertà
soltanto " a se stesso" a favore di tutta la comunità.
E‟ lo stesso Rousseau che, attraverso le pagine di "Giulia o la nuova Eloisa"
(1761) , tratta ancora il tema della "comunità": nella descrizione di Clarens è
infatti possibile ritrovare sia l‟elemento caldo e solidale tipico di questo
concetto, sia i suoi limiti intrinseci. Clarens è infatti il luogo della
solidarietà e della reciprocità, in cui è possibile rintracciare quella
comprensione, forza sociale che tiene gli uomini insieme come membri di
un tutto e che poggia su un‟intima conoscenza reciproca, che sta alla base
della comunità tönnesiana. Ciò che unisce gli abitanti di Clarens è un
progetto comune di vita, in cui il bene collettivo, il bene di tutti, ha la
priorità rispetto ai meri interessi individuali. Qui l‟unione nasce dalla
spontanea affinità dei suoi membri, non c‟è bisogno di alcuna mediazione
giuridica o di leggi, sostituite invece dalla genuina manifestazione del
sentimento. Rousseau ci consente però di cogliere anche i limiti di questa
comunità: non tutti infatti vi possono essere ammessi. Clarens non sembra
essere in grado di rispondere adeguatamente alla sfida della diversità: è
necessario possedere gli stessi valori, uno stesso stile di vita per essere
pienamente “inclusi” in questo mondo, e chiunque non abbia certe
caratteristiche è necessariamente lasciato fuori.
Infine nelle società odierne manca l'humus comunitario, cioè
l'identificazione dell'individuo con la società di appartenenza e, con essa, il
terreno concreto e fertile dei rapporti tra uomini, della comunicazione, della
solidarietà. Così ciò che non c'è viene cercato dagli individui in surrogati di
comunità: nel clan, nella setta, nel club calcistico, nell'idea di razza, ovvero
in forme di aggregazione dove l'identificazione con un dato gruppo viene
spesso esasperata in modo fanatico.
16
Contesto
Da vocabolario: „il contesto‟ è la situazione complessiva in cui si verifica un
fatto; se non, riferendosi a elementi linguistici all‟interno di testi, è l‟insieme
dei rapporti che legano gli elementi l‟uno con l‟altro così da essere
pienamente significativi solo se presi nel loro complesso. Allo stesso modo
un‟ opera si inserisce in un insieme.
Nicolas Bourriaud, nel libro Estetica relazionale, lo spiega bene:
“L‟arte in situ è una forma d‟intervento artistico che tiene conto dello spazio
nel quale si dà a vedere. Questa presa in carico del luogo d‟esposizione ieri
consisteva nell‟esplorare la sua configurazione spaziale e architettonica.
Una seconda possibilità, dominante nell‟arte degli anni Novanta, consiste in
un indagine sul contesto generale d‟esposizione: la sua struttura
istituzionale, le caratteristiche socio-economiche in seno alle quali
s‟inscrive, i suoi attori.”
È in questi ambienti, considerati agglomerati di una varietà di elementi che
si relazionano insieme, in cui l‟artista si pone, arrivando a essere
consapevole del luogo vissuto e a generare racconti, storie, eventi.
Il contesto è la situazione in cui si colloca l‟opera e che condiziona il
significato del l‟atto comunicativo.
17
Contesto quotidiano
L‟uomo comune, senza qualità, dimostrerà una straordinaria capacità di
inventare il quotidiano grazie ad arti pratiche tattiche di resistenza, mediante
le quali elude il controllo dell‟ordine sociale e fa un uso imprevedibile dei
prodotti che gli vengono imposti. Solo in apparenza egli è sottomesso e
passivo, ma nel vero esso si sottrae alla realtà delle costrizioni di una
razionalità arrivista che pecca di presunzione nel concepire il benessere
sociale, attribuendo a ciascuno un loco, un ruolo, ma soprattutto dei prodotti
di consumo. Dietro questo infausto ed infruttuoso tecnicismo; ascoso
l‟individuo comune rielabora soluzioni creative attraverso mille arguzie
sottili ed efficaci, al fine di non soccombere al sistema a cui è sottoposto.
L‟innovazione determinata dalle scoperte tecnologiche non precede ma
segue il mutarsi di forme di vita anticipatamente presenti in processi che
non si rivelano da subito ma, per esternarsi necessitano di una continua
ricerca inventiva, di uno sguardo rivolto alle virtù del mondo sotto una
diversa luce, una nuova capacità percettiva, riuscendo a carpire così, risorse
già presenti e storicamente represse o marginalizzate.
Ne consegue quindi che il cambiamento nella procedura del fare arte, e del
ruolo dello stesso spettatore, confluiscano al divenire attivo dell‟interazione
con l‟opera, affluendo a spunto per l‟attuazione morfologica artistica nella
costituzione di realtà narrative di carattere post-produttivo. Diviene quindi
di profonda rilevanza il rapporto orizzontale di scambio fra l‟artista e
l‟osservatore, che si riflette sul lavoro generandone un nuovo senso.
18
Corporeità
All‟uso del corpo come linguaggio ricorrono sempre più artisti
contemporanei di differenti tecniche e tematiche, ma in che modo lo fanno?
Per meglio comprendere in che modo gli artisti hanno fatto uso del corpo,
raggrupperemo il loro lavoro su tre filoni che hanno caratterizzato in modo
preponderante l'uso della fisicità nell'arte.
Per capire bene in che modo il fare artistico, nelle numerose interpretazioni
che critici e artisti stessi hanno dato, catalogheremo l'uso del corpo su tre
aspetti fondamentali: il dolore come certificazione del proprio corpo fisico:
Corpi-Esibiti. Il travestimento o il lasciar traccia di sé come astrazione e
“scomparsa” della fisicità: Corpi-Alterati. E per finire la tecnologia che,
partendo dal corpo dell'artista, lo travisa in qualcosa di nuovo, lontano dalla
propria “essenza”: Corpi-Estranei. 1
Corpi-Esibiti, Corpi-Alterati e Corpi-Estranei altro non sono che metafore
di quelle componenti che mostrano, offuscano e alterano il corpo: la carne,
lo specchio, e la macchina. In ciascuno di questi tre gruppi, gli artisti hanno
provato tutte le possibilità che il loro corpo offriva, in modo da poterlo
affermare al mondo, conoscere, perlustrare ed alterare.
La carne e il dolore fisico sono stati utilizzati per esempio da Rudolf
Schwarzkogler, Chris Burden e Regina José Galindo come una strategia per
demolire con ferocia i nostri meccanismi psicologici. Il corpo, per loro, è
affermazione della concretezza di esistere attraverso il dolore. Provare
dolore significa che il corpo è qualcosa di concreto, tangibile, vivo.
L'utilizzo del termine “Carne” vuole sottolineare maggiormente, a scanso di
equivoci, che si fa riferimento al corpo nell‟accezione più concreta
possibile. Tralasciati gli spazi formali, l‟arte e gli artisti iniziano ad evadere
dalle zone sociali ritenute “normali” e il corpo viene considerato un mezzo
per mettere in atto forti cambiamenti. La figura dell'artista è mostrata in tutta
la sua fisicità: tramite i suoi gesti e le proprie azioni crea un senso di
appartenenza ad una realtà oggettiva in funzione della società, riattivando la
1 Cfr.: F. A. MIGLIETTI, Identità mutanti. Dalla piega alla piaga: esseri delle contamina-
zioni contemporanee, Milano, Mondadori, 2008.
19
nostra sensibilità verso il funzionamento della cultura dominante che tenta
di anestetizzare la violenza reale attraverso la violenza mediatica o
istituzionale nei cui confronti rimaniamo passivi. Tutte quelle emozioni che
vengono ridotte e banalizzate dai media ci vengono “sbattute in faccia” in
modo esplicito, utilizzando appunto un messaggio violento e privo di
malintesi per violare regole e costumi sociali.
Lego lo specchio all‟idea di Corpi-Alterati perché il riflesso del corpo non è
nient‟altro che un‟alterazione della realtà. Infatti grazie a questo mezzo
abbiamo la possibilità di reinventare il nostro io/altro a partire da una
riconsiderazione di io e di altro, all‟interno di una prospettiva di mutazione
antropologica e di un passaggio al transumano mutando l‟immagine di
partenza.
Cindy Sherman, Orlan e Aziz+Cucher mi sembrano i più significativi in
questo senso perché pur avendo usato mezzi espressivi e modalità tra loro
differenti sono giunti a fare “scomparire” il corpo.
La tecnologia, infine, associata alla fisicità (Corpi-Estranei) supera l'
appartenenza al proprio “vecchio corpo”, di se stessi e della propria essenza
a qualcosa d‟innovativo, migliore e nuovo. La tecnologia è un mezzo per
amplificare l‟azione corporea ed arrivare alla costruzione di un “organismo
nuovo”, un cyber corpo, che, tramite la tecnologia, può allargare l‟area
dell‟esperienza e aprire la strada verso possibilità insperate aumentandone la
comunicazione e superando i limiti umani: è necessario quindi , secondo
Stelarc, Marcel.lì Antunez Roca e Shinya Tsukamoto iniziare a pensare al
corpo come a una struttura componibile, pronta ad ospitare al proprio
interno o all‟esterno, innesti tecnologici che possano operare, agire,
evolversi autonomamente, sostituendosi ad organi imperfetti, spesso mal
funzionanti e comunque destinati al decadimento fisiologico. La tecnologia
è un'appendice in grado di aumentare le possibilità dell‟organismo
abbattendo i limiti biologici per offrire esperienze sensoriali nuove ed
aumentare esponenzialmente le capacità comunicative sia del corpo che
dello spirito.
20
Bibliografia e Sitografia
http://it.wikipedia.org/wiki/Body_art
http://it.wikipedia.org/wiki/Body_art
- J. DEICHT (a cura di), Post Human, Cat. mostra, Rivoli-Torino, s.e., 1992.
- H. FOSTER et al, Arte dal 1900. Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo, Bologna, Zanichelli, 2006.
- U. GALIMBERTI, Il corpo, Milano, Feltrinelli, 1983, rist. 2006.
- T. MACRÌ, Il corpo postorganico. Sconfinamenti della performance, Milano, Costa e Nolan, 1996.
- F.A. MIGLIETTI, Nessun tempo, nessun corpo...Arte, Azioni, Reazioni, Conversazioni, Milano, Skira, 2001.
- F.A. MIGLIETTI, Virus art: viste e interviste dalla rivista Virus Mutations, Mila-
no, Skira, 2003.
- F. A. MIGLIETTI, Identità mutanti. Dalla piega alla piaga: esseri delle contamina-
zioni contemporanee, Milano, Mondadori, 2008.
- S. ORBACH, Corpi, Torino, Codice edizioni, 2010.
- L. VERGINE, Body Art e storie simili, il corpo come linguaggio, Milano, Skira
21
Critica Istituzionale
“Proporrei, quindi, come una prima definizione del termine critica questa
caratterizzazione generica: l‟arte di non essere governato tanto.“
[ Michel Foucault: “Illuminismo e Critica” ]
Critica
Etimologia: Dal greco KRITIKE [ sottinteso TECHNE' arte ] da KRINO [
giudico ].
