gorgoglio - estratto
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La Creatura
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GORGOGLIO
Randolph si avvicinò a Fedallah, infondo era raro che sul ponte di comando del
Nautilus ci fosse qualcuno con un turbante che non fosse direttamente il Principe
Dakkar. Fedallah solitamente non incline alle battute fece notare che il suo non
era un turbante “peloso” ma erano i suoi capelli bianchissimi portati con quella
strana acconciatura e che gli “ornamenti” facevano parte delle sue trecce, erano
nodi-vichinghi guadagnati nei soggiorni dalle donne di Lebek che lo ringraziavano
quando riportava a casa sani e salvi i balenieri. Forse tra gli enigmi che
circondavano la vita del persiano, la sua posizione sul Nautilus era uno dei meno
affascinanti, ce n’era uno che, secondo Randolph Carter avrebbe fatto impazzire
l’amico Tyler ovvero, il pedigree di Fedallah: mezzo persiano, mezzo norreno,
sfiorava l’impossibile anche solo teorizzare come si fossero incontrati i suoi
genitori, pelle pallida, capelli bianchi, non albino e con profondi occhi neri ed un
naso camuso più negroide che semita …
Fedallah volle anticipare le perplessità che forse davano al Sig.Carter quell’aria
interrogativa: “Mister Carter, dovreste aver più fiducia nel Principe Dakkar,
infondo io non mi chiedo perché oggi abbia affidato a voi l’infermeria invece di
lasciarvi un uomo come il Dott. Henry Clerval. Lo accetto riponendo fiducia nel
mio Capitano, come facevo all’epoca della Balena, se poi vi può essere di
rassicurazione, quando il Nautilus deve immergersi oltre una certa profondità,
laddove non giunge la luce del sole, ne la fisica del mondo che conosciamo, uno
spirito possibilista e preparato all’orrore come il mio, potrebbe essere l’asso di
questa vecchia bagnarola per sfuggire a un Leviatano o ad uno qualunque dei
nemici di Nemo, perché è sicuro che abbia nemici anche qui”.
Le parole di Fedallah non suonarono così vuote a Randolph, in primo luogo
perché la missione del Nautilus era “differente” dalle altre missioni, alle quali per
altro non aveva mai partecipato. Inoltre Henry Clerval solitamente presente sulla
nave, abile chirurgo di Ingolstadt era stato mandato ad occuparsi di un certo
Dott.West a Boston, lasciando il dipartimento medico della nave, nelle mani di
Randolph, giovane infermiere del manicomio di Arkham, nato a Boston, appena
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imbarcatosi a Innsmouth, per studiare la curiosa morfologia psichica e fisica
d’uno degli ospiti del sommergibile.
Il paziente, il prigioniero o semplicemente l’ospite, doveva essere portato in una
struttura molto ben difesa, indicata dal Colonnello. Il nome della creatura,
almeno l’unico a cui rispondeva, era Caliban, sarebbe servito, avendo conosciuto
Moreau da vicino, a comprendere, se e come, Moreau potesse passare da
vittima di Gormogom ad arma nelle mani di questi esoterici terroristi.
La struttura si trovava a circa ventimila leghe sotto il livello del mare, ad una
pressione tale che non ci sarebbe stata via di fuga alcuna se non con l’ausilio del
Nautilus, unica creazione umana capace di raggiungere indenne quella
profondità.
