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IL BILANCIO PARTECIPATIVO
DI PORTO ALEGRE.
MARZO 2005, FORLÍ
PABLO BARONE.
TESI DI LAUREA IN SCIENZE INTERNAZIONALI E DIPLOMATICHE
CORSO IN POLITICHE DI SVILUPPO
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA, SEDE DE FORLÌ
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE “ROBERTO RUFFILLI”
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2
INDICE
PARTE PRIMA ............................................. 7
CAPITOLO 1 ........................................................................................ 7
LA DEMOCRAZIA E IL SUO CONSOLIDAMENTO IN AMERICA LATINA. ...... 7
CAPITOLO 2 ......................................................................................23
IL PATRIMONIALISMO IN BRASILE. .......................................................23
PARTE SECONDA ..................................... 50
CAPITOLO 3. .....................................................................................50
PORTO ALEGRE: DALLA CITTÀ “BIPARTITA”
ALL‟ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE. ......50
3.1. Origini storiche della città “bipartita” in Brasile. ..................51
3.2. La “favelizzazione” di Porto Alegre. .......................................53
3.3. La distensione e la conflagrazione del Movimento
Comunitario. ....................................................................................56
3.4. Verso nuove forme di partecipazione .......................................59
3.5. 1989. Il primo ciclo di Orçamento Participativo. ....................61
3.6. Direttrici di sviluppo dell‟Orçamento Participativo. ..............63
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3
3.7. Influenza dell‟Orçamento Participativo sulle politiche
pubbliche. ........................................................................................66
CAPITOLO 4. .....................................................................................70
FUNZIONAMENTO ATTUALE DELL‟ORÇAMENTO PARTICIPATIVO DI
PORTO ALEGRE. ...................................................................................70
4.1. Le istanze dell‟Orçamento Participativo. ................................70
4.2. Il ciclo annuale di discussione del Bilancio. ............................75
CAPITOLO 5. .....................................................................................82
L‟OP E IL QUADRO NORMATIVO. ..........................................................82
CONCLUSIONI .......................................... 88
BIBLIOGRAFIA ......................................... 97
BIBLIOGRAFIA ON-LINE ....................... 99
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4
INTRODUZIONE
Il Bilancio Partecipativo di Porto Alegre, è uno strumento di gestione
pubblica che si basa sulla partecipazione ripetuta, frequente e volontaria della
cittadinanza, nelle diverse fasi di discussione, elaborazione ed esecuzione del
Bilancio Comunale, particolarmente in ciò che concerne la definizione delle
priorità per l‟allocazione di risorse e investimenti pubblici. La partecipazione,
formalmente di carattere consultivo, è organizzata secondo un criterio misto
che prevede momenti di coinvolgimento diretto e altri mediati tramite
rappresentanza.
Instituito nel 1989 dalla gestione Frente Popular1 di Olivio Dutra, passando
per numerosi adattamenti alla complessità dello scenario socio–politico
locale, sostenuto da quattro mandati consecutivi all‟Esecutivo del PT, il
Bilancio Partecipativo è tuttora vigente.
La relativa maturità di quest‟esperienza rispetto alla giovane democrazia
brasiliana, il radicalismo dell‟idea di partecipazione politica che la anima e
l‟abilità delle amministrazioni che si sono susseguite finora nell‟incassare
consenso e approvazione a livello nazionale e internazionale, sono stati, a mio
avviso, fattori importanti nell‟attivare un interesse diffuso e vivace verso
l‟esperienza in atto a Porto Alegre, oggi emulata nei più disparati contesti.
Attualmente altri 103 Municipi brasiliani stanno sperimentando strumenti
amministrativi che si ispirano o ricalcano il modello attuato a Porto Alegre; in
Europa i comuni che lo replicano più fedelmente sono Manchester e Bobigny
(Paris) e in Italia gli enti locali che stanno attuando esperienze di Bilancio
Partecipativo sono: il Municipio XI del Comune di Roma (140.000 abitanti
circa), il Comune di Pieve Emanuele (MI)(18.000 ab.circa); il Comune di
Grottammare (AP)(14.000 ab.circa). Ad oggi la pratica di gestione del
Bilancio Partecipativo ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, fra
1 Coalizione partitica di sinistra che ha governato Porto Alegre dall‟1989 al 2004, il cui partito
egemone è il PT.
