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Sciacca, novembre 2014 Santa Famiglia di Nazareth Giuseppe, Maria e Gesù Verbo incarnato, “Dio-con-noi” Febbraio 2015 * La famiglia naturale è il primo luogo di santificazione, dove si impara a ubbidire e ad amare papà e mamma e i fratelli, per testimoniare agli altri, alla Chiesa e al mondo l’insegnamento della fede e dell’educazione dei genitori. * Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza. Costoro vieteranno il matrimonio” (1 Tim 4,1-3) Dossier FAMIGLIA Gruppo Santa Famiglia Opera della divina Consolazione Sciacca, Casa San Giorgio

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Sciacca, novembre 2014

Santa Famiglia di Nazareth

Giuseppe, Maria e Gesù Verbo incarnato, “Dio-con-noi”

Febbraio 2015

*

La famiglia naturale è il primo luogo di santificazione, dove si impara a ubbidire e ad amare papà e mamma e i fratelli, per

testimoniare agli altri, alla Chiesa e al mondo l’insegnamento

della fede e dell’educazione dei genitori.

*

“Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine

diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza. Costoro vieteranno il matrimonio” (1 Tim 4,1-3)

Dossier FAMIGLIA

Gruppo Santa Famiglia

Opera della divina Consolazione

Sciacca, Casa San Giorgio

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Questo Dossier raccoglie articoli

per la costruzione cristiana della famiglia

Indice

Le famiglie numerose sono la nostra speranza

Sposarsi a 21 anni? Perché no ?

Nell’anno 2030 spariranno i matrimoni religiosi

La famiglia: Renzi la distrugge

Il convegno che non s’ha da fare

Costruzione della famiglia

Perché no al divorzio

Convegno di Milano: I bambini non si vendono

Asili nido a Roma conquistati dalla lobby gay

Tre referendum per ribadire l’ovvio

Non è omofoba l’università che difende il matrimonio

Gianna Jessen, grata di essere viva

Giornata per la vita: ci vuole

Così Marino fa a pezzi la famiglia

Il Mattino: La famiglia messa alla gogna

Gran Bretagna, Passa Legge su Multi-genitorialità

Bimbi con tre genitori

Tre genitori, neanche le bestie …

Eugenetica come Hitler

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Le famiglie numerose sono la nostra speranza

di Massimo Introvigne 21-01-2015

Nell'udienza generale del 21 gennaio il Papa è tornato sulla visita apostolica nello Sri

Lanka e nelle Filippine, rievocandone i momenti salienti e precisando - rispetto alle

rapide battute in aereo - il suo pensiero sulle famiglie numerose, che non sono causa

della povertà - anzi, questa è una «opinione semplicistica» - ma ragione di

«consolazione e speranza». Francesco è anche tornato a denunciare le

«colonizzazioni ideologiche» da cui la famiglia va difesa: in aereo, aveva precisato

che intendeva riferirsi in particolare alla «teoria del gender».

«Il viaggio», ha detto il Pontefice, «è stato soprattutto un gioioso incontro con le

comunità ecclesiali che, in quei Paesi, danno testimonianza a Cristo: le ho confermate

nella fede e nella missionarietà». Le folle «in alcuni casi addirittura oceaniche» hanno

compreso il senso del viaggio. «Il momento culminante del mio soggiorno in Sri

Lanka», ha spiegato Francesco «è stata la canonizzazione del grande missionario

Giuseppe Vaz», testimone in anni di persecuzione della fede, ma anche dell'aiuto ai

poveri di tutte le religioni e di un dialogo interreligioso perseguito nonostante grandi

difficoltà. Un testimone particolarmente significativo per lo Sri Lanka che esce da un

«lungo e drammatico conflitto civile» che è stato anche uno scontro religioso fra

induisti e buddhisti, di cui cristiani e musulmani - attaccati da entrambe le fazioni -

sono stati a loro volta vittime.

La cooperazione tra le religioni è ora necessaria per potere «risanare col

balsamo del perdono quanti ancora sono afflitti dalle sofferenze degli ultimi anni».

«Il tema della riconciliazione», ha aggiunto il Papa, «ha caratterizzato anche la mia

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visita al santuario di Nostra Signora di Madhu, molto venerata dalle popolazioni

Tamil e Cingalesi e meta di pellegrinaggio di membri di altre religioni. In quel luogo

santo abbiamo chiesto a Maria nostra Madre di ottenere per tutto il popolo srilankese

il dono dell’unità e della pace».

Francesco si è poi recato nelle Filippine, dove «la Chiesa si prepara a celebrare il

quinto centenario dell’arrivo del Vangelo. È il principale Paese cattolico dell’Asia, e

il popolo filippino è ben noto per la sua profonda fede, la sua religiosità e il suo

entusiasmo, anche nella diaspora». Il Pontefice ha ricordato di avere «sottolineato la

costante fecondità del Vangelo e la sua capacità di ispirare una società degna

dell’uomo», in una nazione la cui identità è stata forgiata dal cattolicesimo. «Scopo

principale della visita» era però esprimere la solidarietà alle vittime del più grande

tifone della storia,il tifone Yolanda del 2013. «La potenza dell’amore di Dio, rivelato

nel mistero della Croce, è stata resa evidente nello spirito di solidarietà dimostrata dai

molteplici atti di carità e di sacrificio che hanno segnato quei giorni bui».

Come «momenti salienti» della visita alle Filippine il Papa ha voluto ricordare

gli incontri con i giovani e le famiglie. Mentre si è parlato quasi solo degli accenni

del Pontefice alla nozione di «paternità responsabile» - peraltro accompagnata da una

celebrazione dell'enciclica «Humanae vitae» del beato Paolo VI, così che sarebbe

difficile leggerci un'apertura agli anticoncezionali - l'essenziale del messaggio va

cercato nell'idea che «le famiglie sane sono essenziali alla vita della società. Dà

consolazione e speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come

un vero dono di Dio. Loro sanno che ogni figlio è una benedizione». E qui il Papa ha

voluto aggiungere: «Ho sentito dire - alcuni [lo dicono] - che le famiglie con molti

figli e la nascita di tanti bambini sono tra le cause della povertà. Mi pare un’opinione

semplicistica. Posso dire, possiamo dire tutti, che la causa principale della povertà è

un sistema economico che ha tolto la persona dal centro e vi ha posto il dio denaro;

un sistema economico che esclude, esclude sempre: esclude i bambini, gli anziani, i

giovani, senza lavoro … - e che crea la cultura dello scarto che viviamo. Ci siamo

abituati a vedere persone scartate. Questo è il motivo principale della povertà, non le

famiglie numerose».

Piuttosto che dividersi in sterili polemiche, «occorre proteggere le famiglie, che

affrontano diverse minacce, affinché possano testimoniare la bellezza della famiglia

nel progetto di Dio. Occorre anche difendere le famiglie dalle nuove colonizzazioni

ideologiche, che attentano alla sua identità e alla sua missione». Nelle Filippine il

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Papa ha parlato anche di poveri, di ambiente, di una politica libera dal germe della

corruzione. Ma al centro di tutto c'è la famiglia.

La Nuova Bussola Quotidiana

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*

BastaBugie n.384 del 16 gennaio 2015

SPOSARSI A 21 ANNI? PERCHE' NO?

di Giulia Tanel

Intervista a Marco e Chiara, 6 anni di matrimonio e 3 splendidi bambini... (per ora...)

In questi ultimi giorni, alla luce del Sinodo straordinario sulla Famiglia e dei dati

dell'Istat, si è parlato molto del sacramento del matrimonio. Purtroppo la realtà

dimostra che in Italia le persone che decidono di unirsi "per sempre" sono in continuo

calo e, tra questi, il tasso di separazioni e divorzi non lascia presagire nulla di buono.

Eppure i motivi per non perdere la speranza ci sono, dal momento che è ancora

possibile trovare sposi giovani e con tanti bambini. Noi di Notizie ProVita abbiamo

posto alcune domande a Marco e Chiara, entrambi di ventisette anni, sposati dal 2008

e genitori di tre splendidi bambini. Le loro risposte sono uno squarcio di sereno...

Marco e Chiara, in controcorrente con il mondo, siete arrivati all'altare giovanissimi.

Quando avete annunciato il matrimonio come hanno reagito le persone a voi vicine?

E, soprattutto, perché avete deciso di sposarvi e non avete invece preferito la

convivenza?

A dire la verità non tutti erano d'accordo che ci sposassimo a ventun anni. In molti ci

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hanno detto: "È un passo importante, siete giovani, potreste ripensarci! Non sapete

quanti sacrifici comporta la vita familiare: divertitevi finché potete!".

Tuttavia noi non siamo mai stati d'accordo con questo modo di concepire il

matrimonio: esso non è la tomba dell'amore, bensì è un vincolo che aiuta a ricordare

un impegno preso, è il porto in cui tornare dopo una qualsiasi tempesta, è un'alleanza,

è una promessa di felicità... in quale altro rapporto "si fa il tifo affinché l'altro

vinca"?!?

Per noi il matrimonio è un'unione in grado di dare stabilità, non è solo un sentimento

con i suoi alti e bassi, che oggi c'è ma magari un domani viene meno. Ed è una scelta

che dev'essere rinnovata ogni singolo giorno perché non è affatto scontato donare la

propria vita in pienezza a un'altra persona. Per questo insieme di motivi non abbiamo

neanche mai preso in considerazione la convivenza. Quali sono le più grandi gioie e

le più grandi fatiche derivanti dall'essere due persone distinte – uomo e donna, con

pregi e difetti – impegnati in un percorso di vita comune? A essere pienamente

sinceri, la nostra esperienza di vita ci ha insegnato che, se si considera esclusivamente

il piano strettamente umano, uomo e donna non sembrano fatti per convivere sotto lo

stesso tetto. L'unica cosa che rende possibile questa unione è, secondo la nostra

visione, il matrimonio cattolico. Questo ci stimola a superare le inevitabili difficoltà,

semplicemente perché l'opzione 'divorzio' non è contemplata: "Nessuno osi separare

ciò che Dio ha unito". Se abbiamo un problema o lo risolviamo o lo risolviamo,

tertium non datur. Detto questo, la vita insieme si basa su una profonda stima

reciproca: se l'altro dice una cosa che non si comprende al volo, bisogna fermarsi per

cercare di capire. Questo perché una donna vede cose che passano inosservate per un

uomo, e viceversa. È necessario dare fiducia all'altro e non basare tutto sulla propria

convinzione: è come fondere assieme due cervelli per trarne un'azione unica.

Nella nostra vita insieme abbiamo compreso quanto i difetti che all'inizio ci facevano

sprecare tanto tempo in discussioni ora sono diventati un pretesto per aiutarsi a

migliorare a vicenda e se da soli era difficile fare autocritica e migliorare, nella vita di

coppia si matura e si diventa migliori molto più facilmente e con meno fatica. Si

impara a vedere i propri limiti con gli occhi dell'altro ed è così che il coniuge diventa

uno specchio nel quale vedere e correggere i propri difetti. In pochi anni di

matrimonio, a dispetto della crisi economica e del contesto sociale, avete avuto tre

bambini. Cos'è che vi muove verso una così generosa apertura alla vita?

I figli sono il frutto concreto del nostro amore. Essere sposi significa assumere su di

sé il titolo di procreatori, nel senso di poter essere compartecipi con Dio nella

creazione di una nuova vita. Non vi è onore più grande. Nessun bambino ha mai

portato una famiglia in rovina. Oggi più che mai è costoso avere dei bambini (non

solo dal punto di vista materiale, quanto per poter offrire loro una buona formazione

ed educazione), ma il 'problema' economico va affrontato dopo che il bambino è

arrivato, non prima. Spesso, infatti, le cose che nella teoria sembrano impossibili,

nella pratica si rivelano assolutamente realizzabili. Fino ad ora, a dispetto dei nostri

tre figli, siamo sopravvissuti con un solo stipendio e con un mutuo... anche se

nessuno ci crede! Se uno dei vostri bambini non fosse stato sano, avreste pensato

all'aborto?

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Assolutamente no! Abbiamo sempre rifiutato anche tutti gli esami che ci

proponevano per diagnosticare eventuali 'difetti' del bambino. Siete ancora troppo

giovani per fare un bilancio della vostra vita. Tuttavia, se qualcuno vi chiedesse

com'è essere padre e madre, cosa rispondereste? Risponderemmo molto

semplicemente che non potremmo più fare a meno di non esserlo. Ogni sacrificio

fatto per un figlio è ripagato con il centuplo. Ed è meglio faticare quando i figli sono

piccoli, per poi un giorno, quando saranno liberi, godere della loro compagnia e

raccogliere i frutti di ciò che abbiamo seminato. In conclusione, in base alla vostra

esperienza, vi sentireste di dire a una giovane coppia di fidanzati di sposarsi presto (e

per sempre!) e di fare tanti figli? Certamente! Perché sposarsi e, quindi, fare figli è la

risposta che tantissimi giovani cercano ma che, spesso, viene loro nascosta. Finite le

scuole superiori troppi ragazzi e ragazze cadono in una routine fatta di superficialità e

materialismo, che danno loro una felicità immediata e apparente ma che svanisce a

serata finita o quando un oggetto non è più nuovo e di moda. Un giovane si sentirà

sempre incapace di una vita di successo finché non si sposerà e avrà una vita propria.

Allora non sarà più un figlio, ma un capofamiglia. Non sarà più un ragazzo, ma un

uomo. Non è il primo stipendio che rende un giovane adulto, ma la sua prima grande

responsabilità: il matrimonio. E lo stesso vale per la donna, che essendo sposa e

madre realizza in pieno le sue capacità di donazione e di accoglienza.

Titolo originale: Matrimonio, la realizzazione di una vita

Fonte: Libertà e persona, 20 novembre 2014

Pubblicato su BastaBugie n. 384

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*

2030, l'anno in cui spariranno i matrimoni religiosi.

Colpa anche nostra, di questo si parli al Sinodo

di Lorenzo Bertocchi 23-01-2015 - Pubblicato su BastaBugie 22 gennaio 2015

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Dal 1995 al 2002 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della

Famiglia della Cei, dal 2003 al 2009 Consultore del Pontificio Consiglio per la

Famiglia, da sempre si occupa “sul campo” di pastorale familiare. È don Renzo

Bonetti, oggi presidente della Fondazione Famiglia Dono Grande. Poco prima del

Sinodo di ottobre è stato tra i firmatari di una lettera (Commitment to marriage) che

alcune personalità di varie nazioni hanno firmato, rivolgendosi ai padri sinodali. Ha

tutte le carte in regola per fare due chiacchiere sui temi del Sinodo.

Don Renzo in Italia, secondo le statistiche, dal 1963 abbiamo perso circa 6.000

matrimoni religiosi all’anno, se andiamo avanti così fra circa 15 anni non ci

saranno più matrimoni religiosi. Come può esserci Chiesa senza famiglia?

«Spesso diamo la colpa al “mondo”, ma raramente ci poniamo la domanda se noi

come Chiesa siamo stati capaci di insegnare la bellezza della realtà della coppia e

della sessualità. I vescovi italiani, con un documento del 1975, proponevano una

profonda revisione dei corsi in preparazione al matrimonio e additavano il

Sacramento come fonte di bellezza, di santificazione, di impegno pastorale. Se allora

quello fu uno snodo importante, dobbiamo purtroppo constatare che a tutt’oggi, a 40

anni di distanza, si ripropongono più o meno quegli stessi corsi. Forse non abbiamo

saputo correre e percorrere fino in fondo quelle intuizioni. Forse perché occupati

troppo in altre cose. Ma così facendo non abbiamo saputo mettere al centro la

famiglia e ora che ne veniamo privati ci rendiamo conto che non possiamo

permettercelo, perché senza famiglia non comprendiamo la Chiesa. Come affermava

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san Giovanni Paolo II al n°19 della Lettera alle famiglie, «non si può comprendere la

Chiesa come Corpo mistico di Cristo, come segno dell'Alleanza dell'uomo con Dio in

Cristo, come sacramento universale di salvezza, senza riferirsi al grande mistero,

congiunto alla creazione dell'uomo maschio e femmina ed alla vocazione di entrambi

all'amore coniugale, alla paternità e alla maternità. Non esiste il grande mistero, che è

la Chiesa e l'umanità in Cristo, senza il grande mistero espresso nell'essere “una sola

carne”, cioè nella realtà del matrimonio e della famiglia».

Purtroppo oggi gli uomini e le donne faticano a interpretare questo “grande

mistero”...

