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I MAESTRI DEL DESIGN ACHILLE CASTIGLIONI (1918-2002) Nasce a Milano da una solida famiglia borghese, il padre scultore e medaglista presso la fonderia Johnson ( alcune opere: sacrario del Monte Grappa , Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, fontana di San Francesco a Milano in piazza Sant’Angelo, uno dei principali artefici del sacrario di Redipuglia), la madre figlia di un preside di un famoso liceo di Monza. E’ il terzogenito, gli altri fratelli sono Livio e Piergiacomo, i fratelli maggiori gli apriranno la strada verso un futuro d’architetto. I fratelli Castiglioni sono considerati tra i principali artefici del Design italiano, infatti produrranno alcuni tra i pezzi più importanti della storia del design. Con loro è nato il GOOD DESIGN, un sodalizio professionale e creativo tra architetti ed industriali che sta alla base del successo e della diffusione del design italiano. Ricordiamoci che il design fino ad oggi è fondamentale per l’evoluzione di una azienda. Design significa progetto ed il progetto è il risultato di una lunga serie di comportamenti che vanno dal direttore d’industria fino all’ultimo operaio per approdare alla vendita per cui bisogna tener conto anche del significato economico. Già da bambino era un collezionista di oggetti privi di valore ma che lo incuriosivano per la forma. Si laurea nel 1944, durante una licenza militare, con spirito si definiva “laureato di guerra”, diceva:

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I MAESTRI DEL DESIGN

ACHILLE CASTIGLIONI

(1918-2002)

Nasce a Milano da una solida famiglia borghese, il padre

scultore e medaglista presso la fonderia Johnson ( alcune opere:

sacrario del Monte Grappa , Famedio del Cimitero Monumentale di

Milano, fontana di San Francesco a Milano in piazza Sant’Angelo,

uno dei principali artefici del sacrario di Redipuglia), la madre figlia

di un preside di un famoso liceo di Monza.

E’ il terzogenito, gli altri fratelli sono Livio e Piergiacomo, i

fratelli maggiori gli apriranno la strada verso un futuro d’architetto.

I fratelli Castiglioni sono considerati tra i principali artefici del

Design italiano, infatti produrranno alcuni tra i pezzi più importanti

della storia del design.

Con loro è nato il GOOD DESIGN, un sodalizio professionale e

creativo tra architetti ed industriali che sta alla base del successo e

della diffusione del design italiano. Ricordiamoci che il design fino

ad oggi è fondamentale per l’evoluzione di una azienda. Design

significa progetto ed il progetto è il risultato di una lunga serie di

comportamenti che vanno dal direttore d’industria fino all’ultimo

operaio per approdare alla vendita per cui bisogna tener conto

anche del significato economico.

Già da bambino era un collezionista di oggetti privi di valore ma

che lo incuriosivano per la forma. Si laurea nel 1944, durante una

licenza militare, con spirito si definiva “laureato di guerra”, diceva:

“Mi sono laureato non per bravura ma perché stavano arrivando i

bombardamenti a Milano e quindi in fretta e furia mi hanno

laureato”.

Decise di fare l’architetto perché essendo nato nell’ambiente è

stato coinvolto, ed anche perché questo lavoro le permetteva di

“giocare” collezionando oggetti legati all’uso e ai comportamenti,

ognuno con una caratteristica da poter “succhiare e rielaborare”.

Inizia la carriera di architetto presso la ditta AZUCENA, l’unica

che in quel periodo produceva arredi e oggetti di design.

Storicamente il periodo è influenzato ancora dai Futuristi.

Siamo nel dopo-guerra, questa ha fatto tabula rasa con i

bombardamenti, un periodo favorevole per i giovani architetti; il

“miracolo economico”, la rinascita industriale, l’avvento della

società dei consumi sono un trampolino di lancio per “pensare in

grande”.

“Lasciateci divertire” dicevano i FUTURISTI Milanesi,

scandalosi, irriverenti, anche un po’ pessimisti perché non

vedevano costruire “Cattedrali”, ma ciò che nasceva aveva un

aspetto “Orizzontale”, (poco stimolante) essendo l’industria

arretrata e gli artigiani poco propensi ad accettare i ritmi della

nuova idea produttiva. Praticamente non credevano che il

progresso tecnico potesse portare alla MODERNITA’.

Anche con Castiglioni c’è un paesaggio orizzontale fatto di tanti

oggetti non invadenti ma sapientemente progettati.

L’oggetto è fine a se stesso ed al suo uso, come è stato con il

RADIORICEVITORE 547 che non si nasconde più sotto un falso

mobile ma ha una sua identità.

Achille Castiglioni con i fratelli fondò l’ASSOCIAZIONE PER IL

DISEGNO INDUSTRIALE, nel 1955 fu premiato con il Compasso

d’Oro per la progettazione della lampada LUMINETOR che è

l’esempio della semplificazione e del riutilizzo degli oggetti esistenti.

Dal 1980 al 1993 occupa la cattedra di Disegno Industriale

prima a Torino poi a Milano.

Lavora sempre allo Studio sino al 2002 dove una caduta gli sarà

fatale.

Dal 2006 lo studio dei fratelli Castiglione, in piazza Castello 27,

con un accordo tra gli eredi e la Triennale è diventato “LO STUDIO

MUSEO ACHILLE CASTIGLIONI”, il Museo è aperto a tutti i visitatori

e costituisce una testimonianza della progettazione italiana ed è un

patrimonio disponibile al pubblico, è stato il laboratorio magico da

cui sono usciti progetti di design, invenzioni luminose, storici

allestimenti, oggi è un prezioso archivio.

All’interno esiste una collezione di strumenti che sono diventati

l’ispirazione per le “cose reinventate”, una ricerca nell’oggetto di

significati più interessanti, più vicini al comportamento delle

persone.