[crì-ti-ca] s.f. (pl. -che)
1 Analisi razionale applicabile a qualsiasi oggetto di pensiero,
concreto o astratto, e volta all'approfondimento della conoscenza e alla
formazione di un giudizio autonomo: c. storica; c. costruttiva
2 Disciplina che studia i particolari caratteri storico-culturali ed
estetici di opere d'arte, letterarie, musicali ecc.: c. d'arte, letteraria, musicale;
anche, recensione: una c. favorevole ||
3 Insieme dei critici e delle opere di critica: sulla messa in scena
dell'opera la c. è divisa; bibliografia della c. dantesca
4 Giudizio negativo, disapprovazione: tirarsi addosso molte c.
Istituzione
Etimologia: da INSTITUERE, stabilire dar principio decretare, istruire,
ammaestrare. Cosa costituita.: Poi accademia,Liceo e simili dove si
ammaestra ed educa la gioventù.
istituzione
[i-sti-tu-zió-ne] s.f.
1 Atto con cui si istituisce, si stabilisce qualcosa: un governo
provvisorio || dir. i. di erede, nomina di un erede da parte del testatore
2 Ente, organismo fondato per perseguire finalità di rilevanza
sociale: i. assistenziale, culturale
22
3 Ordinamento dei vari aspetti della vita collettiva che presuppone
la loro stabilità e accettazione: i. civili, sociali || i. pubbliche, gli organismi
costituzionali di uno stato
4 Educazione, istruzione; Complesso delle nozioni fondamentali
di una disciplina: istituzioni di diritto privato
Origini:
Questioni attorno alla dicotomia “pubblico-privato” hanno fatto parte della
critica istituzionale da quando Marcel Duchamp ha cominciato a
decontestualizzare i suoi objet trouvè per ricollocarli in ambienti d‟arte. In
un certo senso, il povero Duchamp, che con il senno di poi si è trovato padre
di tanti figli senza aver avuto il piacere immediato della creazione, può
vantarsi anche di essere stato l‟antenato di questo movimento artistico che
prese pieno slancio negli anni settanta. Daniel Buren esplorò con le sue
installazioni le caratteristiche che contraddistinguono lo spazio espositivo
dagli spazi pubblici, ma anche la differenza fra la percezione di un visitatore
e quella di un passante. Hans Haacke cercò di neutralizzare e ripoliticizzare
le pratiche artistiche fotoconcettuali: dove la neutralità dell'immagine è in
realtà accezione di un fotogiornalismo di denuncia sociale. Atto a mostrare
le contraddizioni conosciute ma scarsamente divulgate. Marcel Broodthaers,
con il suo Museo d‟Arte Moderna, mise in discussione la scelta curatoriale
degli oggetti da esporre. La trasparenza è rimasta una delle questioni più
scottanti per gli artisti che oggi sviluppano progetti che si possono definire
“critica istituzionale”. La critica evidenzia le pratiche delle “istituzioni
d‟arte”, siano esse musei, gallerie, biennali o altro, con lo scopo di rivelare
meccanismi quasi automatizzati. A volte la critica prova a mettere in luce il
background di alcune condizioni o prassi sulle quali si è poco riflettuto o
hanno motivazioni che volutamente rimangono all‟oscuro dei visitatori e
degli artisti. Il compito sicuramente più discusso delle istituzioni espositive
è la scelta degli artisti a cui viene affidata l‟opportunità di presentare il loro
lavoro al pubblico.
23
Critica Istituzionale #2
La “critica istituzionale” si riferisce all'arte che riflette criticamente sulla
propria istituzionalizzazione in sedi come gallerie e musei o sulla categoria
concettuale e funzione sociale dell'arte stessa. Queste riflessioni sono in
qualche modo parte dell'arte moderna fin dalla sua nascita, ma è alla fine
degli anni Sessanta ed all'inizio degli anni Settanta che hanno acquisito una
nuova centralità, accentuata dai movimenti sociali del periodo e legittimata
dagli strumenti stilistici sviluppati dall'arte concettuale. L‟arte è critica e lo
è nei confronti del sistema che la riguarda. L‟intento di cambiarlo è un
obiettivo perseguito da Hans Haacke, Marcel Broodthaers, Daniel Buren e
altri.
Da tempo però assistiamo al degenerare della “critica dell‟istituzione” in
“istituzione della critica”. In questo nuovo millennio sono sorte iniziative di
artisti e collettivi artistici che sono impegnati nella ridefinizione del rapporto
tra spazio pubblico e produzione sociale, ora i materiali utilizzati consistono
nelle facoltà umane come il linguaggio, i sentimenti, la socialità, l‟estetica
ecc…
Non c‟è più l‟aspirazione a impadronirsi dello Stato (o dei suoi istituti come
il museo..) è piuttosto un‟azione a difendersi e a uscire da esso. Abbandono
anziché scontro. Ricerca di nuovi spazi di intervento, di pratiche costituenti,
di microazioni su scala sociale, di forme di autogestione.
I giovani artisti dovrebbero più che mai animarsi per cercare di creare un
proprio sistema. Poiché nel grande sistema dell‟arte loro non sono ammessi.
24
Dispositivo
Possiamo dividere l‟esistente in due grandi gruppi: da una parte i viventi
(insieme che include virtualmente qualsiasi cosa) e dall‟altra i dispositivi
che incessantemente li catturano, che formano una rete tra questi elementi:
questa rete, come definisce il vocabolario italiano è “utilizzata per compiere
una determinata funzione”. Questa funzionalità evidenzia il carattere
strategico del dispositivo, che compie un intervento “politico” e di forza sui
suoi elementi culturali. Come tale quindi risulta dall‟incrocio di relazioni di
potere e di relazioni si sapere.
Questa è tuttavia necessaria, ontologica: il dispositivo in quanto pura attività
senza alcun fondamento nell‟essere necessita di un processo di
soggettivazione, deve perciò produrre il proprio soggetto.
Così ad esempio, la macchina fotografica esige che chi la possiede (colui
che ne è posseduto) continui a fare foto , fino al punto in cui egli non è più
al di sopra dell‟atto fotografico, ma è divorato dall‟attività del suo
dispositivo, il suo comportamento soggettivo è il funzionamento automatico
della macchina fotografica, sono perciò le foto che di fatto governano noi
per programmarci ad assumere un comportamento rituale al servizio di un
feedback per i dispositivi.
Bibliografia:
“Che cos’è un dispositivo?”G. Deleuze
“Che cos’è un dispositivo”G. Agamben
“Per una filosofia della fotografia” V. Flusser
25
Ecosofia
La parola etimologicamente deriva da eco (casa, ambiente) e sofia
(saggezza), quindi si potrebbe definire ecosofia la conoscenza che riguarda
l‟ambiente e il rapporti che intercorrono tra questo e l‟uomo.
Fèlix Guattari è uno dei primi ad utilizzare questa parola1 e nel 1989
individua tre livelli di ecologia, cioè quella ambientale, sociale e soggettiva,
e inizia a parlare di ecosofia: un pensiero che non pone natura e cultura su
piani diversi (come ad esempio presuppone l‟ecologia) ma ripensa questi
rapporti come un‟unica dimensione dinamica e in continua trasformazione.
Secondo lui l‟ecosofia “può pretendere di prendere il posto delle vecchie
ideologie che hanno settorializzato in maniera abusiva il sociale, il privato e
il civile”2
Oggi molto spesso l‟arte contemporanea si pone come luogo
dell‟ibridazione e dell‟antisettorializzazione; come evidenziato nel
convegno” ECOSOFIA . Arte, società, paesaggio.”3svoltosi il 1 febbraio
2012 presso la NABA di Milano arte, politica e bene comune non possono
più essere dispositivi che funzionano separatamente.
L‟ecosofia si occupa del paesaggio e della resistenza creativa alla
distruzione dell‟ambiente, ma anche di ripensare le frontiere e le barriere
della città, di porsi come un ecologia filosofica e sociale che possa
affrontare le problematiche urgenti e imminenti dell‟ambiente e del
territorio.
26
Estetica Relazionale
Intorno alla metà degli anni '90 il nodo problematico della destinazione
pubblica dell'opere ha trovato una nuova centralità. Il legame opera pubblico
è diventato il nocciolo della teoria “relazionale” introdotta dal critico
Nicolas Bourriaud, in cui opera e pubblico sono in rapporto di coesione e
coabitazione.1
L'arte relazionale è un'arte che si basa sullo scambio fra oggetto artistico e il
visitatore, in uno scambio alla pari dove l'arte cerca il suo interlocutore
creando collaborazione o convivialità con gli individui dentro lo spazio
d'esposizione, uno spazio delle relazioni che ha al centro il tema dell'essere
assieme.
Ciò che essa produce sono spazio-tempo relazionale, esperienze
interpersonali che tentano di liberarsi della costruzione dell'ideologia della
comunicazione di massa, producendo luoghi in cui si elaborano modelli di
partecipazione sociale e momenti di convivialità costruita.
L'arte non cerca più di figurare utopie ma di costruire spazi concreti.
L'arte relazionale nasce dall'osservazione del presente e da una riflessione
sul destino delle attività artistica che alla base vi è la sfera delle relazioni
umane come luogo dell'opera d'arte. 2
Bibliografia:
1 Lorenza Perelli(2006),”Public Art. Arte, interazione e progetto urbano”,città
tempo e architettura,Milano, pp.110
2 Nicolas Bourriaud (2010),Estetica Relazionale, postmedia books, Milano, pp.46- 47
27
Ethnoscape
Etimologia:
Il termine ethnoscape deriva dal greco ἔθνος - ethno (persone/società e, più
tardi, popolo/nazione) e dal suffisso inglese “-scape”.
Prefisso ethno-:
Da intendere nel significato di razza/etnia (nel senso di classificazione del
genere umano).
Suffisso -scape:
Sottratto dalla parola inglese landscape (paesaggio). Deriva dal termine
dell‟olandese antico Skap (nave), dal proto-germanico –skapaz (forma) e
ripreso poi nell‟antico inglese con Sceap e Scipe (nave/forma).
Il suffisso -scape può quindi essere inteso nel senso di: - forma, formazione
- scena, immagine, vista
- tipo specifico di paesaggio
Nome:
Ethnoscape (plurale ethnoscapes): “paesaggi di identità di gruppo”.
Distribuzione transnazionale di persone correlate. Da intendere nel senso di
gruppi di persone e singoli individui in movimento, non più stanziali e
territorializzati perché non legati a particolari ambiti territoriali e pertanto
non più studiabili dal punto di vista antropologico.
Il termine ethnoscape fu introdotto nel mondo accademico da Arjun
Appadurai (Mumbai, 1949), antropologo statunitense di origine indiana
considerato uno dei massimi esponenti degli Studi Postcoloniali. I suoi
lavori, assimilabili alla corrente dei Cultural Studies, sono incentrati sulle
riconfigurazioni culturali tipiche della modernità causate dai processi di
globalizzazione e dall‟avvento dei nuovi media.
Per Appadurai fenomeni considerati come globalizzazione si rivelano essere
processi di “indigenizzazione”, grazie a cui un oggetto o un comportamento
proveniente dall‟esterno viene tradotto e assimilato nella cultura indigena. In
questo modo soggetti de-territorializzati come i migranti costruiscono
28
identità contingenti che, di conseguenza, generano particolari condizioni di
etnicità.
L‟antropologo definisce “modernità diffusa” la condizione che si è venuta a
creare con l‟irruzione delle tecnologie di comunicazione di massa nelle varie
realtà socioculturali e con l‟esplosione dei fenomeni migratori. Centrale è il
ruolo dell‟immaginazione individuale o collettiva come strumento adottato
dagli individui per adattarsi al campo di possibilità di scelta a loro
disposizione.
