i modelli di disoccupazione in europa · austria portogallo finlandia svezia gran bretagna-60-40-20...
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I modelli di disoccupazione in
Europa
(capp. 3 e 4 - week 3)
PERCHÉ QUALCUNO È PIÙ DISOCCUPATO DI UN ALTRO?
Ipotesi economiche: teoria del capitale umano; insiders vs. outsiders,
approccio della segmentazione.
Sistemi nazionali di occupazione: durata sussidi, tasso di sostituzione,
andamento inflazione, spesa in politiche attive del lavoro, grado di
estensione contrattazione collettiva e di coordinamento azione sindacati e
datori di lavoro (rilevanza della dimensione politico-istituzionale)
Maggiori/minori difficoltà di adattamento ad un modello europeo unico
nelle politiche del lavoro (e non solo!).
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Le caratteristiche della disoccupazione in Italia
forte penalizzazione di:
− donne;
− giovani;
− persone senza esperienza di lavoro;
per contro anche molto bassa penalizzazione di:
− maschi;
− adulti;
− con esperienza di lavoro (disoccupati in senso stretto).
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A confronto con l'Europa
limitate differenze nei tassi di disoccupazione totale:
• Italia intorno alle media Ue15;
• 9 paesi su 14 (Italia compresa) nella fascia 5-10% negli
anni Novanta e in quella 6-8% nel Duemila pre-crisi;
forti differenze per:
• penalizzazione verso donne;
• penalizzazione verso giovani;
• presenza di persone in cerca di primo lavoro.
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Discriminazione verso le donne
le donne sono più disoccupate degli uomini in tutti i paesi
europei tranne che:
• in Gran Bretagna e Irlanda (uomini più disoccupati):
• Svezia, Germania e Finlandia (circa lo stesso livello);
differenze nei tassi di disoccupazione tra femmine e maschi
nei paesi dove le donne sono penalizzate:
• negli anni novanta da meno di un punto percentuale sino
a 8-10 punti;
• da alcuni anni non più di 6 punti, ma la differenza resta
importante.
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L’indice di discriminazione per genere
= (TD donne – TD uomini) / TD totale
è più elevato:
• NO nei paesi ove più alto tasso di disoccupazione totale;
• NO nei paesi ove le donne partecipano di più al lavoro
(più alto tasso di attività);
• SÌ nei paesi che creano meno occupazione (più basso
tasso di occupazione totale);
Italia ~60%, il tasso di occupazione più basso dei paesi
europei;
se considerassimo anche i paesi dell’Europa Orientale
scomparirebbe ogni relazione tra penalizzazione di
genere e livello di occupazione.
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fig. 3.1. Penalizzazione di genere e tasso di
occupazione totale, 2008
Belgio Danimarca
Germania
Grecia
Spagna
Francia
Irlanda
Italia
Olanda
Austria
Portogallo
Finlandia Svezia
Gran Bretagna
-60
-40
-20
0
20
40
60
80
100
55 60 65 70 75 80
Tasso di occupazione totale (15-64 anni)
In
dic
e d
i p
en
ali
zzazio
ne
Penalizzazione per età
i giovani sono più colpiti dalla disoccupazione in tutti i paesi
europei tranne che in Germania;
ma differenze nei tassi di disoccupazione tra giovani e adulti
dello stesso genere:
• in alcuni paesi pochi punti percentuali;
• in altri sino a quasi a 30 punti.
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Tre modelli di impatto della disoccupazione per età
1. modello italiano:
• altissima disoccupazione giovanile;
• molto bassa disoccupazione adulta ed anziana;
2. modello tedesco:
• rischio di disoccupazione quasi eguale per ogni età;
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3. modello britannico-francese:
• elevata disoccupazione giovanile;
• media disoccupazione adulta;
• medio-alta disoccupazione anziana;
• (era rappresentato da Gran Bretagna, Svezia e Francia,
ma attualmente caratterizza per lo più alcuni piccoli paesi
europei, dall’Olanda all’Irlanda).