Il metodo del RIDISEGNO è stata una progettazione tipica di

Achille Castiglioni, la progettazione iniziava dall’osservazione di

cose esistenti per darle una nuova vita e funzione, una sorta di

razionalismo che insegnava all’industria la semplicità

dell’artigianato.

- MEZZADRO (1957) = il sedile del trattore diventa uno sgabello

- LAMPADA TOIO (1962) = è composto da un faro da 300 di un

automobile americana, il filo che scende si fissa al sostegno

con gli anelli di una canna da pesca, la base è formata da

profili ad elle che sostengono un trasformatore

- SEDUTA SELLA (1957) = seduta da corridoio quando i telefoni

erano a muro, così conversando scomodi le telefonate erano

più brevi ! Formata da un sellino da bicicletta basculante su

un’asta.

Nel campo dell’arredamento Achille Castiglione cerca di

costruire ambienti vissuti con pezzi di design contemporaneo in

alternativa a quelli “in Stile” che dominavano il mercato,

mettendo in evidenza le caratteristiche di una “casa abitata”,

dove oggetti indispensabili, necessari o graditi, disegnati o

anonimi si mescolano e si contrappongono dando alla casa un

bagaglio affettivo e culturale.

I risultati progettuali sia nell’ambito dell’arredamento sia in

quello dell’oggetto ancora oggi stupiscono per l’invenzione,

l’eleganza, anticipano di 40 anni il Minimalismo e rimangono dei

punti fermi per ogni progettista e per chiunque si avvicini alla

storia del design.

- RADIOFONOGRFO BRIONVEGA (1965) = un oggetto

tecnologico diventa “amichevole ”con un aspetto morfologico ,

innovativo perché è stereofonico, su rotelle, si compone e si

scompone liberamente.

- POLTRONA SAN LUCA (1960) = tipico esempio di una

dinamicità pronta per una catena di montaggio (non ancora

matura ma in via di formazione), infatti gli elementi che la

compongono sono indipendenti e si possono montare in serie

come un’automobile. Altresì ha una linea a serpentina

morbida e seducente. Scherzando Castiglioni diceva: “Sembra

Liberty, così freghiamo la signora che compra un pezzo nuovo

credendolo antico”.

- LAMPADA LUMINETOR (1955) = un pezzo anticipatore del

minimalismo

- LAMPADA SPLUGEN BRAU (1960) = l’ispirazione fu uno

stampo per budino

- LAMPADA TACCIA (1962) = fatta in tre pezzi che poggiano

uno sull’altro indipendentemente

- LAMPADA ARCO (1962) = un’idea di libertà spaziale

- LAMPADA PARENTESI (1971) = proposta al pubblico in un kit

d’imballaggio trasparente con maniglie per il trasporto

Achille Castiglioni ha progettato molte lampade per la ditta

FLOS tanto è vero che la ditta ha fatto del volto di Achille una

sorta di logos.

- RAMPA (1965) = mobile su ruote ispirato dagli espositori

stradali dei fioristi, diventa contenitore, libreria, scrivania

- TAVOLINO CUMANO (1977) = un esempio di ridisegno, un

tavolino in metallo da bistrot parigino portato dalla strada alla

casa , piegato ed appeso al muro perché non ingombri

- JOI (1990) = mobile a ripiani rotanti che permettono un

multiuso, scala, sgabello, scrivania, libreria

Diceva Achille Castiglioni: “Se non siete curiosi, lasciate

perdere, “andate a scopare il mare”. Se non vi interessano gli

altri, ciò che fanno e come agiscono, allora quello del design

non è un mestiere per voi. Continuate e fare questo lavoro

finchè ci si diverte, nel momento in cui si smette di

divertirsi…”chiudere , andare a casa!”.

Un buon progetto nasce non dall’ambizione di lasciare un

segno, ma dalla volontà di instaurare uno scambio, anche

piccolo, con chi l’userà.

L’obiettivo è comunicare ad altri messaggi di curiosità,

divertimento ed anche affetto, perché un progetto ci mette in

intima comunicazione, anche se per breve tempo, con

sconosciuti.

I MAESTRI DEL DESIGN

GIO PONTI –

Il maestro della leggerezza

(1891-1979)

Giovanni detto Gio, nato a Milano, proveniva da una famiglia

alto-borghese, suo padre ricopriva un ruolo manageriale alla

Edison. Sin da adolescente rivelò un talento artistico che lo avvicinò

alla pittura, in ogni caso obbedendo alla volontà dei genitori si

iscrisse alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, ritenuta

più solida come professione.

La sua personalità era caratterizzata da una grande calma,

circospezione, gentilezza, catturava le persone con il suo humour e

il suo radioso e disarmante sorriso. L’ospitalità di Ponti era

leggendaria la sua casa era aperta a tutti i rappresentanti dell’arte

e della cultura. Sposato a Giulia Vimercati (aristocratica milanese) è

stato legato a lei per più di 50 anni di “litigiosità” quando lei

spostando e riordinando le opere e i mobili faceva “danni cosmici”

posizionandoli in modo sbagliato.

Grande comunicatore era uno degli italiani più conosciuto al suo

tempo.

In quell’epoca la scena artistica del Nord Italia era influenzata

dall’imprevidibilità del FUTURISMO e dalla classicità della

METAFISICA. Un periodo di profonda incertezza che rispecchiava la

società italiana incerta tra progresso e tradizione, ma non si hanno

notizie che Ponti fosse coinvolto da queste avanguardie.

Il movimento del FUTURISMO si formò nel 1909, chi sono i

Futuristi:

- Intellettuali, hanno un atteggiamento sdegnoso nei confronti

dei valori classici e tradizionali, ricercano l’originalità a tutti i

costi e l’irrazionalità.