Appadurai propone cinque dimensioni (denominate “-scapes”) che
contribuiscono allo scambio globale di idee e informazioni. Si tratta di una
sorta di “panorami” soggetti a un continuo cambiamento attraverso i quali si
immagina e si costruisce la propria identità:
Ethnoscapes: migrazioni e de-territorializzazioni umane
Mediascapes: flusso di informazioni, simboli e immagini (TV, radio,
giornali, internet)
Technoscapes: movimento delle tecnologie (nuovi tipi di scambio e
interazione culturale)
Financescapes: movimento del denaro (economia)
Ideoscapes: flussi di idee (per esempio: ideologie di un governo)
In antropologia della globalizzazione il suffisso -scape significa
“distribuzione transnazionale di elementi tra loro correlati il cui display può
essere rappresentato come paesaggi”; il prefisso -etno si riferisce a
“persone” piuttosto che al termine più rigoroso “etnicità”.
Appadurai crea il neologismo ethnoscape per descrivere quel fenomeno
transnazionale e interculturale, derivante dai cambiamenti sociali a livello
globale, in base al quale la riproduzione dell‟identità di gruppo all‟interno
della società globalizzata risulta non essere più legata a determinati ambiti
territoriali.
Nello specifico gli ethnoscapes sono un particolare tipo di “paesaggio” o
“dimensione” di persone de-territorializzate e in movimento che vanno a
costituire e istituire il mutevole e instabile mondo in cui viviamo.
Non essendo legati ad alcun luogo o zona, tali gruppi di persone spezzano il
tradizionale legame tra percezione etnica e spazio in base al quale
29
l‟antropologia tradizionale è in grado di studiare gruppi etnici che creano
geografie e realizzano spazi per legittimare la loro esistenza.
Turisti, migranti, rifugiati, esuli, lavoratori immigrati e altre persone o
gruppi in movimento risultano avere un forte peso nella configurazione di
fenomeni di cambiamento sociale e culturale a livello mondiale, essendo in
grado di influire sulle politiche delle nazioni e tra le nazioni ad un livello
fino ad ora senza precedenti.
Con il termine ethnoscape ci si riferisce quindi alla migrazione di persone
attraverso sfere culturali e confini territoriali, facendo apparire il mondo e le
sue molte comunità come fluide e mobili invece che statiche e determinate.
Tale attraversamento di frontiere e tale trasferimento e contaminazione di
culture e usanze finisce così per esporre entrambe le parti – migrante e
stanziale – ad una nuova realtà.
Bibliografia
Appadurai A., Globalization, Duke University Press, Durham, North Carolina, 2006.
Appadurai A., Modernità in polvere, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012.
Appadurai A., Modernity at Large: Cultural Dimension of Globalization (Public Words), University of Minnesota Press, Minneapolis, Minnesota, 1996.
30
Flàneaur
La parola Flàneaur è introdotta dal poeta francese Charles Baudelaire, indica
il gentiluomo che vaga per le vie cittadine. La parola non presenterebbe però
un esatta traduzione in italiano.
Il concetto di Flàneaur è altresì significatamente nell'opera di Walter
Benjamin non che ricorrente nell'ambito di discussioni accademiche sulla
modernità, ed è diventato significativo anche in architettura ed in
urbanistica.
Attorno al 1850, Baudelaire sostenne che l'arte tradizionale era inadeguata
per le nuove dinamiche e complicazioni della vita moderna. I cambiamenti
sociali ed economici portati dall'industrializzazione richiedevano che
l'artista si immergesse nella metropoli e diventasse per usare le parole di
Baudelaire ''un botanico del marciapiede'' un conoscitore analitico del
tessuto urbano, poiché coniò il termine riferendosi ai parigini il Flàneaur
(colui che passeggia) e la flàneaire (il passeggiare) sono associati con Parigi
e con quel tipo di ambient, che lascia spazio all' esplorazione non affrettata e
libera da programmi, il Flàneaur è molto consapevole del suo
comportamento pigro e privo di urgenza ed era descritto per esemplificare
questa caratteristica umorale, come uno che porta al guinzaglio delle
tartarughe lungo le vie di Parigi.
Walter Benjamin adottò questo concetto all'osservatore urbano sia come
strumento analitico che come stile di vita. Dal suo punto di vita marxista,
Benjamin descrive il Flàneaur come un prodotto della vita moderna e della
rivoluzione industriale, senza precedenti nella storia e decisamente
appartenente ad un certo tipo di classe sociale parallelo all' avvento del
turista.
Il suo Flàneaur è un borghese dilettante, non coinvolto ma molto perspicace.
Benyamin diventa il suo stesso esempio principale, raccogliendo le
osservazioni sociali ed estetiche che ricavava dalle lunghe passeggiate per le
vie di Parigi.
Anche il titolo del suo incompiuto ''Passagen-Werk'', deriva dalla sua
particolare affezione per le strade occupate dai negozi. Nel 1917 lo scrittore
31
svizzero Robert Walser pubblicò un racconto breve dal titolo ''La
Passeggiata'' che rappresenta il capolavoro della letteratura del Flàneaur.
Nel contesto dell'architettura e dell' urbanistica contemporanea, la
progettazione rappresenta per i Flàneurs una delle modalità per approcciarsi
agli aspetti psicologici della costrizione di edifici.
L'architetto Jon Jerde per esempio disegnò il suo Horton Plaza e il suo
Universal City Walk, costruendoli intorno alla necessità di prevedere
sorprese, distrazioni e sequenze di eventi per passeggiatori.
32
Fruitore (Estetica relazionale)
Già alla fine degli anni ‟70 l‟idea di oggetto artistico subisce una forte
mutazione, in sintonia con il passaggio dalla strumentazione critica e teorica
del formalismo strutturalista a quella del poststrutturalismo. Tali
cambiamenti, che investono anche la concezione del testo letterario e che
vedono la diffusione di discipline quali la semiotica, la pragmatica, la teoria
degli atti linguistici ecc. segnano i presupposti che negli anni a venire
porteranno all‟allargamento della nozione di opera d‟arte e alla
identificazione di nuovi parametri concettuali e interpretativi. In senso
tradizionale il manufatto artistico è inteso come a) un prodotto che b)
traduce il reale, c) secondo una precisa intenzionalità dell‟autore, che d) il
fruitore deve identificare e analizzare. In una prospettiva postformalistica, il
testo artistico si presenta come a) un processo, un atto in fieri, uno spartito
da leggere, che b) inquadra il reale, senza la pretesa rappresentativa di
cristallizzarne l‟essenza in una cornice, c) secondo una intenzionalità che
l‟autore, se vuole comunicare, deve d) condividere col fruitore (spettatore o
lettore che sia). In questa direzione diventano fondamentali non tanto le
relazioni interne all‟oggetto artistico, il loro equilibrio statico e formale, ma
le relazioni che esso istituisce con il contesto d‟uso e i suoi interlocutori. Il
significato artistico sarà imprescindibile dalla sua forza enunciativa e, sul
fronte della ricezione, dalle convenzioni di fruizione, dalle loro coordinate
etnografiche, dai codici comportamentali dello spettatore, così come dalle
sue inferenze e risposte emotive e valoriali. L‟elaborazione del significato
si sposta dal prima al dopo, dal produttore al fruitore dell‟opera. E‟ lui che
fa materialmente vivere il quadro o la scultura o l‟architettura che ha di
fronte o con i quali condivide gli spazi d‟accoglienza. Agli inizi degli anni
‟90 tali presupposti arrivano a una esplicita teorizzazione nell‟estetica
relazionale.
Essa evidenzia i fondamenti pragmatici dei processi artistici, la rete di
rapporti che l‟opera, intesa come evento, fare progettuale, instaura con i
luoghi espositivi, con le modalità percettive, il contesto istituzionale. In un
periodo di grandi mutamenti sociali, politici ed economici indirizzati verso
una società globalizzata e diversamente gerarchizzata, con radicali
33
trasformazioni nei modi di comunicare, che andavano portando verso forme
di superamento dei media tradizionali e dei consumi di massa, il fruitore di
arte stava diventando simile a un membro di un social network, soggetto di
una o più comunità interpretative, interessato a scambiare e condividere
senso, a costruire una esperienza transitoria ma interattiva con l‟arte e con
l‟autore, inteso non più come guru mediatico o guida intellettuale.
34
Gentrification
Con il termine gentrificazione (in inglese, gentrification) si indicano sia gli
spostamenti fisici di una parte di cittadini da una zona urbana ad un'altra
(meno centrale) sia il complesso di modificazioni e di cambiamenti socio-
culturali che ne derivano. Questi ultimi sono causati in primo luogo
dall'acquisto di beni immobili da parte di una fascia di popolazione
benestante che viene ad abitare in zone meno ricche e in seguito anche dalla
costruzione di infrastrutture e di servizi che vogliono rendere più
confortevole le zone “bonificate”.
Possiamo definire questo processo come una sorta di “operazione di
recupero” svolta da parte di privati (che beneficano di un capitale
autonomo).
Questo processo prevede un recupero dei quartieri operai del centro urbano
più decadenti, successivamente prevede una ristrutturazione degli immobili
e una “pacificazione” dell‟area dove poi si insinueranno nuove tipologie di
inquilini “middle class”.
Così facendo gli originari abitanti vengono “rimossi” (in quanto non più in
grado di permettersi i nuovi prezzi) e destinati in zone più periferiche.
Questo processo può rispecchiarsi nel “concetto-ombrello di
postmodernizzazione”, ovvero quel concetto che si riferisce alla
ristrutturazione globale delle relazioni sociospaziali attraverso nuove
modalità d'investimento.
La gentrificazione presuppone una deindustrializzazione delle aree centrali
che vengono occupate da membri della classe media e sviluppate come aree
turistiche e di consumo culturale.
Le aree gentrificate vengono quindi provviste di infrastrutture commerciali
assolutamente all'avanguardia e la loro promozione è curata nei minimi
particolari. La cosiddetta "rinascita della città" è pubblicizzata come un
evento in grado di portare benefici a tutti i suoi abitanti indistintamente, ma
la realtà è diversa. Uno sviluppo diseguale caratterizza l'andamento della
città, favorendo quelle zone che possiedono, per questioni storiche e/o
geografiche, un maggiore capitale culturale.
Le zone “gentrificate” vengono spesso rilanciate e affidate ad artisti e
creativi, al fine di promuovere la cultura anche al di fuori del centro storico
della città. Si noti come in queste zone negli ultimi anni vengano aperti studi
di artisti e botteghe. Il processo di
gentrificazione (specialmente a Berlino, dove la caduta nel muro aveva reso
disponibili interi vecchi quartieri soprattutto nella parte Est, o in molto città
americane ) dà origine anche a fenomeni d' arte, considerati urbani“di
strada”, che può essere simboleggiata dalla corrente della “street art” o del
35
“graffitismo”. La natura di tale arte è da ricercarsi nel rifiuto da parte di
artisti e persone di un certo stile di vita, dettato dalla mancanza di interesse
nei quartieri da parte della politica, che li lascia andare al loro destino. Così
gli artisti portano in strada la loro arte, la loro polemica tradendo la grande
commissione d'arte delle gallerie.
Spesso i quartieri più periferici vengono abbandonati o addirittura segnalati
come zone da non visitare mettendo al corrente i turisti dei rischi di rapine o
malavita.
Sotto alcune fotografie di street artist berlinesi: la città europea nella quale
la lotta artistica contro il disinteresse politico per alcune zone della città è
molto evidente.
36
Glocalizzazione
Il termine glocalizzazione è il risultato della fusione dei termini
"globalizzazione" e localizzazione". E un termine introdotto dal sociologo
Zygmunt Bauman.
Glocalizzazione-tendenza dell'economia ad adeguare le caratteristiche della
globalizzazione alle realtà locali; permette di mantenere il legame con il
territorio, valorizzare le differenze culturali e favorire lo sviluppo delle
piccole e medie imprese.
La glocalizzazione pone al centro della sua "filosofia", l'individuo, la
persona umana, il patrimonio locale materiale e immateriale della persona e
del gruppo di appartenenza.