«In un certo senso dobbiamo chiederci se le nostre coppie di sposi non siano troppo

trascinate dalla corrente culturale dominante. Ma dobbiamo domandarci anche se nei

nostri percorsi per gli sposi sappiamo mostrare come la croce fa parte della luce,

come la croce fa parte dell’amore, della grandezza dell’amore. Noi stessi, operatori di

pastorale familiare, spesso abbiamo staccato amore da sofferenza, amore da croce

(dono voluto, scelto, totale), amore da “passione” e quindi non possiamo pensare che

i nostri cristiani possano essere testimoni, perché non sanno leggere le fatiche della

vita di coppia e di famiglia alla luce della croce. Occorre formare un “minimo” di

coscienza sacramentale, attraverso una pastorale che sia anche formazione spirituale,

cioè di una vita secondo lo Spirito, degli sposi cristiani. Di uno Spirito non

disincarnato, ma che fa brillare la bellezza di coppia».

Prima del Sinodo, insieme ad altri intellettuali, ha firmato una lettera pubblica

(Commitment to marriage). Si facevano 9 proposte per una rinnovata pastorale

familiare. Quale ritiene sia la più essenziale e perché?

«Dei 9 punti indicati in quella lettera, i quali hanno tutti una loro preziosità, ritengo

sia fondamentale per il futuro quello relativo alla formazione dei sacerdoti, non

soltanto in riferimento alle omelie, ma per il loro modo di vivere accanto agli sposi.

Abbiamo bisogno di sacerdoti che facciano da guida spirituale agli sposi, che

preparino i fidanzati accompagnandoli al sacramento. Abbiamo bisogno di sacerdoti

che sappiano che il loro non è un sacramento “solitario” per la Chiesa e per il mondo,

bensì è un sacramento che va vissuto in comunione con un altro sacramento, quello

delle nozze. Due sono i sacramenti per la missione, questo viene troppo spesso

dimenticato! (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1533, 1534, 1535). Mi

domando: come e quando noi prepariamo i fidanzati ad essere a servizio della Chiesa

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e della società? A meno che non intendiamo che a servizio della Chiesa significhi

soltanto fare attività parrocchiale. Viceversa, “a servizio della Chiesa e della società”

trova il suo fondamento e la sua possibilità nel sacramento del matrimonio. Noi

abbiamo perso la dignità sacramentale degli sposi e abbiamo ridotto il matrimonio a

una pura benedizione! Gli sposi sono moltiplicatori della missione, sono le venature, i

vasi capillari della missione della Chiesa, perché sono collocati sulle strade, nei

luoghi di lavoro, di svago, nelle abitazioni …»

Tutti parlano di crisi della famiglia, pochi di crisi del fidanzamento

«Credo che uno degli elementi che andrebbe affrontato relativamente alla crisi della

famiglia, sia proprio la crisi del fidanzamento, per come è vissuto, per i criteri con cui

i fidanzati si scelgono, per le modalità con cui si preparano e per gli obiettivi che si

propongono, per i tempi (talora troppo prolungati, altre troppo brevi) di attesa prima

del matrimonio. In questo senso c’è una crisi del fidanzamento. Mi permetto di

richiamare che probabilmente c’è una crisi ancor prima del fidanzamento. Perché è

più comunicata e insegnata la capacità di ricevere amore, piuttosto che a dare amore.

Abbiamo generato “spugne” di amore gigantesche, nei nostri bambini, nei nostri

ragazzi, nei nostri adolescenti, sempre alla ricerca di essere amati. Li abbiamo

abituati da piccoli a essere coperti di un affetto fuori misura, coperti di peluche senza

fine, di giocattoli, di risposte alle loro esigenze. Non che questo sia sbagliato, ma non

abbiamo altrettanto insegnato a “dare”, a fare un sorriso a chi piange, un regalo a chi

non ti regala niente. Non abbiamo insegnato a donare l'amore, ma quasi solo a cercare

chi ci ama. Ma quando un fidanzamento è fondato, anche inconsciamente, sul “chi mi

ama”, chi mi fa sentire l’amore, allora sostanzialmente il rapporto dura il tempo che a

me “sembra che l’altro mi ami”. Il fidanzamento finisce per corrispondere al criterio

del “mi trovo bene”, sto bene con quella persona. Non avendo alle spalle

un’educazione all’amore rischiamo di avere un fidanzamento fragile».

Come aiutare i fidanzati?

«Come Chiesa raramente riusciamo a proporre criteri di discernimento adeguati per

verificare se questo fidanzamento porti ad un matrimonio che possa accogliere, dirsi e

darsi il “per sempre”. Per quanto conosco in nessun posto in Italia viene proposto un

serio aiuto di discernimento e verifica circa l’idoneità umana reciproca: se quello è

l’uomo della mia vita, se quella è la donna della mia vita, se io sono l’uomo/donna

per lei/lui. Negli sposi non cerchiamo assolutamente se questo dato naturale esista, se

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può divenire sacramento. Questo perché abbiamo finito per scambiare la grazia del

sacramento del matrimonio con un diritto del battezzato, abbiamo scambiato il dono

con un diritto a ricevere il dono. Ma il sacramento del matrimonio è un dono al quale

ci si deve predisporre, non è primariamente un diritto! Ritengo sarebbe molto utile

che la Chiesa, possedendo già un iter per verificare la validità del sacramento, si

dotasse anche di percorsi per questo discernimento previo al matrimonio stesso, come

fa per il sacerdozio e la vita consacrata. A questo si dovrebbe poi affiancare l’altro

elemento che è totalmente disatteso, ovvero il discernimento di carattere

sacramentale. I due fidanzati sanno che con il sacramento del matrimonio

diventeranno «segno visibile» di Cristo Gesù? La prova che un sacramento è

celebrato bene è domandare ad una coppia neo sposata che esce dalla Chiesa che

provi a spiegare il sacramento ricevuto e quale missione specifica ha iniziato con

esso, per la Chiesa e per la società. Possiamo continuare ad avere sposati in Chiesa

che non sanno spiegare cosa è in loro accaduto, che non sanno dire chi sono?»

Nel dibattito sinodale c’è un equilibrio da mantenere, quello tra dottrina e

pastorale

«Quando si parla di questo rapporto tra dottrina e pastorale credo sia più corretto

ricollocare questo argomento in ordine al matrimonio e alla famiglia dentro un

orizzonte più ampio. Non è in discussione, anche se sembra che lo stiamo facendo,

soltanto la pastorale del matrimonio e della famiglia. È in discussione il volto della

Chiesa. Di questo dovremmo renderci conto perché, come ho detto precedentemente,

la famiglia rivela il volto della Chiesa. La Chiesa è la presenza di Gesù, la Sua

presenza viva nel mondo. Se ho presente questo dato delle fede allora troverò la

strada per comporre dottrina e pastorale, partendo dal fatto che Gesù è vivo. I

cristiani sono chiamati a dire che Gesù è vivo, che Gesù continua a vivere ed

esprimersi in mezzo a noi, con la sua Parola, i suoi segni sacramentali, i suoi gesti di

amore misericordioso. In questa ottica evangelica siamo chiamati a rivedere e

rivitalizzare tutti i sacramenti. Noi stiamo mettendo in risalto la debolezza del

matrimonio, ma non ci siamo accorti che sono fragili tutti i sacramenti? Pensiamo

alla fragilità del battesimo, della confessione (sacramento quasi scomparso dalla vita

cristiana), alla fragilità dell’Eucaristia (senza tanti giri di parole: oggi tutti fanno la

comunione, confessati e non confessati). Il matrimonio si colloca in questa fragilità

che è di tutti i sacramenti».

In che senso?

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«Perché nel tempo abbiamo perso l’origine dei sacramenti, la fonte. Come Chiesa

abbiamo perso, meglio, abbiamo una scarsa consapevolezza, che nei segni

sacramentali è Gesù vivo che si dona, non è un ripetere umano semplicemente rituale.

Solo nella misura in cui recuperiamo la fonte sacramentale, noi andremo a

rivitalizzare i sacramenti. Ravvivare negli sposi la consapevolezza che Gesù è vivo e

presente in mezzo a loro, significa ravvivare la consapevolezza che Gesù è presente

nella Chiesa e che pone dei segni concreti come dono per le persone, perché formino

il corpo della Sposa. L’orizzonte deve essere la bellezza della vita di grazia.

Altrimenti rischiamo di avere una Chiesa dove forse i risposati potranno fare la

comunione, ma paradossalmente il Popolo di Dio non crederà più, non comprenderà

più «cosa è» e cosa dona l’Eucaristia».

Cos’è più urgente allora?

«Mi sembra che questo Sinodo per la famiglia sia veramente l’occasione per

collocare il matrimonio nella Chiesa e la Chiesa nel matrimonio. Oggi nelle persone

ferite, che stanno male, dobbiamo riscoprire e vedere quel costato aperto che ci rivela

l’abisso infinito del mistero di Gesù, ci richiama la sua Presenza, annuncia al mondo

che Lui è il Crocefisso risorto! Non possiamo pensare che la soluzione

dell’accoglienza dei divorziati consista nel dare loro la comunione, come alcuni nella

Chiesa oggi propongono. Non possiamo pensare che data la comunione abbiamo

risolto il problema. Non possiamo affidare all’Eucaristia ciò che non riusciamo, che

non facciamo come Chiesa. Stiamo dando all’Eucaristia il compito di sostituirsi alle

nostre inadempienze. Siamo noi che dobbiamo diventare Eucaristia per gli sposi in

crisi, per le coppie ferite, per i risposati. Per far loro capire che se c’è

un’indissolubilità che non è stata conservata, un amore che è stato tradito, dall’altra

parte c’è un indissolubilità eterna, un amore che non tradisce, quello di Dio per ogni

uomo, del quale gli sposi sono segno visibile. Perché anch’essi si sentano amati e in

comunione, perché anche se non possono gustare la comunione eucaristica possono

godere della comunione fraterna, dell’essere parte di un solo corpo nella Chiesa per la

misericordia del Signore. Per questo rimango convinto che separare dottrina e

pastorale sia uno sminuire il mandato di Gesù. Questo tempo ci invita a ricercare le

radici dell’indissolubilità e a fare una operazione di verità. Ribadisco: l'urgenza è la

riscoperta del matrimonio come dono sacramentale».

Da qualche anno si dedica al “Progetto Mistero Grande”, cos'è e come opera?

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«Da circa sette anni, unitamente ad un piccolo gruppo di famiglie e singole persone

provenienti da varie parti d’Italia, abbiamo dato inizio a un progetto pastorale in

favore della famiglia. Si tratta di un percorso articolato che intende offrire alla Chiesa

e alla famiglia cristiana un approfondimento teologico, esperienziale e pastorale del

tesoro di grazia contenuto ed espresso dal sacramento delle nozze. Non quindi un

movimento ecclesiale, un’aggregazione intorno ad un carisma personale, ma un

percorso per formare sposi e operatori di pastorale familiare perché siano poi sale,

lievito, grano buono nella loro terra, sotto la guida dei loro pastori. Nel sito web

www.misterogrande.org è possibile conoscere tutte le nostre attività. La Fondazione

“Famiglia Dono Grande”, che si ispira alla concezione cristiana del matrimonio e

della famiglia, ha lo scopo di promuovere e mantenere sicuro ed obbediente al

Magistero della Chiesa il cammino del Progetto Mistero Grande. Vogliamo

condividere con tutti, senza giudicare chi vive diversamente da questo ideale, che la

famiglia è il dono grande per il futuro dei nostri figli e delle future generazioni».

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*

Renzi, da buon Democristiano, fa finta di sostenere

la famiglia, ma lavora invece per distruggerla.

di Riccardo Cascioli - Pubblicato su BastaBugie n. 384

Dal divorzio breve alla fecondazione eterologa, passando dalla farsa degli 80 euro, al

riconoscimento delle unioni omosessuali, alla spinta in Europa del movimento gay Se

qualcuno aveva ancora dei dubbi, ciò che è accaduto nel Consiglio dei ministri dello

scorso 8 agosto dovrebbe averli definitivamente fugati. Cosa è successo infatti quel

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giorno? Che a sorpresa il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è presentato in

Consiglio e ha posto il veto a un decreto legge teso a contenere i drammatici effetti

della cervellotica sentenza della Corte Costituzionale che introduceva la fecondazione

artificiale eterologa nel nostro ordinamento. Si ricorderà che il 10 aprile 2014, a

proposito dell'ennesimo ricorso contro la Legge 40 sulla fecondazione artificiale, la

Consulta ha fatto cadere il divieto di eterologa, ovvero di fecondazione con la

donazione di gameti o ovuli da terza persona estranea alla coppia. A un male

oggettivo - la fecondazione artificiale omologa, cioè all'interno della coppia - si

aggiunge un ulteriore peggiorativo, che oltre al resto fa saltare anche la famiglia

come "luogo" della procreazione. Da quel momento il ministro della Salute, Beatrice

Lorenzin, ha cercato di trovare un accordo nella maggioranza per un decreto legge

che - agendo sul fattore della sicurezza sanitaria - ponesse almeno dei limiti al ricorso

a tale tipo di pratica. Accordo difficile, visto che il Partito Democratico - principale

forza di governo - è in larga maggioranza favorevole alla liberalizzazione della

fecondazione artificiale, ma alla fine il ministro ci era riuscita e già da giorni si dava

per scontata l'approvazione del decreto legge in Consiglio dei ministri. Poi, il colpo di

scena dell'8 agosto: Renzi blocca tutto con la scusa che dei temi etici si deve occupare

il Parlamento e quindi - malgrado le assicurazioni contrarie - via libera ai centri

privati e alle Regioni già pronte a sfruttare o favorire il business dell'eterologa.

IL PARA-MATRIMONIO GAY

Pressioni delle associazioni pro-eterologa o mero calcolo politico? Non si può dire

con certezza, ma resta il fatto che il governo - ma dovremmo dire il presidente del

Consiglio - conferma la propria ostilità alla famiglia naturale. Tanto è vero che

mentre rinviava al Parlamento la questione della fecondazione eterologa con la scusa

dei "temi etici" che non spettano al governo - ma il decreto previsto parlava solo di

problemi sanitari -, Renzi sbandierava la sua decisione dl varare un decreto per

legalizzare le unioni fra persone dello stesso sesso, un vero e proprio para-

"matrimonio" gay stando alle linee annunciate. Il modello evocato dal presidente del

Consiglio è infatti quello britannico, in cui alle coppie gay che rendono pubblica e

registrata la loro unione vengono attribuiti tutti i diritti della famiglia naturale, ad

esclusione dell'adozione. È evidente che, proprio sull'esempio britannico, si

promuove un vero e proprio "matrimonio" tra persone dello stesso sesso, non

chiamandolo inizialmente con questo nome: l'approvazione del "matrimonio" gay

vero e proprio avviene in un secondo tempo, quando ormai l'opinione pubblica ha

familiarizzato con l'idea. Ma l'elenco dei provvedimenti anti-famiglia che Renzi ha

promosso o avallato è lungo, al punto che si può dire che nessun governo ha mai fatto

tanto contro la famiglia. Certo, dobbiamo renderci conto che l'attacco alla famiglia

viene da molte parti e riguarda molti argomenti, ma il presidente del Consiglio mostra

di compiacere questi attacchi e vi partecipa con grande entusiasmo. Si tratta di

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provvedimenti che hanno effetti diretti o indiretti o anche semplicemente di indirizzo

culturale.

RIVOLUZIONE DEL DIRITTO DI FAMIGLIA

È una manovra a tenaglia, letale per l'istituto del matrimonio. Non si tratta infatti, in

un caso e nell'altro, di una semplice abbreviazione dei tempi di attesa che evita

ulteriori liti e tensioni. Al contrario, è una vera e propria rivoluzione nel diritto di

famiglia. Pur con l'introduzione del divorzio, il nostro ordinamento mantiene

comunque una struttura per cui il matrimonio resta il valore positivo, e la concessione

del divorzio una deroga per una serie di casi previsti. Per questo motivo è stato

previsto un tempo lungo di ripensamento (all'inizio 5 anni, poi ridotti a tre) nel

tentativo di recuperare il rapporto coniugale. Il sostanziale azzeramento di questo

periodo, invece, pone ormai sullo stesso piano la decisione di sposare con quella di

divorziare, lo Stato si proclama sostanzialmente indifferente. E con il decreto salva-

liti si completa l'opera: il ricorso al giudice, infatti, nei casi di divorzio sottolinea

l'aspetto pubblicistico del matrimonio, ovvero la sua rilevanza per la società e per lo

Stato. Eliminando questo passaggio, il matrimonio viene ridotto a un mero contratto

privatistico, ovvero un contratto fra le due parti come avviene per un qualsiasi

contratto di compravendita. Viene quindi di fatto a cadere il riconoscimento della

famiglia come società naturale, così come è definita dalla Costituzione italiana

all'articolo 29.