Il capo storico fu Marinetti pubblicando sul Figaro il

MANIFESTO che esaltava il dinamismo. (ricordiamo Severini-

Balla-Carrà, questo si distaccherà dal movimento dopo aver

incontrato De Chirico e diventerà Metafisico).

L’amore per il pericolo, la guerra, il culto per il coraggio, la

velocità, la lotta contro le cose del passato, l’aggressività,

inducono Mussolini a considerare il Futurismo ARTE DI REGIME

(nonostante l’irregolarità politica di MARINETTI che pur

essendo un suo grande amico, si permette iniziative

antifasciste come la liberazione di Ferruccio Parri da Lipari).

Successivamente Marinetti si allontanerà dal Fascismo, però

non fu mai accolto con benevolenza dal Movimento Comunista.

Fu in questo clima che il giovane Gio Ponti assunse un ruolo

importante come mediatore tra: Classicità-Modernità, Novità-

Tradizione, Dittatura-Democrazia, si affermava un “creatore

autonomo” interpretando la modernità come se fosse un aspetto

curioso del suo carattere, rinnovandosi ogni decennio senza mai

rinnegare il passato grazie anche ad una conoscenza della

classicità.

Il classico costituisce la via d’accesso al moderno, il progresso

alla fine si può raggiungere anche a piccoli passi.

Negli anni ‘20 comincia la sua attività di design nell’industria

Richard Ginori come art-director (ricordiamoci il successo nel 1926

all’Esposizione Internazionale di Parigi), per Venini come

progettista di vetri artistici, con la Christofle parigina per gli argenti,

con la Krupp per le posate, per Fontana Arte i cristalli, per Ideal

Stand per i sanitari.

- URNA CON COPERCHIO (1929)

- LAMPADA A SOSPENSIONE (1950)

- POSATE IN ARGENTO

- POSATE ACCIAIO (1951)

- SOSPENSIONE (1931)

Già dal 1923 con lui ebbe inizio il MADE IN ITALY (una

testimonianza dell’ingegno italiano), nel 1928 fondò DOMUS un

periodico che voleva fare “ scuola di gusto” e celebrare la bellezza

della produzione moderna industriale e artigianale, nel 1941 fondò

STILE pensata per promuovere ed ampliare il dibattito a tutte le

arti.

Queste riviste ebbero un ruolo importante per promuovere il

design, l’arredamento, l’architettura italiana, con loro è nato il

GOOD DESIGN tanto apprezzato all’estero.

Non fu ne’ un reazionario ne’ un riformista ma un rappresentante

della cultura borghese, un personaggio tipico di un’epoca dove

l’individualismo ha rappresentato un modo di essere sia nella

politica sia nell’arte.

Oggi è considerato il padre della POST-MODERNITA’, un modo di

“fare” privo di metodo , basato solo sulla creatività. E’ stato

inserito tra i 100 uomini più eleganti d’Italia, si disegnava gli abiti,

aveva uno stile semplice e funzionale, modi affascinanti verso il

gentil sesso (usava regalare innumerevoli piccoli disegni a

innumerevoli Signore !)

L’impostazione classica di Ponti si sviluppò con il movimento

artistico NOVECENTO (De Chirico-Sironi-Carrà del periodo

Metefisico) i cui principi erano: disciplina, serenità, compostezza.

Moderno e tradizione si contrapponevano. La parola d’ordine era:

“Ritorno all’ordine” i soggetti preferiti erano, natura morta,

paesaggi, ritratti, scene di vita quotidiana fissate in momenti

atemporali. La critica d’arte Margherita Sarfatti cercò di definire

l’intero movimento che riunisce artisti di varie tendenze.

Fu tra i fondatori del COMPASSO D’ORO promosso dalla

Rinascente di Milano, dal 1936 diventa docente alla facoltà di

Architettura e del Politecnico di Milano e inizia un graduale

abbandono del simbolismo neoclassico, il suo riferimento poteva

essere Firenze non l’antica Roma.

La modernità di Ponti consisteva nel trasportare la sapienza

dell’artigiano, l’idea del pezzo fatto a mano in una “invenzione” che

potesse essere riprodotta in serie, la modernità diceva è un

atteggiamento di vivere, pensare, conoscere, giudicare, prima che

arredare.

Un suo pensiero: “L’arte si è innamorata dell’industria,

l’industria non è solo un mezzo per produrre una grande quantità

d’oggetti ma diventa essa stessa un fenomeno culturale, attraverso

il disegno delle “cose” bisognava diffondere il “gusto” per le cose

senza far subire scosse alla tradizione italiana permettendo di

aggiornarsi naturalmente e con continuità”.

Un passo indietro per ricordare che nell’Italia all’inizio del secolo

l’artigianato non riusciva a staccarsi dai soliti canoni nazionali, dal

folklore regionale, non era solo una questione estetica, bisognava

allinearsi all’Europa che si era sviluppata già da decenni e stimolare

la nascita di un’industria competitiva puntando sul design, la

tecnica, e i materiali.

Questa fu l’idea vincente di Ponti; emancipare l’abilità

manufattiera prospettando un futuro di “modernità” allo stile

italiano.

L’industria non solo è un mezzo per produrre una grande

quantità d’oggetti ma diventa essa stessa un fenomeno culturale.

Negli anni 50 il successo di Ponti raggiunse l’apice conquistando il

riconoscimento internazionale lavorando con Wrigt, Aalto, Le

Corbusier, Gropius al rinnovamento di Baghdad.

Gli obiettivi di Ponti erano la LEGGEREZZA e l’ESSENZIALITA’, il

suo motto “togliere materia” si attuava rendendo sottili le sezioni e

far “lievitare” i mobili tradizionali (letti, cassettoni, etc.) senza ne

sostegni ne gambe, pareti appese e spostabili.