La glocalizzazione non ignora la presenza di forze globalizzanti che anzi
esamina nella loro genesi e nelle loro implicazioni ma è saldamente
arroccata nella sua teoria generale dei sistemi e nella stretta interazione tra
geopolitica geoeconomia e geocultura.
37
Internazionale Situazionista
I dibattiti degli anni Cinquanta e Sessanta circa la funzione dell‟arte nella
società, si sono intrecciati con le vicende dell‟Internazionale Situazionista,
movimento d‟avanguardia politico e artistico fondato il 28 luglio 1957 a
Cosio d‟Arroscia (Imperia) dall‟unione di varie esperienze di carattere
artistico, politico e rivoluzionario che avevano come obiettivo comune il
superamento dell‟arte istituzionale e la rivoluzione sociale. Sviluppatosi
dalla confluenza dei gruppi Co.Br.A, M.I.B.I. e dalle ceneri
dell‟Internazionale Lettrista, l‟I.S. ne sintetizza le istanze estetiche e
ideologiche e ne reinterpreta il carattere avanguardistico e rivoluzionario. I
protagonisti del movimento furono il filosofo francese Guy Debord, l‟artista
danese Asger Jorn, l‟architetto e pittore Constant Nieuwenhuys e il pittore
italiano Giuseppe Gallizio. Le riflessioni del gruppo concernono i temi
dell‟impegno sociopolitico dell‟artista (almeno in una prima fase, Debord
sancirà poi l‟impossibilità di un‟arte “rivoluzionaria”) e il concetto di libera
sperimentazione legata al modo di intendere l‟architettura e, più in generale
lo spazio urbanistico, espressione di un potere economico e politico centrale
che mira all‟alienazione e al controllo sociale. In questo senso, i situazionisti
operano una rilettura delle idee marxiste, anche se furono fondamentali gli
apporti culturali forniti dalla poetiche dadaiste prima e surrealiste poi, in
merito al processo di sfida e di sovvertimento delle arti. Le posizioni sulla
funzione dell‟architettura e sul modo di concepire lo spazio urbano,
appaiono particolarmente interessanti, poiché fanno riferimento ad un
preciso modo di costruire città “reali”, capaci di rispondere ai bisogni dei
cittadini sia in termini funzionali che creativi. Per i situazionisti infatti gli
spazi della città rispondevano alle logiche della società capitalistica. Di
contro, gli individui devono potersi ricongiungere con l‟architettura e gli
spazi urbani in modo non banale e convenzionale, al fine di creare dei
momenti autentici di vita, interstizi sociali che sfuggono alle logiche
dell‟economia capitalista, come li intendeva Marx.
Per sintetizzare le loro posizioni, i situazionisti hanno, più o meno
volutamente, creato (o meglio riadattato) una sorta di glossario, composto
da termini che fanno riferimento a delle pratiche di
ridefinizione/riappropriazione dei luoghi e delle architetture e, in generale,
del modo di sentire e percepire lo spazio:
PSICOGEOGRAFIA: concerne lo studio degli effetti precisi dell‟ambiente
geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul
comportamento affettivo degli individui. La psicogeografia studia le
interazioni tra l‟uomo e l‟ambiente, in particolare si concentra sui processi
38
psichici che si innestano nel momento in cui un individuo si rapporta allo
spazio urbano;
URBANISMO UNITARIO: partendo dall‟indagine psicogeografica, l‟idea
promossa dai situazionisti è quella di una decostruzione degli spazi urbani
per realizzare appunto, attraverso la creazione di situazioni, un Urbanismo
Unitario, cioè un nuovo ambiente spaziale di attività dove l‟arte integrale e
una nuova architettura possano finalmente realizzarsi;
SITUAZIONE: la creazione della città situazionista, passa attraverso la
possibilità di creare dei modelli di esistenza autentici, momenti di felicità e
divertimento. In quest‟ottica, i situazionisti si proponevano di inventare
giochi di una nuova essenza, ampliando la parte non-mediocre della vita,
diminuendone, per quanto possibile, i momenti nulli. Alla città inconscia dei
surrealisti, i situazionisti opponevano la città ludica. Il tempo libero, doveva
essere dedicato al gioco, che si esprimeva sostanzialmente nella costruzione
di situazioni. La situazione «agisce in due direzioni: una ambientale
(esterna) che prevede, attraverso il riciclaggio di vecchie pratiche e strutture
preesistenti, la creazione di forme nuove (il détournement) che presto si
allargherà alla dimensione degli oggetti industriali e dei paesaggi urbani, ed
un‟altra di carattere comportamentale (interna), esposta attraverso il culto
del rischio e della sorpresa nel lasciarsi trascinare dagli eventi accidentali (la
deriva)2» ;
DERIVA URBANA: Il momento cardine della costruzione di situazioni, del
“gioco situazionista”, è rappresentato proprio da quest‟ultima, definita come
«un‟azione che consisteva nel costruire le modalità di una situazione il cui
consumo era immediato e che diventava difficilmente spendibile all‟interno
del sistema dell‟arte; un‟azione fugace, un‟istante da vivere nel presente
senza preoccuparsi della sua rappresentazione e della sua conservazione nel
tempo3».
DETOURNMENT: in analogia con la deriva urbana, il détournment
riprende l‟idea di deviazione da una logica determinista, ma sposta il
discorso su un piano culturale ed epistemologico. Lo scopo è quello di
ridare un senso a quegli aspetti della comunicazione di massa recepiti spesso
in modo acritico. Così facendo, è possibile creare linguaggi nuovi partendo
da quelli già esistenti (testi, suoni, immagini), operando una
decontestualizzazione al fine di creare un mutamento di senso. Ad esempio
si può modificare una citazione contestualizzandola in un nuovo piano
linguistico, in modo da donare alla frase un nuovo valore e significato.
2 Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n° 9, Bruxelles, novembre 1956; ripubblicato senza
le due appendici in Internationale Situationniste, n° 2, Parigi, dicembre 1958, Parigi; trad.it.
Internazionale Situazionista, Nautilus, Torino
3 Ibidem
39
Le tesi situazioniste si concludono con una generale critica sociologica e
politica alla cultura capitalistica vigente, e con un totale rifiuto della banale
vita quotidiana concepita dalla città borghese. Tuttavia il movimento non
lasciò in eredità esclusivamente una critica rivoluzionaria delle forme di
dominio che si sono create negli stati capitalistici avanzanti dal dopoguerra
in poi, ma rivelò anche un nuovo modo di concepire l‟ambiente e lo spazio
in modo radicalmente nuovo e alternativo.
40
Ibridazione
Ibrido è un qualcosa generato dall'incrocio di due enti che differiscono per
più caratteri. L'espressione si usa per indicare l‟accordo di molti elementi
diversi (etnici, religiosi, culturali, ecc.).
Nella storia dell‟arte abbiamo visto una mescolanza di idee e elementi che
possiamo dire, si comincia già dal periodo Barocco con Gian Lorenzo
Bernini e Piazza San Pietro, Piazza della Minerva, Fontana dei Quattro
Fiumi, ecc., si mischiano elementi occidentali con quelli egizi. Col
Romanticismo abbiamo un interesse per la cultura medioevale e quella di
paesi lontani e anche nel Neoclassicismo, soprattutto con Antonio Canova,
c‟è un recupero del classicismo greco e dell‟idea della perfezione e bellezza.
E‟ soprattutto con l‟Impressionismo e il Postimpressionismo che trovò sfogo
l'interesse per l'arte esotica, in particolare quella giapponese e le sue stampe:
Claude Monet e la Giapponeseria, Henri de Toulouse-Lautrec e i suoi ritratti
con kimono e altri elementi giapponesi come bambole, ventagli, ecc.
Edouard Manet, dove in alcuni quadri si inseriscono disegni giapponesi e
personaggi stranieri all‟occidente (es. Olympia, Ritratto di Emile Zola).
Col Cubismo che si rifà molto, soprattutto con Pablo Picasso, all‟arte negra,
alle maschere e alle sue sculture, oltre che essere egli stesso un grandissimo
collezionista di questi oggetti (es. Les demoiselles d'Avignon,nei quali si
mischiano l‟egiziano, l‟africano e l‟iberico, Ritratto di Gertrude Stein, ecc)
anche Amedeo Modigliani prende spunto da culture lontane, nei cui lavori
troviamo caratteri antichi, quasi egizi, piatti e che ricordano una maschera,
con distintivi occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti, e colli
allungati.
L‟arte contemporanea come ibridazione tra culture appare come un evento e
risuona come un modello effettivamente chiaro. Magiciens de la Terre è
un'esposizione d'arte contemporanea organizzata al Centre Georges
Pompidou di Parigi nel 1989, La mostra accosta opere provenienti da cinque
continenti, mescola protagonisti di fama indiscussa a "scoperte". Tra gli
artisti più importati troviamo: Marina Abramović (Repubblica di Serbia).
41
Ibridazione #2
Questo termine assume un‟influenza sempre maggiore all‟interno del
discorso culturale del nostro tempo, inserendosi nella produzione delle arti
figurative, della letteratura, nell‟antropologia e nella religione. Fenomeno
tutt‟altro che nuovo, tale termine indica una deviazione della norma della
genealogia, una mescolanza, un incrocio, una combinazione di elementi
appartenenti a sistemi diversi che, estrapolati dal contesto originario e
mescolati, hanno generato un organismo o un prodotto nuovi e creolizzati. Il
processo di ibridazione mette in discussione opposizioni binarie fra elementi
finora considerati compatti e distinti, come uomo e donna, bianco e nero,
indigeno e straniero, mondo occidentale e terzo mondo, arte e produzione
commerciale e così via. Il dibattito contemporaneo sulla natura della cultura
e dell‟arte contemporanea trova nell‟ibridismo uno dei suoi temi e passaggi
obbligati. Secondo il pensiero del più importante teorico postcoloniale
Homi Bhabha, l‟arte attuale non si muove nella ricerca di un utopico futuro
socialmente unitario (ricerca tipica dell‟avanguardia), ma si dirige invece
“verso un‟articolazione di un “tra” ibrido; una negoziazione tra diversi spazi
e tempi culturali”4.
I processi di globalizzazione accrescono la mobilità di persone e cose
attraverso i confini; al punto che oggi risulta impensabile concepire società e
culture come entità statiche. Le migrazioni sono uno dei segnali più forti del
cambiamento in corso nel mondo odierno. Gli spostamenti tra le diverse
parti del pianeta sono diventati un fenomeno in continua crescita, ciò
implica una de-identificazione della nozione stabilita di identificazione,
solitamente derivata dalla dipendenza di ognuno alla propria comunità di
stato-nazione, e una re-identificazione basata sull‟assai complessa
esperienza del confronto e del vivere con altre culture.
Riflettendo sull‟attuale situazione ibrida del nostro mondo nascono tuttavia
diversi punti di vista, a riguardo si apre un serrato dibattito tra chi vede in
4 H.Foster, R.Krauss, Y-A.Bois, B.H.D.Buchloh, Art since 1900. Modernism, Antimodernism,
Postmodernism (Arte dal 1900, Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo), London 2004,
p.618
42
questa nuova condizione di “unità nella diversità” un bene, un
arricchimento, e chi al contrario, ci vede un impoverimento.