LA FARSA DEGLI 80 EURO

Prendiamo ad esempio quello che finora è stato il provvedimento più significativo del

governo Renzi, gli 80 euro in più in busta paga per chi ha redditi bassi. Ebbene, pure

in questo caso si è deciso di penalizzare le famiglie, soprattutto quelle con figli:

nell'assegnazione di questi 80 euro nessun riferimento al reddito familiare, così che

due conviventi che lavorano potranno godere di 160 euro in più al mese (80+80),

mentre una famiglia con figli, con il solo reddito del padre avrà soltanto gli 80 euro.

È solo un esempio, la lista è lunga tenendo anche conto che Renzi gioca su due tavoli:

non è infatti solo il capo del governo, ma è anche il segretario del Pd, maggiore forza

politica in Parlamento. E così per promuovere il divorzio-express manovra entrambe

le leve. Da una parte, dopo l'approvazione alla Camera, spetta ora al Senato dare via

libera al disegno di legge sul divorzio breve che ridurrà ad appena sei mesi il tempo

di attesa per sciogliere il matrimonio (se consensuale) che potrà diventare un anno se

ci sono dei figli minorenni. Dall'altra parte, nelle maglie del cosiddetto decreto salva-

liti, varato a settembre, il governo ha inserito anche il divorzio tra le cause che si

possono risolvere rapidamente con la mediazione degli avvocati senza ricorrere al

giudice.

COMANDA SCALFAROTTO

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Da non sottovalutare poi le iniziative che hanno un valore di indirizzo politico e

danno un segnale culturale chiarissimo. Parliamo ad esempio del voto negativo del

governo italiano alla risoluzione a favore della famiglia votata al Consiglio per i

diritti umani delle Nazioni Unite (Onu) lo scorso 25 giugno. Si trattava di un testo

molto prudente, in occasione del XX anniversario dell'Anno Internazionale della

famiglia, che recitava così: «La famiglia è l'unità naturale e fondamentale della

società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato». Lo stesso concetto

scritto nella nostra Costituzione, quasi parola per parola. Ebbene, l'Italia ha votato

contro, giustificandosi con la volontà di uniformarsi alla posizione tenuta dall'Unione

Europea. Ma come? Proprio il governo che ha a suo capo quel Renzi che un giorno sì

e l'altro pure grida che non prende lezioni dall'Europa? E infatti in Europa si fa

sentire e come, tanto che come Presidenza del Consiglio Europeo (quel famoso

semestre in cui l'Italia, nelle intenzioni, doveva mettere tutti in riga) il nostro governo

ha organizzato per il 28 ottobre a Bruxelles una conferenza di alto livello sul tema

"Lottare contro la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e l'identità di

genere: prossime tappe nell'elaborazione delle politiche dell'UE e degli Stati

membri". A parlare, ovviamente, tutti i principali leader europei omosessualisti e le

principali associazioni gay, a rappresentare l'Italia il sottosegretario alla presidenza

del Consiglio Ivan Scalfarotto. Sì, proprio lui, il promotore della legge liberticida

sull'omofobia in attesa di approvazione al Senato. Ogni commento appare superfluo.

Titolo originale: Renzi, la famiglia per nemico - Fonte: Il Timone, Novembre 2014

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IL CONVEGNO CHE NON S'HA DA FARE

Non ci credevo quando mi dicevano che tutti mi avrebbero tirato per la giacchetta...

eppure anche Giuliano Ferrara mi attribuisce cose che non ho mai detto.

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di Costanza Miriano - BastaBugie n.384 del 16 gennaio 2015

Un'amica - forse atea forse cattoprogressista, di certo intelligentissima, radical chic –

me lo aveva detto due giorni dopo l'uscita del mio primo libro: bello. Dici cose vere

anche per me che non sono così allineata alla Chiesa. Ma sta' attenta, perché tutti ti

tireranno per la giacchetta, e cercheranno di farti diventare una bandiera di idee che

non avrai mai espresso né pensato. Io, col mio formidabile fiuto strategico, pensavo

che si sbagliasse. Figurati, chi mai potrebbe ascoltare o addirittura tirare per la

giacchetta una come me, che da giorni cerco invano qualcuno che ospiti una

presentazione del mio libro (alla fine la moglie di un collega, nel suo negozio peraltro

non di libri, ha avuto pietà di me, e tra i figli, i suoceri, le amichette di scuola e due

valorose amiche del mare che hanno valicato l'Appennino abbiamo raggiunto la

venticinquina di persone).

TIRATE PER LA GIACCHETTA

Invece in qualche modo è successo. Una bandiera no, ma di tirate per la giacchetta ne

ho avute diverse. E così l'altro giorno ho scoperto (da Repubblica) di essere sul punto

di partecipare a un convegno omofobo, e (dal Foglio) di avere detto che "i gay vanno

curati". Io in realtà credevo di avere scritto un libro di lettere alle amiche per

convincerle a sposarsi, poi un altro sul linguaggio maschile e femminile e la

manutenzione del matrimonio, infine uno sull'obbedienza. Non so niente

dell'omosessualità e non mi interessa. Chiedo a gran voce che mi siano riportate

chiaramente e precisamente le parole in cui ho offeso gli omosessuali, in cui ho detto

che è lecito mancare loro di rispetto, in cui li ho giudicati o ho detto che vanno curati.

Nei miei libri il tema non è sfiorato, mentre in altre circostanze l'unica cosa che ho

detto – e ripetuto fino alla nausea sul tema – è che i bambini hanno diritto a un padre

maschio e a una madre femmina. Se questa è omofobia, be', allora siete usciti allo

scoperto, attivisti lgbt. Se è omofobia dire che abbiamo bisogno di rapportarci

all'identità maschile e femminile per definire la nostra (cosa che affermano moltissimi

omosessuali per primi), allora siamo davvero alla negazione della realtà.

CATTOLICA DI FERRO?

Un'altra cosa che mi fa sbellicare dalle risate è quando mi definiscono "cattolica di

ferro" (Il Fatto), paladina della famiglia tradizionale. Io sono cristiana cattolica, sì,

ma di ferro proprio no. Sono così tanto peccatrice e così tanto incoerente e così tanto

misera che non basterebbero dieci libri per elencare le mie mancanze e cadute e

debolezze. Altro che ferro. Però noi che crediamo nel Vangelo, sappiamo che noi

uomini non siamo buoni, da soli, che dal cuore umano escono ogni sorta di schifezze,

sappiamo che addirittura Gesù dice di se stesso che nessuno è buono se non Dio solo.

Figuriamoci. Figuriamoci se non sappiamo che la famiglia è anche il luogo della

nostra miseria, della fatica, delle nevrosi a volte, del sudore delle lacrime. Dello

scontro, delle litigate furibonde in alcune, oppure del grigiore. Sappiamo che la

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famiglia non è mai perfetta, a volte è proprio un disastro, altre volte invece funziona,

ma sempre a prezzo di fatica e impegno. Soprattutto di una decisione di fondo.

Noi che andiamo in giro a difendere la famiglia non abbiamo nessuna intenzione di

farne un quadretto a tinte pastello. Noi sappiamo che un padre e una madre sono una

condizione necessaria ma non sufficiente alla crescita serena dei figli. Ci sono

pessimi padri e pessime madri. Però che la condizione è necessaria dobbiamo dirlo, e

se questa è percepita come omofobia, non so che farci. Se le lettere in cui dico alle

mie amiche che vale la pena sposarsi sono oscurantiste, non so che farci. Se i capitoli

in cui scrivo che maschi e femmine sono diversi e parlano due lingue sono

considerati stereotipi da bigotta, non so che farci.

NUOVI AMICI

Poi a un certo punto grazie ai libri ho incontrato nuovi amici e abbiamo scoperto che

stavamo dicendo le stesse cose. Padre Maurizio Botta, Mario Adinolfi, Marco

Scicchitano e io abbiamo tenuto diversi incontri a Roma, uno nel cuore della città, gli

altri in periferia. Gli incontri, che hanno un format ricorrente, li abbiamo chiamati

"Contro i falsi miti di progresso" (video). Anche a Milano faremo lo stesso incontro,

e mi piacerebbe che chi ci ha attaccati senza sapere quello che avremmo detto lo

ascoltasse, e ci dicesse cosa c'è di sbagliato nelle nostre parole. Noi cerchiamo di

ragionare su quello che viene dal pensiero unico considerato progresso e che invece

secondo noi è qualcosa che fa male alle persone, tutte. I temi si sono via via definiti

insieme ad altri amici davanti a qualche bicchiere di vino, a qualche piatto di cose

buone preparate da un altro nostro amico, Gerry, nel suo locale, Est, che è il nostro

rifugio. Insieme abbiamo capito, o almeno così a noi è sembrato, che tra i falsi miti i

più pericolosi in giro nell'aria oggi ci siano quelli legati all'ideologia del gender, per i

loro riflessi sulla vita quotidiana delle persone che ne sono profondamente e spesso

inconsapevolmente imbevute, e anche per gli effetti più estremi, che invece

riguardano pochissimissime persone: se maschio e femmina sono solo orientamenti e

inclinazioni culturali, allora non è necessario che ci siano proprio esattamente un

maschio e una femmina per tirar su un bambino, e se la biologia testarda omofoba e

oscurantista si ostina a continuare a pretendere che un figlio venga da un padre

maschio e una madre femmina, la cosa deve poter essere aggirata in diversi modi. Per

esempio iperstimolando donne che producano molti ovuli insieme, nonostante i

gravissimi rischi per la salute, e poi pagando altre donne che facciano crescere il

bambino prodotto grazie a spermatozoi di varia provenienza (venduti, prestati, donati,

prodotti dall'uomo che farà il padre...). Queste e molte altre tecniche per produrre

persone, che trasformano esseri umani in cose manipolabili e vendibili, ci

preoccupano molto, mentre dal sentire comune vengono completamente rimosse:

quando si mettono in copertine patinate foto di omosessuali di successo che stringono

un bebè fra le braccia, oppure dichiarano di avere deciso che entro una certa età

avranno senz'altro il loro (loro solo in parte) bambino, si omette di dire quanto dolore

c'è dietro quella foto.

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LA DIFFERENZA TRA MASCHILE E FEMMINILE

Ora, io vorrei dire con il cuore in mano e con tutta la sincerità di cui sono capace che

capisco benissimo il desiderio di paternità e di maternità di chiunque, e che un

bambino che nasce è sempre una cosa bellissima, ma i nostri desideri non sempre

possono essere realizzati, l'esperienza del limite la facciamo tutti, tutti i giorni. E se

vogliamo superarli facendoci del male siamo liberi, ma quando il male viene fatto ai

più piccoli (bambini che non potranno mai conoscere uno o entrambi i genitori,

bambini staccati dalla mamma che li ha custoditi nove mesi, bambini con fratelli

congelati, e poi bambini che non potranno rapportarsi con la figura del loro stesso

sesso o di quello opposto, solo per dire qualche possibilità) chiunque possa deve

alzare la voce per difendere chi non può farlo da solo. Padre Maurizio, Marco, Mario

e io abbiamo deciso di farlo come ci è possibile. Ognuno di noi viene da una storia

diversa, ognuno ha la sua sensibilità e la sua competenza: un sacerdote oratoriano,

uno psicoterapeuta, un giornalista campione di poker e fondatore del Pd. E poi ci

sono io, che ho cercato solo di ragionare sulla differenza tra maschile e femminile

scrivendo dei libri, perché ho sperimentato nella mia vita di moglie e di mamma che

questa differenza non solo esiste, ma è fondamentale. Ognuno di noi nel nostro

format mette la propria parte e sensibilità. Nessuno di noi ha mai detto che si possa

mancare di rispetto alle persone omosessuali, né che vadano curate. Se quello che

diciamo per smascherare le bugie sulla "omogenitorialità" suscita tanto odio e tante

accuse false, è perché noi diciamo la verità, e non ci possono controbattere con la

ragione. Possono solo urlare. Infine sul tema "i gay vanno curati": non l'ho mai detto.

Non è vero. Gli omosessuali non vanno curati. Se vivono contenti la loro condizione

non hanno bisogno di nessuna cura. Se la loro non contentezza dipende da violenze

subite, tali violenze vanno perseguite severamente (e ci sono già le leggi che

perseguono ogni violenza contro ogni persona, con l'aggravante dei motivi abietti). Ci

sono però persone omosessuali che vivono con dolore la loro inclinazione, e non solo

per lo stigma sociale. Se queste persone vanno di loro iniziativa a cercare aiuto,

chiedendo l'assistenza di qualcuno, io non trovo niente di offensivo nel fatto che

specialisti – psichiatri, psicoterapeuti – provino ad aiutarli.

Titolo originale: Come sono finita qui?-Fonte: Blog di Costanza Miriano, 05/01/2015

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COSTRUZIONE DELLA FAMIGLIA

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La famiglia è la cellula base della società. È voluta fortemente da

Dio. Serve alla vita dell’uomo: l’aiuto reciproco tra uomo e donna, la

generazione dei figli, l’allevamento ed educazione, la crescita armonica, la

moltiplicazione di beni necessari per vivere, la creazione di rapporti

sociali positivi per il tessuto civile e religioso. I suoi pilastri base sono

due: la presenza dinamica di Dio e l’intesa tra uomo e donna.

Come costruire la famiglia? Ecco qualche indicazione essenziale ai

vari livelli:

a) A livello noetico: avere davanti e conoscere sempre meglio il progetto

di Dio sulla famiglia, basato sul Suo disegno creatore (“Non è bene che

l’uomo sia solo. Voglio fargli un aiuto che gli sia simile… Questa è carne

della mia carne… L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua

donna e i due saranno una carne sola. Non divida l’uomo quello che Dio ha

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congiunto… Crescete e moltiplicatevi”). Ciò significa: matrimonio

eterosessuale, monogamico e indissolubile, apertura ai figli; unità della

coppia e fedeltà; diversità e complementarità di ruoli; collaborazione;

cura dei figli e rispetto dei genitori e degli anziani, etc. Bisogna poi

formulare il proprio progetto di famiglia e portarlo avanti con i dovuti

aggiustamenti e gli aiuti sia di Dio che degli uomini, sulla base del proprio

lavoro giornaliero. Avere buone relazioni con tutti.

b) A livello di cuore: avere la propria famiglia come la cosa più preziosa

dopo Dio. È tutta basata sull’amore, sulla gratuità, sul servizio reciproco

mirante ad allietare la vita dei propri cari, che sono il primo prossimo da

amare. Ogni componente della famiglia è un tesoro unico e insostituibile,

da accettare, amare, aiutare continuamente. Farlo è fonte di gioia.

c) A livello operativo: la famiglia si costruisce ogni giorno altrimenti a

poco a poco si disgrega. Ci vuole fin dal mattino la presenza benefica di

Dio Padre creatore, Dio Figlio redentore e Dio Spirito santificatore,

chiamati e onorati mediante la preghiera fatta insieme. Ci vuole un piano

di lavoro ogni giorno e la piena collaborazione dei membri. Ci vuole

l’attenzione ai più deboli e agli anziani (nonni). Ci vuole il tempo di ristoro.

I pasti vanno presi insieme, almeno il principale e animati da dialogo

cordiale e aperto. Televisione e computer vanno limitati alla vera

necessità. La famiglia deve coltivare le relazioni vitali all’interno e

all’esterno (con altre famiglie e parenti; con i vari interlocutori sociali e

con la chiesa). La Domenica va celebrata in senso religioso con l’attiva

partecipazione alla vita ecclesiale.

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Perché no al divorzio?

di Padre Giuseppe Tagliareni

1. Perché Dio lo proibisce. Lo dice chiaramente Gesù a chi gli chiedeva qual era la

cosa giusta in proposito. «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio

e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua

moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne

sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,4-6). Il

forte richiamo di Gesù alle origini fa capire qual era l’intenzione di Dio sul

matrimonio: l’unione intima dell’uomo e della donna, che essi ratificano offrendosi

liberamente l’uno all’altra nel coniugio, simboleggia l’unità e la comunione di Dio; la

generazione di figli poi esprime la partecipazione al potere divino di dare la vita. Con

la famiglia Dio vuol dare all’uomo e alla donna comunione nell’amore e figli. Dio

proibisce di distruggere la famiglia. Sformare le leggi del Creatore è la cosa più

rovinosa che l’uomo può fare. L’autore della vita e del benessere non è l’uomo ma

Dio! E dunque distruggere il progetto di Dio è stoltezza grande e danno molto grave,

che può avere tante ripercussioni, anche nell’aldilà. Dio infatti, porterà in giudizio la

scelta di chi opta per il divorzio e gli chiederà: “Chi ti ha autorizzato a divorziare?”.