Mobili spostabili su ruote, multiuso, colorati, ingegnosi, a prezzi

accettabili.

Tutti i suoi arredi nascono da un’idea di abitare, lavorare, di

usare uno spazio adattandolo ad un diverso modo di vivere la casa,

diceva che la trasformabilità è sinonimo di versatilità, quindi lo

spazio si adatta alla vita, per Ponti la casa doveva essere sobria-

pratica-fresca.

Il gioco è un aspetto importante per Ponti, giocoso era l’uso del

colore che deriva dal suo amore per la pittura, la passione per i

materiali (non amava quelli di prima scelta addirittura faceva

tagliare marmi, legni preziosi per inventarne dei nuovi).

Era anche solito paragonare la casa all’automobile e

domandava: “Perché pretendere l’ultimo rinnovato tecnologico per

il trasporto ed accontentarsi invece di case antiquate?”.

Per soddisfare il bisogno di fantasia collabora con FORNASETTI

che con i suoi disegni “tatua” le sue opere.

- ARMADIO = presentato alla IX Triennale nel 1951

- TAVOLO APTA = (1970)

- SUPERLEGGERA = (1955) = gambe e spalle di sezione

triangolare sono robuste come ali di aeroplano, in frassino, si

alza con un dito.

Di questi anni è l’idea della parete attrezzata, un mobile a

parete che racchiudeva attrezzature ed apparecchiature che

solitamente sono in vista.

E’ un periodo in cui l’esaltazione del DISEGNO ITALIANO

si sublima con l’arredamento dei transatlantici Andrea Doria e

Giulio Cesare, Ponti chiede la collaborazione anche di Fiume-

Campigli-Fontana-Gambone-Fornasetti per decorare i sontuosi

saloni e le cabine perché vuole trasformare le navi in

manifestazioni della cultura italiana.

Fece anche sperimentazioni ardite usando il Linoleun al

posto del parquet, materie plastiche, alluminio anodizzato oro

abbinato a ceramiche e vetro, soffitti luminosi.

Già dal dopo-guerra instaurò l’idea della “FORMA FINITA”

in cui nulla si può aggiungere nulla si può sottrarre (perfetto

esempio è il Pirellone)

Gio Ponti diceva che l’Archittetura pura è un cristallo e

l’idea del cristallo è data dal diamante e quindi dall’esagono,

un motivo dominante nelle sue opere che lui pensa come una

smaterializzazione delle facciate come si può vedere a Taranto

nella Cattedrale che lui riteneva il suo ultimo capolavoro.

- CATTEDRALE GRAN MADRE DI DIO = (1964)

Vuole collegare simbolicamente il cielo e la terra con un

edificio “nave/castello” dove la nave è rappresentata dalla

bassa navata e il castello dal campanile (finestre aperte sul

cielo). Gli sarebbe piaciuto che la struttura fosse ricoperta da

rampicanti e circondata da basse case bianche, invece l’edilizia

locale l’opprime con case alte, l’unico effetto illusivo rimasto è

lo specchio d’acqua a tre livelli che gli da respiro. All’interno le

pareti e il pavimento sono verdi, aveva anche previsto che le

pareti fossero decorate con i Santi Protettori della Puglia,

invece ci sono solo alcune statue metalliche eseguite su suo

disegno.

- CHIESA DI SAN FRANCESCO = (Milano 1961)

L’essenzialità delle linee esprime la semplicità di San

Francesco, il sagrato forma una specie di piazza che è il cuore

esterno e che sembra volersi inserire nella città.

- VILLA NEMAZEE = (Teheran 1960)

Il rivestimento esterno è in ceramica a diamante, c’è un

contrasto tra le pareti corpose e le vetrate leggere.

- TORRE PIRELLI – detto Pirellone = (Milano 1954)

La progettò a 63 anni (diceva è così bella che quasi quasi la

sposo!). Segna l’apice della carriera, è stato uno dei primi

grattacieli europei con 127,10 metri di altezza. Con l’ing. Nervi

crea la struttura interna in cemento armato, sono solo due i

pilastri parete e sono posti al centro, al 31° piano da una

larghezza di circa 2 metri si rastremano a 50 centimetri, 29

piani ospitano uffici open-space e l’ultimo è una terrazza

panoramica a doppio volume.

Per Ponti la forma perfetta era l’obelisco che rappresenta

una forma arcana, non funzionale solo estetica,

miracolosamente stabile se pensiamo al rapporto altezza-base.

Usò l’obelisco come decorazione per la sua prima

abitazione (1925) in via Randaccio a Milano, che può esere

definita NEOCLASSICA per quanto riguarda la facciata ma

all’interno ci sono spazi moderni, funzionali, pratici da vivere,

tipici di Ponti.

Si può dire che con il Pirellone l’idea dell’obelisco si

trasformi in un’opera libera di carichi superflui per ottenere

una perfetta condizione di equilibrio e forma-finita.

Non amava la sfera, una forma infinita che diceva “Non

sta, non comincia, non finisce, l’architettura comincia, finisce;

l’architerrura stà.

Negli anni ’70 porta all’estremo la sua idea progettuale di

leggerezza dove non contano i metri quadri ma lo “spazio godibile”,

questo si ottiene aprendo gli spazi con pareti scorrevoli, con spazi

comunicanti uno verso l’altro, con grandi finestre perché come

diceva Ponti “Entrino sole, luna, stelle”. Rese leggerissime le

facciate con strutture d’acciaio e vetro che lasciano intravedere la

vita che si svolge all’interno creando così LA FINESTRA ARREDATA.

La facciata non ha una funzione portante ma estetica con

giochi di ombre e luci.