Risulta infatti necessario chiedersi se la fusione di due diverse culture in un
nuovo organismo non comporti un annullamento delle tradizioni proprie di
ognuna, da qui l‟impoverimento. Sarat Maharaj afferma infatti che esistono
culture intraducibili e che ciò non è un male, ma al contrario un bene, in
quanto permette loro di mantenere i lori aspetti specifici, aventi valore per
ciò che sono nella loro unicità, individualità e singolarità. Nel nostro mondo
globalizzato l‟ibridismo può essere un orgoglioso strumento di espressione
di sé, ma al contempo può risultare un‟astuta operazione di mercato e
un‟ambigua invenzione mirante a piacere e a lusingare, come anche uno
strumento mirante soltanto a definire l‟occidente e ad esaltarne la
superiorità; un contenitore di scorie vuote di riti e tradizioni una volta vive e
poi morte nell‟atto dell‟incontro.
43
Identità
Per identità si vuole intendere ciò che semplicemente caratterizza l’essere. In
realtà secondo l’etimo latino ʻidentitasʼ da cui è derivato ʻidemʼ designa la
“qualità di ciò che è uguale”.
Nell’ultimo quarto del Novecento, le identità storiche e culturali sono
rientrate con prepotenza sulla scena, ponendosi alcuni interrogativi come, ad
esempio, quale senso possa mantenere, di fronte a progetti di
globalizzazione, parlare di identità o di vecchio Stato. Il concetto di identità
è poi intrecciato a quello di civiltà; e allora ci si trova di fronte agli aspetti di
uniformità del genere umano, così come alla presenza di più di una civiltà e
alle loro pretese di egemonia.
Dopo anni di tradizione culturale dominata da una sorta di tacito e
consolidato assenso incentrato sulla figura di artisti di successo sempre
bianchi ed eterosessuali, già con la stagione del Postmoderno alcune figure
cominciano a porsi in opposizione alla cultura dominante, e tra gli anni
ottanta e i primi anni novanta l’arte comincia a farsi portavoce di nuove
forme di identità personale e di società in generale, provocando significative
svolte in ambito culturale e socio-politico. Gli USA e New York sono i
primi ad offrire un terreno fertile per il riconoscimento di giovani
talenti. Le esposizioni lasciano spazio a quegli artisti appartenenti alle
cosiddette “minoranze” ossia le donne, gli artisti di colore e gli omosessuali.
Pungenti riferimenti al razzismo e all’emarginazione escono di conseguenza
allo scoperto, colpendo con ironia o con crudo realismo la sfera pubblica, sia
essa politica, del buon costume o della tradizione in generale. La nuova
attenzione dedicata ai problemi di identità e di genere che i lavori e gli artisti
emergenti delineano è presente anche in un forte movimento di dissenso, di
correnti critiche e sociologiche già a
partire dagli anni settanta: esse sottolineano l’importanza dell’identità
sessuale, di natura biologica ma profondamente dipendente dall’ambiente di
crescita, in cui ogni persona si ritrova e desidera farsi percepire dagli altri,
sia essa maschile, femminile, etero oppure omosessuale, o ancora in qualche
modo differente.
44
Territorio e identità sono temi centrali nelle opere degli artisti africani.
L’indagine della propria identità è strettamente collegata al concetto di
territorio e si arricchisce nel confronto, nel dialogo, negli spostamenti e nel
métissage.
Compaiono quindi riferimenti alle città, alla gente, alle tradizioni, al
paesaggio e alla situazione politica, sociale, culturale, storica ed economica
dell’Africa; questi elementi vengono rielaborati con linguaggi personali, con
il contatto con altre realtà e con, ovviamente, l’interpretazione personale. Da
una parte i lavori degli artisti denunciano,
raccontano e ridicolizzano la situazione attuale; dall’altra sono un modo per
indagare ed esprimere la propria identità. Le opere dei giovani artisti del
Sudafrica e dell’Egitto sono esempi di questo profondo legame tra la ricerca
dell’identità ed il confronto con la realtà del territorio.
L’aspetto fisico è un altro elemento centrale nella definizione e nella
ridefinizione dell’identità: il colore della pelle, la razza ed il sesso sono
alcune delle caratteristiche del sé che gli artisti indagano.
All’interno di questa indagine d’identità, l’uso della propria immagine
inserita nelle opere, entra spesso a far parte del linguaggio.
45
Immateriale
La Disparition, libro di Georges Perec, è un giallo del 1969 in cui il lettore e
il protagonista si interrogano per 280 pagine su che cosa sia effettivamente
scomparso. Un misterioso volume sparito dalla biblioteca?
La scomparsa stessa del protagonista, Anton Vokal? O la moltitudine
uccisa e sterminata dalla follia nazifascista? Niente di tutto ciò. È della
lettera E a non esserci più traccia. Si è smaterializzata. Sparita. Non viene
utilizzata nemmeno una volta e la sua assenza forzata si fa carico
interamente del testo.
L'anno precedente, a proposito dei primi earth-works di Dennis
Oppenheim, Lucy Lippard conia il termine dematerializzazione,
sottolineando una caratteristica dominante nel suo lavoro, quella di una
forma che transita da un materiale all‟altro facendosi emblema del fare, e
insieme segno fisico di un divenire.
Jean-Francois Lyotard e Thierry Chaput curano la mostra Les Immatèriaux
(1985), al quarto piano del Centre Pompidou, per descrivere la perdita
della secolare stabilità e passività dei materiali, unita alla crisi delle loro
forme di possesso e controllo. La diffusione delle tecnologie informatiche
introduce una sottile mediazione, la digitalizzazione, tra soggetto e
oggetto. Tutto diventa messaggio e la tesi esposta dai curatori interviene
non tanto sugli oggetti quanto sul mezzo. Se, come afferma McLuhan il
medium è il messaggio, in Les Immatèriaux il medium è la mostra in sé,
l'esposizione. Da qui tutto viene messo in discussione: linearità del
percorso espositivo, sale distinte per saperi differenti. Ora spazio e tempo
subiscono un rovesciamento, vengono problematizzati. Ogni visitatore ha
la possibilità di muoversi liberamente all'interno di uno spazio in cui tutto
sembra fluttuare, in un senso di instabilità e precaria immaterialità. Ogni
visitatore, o flaneur, circola e si smarrisce tra oggetti industriali,
attrezzature scientifiche, opere d‟arte e loro riproduzioni, installazioni
interattive e computer con cui avviare rudimentali interazioni, il tutto
completato da cuffie che trasmettono ad ogni navigante la colonna sonora
della mostra; un insieme di musica, rumori e testi evocativi, allusivi o in
46
contrasto con i temi dei vari settori, ma anche brusii, sovrapposizioni e
silenzi.
Il materiale della musica, la nota, si smaterializza nel 1952, quando John
Cage compone 4'33'', il cui spartito dà istruzione all'esecutore di non
suonare per tutta la durata del brano nei tre movimenti: il primo di 30
secondi, il secondo di 2 minuti e 23 secondi e il terzo di un minuto e 40
secondi.
Nel 2009, il concetto di immateriale viene ripreso dal Beaubourg, e poi
dalla Kunsthalle di Berna, con la mostra Voids, a retrospective, una
retrospettiva di cinquant'anni di mostre la cui caratteristica è quella di non
esibire apparentemente nulla, scegliendo di riempire, o non-riempire,
varie sale del quarto piano, stanze vuote, pareti bianche e pavimenti nudi,
di niente. Nove spazi, tutti spogli, si riferiscono alle esibizioni storiche più
rilevanti rispetto al vuoto. Ognuno ne propone una lettura diversa, nella
convinzione che il nulla abbia infinite sfaccettature e si sgretoli in piccoli
frammenti. Le sue coordinante variabili, le differenze dei lavori, le loro
caratteristiche sono quasi annullate, appiattite dalle sembianze unificanti
degli spazi. I curatori John Armleder, Mathieu Copeland, Mai-Thu Perret,
Clive Phillpot, Gustave Metzger, Laurent Le Bon (Centre Pompidou) e
Philippe Pirotte (Bern Kunsthalle) partono dal 1958 per ripercorrere
diverse concezioni di vuoto che hanno segnato la storia dell'arte: Le Vide
di Klein, The Air Conditioning Show di Art&Language e progetti di Bethan
Huws, Maria Eichhorn, Laurie Parsons, Robert Barry, Roman Ondak,
Robert Irwin e Stanley Brouwn.
Come un display retrospettivo di pratiche artistiche, Voids vuole
sottolineare che il vuoto cessa di indicare un problema estetico e
concettuale per essere reificato come ready-made, come configurazione
architettonica. Stanze vuote possono sembrare identiche, all'apparenza,
portatrici di medesimi valori, ma rivelano, all'interno del loro bianco
omologante, vari punti di vista, come l'istituzione di diversi spazi, sparsi
all'interno della città di Berlino, con una funzione non definita. Sono
luoghi vuoti, aperti, senza un uso precostituito, senza un'iniziale
imposizione, in cui è possibile fare qualsiasi cosa senza avere davanti un
elemento che ti induca a farlo. L'assenza, la non-materia è la cifra che
47
sottende questo tipo di non-costruzioni, che in qualche modo possono
inquietare chi le osserva essendo occasione di una pausa spaziotemporale,
in grado di mostrare una realtà differente da quella comune,
una realtà vuota.
48
Interstizio, Confine, Frontiera
Spazio minimo che separa due corpi o parti diverse che fanno parte dello
stesso sistema. E' uno spazio ancora disponibile per qualcosa, dalla dubbia
proprietà che sfugge in una prima fase ad una definizione. E' linea reale o
immaginata che circoscrive e racchiude. Come frontiera può rappresentare
un obbiettivo a cui tendere, un nuovo traguardo. Una linea o una zona in cui
due forze sono a contatto. Coalizione, alleanza di parti in vista del
raggiungimento di un fine comune.
L'interstizio rappresenta uno spazio aperto a possibilità, un incontro tra
diversi contesti, realtà o situazioni. Qui la possibilità è riferita a qualcosa di
nuovo, non definito in una prima fase. In questo spazio sono possibili alter
modalità di relazione umana diverse dalle dinamiche tipiche del sistema in
cui agisce, come possono essere ad esempio le relazioni economiche.
Può essere visto anche come frattura o fessura che porta a contatto due
realtà che erano divise in una fase precedente, e che le espone ora ad un
confronto.
Come confine costituisce un riferimento che delimita e definisce. Esso
infatti può essere visto come una barriera da tutte le realtà che ne sono ai
margini, e che si trovano in contatto reciproco fra di loro.
La spontaneità è strettamente legata all'interstizio e al confine: è
caratteristica di adattamento dovuta alla necessità di non restare isolati, una
esigenza concreta di incontro tra queste diverse realtà.
Come frontiera è spazio penetrabile, poroso, in cui è possibile l‟esperienza
diretta del contesto oggettuale, sociale e spaziale, ed in cui è possible
ritrovare le tracce di questa azione e delle relazioni che vi hanno avuto
luogo.
Non è propriamente caratteristica delle diverse realtà tra le quali si trova, e
si pone in contrapposizione ai muri, quindi alla chiusura.
La frontiera racchiude in se il conflitto e la distanza così come il dialogo e l‟
incontro. Rappresenta uno spazio per la critica, in una possibilità di
equilibrio che unisce partecipazione e distanza, vista come accettazione
reciproca della
differenza.
49
Mappa e Mappatura
Mappa :
1/ Rappresentazione grafica di una zona di terreno, a grande scala e molto
dettagliata
2/ Carta Geografica
Mappatura : 1/Azione e risultato che deriva da Mappa
Partendo dalla definizione da dizionario la Mappa è una rappresentazione
grafica di una zona di terreno, a questa definizione viene aggiunto il valore
culturale ed estetico che questo termine possiede: la Mappa come semplice
reticolo di strade, paesi e città può fare da base per creare grandi o piccoli
sistemi organizzati che permettono di collegare entità diverse tra loro ma
unite da un comune denominatore ; allontanandoci dal significato letterario
Mappa è un modello di rappresentazione, una forma espressiva e descrittiva
adattabile a qualsiasi situazione astratta o concreta e avente una forma
semplice piuttosto che sistemi di mappatura articolati e complessi.
