i. le sfide attuali alla fede 1. le sfide provenienti … · il difficile rapporto tra i giovani e...

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CRISTOLOGIA SISTEMATICA IL DIBATTITO SULLA FEDE CRISTIANA NEI SECOLI XX E XXI A.A. 2013-2014 IL METODO: IL CIRCOLO ERMENEUTICO Compagnia: auditus mundi Memoria: auditus Verbi Profezia: pro mundi vita cf. B. FORTE, La teologia come compagnia, memoria e profezia, San Paolo, Cinisello Balsamo 1987 I. LE SFIDE ATTUALI ALLA FEDE 1. LE SFIDE PROVENIENTI DALLAMBITO UMANO DELLA FEDE 1.1. La fine delle ideologie e delle fedi umane Disorientamento; assenza di certezze; relativismo; disprezzo dell’ auctoritas; democraticismo 1.2. La mentalità scientifica e verificazionista Dal neopositivismo alla filosofia della scienza: K. Popper Confutazione del verificazionismo: a) ci sono casi in cui un’affermazione, pur essendo vera, non è verificabile (spesso nella vita quotidiana); b) ci sono casi in cui un’affermazione vera, pur non essendo verificabile in un tempo, lo è in un momento successivo (ad es. le scoperte scientifiche o geografiche); c) la stessa ipotesi (“un’affermazione è vera solo nel caso in cui sia verificabile”) non è verificabile, dunque, secondo l’ipotesi stessa, è falsa. 2. LE SFIDE PROVENIENTI DALLAMBITO RELIGIOSO DELLA FEDE 2.1. I dati statistici - C. LANZETTI, «Realtà religiosa in Italia», in Uscire dalla crisi. I valori degli italiani, a cura di G. ROVATI, Vita e Pensiero, Milano 2012, 181-229 (sulla IV indagine EVS (European Values Study) sui valori degli europei (I: 1981; II 1990; III: 1999; IV: 2009-2009) nei 27 Paesi dell'Unione Europea e in altri 20 Paesi limitrofi Appartenenza religiosa: cattolici 78% (2002: 81,1) [in maniera regolare: 32 %; praticanti in maniera quasi regolare: 16,4%; non praticanti: 29,6%]; altre religioni 2%; altro: 20% Credenza nell’esistenza di Dio: «Dio personale e creatore che ama l’essere umano» 59%; «Qualche forma di spirito o forza vitale» 24,6%; Non so14,8%; Niente: 1,6% - La situazione giovanile Giovani, religione e vita quotidiana. Indagine dell’Istituto IARD, a cura di R. GRASSI, Il Mulino, Bologna 2006 (sulla religiosità degli adolescenti) A. MATTEO, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010. A. MATTEO, La fuga delle quarantenni. Il difficile rapporto delle donne con la Chiesa, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012. 2.2. La perdita della fede ecclesiale: credere senza appartenere Permanenza del senso religioso Ateismo pratico (rottura fede-vita) «Apostasia silenziosa» (GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003, n. 9) G. DAVIE, Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994. 2.3. La fede legata alla tradizione, ma slegata dalla vita: apppartenere senza credere 2.4. Fede e opere: ortoprassi e ortodossia Tra Benedetto XVI e Francesco Il pericolo del neopelagianesimo

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CRISTOLOGIA SISTEMATICA IL DIBATTITO SULLA FEDE CRISTIANA NEI SECOLI XX E XXI

A.A. 2013-2014 IL METODO: IL CIRCOLO ERMENEUTICO Compagnia: auditus mundi Memoria: auditus Verbi Profezia: pro mundi vita cf. B. FORTE, La teologia come compagnia, memoria e profezia, San Paolo, Cinisello Balsamo 1987

I. LE SFIDE ATTUALI ALLA FEDE 1. LE SFIDE PROVENIENTI DALL’AMBITO UMANO DELLA FEDE 1.1. La fine delle ideologie e delle fedi umane Disorientamento; assenza di certezze; relativismo; disprezzo dell’auctoritas; democraticismo 1.2. La mentalità scientifica e verificazionista Dal neopositivismo alla filosofia della scienza: K. Popper Confutazione del verificazionismo: a) ci sono casi in cui un’affermazione, pur essendo vera, non è verificabile (spesso nella vita quotidiana); b) ci sono casi in cui un’affermazione vera, pur non essendo verificabile in un tempo, lo è in un momento successivo (ad es. le scoperte scientifiche o geografiche); c) la stessa ipotesi (“un’affermazione è vera solo nel caso in cui sia verificabile”) non è verificabile, dunque, secondo l’ipotesi stessa, è falsa. 2. LE SFIDE PROVENIENTI DALL’AMBITO RELIGIOSO DELLA FEDE 2.1. I dati statistici - C. LANZETTI, «Realtà religiosa in Italia», in Uscire dalla crisi. I valori degli italiani, a cura di G. ROVATI, Vita e Pensiero, Milano 2012, 181-229 (sulla IV indagine EVS (European Values Study) sui valori degli europei (I: 1981; II 1990; III: 1999; IV: 2009-2009) nei 27 Paesi dell'Unione Europea e in altri 20 Paesi limitrofi Appartenenza religiosa: cattolici 78% (2002: 81,1) [in maniera regolare: 32 %; praticanti in maniera quasi regolare: 16,4%; non praticanti: 29,6%]; altre religioni 2%; altro: 20% Credenza nell’esistenza di Dio: «Dio personale e creatore che ama l’essere umano» 59%; «Qualche forma di spirito o forza vitale» 24,6%; Non so14,8%; Niente: 1,6% - La situazione giovanile Giovani, religione e vita quotidiana. Indagine dell’Istituto IARD, a cura di R. GRASSI, Il Mulino, Bologna 2006 (sulla religiosità degli adolescenti) A. MATTEO, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010. A. MATTEO, La fuga delle quarantenni. Il difficile rapporto delle donne con la Chiesa, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012. 2.2. La perdita della fede ecclesiale: credere senza appartenere Permanenza del senso religioso Ateismo pratico (rottura fede-vita) «Apostasia silenziosa» (GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003, n. 9) G. DAVIE, Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994. 2.3. La fede legata alla tradizione, ma slegata dalla vita: apppartenere senza credere 2.4. Fede e opere: ortoprassi e ortodossia Tra Benedetto XVI e Francesco Il pericolo del neopelagianesimo

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4. LE MPLICAZIONI CRISTOLOGICHE DELLE SFIDE ATTUALI ALLA FEDE 4.1. Nell’ambito della cultura - Le grandi questioni di senso: la permanenza del dolore e della morte (dopo Cristo) - Il contesto secolarizzato e il rifiuto di modelli, soprattutto trascendenti - Soteriologia immanente: autosalvezza; altri salvatori: scienza, tecnica, economia, politica - Teologia delle religioni: Cristo verità e unico salvatore (Dominus Iesus) 4.2. Nell’ambito della teologia Dalla molteplicità delle cristologie all’unità della fede in Cristo

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II. IL DIBATTITO SULLA FEDE E LE IMPLICAZIONI CRISTOLOGICHE 1. FEDE E RIVELAZIONE: IMPLICAZIONI CRISTOLOGICHE 1.1. I modelli di rivelazione Il magistero recente dei Papi: Verbum Domini e Lumen Fidei VD 7: Rivelazione: Parola di Dio > Scrittura AVERY DULLES, Modelli della rivelazione, Lateran University Press, Roma 2010 (orig.: Models of revelation, 1983) cinque modelli di rivelazione: a) comunicazione dottrinale: oggettività, origine divina, prove di credibilità (nella manualistica cattolica) Dogmatica, sistematica, enciclopedica (Y. CONGAR, Theologie, in DTC XV, 1 (1946), 432 ss. Apologetica: motivi di credibilità e storicità Sistematica: bellissima struttura; coerenza e concatenazione Implicazioni cristologiche del modello della comunicazione dottrinale: struttura del trattato preconciliare di cristologia:

1. De Verbo incarnato: le due nature, Concili; unione ipostatica, ontologia astorica 2. De divino redemptore: soteriologia, amartiocentrismo: schema creazione - caduta - redenzione 3. De praedestinatione Christi: cur deus homo?

b) interventi divini nella storia (cf. Cullmann, Pannenberg); c) comunicazione interiore (soggettività: G. Tyrrell) d) dialogo o dialettica Dio-uomo (Barth, Bultmann, Ebeling, R. Latourelle) e) causa di una nuova coscienza antropologica (Blondel, Rahner) inoltre: f) modello simbolico: sintesi e superamento di tutti i modelli in Cristo simbolo 1.2. I modelli di fede A. DULLES, Models of faith, in Fides quaerens intellectum. Beiträge zur fundamentaltheologie 1999, 405-413 a) proposizionale (risposta alla rivelazione dottrinale) b) trascendente (nuova visione del mondo donata da Dio): Rahenr, Lonergan c) fiduciale (adv. intellettualismo): fede nella potenza di Do, meno nella sua veridicità: Pannenberg, Loltmann) d) esperienziale (soggettivismo: Tyrrel) e) obbedienziale (Scheeben: alterità di Dio) f) prassistica (teologia della liberazione) g) relazionale (de Lubac, von Balthasar) Cf. D. HERKSIK, Avery Dulles: teologo e cardinale, in La Civiltà cattolica, 2003, III, 357-370 (in particolare 360-364) http://books.google.it/books?id=oQw5AQAAMAAJ&pg=PA360&lpg=PA360&dq=avery+dulles+modelli+di+rivelazione&source=bl&ots=_1oSlV2tLE&sig=2cKJTAB9-m7t7Gjhgaa_J9DOBB8&hl=it&sa=X&ei=zLJeUqORB4TZsgbHn4DABw&ved=0CFAQ6AEwBTgK#v=onepage&q=avery%20dulles%20modelli%20di%20rivelazione&f=false