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fig. 3.4. Tassi di disoccupazione per età (modelli
stilizzati)
0
5
10
15
20
25
30
35
14-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64
tedesco italiano europeo
L’indice di discriminazione per età
= (TD giovani – TD totale) / TD totale
è più elevato:
• NO nei paesi ove il numero di giovani è più elevato
→ più alto tasso di attività o maggiore crescita demografica;
• SÌ nei paesi che creano meno occupazione
→ più basso tasso di occupazione totale;
Italia ~60%, il tasso di occupazione più basso dei paesi europei.
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Fig. 3.6. Penalizzazione dei giovani maschi e tasso di
occupazione totale, 2008
Belgio
Danimarca
Germania
Grecia
Spagna
Francia
Irlanda
Italia
OlandaAustriaPortogallo
Finlandia
Svezia
Gran Bretagna
0
50
100
150
200
250
300
55 60 65 70 75 80
Tasso di occupazione totale (15-64 anni)
In
dic
e d
i p
en
ali
zzazio
ne
La diversa composizione della disoccupazione
per genere:
• prevalentemente maschile (Gran Bretagna, Irlanda, Svezia,
Germania, Austria);
• prevalentemente femminile (Francia, Italia, Danimarca,
Spagna, Olanda, Grecia);
per età:
• prevalentemente giovanile (Italia, Spagna, Grecia);
• prevalentemente adulta (Francia, Olanda, Belgio, Portogallo,
Gran Bretagna, Finlandia, Irlanda);
• prevalentemente adulta e anziana (Danimarca, Svezia,
Austria, Germania).
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Posizione in seno alla famiglia
influisce su risorse di chi è senza lavoro → economiche
→ psicologiche; minore vulnerabilità alla disoccupazione di maschi adulti
↓
minor vulnerabilità alla disoccupazione dei capifamiglia;
• in ogni paese europeo, ma in Italia la "protezione" dal rischio
della disoccupazione raggiunge livelli estremi;
→ a capifamiglia meno colpiti dalla disoccupazione corrispondono
figli più colpiti.
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Composizione della disoccupazione per posizione nella famiglia
quattro gruppi di paesi:
1. Grecia, Italia, Spagna e Portogallo: in gran maggioranza i
disoccupati sono figli che vivono con genitori, mentre
capifamiglia o single sono intorno al 20-30%;
2. Finlandia e Germania: il 58-60% dei disoccupati sono
capifamiglia;
3. quasi tutti gli altri paesi in posizione intermedia (dal 38% di
capifamiglia tra i disoccupati dell’Austria al 52% dell’Olanda);
4. Gran Bretagna caso particolare: all’elevata presenza di figli
tra i disoccupati si accompagna un’altrettanto elevata
percentuale di capifamiglia.
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In Italia: cercare lavoro restando a lungo in famiglia
La situazione dell'Italia (e di Spagna e Grecia) per quanto riguarda la
posizione nella famiglia delle persone in cerca di lavoro è ancor più
differente da quella degli altri paesi europei di quanto è risultato
guardando alla discriminazione per età:
→ poiché i giovani dei paesi dell'Europa meridionale escono dalla famiglia
di origine in età molto più elevata dopo aver trovato un lavoro;
→ invece, nei paesi dell'Europa centrosettentrionale i giovani escono in età
molto più giovane, spesso prima di aver trovato un lavoro.
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La protezione della famiglia
In Italia e nell'Europa meridionale:
• prevalgono capifamiglia occupati o pensionati che mantengono a
lungo figli disoccupati o inattivi;
nell’Europa centrosettentrionale:
• i pochi figli che vivono a ancora in famiglia sono più spesso occupati
come il proprio capofamiglia.
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Giovani in cerca di lavoro:
in Europa meridionale, molti, ma pochi rischiano di vivere in famiglia senza reddito;
in Europa centrosettentrionale, pochi, ma 4 su 10 vivono in famiglie senza reddito da lavoro (molti single).
Adulte femmine in cerca di lavoro:
in Europa meridionale poche, meno probabile che vivano in famiglie senza reddito da lavoro, perché meno probabile che vivano da sole.
Adulti maschi e anziani:
quasi nessuna differenza tra i paesi europei;
vivono per lo più in famiglie ove non entra alcun reddito da lavoro;
possono contare soltanto sul sostegno del welfare state:
→ grado di generosità molto diverso tra paesi europei.
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Quale mercato del lavoro è più rigido?