2. Chi divorzia, rompe l’unione nuziale e distrugge la famiglia: quel progetto

meraviglioso che sposandosi aveva accettato di attuare con la fedeltà reciproca e

l’aiuto di Dio. Manda in frantumi l’immagine della Trinità e attenta alla vita dei figli,

generati dal coniugio dei due genitori. “Non fece egli un essere solo dotato di carne e

soffio vitale? Che cosa cerca quest’unico essere, se non prole da parte di Dio?

Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua

giovinezza. Perché io detesto il ripudio, dice il Signore Dio d’Israele, e chi copre

d’iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti. Custodite la vostra vita

dunque e non vogliate agire con perfidia» (Mal 2,15-16). Chi dà il ripudio a moglie o

marito che sia, spegne il soffio vitale che era stato dato da Dio al momento delle

nozze, per far vivere in Lui quella coppia e i relativi figli. L’infedeltà al coniuge è

una iniquità che grida al cospetto di Dio. Per questo Egli non dà ascolto alle loro

preghiere e non gradisce le offerte di queste persone.

3. Rompere la fede del matrimonio è un atto di perfidia, odiato da Dio. Egli ci ha

fatto liberi, ma non per peccare, bensì per amare. Il matrimonio è generato dall’amore

di due (uomo e donna) che decidono liberamente di vivere insieme una vita in due,

come sposi, condividendo tutto e generando figli e figlie. Essi fanno un patto solenne

all’altare di Dio, davanti a testimoni, patto che diventa giuramento e Sacramento; in

esso c’è la piena volontà dei due e in più la grazia di Dio, che sigilla quel patto e lo

garantisce per il futuro. A nessuno è lecito venire meno alla parola data sia a Dio che

agli uomini. Se vi sono difficoltà, le si devono affrontare insieme a Dio, autore del

coniugio e a Gesù Cristo, autore del Sacramento. Bisogna rifiutare la “durezza del

cuore”, a causa della quale Mosè aveva concesso il ripudio (cf. Mt 19,8) e rimanere

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fedeli. E’ questa durezza di cuore che porta al tradimento. Infedeltà ed egoismo sono

poi la cattiva base di nuove unioni.

4. Separazioni e divorzi producono grandi mali nella società a cominciare dai figli

che subiscono tali eventi, senza averne la benché minima colpa. Assistere a litigi

sempre più gravi fino alla separazione ferisce mortalmente il cuore dei figli, i quali

nascono dall’unione di entrambi e si nutrono del loro amore più che del pane. Una

volta separati i genitori, il destino dei figli si fa ancora più amaro: per lo più affidati

alla madre, patiscono la carenza del padre; se pure vedono ora l’uno ora l’altra, non

hanno più il calore della famiglia. Nelle feste divengono motivo di contesa o di

rifiuto. A volte sono utilizzati come mezzo di ricatto tra i genitori. Tutti i maestri di

scuola notano come i figli di genitori separati non rendono, hanno maggiori difficoltà

di apprendimento, d’inserimento, di comportamento normale: spesso sia a scuola che

dopo, il comportamento si fa violento e deviante (fumo, alcol, droga, fuga da casa,

etc.).

5. Ma conseguenze negative si hanno anche sui genitori che si separano. Medici e

psicologi notano in questi maggiori rischi di malattie e in particolare la depressione.

Di certo, senza la pace sparisce anche il sorriso, il buon umore e la serenità di

coscienza. Anche la considerazione sociale ne risulta compromessa. Le spese

economiche poi, aumentano in modo a volte insostenibile, generando altri motivi di

litigio e altre ferite. E’ come se una maledizione si abbattesse sui due. Invano

cercheranno chi li consoli. Dio sta lontano da chi è infedele al patto, anche se è vero

che le colpe non vanno divise col coltello. L’infelicità dovrebbe far riflettere e

spingere a ricercare la soluzione non mediante la separazione, ma affrontando

insieme i problemi, con l’aiuto di Dio.

6. La volontà di separarsi dal proprio coniuge spesso si associa a quella di risposarsi

con un altro partner, che assicuri tutte quelle cose che mancavano nel primo coniugio:

amore, comprensione, gioia di vivere. Ognuno, si dice, ha diritto di rifarsi una vita. E

ci si dimentica che senza Dio non si vive, ma si va verso la maledizione e la morte.

Le nuove unioni non sono benedette da Dio e chi si risposa (fuori Chiesa) non può

accostarsi ai Sacramenti della Confessione e della Comunione. Questo è un danno

gravissimo per la propria vita spirituale. Solo coloro che hanno ottenuto una sentenza

ecclesiastica di nullità possono essere riammessi e quindi sposarsi in Chiesa. Questo

fa capire che divorziare e risposarsi è una cosa molto grave per la Chiesa, anche se la

società di oggi dà a tutti il permesso di divorziare.

7. Le conseguenze negative dei divorzi gravano pure sulla società. Prima di tutto,

perché si dà a chiunque facoltà di sciogliere il patto nuziale. Si legittima il venir

meno della fede alla promessa fatta: cosa gravissima e fonte di ulteriori disastri. Se è

legittimo rompere il patto con il proprio coniuge, anche se per determinati motivi,

allora non c’è patto che si salvi e l’infedeltà diventa sempre più la regola del vivere.

In pratica si riconosce il diritto a cambiar coniuge e quindi ad essere adulteri, con

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frequente attentato ad altre famiglie prima pacifiche. Vi sono così nuove forme di

convivenza che non meritano il nome di “famiglia”: unioni a due, a tre, a spezzoni

ricombinati, assortite, elastiche, “aperte”, a tempo, etc.; abbiamo anche e sempre più

numerose le “famiglie” monoparentali e i nuclei in cui vi è un solo soggetto. Regna la

solitudine affettiva e la liquidità dei legami, la disponibilità all’avventura e la fuga da

impegni per la vita. Società in frantumi e sempre più basata sull’empietà e

sull’arbitrio.

8. Un altro aspetto non indifferente della faccenda è l’incremento esponenziale del

contenzioso per cause matrimoniali, che intasano i tribunali e dissanguano le

finanze dei contendenti. Brevi o lunghe che siano, le contese legali portano ad altre

ferite e spese e le sentenze non possono mai pacificare gli animi; talora procurano

gravi ingiustizie. E gli innocenti sono sempre quelli che ne subiscono le conseguenze

più gravi. Come può Dio benedire? Lo Stato, che dovrebbe proteggere la famiglia

come sua essenziale cellula-base, opera invece per la sua distruzione e crea nuovi

infelici, cristallizzando la situazione di fatto. Se giustizia è dare ad ognuno il suo,

bisognerebbe che l’autorità giudiziaria desse alla moglie il marito, al marito la

moglie, ai figli i genitori uniti e alla società una vera famiglia, disponendo, dove

occorre, misure idonee per il suo risanamento.

9. La vera soluzione per i casi difficili è tornare a Dio con tutto il cuore e confidare

nel suo aiuto. Poi si deve cercare di correggersi in quelle cose che danno dolore al

proprio coniuge e cercare di riparare il mal fatto. Bisogna sapersi perdonare

reciprocamente e avere il coraggio di riprendere la vita insieme, ma con Gesù in

mezzo. La fede in Gesù salva: Egli è il Redentore, che col suo Sangue ha ottenuto la

grazia di rivitalizzare ciò che era morto. Ciò che è impossibile all’uomo è possibile a

Dio. E Lui lo vuole fare. È venuto per salvare ciò che era perduto: in primis la

famiglia e il matrimonio. Perché non dare a Gesù la direzione della propria vita? La

Vergine Maria è colei che ci porta Gesù. Chi trova Maria, trova la via della salvezza.

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BastaBugie n.386 del 30 gennaio 2015

CONVEGNO SULLA FAMIGLIA: I BAMBINI

HANNO diritto A UN PADRE A UNA MADRE

A Milano si vede un nuovo popolo che fa paura ai laicisti (VIDEO:

l'intervento di Costanza Miriano)

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di Costanza Miriano

Sabato a Milano è successa una cosa grandissima, una cosa che da tempo non

succede più ai convegni di partito, alle convention, alle primarie, ai raduni. Sabato a

Milano le sale erano stracolme di gente, tutte le sale che la Regione aveva a

disposizione, e altre 500 persone stavano in fila fuori sperando di entrare. Sabato a

Milano si è ritrovato un popolo di amici veri, un popolo di fratelli con i cuori che

battevano insieme, e la misura di quanto è successo ce la danno le bugie che si sono

scritte su di noi. Evidentemente hanno paura. E le hanno scritte sui giornaloni le

bugie, le hanno dette in tv. Golia è sceso in campo con tutto l'esercito, tutti contro

questo Davide che dice cose pericolosissime, tipo "i bambini hanno diritto a un padre

a una madre". Facciamo paura, molta paura a qualcuno, anche se ci siamo chiamati a

raccolta coi blog, su facebook, su twitter, per telefono. Loro con le corazzate dei

grandi giornali letti - tra online e carta - da milioni di persone, noi con gli smartphone

a chiamarci uno a uno. Sì, è vero, da tre giorni c'è anche un giornale che parla di noi,

ma la macchina è partita prima, col passaparola. E non è che abbiamo scherzato. La

gente è partita da tutta Italia.

GENTE NORMALE

Gente normale, per lo più non ricca, gente a cui dunque questo viaggio è costato

sacrifici. Uomini e donne con famiglie, spesso numerose, che si sono organizzati con

amici e parenti perché tenessero i bambini, a volte vagonate di bambini. Amici che

sono partiti da tutta Italia, hanno preso giorni di ferie, hanno preso pullman e treni e

macchine, sono arrivati da Caltanissetta e Vicenza, da Verona e Torino, da Forlì da

Parma da Firenze da Roma da Teramo da Cagliari e mi fermo perché con le lacrime

negli occhi non riesco a scrivere. Volevamo parlare dei falsi miti di progresso che

stanno costruendo una cultura che mette sotto assedio la famiglia - come ha detto il

Papa da Manila il giorno prima (che carino, a ricordarsi di noi e a darci la sua

benedizione) - e i giornali dal 3 gennaio a oggi hanno cominciato a darci degli

omofobi. Non siamo totalmente sprovveduti, sappiamo che c'entra il fatto che a

invitarci è stata la Regione Lombardia, e quindi la battaglia è diventata politica.

Sappiamo che inquieta il fatto che sabato in sala ci fossero varie anime del

centrodestra.

Ma a noi, a nessuno di noi quattro - Mario, Marco, Padre Maurizio e me - questo

aspetto interessa. Fatto sta che l'accusa di omofobi ce la siamo presa tutti, e senza

che nessuno di noi avesse praticamente mai nominato il tema omosessualità, che

troviamo tutti pochissimo avvincente. A noi interessa, questo sì, che i bambini non si

possano produrre a pagamento, vendere, comprare, cosa che si rende necessaria se a

volere un figlio sono due persone dello stesso sesso; a noi sembra che la cultura del

gender equity and equality sia nemica della famiglia, e siccome sembra anche a

Ratzinger siamo abbastanza certi di non essere vittima di un'allucinazione da ultras

scatenati; noi soprattutto vogliamo che le famiglie siano aiutate, che alle donne si

dica quanto è bello essere mamme, e che siano aiutate a diventarlo e incoraggiate e

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sostenute in ogni modo, vogliamo ricordare che maschi e femmine sono

ontologicamente diversi, e che sono fatti per generare e poi sostenere nuove persone,

e che il sesso fatto senza opporsi alla vita è molto più bello, e infatti i cattolici lo

fanno meglio. Crediamo anche che il motivo dell'attacco non sia solo politico: certo il

luogo del convegno ci ha messo sotto i riflettori, ma le cose che diciamo danno

davvero tanto fastidio, come prova l'avversione alle Sentinelle, e le botte prese da

anziani preti, da bambini, a donne che stavano in piedi per opporsi a una legge che

voleva sei anni di carcere per chi dice che i bambini non si comprano.

LA COSA CHE FA PAURA AI LAICISTI

Siamo certi che la cosa che fa paura sia il fatto che noi siamo un popolo, una vera

compagnia. Non abbiamo fondi, nessuno ci sostiene, non rappresentiamo nessuno. Ci

prestiamo le case, le macchine, ci apriamo le porte di casa e del portafogli pur senza

esserci mai visti dal vero, a volte. Ci riconosciamo dalla fotina su facebook, ci

abbracciamo come fratelli, finiamo per fare le vacanze insieme, perché crediamo

nella stessa Persona che un giorno ci ha sfiorato il cuore, e questo i giornalisti non lo

possono capire. E infatti della giornata di Milano hanno scritto solo dello studentello

bocconiano (lui non ha attraversato l'Italia prendendosi le ferie o portandosi i bambini

ad aspettare al freddo tre ore, lui è stato al caldo, e sappiamo chi lo ha fatto entrare)

che è salito sul palco, un palco che non aveva nessun diritto di calcare, ha fatto la

scena del poverino a cui si toglie la parola, ha rubato la scena e alla fine - il tempo era

poco, il clima si era guastato, il moderatore si era innervosito - ha impedito di parlare

a Padre Maurizio, a un uomo che aveva tutto il diritto di parlare, quello che ne aveva

più di tutti, perché è da lui che è partito tutto, lui che ci ha messi insieme. Lo

studentello con la sua arroganza e il falso vittimismo, facendo una domanda su un

tema che non ci interessa (se ho capito bene le terapie riparative, di cui nessuno di noi

sa molto), ha impedito di parlare a un uomo vero, che poteva spalmarlo via con una

manata, un uomo che stava lì accreditato dalle migliaia di giovani che lo amano e lo

seguono. Un leone che si è fatto agnello e si è fatto mitemente togliere il microfono, e

quindi si è fatto mille chilometri di treno per parlare forse tre o quattro minuti, che ha

dimostrato cosa vuol dire essere cristiani. Noi vorremmo dire al ragazzo che lui il suo

convegno se lo può pure organizzare dove vuole, vediamo se anche per lui qualcuno

attraverserà l'Italia. Lui al suo convegno potrà dire quello che vuole, nessuno di noi lo

disturberà né cercherà di salire sul palco, nessuno fingerà di fare la vittima quando

invece sta usurpando un palco che non gli appartiene.

TRE BUSTE DI REGALI

Infine vorrei dire che sono tornata a casa con tre dico tre buste di regali. Piadine che

sono state prontamente farcite con i deliziosi salumi Gran Brianza (per stemperare la

tensione di una giornata piena di emozioni aggiungere una fetta di mortadella), rosari,

collanine, libri, cioccolatini, orecchini, sciarpe, trucchi (devo ringraziare sedici

persone, piano piano lo farò) e lettere in cui si effonde il cuore come tra amiche di

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infanzia. Questa vera amicizia, questo vero affetto, per fortuna a volte anche non

dimostrato con regali ma con sguardi di vera amicizia, con una stretta di mano, con

una lacrima, questi abbracci sorridenti, questi grazie detti e ricevuti col cuore, queste

attese di amiche anche malate rimaste fuori, anche con bambini piccoli, anche incinta,

amici senza cappotto con le mani congelate, non potranno mai e poi mai neanche

lontanamente essere paragonati alle paginate di bugie scritte sui giornali.

Vorrei vedere a quante persone che parlano ai convegni succedono queste cose. E io

lo so benissimo che questa amicizia non è perché qualcuno di noi sia migliore degli

altri. È che tutti ci aiutiamo a guardare all'Amico vero, che è l'unica garanzia della

vera amicizia. Grazie a tutti, soprattutto a Raffaella Frullone, Benedetta Frigerio,

Andrea (ti chiami Andrea, ragazzo con la barba che eri con la Raffa?) che si sono fatti

il mazzo per organizzare tutto e poi sono rimasti fuori al freddo, perché finché c'era

qualcuno fuori loro non volevano godere di nessun privilegio. Certo questi omofobi

sono proprio brutta gente.

Nota di BastaBugie: nel seguente video l'intervento di Costanza Miriano, autrice

dell'articolo

https://www.youtube.com/watch?v=_ke4I2pB0_0#t=184

Titolo originale: Un nuovo popolo

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 19/01/2015

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Ecco perché conviene a tutti aiutare la famiglia

di Ettore Gotti Tedeschi12-11-2014

Sabato 29 novembre a Torino parteciperò al dibattito “Si alla Famiglia...” con Alfredo

Mantovano, Massimo Introvigne e Stefano Commodo. Vorrei anticipare alcuni punti,

magari per stimolare a partecipare all’incontro. Sinodo e sue conclusioni a parte,

vorrei fare un semplice riferimento a un obiettivo auspicato: riconoscere

l’importanza anche economica della famiglia e il suo ruolo nel superamento della

crisi. Due riflessioni: la prima riguarda le conseguenze economiche dello

“scoraggiamento” della famiglia. La seconda sulle ragioni, da capire e rimuovere, di

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questa avversione alla famiglia. Ragioni che certamente sono state trattate nel Sinodo

sulla famiglia, ma trascurate mediaticamente.