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i quali il più importante è probabilmente quello ottenuto nella Seconda
Conferenza Mondiale Sugli Insediamenti Umani dell‟Organizzazione delle
Nazioni Unite – Habitat II. In questa occasione il Bilancio Partecipativodi
Porto Alegre viene selezionato dal Comitato Tecnico della conferenza, come
una delle 42 migliori pratiche di gestione urbana al mondo; inoltre la Sezione
per l‟America Latina, del Programma di Gestione Urbana dell‟ONU, riceve il
riconoscimento come una delle 22 esperienze di gestione pubblica più
efficienti.2
Altro importante elemento di risonanza è stato fornito dal Forum Sociale
Mondiale ospitato più volte dalla città di Porto Alegre. In questa sede entità
della società civile e delegazioni di partiti, sindacati ed enti locali, provenienti
da tutto il mondo, hanno potuto conoscere la natura innovativa dell‟esperienza
in atto nella città. Numerosi i workshop e conferenze su partecipazione
politica, governo locale e sviluppo sostenibile in cui il Bilancio Partecipativo
è stato approfonditamente “pubblicizzato”; efficace è anche l‟attività di
“sponsorizzazione” stimolata dall‟Amministrazione, tramite la diffusione di
abbondante materiale pubblicitario sulla peculiare gestione urbana di Porto
Alegre, come fiore all‟occhiello del PT, e contemporaneamente, grazie al
vigoroso impegno, nel risaltare agli occhi degli ospiti, l‟immagine di una città
sviluppata e accogliente, dotata di servizi e infrastrutture efficienti.
La mia tesi non si inserisce nel dibattito sulla replicabilità di questa esperienza
in ambiti diversi, né tanto meno si addentra nella contrapposizione teorica tra
sostenitori della democrazia diretta, o partecipativa, e i difensori dei sistemi
democratici rappresentativi; ambisce, piuttosto, ad approfondire il significato
dell‟istituzionalizzazione della partecipazione cittadina alla definizione della
programmazione di bilancio, nel caso specifico della metropoli brasiliana di
Porto Alegre. Un‟analisi, quindi, che necessariamente parte dalla descrizione
del consolidamento delle democrazie latino-americane della terza ondata, per
giungere all‟individuazione, nel caso specifico del Brasile, dei principali
2 Habitat II si è tenuta nel giugno 1996 a Istambul, Turchia. Porto Alegre ha partecipato con una
delegazione dell‟allora Prefetto Tarso Genro (PT). Argomento della conferenza era le
interconnessioni tra disuguaglianze e urbanizzazione.
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ostacoli all‟istituzionalizzazione della democrazia come “only game in town”.
In particolare, per quanto riguarda il Brasile, individuo nella struttura
marcatamente patrimonialista–clientelare delle relazioni tra società e Stato,
una spiegazione saliente del tratto autoritario dello sviluppo culturale–politico
di questo paese, corresponsabile della proliferazione di fenomeni di
marginalizzazione sociale, drammaticamente iscritti nella fisionomia delle
metropoli brasiliane.
Una volta rintracciati i macro–fenomeni individuati a livello nazionale nella
storia di Porto Alegre, passo a descrivere la “genesi” e l‟evoluzione
dell‟esperienza del Bilancio Partecipativo, offrendo un‟interpretazione delle
dinamiche politiche attraverso cui si è giunti ad attivare la sua
sperimentazione, e di quelle che ne hanno determinato il consolidamento.
Buona parte del materiale consultato è in lingua Portoghese, quindi ho
pensato fosse utile tradurre le citazioni nel testo. Le citazioni nelle note a piè
di pagina ,invece, ho preferito lasciarle in lingua originale, dato che spesso si
tratta di dichiarazioni riportate integralmente, che perderebbero „colore‟ se
tradotte dilettantisticamente. Rimangono in lingua originale anche le diciture
tecniche, come i nomi di istituzioni e organizzazioni politiche, per la praticità
di utilizzare le sigle corrispondenti. Ad esempio il termine „Bilancio
Partecipativo‟ verrà utilizzato nella sua traduzione in portoghese „Orçamento
Participativo‟, a cui è agevolmente riconducibile la sigla ricorrente „OP‟.