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1.3. Cristo verbum abbreviatum a) Nel NT Ef 1, 3-10; Col 1, 15-20; Eb 1,1-3; ma anche Rm 16,25-26; 1Cor 8,6: «ricapitolare in Cristo tutte le cose» anakephalaiósastai a) «ridare un capo»; b) «erigere» b) Nella tradizione e nella teologia contemporanea - IRENEO, Adv. haer.: ricapitolazione in Cristo - PIO XI, Mit brenneder Sorge, 1937: In Gesù Cristo, incarnato Figlio di Dio, è apparsa la pienezza ella rivelazione - Dei Verbum 1: da Eb 1,1 (impostazione comunicativa e gnoseologica, già in Dei Filius II, a 1 Gv 1 (impostazione cristologica e personale); «verbis gestisque» (DV 2) H.U. VON BALTHASAR: universale concretum - CCC 102: l’unica parola di Dio: Gesù c) L’espressione Verbum abbreviatum - BENEDETTO XVI, Verbum Domini 12-13: «cristologia della Parola»; sinfonia della rivelazione e assolo kenosi della Parola di Dio: Verbum abbreviatum (o Verbum brevians factum): Is 10, 23 (letto secondo i LXX: lógos syntémnos); ripreso da san Paolo (Rm 9, 28), che si riferisce al giudizio imminente che Dio manifesterà con la sua Parola. ORIGENE, Peri Archon, I, 2, 8: SC 252,127-129: logos pachynetai (o brachynetai) Autori medievali: H. DE LUBAC, Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura. III/V. Scrittura ed Eucarisitia, Paoline - Jaca Book, Roma - Milano 1997, 249-271

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H. DE LUBAC, Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura. III/V. Scrittura ed Eucarisitia, Paoline - Jaca Book, Roma -

Milano 1997, 249-271 [Cap. III. «Soggettivismo e intelligenza spirituale»; Par. 1 Verbum abbreviatum»]

pp. 258-259

In Gesù Cristo, che ne era il fine, l’antica Legge trovava in precedenza la sua unità. Di secolo in secolo, tutto in questa Legge

convergeva verso di Lui. È Lui che, della «totalità delle Scritture», formava già «l’unica Parola di Dio». [...]

In Lui, i «verba multa» (le molte parole) degli scrittori biblici diventano per sempre «Verbum unum» (l’unica Parola). Senza

di Lui, invece, il legame si scioglie: di nuovo la parola di Dio si riduce a frammenti di «parole umane»; parole molteplici, non

soltanto numerose, ma molteplici per essenza e senza unità possibile, perché, come constata Ugo di San Vittore, «multi sunt

sermones hominis, quia cor hominis unum non est» (numerose sono le parole dell’uomo, perché il cuore dell’uomo non è

uno). [...]

p. 260-262

Eccolo, dunque, questo Verbo unico. Eccolo tra noi «che esce da Sion», che ha preso carne nel seno della Vergine. «Omnem

Scripturae universitatem, omne verbum suum Deus in utero virginis coadunavit» (tutto l’insieme delle Scritture, ogni sua

parola, Dio l’ha riunito nel seno della Vergine). [...]

Eccolo adesso, totale, unico, nella sua unità visibile. Verbo abbreviato, Verbo «concentrato», non soltanto in questo primo

senso che Colui che è in sé stesso immenso e incomprensibile, Colui che è infinito nel seno del Padre si racchiude nel seno

della Vergine o si riduce alle proporzioni di un bambino nella stalla di Betlemme, come san Bernardo e i suoi figli amavano

parlarne, come ripetevano M. Olier in un inno per l’Ufficio della vita interiore di Maria, e, ancor ieri, padre Teilhard de

Chardin; ma anche e nello stesso tempo, in questo senso, che il contenuto molteplice delle Scritture sparse lungo i secoli

dell’attesa viene tutt’intero ad ammassarsi per compiersi, cioè unificarsi, completarsi, illuminarsi e trascendersi in Lui.Semel

locutus est Deus (Dio ha pronunciato una sola parola): Dio pronunzia una sola parola, non solo in sé stesso, nella sua eternità

senza vicissitudini, nell’atto immobile con cui genera il Verbo, come sant’Agostino ricordava; ma anche, come insegnava già

sant’Ambrogio, nel tempo e tra gli uomini, nell’atto con cui egli invia il suo Verbo ad abitare la nostra terra. «Semel locutus

est Deus, quando locutus in Filio est» (Dio ha pronunciato una sola parola, quando ha parlato nel suo Figlio): perché è Lui che

dà il senso a tutte le parole che lo annunziavano, tutto si spiega in Lui e solamente in Lui: «Et audita sunt etiam illa quae ante

audita non erant ab iis quibus locutus fuerat per prophetas» (e si sono allora capite anche tutte quelle parole che non erano

state intese prima da coloro ai quali egli aveva parlato attraverso i profeti). [...]

pp. 264-265

Sì, Verbo abbreviato, «abbreviatissimo», «brevissimum», ma sostanziale per eccellenza. Verbo abbreviato, ma più grande di

ciò che abbrevia. Unità di pienezza. Concentrazione di luce. L’incarnazione del Verbo equivale all’apertura del Libro, la cui

molteplicità esteriore lascia ormai percepire il «midollo» unico, questo midollo di cui i fedeli si nutriranno. Ecco che con

il fiat (accada) di Maria che risponde all’annunzio dell’angelo, la Parola, fin qui soltanto «udibile alle orecchie», è diventata

«visibile agli occhi, palpabile alle mani, portabile alle spalle». Più ancora: essa è diventata «mangiabile». Niente delle verità

antiche, niente degli antichi precetti è andato perduto, ma tutto è passato a uno stato migliore. Tutte le Scritture si riuniscono

nelle mani di Gesù come il pane eucaristico, e, portandole, egli porta sé stesso nelle sue mani: «tutta la Bibbia in sostanza,

affinché noi ne facciamo un solo boccone...». «A più riprese e sotto varie forme» Dio aveva distribuito agli uomini, foglio per

foglio, un libro scritto, nel quale una Parola unica era nascosta sotto numerose parole: oggi egli apre loro questo libro, per

mostrare loro tutte queste parole riunite nella Parola unica. Filius incarnatus, Verbum incarnatum, Liber maximus (Figlio

incarnato, Verbo incarnato, Libro per eccellenza): la pergamena del Libro è ormai la sua carne; ciò che vi è scritto sopra è la

sua divinità. [...]

pp. 267-268

Tutta l’essenza della rivelazione è contenuta nel precetto dell’amore; in questa sola parola, «tutta la Legge e i Profeti». Ma

questo Vangelo annunziato da Gesù, questa parola pronunziata da Lui, se contiene tutto, è perché non è altro che Gesù stesso.

La sua opera, la sua dottrina, la sua rivelazione: è Lui! La perfezione che egli insegna, è la perfezione che egli porta. Christus,

plenitudo legis (Cristo, pienezza della legge). È impossibile separare il suo messaggio dalla sua persona, e coloro che ci

provarono non tardarono molto ad essere indotti a tradire il messaggio stesso: persona e messaggio, finalmente, non fanno che

una cosa sola. Verbum abbreviatum, Verbum coadunatum: Verbo condensato, unificato, perfetto! Verbo vivo e vivificante.

Contrariamente alle leggi del linguaggio umano, che diventa chiaro, spiegandolo, esso, da oscuro, diventa manifesto,

presentandosi sotto la sua forma abbreviata: Verbo pronunziato dapprima «in abscondito» (nascostamente), e adesso

«manifestum in carne» (manifesto nella carne). Verbo abbreviato, Verbo sempre ineffabile in sé stesso, e che tuttavia spiega

tutto! [...]

p. 271

Le due forme del Verbo abbreviato e dilatato sono inseparabili. Il Libro dunque rimane, ma nello stesso tempo passa

tutt’intero in Gesù e per il credente la sua meditazione consiste nel contemplare questo passaggio. Mani e Maometto hanno

scritto dei libri. Gesù, invece, non ha scritto niente; Mosè e gli altri profeti «hanno scritto di lui». Il rapporto tra il Libro e la

sua Persona è dunque l’opposto del rapporto che si osserva altrove. Così la Legge evangelica non è affatto una «lex scripta»

(legge scritta). Il cristianesimo, propriamente parlando, non è affatto una «religione del Libro»: è la religione della Parola – ma

non unicamente né principalmente della Parola sotto la sua forma scritta. Esso è la religione del Verbo, «non di un verbo

scritto e muto, ma di un Verbo incarnato e vivo». La Parola di Dio adesso è qui tra di noi, «in maniera tale che la si vede e la si

tocca»: Parola «viva ed efficace», unica e personale, che unifica e sublima tutte le parole che le rendono testimonianza. Il

cristianesimo non è «la religione biblica»: è la religione di Gesù Cristo.