Difficilmente lo si incontrava senza matita e carta. Era

solito disegnare e progettare instancabilmente (anche in

macchina guidando) dedicandosi all’architettura, alla pittura,

all’arredamento.

NOTA:

- Il design deve comprendere i desideri ed anticipare cosa vuole

il pubblico.

- Gli studi di architettura sono fondamentali per approdare al

design per un un concetto più libero, sbagliare progetto per

una azienda significa risentirne pesantemente.

- Il lavoro dei designer è legato ai tempi, dopo il colore e i

materiali plastici del Pop, il linguaggio è cambiato negli anni

90’ (crisi) si è rivolto verso materiali tradizionali, non è più un

oggetto elittario ma aperto a tutti. Con la globalizzazione si è

ispirato all’oriente, rivalutando gli oggetti con gli occhi di un

occidentale.

- La tecnologia serve alla realizzazione di nuove idee.

I MAESTRI DEL DESIGN

VICO MAGISTRETTI

Ironico ed elegante interprete di un’informale domesticità

(1920-2006)

Nasce a Milano, dopo gli studi classici al Parini, si iscrive ad

Architettura al Politecnico.

Da sempre sapeva di dover fare l’Architetto, quando era

piccolo girava in bicicletta nello studio del padre rovinandole i

disegni.

Figlio d’arte da generazione, con un pizzico di civetteria,era

solito indicare agli ospiti stranieri in visita a Milano le case

progettate dall’avo, dal padre e le sue.

Frequentò poco l’università perché fu arruolato al 3° anno,

tra il 43-44 decide come molti intellettuali dell’epoca di

trasferirsi in Svizzera,si laureò nel 45 in breve tempo come si

faceva in tempo di guerra.

Tra i suoi Maestri ci fu l’architetto Gardella che conosceva

perché frequentava la casa di suo padre, ed Ernesto Rogers

suo insegnante al Campo Universitario di Losanna (direzione

Casabella, Domus, collaboratore di un famoso Studio di

Architettura e critico degli statuti del Razionalismo).

Due parole su Gardella:

Tra i suoi progetti c’è il Dispensario Antitubercolare di

Alessandria, famoso per il suo grigliato di mattoni, che è un

capolavoro dell’architettura razionalista, nell’ultimo periodo

della sua vita progetta la facoltà d’Architettura di Genova.

Nel 47 con Caccia Dominioni fonda l’Azienda Azucena

(zingara del Trovatore) ancora oggi c’è una collezione unica

composta da circa 150 pezzi che hanno più di 50 anni, prodotti

da artigiani italiani di altissimo livello.

L’architettura di Gardella è sempre composta, quasi classica,

con un’estrema attenzione al dettaglio (case Borsalino).

Nel 1993 progetta il palazzo Esselunga a Sesto Fiorentino.

Magistretti è stato il primo docente italiano al Royal College

of Art di Londra.

Partecipò al Movimento Studi Architettura con Albini (era

un’unione professionale fra coloro che avevano vissuto il

Movimento Razionalista) un’idea nata sul mito della

MEDITERRANEITA’ quasi una rivalsa contro il centro–nord

Europa, dove era nata con la rivoluzione industriale la civiltà

contemporanea e il design moderno.

Il RAZIONALISMO nel campo del design si distingue per la

riduzione di ogni forma alla forma geometrica elementare,

l’uso di nuovi materiali (plastici), il recupero del rapporto con

la tradizione come ad esempio:

La sedia CARIMATE – Cassina (63): redesign di una sedia

paesana ingentilita dalle proporzioni

La sedia MARROCCA – De Padova (87): redesign di una sedia

d’osteria veneta

Tavolo VIDUN – De Padova (87): redesign di un tavolo di

lavoro

Condivideva l’idea di molti altri suoi colleghi dicendo che la

semplicità è la cosa più difficile del mondo.

All’inizio degli anni 50’ si dedica in prevalenza

all’architettura nello studio del padre in via Conservatorio:

Quartiere QT8 (quartiere ottava triennale) (46-49): case per

reduci della guerra d’Africa

Chiesa di SANTA MARIA NASCENTE (47-55) quartiere QT8

Case INA in varie città

Diventa un esponente della “3^ Generazione” di Maestri

grazie anche alla realizzazione di due edifici a Milano:

La Torre al Parco in via Revere (53-56)

Palazzo per uffici in corso Europa (55-57)

Per il lavoro fatto costruendo vaste zone di villeggiatura

nella campagna milanese, fu ironicamente chiamato il ”Palladio

in Brianza”

Dalla fine degli anni 50’ si fa strada la passione per la

nascente produzione italiana di design, i suoi progetti

rimarranno dei classici della produzione attuale.

In quei tempi il lavoro del designer era facilitato perché

erano le aziende che chiedevano le loro prestazioni. (Lo studio

del padre era vicino a quello di Cesare Cassina che gli passava

i modelli da una finestra!).

C’era un rapporto diretto con i produttori, ed anche questo

ha favorito lo sviluppo del “ITALIAN DESIGN”.

La caratteristica di un oggetto di design è il numero, non si

può lavorare come in un’impresa edile, bisogna lavorare a

stretto contatto con gli operai che conoscono i materiali e la

produzione cercando di produrre al minor costo.

La differenza tra l’architettura e il design consiste nel fatto

che una casa la realizzi una sola volta, una sedia la produci in

100 mila pezzi l’anno, quindi se si sbaglia, un errore si

moltiplica per 100 mila volte e così lo stampo costa carissimo.

Il designer è paragonabile ad un direttore d’orchestra,

lavora al tavolo con il Presidente, il padrone dell’Azienda, il

tecnico, il responsabile dell’ufficio vendite, l’esperto in stampi,

con tutta l’equipe perché nel design non c’è approssimazione,

tutto è influenzato dai problemi tecnici e si basa sulla stretta

collaborazione con il produttore.