Mutamento di prospettiva a metà anni ’90: dall’analisi del rischio di divenire
disoccupati all’analisi della flessibilità;
Teoria dell’Eurosclerosi:
• Europa vs USA: maggiore rigidità del mercato del lavoro → scarsa crescita occupazionale;
La protezione dell’occupazione = norme giuridiche e contrattuali che limitano la
discrezionalità delle imprese nell'assumere e licenziare i lavoratori, in modo da
ridurre l'asimmetria strutturale insita nel rapporto di lavoro dipendente.
Maggiore protezione dell’occupazione implica però:
• riduzione della disoccupazione di breve periodo;
• aumento di quella di lungo periodo;
• contrapposizione insiders / outsiders.
DIVERSI REGIMI DI WELFARE
CONVERGENZA VERSO FLESSIBILITA’
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WHO IS WHO?
I sussidi per i disoccupati in Europa
Nei paesi europei, chi rimane senza lavoro riceve un sussidio;
i sussidi si fondano su due principi:
1. assicurativo:
• indennità proporzionale alla retribuzione e ai contributi versati;
• indennità a scalare e a termine;
2. assistenziale:
• sussidio legato allo stato di bisogno (controllo dei mezzi);
• senza scadenza (tranne Portogallo e Spagna);
• non presente in Grecia e Italia;
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per valutare un sistema di sostegno al reddito per i disoccupati si
considerano:
a. grado di generosità
• rapporto tra indennità e retribuzione;
• durata;
b. grado di copertura
• quante persone in cerca di lavoro percepiscono un'indennità;
Per entrambi l'Italia è all'ultimo posto tra i paesi europei, preceduta
anche dagli altri paesi dell'Europa meridionale.
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Il triangolo della flexicurity
Principi fondanti:
• grande flessibilità nel mercato del lavoro;
• solido e protettivo sistema di sicurezza sociale;
• pervasivo ed efficiente sistema di politiche attive del lavoro
e della formazione;
Il circolo virtuoso:
• flessibilità → imprese più produttive → più forte prelievo fiscale → protezione del reddito generosa e misure di formazione e attivazione → più sicurezza e più facile reinserimento;
Condizioni di contesto agevolanti (Danimarca):
• mobilità tra posti di lavoro qualificati;
• famiglie a doppio reddito;
• spirito civico (no opportunismo).
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fig. 3.11. Indicatori della flexicurity in Italia e
Danimarca
0.0
10.0
20.0
30.0
40.0
50.0
60.0
70.0
spesa per politiche attive del
lavoro (pro capite)
spesa per indennità
disoccupazione (pro capite)
% lavoratori con accesso a lavoro
flessibile
% in formazione continua
% disoccupati coinvolti in
politiche
% disoccupati con indennità
Italia Danimarca
Il modello familistico
effetti positivi:
• pace sociale in contesto di alta disoccupazione;
• risparmiare sui costi della disoccupazione;
effetti negativi:
• ritardo dell'uscita dei giovani dalla famiglia;
• famiglia gravata di troppi compiti;
• natalità ridotta ben oltre quanto dovuto alla maggior
partecipazione al lavoro delle donne.
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Il modello familistico entra in crisi
capifamiglia disoccupati cominciano a non esser più pochi, come
dai primi anni Novanta nel Mezzogiorno;
le occupazioni instabili cominciano a interessare anche i maschi
quarantenni, impedendo loro di svolgere il ruolo tradizionale
di capifamiglia;
l'unità della famiglia si frantuma per ragioni culturali.
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Perché le imprese italiane preferiscono
assumere adulti con esperienza?
no perché non sono in grado di valutare la qualità dei giovani;
no perché i differenziali salariali per età non compensano la minore produttività dei giovani;
sì perché l'economia è poco innovativa:
• stereotipo dell'adulto più produttivo si fonda sul fatto di avere esperienza lavorativa, che può essere:
• professionale: competenze acquisite sul lavoro;
• socializzazione al lavoro organizzato e subordinato;
ma sono le imprese con minore innovazione tecnologica e con uno stile di gestione più tradizionale quelle in cui:
• l'esperienza del passato fa premio sulla più alta istruzione;
• la disponibilità a obbedire fa premio sull'entusiasmo poco
disciplinato.