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2. FEDE E APOLOGETICA «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo» (1 Pt 3, 15-16)

P. PIZZUTO, Grammatica del cattolicesimo, Coop. S. Tom. - Elledici, Messina - Leumann 2013, 153ss. 2.1. Apologetica nella manualistica preconciliare demonstratio religiosa, christiana, catholica (da P. CHARRON, XVI sec.) motivi di credibilità razionali e storici (miracoli, profezie) analogia entis (principio di somiglianza, di dissomiglianza e di eminenza) 2.2. Il rinnovamento del XX secolo Dall’analogia entis all’analogia fidei

«Abbiamo bisogno di una nuova apologetica, adatta alle esigenze di oggi, che consideri che il nostro compito non consiste nel conquistare argomenti, ma anime, nell'impegnarci in una lotta spirituale, non in una disputa ideologica, nel difendere e promuovere il Vangelo, non noi stessi»: GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai vescovi della Conferenza Episcopale delle Antille, 7 maggio 2002

a) Blondel: apologetica esistenziale o dell’immanenza G. TANZELLA-NITTI, La proposta apologetica di Maurice Blondel (1861-1949): una rilettura del metodo dell’immanenza nel 150° della nascita, in Annales theologici 25 (2011) 45-74 http://www.inters.org/tanzella-nitti/pdf/Blondel_ATH.pdf M. BLONDEL, Lettera sull’apologetica (1896) Superamento dei motivi di credibilità

a) parzialità dei valori etici del cristianesimo: in gado di mostrare il valore dell’uomo non di Dio

b) parzialità della filosofia cristiana: la filosofia può solo porre domande Metodo dell’immanenza: dall’uomo al trascendente M. BLONDEL, L’Action (1893): tre momenti di genesi del soprannaturale: a) insufficienza del mondo rispetto ai bisogni dell’uomo; b) permanenza del desiderio di assoluto; c) risposte appaganti del Cristianesimo b) von Balthasar: via estetica all’apologetica J. VILLAGRASA, L’apologetica in Epilogo di H.U. von Balthasar, in Alpha Omega 14 ( 2011), n. 1, 127-158 http://www.uprait.org/sb/index.php/ao/article/viewFile/387/244 H.U. VON BALTHASAR, Gloria. La percezione della forma Approccio estetico oggettivo: la forma evoca qualcosa d’altro: Cristo manifestazione H.U. VON BALTHASAR Solo l’amore è credibile, 1963 Due riduzionismi dell’apologetica contemporanea:

a) riduzione cosmologica: Cristo ridotto a compimento della religiosità naturale b) riduzione antropologica: Cristo ridotto a compimento dei bisogni dell’uomo

Superamento dei due riduzionismi: via estetica: Cristo è soggetto e misura della rivelazione Cristo in sé: bellezza, amore, gloria: il Tu e la libertà dell’amore La novità del cristianesimo rispetto ai bisogni dell’uomo

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3. FEDE E GIUSTIFICAZIONE B. FORTE, L’eternità nel tempo, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, 160-186 CHIESA CATTOLICA – FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE, Dichiarazione congiunta sulla giustificazione, 31 ottobre 1999 Come l’uomo consegue la salvezza? 3.1 Tra grazia e libertà: tre risposte nella storia della teologia cristiana a) Pelagianesimo (IV-V secolo) il peccato originale non ha realmente contaminato la natura umana; l'uomo è in grado di non peccare da se stesso, senza l'aiuto della grazia; il sacrificio di Gesù ha valore esemplare, non redentivo. Obiezioni di AGOSTINO, De natura et gratia: le condizioni dell’uomo: a) prima della caduta: posse peccare, posse non peccare; dopo la caduta: non posse non peccare; c) dopo la rigenerazione del battesimo: posse non peccare (solo in virtù della grazia); d) nella gloria: non posse peccare b) Lutero: sola gratia, sola fide - Centralità della dottrina della giustificazione : «articulus stantis aut cadentis ecclesiae» (espressione del XVIII secolo, ma simile in M. LUTERO, In XV psalmos graduum (su Sal 130, 4): Weimarer Ausgabe, 40/3, 352, 3); verità «rector et iudex super omnia genera doctrinarum» (M. LUTERO, Die Promotionsdisputation von Palladius und Tilemann [1537]: Weimarer Ausgabe, 39/1, 205) - Dall’esperienza personale: “Chi non è mai stato soggetto alla tentazione non sa che cosa voglia dire la speranza” (M. LUTERO, Tischrede 4777); diversi tipi di tentazione: de indignitate; de praedestinatione; de blasphemiae - La scoperta della iustitia Dei passiva (non activa), sola gratia (in realtà è una dottrina cattolica: DENIFLE): - Da Rm 1,17: “È nel Vangelo che si rivela la iustitia Dei ex fide in fidem, come sta scritto: il giusto vivrà mediante la fede” - Processo dialettico della giustificazione:

a) negazione degli sforzi umani: umiltà e merito, frutto della grazia di Dio (non de condigno, sed de congruo);

b) giudizio di Dio: revelatio sub contraria specie; theologia crucis; cor defensor, Deus accusator e viceversa

c) iustitia Dei: genitivo soggettivo: Dio trionfa sul No dell’uomo; iustitia imputata, extrinseca, passiva: non ex nobis;

- La fede è la iustitia Dei in nobis: - Le opere sono iustitia hominis; ma le opere della fede sono come l’incarnazione della fede. - Simul iustus et peccator (iustus a Deo, peccator ex nobis): senso dinamico-processuale, non statico-ontologico - Ex fidem in fide: mai nella visione, ma sempre nel progresso - Contro l’atto “charitate formatus”: in realtà se l’uomo non è trasformato, l’atto non può essere trasformato dalla carità c) Concilio di Trento Sess. VI, Decretum de iustificatione, cap. 7: DS 1529 - Primato di Dio (prima durante e dopo le opere) Causa finale: gloria Dei et Christi; vita eterna Causa efficiente: Deus misericordosus (1 Cor 6,11), mediante lo Spirito Causa meritoria: Gesù Cristo; meritavit iustificationem pro nobis et satisfecit pro nobis (al posto nostro) Causa strumentale: battesimo Causa formale: iustitia Dei:

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- Lo stato di grazia del giustificato: non solo siamo reputati giusti, ma lo siamo realmente Translatio ab eo statu filiorum Adae in statum gratia et adoptionis filiorum Dei (DS 1524) - Comunicazione della vita teologale (fede speranza carità) nell’atto della giustificazione - La fede: assenso intellettuale e libero, con cui il peccatore “si muove liberamente verso Dio, credendo che è vero tutto quanto è stato rivelato e promesso da Dio, soprattutto che l’uomo colpevole è giustificato da Dio per mezzo della sua grazia (DS 1526) Non solo fede fiduciale - il processo temporale della giustificazione:

1. La preparazione nell’adulto: fede, opere, conversione: ma sempre sostenute dalla grazia (la preparazione non ci merita la grazia)

2. L’esordio: la grazia preveniente, cioè la vocazione gratuita 3. La collaborazione dell’uomo: a) l’accoglienza del dono teologale della fede resta sempre un dono di Dio, che l’uomo può liberamente rifiutare (Lam 5,21: “Convertici a te, Signore, e noi ci convertiremo); b) le opere, ma: “virtus Dei bona opera semper antecedit, comitatur et subsequitur” 3.2. La dichiarazione ecumenica sulla giustificazione (1999) CHIESA CATTOLICA – FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE, Dichiarazione congiunta sulla giustificazione, 31 ottobre 1999 n. 1. Nella Riforma nn. 2-3. Nel dialogo ecumenico dal 1972 n. 4. Bilancio dei dialoghi precedenti nn. 5-7. Nuovi metodi di valutazione I. La Scrittura n. 8. AT: peccato (Sal 51, ecc.); disobbedienza (Gen 3, ecc.); giustizia di Dio (Is 46, ecc.), giudizio di Dio (Qo 12, ecc.) n. 9. NT: diversi modi di intendere la salvezza (Mt 5; 6; 21; Gv 16; Eb 5; Gc 2: giustizia e giustificazione) nn. 10-12: Paolo:

a) salvezza come liberazione, riconciliazione, pace con Dio, nuova creazione, vita, santificazione

b) giustificazione per fede: Rm 3, 23-25: Abramo; Ab 2, 4; Rm 1, 17; Gal 3, 11 c) universalità del peccato d) frutti della giustificazione: perdono, liberazione, comunione con Dio, risurrezione e) permanenza delle tentazioni e della concupiscenza

II. Problema ecumenico n. 13. Consenso su verità fondamentali; superamento delle condanne III. Comune comprensione n. 14. Consenso su verità fondamentali n. 15. Giustificazione: opera trinitaria; per mezzo della grazia; nella fede siamo accettati da Dio, riceviamo lo Spirito, che ci rinnova e ci chiama ad operare il bene n. 16. Universalità della chiamata alla salvezza; fede come dono di Dio, nella Parola e nei sacramenti n. 17. Dono, non merito della misericordia di Dio n. 18. Dottrina della giustificazione come criterio irrinunciabile IV. Spiegazione IV.1. Incapacità e peccato dell’uomo n. 19. sola gratia n. 20. Cattolici: cooperazione come frutto della grazia n. 21. Luterani: cooperazione mere passive; l’uomo può rifiutare e può partecipare all’opera della grazia

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IV. 2. Giustificazione: perdono e azione che rende giusti n. 22. Due atti da non separare: a) Dio non imputa più il peccato; b) Azione di un amore attivo n. 23. Luterani: non imputazione implica assenza di cooperazione umana n. 24. Cattolici: rinnovamento interiore, frutto della grazia IV.3. Giustificazione per fede e per grazia n. 25. a) Fede dal battesimo; b) Fede operosa (ma non guadagnata con le opere) n. 26. Luterani: sola fide: rinnovamento interiore (frutto della grazia) n. 27. Cattolici: rinnovamento interiore, frutto della grazia IV.4. Giustificato e peccatore n. 28. Permanenza del peccato nel giustificato n. 29. Luterani: simul iustus et peccator: ma il peccato non separa da Dio n. 30. Cattolici: eliminazione del peccato, ma permanenza della concupiscenza, che non separa da Dio IV.5. Legge e vangelo n. 31. Rapporto tra legge e vangelo n. 32. Luterani n. 33. Cattolici IV.6. Certezza della salvezza n. 34. Da parte di Dio e da parte dell’uomo n. 35. Luterani: distinzione tra certitudo e securitas: guardare all’opera di Dio n. 36. Cattolici IV.7. Le opere buone n. 37. Valore delle opere n. 38. Luterani: frutto n. 39. Cattolici: merito, frutto della grazia V. Importanza del consenso n. 40. Accettabili differenze di linguaggio, teologie, accentuazioni n. 41. Le condanne non riguardano la situazione attuale n. 42. Le condanne giustificate come “salutari avvertimenti” n. 43. Permanenza di punti controversi n. 44. Ringraziamento finale