E’ per questo metodo di lavoro che l’Italia è ritenuta la

capitale del design.

Magistretti pensa che la cosa peggiore che si possa fare nel

design è seguire la moda, sono due mondi differenti, nel

design non si può avere sempre un prodotto nuovo.

Il design è senza tempo, tutto il contrario della moda, non

sono tante le cose che durano nel tempo.

Milano è la capitale del design con una cintura di

artigianato straordinaria (in Brianza facevano mobili stile 700

ma hanno capito che era ora di cambiare e hanno iniziato a

fare design).

E’ solito affermare: “Il mondo sta cambiando in maniera

incredibile, lavorare con il computer è semplice ma è sempre

una macchina, non puoi chiedere di fare qualche cosa che tu

non hai pensato e non hai creato, a me piace il CONCEPT

DESIGN cioè quello che è talmente chiaro che puoi anche non

disegnarlo, molti progetti li ho trasmessi per telefono”.

Per questa ragione nel suo studio non sono conservati

disegni tecnici dei prodotti da lui studiati, ma soltanto schizzi

che spiegano con immediatezza l’oggetto.

Gli oggetti di Magistretti sono sempre pensati come

arredamento di ambienti da vivere, ed hanno uno stile

misurato ed elegante:

Sedia PICCY (1946) – progettata per R.I.M.A. (Riunione

Italiana Mostre di Arredamento presso la Triennale di Milano);

rieditata da Campeggi (2011)

Tavolino T8 (1949) – casa Arosio ad Arenzano

Sedia CARIMATE – (63) Cassina: Club House Golf a Carimate

Tavolino DEMETRIO (Cassina) e divano letto SILOE (T7O)–

(70-72): Casa Albergo in via Siloe a Milano (residenza

temporanea fatta di piccoli spazi adatti a chi si trasferisce, ai

giovani, ai separati)

Magistretti seguita negli anni a ideare pezzi che incontrano

il favore del pubblico e sviluppa in tale modo una nuova

“classicità dell’abitare confortevole” che si adatta a varie

situazioni domestiche, con cinematismi “magie” che

permettono di trasformare la configurazione adeguandola a

particolari esigenze.

Lampada ECLISSE (66) – Artemide (Compasso d’Oro 1967)

Diceva: “Una scemata che però dura da più generazioni anche

se si sono scottate le dita, è una bella soddisfazione perché

evidentemente risponde ad una necessità che non ha niente di

stilistico”.

Poltrona e divani MARALUNGA (73) – Cassina (Compasso

d’Oro 1979)

Tavolo VIDUN (86) – De Padova

Tavolo ovale regolabile in altezza per casa Bassetti e Gavazzi

(55-58) – Azucena

Serie BROOMSTIK (79) – Alias

Poltrona ESTESA (2000) – Campeggi

Libreria NUVOLA ROSSA (77) – Cassina

Magistretti non esita a collaborare con aziende storiche ma

con altrettanto entusiasmo anche con le ditte “giovani” come:

ARTEMIDE (59) che sperimenta nuovi materiali plastici, è il

caso della sedia SELENE stampata in resina rinforzata in fibra

di vetro, resistente ai carichi grazie alla piegatura a S della

sezione delle gambe e non per lo spessore del materiale,

conservando anche un’immagine tradizionale.

Nel caso della FLOU contribuisce alla creazione dell’identità

aziendale con:

Letto tessile NATHALIE (78)

Letto smontabile TADAO (93)

Gli oggetti disegnati da Magistretti trasmettono

un’immagine innovativa ma alla portata di tutti, conferendole

una sorta di “neutralità” rendendoli perfettamente adatti anche

ad altri spazi da vivere (uffici, spazi pubblici, ecc.).

Ha attraversato senza cedimenti le mode e gli eccessi

postmoderni, una coerenza ed un’etica del fare testimoniata

da molti esemplari entrati a far parte delle collezioni

permanenti di musei europei e americani, quasi tutti sono

ancora in produzione e continuano ad essere dei bestsellers.

Il lavoro di MAGISTRETTI si conferma in via definitiva con

l’assegnazione del Compasso d’Oro alla Carriera nel 1995.

IL suo pensiero era :”Quando progetto penso: lo metterei

o non lo metterei in casa mia? Se non posso metterlo non lo

faccio. Si fanno oggetti da usare, un comportamento da artista

è inutile, le soluzioni eccentriche possono durare un

allestimento ma sono d’ostacolo alla quotidianità.”

Il temperamento ironico e la capacità di osservare e

reimpiegare “materiali” dandogli una nuova funzione di

Magistretti possiamo notarlo con:

Divano SINDBAD (81) – Cassina: una colorata coperta da

cavallo “gettata” su una struttura

Oggetti di redesign:

Lampada ATOLLO (78) – Oluce: un’abat-jour reinventata

(insignita del Compasso d’Oro nel 79)

Lampada KUTA (80) – Oluce: simile ad un ventaglio

giapponese

Per Magistretti la geometria è qualcosa che da senso alla

realtà e che fornisce uno strumento per misurarla, si può

notare il suo amore per la geometria nella:

Facciata del Dipartimento di Biologia a Milano (78-81)

Chi gli ha chiesto cosa avrebbe voluto progettare ha detto

“l’ombrello” per la sua semplicità e la sua utilità.

Non amava le formulazioni teoriche, non perché le

sapesse, ma forse per un rifiuto a dare troppa importanza ad

un lavoro che considerava infondo, il prodotto di un’attitudine

mentale e di un’osservazione della realtà, più che il risultato di

una specializzazione progettuale.