La mia curiosità per quest‟esperienza è nata da letture occasionali circa
cinque anni fa, successivamente, nell‟anno 2002, sono entrato in possesso di
materiale irreperibile in Italia, che mi ha procurato un amico di ritorno dal
Brasile. Nel 2003, trovandomi personalmente a Porto Alegre per altre
ricerche, ho avuto occasione di fare alcune interviste a personaggi coinvolti
nella costruzione dell‟OP, tra i quali il prof. Rodrigo Stumpf Gonzalez,
docente dell‟ Universidade do Vale do Rio dos Sinos, che ha partecipato
attivamente all‟evoluzione dell‟OP.
Forlí, Marzo 2005.
Pablo Barone
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PARTE PRIMA
CAPITOLO 1
La democrazia e il suo consolidamento in America Latina.
In questo primo capitolo mi pongo l‟obiettivo di introdurre alcune peculiarità
del caso latino-americano, in relazione ad uno dei processi più studiati della
scienza politica contemporanea: il consolidamento democratico. Se lo studio
di questo fenomeno, come si vedrà in seguito, ha portato a conclusioni
discordanti, a proposito della definizione di democrazia, invece, è stato
raggiunto, se pure probabilmente provvisorio,3 un generale consenso. Col
dissolvimento delle correnti teoriche partecipazioniste dei movimenti di
contestazione di fine ‟60, e con il crollo dell‟URSS alla fine degli anni ‟80,
che seppellisce con sé l‟ideale della “democrazia popolare”, oggi più che mai,
il termine democrazia è utilizzato prevalentemente per designare la forma di
governo democratica rappresentativa moderna, storicamente affermatasi nel
XX secolo. In altri termini l‟eterogeneità delle definizioni di cosa dovrebbe
essere la democrazia, originata dalla molteplicità di possibili interpretazioni
della sua dimensione normativa – democrazia intesa come “orizzonte
dell‟uguaglianza e dell‟inclusione”4 – ha ceduto il passo all‟esigenza di
3 La “nascita” della democrazia è comunemente individuata come sua prima manifestazione nel
governo della polis ateniese del V sec. a. C. , scompare dal lessico politico con la fine dell‟esperienza
periclea, per riemergere soltanto con le, e rivoluzioni settecentesche e fino ai giorni nostri, in base
alle aspettative su ciò che da essa sia legittimo aspettarsi, si è vista attribuire diversi significati. Per
questo ipotizzo che il generale consenso su una definizione di democrazia come quella forma
governo democratico rappresentativa, storicamente ralizzatasi nel XX , derivi da particolari
contingenze storiche, e che, quindi in futuro, sarà probabilmente soggettaad ulteriori
concettualizzazioni. D‟altronde lo stesso Robert Dahl, scrive “in molti paesi il compito è quello di
portare la democratizzazione al livello della democrazia poliarchica. Ma la sfida per i cittadini delle
democrazie consolidate è scoprire come realizzare un livello di democratizzazione ancora superiore”.
Robert Dahl, On Democracy, Yale University, 1998, trad.it. , Sulla Democrazia, ed. Laterza, Roma-
Bari, 2002, pag. 106. 4 Edoardo Greblo, Democrazia, Il Mulino, Bologna, 2000, pag. 15
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8
descrivere, tra le forme di governo che gli uomini si sono dati nella storia,
quella che più rispetta l‟ethos egualitaristico essenziale, minimo, implicito
nell‟etimologia stessa della parola democrazia5: “l‟idea che i cittadini debbano
essere trattati come politicamente uguali nella partecipazione al governo”.6 Se
la democrazia diretta come governo del popolo non può esistere, se non
relegata alle anguste condizioni già dettate da Jean-Jaques Rosseau7, e quella
“popolare” non è mai stata ciò che idealmente pretendeva di essere8, la
democrazia rappresentativa si impone come verdetto della storia. La
democrazia rappresentativa è definibile, nella sua formulazione minima, come
“una procedura in base alla quale i leader competono sul piano elettorale per
ottenere la necessaria investitura popolare”,9 definizione, quindi, meramente
5 Gli etimi dal Greco del termine sono demos (potere) e kratia (popolo), una derivazione letterale del
senso di democrazia come potere del popolo lascia spazio a una varietà di interpretazioni