La Mappa o Mappatura è utile come mezzo riassuntivo e schematico sul
quale vengono deposti significati secondo ragion logica ma oltre che mezzo
di rappresentazione può diventare anche tema per l'Arte Moderna e
Contemporanea come per esempio per gli Artisti come Jeorge Macchi,
Alighiero Boetti e Dacia Manto.
Jeorge Macchi; i suoi lavori sono trasformazioni poetiche che traspongono
un medium in un altro e traducono forme e strutture casuali in sistemi
rappresentativi. In Buenos Aires Tour 2003 Macchi utilizza un potenziale di
uno schema creato dalla violenza sovrapponendo ad una cartina geografica
di Buenos Aires una lastra di vetro scoppiato le cui crepe gli indicheranno la
strada attraverso la metropoli e fotografie, registrazione audio e reperti
raccontano poi I luoghi in cui questo percorso casuale lo ha condotto.
Macchi si serve di strategie convenzionali di rappresentazione.
50
Dacia Manto; nei suoi lavori vediamo uno studio attento delle superfici di
qualsiasi tipo, ama entrare nella tessitura delle cose e condurci in paesaggi,
geografie e superfici fragili e luminose, spazi in cui non potremo mai avere
il controllo ma che con una sorta di mappatura delle superfici, si riesce ad ad
individuarne l'origine e la natura: coniuga l'indagine scientifica con quella
artistica e le sue interpretazioni danno vita a territori definiti ma non sempre
riconoscibili. Alighiero Boetti; dal 1971 ricava da quotidiani le mappe dei
territori di guerra pur non essendo un Artista politico. Questo suo lavoro è
per lui concettuale, importante è il significato intimo delle mappe di guerra e
l'unico lavoro manuale ed artistico è la pratica consueta, per le opere di
questa serie, di ricamare ciascun territorio con i colori e la bandiera di
appartenenza seguendo un costante lavoro di aggiornamento che varia con il
variare della situazione politica.
Avendo come sistema di partenza una mappa o mappatura questi Artisti
hanno creato dei veri e propri sistemi estetici rompendo gli equilibri usuali
per ricostruirli in un divenire che disorienta.
51
Moltitudine
Nelle vie calde
la temperatura si alzerà
moltitudine, moltitudine
non si erano mai
viste
code tanto grandi, tanto
lunghe
tanto grandi, tanto
lunghe.
Moltitudine, moltitudine
mamma mia che
festa.
Franco Battiato
La nozione di moltitudine spesso è utilizzata come equivalente di masse,
plebe, o, peggio che mai, la gente; invece la nozione di moltitudine è una
nozione affilata e specifica che sta all‟origine di tutte le nostre categorie
politiche. Vi fu una grande battaglia concettuale nel „600 e lo scontro
decisivo, alla fine del quale c‟è un vincitore e c‟è uno sconfitto, è quello tra
il concetto di popolo e il concetto di moltitudine.
Popolo serve a designare l‟unità di tutti i cittadini, il diventare uno dei molti
cittadini, il convergere in un‟unità adeguatamente rappresentata dalla
macchina statale. Tant‟è che si parla di volontà generale, come se il popolo
fosse un unico grande individuo dotato di una propria volontà. Popolo
corrisponde a unità . Moltitudine, nel termine stesso vi è l‟idea di una
pluralità che non converge in un‟unità:
La nozione di moltitudine contemporanea è una nozione assolutamente
diversa da quella seicentesca e si fa forte di tutto ciò che caratterizza il
tempo nostro: dimestichezza con la comunicazione, un tipo di produzione
52
largamente basata sul linguaggio e sul sapere e quant‟altro potete
immaginare o constatare guardandovi attorno. La moltitudine
contemporanea a mio parere chiama in causa il tema della natura umana. La
moltitudine contemporanea è sì un risultato storico, il gusto della pluralità,
la massima valorizzazione di tutto ciò che è irripetibile in una singola vita
umana; il fatto di sentirsi come nodi di una rete, e però nodi dotati di una
forte singolarità, nodi non equiparabili, non riducibili a un che di universale.
Nodi di una rete, quindi tutt‟altro che l‟immagine di un individuo
solipsistico, isolato – i molti esistono perché sono in rete, perché cooperano,
i molti cooperano con tutto ciò che di cognitivo, comunicativo, affettivo li
rende dei singoli inconfondibili. Cosa vuol dire? I molti contro l‟uno? No,
questa sarebbe un sciocchezza. La cosa significativa è che la moltitudine, la
pluralità di singoli che esistono nella sfera pubblica con tutta la fierezza
della loro singolarità, della loro inconfondibilità, in un certo senso hanno
alle proprie spalle qualcosa di universale, lo hanno già alle spalle, non
devono convergere nello Stato per guadagnare l‟universalità, per la
moltitudine l‟universalità non è una promessa, ma una premessa.
Che cosa vi è di universale, o , se volete, di comune, di condiviso, alle spalle
dei singoli che compongono la moltitudine ? Vi sono le comuni facoltà
umane: il linguaggio, l‟intelligenza, la capacità di astrazione e di
correlazione, tutto ciò che distingue la nostra specie da altre specie viventi.
Sostengo cioè che i molti, i singoli che compongono la moltitudine
mostrano nel loro immediato modo d‟essere, di comunicare, di interagire e
di produrre, mostrano in altorilievo certi caratteri che definiscono la nostra
specie.
Bibliografia e Sitografia
www.pensierinpiazza.it
Paolo Virno Moltitudine e natura umana Circolo Sociale, 14/05/2005
53
Network
Sistema (o rete) di computer collegati tra di loro per il trasferimento o la
condivisione di dati, periferiche e programmi. Un network è composto da
due o più computer, apposite interfacce dette schede di rete, cavi e software
di gestione per il collegamento delle varie unità.
Definizione presa da www.ehiweb.it › Glossario
E‟ evidente che nel 2012 il significato della parola Network abbia assunto
un valore molto più ampio e articolato.
Infatti Network ormai non è più un termine utilizzato solo in campo digitale,
oggi è diventato una parola che indica anche una rete di contatti e persone
che solitamente lavorano, oppure semplicemente trattano lo stesso
argomento.
Prendiamo ad esempio nel mondo dell'arte contemporanea Undo.Net, un
famoso sito internet che funge in Italia da canalizzatore e mailing list per gli
eventi culturali, tutto ciò diventa una piattaforma che permette agli utenti di
segnalare eventi, e chi è iscritto alla mailing list o chi consulta il sito internet
di essere sempre informato.
Certo questo grazie anche alla rete internet, ma fondamentalmente le
persone che stanno a capo del progetto e tutti quelli che ci collaborano sono
un network di persone, che si sono conosciute in un tempo dove internet non
faceva ancora parte delle nostre vite.
A volte infatti la parola network viene usata come sostitutivo di comunità,
come nel caso della comunità degli street artist, che molti appunto tendono a
definire “network di artisti”.
La cosa che maggiormente deve essere evidenziata nella parola in questione
infatti non è che si tratti di qualcosa di digitale o più reale e umano, ma è la
rete, ovvero tutta quella serie di contatti che mettono in relazione le persone.
Non è casuale che anche la cartellonistica delle metropolitana parla di
“underground network”, si parla infatti sempre di linee che permettono alle
persone di collegare un punto A ad un punto B.
Per finire quindi Network può essere un momento di crescita e di confronto.
54
New Genre Public Art
Per New Genre Public Art 5 si intende la nuova declinazione dell'arte
pubblica a porre l‟accento sul processo piuttosto che sull‟oggetto: la finalità
non è più la produzione di un oggetto artistico, ma l'innescare processi
relazionali tra artista, ambiente e spettatore. Pertanto, superando il concetto
di monumento permanente, la nozione tradizionale di „spazio pubblicò, la
cui condizione fondamentale d‟esistenza era il mantenimento dei confini tra
pubblico e privato6, è ora sostituita da quella di „public realm‟, in cui si
assiste al superamento di tali confini7.
In un articolo uscito su Artforum nel 1988, Patricia Phillips8 mette in
guardia dal ritenere che la dimensione pubblica dell‟arte dipenda dalla
LOCATION, dal tipo di spazio fisico nel quale essa è collocata o si svolge,
sottolineando invece le potenzialità di una pratica artistica intesa come
processo che interroga valori e interessi collettivi. Sulla scorta della Phillips
5 Suzanne Lacy, Mapping the Terrain. New Genre Public Art, Bay Press,
Seattle, 1995. E’ la sintesi di una serie di lezioni tenute nel 1989 al California
College of Arts and Crafts di Oakland, in cui l’autrice raccoglie diversi saggi di
artisti, critici, scrittori e curatori proseguendo l’impegno verso una nuova
teorizzazione critica per questo genere di interventi artistici pubblici; una
teorizzazione critica che sappia portare in primo piano la volontà di
coinvolgimento dello spettatore da parte dell’autore, l’importanza del
processo creativo rispetto al prodotto e la visione di un’arte capace di farsi
strumento di espressione di una democrazia partecipata. Il programma di
mostre Culture in Action. New Public Art in Chicago del 1993, promosso
dall’organizzazione no profit Sculpture Chicago e ideato da Mary Jane Jacob,
è stato il banco di prova per le teorie espresse a Oakland. Otto progetti
vengono dislocati in diversi quartieri della città, sollecitando la partecipazione
attiva dei residenti delle diverse comunità e mettendo alla prova il ruolo
dell’artista come catalizzatore sociale.
6 Jurgen Habermas, Storia e critica dell'opinione pubblica, 1962.
7 Hanna Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano, 1964.
8 Patricia Phillips, Out of Order: The Public Art Machine? , in “Art
Forum”, vol. 27, no. 4, 1988.
55
e soprattutto dalle teorizzazioni di Suzanne Lacy a proposito di una new
genre public art, l‟arte incomincia ad indirizzarsi verso pratiche alternative
in un ampio discorso urbano e sociale, per le quali lo spazio pubblico è
inteso prevalentemente come paesaggio sociale. Il paesaggio e le relazioni
che lo abitano e definiscono sono da considerarsi un „testo‟ che entra a
pieno titolo nel processo di formazione e definizione dell‟opera.9 Martin
Zebracki, infatti, nel 2007, considerando il forte legame che si viene a creare
tra le opere d‟arte pubblica e i luoghi deputati a contenerle, ha coniato il
termine public artextuality, un vero e proprio neologismo con il quale valuta
l‟arte pubblica come un „testo‟ da valorizzare ed interpretare in maniera
diversa a seconda del „contesto‟ sociale e spazio-temporale: le relazioni tra
opere e fruitori, pertanto, devono essere analizzate tenendo conto delle
implicazioni spaziali, temporali e, soprattutto, sociali.
9 Martin Zebracky, Unpacking “Public Artopia”. Public Art as Urban Upgrading Strategy? , MSc
Thesis, Faculty of Geosciences, Utrecht Univesity, Utrecht, 2007.
56
Non-luogo
Definiamo non-luogo lo spazio utilizzato da gruppi di persone in transito per
usi molteplici e senza che si instauri fra tali gruppi una relazione
interpersonale.
Esempi di non-luogo sono aeroporti, alberghi, autostrade: tali ambienti si
caratterizzano per la mancanza di storicità, per l‟essere destinati al transito,
al passaggio e per il fatto di presentare caratteristiche costanti anche in punti
molto distanti del pianeta.