Diceva: “Il mio unico supporto teorico, quando faccio del

design, è pensare se mi piace e se si usa, nel design ciò che

conta è il concetto espresso con uno schizzo.”

Muore il 19 settembre 2006 a 85 anni dopo una lunga

malattia.

I MAESTRI DEL DESIGN

ALESSANDRO MENDINI

Il pensiero negli oggetti

1931

Nasce a Milano nel 1931, l’architettura non era il suo sogno

da ragazzo, in realtà voleva fare i cartoon o il pittore.

Dopo la Laurea in Architettura al Politecnico, collabora con

lo Studio Nizzoli, dirige nel ‘70 CASABELLA, che diventa il

luogo d’incontro del gruppo che fondò il CONTRODESIGN.

Un movimento che si oppone con forza alla tradizione, una

contestazione radicale nei confronti del funzionalismo.

Crea la rivista MODO ed infine succedendo a Gio Ponti, con

cui ha avuto stretti ed interessanti rapporti, dirige DOMUS.

Lavora con ALCHIMIA, fondata nel ’73 da Alessandro

Guerriero a Milano, che ha dato luce ad una nuova estetica.

Per Alchimia è importante disegnare non per un progetto ma per

un libero movimento del pensiero, siamo in un’epoca di transizione

che vede l’umanità immersa in una paura indefinita dovuta alla

scomparsa di molti valori considerati certi, occorre ritrovare se

stessi.

Svolge un atto di introspezione con il solo pensiero di trovare la

vocazione poetica e la fantasia individuale.

Punta sulla produzione di oggetti con riferimenti popolari e al

kitsck, aldifuori della produzione industriale e dalla funzionalità, una

sfida nei confronti dei principi comuni.

Un sogno alchimistico: trasformare il materiale più povero in un

oggetto di valore.

Con il fratello Francesco da vita all’ATELIER MENDINI, dove

c’è la storia dei loro disegni che arriva fino ad un certo anno,

poi non c’è più il disegno a matita ma solo computer e a volte

solo per il gusto di averli li rifanno a matita a posteriori.

Disegna molto bene ed ha una grande raffinatezza tecnica.

Alla fine degli anni ’70 è tra i rinnovatori del design italiano

sia come autore di scritti che intellettuale, è di carattere

introverso e metodico, non ha “colpetti di genio” per arrivare

ad un progetto, ma si basa solo sul ragionamento.

Pensa che il mondo e il design siano dei “patcwork”, ci

devono essere mentalità differenti da miscelare, nel senso che

ci sono varie cose e vari pensieri che si intersecano e si

assemblano e questi col riadattarli cambiano significato.

Lavora molto sul paradosso, la POLTRONA DI PROUST è

un paradosso (che va contro l’opinione comune e l’apparenza):

un paradosso di design.

E’ una rivisitazione in chiave Postmoderna di un comune

modello di poltrona settecentesca prodotta in serie (kitsh),

l’obiettivo è creare un oggetto interessante partendo da un

falso. Un’esaltazione ironica di un oggetto banale. (Di Proust:

pensando al suo modo e alla sua visione degli oggetti ed

aggiungendo la passione per la pittura impressionista)

Lavora in numerose Ditte:

ALESSI – Cavatappi ANNA G (1994): effettivamente è

l’immagine di una sua amica e le rassomiglia anche…..!

VENINI – Vaso SIMIRA : non amava seguire la tecnica di

produzione dei suoi progetti, come invece faceva Carlo Scarpa

che tutte le mattine si recava a Murano per eseguire i vetri da

lui progettati

CARTIER – Riciclo inedito degli scarti delle pietre preziose

SWATCH - Varie serie di orologi

Ultimamente ha curato al Salone del Mobile 2012 un

settore per i creativi “Autoproduzione a Milano”, (una mostra-

laboratorio, dove il pavimento è occupato dalle opere dei

partecipanti messe in ordine alfabetico)un’associazione nata

per promuovere le eccellenze di Autoproduttori e piccoli Editori

di Design.

I MAESTRI DEL DESIGN

ETTORE SOTTSASS

La sensibilità del gesto

(1917 – 2007)

Nasce ad Innsbruk nel 1917, si laurea in architettura al

Politecnico di Torino e alla fine degli anni ’40 si trasferisce a

Milano dove comincia l’attività professionale.

Partecipa nel ’48 allo SPAZIALISMO fondato da Lucio

Fontana (i pittori non hanno come priorità colorare le tele ma

creare costruzioni tridimensionali).

Nel 1949 conosce la scrittrice Fernanda Pirovano e si

sposano.

Negli anni ’50 inizia l’attività con il padre.

Nel ’57 fu Art-Director della POLTRONOVA di Agliana con

lavori di forte carattere sperimentale:

Specchio ULTRAFRAGOLA (1970)

Mobile in laminato (1966) SUPERBOX

Molto importante è l’incontro con Adriano Olivetti nel ’58

(Glielo presentò un suo amico che aveva sposato una delle

figlie) per la cui azienda diventa consulente del design

disegnando gli armadi per l’elettronica della divisione Olivetti.

Gli sembrava che maneggiare i cavi fosse pericoloso

allora ha progettato grossi armadi in alluminio con grossi

bulloni neri dall’aspetto repellente!

Computer MAIN FRAME ELEA (1959) – Compasso d’Oro nel ‘59

Macchina da scrivere VALENTINA (1969) – Compasso d’Oro nel

’70

Tra giugno ed agosto del ’62 è colto da una grave malattia

renale, sta malissimo, è in punto di morte ed Olivetti lo

manda a curarsi in California, lo segue la moglie che l’assiste,

è curato con medicine che lo tengono sveglio e gli mandano il

“cervello a mille “ per distrarsi redige una rivista “Room East

128” un po’ pop ed assolutamente originale, fatta di delicati

acquarelli con cui racconta la sua vita.