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4. FEDE E RAGIONE 4.1. Nella storia GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et ratio, 14 settembre 199 BENEDETTO XVI, Lectio magistralis Fede, ragione e università - Ricordi e riflessioni, 12 settembre 2006, presso l’università di Regensburg (Ratisbona) a) Separazione netta: credo aut intelligo 1 Cor 1,24: la sapienza della croce è stoltezza per il mondo; Teologia apofatica, mistica, teologia riformata - TERTULLIANO De praescr. 7: “Che c’è in comune tra Atene e Gerusalemme, tra l’Accademia e la Chiesa? La nostra scuola è quella del Portico di Salomone. Sta attento a quelli che hanno messo in circolazione un cristianesimo stoico, platonico o dialettico”. Credo quia absurdum: frase falsamente attribuita a Tertulliano [in realtà: De Carne Christi, 5, 4: "Natus est Dei Filius; non pudet, quia pudendum est: et mortuus est Dei Filius; prorsus credibile est, quia ineptum est" ("È nato il Figlio di Dio; non si vergogna, perché v'è da vergognarsi: e il Figlio di Dio è morto: che è del tutto credibile, poiché è del tutto incredibile")]. - Da GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et ratio, 14 settembre 1998, nn. 45-48: allontanamento della ragione dalla fede nell’età moderna (idealismo, positivismo, nichilismo, ecc.) - Da BENEDETTO XVI, Lectio magistralis Fede, ragione e università - Ricordi e riflessioni, 12 settembre 2006, presso l’università di Regensburg (Ratisbona) a) Dialogo tra l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo e un persiano colto (tratto da MANUEL II PALÉOLOGUE, Entretiens avec un Musulman. 7e Controverse, a cura di Th. KHOURY: Sources chrétiennes n. 115, Parigi 1966.): Maometto ha introdotto solo "cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede", ma, secondo Manuele II, ciò è irragionevole e "non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio". b) Teologia cristiana del tardo Medioevo: " nella teologia tendenze che rompono questa sintesi tra spirito greco e spirito cristiano" Duns Scoto: "noi di Dio conosceremmo soltanto la voluntas ordinata. Al di là di essa esisterebbe la libertà di Dio, in virtù della quale Egli avrebbe potuto creare e fare anche il contrario di tutto ciò che effettivamente ha fatto". c) La de-ellenizzazione della fede in “tre onde”: 1) Riforma protestante e Kant; 2) teologia liberale del XIX-XX secolo (da Pascal: Dio dei filosofi e Dio biblico; A. von Harnak: Gesù maestro di morale); 3) “in considerazione dell’incontro con la molteplicità delle culture si ama dire oggi che la sintesi con l’ellenismo, compiutasi nella Chiesa antica, sarebbe stata una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture". b) Unità e identità: credo et intelligo At 17: il discorso di Paolo all’aeropago (fallimento o successo?) Analogia entis Eccessi: Razionalismo, pelagianesimo I. KANT, La ragione entro i limiti della sola ragione - Da GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et ratio, 14 settembre 1998, nn. 36-42: tappe significative dell’incontro tra fede e ragione - Da BENEDETTO XVI, Lectio magistralis Fede, ragione e università - Ricordi e riflessioni, 12 settembre 2006, presso l’università di Regensburg (Ratisbona) Logos greco e biblico: nel Logos (Gv 1: Parola e Dio) c’è "la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia";

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"la fede biblica, durante l'epoca ellenistica, andava interiormente incontro alla parte migliore del pensiero greco” c) Tensione dialettica: credo ut intelligam; intelligo ut credam (fides quaerens intellectum): 1 Pt 3,15: rendere ragione della vostra speranza - Concezioni riduttive: a) fede come assenso intellettuale; b) fede come sentimento religioso privo di contenuto dottrinale - Circolarità fede-ragione AGOSTINO D’IPPONA, Lettera 120 (scritta nel 415 in risposta agli interrogativi di un certo Consenzio, un cristiano delle Baleari, convinto che “la verità deve raggiungersi più con la fede che con la ragione” e che ‘se la dottrina della santa Chiesa potesse comprendersi con la ragione e non col sentimento religioso della fede, nessuno, all’infuori dei filosofi e dei professori, arriverebbe al possesso della felicità”) Agostino risponde che “Lontano da noi il pensiero che Dio abbia in odio la facoltà della ragione, in virtù della quale ci ha creati superiori agli altri esseri animati. Lontano da noi il credere che la fede ci impedisca di trovare o cercare la spiegazione razionale di quanto crediamo, dal momento che non potremmo neppure credere, se non avessimo un’anima razionale. Quando perciò si tratta di verità concernenti la dottrina della salvezza, che non possiamo ancora comprendere con la ragione (ma lo potremo un giorno), alla ragione deve precedere la fede; essa purifica la mente e la rende capace di percepire e sostenere la luce della suprema ragione divina: anche ciò è un’esigenza della ragione! Ecco perché proprio con coerenza razionale il profeta afferma: Se non credete, non comprenderete (Is 7, 9 [sec. LXX]). In questa frase il profeta distingue senza dubbio le due facoltà, consigliandoci anzitutto a credere per poter poi comprendere ciò che crediamo. È quindi un precetto ragionevole che la fede preceda la ragione. Se infatti questo precetto non fosse conforme alla ragione, sarebbe irragionevole, il che non può essere assolutamente. Se dunque è conforme alla ragione che, quando si tratta di supreme verità, le quali non possono conoscersi, la fede preceda la ragione, qualunque sia il ragionamento che ci convince di ciò, anch’esso deve senza dubbio condurre alla fede. - Analogia fidei: da Rm 12,6: chi ha il dono della profezia lo faccia secondo l’analogia della fede: la fede è la misura DV 12: nell’interpretazione dei testi sacri: unità delle Scritture, Tradizione della Chiesa e analogia fidei - ANSELMO, Proslogion: fides quaerens intellectum Sal 13: Lo stolto dice: “Dio non esiste” (punto di partenza della prova “ontologica” dell’esistenza di Dio): la ragione giunge naturalmente alla dimostrazione dell’esistenza di Dio anche senza la fede (cf. anche la prova cosmologica di Tommaso d’Aquino) - Concilio Vaticano I (Cost. Dei Filius): negazione di razionalismo e fideismo: la fede nella conoscenza «il ragionamento può provare con certezza l'esistenza di Dio e l'infinità delle sue perfezioni» (DH 2751) «la prova [della credibilità della fede] tratta dai miracoli di Gesù Cristo, sensibile e lampante per i testimoni oculari, non ha per nulla perso la sua forza e la sua chiarezza di fronte alle generazioni successive» (DH 2753). Non vera l’affermazione che la ragione «non possa acquisire una vera e piena certezza dei motivi di credibilità, cioè di quei motivi che rendono la rivelazione divina evidentemente credibile (évidemment croyable ), come lo sono particolarmente i miracoli e le profezie, e soprattutto la resurrezione di Gesù Cristo» (DH 2768).

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- Da GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et ratio, 14 settembre 1998, nn. 16-20 (cap. II. Credo ut intellegam: i libri sapienziali dell’AT; Rm 1-2); nn. 24-27 (cap. III. Intelligo ut credam: i differenti volti della verità dell’uomo (verificabili, astratte, religiose) - Da BENEDETTO XVI, Lectio magistralis Fede, ragione e università - Ricordi e riflessioni, 12 settembre 2006, presso l’università di Regensburg (Ratisbona) "la fede della Chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esista una vera analogia, in cui (come dice il Concilio Lateranense IV nel 1215) certo le dissomiglianze sono infinitamente più grandi delle somiglianze, non tuttavia fino al punto da abolire l'analogia e il suo linguaggio. Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro ed impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore". Il patrimonio greco, "criticamente purificato", è quindi "una parte integrante della fede cristiana". - J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 37-38: ateismo del credente; fede nell’ateo

CONCILIO VATICANO I, Dei Filius, 24 aprile 1870, Capitolo IV - Della Fede e della Ragione

L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo

quanto al principio, ma anche riguardo all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale,

nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene

proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina. Per questo

l’Apostolo, il quale asserisce che Dio è conosciuto dalle genti attraverso le cose che sono state create, trattando poi della

grazia e della verità che ci sono venute da Gesù Cristo (Gv 1,17), afferma: “Noi parliamo di una sapienza di Dio, misteriosa,

che è nascosta: di una sapienza che Dio ha ordinato prima dei secoli per la nostra gloria, e che nessuno dei principi di

questa terra ha conosciuto. A noi è stata rivelata da Dio per mezzo del Suo Spirito: quello Spirito infatti scruta ogni cosa,

anche le cose profonde di Dio (1Cor 2,7-9). Lo stesso Figlio Unigenito ringrazia il Padre di aver tenuto nascoste queste cose

ai sapienti e di averle rivelate ai pargoli” (Mt 11,25).

