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La fotografia digitale La fotografia digitale il futuro-presente il futuro-presente Nel mondo della fotografia sono tipiche le polemiche puriste, bianco e nero e colore, flash e non flash e adesso, l’ultima nata e fortunatamente quasi scomparsa è digitale e non digitale. I fan della pellicola portavano argomentazioni quali la spoetizzazione della fotografia, la superiorità qualitativa dell’immagine realizzata con la pellicola ( che d’ora in poi sarà definita immagine analogica).Chi sosteneva il digitale, invece, lo definiva “il futuro”....adesso è il presente. Un discorso sul digitale non può che ricondursi all’assunto fondamentale: La tecnica è solo un mezzo, quel che conta è il risultato finale, la foto . In questo senso, col progresso tecnologico che ha fatto passi da gigante, una foto scattata da una fotocamera digitale di buon livello adesso porta a risultati maggiori di una scattata con una fotocamera analogica.Negli anni di passaggio da un millennio all’altro tutta la fotografia professionale è progressivamente migrata verso il digitale. In digitale c’è comunque, per il professionista come per l’amatore, l’insostituibile chance di vedere immediatamente il risultato già dal display LCD presente sul dorso di ogni macchina, c’è il vantaggio di cancellare immediatamente la foto errata, ma soprattutto di capire immediatamente l’eventuale errore. In digitale, infatti, non esiste più l’attesa per lo sviluppo della pellicola perché non c’è più pellicola, al suo posto c’è il sensore, ovvero un microprocessore elettronico che reagisce alla luce trasformandola in impulsi elettrici che vanno al chip di elaborazione il quale trasforma il tutto in segnale analogico da inviare immediatamente alla scheda di memoria.

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La fotografia digitaleLa fotografia digitaleil futuro-presenteil futuro-presente

Nel mondo della fotografia sono tipiche le polemiche puriste, bianco e nero e colore, flash

e non flash e adesso, l’ultima nata e fortunatamente quasi scomparsa è digitale e non

digitale.

I fan della pellicola portavano argomentazioni quali la spoetizzazione della fotografia, la

superiorità qualitativa dell’immagine realizzata con la pellicola ( che d’ora in poi sarà

definita immagine analogica).Chi sosteneva il digitale, invece, lo definiva “il

futuro”....adesso è il presente.

Un discorso sul digitale non può che ricondursi all’assunto fondamentale:

La tecnica è solo un mezzo, quel che conta è il risultato finale, la foto.

In questo senso, col progresso tecnologico che ha fatto passi da gigante, una foto

scattata da una fotocamera digitale di buon livello adesso porta a risultati maggiori di

una scattata con una fotocamera analogica.Negli anni di passaggio da un millennio

all’altro tutta la fotografia professionale è progressivamente migrata verso il digitale.

In digitale c’è comunque, per il professionista come per l’amatore, l’insostituibile chance

di vedere immediatamente il risultato già dal display LCD presente sul dorso di ogni

macchina, c’è il vantaggio di cancellare immediatamente la foto errata, ma soprattutto di

capire immediatamente l’eventuale errore.

In digitale, infatti, non esiste più l’attesa per lo sviluppo della pellicola perché non c’è più

pellicola, al suo posto c’è il sensore, ovvero un microprocessore elettronico che reagisce

alla luce trasformandola in impulsi elettrici che vanno al chip di elaborazione il quale

trasforma il tutto in segnale analogico da inviare immediatamente alla scheda di memoria.

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Il sensore è composto da milioni di sensori individuali chiamati pixel (per cui si parla di 12

megapixel per intendere 12 milioni di pixel e si abbrevia con Mpixel), maggiore è il numero

dei pixels e maggiore è il dettaglio col quale viene catturata un’immagine. Vanno però

considerate la fase di elaborazione dati presente dentro alla macchina nonché le

dimensioni del sensore, più grandi sono queste ultime e più è sofisticata la fase di

elaborazione, più aumenterà la qualità dell’immagine.

QuickTimeᆰ e undecompressore

sono necessari per visualizzare quest'immagine.

Fonte internet

Se in pratica, bastano 2 Mpixels per ottenere una stampa 12x18 qualitativamente valida,

il risultato della stessa proveniente da un cellulare con fotocamera sarà di gran lunga

inferiore a quello di una reflex digitale a 6Mpixels, non soltanto per il numero pixels ma

per l’elaborazione successiva prima del trasferimento sulla card. Attualmente sul mercato

esistono decine di modelli di fotocamere digitali, da semplicissime “punta e scatta” ad

equipaggiatissime reflex , un gradino sotto queste ultime ci sono delle compatte evolute,

dette Bridge, che consentono svariate possibilità e grazie a numero di pixels (dai

8Megapixel in su) e a circuiti di elaborazione danno delle ottime immagini.