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Perché gli adulti sono più «attivi» nella ricerca di lavoro?
• quando la protezione della disoccupazione è scarsa e i giovani
convivono a lungo con i genitori
• gli adulti, che vivono soli o hanno carichi familiari, sono molto più
«pressati» a ritrovare un lavoro in fretta rispetto ai giovani, che
possono resistere in una lunga attesa della loro prima
occupazione.
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Le scelte implicite della società:
il privilegio dei capifamiglia nelle assunzioni e nei licenziamenti è sostenuto da sindacati e opinione pubblica;
quando l'occupazione è scarsa e scarsi sono i sostegni pubblici per i disoccupati, vi è consenso per favorire chi si ritiene abbia più bisogno di lavorare.
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Il divario territoriale in Italia
l’Italia è il paese in cui le differenze territoriali sono più forti;
due mondi: in uno ogni lavoratore deve mantenere un'altra
persona oltre a se stesso, nell'altro deve mantenerne altre tre;
dal 2000, netta riduzione, ma la caduta del tasso di
disoccupazione nel Sud si deve solo in parte alla modesta crescita
dell’occupazione:
• ripresa dello scoraggiamento delle donne;
• ripresa delle migrazioni interne.
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La mobilità interna
(Sud →Nord) massiccia anni ‘50-60;
da metà degli anni '70 molto bassa, tenuto conto del divario;
ripresa da fine anni novanta, ma diversa composizione per livello
istruzione;
cresce anche la mobilità interna temporanea (pendolarismo);
balcanizzazione del mercato del lavoro;
il recente ruolo dell’immigrazione straniera.
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fig. 4.1. Tassi di disoccupazione nel Centro-Nord e
nel Mezzogiorno
0.0
5.0
10.0
15.0
20.0
25.0
1977 1980 1985 1990199219931995 2000 20032004 2009
Centro-Nord Mezzogiorno
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Differenze tra tasso di disoccupazione femminile e maschile:
• 2/14 punti percentuali al Sud;
• 4/5 punti al Centro Nord;
Differenze tra tasso di disoccupazione dei giovani e degli adulti:
• oltre 30 punti percentuali al Sud;
• da 13 a 9 punti nel Centro Nord.
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La disoccupazione giovanile è anche intellettuale?
tra chi cerca lavoro, la percentuale di istruiti è alta,
• i laureati:
• sono tra il 10% (maschi) e il 15% (femmine) al Centro-Nord;
• e tra il 6% (maschi) e l’11% (femmine) nel Mezzogiorno;
• i diplomati:
• sono quasi la metà nel Centro-Nord;
• e tra il 35% (maschi) e il 45% (femmine) nel Mezzogiorno;
ovvio perché:
• le persone in cerca di lavoro sono per lo più giovani;
• le nuove generazioni sono più istruite delle precedenti.
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Le implicazioni sociali sono importanti
la disoccupazione colpisce le classi borghesi, sia pure solo i figli
all'ingresso nel mercato del lavoro;
le famiglie di ceto inferiore, che hanno fatto studiare i figli anche
per sfuggire ai rischi della disoccupazione, vedono deluse le loro
aspirazioni;
comunque fenomeno transitorio: solo per figli in fase in ingresso
risulta però incrinato sentimento di sicurezza che ha sempre
accompagnato la condizione di vita delle classi medie e superiori.
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La resistenza a rinunciare alle aspettative è forte:
quando esiste una stretta relazione tra gerarchia dei posti di
lavoro e stratificazione sociale;
uno squilibrio tra titolo di studio e livello del posto nella gerarchia
occupazionale è percepito:
• non solo come dequalificazione professionale;
• ma anche come declassamento sociale;
questa situazione è presente in particolare in Italia:
• per ragioni culturali: la divisione tra lavoro manuale e intellettuale;
• per ragioni strutturali: la scarsa mobilità di carriera fa sì che ogni
occupazione sembri «per sempre».