Per la verità, la ragione, quando è illuminata dalla fede e cerca diligentemente, piamente e con amore, ottiene, con l’aiuto di

Dio, una certa comprensione dei misteri, già preziosa per sé, sia per l’analogia con le cose che già conosce naturalmente, sia

per la connessione degli stessi misteri fra di loro relativamente al fine ultimo dell’uomo. Essa, però, non è mai in grado di

comprendere tali misteri allo stesso modo delle verità che costituiscono l’oggetto naturale delle proprie capacità conoscitive.

Infatti, i misteri di Dio trascendono per loro natura in modo così elevato l’intelletto creato, che anche se insegnati dalla

Rivelazione e accolti con fede, restano tuttavia coperti dal velo della stessa fede e quasi avvolti nell’oscurità finché in questa

vita mortale noi pellegriniamo lontani dal Signore: giacché noi camminiamo per fede e non per conoscenza (2Cor 5,7).

Ma sebbene la fede sia superiore alla ragione, pure non vi può essere nessun vero dissenso fra la fede e la ragione, poiché il

Dio che rivela i misteri della fede e la infonde in noi è lo stesso che ha infuso il lume della ragione nell’animo umano; Dio

non può quindi negare se stesso, né la verità contraddire la verità. La vana apparenza di queste contraddizioni nasce

soprattutto o perché i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo la mente della Chiesa, o perché false

opinioni sono state considerate verità dettate dalla ragione. Stabiliamo pertanto che ogni asserzione contraria alla verità della

fede illuminata è totalmente falsa . La Chiesa, poi, che insieme con l’ufficio apostolico d’insegnare ha ricevuto pure il

mandato di custodire il deposito della fede, ha da Dio anche il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, affinché

nessuno sia ingannato da una filosofia vana e fallace (Col 2,8). Conseguentemente non solo è vietato a tutti i fedeli cristiani di

difendere come legittime conclusioni della scienza tali opinioni che sono contrarie alla dottrina della fede, specialmente

quando sono state riprovate dalla Chiesa, ma gli stessi cristiani sono assolutamente tenuti a considerarle come errori che

hanno ingannevole parvenza di verità.

La fede e la ragione non solo non possono essere mai in contrasto fra loro, ma anzi si aiutano vicendevolmente in modo che la

retta ragione dimostri i fondamenti della fede e, illuminata da questa, coltivi la scienza delle cose divine, e la fede, dal canto

suo, renda la ragione libera da errori, arricchendola di numerose cognizioni. Pertanto, non è affatto vero che la Chiesa si

opponga alla cultura delle arti e delle discipline umane; anzi, le coltiva e le favorisce in molti modi. Essa non ignora né

disprezza i vantaggi che da esse provengono alla vita umana; anzi dichiara che esse, dato che derivano da Dio, Signore delle

scienze, conducono l’uomo a Dio, con l’aiuto della Sua grazia, qualora siano debitamente coltivate. La Chiesa non vieta

certamente che le diverse discipline si valgano dei propri principi e del proprio metodo, ciascuna nel proprio ambito, ma

mentre riconosce questa giusta libertà, vigila attentamente che esse non accolgano nel proprio interno errori contrari alla

divina dottrina, oppure che, travalicando i propri confini, non occupino né sconvolgano le materie appartenenti alla fede.

La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione filosofica da perfezionare, ma è

stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero

infallibile. Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato,

né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano

dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l’intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia

degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato,

nella medesima affermazione.

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4.2. Implicazioni cristologiche del dialogo fede-ragione: la cristologia filosofica di Xavier Tilliette SIMONE STANCAMPIANO, La cristologia filosofica in Xavier Tilliette, Centro Studi Luigi Pareyson, Trauben, 2007 Tra le opere di Tilliette: Le Christ des philosophes, 1974-1977; Le Christ de la philosophie, 1990 Idea Christi: Cristo è, in noi, l’ a-priori del nostro spirito o della coscienza; l’Uomo perfettamente gradito a Dio (Malebranche, Blondel; Kant, Rahner) Differenza tra filosofia cristiana (concetti) e cristologia filosofica (persona, evento) Necessità della cristologia filosofica: dalle cristologie alla cristologia Dialogo con i non credenti: Cristo exodus della filosofia Fenomenologia del Cristo: le categorie umane che hanno rilevanza filosofica (soggettività, tempo, corporeità, sofferenza, morte, destino, ecc.) Rischi: gnosticismo e riduzione della storia (Schelling: l’idea Christi precede l’incarnazione)

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5. FEDE E SCIENZA LA TEORIA EVOLUZIONISTA NELLA VISIONE DELLA CHIESA

ALFONSO LANGELLA

L’evoluzionismo, teorizzato da Charles Robert Darwin (1809 – 1882), dopo il viaggio attorno al mondo a bordo della nave

Beagle, compiuto dal 1831 al 1836, i cui risultati furono pubblicati in L’origine delle specie per selezione naturale (1859), e poi

estesi all’evoluzione dell’uomo in L´origine dell´uomo e la scelta in rapporto al sesso (1871), a distanza di centocinquant’anni

dalla sua prima formulazione e nella molteplicità delle sue versioni (che si adeguano continuamente grazie all’apporto delle

nuove scoperte dell’embriologia e della genetica, della paleontologia e della biogeografia, come dell’anatomia comparata),

continua a suscitare un acceso dibattito circa il valore teologico, oltre che scientifico e filosofico, che scaturisce dalle sue

conclusioni.

Cosa dice la Bibbia a proposito dell’evoluzionismo?

L’apparente contraddizione tra le tesi delle teorie dell’evoluzionismo e la rivelazione ebraico-cristiana scaturisce dal fatto che la

Bibbia riferisce che Dio creò successivamente tutti i viventi «secondo la loro specie» (cf. Genesi 1, 11-12. 21. 24. 25),

concezione da cui deriva il creazionismo. Tuttavia la Genesi non si esprime nel senso della creatio ex nihilo di tutte le singole

specie viventi, dato che essa dichiara che nei sei giorni della creazione Dio prima comanda che «la terra produca germogli, erbe

da seme e alberi da frutto» (Gen 1, 11-12), poi che «le acque brulichino di esseri viventi» (Gen 1, 20) e che «la terra produca

esseri viventi» (Gen 1, 24); che anche l’uomo, infine, fu creato dal Signore, che lo «plasmò con la polvere del suolo» (Gen 2, 7):

in questo modo non appare estranea alla concezione della Genesi l’idea che la vita sorga da una materia preesistente.

La creazione “dal nulla”, invece, viene affermata per la prima volta nei testi biblici intorno al II secolo a. C. nel Secondo libro dei

Maccabei, allorché una madre ebrea esorta i figli a non tradire la fede davanti alle minacce di morte del tiranno greco e li invita a

confidare nel Dio creatore: «Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha

fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano» (2 Mac 7, 28).

Cosa dice il magistero della Chiesa?

L’evoluzionismo non è mai stato ufficialmente condannato dal magistero della Chiesa, a parte il pronunciamento negativo del

1860 (un anno dopo la pubblicazione dell’Origine della specie) da parte di sei vescovi tedeschi nel sinodo provinciale di Colonia,

che dichiarò la falsità delle nuove teorie, ritenute inconciliabili con i racconti biblici della creazione. Una forte perplessità,

comunque, è apparsa tra i cattolici fino al 1950, quando, finalmente, l’Humani generis di Pio XII (1950)1 riconobbe che

«il magistero della chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e

di discussioni da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche

sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le

anime sono state create immediatamente da Dio)».

Per questo, secondo papa Pacelli, a partire dall’antropologia dualista di matrice greca, che vede l’uomo distinto in anima e corpo,

in linea di principio è possibile affermare che, mentre le anime degli uomini sono create direttamente da Dio, per spiegare

l’origine del corpo umano si possa ricorrere alla teoria dell’evoluzionismo.

In realtà, la Chiesa non ha il compito di decidere della fondatezza scientifica delle scoperte; essa piuttosto deve trarre le

conclusioni teologiche dalle teorie scientifiche, quando – ma secondo molti questo non è ancora il caso dell’evoluzionismo – esse

sono concordemente accettate dalla comunità degli scienziati.

Del problema si sono occupati, anche i papi più recenti, da Paolo VI2 a Giovanni Paolo II

3, fino a Benedetto XVI, che, prima da

vescovo, poi da papa, ha affrontato l’argomento4.