Se in analogico c’è l’evidente problema del numero di scatti consentiti dal rullino, in

digitale subentra il problema della card di memoria. Le reflex più evolute montano

addirittura schede da 16 GIgabytes, che malgrado ciò non hanno uno spazio infinito. Per

ovviare a questo problema bisogna entare nell’ordine di idee dell’algoritmo di

compressione.

Una foto scattata in digitale viene acquisita per l’intero di numero di pixels di cui il

sensore è composto, viene poi registrata ad una risoluzione (dpi = dot per inch ovvero

punti per pollice) scelta dalla fotocamera ma sta all’operatore scegliere il formato in cui

comprimerla.

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Bisogna pensare alla compressione come ad una ripiegatura dell’immagine su se stessa,

la modalità con cui si sceglie di farlo si chiama “formato “ ed in realtà si tratta di un

algoritmo di compressione (algoritmo= serie di istruzioni) e quelli a disposizione per la

fotografia sono principalmente tre :

Jpeg, Tiff e Raw. Il primo è il più semplice e diffuso, consente livelli di compressione tali

da ritrovarsi su un Gigabyte di scheda anche la possibilità di scattare oltre mille

immagini....è però la situazione dove la qualità si perde notevolmente , un po’ meno

accade sul gradino più alto, detto di solito “jpeg medio”, molto meno nel jpeg alta qualità.

Il formato jpeg, però, seleziona quali dati scartare durante la compressione e ricostruire

subito dopo, col rischio di perdita della qualità. il Tiff è il formato che per eccellenza

mantiene la qualità , però occupa un grande spazio di memoria. Raw (significa “grezzo” ;

altri due nomi sono sigle) è il formato che passa dal sensore alla card senza elaborazione,

conserva un’ottima qualità ed occupa abbastanza meno spazio del tiff e molto di più del

jpeg, su un Gigabyte, ad esempio, la Nikon D700 ospita 161 scatti in Raw contro 373 in

jpeg ad alta qualità.

Quel che conviene fare dipende dalle esigenze di ognuno, se si prende in considerazione

ogni immagine per usi molteplici, conviene scattare al massimo della qualità (Raw) e poi

rielaborare in formati inferiori in fase di post-produzione, se invece si pensa ad uno

shooting destinato esclusivamente al web, la massima compressione jpeg è l’ideale

perché da un numero di scatti apparentemente illimitato e le esigenze qualitative della

rete sono inferiori a quelle della carta stampata.

Ma si deve tener presente che non è possibile alcun processo inverso, trasformare

un jpg base in formato piccolo in un tiff è una partita persa perché la qualità di

partenza resta quella

Bisogna comunque pensare ai formati RAW e TIFF come al negativo della fotografia

analogica, ovvero ad un supporto che se ben conservato può dare copie all’infinito. Fare

invece copie dalle jpg è un po’ come fare la fotocopia della fotocopia.

Ma il vantaggio operativo della digitale non si ferma quì, parlando di corpi macchina

evoluti è possibile regolare la sensibilità dell’esposimetro, essendo la fotografia digitale

una virtualizzazione della fotografia analogica, da un punto di vista dello scatto cambia

ben poco, se la pellicola è progettata con una quantità di sostanza sensibile alla

luce dosata per reagire più o meno rapidamente all’esposizione (sensibilità ISO), la

digitale ha già programmati molteplici livelli di sensibilità per poter scattare in ogni

situazione.

Altra semplificazione caratteristica del digitale è il “bilanciamento del bianco”, si tratta di

una filtratura virtuale che porta sempre e comunque all’eliminazione delle dominanti

colore direttamente in fase di scatto. In pratica si tratta di quello che una volta si faceva

coi filtri di correzione del colore , in digitale al contrario ci sono già delle funzioni da

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impostare che riportano ai colori equilibrati ogni immagine a seconda del tipo di luce dalla

quale è illuminata. Si va dalla luce solare a quella del neon, dal bilanciamento

automatico a quello personalizzato, quest’ultimo da usare solo in caso di luce

mista. In pratica dovendo fotografare un soggetto illuminato da luci tungsteno e

fluorescenti ( basta un interno di un ristorante, ad esempio) si deve cercare una

porzione di solo colore bianco illuminata da suddette luci e attraverso una

procedura, “dire” alla fotocamera che quello è bianco, sarà la fotocamera a tarare la

luce in base a quel

bianco. Come qui sotto dimostrato.

Fonte: internet© Testo: Federico Tovoli