Tale ultima caratteristica deriva dal fatto che essendo i non-luoghi destinati
a svolgere un ruolo importante nella velocizzazione del transito (e, in ultima
analisi dell‟intera esistenza), la loro costruzione è ispirata a principi di
razionalità ed efficienza, senza che venga lasciato spazio a ingiustificate ed
inutili “improvvisazioni”.
Il termine non-luogo è stato coniato da Marc-Augé: “Se un luogo può
definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può
definirsi né identitario né relazionale né storico, definirà un nonluogo”.
(Augé M. "Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità",
Elèuthera, 2009, pag. 71).
57
paraSITE
-spazi abitabili, effimeri, ecosostenibili, che offrono riparo e sono parassiti
dello spazio urbano;
-trasportabili;
-modo di inventarsi uno spazio con poco;
-non occupano realmente il suolo, nomadi, auto-costruzione.
Sono modelli architettonici infrastrutturali che nascono dal potenziale di
autosostenibilità volto a trovare soluzioni ai problemi dalla sopravvivenza,
del riparo o di profonda povertà.
Attirano l‟attenzione verso tutte quelle realtà scomode fatte di poveri,
emigranti ed emarginati, con l‟intento di evidenziare ciò che le persone
vogliono dimenticare e non conoscere, al fine di contribuire ad un
miglioramento e un cambiamento morale e politico.
Fanno fronte a mancanze sociali e urbane proponendosi come spazi di
efficace utilizzo e come stimolo di un'autogestita risoluzione di necessità o
desiderio: habitat a basso costo dal design reversibile, leggero ed ingegnoso,
approfittando di ciò che già esiste sulla strada.
I paraSITE sono progetti sovversivi e poco convenzionali che operano nella
realtà urbana come strumenti per il pubblico; non sono azioni di
disobbedienza sociale, ma strategie di utilizzo del suolo pubblico, proteste
ecologiche e guerriglia urbana.
Hanno un duplice valore come produzione di spazio polivalente per esser
occupato in termini reali e un effettiva riconquista politica del dominio
urbano. Sono anche azioni sociali tese a facilitare la comunicazione,
l‟integrazione e la partecipazione tra gli emarginati e gli abitanti all‟interno
della vita urbana ed economica.
58
Performatività
Con il termine performance si fa riferimento a qualcosa che accade
concretamente, qui e ora, in ogni luogo e in ogni momento; l'azione
compiuta dall'artista costituisce l'opera d'arte poiché nel suo gesto si realizza
l'opera stessa. Questo modo di fare arte ha avuto ampio utilizzo nel corso
degli anni '70, dove al manufatto artistico, inteso come opera-oggetto e
logicamente concepito come unico esito ultimo dell'avventura creativa, si
sostituisce direttamente il fare e l'azione compiuta dall'artista: a differenza
dell'arte del passato infatti, pensata per avere un ruolo sostanzialmente
passivo rispetto al suo pubblico, crea delle relazioni con i suoi spettatori
privilegiando il fare, il tempo e lo spazio. A questo punto il trinomio opera –
pubblico – passività, viene rovesciato in favore di un tipo d'arte più
dinamica, fondata sull'agire: performatività – pubblico – dinamicità.
Performance art non è però sinonimo di azione teatrale; la performance
nasce dalle arti visuali ed è caratterizzata da una forte componente
concettuale e non meramente estetica. Inoltre l'attore costruisce una verità
per mezzo di una finzione e il teatro è strutturato in modo da manovrare la
fruizione dell'osservatore grazie a numerosi escamotages (scenografia, luci,
drammaturgia) non escludendo affatto la componente estetica. L'artista
performativo al contrario, concepisce l'azione come una missione di vita,
una verità assoluta per poter dire concretamente qualcosa di personale,
senza seguire nessun copione; con la performance l'artista costruisce la
propria identità, facendo confluire etica ed estetica: i fluidi corporei e gli
oggetti (di piacere e di dolore) che vengono mostrati e utilizzati dall'artista
per compiere l'azione sono reali e non fanno parte degli artifici di scena.
Anche riguardo al pubblico e all'osservatore, l'artista scardina la concezione
teatrale tradizionale: le performance svolte dall'artista sono azioni
sinestetiche pensate per far partecipare il pubblico in modo attivo all'azione.
La performance artistica contiene in sé diverse sfaccettature, alcune sono
crude e violente (calde), altre sono più pacate, innocue e interattive (fredde).
Con performance calde ci riferiamo principalmente a tutte quelle che
rientrano nella sfera della Body Art, dove quello che succede riguarda solo
l'artista, il pubblico partecipa all'evento ma rimane sostanzialmente
59
spettatore mentre la cosa accade; è un tipo di relazione basata sull'emotività
e sulle sensazioni che l'azione suscita. Dall'altra parte l'artista realizza
performance pensate e concepite per avere una relazione dinamica con il
pubblico (non c'è coinvolgimento catartico, per questo sono denominate
“fredde”). Se le performance calde giocano sull'oltraggio fisico e il fulcro
del lavoro del performer è sostanzialmente ripiegato sul suo corpo, in quelle
fredde viene abolita l‟idea della netta separazione tra pubblico e attore
(tipica del teatro tradizionale) sostituendola con la creazione di nuovi spazi
espressivi, dove il pubblico diventa una parte fondamentale della
rappresentazione: esso non rimane spettatore passivo, ma deve interagire
con l‟artista-opera. Oggi entrambi i generi sopra descritti sono stati inglobati
in quella che, il critico francese Nicolas Bourriaud, ha battezzato come
“Arte Relazionale”. Un tipo di arte dove i ruoli si sono invertiti: lo
spettatore non è più testimone di ciò che accade ma diventa egli stesso
autore del processo artistico. L'arte relazionale si diffonde nella seconda
metà degli anni Novanta e si propone come un tipo d'arte incentrata sul
rapporto tra arte e vita, dove l'artista tronca l'idea classica di produrre un
qualunque oggetto artistico focalizzandosi sulle possibilità di intervento
sulla persona, la propria e quella del fruitore, in una relazione di vicendevoli
interelazioni ed influenze. Esempi paradigmatici di arte relazionale sono le
opere di Felix Gonzalez Torres, dove il pubblico ha la responsabilità e la
possibilità di decidere la sorte dell'opera d'arte (è autorizzato a portarne via
delle parti fino addirittura alla dissoluzione di quest'ultima); oppure i pasti
organizzati da Rirkrit Tiravanija che il visitatore può consumare
completando in questo modo l'opera; o ancora i workshop ideati da Alfrdo
Jaar dove la comunità partecipa al processo creativo diventandone
protagonista (per esempio in Camera Luciada). Fino a questo punto il
mondo dell'arte si è confrontato con un tipo di arte “musealizzata” dove il
manufatto artistico veniva realizzato dall'artista e la fruizione (non sempre
accessibile a tutti) era delegata ai luoghi deputati. Oggi invece si assiste ad
un processo nel quale la creatività viene dal “basso”: gli spettatori sono
diventati attori che interagiscono direttamente con le opere d'arte, con i
musei, mettendo in atto una “spettacolarizzazione del sé” che predilige il
60
punto di vista di chi guarda, il suo stile di vita, le sue abitudini, invece che
un'analisi oggettiva.
BIBLIOGRAFIA GENERALE SULLA PERFORMANCE
- M. CARGRATI, F. POLI, Dizionario dell’arte del Novecento. Movimenti, artisti, opere, tecniche e luoghi, Milano, Mondadori, 2008
- H. FOSTER et al, Arte dal 1900. Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo, Bologna, Zanichelli, 2006
- T. MACRÌ, Il corpo postorganico. Sconfinamenti della performance, Milano, Costa e Nolan, 1996.
- F.A. MIGLIETTI, Nessun tempo, nessun corpo...Arte, Azioni, Reazioni, Conversazioni, Milano, Skira, 2001
- L. PARMESANI, L’arte del secolo: movimenti, teorie, scuole e tendenze 1900- 2000, Skira, Milano, 2003
- L. VERGINE, Body Art e storie simili, il corpo come linguaggio, Milano, Skira, 2000
61
Post Fordismo
E‟ un sistema di produzione che si è affermato in tutto il mondo dopo la fine
del modello economico Fordista ovvero quando, nella prima metà degli anni
‟70, questa tipologia di accumulazione capitalistica e di integrazione sociale
entra in crisi e l‟Americanismo si trova obbligato a concepire un nuovo
modello di accumulazione.
La base di questo nuovo modello è costituita dall‟applicazione delle
tecnologie dell‟informazione, dal forte orientamento verso il cliente, dalla
preponderanza delle attività terziarie e dall‟utilizzazione della forza-lavoro
riferita non al corpo e alla manipolazione di oggetti materiali, bensì a
operazioni mentali che siano esse logico-calcolanti o creativo-artistiche.
La transizione tra i due sistemi economici è caratterizzata dalla produzione
in serie con impiego di lavoratori scarsamente qualificati e utilizzati per
mansioni ripetitive prima, verso una nuova formula composta di forme di
specializzazioni flessibili che impiegano lavoratori polivalenti e
sincronizzati sulla domanda del mercato poi.
Questo mutamento storico-antropologico che culturalmente è definito Post
Modernismo, fa sì che l‟esperienza del vivere, della vita sociale e
individuale vengano percepite come un superficie frammentata, composta
da momenti slegati tra loro.
Si afferma così un momento transitorio, senza alcuna realtà-verità oggettiva,
mancante di un pensiero forte e sistematico, implicando uno svuotamento
delle soggettività e delle autonomie.
Dal punto di vista culturale e artistico, in un‟ era in cui ogni cosa viene
monetizzata e i format produttivi fissati dal mercato, l‟arte ha subìto un
processo di graduale degrado avvicinando il prodotto artistico a mera merce
di scambio con un‟evidente mancanza di libertà d‟espressione e di fare
sentimentale.
All'interno di un regime produttivo totalmente trasformato come quello Post
Fordista c‟è la convivenza di piani diversi che si intersecano tra loro, come
la presenza contemporanea di una ipermodernità, che spinge verso un
sistema fluido e ricco di emergenze creative di nuovo tipo, e di un
"neoarcaismo" che si nutre ancora di estetica modernista e che tende a
62
riportare tutto a un sistema binario, riaffermando la centralità dell'artista e
imponendo nuovamente le funzioni classiche dell'arte, così come il
copyright e i diritti di proprietà.
Tuttavia, le nuove strategie artistiche vogliono uscire fuori da una logica di
mercato sempre più compromessa e sempre più legata a case d'asta, grandi
multinazionali, società finanziarie e banche, cercando di cambiare in primo
luogo la maniera di pensare il lavoro artistico e la figura stessa dell'artista.
63
Precarietà
Precarietà è un termine con il quale si indica una diffusa forma di
sfruttamento propria dell‟epoca contemporanea, segnata da una perdita di
controllo per l‟individuo
oltre che dal suo assoggettamento con delle forme di dominazione e di
esclusione.
La condizione precaria è una componente strutturale della “società liquida”,
come definisce Zygmunt Bauman, che influenza la sfera delle relazioni
umane, il modo in cui vengono utilizzati i mezzi di produzione e,
conseguentemente, la produzione stessa (vedi post fordismo).
In quest‟era caratterizzata dal muoversi a confine tra varie dimensioni e
dall‟essere effimero, in quest‟era dove nulla è duraturo e tutto è in
movimento,predomina una nuova figura che Borriaud chiama il “radicante”.