Caliban era costretto in una gabbia già durante il trasporto, il che era raro per
l’equipaggio ai comandi di Nemo, anzi solitamente i peggiori criminali trasportati
vivevano negli alloggi del Capitano, il quale, visto il suo ottavo di sangue
piratesco si riteneva sufficientemente capace (sufficienza è assolutamente usato
come eufemismo) di gestire un prigioniero. Le uniche due creature trasportate in
una cella furono un gigantesco rabbino dalla pelle marmorea, chiamato Goylem
e Caliban, il quale sembrava sospeso tra il sonno e la veglia in un grosso cilindro
d’acqua salmastra, continuamente rinnovata tramite un complesso sistema di
filtri, pompe e valvole …
Il funzionamento della “cella” conferiva al Nautiloide l’aspetto di una gigantesca
balena ramata, a quella profondità, però, ogni velo di colore era scomparso dal
sottomarino, ed i pochi, irreali riflessi, su una gigantesca formazione di cristalli
simili ad un mostro di metallo lucente, facevano apparire il Nautiloide, nelle aree
più chiare, spettralmente biancastro, facendo tremare Fedallah legato ad un
inconfessabile destino, conosciuto solo da lui e dal Capitano Ahab con il quale si
sarebbe dovuto riconciliare, probabilmente nelle Fiandre.
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Caliban sembrava un uomo, di buona muscolatura, dalla pelle viscida come
cosparsa di oli, tre tagli simmetrici sul collo respiravano mentre la sua cassa
toracica sembrava invece immobile.
Il suo sguardo, costituito da grandi occhi ovali, non presentava sclera. Numerose
operazioni chirurgiche, magistralmente eseguite, gli conferivano numerose
palpebre e probabilmente una vista peculiare per fare ciò che doveva,
qualunque cosa fosse, secondo l’originale progetto del Dottore. Ciò che però lo
rendeva assolutamente similare all’immagine che molti hanno del suo omonimo
Shakespeariano erano i capelli, delle specie di trecce, forse più, verosimilmente,
dei tentacoli, dotati di una lenta, ipnotica vita propria, sembrava l’illegittimo e
sventurato figlio della Gorgone e del Pirata Davy Jones.
Caliban sembrava ora turbato nel suo sonno … Fedallah s’avvicinò alla prigione-
acquario, obbligò uno dei marinai ad immettere una grande quantità di etere
nella soluzione salina, l’anestesista Crawford Long sarebbe stato fiero di lui e
della generosa porzione somministrata al prigioniero. Le labbra di Caliban
sussurravano mute rivelando di quando in quando uno scorcio della dentatura
inumana, e Fedallah pregava, invocando il sacro fuoco di Persia, proteggendo
dall’inevitabile i suoi marinai.
Carter corse in infermeria, richiamato dalla febbre dell’anziano Albator, uno dei
vecchi marinai cantato da Coleridge che si smarrì in Antartide, e svanì per il
mondo di superficie diventando uno dei misteriosi pirati della ciurma di Nemo. Il
vecchio sudava freddo come i ghiacci che lo intrappolarono anni orsono, e nel
delirio di questa febbre improvvisa urlava dei cavalli alati che precipitarono con
le uova di ghiaccio, tremava descrivendo le bestemmie fattesi carne cacciate dei
Regni oltre la terra, esortava Randolph a non lanciare il suo senno oltre la
“cintura d’argento” e poi disse: “Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl
fhtagn Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn Ph'nglui mglw'nafh
Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn” facendo, inconsciamente, eco alle mute
preghiere di Caliban … e qualcosa urtò il Nautiloide.
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Un mostro, orripilante e ciclopico ricordo di ciò che poteva essere una piovra o
un kraken, s’avvicinò richiamato dalle mute preghiere di Caliban, dai deliri del
pazzo Franklin Albator o per zittire le bestemmie persiane di Fedallah. Quel
mostro strinse in una morsa il Nautilus.
L’abbietto servitore di Moreau sorrise, destandosi dal suo sonno artificiale, i filtri
cedettero liberandolo dalla presa orfica dell’etere, ed il mare cominciò a
reclamare alcuni degli alloggi della nave, col lamento sinistro ed acuto del
metallo che si piega sotto la pressione dei muscoli nefandi delle appendici del
mostro.