Papa Ratzinger riconosce che la teoria evoluzionistica non è assolutamente in contrasto con la fede in Dio – per cui non esiste un

contrasto tra scienza e fede –, a patto che essa rimanga quello che è, cioè una teoria scientifica, che come tale fornisce una

spiegazione delle “modalità” attraverso le quali hanno avuto origine gli esseri viventi ed è aperta ad ulteriori chiarificazioni e

anche alla possibilità di essere superata eventualmente da altre teorie; essa non deve sconfinare nella filosofia, trasformandosi in

un evoluzionismo metafisico, che presume di dare una spiegazione onnicomprensiva della realtà, rifiutando ogni elemento

1 Pio XII, Enciclica Humani generis, 12 agosto 1950, in AAS 42 (1950) 561-577.

2 Paolo VI, Discorso dell’11 luglio 1966, in Insegnamenti di Paolo VI, IV, LEV, Città del Vaticano 1966, 364-367

3 Giovanni Paolo II, Allocuzione all’Assemblea plenaria dell’Accademia delle Scienze, AAS 85 (1993) 764-772; Idem,

Allocuzione alla Pontificia Commissione Biblica, AAS 86 (1994) 232-243; Idem, Allocuzione alla Pontificia Accademia delle

Scienze, 22 ottobre 1996, AAS 88 (1994): in questo discorso il papa, richiamandosi al Discorso citato di Paolo VI, ribadì che

l’evoluzione non è «una mera ipotesi», ma una «teoria che si è progressivamente imposta all’attenzione della ricerca». 4 Il card. Schönborn, nella prefazione al libro sul Convegno di Castelgandolfo Un convegno con Papa Benedetto XVI a Castel

Gandolfo, a cura di S. O. Horn e S. Wiedenhofer, Bologna, Edizioni Dehoniane, 2007, cita cinque testi di Ratzinger: un intervento

alla Süddeutsche Rundfunk nel 1968, la prefazione a R. Spaemann, R. Löw, P. Koslowski, Evolutionismus und Christentum,

VHC, Weinheim 1986, un discorso alla Sorbona del 27 novembre 1999 e due interventi al Convegno di Castel Gandolfo (si tratta

di un commento alla relazione di Peter Schuster e di un commento a tutte e quattro le relazioni a Castel Gandolfo). A questi si

deve aggiungere il Discorso al clero delle diocesi di Belluno e Treviso, tenuto ad Auronzo nel luglio del 2007, ove riconobbe che

«ci sono tante prove scientifiche in favore dell’evoluzione che appare come una realtà che dobbiamo vedere e che arricchisce la

nostra conoscenza della vita e dell’essere in quanto tale»

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soprannaturale e spirituale: in questo caso esso non si porrebbe solo contro la fede (se negasse l’origine trascendente della realtà e

la dimensione spirituale della vita dell’uomo), ma anche contro la dignità dell’uomo (che sarebbe ridotto a materia e in balia della

casualità delle mutazioni genetiche: se l’irrazionale è all’origine di tutto e non c’è un progetto che dia senso all’esistenza, la

ragione perde di ogni valore poiché essa stessa dipende dall’irrazionale; anche l’etica potrebbe allora essere fondata sui va lori

della sopraffazione e della competizione piuttosto che sulla solidarietà). Al contrario se l’evoluzionismo è assunto come una

teoria scientifica esso produce una migliore comprensione dell’attività creatrice di Dio, il quale può essere pensato non

semplicemente come un artigiano che compie una volta per tutte la sua opera (così come appare nella teoria creazionista), ma

come il pensiero creativo che accompagna in ogni istante in una creazione continua la realtà a cui egli stesso ha dato inizio; ma

lascia intatta anche la dignità della persona umana, capace di sottrarsi al caso e alla necessità delle leggi dell’evoluzione mediante

la sua libertà5.

È possibile conciliare l’evoluzionismo e le altre teorie scientifiche sull’universo con il racconto biblico della creazione?

L’evoluzionismo è solo una delle teorie scientifiche degli ultimi secoli che mettono apparentemente in discussione la verità del

racconto di Gen 1-2. Prima di Darwin anche la struttura eliocentrica del cosmo ipotizzata da Copernico e da Galilei fu contestata

in nome della struttura geocentrica ritenuta presente anche nei racconti biblici; e dopo Darwin, la teoria del «big bang»

sull’origine dell’universo (cosmogonia) e la sua datazione a 13,5 miliardi di anni fa, sembrò annullare definitivamente la

narrazione della creazione di tutte le cose in soli sei giorni (databili, secondo i complicati calcoli di alcuni biblisti ingenui, come

l’arcivescovo anglicano del XVII secolo James Ussher, nel 4004 a. C.).

Occorre, pertanto, domandarsi se e come è possibile conciliare l’evoluzionismo e le altre teorie scientifiche con i dati delle sacre

Scritture. È da escludere, innanzi tutto, la possibilità che esista una «doppia verità», quella scientifica e quella religiosa, ipotesi

formulata proprio all’alba della rivoluzione scientifica del XVI-XVII secolo, ma evidentemente irrazionale. Sono pure da scartare

i tentativi operati da alcuni teologi del passato di “concordare” i dati scientifici con quelli biblici, interpretando, ad esempio, i sei

giorni della creazione come altrettante ere geologiche; così come non sono accettabili alla luce della fede cattolica le posizioni

riduttive di chi considera i racconti della Genesi puramente mitici o poetici, privi cioè della dignità di testi ispirati da Dio. Allo

stesso modo non può presumere di avere validità scientifica né teologica l’ipotesi formulata da qualche decennio negli Stati Uniti

sul «Disegno intelligente», che, facendo leva su alcune delle questioni ancora irrisolte nell’evoluzionismo, introduce l’idea di un

Essere supremo che interviene per guidare l’evoluzione, producendo una profonda confusione tra il piano scientifico e quello

teologico, che devono rimanere distinti, e riducendo Dio ad un tappabuchi, che agisce per correggere gli errori prodotti dal

processo meccanicistico dell’evoluzione6.

La strada che la teologia cristiana oggi percorre, invece, si fonda sull’acquisizione di due premesse: la prima riguarda la

distinzione tra le finalità dell’indagine scientifica e le finalità della rivelazione biblica; la seconda, invece riguarda il significato

del concetto di ispirazione biblica.

Distinzione, non opposizione tra scienza e fede

In primo luogo, dunque, occorre riconoscere che la scienza, non essendo chiamata ad occuparsi del mondo soprannaturale, opera

unicamente all’interno dell’ambito della realtà fenomenica, formulando ipotesi che vengono poi verificate sperimentalmente, ma

che restano falsificabili in qualche punto, in modo da poter lasciare il posto a nuove ipotesi, e consentendo così il progresso della

scienza stessa, che non produce mai dogmi irreformabili. Essa, inoltre, propone risposte esaurienti alle domande sulle “modalità”

in cui opera la natura, oppure sui perché più immediati circa la spiegazione dei fenomeni (le “cause seconde” della filosofia

aristotelica e scolastica), domande del tipo: “come è nato l’universo?”, “come è nata la vita sulla terra?”, “come si è sviluppato

l’uomo?”, “come è fatto il cosmo?”, “perché l’uomo pensa?” eccetera. La teologia, invece, assieme alla filosofia, ma a partire

dalla rivelazione, si rivolge soprattutto alle domande di senso, che riguardano il fine ultimo delle cose, l’”altro perché”, quello

radicale sulle motivazioni profonde dell’esistenza: “perché esisto?”, “perché si nasce se poi si deve morire?”, “perché sento il

bisogno di farmi simili domande?”. Lo stesso Galileo Galilei, profondamente cattolico, benché costretto a rinnegare le sue tesi,

riferendosi un’espressione del cardinale Cesare Baronio spiegava a coloro che ritenevano che le sue scoperte contraddicessero i

dati biblici che «la Bibbia vuole dirci come si vada ai cieli, non come vadano i cieli».

Per questo le risposte della scienza sono complementari a quelle della teologia e non in opposizione: l’evoluzionismo, il «big

bang» e le teorie sulla struttura dell’universo, spiegano “come” è fatto il mondo, mentre la rivelazione biblica, che è oggetto della

riflessione teologica spiega “perché” esiste il mondo. Ecco perché se esistono scienziati evoluzionisti atei, per i quali

l’evoluzione si situa «come un lampo fra due nulla», ci sono anche validi evoluzionisti credenti, come, ad esempio, Francisco

Ayala o Francio Collins, oltre al famoso gesuita Theilard de Chardin (1881-1955) che scorgono un finalismo nell’evoluzione,

rivelatore del senso che Dio ha dato alla storia dell’universo con la quale interagisce.

Il concetto di ispirazione biblica

L’altra questione riguarda il concetto di ispirazione biblica. Se la Bibbia è parola di Dio e, dunque, non può sbagliare, come si

5 Cf. l’intervento di G. Auletta, «La riflessione di Joseph Ratzinger sull’evoluzionismo», al Convegno svolto dal 3 al 7 marzo

2009 a Roma su «L’evoluzione biologica: fatti e teorie – Una valutazione critica 150 anni dopo l'Origine delle specie, di Charles

Darwin», organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana e dalla Notre Dame University. 6 Nel 1981 il governatore dell’Arkansas, con l’Atto 590 aveva stabilito l’obbligo di insegnare nelle scuole l’equivalenza sul piano

scientifico di creazionismo ed evoluzionismo: la teoria del Disegno intelligente veniva proposta per dare validità scientifica alle

affermazioni religiose. Ma nel 1982 l’atto fu dichiarato illegittimo, proprio perché il creazionismo non può essere considerato

un’ipotesi scientifica, poiché presuppone principi metafisici nella spiegazione della realtà.

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può affermare che il mondo non sia stato creato in sei giorni o che l’uomo non sia stato plasmato dalla polvere?

In realtà, come afferma il Concilio Vaticano II nella Costituzione su «La divina rivelazione», i testi sacri, pur trasmettendo la

parola di Dio, sono stati scritti da «uomini nel pieno possesso delle loro facoltà e delle loro capacità», che hanno agito «come veri

autori»,7 con le conoscenze relative al tempo in cui essi operarono. Dio non ha attuato una sorta di “dettatura verbale” delle cose

che intendeva rivelare, ma, secondo il principio della “condiscendenza”, ha consentito agli uomini di esprimere le verità da lui

ispirate con il linguaggio limitato che essi possedevano. Il testo del documento del Concilio continua affermando che «poiché

tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi affermano è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza,

che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse

consegnata nelle sacre Scritture»8: Dio, dunque, non ha voluto farci conoscere verità scientifiche, lasciando all’uomo la libertà di

progredire nella ricerca delle meraviglie dell’universo e dell’uomo; Egli, piuttosto, mediante le Scritture, ha voluto rivelarci ciò

che serve «per la nostra salvezza», perché la nostra vita abbia un senso.