A partire dai primi anni novanta, l‟iconografia della precarietà si fa
onnipresente nelle mostre d‟arte. Trattano questo tema artisti come:Gabriel
Orozco,Francis Alys o in particolare Thomas Hirschhorn,che attraverso
l‟uso di materiali usa e getta come cartone, nastro adesivo, fogli di alluminio
e compensato, ha sviluppato un concetto di arte come indagine informale di
momenti storici o personaggi politici, letterati e filosofi. Con la
realizzazione del Museo precario Albinet nel 2004, Hirschhorn, ha quindi
ideato e realizzato un piccolo museo “precario”, inteso in due sensi: dal
punto di vista strutturale, perché costruito con i consueti materiali fragili,
economici e facilmente reperibili, conferendogli un aspetto fatiscente; dal
punto di vista dell‟attività, perché destinato ad una vita breve e dedicata ad
un agile ciclo di esposizioni. Secondo Hirschhorn solo ponendo le opere ad
una condizione di stress, al di fuori di ogni protezione soffocante, nella
precarietà più conclamata e quindi tornado a confrontarsi con il mondo
reale, esse possono recuperare energia. Quindi da un lato l‟eternità delle
opere e dall‟ altro la precarietà del museo sono gli elettrodi che possono far
scoccare la scintilla dell‟ arte. C‟è un‟ altra modalità compositiva che riflette
questa insistenza sulla precarietà. Si tratta dello scatter, cioè la
“dispersione”, una nozione presa in prestito dal vocabolario formale della
64
scultura anni sessanta. Lo scatter rinvia a una configurazione in cui gli
elementi sono disseminati al suolo, alla rinfusa.
65
Skulptur Projekte
Skulptur Projekte è la più grande manifestazione di arte contemporanea, in
Europa, , che mette in dialogo arte e pubblico. Nella città tedesca di Muster,
ogni dieci anni, vengono commissionate opere pubbliche, le quali sono
prima discusse con la cittadina, che accoglie le opere sia nel centro della
città, che nella campagna circostante. In più molto spesso , queste vengono
collocate in posti inaspettati; come per esempio nei bagni pubblici.(WC
facilities on the Domplatz di Hans-Peter Feldman, nella quarta edizione nel
2007, allestisce i bagni pubblici con due sue opere e dei lampadari , per
rendere lo spazio più accogliente e confortevole.)
Tutto questo ebbe inizio, nel 1970, quando, un artista americano, George
Rickey dona un opera d‟arte alla città di Muster.Solo che il consiglio
comunale non è molto d‟accordo sul collocare opere d‟arte in giro per la
città. Mettendo, così in luce la grande rottura, tra arte e spazi pubblici. Il
curatore, Klaus Bussmann decide allora di creare un luogo di incontro e di
dialogo, prima attraverso presentazioni, poi invita nove artisti per ideare
opere, permanenti o temporanee, per un site-specific nella città. Questi
interventi nascono con un progetto, a cui si dà un prezzo già in partenza,cosi
che in seguito ad una discussione tra il museo, i cittadini e l‟università si dà
inizio ai lavori. Nasce cosi nel 1977 la prima edizione di Skulptur Projekte.
Nella seconda edizione, nel 1987, Klaus Bubmann e Kasper Koning
invitano 63 artisti. Con la terza edizione si raggiunge il gran successo, con
74 artisti( nel 1997). La quarta edizione si chiamano solo 36 artisti. Tra i
quali ricordiamo :“ 1 km length” di Pawel Althamer, crea un percorso che
si snoda tra i campi , chissà quale sarà la meta.
Per tutte e quattro le edizioni, Micheal Asher, posiziona la sua roulotte in
diversi punti della città nel corso dei decenni che passano. Ciò a
rappresentare il modificarsi del tempo e dello spazio circostante. Infine
ricordiamo, l‟opera permanente Square Depression di Bruce Nauman,
progetto nato nel 1977 ma sviluppata solo nell‟ultima edizione. Un enorme
piramide rovesciata di cemento bianco.
66
Skulptur Projekte Munster
Skulpturprojekte, a Münster, è stata una delle prime rassegne di arte
pubblica ed è certo, oggi, la più importante. La prima edizione è del 1977 e
la cadenza è decennale, per cui la rassegna cade ogni due edizioni della
prestigiosissima Documenta, che ha sede a Kassel, a meno di duecento
kilometri di distanza.
L‟avvio dell‟esperienza è tutto sommato incidentale: nel 1970 lo scultore
americano George Rickey volle donare una sua scultura cinetica a Münster,
ma il consiglio comunale negò la possibilità di collocare opere d‟arte nello
spazio pubblico. Fu questo lo spunto per Klaus Bussmann (allora direttore
del Westfälisches Landesmuseum di Münster) a sollecitare il dibattitto e il
confronto sul tema complessivo dell‟arte negli spazi pubblici, attraverso una
serie di conferenze e l‟invito ad alcuni artisti, nel 1977, ad allestire progetti
destinati a vie e parchi della città.
Da quel momento, ogni dieci anni, artisti di fama internazionale vengono
invitati a produrre in loco installazioni site-specific, disseminate in modo
eterogeneo nel piccolo centro tedesco. I lavori vengono installati in un vasto
raggio che comprende sia il territorio urbano di Münster, sia l'area dei parchi
e la zona agricola che la circonda.
Le opere vengono commissionate dai curatori dopo un forte dibattito con i
cittadini, l'università e il museo. Gli organizzatori fanno notare come di ogni
scultura fin dall'inizio venga fissato il prezzo, che non può essere
modificato, per dar certezza alle acquisizioni.
La non lunga ma variegata vicenda di Skulpturprojekte, non essendo
presente ad oggi un vero e proprio testo scientifico su di essa, è ben descritta
nel catalogo dell‟edizione 2007.
Seguendo l‟esperienza di Münster si riesce a percepire il recente andamento
delle forme dell‟arte pubblica e dell‟insieme di relazioni tra arte e spazio
sociale, forse non nel dettaglio delle realtà di singole comunità e di
specifiche vicende estetiche e sociali, ma quantomeno nelle sue linee
complessive e più significative.
67
Strategia
“La complessità richiede la strategia perché solo la strategia può consentirci
di avanzare entro ciò che è incerto e aleatorio. L‟arte della guerra è un‟arte
strategica perché è un‟arte difficile che deve tener conto non soltanto
dell‟incertezza relativa ai movimenti del nemico, ma anche dell‟incertezza
relativa a ciò che il nemico pensa e quindi a ciò che pensa che noi pensiamo.
La strategia è l‟arte di utilizzare le informazioni che si producono
nell‟azione, di integrarle, di formulare in maniera subitanea determinati
campi di azione e di porsi in grado di raccogliere il massimo di certezza per
affrontare ciò che è incerto” (Edgar Morin)
68
Strategia / Tattica
Per Michael De Certeau strategia è il calcolo dei rapporti di forza che
divengono possibili dal momento in cui un soggetto ( un‟impresa, un
esercito, una città, un‟istituzione) dotato di una propria volontà e di un
proprio potere, è isolabile, possiede un luogo proprio suscettibile di essere
circoscritto che diventa la base da cui gestire i rapporti con obiettivi e
minacce esteriori; mentre definisce tattica l‟azione calcolata che determina
l‟assenza di un luogo proprio, la tattica ha come luogo solo quello dell‟altro,
è movimento “all‟interno del campo visivo del nemico” come diceva von
Bülow, e nello spazio da questi controllato. Deve approfittare delle falde del
sistema di sorveglianza del potere e agire attraverso incursioni e azioni a
sorpresa. In breve la strategia si collega alle istituzione e alla loro esigenza
di difendere il potere e mentre le tattiche sono utilizzate dagli individui per
creare tempi e spazi propri negli ambienti definiti dalle strategie ( M.De
Certeau, L‟invenzione del quotidiano, Roma 2001 pp. 69-75)
69
Street Art
La street art è un'espressione artistica che prende forma negli spazi di
pubblico dominio. Il graffito metropolitano nasce come semplice firma; in
un secondo tempo le scritte si evolvono e diventano pitture. Dalle iniziali
bombolette spray utilizzate per la metropolitana newyorkese e per le pareti
universitarie, si passò rapidamente all'uso di vernici e di colori acrilici,
all'aerografo e al carboncino, ai timbri e alle mascherine prefabbricate e,
insomma, ad ogni mezzo che permettesse di coprire vaste porzioni di muri e
di pareti pubbliche.
Sul finire degli anni Sessanta, in America, New York venne ricoperta da una
scritta: Taki 183. Circa trecento mila firme che affollavano i muri della
Grande Mela. Qualche mese più tardi Taki, diciassettenne di origine greca,
fu lanciato agli onori delle cronache.
Questo è il battesimo del graffitismo metropolitano. I graffiti vantano origini
secolari ma l'evoluzione dell'arte rurale, dell'arte primitiva delle caverne,
passando attraverso i secoli, è giunta fino al XX secolo e si è trasformata in
arte urbana che è stata definita, per il suo essere legata alla città, graffitismo
metropolitano.
I writers, coloro che "scrivono" sulla città, iniziano a esprime la loro
creatività con studi ed evoluzioni concentratisi nella struttura e nella forma
delle lettere dell'alfabeto. Ed è proprio sulle elaborazioni più creative della
Tag (to tag in inglese significa apporre la propria firma) che si gioca
l'appropriazione del merito, del riconoscimento artistico all'interno di un
gruppo, sebbene agli esordi ristretto, dell'arte urbana.
Sin dagli albori di questa nuova arte, che a fatica è stata riconosciuta tale e
su cui ancora persistono dibattiti, è stato comunque chiaro che il graffito è
strettamente legato alla metropoli e ad un contesto urbano.
La conoscenza diffusa spesso confonde murale e graffito e confonde il loro
significato come se fossero la stessa tipologia di espressione. In realtà, il
murale si differenzia dal graffito, sia per la sua storia che per le sue tecniche
di realizzazione. Il modello di riferimento è il muralismo messicano nato
intorno agli anni venti come espressione di quelli che erano gli ideali circa
70
la politica, l'arte e il ruolo svolto dalla cultura. I murales possono senz'altro
essere presi in considerazione come precursori dei graffiti.
I tre grandi iniziatori di questo genere pittorico sono Rivera, Orozco e
Siqueiros.
I linguaggi comunicativi che influenzano la street art sono di tre tipi: la
scrittura che si evolve nel "lettering", la caricatura e il fumetto. Le principali
tecniche usate sono lo stencil e gli stickers: entrambe si caratterizzano per
l'alta riproducibilità e per la serialità.
La scrittura è la rappresentazione grafica di oggetti e idee con l'uso di lettere
o altri segni. Lo studio e l'evoluzione di segni grafici, più propriamente
denominato Lettering, è un procedimento che, se estremizzato, porta alla
trasformazione di scrittura in disegno.
Con il termine caricatura si intende un disegno, di solito a carattere
umoristico o satirico, che rappresenta una persona. La particolarità di questa
tecnica è quella di esagerare, caricare alcuni dei dettagli del soggetto
raffigurato ed è largamente utilizzato nel graffitismo metropolitano.
Il fumetto, invece, è un linguaggio eterogeneo che si avvale di due livelli
comunicativi: un piano narrativo e uno grafico. Nella Street Art è tipico
l'utilizzo e la creazione di personaggi ispirati dalla cultura fumettistica.
Alcuni degli street artists attuali più noti sono Marc Jenkins, Shepard Fairey,
Blu, Bansky, Nunca, Faile, JR.
La street art si posiziona all'interno di un discorso storico e fondamentale
sulla funzione dei musei e dei luoghi espositivi. Il discorso viene estratto dai
luoghi deputati all'arte, e si pone in diretta comunicazione con l'osservatore
che non ha possibilità di sottrarsi al dialogo. L'arte dei graffiti prende una
posizione contro l'istituzionalizzazione dell'arte stessa.