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Per parlare in modo specifico di disoccupazione intellettuale per i
giovani
occorre che la più elevata scolarità costituisca una difficoltà
aggiuntiva nella ricerca di un lavoro;
ciò contrasta con le comuni ipotesi sul ruolo dell'istruzione nel
mercato del lavoro;
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La concorrenza tra i diversi livelli di istruzione
Secondo la teoria del capitale umano lo sviluppo economico richiede
maggiore istruzione, quindi i più istruiti corrono meno rischi di restare in
cerca di lavoro;
secondo l'ipotesi dell’istruzione dovuta alla pressione delle classi
subalterne, si ha un eccesso di giovani istruiti che provoca un effetto di
spiazzamento, per cui i più istruiti vanno ad occupare posti di lavoro per
cui sono richieste competenze inferiori.
Per entrambe i più istruiti dovrebbero avere un tasso di disoccupazione
inferiore a quelli dei meno istruiti.
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Come mutano le differenze nei tassi di disoccupazione all’ingresso
per livello di istruzione
Fine anni Settanta:
• netto svantaggio per diplomati disoccupazione intellettuale;
• ma per i laureati posizione chiaramente migliore;
Dai primi anni Ottanta ai primi anni Novanta:
• diplomati e giovani con licenza media allo stesso livello;
• laureati sempre in netto vantaggio relativo;
Da metà anni Novanta:
• tasso di disoccupazione di laureati e laureate non più significativamente inferiore;
• quello dei diplomati è nettamente il più alto;
• durante la crisi ricompare la disoccupazione intellettuale;
Da fine anni Novanta:
- il rischio di disoccupazione all'ingresso nel mercato del lavoro si
presenta in relazione perfettamente inversa al livello di istruzione.
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Un confronto europeo
3 livelli di istruzione in Europa:
1. livello basso = sino alla scuola media obbligatoria;
2. livello medio = diploma di scuola media superiore;
3. livello alto = titolo universitario;
I tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro:
• si considerano i tassi di disoccupazione nei cinque anni
successivi all'uscita dal sistema formativo;
• livello basso da 15 a 19 anni = 100 numero indice;
• livello medio da 20 a 24 anni;
• livello alto da 25 a 29 anni.
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fig. 4.9. Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato
del lavoro per livello di istruzione (media 1992-94,
maschi). Numeri indici: 100 = livello basso
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Italia Francia Gran Bretagna Spagna
Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni)
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fig. 4.10. Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato
del lavoro per livello di istruzione (2007, maschi).
Numeri indici: 100 = livello basso
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Italia Francia Gran Bretagna Spagna
Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni)
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Istruzione e disoccupazione in età adulta
una volta superata la fase di ingresso, l’istruzione più elevata
costituisce un vantaggio:
tra i 30 e i 59 anni il tasso di disoccupazione degli istruiti è
sempre minore di quello dei non istruiti;
il vantaggio comparativo degli adulti istruiti in Italia è più elevato
di quello degli adulti istruiti negli altri paesi europei;
in Italia l'istruzione superiore costituisce inoltre un grande
vantaggio per quanto riguarda la probabilità di raggiungere
una posizione professionale di alto livello.
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fig. 4. 11. Tassi di disoccupazione per livello di
istruzione dei maschi adulti (35-54 anni), 2007)
Numeri indice: 100 = livello basso
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Germania Spagna Francia Italia Svezia Gran Bretagna
Alto Medio Basso
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La lunga attesa del posto di lavoro
Oggi la scuola dura più a lungo; dopo la scuola, il periodo di attesa della prima
occupazione è più lungo; ma è proprio vero che i giovani cominciano a
conoscere il lavoro così tardi?
I «lavoretti» che precedono l'occupazione senza intaccare la condizione di studenti o di persone in cerca di lavoro.
Il lavoro minorile non scomparso in Italia: 200-400 mila, per lo più d'estate;
diverso rapporto con la scuola:
− nel Centro-Nord: frequenza regolare della scuola;
− nel Mezzogiorno: abbandono precoce;
quasi tutti i minori lavorano aiutando genitori o parenti:
riproduzione della micro-impresa familiare;
sub-cultura del lavoro minorile;
i motivi:
- la povertà;
- la scuola non serve;
- il miraggio della società dei consumi.