Così non si devono cercare nella Bibbia le conferme o le smentite alle teorie scientifiche che di volta in volta l’uomo è capace di

elaborare, ma si deve riconoscere che Dio, nella sua misericordia, ha voluto darci le «buone notizie» che illuminano la nostra

esistenza.

Ad esempio, ci ha rivelato che Egli è all’origine di tutte le cose, indipendentemente da come le ha fatte e continua a farle, per

indicarci che anche nei momenti dell’angoscia e della solitudine possiamo ricordarci che esistiamo non perché siamo frutto del

caso, ma perché Uno ci ha voluti, e anche se la mia nascita fosse stata originata da uno “sbaglio” dei miei genitori e anche se tutti

mi abbandonassero, Egli continua ad amarmi da Padre. Inoltre, ci ricorda che il mondo nel quale viviamo è «cosa buona/bella»

(Gen 1, 4. 10. 12. 18. 25. 31), che l’uomo è chiamato a custodire e curare per conservarne la bellezza. Infine, ci ha mostrato che

l’uomo ha una dignità altissima nella creazione: la Bibbia afferma che egli è l’unico ad essere creato da Dio «a sua immagine e

somiglianza» (Gen 1, 27) e questo ci induce a rispettare la dignità di ogni persona, senza alcuna discriminazione, a riconoscere

l’immenso valore dei doni che il Padre fa all’uomo, ad accettare che anche nell’uomo più malvagio resta impressa questa

nascosta santità originaria che deve venire fuori, ad ammettere che tutti gli esseri umani sono legati da una connaturata

solidarietà. Anche i tempi lunghissimi trascorsi dall’inizio della creazione all’apparire della vita (circa 4,5 miliardi di anni fa) e,

poi, all’apparire dei primi esseri umani della specie Homo sapiens sapiens (circa 40.000 anni fa), lungi dallo svilire il valore

dell’uomo nella creazione – come riteneva, ad esempio, Benedetto Croce, che contestava a Darwin di sostenere «la vergogna di

origini animalesche» dell’umanità – rivela la cura amorevole, l’attenzione sapiente, l’eterna potenza, la lunga preparazione di Dio

nel produrre il capolavoro tra tutte le sue opere:

«Se guardo la luna, il cielo e le stelle,

che cosa è l’uomo, perché tu, o Signore, ti ricordi di lui?

Eppure lo hai fatto poco meno degli angeli,

lo hai rivestito di onore e di gloria» (dal Salmo 8).

7 Concilio Vaticano II, Costituzione Dei Verbum, 18 novembre 1965, n. 11

8 Ibidem.

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II. QUESTIONI DI CRISTOLOGIA SISTEMATICA 1. LA RICERCA SULLA STORICITÀ DI GESÙ CF. B. FORTE, Gesù di Nazaret, storia di Dio, Dio della storia, Paoline, Roma 1981, 103-112; oppure E. SCOGNAMIGLIO, Il problema del Gesù storico e il Cristo del Kerigma. Questioni di teologia fondamentale, in Asprenas 47 (2000) 43-74 ANDREA NICOLOTTI, Il Gesù della storia: http://www.christianismus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=36 (8 pagine: La vecchia ricerca su Gesù (1778-1906); Il Gesù della storia e il Cristo della fede; La nuova ricerca sul Gesù storico (1953-1975); La terza ricerca sul Gesù storico; Fonti e criteri di storicità; Osservazioni conclusive; Bibliografia; Collegamenti 1.1. La vecchia ricerca (old quest) su Gesù (1778-1906) SAMUEL REIMARUS, Apologia degli adoratori razionali di Dio, pubblicata postuma da Gotthold Ephraim Lessing in sette frammenti, uno dei quali era intitolato Dello scopo di Gesù e dei suoi discepoli. Un altro frammento dell’anonimo di Wolfenbüttel (1778) (in I frammenti dell'Anonimo di Wolfenbuttel pubblicati da G. E. Lessing, Napoli, Bibliopolis, 1977). Distinzione tra lo scopo di Gesù (messia politico fallito) e lo scopo dei suoi discepoli (invenzione della risurrezione): distinzione tra il Gesù della storia e il Cristo della fede Leben Jesu Forschung: le vite di Gesù GEORG W. F. HEGEL, Das Leben Jesu. Aus Hegels teologischen Jugendschriften nach den handschriften der Kgl. Bibliothek in Berlin, (1795) Tübingen, Mohr, 1907; trad. ital. Vita di Gesù, Roma, Newton Compton, 1995; Brescia, Queriniana, 2001. Anche DAVID F. STRAUSS (1835), ERNEST RENAN (1863): Gesù moralista, prototipo dell'umanità, artista geniale della parola, amico dei poveri e riformatore sociale. 1.2. Critiche alla old quest MARTIN KÄHLER (1892) Il cosiddetto Gesù storico e l’autentico Cristo biblico (Der sogenannte historische Jesus und der geschichtliche, biblische Christus) Concezione razionalista della storia: historie e geschichte ALBERT SCHWEITZER, Von Reimarus zu Wrede. Eine Geschichte der Leben-Jesu-Forschung, Tübingen, Mohr, 1906: Precomprensioni che viziano l’obiettività RUDOLF BULTMANN, Nuovo Testamento e Mitologia (1941): kerigma non biografia; teologia non storia; Cristo per noi non Cristo in sé Demitizzazione; fede postpasquale dei discepoli Critiche a Bultmann: rinuncia totale a qualunque collocazione storico-cronologica degli avvenimenti relativi all'uomo Gesù: non c'è dubbio che la sua figura sia stata in una certa misura idealizzata dagli evangelisti, ma poneva e pone tuttora obiettive difficoltà pensare che questa idealizzazione sia stata talmente radicale da far scomparire totalmente un personaggio dalla storia a non molto tempo di distanza dalle sue vicende. Reazione di GIUSEPPE RICCIOTTI, Vita di Gesù, 1941 3. La nuova ricerca (new quest) sul Gesù storico (1953-1975) Reazione a Bultmann: riunione di suoi ex-allievi di Marburgo (1953) ERNST KÄSEMANN, Il problema del Gesù storico (1953); Saggi esegetici Tre tesi: 1) Bultmann riduce il cristianesimo a mito astorico; docetismo; 2) i vangeli rivelano l’interesse della Chiesa primitiva alla storicità; 3) esiste identità tra Gesù terreno e Signore risorto. Criteri per risalire al Gesù storico.

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JAMES ROBINSON, A New Quest of the Historical Jesus, London, SCM, 1959 (trad. ital. della II edizione tedesca (1967) Kerygma e Gesù storico, Brescia, Paideia, 1977): l’inizio GÜNTHER BORNKAMM, Jesus von Nazareth, Stüttgart, Kohlhammer, 1956; trad. ital. Gesù di Nazaret, Torino, Claudiana, 1977: tesi completa H. RISTOW – K. MATTHIAE (a cura di), Das historische Jesus und der kerygmatische Christus, Berlin, Evangelische Verlagsanstalt, 1960: contenente saggi di J. Jeremias, J. L. Hromàdka, N. A. Dahl, B. Reicke, P. Althaus, O. Cullmann, W. Grundmann, O. Michel, W. Michaelis, H. Riesenfeld, L. Goppelt, G. Delling: alla ricerca del nucleo storico dei vangeli RENÉ LATOURELLE L’accès à Jésus par les Evangiles, histoire et herméneutique, Tournai, Desclée, 1978; trad. ital. A Gesù attraverso I Vangeli Assisi, Cittadella 1988 FRANCESCO LAMBIASI L’autenticità storica dei Vangeli, Bologna, EDB, 1976, 21986; Gesù di Nazaret. Una verifica storica, Casale, Marietti, 1983 LEONHARD GOPPELT, Theologie des Neuen Testaments, Gottingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1976; trad. ital. Teologia del Nuovo Testamento, Brescia, Morcelliana, 1982-1983: integrazione tra il ministero terreno di Gesù e il kérygma 1.3. La terza ricerca (third quest) sul Gesù storico (dalla fine del XX secolo) Cf. G. SEGALLA, Sulle tracce di Gesú, Cittadella, Assisi 2006, 326-357; G. SEGALLA, Recensione a Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. IV. Legge e amore, Brescia, Queriniana, 2009, in Studia Patavina 48 (2001) 510 Third quest: espressione coniata da S. NEILL – T. WRIGHT, The Interpretation of the New Testament, Oxford, Oxford University Press, 1988, 379 - Tre critiche alla new quest: a) eccessiva analiticità e importanza della storia delle forme; b) eccessiva importanza ai criteri di dissomiglianza di Gesù dall’ambiente giudaico e dalla Chiesa; c) enfasi sul kerigma - Contro la tendenza a negare (nella Old Quest) o demitizzare (New Quest) i racconti miracolosi: attenzione alla loro percezione popolare. - Fiducia sui vangeli canonici rispetto alle altre fonti. GEZA VERMES, studioso ebreo: Jesus the Jew, London, Collins, 1973 (trad. ital. Gesù l’ebreo, Milano Borla, 1983); Jesus and the World of Judaism, London, SCM, 1983; The Religion of Jesus the Jew, London, SCM, 1993; I volti di Gesù, Milano, Bompiani, 2000. Fondatezza dei racconti evangelici; assenza di escatologia nella predicazione di Gesù Gesù come i rabbi carismatici, in particolare Honi e Hanina ben Dosa, ma superiore ad essi. ED PARISH SANDERS, Jesus and Judaism, London, SMC, 1985 (trad. ital. Gesù e il giudaismo, Genova, Marietti, 1992); The Historical Figure of Jesus, London, Allen Lane, 1993 (trad. it. Gesù, la verità storica, Milano, Mondadori, 1995) Gesù e la speranza escatologica ebraica dell’intervento di Dio per la restaurazione di Israele Storicità della predicazione escatologica e della rivendicazione messianica di Gesù (in opposizione a Vermes e simile ad A. Schweitzer) JOHN DOMINIC CROSSAN e ROBERT W. FUNK, fondatori del Jesus Seminar, nel 1985 (gruppo di biblisti americani le cui ricerche tendono a misurare il grado di storicità dei detti di Gesù: metodo delle palline diversamente colorate) The Five Gospels: What Jesus Really Said New York, MacMillan, 1993 (il quinto vangelo è quello di Tommaso): i risultati del Jesus Seminar