La famiglia è stata accusata di provocare rotture sociali e disuguaglianze

grazie all’educazione soggettiva dei figli. È stata accusata di privare la donna della

libertà di esprimersi e lavorare, essendo destinata a fare figli, preparare minestroni e

rammendare calzini. È stata accusata di privare i suoi membri della libertà di

scioglierla con il divorzio, di ostacolare l’opzione di convivenza, di esser ossessionata

dal sacramento del matrimonio. È stata abbandonata nella necessaria preparazione

educativa e morale, diventando così precaria. È stata scoraggiata economicamente in

mille modi a formarsi e crescere. È stata perfino accusata di esser culla di violenze

inaudite e ivi coperte.

Avversando la famiglia si è creato un virus organizzativo ed economico che

ha come effetto principale l’interruzione del ciclo economico virtuoso della famiglia

nelle sue anime di superproduttore (e autoproduttore) di reddito e di redistributore al

suo interno; produttore di risparmio, di investimenti e di consumi. Il secondo effetto

che viene interrotto è quello della famiglia ammortizzatore sociale che sa assorbire al

suo interno i costi sociali, presi in outsourcing dallo Stato, diminuendo la spesa

pubblica, ma competendo con lo Stato stesso (istruzione figli, sostegno figli

disoccupati, assistenza malati e anziani). Il terzo effetto interrotto sta nel minor

stimolo competitivo nell'educazione e formazione dei figli e conseguente minor valore

per la società. Il quarto effetto, conseguente alla crisi della famiglia, è il crollo della

natalità e le sue conseguenze economiche dirompenti che non si vogliono ancora

riconoscere (lo ha però fatto il ministro Lorenzin su Repubblica il 1° ottobre).

Ma quali le ragioni di questa avversione alla famiglia? La prima è morale: la

famiglia viene considerata un prodotto della cultura cristiana ordinata alla Creazione

ed al senso della vita. La seconda sta nel negare, negando la famiglia, gli obiettivi

della Dottrina sociale della Chiesa, orientati a fede e opere e per una economia al

servizio dell’uomo e della famiglia. La terza ragione sta nel fatto che l’esistenza della

famiglia non permette il controllo (tecnocratico) della società. Senza famiglia la

società non avrebbe più un'identità, fini responsabilizzanti i suoi membri e perderebbe

perfino motivazioni vere di essere società.

Senza famiglia si diventa poveri, materialmente, intellettualmente e

moralmente. Perciò, sarebbe auspicabile che non si pensasse che si deve diventare

“ricchi” per poter, solo allora, formare una famiglia. Si diventa “ricchi” (e si fa

prosperare la società) avendo il coraggio di formare una famiglia.

Post Sinodo: invece di dialogare sul sesso degli angeli, sarebbe bene si

lavorasse anche per non confondere la famiglia, ma per incoraggiarla, valorizzarla e

rafforzarla. Per il bene comune.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-ecco-perche-conviene-a-tuttiaiutare-la-famiglia-10911.htm

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Asili nido a Roma conquistati dalla lobby gay

di Costanza Signorelli12-11-2014

«Mery e Franci si amavano e volevano una famiglia. (…) Ma mancava il semino!

In Olanda c’è una clinica dove dei signori gentili donano i loro semini per chi non ne

ha. Franci si è fatta dare un semino nella clinica olandese e… l’ha messo nella pancia

di Mery. Margherita ha cominciato a crescere! Margherita ha due mamme: solo una

l’ha portata nella pancia ma entrambe, insieme, l’hanno messa al mondo. Sono i suoi

genitori». Le scritte grandi e ben scandite campeggiano su pagine dai colori pastello

dove le figure di due donnine, che si scambiano bacini e cuoricini, completano l’«idillio

fiabesco». Ebbene sì, perché quanto riportato qui sopra, è lo stralcio proprio di un

racconto per bambini, Piccola storia di una famiglia, casa editrice Stampatello.

Ma il peggio deve ancora venire. Perché, il manualetto per infanti non occupa

solamente gli scaffali delle librerie più attive in tema di propaganda gender, ma fa

parte della progetto educativo, all'insaputa dei genitori, di un asilo nido comunale

di Roma, il Castello Incantato, zona Buffalotta. Al testo in questione si aggiungono

una lunga serie di altri simili: Perché hai due papà? – «un libro che in modo

semplice e lineare spiega come nascono i bambini dall’amore di due uomini» –

oppure, Qual è il segreto di papà?, dove si racconta ai piccoli che loro padre potrebbe

avere un fidanzato. E ancora Il bell’anatroccolo, la storia di Elmar (maschio) che

scopre di essere «femminuccia ed è orgoglioso di esserlo». E via dicendo. La lista è

lunga ed è stata affissa sulla bacheca del nido in questione con il titolo: «Vogliamo

leggerli ai nostri “bambini” (scritto in rosa, ndr) e “bambine” (scritto in azzuro, ndr),

chi ce li regala?».

Una bacheca sì, una semplice bacheca di quelle che si usano per comunicare feste

di compleanno, variazioni del menù scolastico o colonie di virus in agguato. E però, è

proprio questo il metodo che si ripete: con il cavallo di Troia della lotta alla

discriminazione, con il pretesto dell'educazione sessuale o più semplicemente,

appunto, con escamotage che sfruttano la distrazione dei genitori, si spalancano le

porte degli istituti scolastici ad una valanga di "progetti educativi" di stampo

gender. Il nido di Roma non è certo un caso isolato. Lo denuncia un comitato di

genitori - comitatoarticolo26.it - nato proprio con lo spirito di rispondere

all’emergenza educativa che, sotterranea ma violenta, si sta imponendo nelle

strutture scolastiche della capitale ed anche di tutto il territorio nazionale.

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Così, spesso all'insaputa dei genitori, si va affermando una linea ben

precisa. Si impone, in modo più o meno limpido, una cultura insidiosa, che mira alla

decostituzione dei modelli di genere, alla sovversione delle evidenze di natura e

allo stravolgimento del senso di famiglia e di genitorialità. Detto in altre parole, si

insegna ai bambini, sin dalla più tenera età, che non si nasce maschi o femmine ma

che «sei quello che senti di essere», senza differenza. Che non esistono una mamma e

un papà, ma un genitore 1 e 2. E che perciò la famiglia può essere tutto e il suo

contrario. E via discorrendo. Un “progetto educativo” ben architettato che nasce in

seno alle associazioni Lgbt e si serve del patrocinio del governo e degli enti locali,

come più volte abbiamo dimostrato spiegando ad esempio il progetto del governo che

va sotto il nome di "Strategia Nazionale per la prevenzione e il contrasto delle

discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sulle discriminazioni", che ha nella

scuola il principale obiettivo (clicca qui).

Per capire meglio lo scenario su cui si muovono casi come quello del Nido

Castello Incantato, è sufficiente guardare quanto successo a Roma lo scorso 20 e 21

settembre, giorni in cui si è tenuto un convegno nazionale dal titolo “Educare alle

differenze”. Organizzato da duecento realtà co-promotrici – per lo più associazioni

Lgbt sparse su tutto il territorio nazionale –, l'incontro ha visto la partecipazione di

centinaia di attivisti, tra cui psicologi e docenti di scuola pubblica di ogni ordine e

grado. Sono questi ultimi, infatti, i destinatari prediletti, perché lo scopo dell’ideologia

cosiddetta gender, è quello di formare ed educare le future generazioni a «cambiare

idee, concetti e visioni del mondo mettendo in crisi il pensiero unico della nostra

cultura, fatta spesso di stereotipi e modelli culturali di genere normativi limitanti».

Questo quanto si legge nella “mission” di Progetto Alice, uno dei principali gruppi

promotori dell’evento. E se i più grandi sono difficili da convincere, meglio partire dai

piccini: «Abbiamo individuato nella decostruzione degli stereotipi dei modelli familiari

nella primissima infanzia un intervento strategico per il lavoro educativo», ha

dichiarato un’esponente dell’associazione Scosse nell’ambito della presentazione del

progetto “Leggere senza stereotipi”, un’idea che a Venezia è già diventata realtà

grazie ai finanziamenti del Comune e che prevede la fornitura agli asili e alle scuole

dell’infanzia di libretti sul calibro di quelli citati in partenza.

Ma vi è di più. Il convegno nazionale “Educare alle differenze” è stato

patrocinato dell’Assessorato alla Scuola di Roma Capitale. E infatti Scosse, l’ideatrice

dell’evento, è la medesima associazione che l’anno scorso ha ricevuto da Roma

Capitale il mandato di formare le educatrici degli asili nido e delle scuole dell’infanzia

di Roma, attraverso specifici seminari sulle tematiche gender (clicca qui). Simili corsi

di formazione rientrano oggi a tutti gli effetti nei “Percorsi didattici per le scuole di

Roma Capitale” che l’assessore alla Scuola, Infanzia, Giovani e Pari Opportunità,

Alessandra Cattoi, ha presentato ai dirigenti scolastici per l’anno scolastico 2014/2015

(clicca qui).

La verità è che spesso questi tipi di iniziative si nascondono sotto le vesti della

lotta alla discriminazione, della battaglia avverso la violenza omofoba, della campagna

di sensibilizzazione alle “diversità” ma nulla hanno a che fare con la difesa di questi

diritti. E perciò, chi prova a contrastare siffatte iniziative viene subito tacciato come

omofobo. Ma è tutto il contrario. Anzitutto perché, proprio trattandosi di temi

estremamente delicati, quali l’affettività e la sessualità, meriterebbero per questo di

essere affrontati con altrettanta delicatezza e rispetto. Non già, come invece accade,

strumentalizzati per portare avanti battaglie puramente ideologiche sulla pelle di chi

soffre.

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Ma il punto è un altro e non ha nulla a che vedere con l’omofobia. Ha invece a

che fare con la tutela degli innocenti, con la protezione dei più deboli e indifesi: i

nostri bambini. Perché dire a un piccolo che può nascere da due mamme, che papà e

mamma non esistono, che nasce maschio ma potrebbe scoprire di essere femmina,

che non conta «ciò che è e ciò che vede», ma «ciò che sente e pensa di essere»; dirgli

tutto questo significa ingannarlo sfruttando la sua innocenza; significa raccontargli

menzogne abusando della sua fiducia; significa educarlo ad un modo stravolto ed

estremamente pericoloso di rapportarsi con la realtà. E i danni sono devastanti. Per

tutti.

«Quando si abolisce il principio di evidenza naturale, la mente compensa con

squilibri psicotici gravissimi. Per questo pensare di introdurre l’uguaglianza dei sessi

come normale significa attentare alla psiche di tutti. Penso poi ai più deboli: i bambini.

Se gli si insegna sin da piccoli che quel che vedono non è come appare, li si rovina.

Non sono solito fare affermazioni dure, dato che gli omosessuali sono persone spesso

duramente discriminate, ma non posso non dire che introdurre l’idea che la differenza

sessuale non esiste, e che quindi non ha rilevanza, è da criminali. Non conosciamo

ancora gli scenari di un mondo disposto a stravolgere la normalità ma li prevedo

terribili: l’uomo che obbedisce alla sua volontà e non alla norma si distrugge».

Così disse Italo Carta, rinomato psichiatra già ordinario di psichiatria e direttore della

Scuola di specializzazione in Psichiatria all’Università degli studi di Milano. Ora dite

voi: chi sono i violenti?

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-asili-nido-a-roma-conquistati-dalla-lobby-gay-10912.htm

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Famiglia, tre referendum per

ribadire... l'ovvio

di Silvio Brachetta 02-02-2015

Ottavo referendum in vista per la Slovacchia, nei ventidue anni trascorsi

dall’indipendenza, dopo la separazione dalla Cechia nel 1993. Su proposta della

cattolica Alleanza per la famiglia (Azr), il Presidente della Repubblica Andrej

Kiska ha indetto per il 7 febbraio prossimo un pronunciamento popolare su

cosa debba intendersi per famiglia e su come la famiglia dovrebbe

educare i figli.

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Com’è noto, non è più scontato, almeno in Occidente, che la famiglia sia

composta da un padre maschio, da una madre femmina e dai figli nati

all’interno del matrimonio. La proposta dell’Azr appare encomiabile, anche se è

triste dover pensare di decidere a maggioranza se le leggi della natura fisica e

soprannaturale siano ancora da considerarsi valide o meno.

In ogni caso i tre quesiti referendari ammessi saranno i seguenti: “Siete

d’accordo nel definire matrimonio unicamente la convivenza basata sull’unione

di un uomo e di una donna”? “Siete d’accordo che a gruppi o a coppie

omosessuali sia impedita l’adozione e la conseguente educazione di minori”?

“Siete d’accordo nel concedere la possibilità ai genitori di escludere i propri figli

minori da corsi scolastici sull’educazione sessuale o sull’eutanasia”?

In poco più di quattro mesi sono state raccolte oltre quattrocentomila

firme e, in seguito, nell’agosto dell’anno scorso, la petizione è stata

consegnata al Presidente Kiska. Uno dei quesiti, relativo all’estensione dei

diritti familiari alle coppie omosessuali, è stato rigettato dalla Corte

Costituzionale. L’eventualità di non raggiungere il quorum e, quindi,

d’invalidazione del referendum è comunque possibile: sulle sette consultazioni

precedenti solo una è passata, a causa dell’alto astensionismo. Viceversa, se il

referendum dovesse passare, è probabile una vittoria dei sì, sia perché la

maggioranza dei cinque milioni di slovacchi sono cattolici, sia perché i sondaggi

danno l’idea di una società legata ai valori tradizionali, specialmente

nell’ambito della famiglia e dell’educazione.

L’iniziativa dell’Azr è nata nel dicembre 2013 e la lista dei sostenitori è

molto lunga. Anton Chromik, portavoce dell’Azr, dice che tale lista «comprende

decine di organizzazioni che operano nelle aree dell’assistenza sociale, del

sostegno alle famiglie, dell’accompagnamento dei bambini abbandonati, delle

ragazze madri, delle persone disabili, oltre alle attività didattiche e alla tutela

dei diritti umani» (Sir, 6 giugno 2014). Inoltre l’iniziativa «non è basata su

alcuna ideologia, confessione religiosa o adesione politica» ma, piuttosto, «si

tratta di un ponte comune in vista di un incontro e un dialogo con le persone a

cui i cristiani sono inviati per evangelizzare».

Certamente vi sono alcune realtà legate al laicismo che contrastano

attivamente il referendum come, ad esempio, il Ministero del Lavoro, che sta

tentando di bypassare la decisione del Parlamento slovacco. L’estate scorsa i

deputati avevano approvato un emendamento che definisce il matrimonio

come l’«unione di una donna e di un uomo». Il Ministero ha contrattaccato con

una sorta di “Strategia” quinquennale volta alla promozione dell’ideologia del

gender. Zenit riferisce della ferma opposizione al Ministero non solo

dell’associazionismo familiare, ma pure di mons. Stanislav Zvolenský,

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Arcivescovo di Bratislava, «che ha bollato l’iniziativa come uno sperpero di

denaro pubblico e ha invitato i cristiani a esprimere “con forza la loro opinione

in pubblico, per attirare l’attenzione sulle verità fondamentali riguardanti la vita

umana, la sua dignità, la famiglia e il matrimonio”».

Anche Papa Francesco, in occasione della S. Messa a Santa Marta (22

gennaio), ha espresso vicinanza a «quella Chiesa slovacca coraggiosa che in

questo momento, in questo tempo, lotta per difendere la famiglia».

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-famiglia-tre-referendum-per-ribadire-lovvio-11684.htm

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Non è omofoba l'università che difende il

matrimonio

di Massimo Introvigne 01-02-2015

C'è un giudice ad Halifax, nella provincia canadese della Nova Scotia, che non

ha paura di sfidare la collera della lobby gay. I nostri lettori dotati di buona

memoria ricordano il caso della Trinity Western University (clicca qui), una

delle più grandi università protestanti canadesi. Questa università, i cui titoli

sono legalmente riconosciuti, fa sottoscrivere agli studenti un codice di

comportamento, che vieta – tra l’altro – l’accesso a siti pornografici usando

la rete WiFi dell’ateneo, il consumo di alcool all’interno del campus

universitario, e nei dormitori «l’astensione da forme di intimità sessuale che

violino la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Questo codice è

analogo a molti che sono in uso da anni negli Stati Uniti. Tuttavia, a causa del

codice nel 2013 l'università è stata sottoposta a procedimento da parte di un

organo amministrativo, la Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Legge

canadesi, che ha deciso d’intervenire con una lettera in cui chiede agli Ordini

degli Avvocati di non ammettere alla pratica forense e all'esercizio della

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professione i laureati in legge della Trinity West University, perché – se quando

erano studenti hanno sottoscritto il codice di comportamento – sono

fortemente sospetti di omofobia.

