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trabajo de GiuliaTRANSCRIPT
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La fotografia digitaleLa fotografia digitaleil futuro-presenteil futuro-presente
Nel mondo della fotografia sono tipiche le polemiche puriste, bianco e nero e colore, flash
e non flash e adesso, l’ultima nata e fortunatamente quasi scomparsa è digitale e non
digitale.
I fan della pellicola portavano argomentazioni quali la spoetizzazione della fotografia, la
superiorità qualitativa dell’immagine realizzata con la pellicola ( che d’ora in poi sarà
definita immagine analogica).Chi sosteneva il digitale, invece, lo definiva “il
futuro”....adesso è il presente.
Un discorso sul digitale non può che ricondursi all’assunto fondamentale:
La tecnica è solo un mezzo, quel che conta è il risultato finale, la foto.
In questo senso, col progresso tecnologico che ha fatto passi da gigante, una foto
scattata da una fotocamera digitale di buon livello adesso porta a risultati maggiori di
una scattata con una fotocamera analogica.Negli anni di passaggio da un millennio
all’altro tutta la fotografia professionale è progressivamente migrata verso il digitale.
In digitale c’è comunque, per il professionista come per l’amatore, l’insostituibile chance
di vedere immediatamente il risultato già dal display LCD presente sul dorso di ogni
macchina, c’è il vantaggio di cancellare immediatamente la foto errata, ma soprattutto di
capire immediatamente l’eventuale errore.
In digitale, infatti, non esiste più l’attesa per lo sviluppo della pellicola perché non c’è più
pellicola, al suo posto c’è il sensore, ovvero un microprocessore elettronico che reagisce
alla luce trasformandola in impulsi elettrici che vanno al chip di elaborazione il quale
trasforma il tutto in segnale analogico da inviare immediatamente alla scheda di memoria.
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Il sensore è composto da milioni di sensori individuali chiamati pixel (per cui si parla di 12
megapixel per intendere 12 milioni di pixel e si abbrevia con Mpixel), maggiore è il numero
dei pixels e maggiore è il dettaglio col quale viene catturata un’immagine. Vanno però
considerate la fase di elaborazione dati presente dentro alla macchina nonché le
dimensioni del sensore, più grandi sono queste ultime e più è sofisticata la fase di
elaborazione, più aumenterà la qualità dell’immagine.
QuickTimeᆰ e undecompressore
sono necessari per visualizzare quest'immagine.
Fonte internet
Se in pratica, bastano 2 Mpixels per ottenere una stampa 12x18 qualitativamente valida,
il risultato della stessa proveniente da un cellulare con fotocamera sarà di gran lunga
inferiore a quello di una reflex digitale a 6Mpixels, non soltanto per il numero pixels ma
per l’elaborazione successiva prima del trasferimento sulla card. Attualmente sul mercato
esistono decine di modelli di fotocamere digitali, da semplicissime “punta e scatta” ad
equipaggiatissime reflex , un gradino sotto queste ultime ci sono delle compatte evolute,
dette Bridge, che consentono svariate possibilità e grazie a numero di pixels (dai
8Megapixel in su) e a circuiti di elaborazione danno delle ottime immagini.
Se in analogico c’è l’evidente problema del numero di scatti consentiti dal rullino, in
digitale subentra il problema della card di memoria. Le reflex più evolute montano
addirittura schede da 16 GIgabytes, che malgrado ciò non hanno uno spazio infinito. Per
ovviare a questo problema bisogna entare nell’ordine di idee dell’algoritmo di
compressione.
Una foto scattata in digitale viene acquisita per l’intero di numero di pixels di cui il
sensore è composto, viene poi registrata ad una risoluzione (dpi = dot per inch ovvero
punti per pollice) scelta dalla fotocamera ma sta all’operatore scegliere il formato in cui
comprimerla.
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Bisogna pensare alla compressione come ad una ripiegatura dell’immagine su se stessa,
la modalità con cui si sceglie di farlo si chiama “formato “ ed in realtà si tratta di un
algoritmo di compressione (algoritmo= serie di istruzioni) e quelli a disposizione per la
fotografia sono principalmente tre :
Jpeg, Tiff e Raw. Il primo è il più semplice e diffuso, consente livelli di compressione tali
da ritrovarsi su un Gigabyte di scheda anche la possibilità di scattare oltre mille
immagini....è però la situazione dove la qualità si perde notevolmente , un po’ meno
accade sul gradino più alto, detto di solito “jpeg medio”, molto meno nel jpeg alta qualità.
Il formato jpeg, però, seleziona quali dati scartare durante la compressione e ricostruire
subito dopo, col rischio di perdita della qualità. il Tiff è il formato che per eccellenza
mantiene la qualità , però occupa un grande spazio di memoria. Raw (significa “grezzo” ;
altri due nomi sono sigle) è il formato che passa dal sensore alla card senza elaborazione,
conserva un’ottima qualità ed occupa abbastanza meno spazio del tiff e molto di più del
jpeg, su un Gigabyte, ad esempio, la Nikon D700 ospita 161 scatti in Raw contro 373 in
jpeg ad alta qualità.
Quel che conviene fare dipende dalle esigenze di ognuno, se si prende in considerazione
ogni immagine per usi molteplici, conviene scattare al massimo della qualità (Raw) e poi
rielaborare in formati inferiori in fase di post-produzione, se invece si pensa ad uno
shooting destinato esclusivamente al web, la massima compressione jpeg è l’ideale
perché da un numero di scatti apparentemente illimitato e le esigenze qualitative della
rete sono inferiori a quelle della carta stampata.
Ma si deve tener presente che non è possibile alcun processo inverso, trasformare
un jpg base in formato piccolo in un tiff è una partita persa perché la qualità di
partenza resta quella
Bisogna comunque pensare ai formati RAW e TIFF come al negativo della fotografia
analogica, ovvero ad un supporto che se ben conservato può dare copie all’infinito. Fare
invece copie dalle jpg è un po’ come fare la fotocopia della fotocopia.
Ma il vantaggio operativo della digitale non si ferma quì, parlando di corpi macchina
evoluti è possibile regolare la sensibilità dell’esposimetro, essendo la fotografia digitale
una virtualizzazione della fotografia analogica, da un punto di vista dello scatto cambia
ben poco, se la pellicola è progettata con una quantità di sostanza sensibile alla
luce dosata per reagire più o meno rapidamente all’esposizione (sensibilità ISO), la
digitale ha già programmati molteplici livelli di sensibilità per poter scattare in ogni
situazione.
Altra semplificazione caratteristica del digitale è il “bilanciamento del bianco”, si tratta di
una filtratura virtuale che porta sempre e comunque all’eliminazione delle dominanti
colore direttamente in fase di scatto. In pratica si tratta di quello che una volta si faceva
coi filtri di correzione del colore , in digitale al contrario ci sono già delle funzioni da
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impostare che riportano ai colori equilibrati ogni immagine a seconda del tipo di luce dalla
quale è illuminata. Si va dalla luce solare a quella del neon, dal bilanciamento
automatico a quello personalizzato, quest’ultimo da usare solo in caso di luce
mista. In pratica dovendo fotografare un soggetto illuminato da luci tungsteno e
fluorescenti ( basta un interno di un ristorante, ad esempio) si deve cercare una
porzione di solo colore bianco illuminata da suddette luci e attraverso una
procedura, “dire” alla fotocamera che quello è bianco, sarà la fotocamera a tarare la
luce in base a quel
bianco. Come qui sotto dimostrato.
Fonte: internet© Testo: Federico Tovoli