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l’82% dei detti attribuiti a Gesù non fu realmente pronunciato da Gesù, che appare come un predicatore dell’avvento storico di un regno etico-sapienziale JOHN DOMINIC CROSSAN, Jesus. A Revolutionary Biography, San Francisco, Harper, 1994 (trad. ital. Gesù. Una biografia rivoluzionaria, Firenze, Ponte alle Grazie, 1994): Gesù rivoluzionario sociale e femminista, mago, antigiudaico, antiescatologico Epigono peggiore della Third quest: nella pubblicistica (es. Stigmate, che si rifà all’idea del quinto vangelo presentata dallo Jesus Seminar). JAMES D.G. DUNN, Christianity in the Making, vol. I: Jesus Remembered, Eerdmans, Grand Rapids, 2003 (trad. ital. La memoria di Gesù. 1 Fede e Gesù storico; 2 La missione di Gesù; 3 L’acme della missione di Gesù, Brescia, Paideia, 2006-2007) Nei vangeli non compare il Gesù storico, ma il Gesù “ricordato” dalla comunità primitiva Continuità di fede tra la memoria prepasquale e la proclamazione postpasquale della comunità JOHN P. MEIER, sacerdote cattolico americano A Marginal Jew. Rethinking the Historical Jesus, New York, Doubleday, 1991(trad. ital. Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, Brescia, Queriniana, 2001) volume 1: The Roots of the Problem and the Person, 1991 (Le radici del problema e della persona, Brescia, Queriniana, 2006 Parte prima: Le radici del problema (I Concetti fondamentali: il Gesù reale e il Gesù storico, II Fonti: i libri canonici del nuovo Testamento; III Fonti: Flavio Giuseppe; IV Fonti: altri scrittori pagani e giudei; V Fonti: gli agrapha e i vangeli apocrifi; VI Criteri: come determinare ciò che proviene da Gesù?; VII Conclusioni della prima parte: perché affannarsi? L'importanza della ricerca del Gesù storico) Parte seconda: La radici della persona (VIII In principio...Le origini di Gesù di Nazaret; IX Nel frattempo...Parte I: lingua, educazione e condizione socioeconomica; X Nel frattempo...Parte II: famiglia, stato civile e stato laicale; XI "Nel quindicesimo anno...". Una cronologia della vita di Gesù - La Palestina la tempo di Gesù - La Galilea durante il ministero di Gesù - La famiglia di Erode il Grande - Anni di regno dei principes (imperatori romani) - Primato degli scritti canonici sulle altre fonti - I criteri: 1. Criterio dell’imbarazzo (o contraddizione): È molto improbabile che la Chiesa abbia creato qualcosa che le causasse imbarazzo. (ad esempio, il battesimo di Gesù da parte di Giovanni). 2. Criterio della discontinuità (o dissomiglianza o originalità o doppia irriducibilità): Sono da ritenersi storicamente autentici i dati evangelici non riconducibili né alle concezioni del giudaismo, né al linguaggio, alla prassi e al pensiero della Chiesa delle origini. 3. Criterio della molteplice attestazione: È da considerare probabilmente storico ciò che è attestato unanimemente da più tradizioni neotestamentarie (e/o non neotestamentarie) o che si può ritrovare presente in più forme differenti (narrazioni, controversie, discorsi, ecc.). 4. Criterio della coerenza (o concordanza): Sono considerati probabilmente autentici i detti o le azioni conformi all'ambiente o all'epoca di Gesù e coerenti con il suo insegnamento, la sua prassi e la sua immagine in generale. 5. Criterio di spiegazione necessaria (o sufficiente): Sono probabilmente storici quegli elementi la cui autenticità è necessario riconoscere per comprendere altri elementi storicamente accertati. Ad esempio, il motivo per cui Gesù fu sottoposto al supplizio capitale (qualcuno parla di un apposito criterio del rifiuto e dell'esecuzione): 6. Criterio di plausibilità storica degli effetti esercitati da Gesù sulla tradizione e del contesto storico in cui egli ha operato. - Fedeltà alla prospettiva storico-filologica (non demitizzazione, né apologetica) - Rifiuto di alcuni dati: la nascita a Betlemme come un teologumeno (idea teologica raccontata come fatto storico): Gesù nasce probabilmente a Nazaret; i 'fratelli di Gesù' come fratelli di carne rinuncia ad affrontare il problema della storicità della resurrezione,

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volume 2: Mentor, Message, and Miracles, 1994 (Mentore, messaggio e miracoli, 2003) - Influsso di Giovanni Battista su Gesù (penitenza, giudizio, battesimo); - Centralità del messaggio sull’avvento del Regno - Storicità dei miracoli (dalla tradizione orale): scopo pedagogico dei miracoli volume 3: Companions and Competitors, 2001 (Compagni e antagonisti, 2007) - Seguaci: folle, discepoli, dodici (comunità strutturata in tre cerchi concentrici) - Antagonisti: farisei, sadducei, esseni e quamraniti, samaritani, scribi, erodiani, zeloti volume 4, Law and Love, 2009 (Legge e amore, 2009) - Il Gesú storico è il Gesú halakhico - Gesú non rinnega né accoglie la Legge: relazione complessa (abroga, discute, è indifferente) c. 31: Gesú e la Legge – ma che cos’è la Legge? c. 32: abrogazione della legge sul divorzio (come a Qumran) c. 33 abrogazione delle norme sui giuramenti (come un profeta escatologico) c. 34: complessità della questione del sabato (storicità di Mc 2,27: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato», come Rabbi Simeon nella Mekhilta, dell’epoca tannaitica, II secolo d.C) c. 35: indifferenza sulle leggi di purità (Mc 7,1-23: «rendendo così puri tutti i cibi» c. 36: i comandamenti dell’amore di Gesú: a) storicità del duplice comandamento dell’amore nel vangelo di Marco (Mc 12,28-34); b) storicità del comandamento di amare i nemici nella tradizione Q (Mt 5,44b/Lc6,27b) con analogie solo nell’ambiente ellenistico stoico; c) il comando dell’amore reciproco nella tradizione giovannea (Gv 13,34-35; 15,17), riflessione creativa dell’evangelista volume 5: in preparazione:

Critiche alla Third question: a) assenza di una prospettiva unitaria b) sopravvalutazione del Vangelo di Tommaso e di un Gesù quasi «gnostico», puramente sapienziale c) rifiuto della dimensione escatologica, storico-salvifica e cristologica: ritorno alla Leben Jesu Forschung d) motivazioni ideologiche: - neo-positivismo (E.P. Sanders); teologia della liberazione (M.J. BORG, Conflict, Holiness and Politics in the Teachings of Jesus, New York, Edwin Mellen Press, 1984; IDEM, Jesus, a new Vision. Spirit, Culture, and the Life of Discipleship, San Francisco, Harper, 1987; DOUGLAS E. OAKMAN Jesus and the Economic Questions of his Day, Lewiston, Edward Mellen Press, 1986; RICHARD A. HORSLEY, Sociology and the Jesus Movement, New York, Crossroad, 1989; Jesus and the Spiral of Violence. Popular Jewish Resistance in Roman Palestine, Minneapolis, Fortress, 1993); - giudaismo (E.P. SANDERS); - scarso giudaismo(J. D. CROSSAN); - magismo (MORTON SMITH, Jesus the Magician, San Francisco, Harper, 1978; trad. ital. Gesù mago, Roma, Gremese, 1990); - Gesù taumaturgo ed esorcista (G. VERMES); - dimensione sapienziale prevalente su quella escatologica (F. GERALD DOWNING, Jesus and the Threat of Freedom, London, SCM, 1987; J.D. CROSSAN); - Gesù profeta escatologico (BEN F. MEYER, The Aims of Jesus, London, SCM, 1979; E. P. SANDERS, J. CHARLESWORTH) - rivoluzionario prozelota (SAMUEL G. F. BRANDON, Jesus and the Zealots. A Study of the Political Factor in Primitive Christianity, Manchester, Manchester University Press, 1967; trad. ital. Gesù e gli Zeloti, Milano, Rizzoli, 1983) - pacifista vittima dell’oppressione - Gesù come un Rabbi (FLUSSER, Jesus, BRUCE D. CHILTON A Galilean Rabbi and his Bible. Jesus' Use of the Interpreted Scripture of his Time, Wilmington, Glazier, 1984; Jesus in Context. Temple,

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Purity and Restoration, Leiden, Brill, 1997) o un fariseo illuminato (HARVEY FALK, Jesus the Pharisee. A new Look at the Jewishness of Jesus, New York, Paulist Press, 1985), o un filosofo cinico (F. G. DOWNING, BURTON L. MACK, A Myth of Innocence. Mark and Christian Origins, Philadelphia, Fortress, 1991; J.D. CROSSAN).