Perché di omofobia? Secondo i presidi, perché impegnandosi ad

astenersi da rapporti prematrimoniali nei dormitori, gli studenti di legge

della Trinity West University dichiarano di voler così onorare «la sacralità del

matrimonio tra un uomo e una donna». Dal momento che in Canada c’è il

matrimonio omosessuale, la frase sarebbe omofoba perché implicherebbe che

solo il matrimonio «tra un uomo e una donna» sia sacro. Non si trattava di

vane minacce. In tre province canadesi - l'Ontario, che è quella più importante

per la pratica legale a livello nazionale, la Columbia Britannica, dove

l'università ha sede, e appunto la Nova Scotia - gli ordini degli avvocati hanno

deciso di non ammettere nelle loro fila i legali laureati alla Trinity West

University, anche se diventati regolarmente avvocati in altra provincia del

Canada, in quanto sospetti di omofobia. La Trinity West University, che

gestisce la più importante facoltà di legge del Canada fra le università

confessionali, ha risposto con una serie di azioni legali. La Corte Suprema della

Nova Scotia ora le ha dato ragione (clicca qui).

La Corte Suprema argomenta che, benché la maggioranza dei canadesi

ormai consideri il matrimonio come una via aperta anche alle persone dello

stesso sesso, coloro che ne hanno una visione diversa «non sono paria morali

che devono essere nel migliore dei casi rieducati e nel peggiore puniti dal

governo». Le autorità non possono imporre, secondo la sentenza, né il

«relativismo morale» né «l'ipocrisia», costringendo gli avvocati laureati alla

Trinity West University ad affermare la loro lealtà a una visione del matrimonio

che, se hanno scelto quella specifica università, verosimilmente non

condividono. Più che l'omofobia, conclude la sentenza, è in gioco «il diritto dei

cittadini canadesi a poter vivere e lavorare anche se hanno opinioni che

possono sembrare ristrette e fuori moda ad altri».

La sentenza è una ventata d'aria fresca, e mostra che le cause in

materia di omofobia non sono sempre è necessariamente cause perse.

Anche se riguarda solo la Nova Scotia: nelle due province economicamente più

rilevanti per l'università, Ontario e Columbia Britannica, gli avvocati laureati

alla Trinity continuano a non potere esercitare. Le cause sono in corso, ma

nella Columbia Britannica il governo provinciale è sceso in campo con tutte le

sue risorse contro l'università protestante. Non resta che sperare che altri

giudici si mostrino ugualmente coraggiosi.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-non-e-omofoba-luniversita-che-difende-il-matrimonio-

11669.htm

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Gianna Jessen, "Grata di essere viva"

di Lorenzo Bertocchi 01-02-2015

La sua è la storia di una vita che non doveva esistere. Di questa storia hanno

fatto anche un film, October Baby (2011), per dire che tra scegliere la vita e

scartarla c’è una bella differenza: una persona. E una persona non è un

dettaglio.

Gianna Jessen l’ho vista sempre in uno schermo, in foto o in qualche

filmato sul web, anche questa volta la incontro dietro uno schermo, ma presto

potrò stringerle la mano. Perché a breve sarà in Italia. Ma andiamo al sodo.

Gianna Jessen è sopravvissuta ad un tentativo di aborto salino, è stata

partorita viva, il 6 aprile 1977, dopo 18 ore passate a combattere con una

maledetta soluzione salina iniettata nell’utero materno per mandare in fumo la

creatura. Ma qualcosa è andato storto nei piani del dottor morte, questa volta

l’aborto è abortito, un esuberante sussulto di vita ha schiacciato il drago.

Gianna come ti senti ad essere sopravvissuta?

Grata di essere viva.

Beh, con questa risposta credo ci sia poco altro da chiederti…

Vivo una vita interessante e…inusuale. Fin da subito ho cominciato a lottare.

Ok, allora dimmi perché continui a lottare?

Perché ho ricevuto la vita e voglio portare la vita. Essere pro-life per me

riguarda la dignità di ogni vita umana, riguarda la dignità della madre, del

padre, del bambino. Dell’uomo. Continuo a lottare perché voglio difendere chi è

vulnerabile alla morte in maniera ingiusta. Ci sono sempre più cose che erano

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considerate orribili fino a pochi anni fa e che ora stanno diventando la

normalità nel pensiero della gente ed è veramente preoccupante riguardo i

valori della vita, non solo nel grembo materno.

Che tipo di combattente sei?

Una mamma. Ho i miei figli, certo, ma ci sono tante persone che non sono mai

cresciute, che continuano una vita da adolescente. Mi piace pensarmi come

una madre che cerca di donare dei principi, dei valori. Sapendo che a una

mamma non interessa essere adorata, ma adorare i propri figli. Le persone

possono anche non apprezzare quello che ho da dire, ma in un mondo senza

genitori e senza limiti, senza nulla che arrivi davvero a portare pace, quando

qualcuno dice: “Hey, so che ci sono dei limiti”, dopo un po’ ti accorgi che le

persone cominciano ad ascoltare seriamente. Perché hanno sperimentato l’altra

strada e ne hanno provato gli effetti, che sono di morte e non di pace.

Sembra che la cultura della morte segni molti punti a suo favore…

Penso che stiamo vivendo tempi complicati. Se ami il bene, la bellezza e la

gentilezza, ti chiedi quanti sono rimasti al mondo a pensarla come te. Il vero

problema è che oggi non esiste più il bene e il male, la verità è qualsiasi cosa

che desideri che sia. C’è la verità fai da te. Tutto questo è ridicolo e anche un

po’ arrogante. Penso sempre a quanto siamo piccoli: non possiamo far battere

il cuore, non possiamo salvarci da un incidente stradale, non possiamo

mantenere le nostre funzioni corporee… Siamo piccoli, ma crediamo di poter

salvare il pianeta Terra utilizzando cinque volte l’asciugamano per la doccia…

Come?

Voglio dire che abbiamo l’arroganza di pensare che è in nostro potere salvare il

pianeta dal decadimento, mentre dall’altra parte non vogliamo aver nulla a che

fare con Dio! Se non c’è Dio e niente importa, perché salviamo la Terra? A chi

importa? Quando penso alla logica e all’arroganza di tutto questo mi dico che

questo nostro tempo è un tempo preoccupante in cui vivere. D’altro canto però

è anche un bellissimo tempo, perché penso che sia un occasione perfetta per

dire la verità alla gente. Si arriverà a un punto in cui vedremo che questa

arroganza non ha senso, e vorremo vedere il vero Dio.

Gianna, ma chi è Dio per una che è “grata di essere viva”?

Mio Padre. L’unico Padre che io abbia mai avuto. Sono cristiana. Ho bisogno di

Gesù. Mi guida, mi protegge, condivide tutto di me. E’ tutto per me e non

posso fare nulla, non ho nessuno scopo…anche combattere l’aborto, per quanto

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nobile sia, diventa senza significato, se non posso stare con Gesù, conoscere

Gesù. Dio è colui che resuscita i morti, fa l’impossibile, ti resta accanto, ti

risponde, gli importa di me, mi dona il tramonto, mi ascolta…

Bellissimo, ma molti che difendono il diritto all’aborto non vogliono

sentire parlare del Creatore…

Gli direi: non vuoi avere nulla a che fare con Dio? Ok, va bene, adori la scienza

medica? D’accordo, allora guarda le ecografie. Lì vedi un bambino che danza

nel grembo di sua madre, a 3 settimane puoi già sentire il battito del suo

cuore. E non ho mai capito perché non c’è un altro momento della vita umana

in cui quando senti il battito cardiaco lo neghi o lo ignori. Ma secondo la logica

dell’aborto puoi arrivare a dire che un cuore che batte è una cosa irrilevante.

Di fronte a chi mi dice “voglio poter scegliere”, dico no. La scelta era di andare

o non andare a letto con quel ragazzo, quella era la scelta. Sembra che

possiamo fare tutto quello che vogliamo senza conseguenze.

Cosa diresti a una donna che ha scelto di abortire?

Non voglio condannare nessuno, ma voglio portare la vita. Le donne che hanno

abortito vivono nel dolore, nella rabbia, nell’autodisprezzo, e ci devono

convivere. Allora parlo perché voglio davvero vederle libere. A chi difende

l’aborto e dice: “e’ per le donne che lo facciamo”, vorrei dire che anch’io sono

una donna, e lo ero anche nel grembo di mia madre. Perché nessuna attivista,

nessuna femminista, ha lottato per la mia vita? Allora è una menzogna, non lo

si fa per le donne, ma è politica e business. Invece, dobbiamo dare spazio a

quei centri che aiutano le donne a vivere una gravidanza travagliata, per

aiutarle a superare momenti difficili. Troppe donne arrivano all’aborto

perché pensano di essere sole, che non ci sia nessuno per aiutarle veramente.

Sono migliaia le vite salvate da questi centri. Migliaia di migliaia in tutto il

mondo.

Gianna, un'ultima domanda. Hai detto che viviamo tempi complicati.

Come se ne esce?

Possiamo e dobbiamo smettere di togliere la vita, sfruttare le donne e i

bambini per motivi politici, di potere e denaro. Ma c’è un’altra risposta che vale

per tutti i tempi. Da soli non ce la si fa, l’uomo ha bisogno del Salvatore.

Grazie Gianna. La tua è una storia che non avremmo mai potuto raccontare e

questo fa un effetto davvero strano. Un effetto su cui non si riflette mai

abbastanza. E’ la differenza tra lo scegliere la vita e scartarla. Per chi vuole

vederla in carne ed ossa questa differenza, Gianna sarà in Italia a Imola il

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prossimo 24 febbraio e a S. Giovanni in Persiceto (Bologna) il 26 febbraio. Per

info www.chestertonpersiceto.it (per l’intervista si ringraziano Monica Gibertoni

e Lucrezia Jones)

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-gianna-jessen-grata-di-essere-viva-

11673.htm

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Giornata per la vita, le cifre spiegano

perché ci vuole

di Renzo Puccetti 01-02-2015

Oggi è il giorno che la Chiesa dedica alla giornata per la vita. Questa del 2015

è la 37ª edizione, la prima fu nel 1978, anno d'introduzione della legge 194

che in Italia rese l'aborto su richiesta della donna legale e gratuito. È al

contempo luminoso e tragico l'interrogativo che i vescovi hanno rivolto nel loro

messaggio per questa giornata: "Che mondo lasceremo ai figli, ma anche a

quali figli lasceremo il mondo?". Mi ha sempre colpito il messaggio che il

cardinale Bernardin di Chicago, quello che l'abortista presidente USA Obama

cita tra le sue figure fonte d'ispirazione, dette in occasione della conferenza

della Seamless garment (la tunica senza cuciture) alla Fordham University il 6

dicembre 1983 riguardo alla necessità di costruire una "consistent ethic of life"

(coerente etica della vita). In qualche modo faccio mia la prospettiva di quel

prelato considerato "open mind" (di mentalità aperta) dall'intellighenzia liberal

americana.

Vi sono molte giornate: dei migranti, della pace, della memoria; tutte

hanno al centro la difesa della dignità e inviolabilità della vita umana.

Sappiamo che la violazione del bene primario della vita innocente è antica

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come la storia dell'uomo, il racconto biblico narra che essa inizia con Caino. La

potenza mediatica di cui disponiamo ci rimanda continuamente notizie da tutto

il globo di violazioni che suscitano orrore, sgomento, riprovazione. C'è però

una forma che non solo è silenziata, non solo non indigna né la pubblica

opinione, né, come mostrano tutte le rilevazioni, la maggioranza dei cattolici,

persino quelli regolarmente praticanti, ma che addirittura riceve sostegno,

approvazione, condivisione. È la soppressione dell'essere umano nei suoi primi

nove mesi di vita, quando ancora si trova ad essere nel corpo della madre (o

nella piastra di coltura nelle procedure di fecondazione artificiale dove la

mortalità è del 94%).

Non ho assistito neppure ad una sola puntata di Porta a Porta in cui

Bruno Vespa facesse vedere un modellino di un bambino abortito. Dicono che

mostrare immagini dei resti umani dopo un aborto sia trash, dicono sia una

violenza, una leggerezza che può persino costarti il posto di lavoro. Eppure

immagini di barconi affondati, vittime di bombardamenti, di boia sgozzatori e

lapidatori, di genocidi sono patrimonio di TG e programmi di approfondimento

regolarmente mostrati nelle case degli italiani a grandi e piccini; eppure

giustamente intere scolaresche sono condotte ad Auschwitz per vedere e

non dimenticare. Ma per le vittime degli ambulatori abortivi non è così:

censura delle immagini, delle parole, dei numeri.

Prima che qualche misericordioso evoluzionista dottrinale si cimenti

anche in questo ambito, vorrei ricordare che l'essere umano ha diritto alla vita

sin dal concepimento e fino alla morte naturale. Vorrei ricordare che negare

quel diritto è un "abominevole delitto". È insegnamento di sempre della Chiesa,

ribadito da tutti i Papi, dai padri conciliari e dai Santi. Mi pare quindi giusto,

opportuno e doveroso dare in questa giornata la misura quantitativa della

sanguinaria violazione di questo basilare diritto umano accostandola a

quanto invece oggetto di costante attenzione nell'arena mediatica e omiletica.

L'Agenzia ONU per i rifugiati calcola che nel Mediterraneo sono morti

nell'anno appena trascorso 3.419 migranti tentando di raggiungere le coste

europee. Gli aborti in Italia nel 2013 sono stati 102.644, un numero trenta

volte più grande. Dal 1978 al 2013 sono stati 5.538.322 i figli abortiti

legalmente in Italia, l'equivalente degli abitanti di sei regioni: Trentino,

Umbria, Marche, Abruzzi, Molise, Basilicata.

Secondo la rivista scientifica "The Lancet" i bambini che annualmente

muoiono entro i cinque anni per cause collegate alla malnutrizione sono tre

milioni e centomila. Ma altri bambini muoiono prima dei cinque anni e senza

che neppure sia stato dato loro il tempo di diventare denutriti: sono i

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quarantaquattro milioni di bambini abortiti, ottantaquattro al minuto, una cifra

quattordici volte più alta del numero spaventoso di morti per fame.

Uomini e donne di ogni età muoiono a causa delle guerre. Matthew

White ha scritto un libro intitolato "Il libro nero dell’umanità. La cronaca e i

numeri delle cento peggiori atrocità della storia". L'autore ha calcolato che a

partire dalla seconda guerra Persiana nel 480 a.C. fino alla seconda guerra nel

Congo terminata nel 2002, sono 445 milioni gli esseri umani morti a causa di

tutte le guerre. Il numero degli aborti effettuati negli ultimi quarant'anni nel

mondo è pari a un miliardo e settecentoventi milioni. L'aborto ha fatto in 40

anni quattro volte più morti di 2.482 anni di guerra.

Nei sei anni e mezzo intercorsi tra la notte dei cristalli e la resa, la

bestialità nazista fece scempio di sei milioni di esseri umani "colpevoli" di

essere di stirpe ebraica. "Untermensch" (creatura sub-umana), era il modo con

cui chiamavano il giudeo. Nelle 27 nazioni che formano l'Europa nel solo 2008

gli esseri umani soppressi con l'aborto sono stati oltre un milione e

duecentomila (Sociology Mind, 2012). L'industria dell'aborto europea "tratta"

un volume del 30% maggiore rispetto a quella dell'olocausto. Li chiamano

"grumi di cellule".

Chi aiutò a sottrarsi alla mattanza nazista viene oggi chiamato "giusto tra

le Nazioni" e giustamente Oscar Schindler e Giorgio Perlasca sono eroi celebrati

dalla settima arte. Paola Bonzi, Serena Taccari, Sabrina Paluzzi, Flora Gualdani

e i volontari dei Centri Aiuto alla Vita che ogni giorno salvano esseri umani

sono invece additati quali pericolosi e violenti integralisti a cui si dovrebbe

inibire l'accesso ad ospedali, scuole, sale e strade. Lodano la coscienza di

Antigone e di tutti coloro che violarono la legge per servire la giustizia, ma la

coscienza mia e di tutti i medici obiettori all'aborto vorrebbero fosse ripagata

col licenziamento e poi l'interdizione all'esercizio stesso della medicina.