Caliban emise un fragoroso ruggito, accompagnato dall’esplosione dei cristalli
della sua prigione, poi avanzò verso Fedallah parlando calmo e sicuro: “Non sono
un prigioniero di Moreau, sono la prova che Moreau ha il talento per lavorare
per Lady Gormogom, ora ti chiederei cortesemente di consegnarmi la vita del
Principe e degli altri ufficiali, giuro che risparmierò mozzi e marinai, altrimenti
confida nel tuo Allah ma dubito possa vedere fin qui nell’abisso”. Fedallah
disciplinò il suo cuore per mantenere la stessa calma “Non ho a cuore gli ufficiali,
Nemo non è a bordo, e non sono io nella tua trappola, ma siete voi e quel
mostro nella mia, poiché la mia fede non è riposta in Allah, non come voi lo
intendete, quantomeno, non compirò alcun peccato ardendo come un sole
marino facendo detonare i motori della nave … ed il tuo amico Kraken tornerà ad
essere leggenda”.
Marinai ed ufficiali tremarono alle parole del persiano, anche come Bluff
suonava al limite della pazzia. Carter capì il suo ruolo, Nemo l’aveva voluto per
gestire un malato mentale a bordo, e non si riferiva certo a Caliban … i lamenti di
Albator intanto continuavano a riecheggiare sinistri per tutta la nave a causa del
comunicatore a pneumofono lasciato aperto tra l’infermeria ed il ponte
superiore. Randolph fece qualcosa di disperato, sparò un colpo deciso al volto
del povero Albator … il Kraken allentò la presa, Fedallah estrasse un lungo
dilmekiri, la sua fidata scimitarra, dalla falda degli ampi pantaloni turchi. Colpì
Caliban.
Non avrebbero scoperto altro sul prigioniero, se non il fatto che Gormogom era
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oramai l’indiscussa regina dei mostri e per batterla servivano mostri della sua
portata. E Fedallah obbligò ad un’inversione verso le Fiandre, verso la casa del
più abile cacciatore di mostri al mondo … il Signore degli Arpionieri, il Capitano
Ahab.
THE STRAND
“La vita dei membri della Gallant, è talmente piena che servirebbe un giorno in
più alla settimana per trovare il tempo per il gioco del Polo e per conservare un
matrimonio” era una delle battute di maggior effetto d’entrambi i fratelli
Holmes, per quanto uno dei due odiasse il Polo e l’altro fosse, ovviamente,
allergico al matrimonio, tuttavia Plutonedì (così chiamavano quel giorno in più)
era il giorno dell’edizione speciale del “The Strand”, arrivava il 31 del mese, tre
giorni dopo l’edizione più popolare, e riportava eventi per una clientela molto
selezionata che pagava un salatissimo abbonamento al fine di ricevere tutti gli
“aggiornamenti” sulla Realpolitik dell’Impero Britannico (dove per Real,
s’intendevano gli eventi che realmente influivano sulla salute dell’Impero e dei
paesi ad esso più o meno direttamente collegati). Questo numero dello Strand
avrebbe riportato a Viktor tutti gli eventi più interessanti di quest’ultimo
periodo, in sintesi i grandi titoli erano: “Riemerge il Nautiloide, costretto alla
navigazione in superficie per l’attacco di un Kraken, s’accinge al ritorno nelle
Fiandre”, “Criminale in miniatura nel mirino della Holmes Investigation di Baker
St. Si cerca una cura per il Professor G. e le sue brillanti ed avvenenti assistenti”,
“Nasce lo Stato di Latveria, in seguito al re insediamento di Re Rudolph e al
matrimonio con Flavia di Zenda, assistono all’incoronazione Irene Adler ed il
manipolo di guerriglieri di Streslau garanti della pace e della libertà”. Viktor
leggeva l’edizione speciale in casa d’un amico di penna, Orlando, il quale provocò
in passato non pochi turbamenti al giovane Frankenstein. Solo ora, dopo aver
sorseggiato avidamente la grappa offerta dalla casa, ricordò che, a Villa Glavari,
Irene era citata nei pettegolezzi di Hanna, tra le amanti dell’amico Orlando.
Orlando era sempre divertito tanto dagli uomini quanto dalle donne che
s’innamoravano di lui, effettivamente anni in questa condizione, gli avevan fatto
perdere qualsiasi interesse per il proprio sesso, mentre l’avevano fatto