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Il lavoro degli studenti
tra chi frequenta le medie superiori gli studenti-lavoratori sono dal
20% al 50%;
più nel Centro-Nord che nel Sud, ove maggiore è la concorrenza di
chi ha finito gli studi;
differenze tra istituti tecnici e licei;
Università / differenze tra facoltà;
spezzoni di lavoro e attività occasionali, per lo più d'estate;
Espansione della scuola di massa o minore investimento in una
scuola che non garantisce più un lavoro sicuro?
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I «lavoretti» e il lavoro «per la vita»
il limbo dei lavoretti durante la lunga attesa della prima
occupazione;
fase di passaggio quale che sia il livello di uscita da sistema
formativo;
meno diffusi nel Mezzogiorno, perché più scarse sono le
occasioni di lavoro precario non manuale;
nel Centro-Nord vi sono maggiori opportunità nei servizi, anche
ad elevato livello e in regola;
effetto di addestramento soltanto per pochi. Quindi scarso
vantaggio sul piano professionale.
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Schizofrenia nei comportamenti di ricerca dei giovani
Sfasamento tra:
• il lavoro «desiderato», quello «per la vita», coerente con le
aspettative suscitate dal livello di istruzione raggiunto, che si
continua a cercare intensamente;
• il lavoro «qualsiasi», che non coinvolge l'identità del
lavoratore ed è vissuto in modo strumentale:
• non vige la «logica dell'onore»;
• periodo di moratoria, che rafforza le crescenti aspettative
occupazionali, consentendo di tenerle vive più a lungo.
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La lunga attesa in seno alla famiglia di origine
la lunga attesa dell'occupazione «adeguata» si regge sul sostegno
economico e sulle aspettative di mobilità sociale della
famiglia;
come le diverse origini familiari dei giovani incidono sui tempi di
ricerca:
• migliori relazioni sociali favoriscono l'accesso al «buon
lavoro»;
• maggiori risorse economiche consentono più lunghi tempi di
attesa.
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Un disoccupato non più isolato ed emarginato
«Il disoccupato solo e abbandonato non lo abbiamo mai
incontrato». (da una ricerca sulla disoccupazione a Napoli);
in contrasto con le classiche ricerche sulla disoccupazione degli
anni Trenta, in Italia i senza lavoro hanno più relazioni
familiari di coloro con un'occupazione stabile:
• coloro che cercano lavoro sono giovani che vivono in famiglia;
• i disoccupati adulti per lo più vivono nel Mezzogiorno, ove le
relazioni familiari allargate sono più dense, ma la cerchia è
spesso ristretta a senza lavoro.
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Disoccupazione e lavoro nero
l'economia informale svolge un ruolo importante nelle strategie
dei disoccupati adulti nel Mezzogiorno (costi della vita
inferiori):
• pochi disoccupati ricevono indennità di disoccupazione, ma
semmai altri sussidi non specifici;
attività dequalificate, occasionali, quasi sempre irregolari, che non offrono sbocchi occupazionali stabili, anzi logorano ancor più le capacità di lavoratori poco istruiti («la fatica»);
non sono «falsi disoccupati» perché cercano attivamente il «posto»;
ma ovviamente risulta ridotta la disoccupazione «pura».
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Una disoccupazione non economicamente seria,
ma socialmente grave?
Dal punto di vista sociale, la situazione è grave, perché milioni di
persone non riescono a ottenere una condizione lavorativa
cui aspirano,
• non importa se per necessità o per desiderio di realizzazione
personale;
ma finora il disagio sociale poggiava su un sistema economico
ricco e soprattutto gli effetti economici della disoccupazione
erano attutiti dai processi di aggiustamento interni alle
famiglie;
→ quindi, finora,la situazione economica della grande
maggioranza dei disoccupati non è stata economicamente
seria, nonostante lo scarso rilievo del sostegno pubblico.
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Le conseguenze psicologiche della disoccupazione
grave è invece l’emergenza sociale di alcune generazioni di
giovani che rischiano di incontrare troppo tardi un lavoro in
cui realizzare una propria identità personale e professionale:
• conseguenze sul ciclo di vita: sposarsi e fare figli;
• conseguenze psicologiche: prolungamento adolescenza;
da entrambi questi punti di vista, svolgere «lavoretti» o avere
anche più strutturate occupazioni instabili non modifica
molto la situazione dei giovani.