Ora, ditemi voi, davanti a tutto questo, cosa c'è di più nobile che potere

raccontare ai nostri figli e nipoti che nel 37º anno di barbarie, con pochissimi

mezzi, ma tanto ardore, combattevamo per la civiltà, la speranza e la vita?

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-giornata-per-la-vitale-cifre-spieganoperche-ci-vuole--11670.htm

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«Coppie gay e asili, così Marino fa a

pezzi la famiglia»

di Claudia Di Lorenzi 31-01-2015

Marino sfrutta le persone illudendole, quando sa bene che in Italia gli unici

matrimoni riconosciuti sono tra un uomo e una donna». Il senatore Maurizio

Gasparri, esponete di Forza Italia, sintetizza così le numerose critiche che

hanno accompagnato a Roma l’istituzione del registro delle unioni civili, con

l’approvazione, mercoledì scorso in Consiglio comunale, di una delibera che ha

ottenuto trentadue voti favorevoli (di Pd e M5S), dieci contrari e un astenuto.

La Capitale si accoda così ad altri Comuni italiani, pochi per il vero – sono circa

160 su 8mila – dove i registri sono stati istituiti in violazione delle leggi

nazionali, e dove gli stessi hanno raccolto pochissime adesioni. Un atto

puramente simbolico che ha suscitato tuttavia grande polemica e tensioni nelle

stesse aule consiliari. É l’ennesimo atto di una amministrazione che fa mostra

di non avere a cuore i diritti della famiglia e della vita. Ne abbiamo parlato con

Olimpia Tarzia, presidente del Movimento “Politica Etica Responsabilità” e

vice presidente della commissione cultura della Regione Lazio:

Presidente, dalla Capitale arriva un atto che ha l’aria di una

provocazione e crea confusione…

«Si tratta di una trovata fantasiosa del sindaco Marino, perché l’istituzione di

un registro come quello delle unioni civili che, di fatto, disconosce il valore sia

giuridico che sociale del matrimonio previsto dalla nostra Costituzione, oltre

che essere un attacco ideologico alla famiglia, è in sé una iniziativa che non

può avere alcuna ricaduta sul piano reale. Se non c’è una legge – e per fortuna

ad oggi non c’è - che sul piano nazionale prevede l’istituzione di tali registri e

riconosce questo tipo di unioni, allora le persone potranno anche iscriversi ma

questo non produrrà alcun effetto giuridico».

Dunque un atto puramente “simbolico”. A cosa serve allora?

«Personalmente ritengo che si tratti di un modo per distrarre l’opinione

pubblica dai problemi reali, in una città come Roma che di problemi ne ha

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tanti, a partire dall’allerta terrorismo e sicurezza che è cresciuta nelle ultime

settimane. Il sindaco Marino si fa prendere dunque dalla smania a intervenire

su un tema che – va ricordato – riguarda una parte minima della popolazione

italiana, mentre dimentica quelli che sono i bisogni veri delle famiglie,

che sono le più penalizzate, non solo sul fronte della tassazione – su cui ha

competenza il governo nazionale – ma anche su quello delle tariffe locali sui

servizi».

In sostanza la delibera sarà una delusione per le stesse coppie che si

iscriveranno nei registri, perché promette servizi e prestazioni che

giuridicamente non può giustificare: agli slogan non seguiranno i fatti.

Si vuole dunque suscitare frustrazione e aumentare lo scontro?

«Credo piuttosto che Marino non si renda conto dei passi che sta facendo,

perché il sindaco è in sé un rappresentante del governo. Se un normale

cittadino viola una legge viene sanzionato e punito, mentre qui siamo di fronte

a un sindaco, per di più della città di Roma, che trasgredisce la legge

tranquillamente. Siamo al paradosso e credo che sia necessario risvegliare le

coscienze dei cittadini. Di tutti i cittadini, perché non è una questione religiosa

che riguarda solo i cattolici: che la famiglia sia una società naturale fondata sul

matrimonio tra un uomo e una donna non lo dice solo un documento del

Magistero della Chiesa, ma lo dice anche la Costituzione Italiana. É chiaro

che non possiamo dimenticare le coppie, qualunque tipo di scelta affettiva

abbiano fatto, soprattutto se ci sono figli minori e se si trovano in condizioni di

povertà. Ma li si deve intervenire con politiche che tutelano i diritti della

persona, con iniziative di lotta alla povertà».

Ancora sul tema dei registri delle unioni civili, è un dato che nei

Comuni in cui sono stati istituiti – 160 circa su 8mila - hanno avuto

scarsissimo successo. In alcuni addirittura la delibera è stata annullata

per mancanza di adesioni, e ci sono persone omosessuali che prendono

le distanze da queste iniziative. È evidente che si tratta di strumenti

sterili.

«Questo accade perché non siamo di fronte alla difesa di alcuni diritti, ma alla

strumentalizzazione dei diritti e delle stesse persone gay. Deve essere chiaro

che la persona omosessuale non deve essere mai oggetto di giudizio da parte

di nessuno, mentre qui si sta favorendo la diffusione di lobby, come quelle

Lgbt, che strumentalizzano le stesse persone omosessuali».

Recentemente ha fatto molto discutere anche il caso dei tagli agli asili

nido che mettono a rischio l’erogazione dei servizi di base. Lei ha

condotto una battaglia in Campidoglio contro questi interventi.

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«La delibera approvata dall’amministrazione è una vergogna, un atto

compiuto tra l’altro in modo unilaterale, attraverso cui vengono attuati una

serie di provvedimenti che compromettono la gestione dei nostri asili nido

comunali. Ho incontrato educatrici e genitori di diversi Municipi romani, che

hanno voluto essere presenti, due giorni fa, quando in Consiglio regionale ho

presentato un’interrogazione sul tema. Esiste, infatti, una legge regionale che

prevede che ogni educatore possa seguire un numero massimo di sette

bambini - e parliamo di bambini da 0 a 3 anni - mentre la delibera del sindaco

Marino, che tra l’altro impedisce di chiamare un supplente dopo una prima

assenza dell’educatore, mette a rischio l’erogazione del servizio per i neonati. É

accaduto che molte educatrici si siano trovate a dover accudire anche venti o

venticinque bambini, di classi diverse e con età ed esigenze diverse. Anche in

questo caso Marino viola una legge, regionale stavolta e mostra di non

conoscere .

L’amministrazione Marino promuove di nuovo iniziative contro la

famiglia e i diritti dei bambini.

«Purtroppo Marino attua le battaglie annunciate in campagna elettorale. Si

vanta di avere rapporti e colloqui con esponenti della Chiesa, si fa fotografare

col Papa, ma in vero rappresenta una cultura radicale ed è esponente di un

pensiero relativista assoluto, che lo porta a prendere decisioni che non

condividiamo, non solo sul tema della famiglia ma anche su quello della droga,

con l’ipotesi della riapertura delle cosiddette “stanze del buco”. E poi ha preso

posizioni sul tema del fine vita e dell’eutanasia che vanno contro la vita. È un

sindaco che una città come Roma, sede della cristianità, non meritava. Siamo

evidentemente di fronte ad attacchi concentrici – che vengono non solo da

Roma ma anche da movimenti di pensiero a livello europeo – contro la famiglia

e la vita».

Cosa si può fare per contenere questa deriva?

«É necessaria una presa di coscienza da parte di tutti i cittadini e in modo

particolare dei cattolici perché si rendano conto dei valori in gioco e si sentano

corresponsabili. Quindi centrale è la questione educativa: o investiamo

sull’educazione dei genitori e dei giovani o sarà difficile fare un’inversione di

rotta. Quindi l’ultimo piano è quello politico-legislativo: ogni cattolico che opera

nelle istituzioni è chiamato li dove si trova a promuovere leggi a favore della

vita e della famiglia e, se in minoranza, a fare una resistenza strenua e una

azione di vigilanza contro iniziative nascoste che vanno smascherate, magari

coinvolgendo anche l’associazionismo familiare e il volontariato».

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http://www.lanuovabq.it/it/articoli-coppie-gay-e-asili-cosi-marino-fa-a-pezzi-

la-famiglia-11659.htm

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26 gennaio 2015

di Alessandro Barbano* *direttore del quotidiano “Il Mattino”

da “Il Mattino”, editoriale del 19/01/15

Perché in Italia si può organizzare un corteo sull’orgoglio omosessuale, finanziato e

sostenuto dai pubblici poteri, perché si possono gremire le piazze e le strade di giovani che

esibiscono una sessualità che ha sostituito il pudore con il consumo, e invece non si può

tenere una manifestazione sulla famiglia senza finire alla gogna con l’accusa di omofobia? A

Milano l’altro ieri è andato in scena un paradosso che dovrebbe far riflettere, assai più di

quanto abbiano fatto i giornali.

Un convegno organizzato dalla Regione Lombardia sul tema della famiglia tradizionale è

stato preceduto da intimidazioni agli organizzatori e poi preso d’assalto da duemila giovani che

sventolavano le bandiere della variopinta galassia gay, ma anche dei partiti della sinistra,

Partito democratico compreso. È la prova di dove può arrivare una democrazia neutrale e

distratta nella quale un pensiero radicale s’impone quasi come una dittatura dei diritti

civili.

Ciò che sta accadendo non ha niente a che vedere con la lotta contro le discriminazioni, né

con l’emancipazione. E’ una guerra di potere che si propone, fin qui con discreto successo, di

delegittimare l’istituzione familiare nel discorso pubblico, facendola apparire politicamente

scorretta, e di imporre un’ideologia di genere, l’unica riconosciuta e perciò sostenibile. I

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difensori delle libertà individuali, e in questo Paese non mancano, dovrebbero fiutare il sottile

totalitarismo che attraversa questa deriva del pensiero, invece che inchinarsi ad esso. La

teoria del gender nega che abbia significato la differenza biologica tra uomini e donne

determinata da fattori scritti nel corpo e sostiene che il maschile e il femminile sono mere

categorie culturali e, come tali, esito di un’autodeterminazione del singolo, revocabile nel

tempo e sottratta da qualunque connotazione sociale: secondo questo pensiero l’umanità non è

più divisa tra maschi e femmine, ma è fatta di individui che decidono giorno per giorno chi

vogliono essere o non essere.

Il fondamentalismo dei diritti civili declina e proietta l’antica lotta di classe nell’Europa

senza muri e racconta l’utopia di un mondo senza differenze che non siano quelle prodotte da

un atto di libertà e volontà, se nonché nel passaggio di un’epoca del lavoro all’epoca della

tecnica, il pensiero forte che si fa ideologia finisce per capovolgere i suoi fini: il comunismo era

l’epopea del collettivo, il gender è la dittatura dell’individuo sottratto a qualunque

responsabilità sociale. Ci sarebbe da sorridere se questa paccottiglia, solo falsamente

egualitaria, non fosse promossa da istituzioni come le Nazioni Unite e l’Unione Europa,

pronte a elargire sostanziosi contributi a scuole, università e strutture formative che la

propongano. Così, mentre le questioni dell’educazione slittano in coda alla agenda delle

priorità, si realizza la messa al bando della famiglia e il suo esilio sociale. Chi dichiara di

volerla sostenere -il caso dell’imprenditore Barilla è di scuola- viene posto all’indice e costretto

a fare atto di pubblica contrizione. La satira che insulta la religione ha qualcosa a che vedere

con chi caccia la famiglia dal perimetro pubblico della democrazia. Entrambi sono forme di un

estremismo libertino di cui pure non c’è traccia nella tradizione del liberalismo, su cui si

fonda l’intera costruzione europea.

Lo ricorda Giuliano Amato nel suo ultimo libro, “Le istituzioni della democrazia”, di cui “Il

Mattino” ha pubblicato ieri uno dei brani più significativi: né il razionalismo critico di Kant né

l’utilitarismo di Bentan, né ancora il neocostituzionalismo di Dworkin hanno mai immaginato

un diritto alla libertà indeterminato, la cui unica misura fosse la volontà individuale.

Questa pretesa, figlia delle promesse di una tecnica sfuggita al controllo della civiltà, rischia di

essere oggi il totem sotto cui la vecchia e stanca Europa si addormenta, mentre un nemico

senza pietà attenta alla sua libertà.

http://www.uccronline.it/2015/01/26/il-mattino-difende-la-famiglia-contro-il-fondamentalismo-

dei-diritti-civili/

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Un'agghiacciante sperimentazione. Per discernere sulla

decisione della Gran Bretagna sulla multi-genitorialità

biologica

Assuntina Morresi

Avvenire 4 febbraio 2015

Il primo caso di ingegneria genetica su larga scala», che porterebbe il Regno

Unito «dalla parte sbagliata della storia, con conseguenze orribili»: è il

commento di autorevoli scienziati che già nei mesi scorsi si erano espressi

contro le manipolazioni che faranno nascere bambini col Dna di tre persone,

due donne e un uomo. Eppure il Parlamento inglese ieri ha approvato questa

procedura, seguendo il solito mantra "terapeutico": si eviterebbero in questo

modo – così si dice – malattie incurabili. Ma le cose non stanno in questo modo,

e non sono affatto semplici. In breve: si tratta di una tecnica di manipolazione

genetica, analoga a quella che ha fatto nascere Dolly, la pecora clonata. Si può

fare sul gamete femminile – l’ovocita – ma anche sull’embrione ai primi stadi.

L’ovocita è una cellula che ha la maggior parte del Dna nel nucleo e una

piccolissima percentuale al di fuori, dentro alcuni corpuscoli che si chiamano

mitocondri.

Esistono malattie ereditarie dovute ad anomalie del Dna di questi mitocondri.

L’idea è di eliminare i mitocondri anomali e sostituirli con quelli sani, di un’altra

persona. E lo si fa, come per la pecora Dolly, trasferendo il nucleo dall’ovocita di

una donna (portatrice di malattie ereditarie) a quello di un’altra (sana). I

contributi femminili al Dna sono due e dopo la fecondazione, con il patrimonio

genetico del maschio, si ha dunque un embrione con il Dna di tre persone. Il

problema è in primis di sicurezza. A tutt’oggi non esistono evidenze scientifiche

che escludano malformazioni su bambini nati da queste procedure: anzi, al

contrario, sono interventi altamente invasivi, che alterano in radice la

procreazione umana e dei quali sono sostanzialmente ignote le conseguenze.

Esperimenti analoghi fatti in cliniche statunitensi fra la fine degli anni ’90 del

Novecento e l’inizio di questo secolo furono bloccati dalla Fda, l’autorità

americana di farmacovigilanza, viste le malformazioni in feti abortiti

spontaneamente e volontariamente. Pochi mesi fa Evan Snyder, a capo della

commissione della Fda che esaminò il problema, ha dichiarato la propria

contrarietà a procedere negli esseri umani perché i dati in vitro e sugli animali

sono scarsi e non sufficienti a garantire un grado accettabile di sicurezza

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sanitaria. È bene sottolineare che si tratta di una imponente manipolazione

genetica applicata alla fecondazione assistita, e che la procedura si può

considerare più o meno riuscita a seconda della "qualità del prodotto", cioè del

grado di salute dei bambini che ne nasceranno. Un esperimento agghiacciante,

che ha ben poco di scientifico e molto dell’apprendista stregone, con l’unico,

vero obiettivo di spingere le frontiere della sperimentazione sugli esseri umani

sempre più oltre. Non si tratta di contrapporre orientamenti di credenti e no, ma

di fermarsi e domandarci, tutti, se veramente riteniamo che ogni essere umano

abbia un valore in quanto tale, o se qualcosa è cambiato dal tempo del Codice

di Norimberga.