In anticipo sugli anni della contestazione, aveva indicato il

design come strumento di critica sociale, aprendo la via al

RADICAL DESIGN (1966-1972) e all’affermazione della

necessità di una nuova estetica: più poetica, sociale, politica,

un momento di forte critica nei confronti del contesto culturale

contemporaneo in cui l’architettura tradizionale viene sostituita

da progetti utopici, ironici.

Quella di Sottsass è un’architettura disegnata intorno

all’uomo e tesa a conferire un contatto con la natura, le

costruzioni seguono un’ideale di saggezza contadina.

- CASA WOLF – Ridgay Colorado USA (87-85)

- CASA OLABUENAGA – Maui Hawai USA (89-97)

- Museo dell’Arredo Contemporaneo a Ravenna

Ha fatto parte della corrente del CONTRODESIGN ( Mendini

– Munari – Ponti) una Scuola di architettura e design

controcorrente, un lungo ed interessante periodo dove si

discuteva sul destino del design in rapporto con industria e con

la gente, un momento di critica, di riflessione.

Il design e l’architettura non sono un mezzo ma il fine per

trovare un’unione con l’aspetto intimo delle cose, con una

voglia di ricreazione dove l’uomo è sempre al centro della

ricerca.

Nel 1980 da’ vita insieme a giovani amici architetti al

gruppo MEMPHIS che discute, progettando, sul valore

industriale del design. (Hans Hollein - Andrea Branzi -

Michele De Lucchi ed altri architetti di fama internazionale).

Il principio dei mobili assurdi e monumentali è creare

un’emozione prima della funzione, cambiare il volto del mobile

tradizionale.

MEMPHIS, è un grande fenomeno, si inserisce nel

POSTDESIGN, il risultato di un periodo di discussioni,

strafottenze, un periodo in cui si disegnavano cose non da

produrre industrialmente ma disegnate in modo che qualcuno

potesse pensare che le cose potessero essere diverse da

come erano state, provando a vivere in un’altra maniera.

Un fenomeno culturale degli anni ’80 che ha rivoluzionato

le logiche creative-commerciali del mondo del design, della

produzione, del modo di pensare nel mondo musicale,

cinematografico, nella grafica e nella moda.

Ha sconvolto e ribaltato tutti i presupposti esistenti fino

allora circa l’idea dell’abitare.

Con Sottsass il design ha acquistato una nuova concezione

espressiva legata a nuove forme, nuovi materiai, nuovi

patterns ribaltando i precedenti limiti creativi imposti

dall’industria.

E’ diventato il simbolo del ” NUOVO DESIGN”, la sua

influenza è ancora evidente in moltissimi settori della

produzione e questi mobili sono diventati icone della

modernità:

Mobile CASABLANCA

Libreria CARLTON (a metà fra un totem ed un video-game)

L’anno successivo apre la SOTTSASS ASSOCIATI. ( Marco

Zanini - Aldo Cibic – Matteo Thun) Dice: Eravamo appena

laureati e non capivamo niente, facevamo cose spaventose

però avevamo tanta energia.

Dice di aver amato a scuola la geometria e la filosofia,

anche se non ne capiva molto, però gliene è rimasta traccia:

I suoi grandi maestri furono il padre architetto (che

appena nato gli mise in mano una matita) e il pittore

Spazzapan ( 1889- 1958 uno dei principali esponenti della

pittura ASTRATTA del primo dopoguerra) che gli ha insegnato

tutto sui colori e sulle cose pratiche.

La pittura astratta ricercava la forma tramite i colori e le

forme geometriche (Mondrian – Wassily Kandisky – Mario

Radice).

Disegno per l’esame di arredamento 1936

Metafore (1974) – l’ombra di una finestra

Metafore (1974) - struttura da ingegnere povero

L’attività di Sottsass è rivolta esclusivamente alle gallerie

d’arte, non ama disegnare per la produzione industriale, le poche

che ha fatto sono state un insuccesso;”Non ho mai venduto niente,

dice, tranne la serie di OLIERE PER ALESSI, certi progetti vengono

bene altri male, se mi capita di vedere cose che ho disegnato

vent’anni fa penso che c’è voluto un bel coraggio a farle……e sono

contento!”.

Pensa che saper disegnare con la matita è essenziale perché

serve a comunicare a se stessi ed ad altri quello che si sta facendo,

usando i colori si progetta un mondo dinamico, con le sue variazioni

si può fare un vocabolario. Fa un esempio: il rosso per un

comunista è una cosa; il colore della sua bandiera, per il chirurgo è

un’altra cosa;il colore del sangue del suo paziente.

ARCHITTETTURA ATTENUATA – Museo triste in memoria dei

popoli massacrati (2003)

Non ama l’era del consumismo infatti i suoi oggetti hanno

quasi sempre una base pesante in modo tale che stiano fermi

e diano la consapevolezza di esistere.

Da un uso diverso al laminato plastico che da sempre era

considerato una materia da usare solo in cucina, in bagno, con

Memphis invece è entrato in soggiorno, magari abbinato ad un

bel legno, ad un massello, ad un materiale prezioso, perché

ogni materia ha i suoi riferimenti culturali.

ABET – Bacterio 1978 (bianco-rosso decoro per laminato)

Dice di se stesso: “ Sono determinato ed un rompi scatole,

con grande abilità riesco a farmi aiutare da tutti coinvolgendoli

a tal punto che non riescono a dirmi di no, non cedo ho un

carattere e una volontà egocentrica perché so di esistere, non

so quello che voglio ma so che devo volere qualche cosa.”

Muore a Milano a 90 anni per uno scompenso cardiaco dopo

un’influenza il 31 dicembre 2007.