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IN GRAN BRETAGNA INVENTANO I BIMBI CON TRE

GENITORI

La Croce 5 febbraio 2015

di Raffaele Dicembrino Il principio di bigenitorialità è il principio etico in base al quale un bambino ha una legittima aspirazione, ovvero un legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati, ogni qual volta non esistano impedimenti che giustifichino l’allontanamento di un genitore dal proprio figlio. Tale diritto si basa, in questa impostazione, sul fatto che essere genitori è un impegno che si prende nei confronti dei figli e non dell’altro genitore, per cui esso non può e non deve essere influenzato da un’eventuale separazione. Né su di lui si può far ricadere la responsabilità di scelte separative dei genitori. Ora, tutto questo in Gran Bretagna viene messo a tacere. È infatti di queste ore l’ennesimo attacco all’innocenza dei bambini con l’intenzione di “donare” ai bambini non più due ma addirittura tre genitori biologici. Alle prime avvisaglie di quanto stava accadendo nel Regno Unito abbiamo avuto il dubbio che si trattasse esclusivamente di uno scherzo di carnevale (seppur di pessimo gusto), ma con il passare delle ore quella che sembrava “una boutade” è divenuta realtà, tutt’altro che una notizia spiritosa o al massimo di una battuta pungente. Infatti il voto della Camera dei Comuni britannica, ha approvato la legge che consentirà l’utilizzo del Dna di tre persone nella

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fertilizzazione in vitro, giustificando la presa di decisione con l’intento di prevenire diverse malattie mitocondriali. 382 voti favorevoli e 128 contrari. Questi i fati sul voto riguardo ad una tecnica che permette di creare un embrione con “tre genitori”, ovvero combinando il DNA dei due genitori a quello mitocondriale di una donatrice (che andrebbe a costituire lo 0,1% del genoma del nascituro). Il premier inglese, David Cameron, ha suggerito di considerare questa tecnica come una donazione di un organo e non come qualcosa di manipolatorio e tracotante (non che le donazioni siano automaticamente escluse dall’accusa di giocare a fare Dio). La metodologia prevede l’unione dei gameti di padre e madre con l’apporto extra di Dna mitocondriale da una terza persona, una donna. I primi bambini “tecnologici” potrebbero nascere già nei primi mesi del 2016. Si calcola che circa 150 coppie all’anno potranno beneficiare delle nuove metodologie anche se vi è una strenua opposizione da una parte del mondo scientifico e della politica. Il rischio secondo gli oppositori è che si arrivi in futuro a “designer baby”, bambini progettati su misura. Un’altra parte della scienza sostiene invece come questo sia l’unico modo per prevenire pericolosissime malattie genetiche. La donazione dei mitocondri, si stima, potrebbe aiutare in teoria circa 2.500 donne che nel Regno Unito presentano difetti genetici e che possono trasmettere malattie quali diabete o distrofia muscolare. Ma per arrivare alla decisione odierna, l’iter nel Regno Unito è stato lungo e disseminato di ostacoli: già nell’ottobre del 2013 la possibilità di poter effettuare la fecondazione in vitro con tre genitori biologici aveva suscitato l’indignazione di 34 membri dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che in una dichiarazione formale argomentarono di pratica eugenetica. L’allora presidente dei giuristi per la vita, Gianfranco Amato, dichiarò a Radio Vaticana che la prestigiosa rivista Science ha definito la conclusione cui giunta l’Hfea incompleta e infondata. Tra l’altro, è stata la stessa Food and Drug Administration americana che ha proibito questo tipo di procedure dieci anni fa visto che a una prima sperimentazione era seguito un numero elevato di malformazioni e di conseguenti aborti”. Tale pratica inoltre contrasta con le normative internazionali (Dichiarazione Universale sul Genoma e i Diritti Umani dell’UNESCO, Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea) che definiscono «contrari alla dignità umana gli interventi sulle cellule germinali”, vietano “qualunque pratica eugenetica” e “qualsiasi intervento finalizzato alla modifica del genoma umano dei discendenti”. Senza considerare poi le conseguenze sotto il profilo antropologico che la creazione di bambini geneticamente modificati comporterà. Il rischio è quello di creare una sorta di ‘super razza’ destinata a soppiantare nel futuro questi “umani di

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serie B” che finora conosce la nostra civiltà. Si rischierebbe anche uno sconquasso rispetto alla rete parentale che la nostra civiltà conosce da migliaia e migliaia di anni. D’altronde il concetto di bigenitorialità o di genitorialità condivisa è chiaro e suffragato dalla Convenzione sui Diritti del Bambino di New York, 20 novembre 1989, si è diffuso sempre di più il concetto che un bambino ha diritto ad avere un rapporto continuativo con entrambi (e non con tre) genitori. Un concetto analogo esiste anche in Biologia e Genetica ma si riferisce all’eredità genetica di un essere vivente da entrambi i suoi genitori. La deriva ormai sembra non avere più confine. Prima la devastazione della famiglia (troppo spesso scardinata dalla supremazia dell’EGO sull’Amore), poi il tentativo di distruggere la figura di padre e madre (ricordate la faccenda Genitore 1 e Genitore 2), quindi il rifugiarsi nella ricerca degli animali domestici (più comodi e meno capricciosi dei bambini) ed ora addirittura giungere ad una vera e propria clonazione degli esseri più indifesi del mondo! Indubbiamente il traguardo è quello di crearsi un figlio su ordinazione scegliendone tratti somatici e carattere a seconda del piacere del genitore. Ricordate gli Spartani? A quei tempi i genitori non avevano diritto di allevare i figli, ma dovevano portarli in un luogo chiamato tesche, dove gli anziani esaminavano il bambino: se lo vedevano sano e robusto ne disponevano l’allevamento e gli assegnavano in anticipo una porzione di terreno demaniale; se invece lo trovavano gracile e malfatto, ordinavano che fosse gettato in una voragine del monte Taigeto, detta Apotete. Non conveniva infatti né alla polis né al bambino stesso che fosse lasciato crescere per restare sempre debole e dal fisico infelice. Martin Luter King sosteneva: non posso pensare a quello che voglio io ma a quello che vuole Dio, soltanto noi possiamo dissipare la fitta nebbia. Quando ci saremo riusciti, allora soltanto avremmo trionfato”. In Italia sul piano delle ragioni costituzionali il divieto si raccorda con tutele basilari, che discendono appunto da principi di civiltà giuridico-costituzionale: la tutela del nascituro per lesione della sua integrità psico-fisica e la tutela da derive di carattere etico-sociale contrarie alla dignità umana. Sotto il primo aspetto ove, infatti, si consentisse la generazione di un figlio con un donatore estraneo alla coppia, nessuna legge potrebbe precludere al figlio, al pari di qualsiasi altra persona, di conoscere i dati sanitari, fisici e anagrafici del padre naturale. Ma con il diritto inalienabile a conoscere le proprie origini, e quindi la paternità naturale, la conseguente rivelazione della doppia paternità si rivelerebbe devastante – come già emerso in casi accaduti in altri ordinamenti, che sono perciò ritornati sui loro passi – in quanto gli equilibri affettivi vengono inesorabilmente minati all’interno della famiglia in cui il figlio cresce (si pensi al forte squilibrio emotivo tra due coniugi, una genitrice biologica, l’altro no) e nei confronti del padre biologico, donatore del seme, con il quale è

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sostanzialmente reciso ogni legame affettivo pur essendo egli in vita e pur potendo un giorno essere chiamato in causa dal figlio (e questo la legge 40 ovviamente non ha potuto escluderlo). L’unica alternativa percorribile sarebbe immaginare una famiglia triadica, ma ciò, come ricordato, in Italia andrebbe contro la carta Costituzionale che tutela la famiglia-società naturale (e non dunque artificiale) composta da un solo padre e una sola madre. Sul piano etico-sociale, l’ammissibilità della fecondazione eterologa comporterebbe il rischio di selezione eugenetica. La fecondazione eterologa è infatti preceduta da esami sul codice genetico dei possibili donatori e della donna ricevente: il risultato di tali esami diventa nella prassi elemento determinante, preliminare alla fecondazione, nella scelta del donatore. Clonazione, 3 genitori biologici, provette? No grazie: i bambini necessitano di essere seguiti ed apprezzati. L’importante è rammentare che gli adulti hanno il compito di crescere i bambini ed aiutarli nel loro cammino di vita e non sono i bambini a dover sollazzare l’Ego, i desideri o le necessità (spesso la solitudine) degli adulti.

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Tre genitori, Miriano: “Stiamo togliendo la radice di

felicità. Neanche le bestie sanno essere così feroci” Marco Guerra Ieri la Gran Bretagna si è fatta apripista di un altro di quei miti di progresso a cui

l’Occidente guarda senza porsi alcun interrogativo, ovvero la multi-genitorialità

biologica. La Camera dei Comuni ha infatti votato in favore della storica introduzione

nel Regno Unito di una tecnica che prevede la creazione di embrioni «con tre

genitori». Lo scopo è consentire alle donne portatrici di malattie mitocondriali gravi

la possibilità di avere bambini sani. Tuttavia sono molti gli scienziati che evidenziano

che i rischi sono maggiori dei benefici, e parlano di alte probabilità di malformazioni

e complicazioni. Ma la ‘poligenitorialità’ quali ripercussioni può avere – al livello

umano, sociale e psicologico – sulla coppia e sull’identità frammentata del nascituro?

IntelligoNews ne ha parlato con la giornalista Costanza Miriano, autrice di diversi

bestseller.

Un bimbo con il patrimonio genetico di tre genitori. In Gran Bretagna c’è l’ok

su questa tecnica di procreazione. Cosa ne pensa?

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“Secondo me siamo su un terreno rischiosissimo, il patrimonio genetico è una cosa

carnale che uno sente in modo istintivo e animale. Quando uno guarda i propri figli

guarda le proprie radici, vede qualcosa che continua e si mischia per sempre con il

patrimonio genetico di un’altra persona anche se il legame tra i due finisce.

Insomma toccare questo terreno ancestrale smuove delle cose di cui non possiamo

immaginare la portata. E parlo solo della dimensione umana e psicologica e non di

quella religiosa. Molte ricerche evidenziano infatti che i genitori di figli avuti con

l’eterologa hanno un tasso di separazione più alto, poiché al momento di una crisi

nella coppia o all’emergere di problemi del bambino spesso avvengono dei distinguo

o delle accuse da parte del genitore che non ha partecipato al corredo genetico del

bambino, della serie “questo figlio è tuo e io non c’entro niente…”. Insomma ripeto

siamo su un terreno delicatissimo, in fondo siamo stati programmati per trasmettere

la vita a un’altra persona”.

La tecnica inglese, mette in crisi anche l’identità del figlio, che viene così

triplicata, e dunque frammentata…

“Credo proprio che tutti hanno bisogno di appartenere a qualcuno, è un’esigenza

profondissima che sente ogni persona. Sapere di venire da una storia. Quante volte

abbiamo chiesto ai nostri nonni di raccontarci della loro vita, dei loro familiari,

magari dei loro luoghi di origine. Sapere da dove si viene è importante sia per

confermare la propria identità sia eventualmente per rifiutarla, perché magari non ci

piace”.

Molti scienziati si sono detti preoccupati per gli effetti a lungo termine sulla

salute. Altri parlano di notevoli rischi di complicazioni. E negli Stati Uniti la

Food and Drug ha informato che sono già nati 23 bambini con queste tecniche e

tutti e 23 avevano delle malformazioni…

“È una cosa mostruosa, ora voglio proprio vedere chi si prenderà cura di questi

bambini ma anche di questi genitori”.

Dal momento che, come afferma Papa Francesco, viviamo nell’epoca della

cultura dello scarto, queste coppie potranno provare e riprovare finché non

avranno un feto sano… “Quindi potranno continuare ad uccidere questi bambini, visto che negli Usa è

consentito abortire fino alla 20.ma settimana e spesso vengono estratti vivi dal

grembo. Guardi non c’è bisogno di scomodare il discorso religioso e Dio, qui stiamo

parlando di pratiche che vanno contro la natura, siamo di fronte alla pura bestialità,

anzi neanche le bestie sanno essere così lucidamente feroci”.

Se è per questo si sta studiando anche l’ipotesi di concepire un figlio con due

gameti provenienti dalla medesima persona. In questo caso siamo al compimento

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dell’individualismo assoluto?

“No, speriamo proprio che non ci riusciranno mai. Neanche la fantascienza più

fantasiosa ha mai potuto immaginare una cosa del genere. L’origine primigenia di

ogni essere umano sta nel dono reciproco della vita tra due persone. È già

un’impresa l’amore tra due persone, spesso mancano le forze e siamo disorientati

davanti ad una sfida che comunque sta nel comunicare la bellezza della vita ai propri

figli. È nell’amore che i bambini trovano il coraggio di dire che la vita è bella,

perché vedono due persone che si amano. I bambini prima della purezza genetica

vogliono sapere che la vita è bella e che tra mille difficoltà due persone provano ad

amarsi. Siamo tutte famiglie imperfette, insomma ci si prova ad essere i migliori

compagni di viaggio possibili, ma se al bambino togliamo anche questa notizia viene

meno l’amore. L’uomo è chiamato a donare se stesso per dare la vita, se togli questa

radice di felicità togli ai figli la possibilità di essere felici”.

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Tre genitori, Savarese (Manif): “E’ società di Hitler ma

c’è una differenza. Sarà come nel film Gattaca. Appello

a Mattarella” Sarà possibile avere bambini con tre genitori biologici e il Regno Unito sarà il primo

Paese al mondo a farlo. La Camera dei Comuni britannica ha detto sì e ha approvato

la legge che consentirà l’utilizzo del Dna di tre persone nella fertilizzazione in vitro,

in modo da prevenire diverse malattie mitocondriali. Almeno questo dicono i

sostenitori della scienza per la scienza. Abbiamo contattato la Manif Pour Tous

Italia per chiedere di commentare la notizia. E a IntelligoNews ha parlato il portavoce

Filippo Savarese. Dunque, nel Regno Unito si potrà avere genitori biologici per prevenire diverse

malattie mitocondriali. E’ così o è una giustificazione che sa di alibi?

“La giustificazione è umanamente comprensibile. Chi di noi, pensando che possa

esistere un modo -il più sicuro possibile- per evitare tanti problemi e sofferenze a chi

nascerà, non si sentirebbe speranzoso e nel cuor suo non sarebbe concorde? D’altro

canto però bisogna pensare a tutti gli elementi rilevanti: e uno è che sulla bilancia non

si pesa e non viene considerata più la dignità della persona umana nascitura. E

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questa scelta è grave anzi gravissima, perché si conferma così un principio sbagliato:

quello della disponibilità di un altro essere umano e in particolare delle future

generazioni. Sostanzialmente passa il trend che una generazione possa decidere gli

elementi essenziali dell’identità delle generazioni successive”.

La battaglia contro le pericolosissime malattie genetiche, a suo modo, non

l’aveva fatta anche Hitler?

“Qual è la differenza però? Nella società ideale di Hitler la società doveva essere

composta di ariani eliminando coloro che non erano ariani, nella società eugenetica in

cui stiamo entrando la differenza è che solo ariani potranno nascere. Perché se noi

ammettiamo il principio che si possa modificare il patrimonio genetico di un

nascituro, ci sono due problemi. Primo: perché posso farlo solo in presenza di

malattie gravissime e non anche di malformazioni non gravi o di elementi genetici

positivi per il suo bene come l’altezza e la muscolatura forte? E secondo: quando

potrò farlo, se non lo faccio la società come mi guarderà? Male, perché non starò

dando al bambino la possibilità di avere le migliori condizioni per la sua vita. E’

come nel film Gattaca – La porta dell’universo che parla di una società che può

programmare la vita futura di un figlio e chi cerca di fare un figlio dal rapporto

sessuale e secondo le regole naturali è guardato male perché non assicura al figlio il

meglio”.

382 voti Vs 128 contrari. E’ segno di un cambiamento?

“Certo. L’unica speranza che posso avere è che chi mantiene ancora i piedi per terra e

non si lascia portare la testa tra le nuvole (spesso per interessi economici) sappia

riportare a terra anche chi gli sta accanto”.

Passiamo al discorso di insediamento del nuovo presidente Mattarella. Un

commento sul passaggio relativo alla famiglia e quell’accenno ai diritti

affettivi…

“Intanto noi apprezziamo che abbia parlato di sostegno alla famiglia come risorsa

della società, passaggio inevitabile essendo un punto fondamentale della nostra

Costituzione, e apprezziamo il fatto che abbia separato il tema della famiglia rispetto

a quello dei diritti civili anche nell’ambito affettivo. Su quest’ultimo punto noi

sappiamo che il presidente Mattarella si espresse favorevolmente sui Dico del

governo Prodi, ma voci particolarmente informate ci dicono che il presidente

personalmente non sarebbe favorevole ad una forma di unione civile di rilievo

pubblico ma più ad un patto di convivenza di tipo privato. Ma tanto è il governo che

porterà avanti questo discorso! Quello che mi sentirei di chiedere come garanzia al

Presidente, avendo lui stesso separato il discorso sulla famiglia da quello sui diritti

civili personali, è di non avvallare modifiche al diritto di famiglia che contrastino con

la nostra Costituzione. E questo per impedire che il ddl Cirinnà che equipara le

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unioni civili al matrimonio e alla famiglia possa procedere in questo senso. Tra l’altro

aggiungo e ricordo che Renzi su Avvenire aveva parlato di una proposta del governo,

ma temo fosse una risposta di comodo sul giornale dei Vescovi e che vedremo invece

il governo benedire il decreto Cirinnà. A quel punto vedremo come reagirà il governo

che è composto da più anime. Noi stiamo scaldando i motori per rispondere ad un

eventuale attacco alla famiglia”.

http://segnideitempi.blogspot.jp/2015/02/unagghiacciante-sperimentazione.html

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