difficilmente semplificabile, come ad esempio illustra Giovani Sartori in Democrazia: cosa è? (BUR
edizioni, Milano, 2000, pag. 21-22), che individua almeno 6 significati di “popolo”, tra cui il più utile
sarebbe il popolo inteso come “principio maggioritario temperato”, quindi come “unità operativa
qualificata dalle sue regole decisionali”. Malgrado la difficoltà di derivare una formula descrittiva di
democrazia dall‟etimologia della parola, è possibile ricavare un principio prescrittivo che consiste
nell‟uguaglianza politica delle unità che compongono il soggetto titolare della sovranità popolare:
l‟idea di “uguaglianza intrinseca” che ho inteso esprimere secondo la definizione di Robert Dahl che
segue nel testo. 6 Robert Dahl, op. cit. , pag. 67
7 Nel Contratto Sociale la “vera democrazia” che “non è mai esistita, né mai esisterà”
7 si riferisce al
modello della democrazia diretta, ed è intesa in netta contrapposizione a quella rappresentativa :“La
sovranità non può essere rappresentata […]; essa consiste essenzialmente nella volontà generale, e la
volontà generale non si rappresenta. […] Il popolo inglese crede di essere libero ma si sbaglia di
grosso; lo è soltanto durante l‟elezione dei membri del parlamento; appena questi sono eletti, esso
torna schiavo, non è più niente.” Se la democrazia rappresentativa non è un traguardo auspicabile,
quella diretta è presentata come irrealizzabile, per le condizioni difficilmente raggiungibili che
richiede: “uno Stato molto piccolo, in cui al popolo sia facile riunirsi, ed ogni cittadino possa
facilmente riconoscere tutti gli altri”;“ una grande semplicità di costumi, che impedisca il
moltiplicarsi degli affari e le discussioni spinose”; “una grande eguaglianza di condizioni e di
fortune”(Jean Jaques Rosseau, Du Contrait Social, ou principes du droit politique, Trad.It. Il contatto
sociale, a cura di Jole Bertolazzi, Feltrinelli, Milano, 2003).Queste indicazioni ci appaiono, anche
intuitivamente, tuttora ragionevoli; pur considerando le capacità tecnologiche di cui dispongono le
società avanzate, non riusciamo a concepire un‟organizzazione capace di gestire, anche solo
logisticamente, la partecipazione popolare diretta nella attività legislativa; non abbiamo referente
empirico di un tipo di società strutturata secondo “ una grande semplicità di costumi”, in cui i
“cittadini magistrati” in grado governare siano più dei “cittadini semplici privati”, nella quale si sia
raggiunta “una grande eguaglianza di condizioni e di fortune”. 8 Sartori, op. cit, pag. 12.
9 Edoardo Greblo, op. cit. , pag. 145. Ho scelto questa formula utilizzata da Greblo per parafrasare la
celebre definizione procedurale di Shumpeter secondo cui “il metodo democratico è
quell‟accorgimento istituzionale per arrivare a decisioni politiche, nel quale alcune persone
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9
procedurale che permette già di individuare le due dimensioni fondanti dei
sistemi democratici rappresentativi (partecipazione – contraddittorio),
utilizzati successivamente da Robert Dahl per individuare la combinazione
ottimale tra questi, tale dare luogo ad una poliarchia. Una “democrazia
«poliarchica»”10
è quella che presenta tutte le 6 istituzioni che nelle
democrazie rappresentative moderne, garantiscono una “partecipazione
allargata alla vita politica”11
:
a) amministratori eletti; b) libere, eque e frequenti elezioni; c) libertà di
espressione; d) accesso a fonti alternative di d‟informazione; e) autonomia
associativa; f) cittadinanza allargata.12
In definitiva, il consenso sulla
definizione di democrazia, a cui alludo all‟inizio del capitolo, risiede proprio
nella generale accettazione dell‟idea che una democrazia, per essere
considerata tale, debba rispondere ai criteri, empiricamente verificabili, di una
poliarchia, modello di forma di governo democratico rappresentativo
affermatasi storicamente nel XX secolo. Utilizzando quindi la celebre
espressione di Giovanni Sartori: “La deontologia postula un governo del
popolo, l‟accertamento postula un governo delle minoranze; la democrazia
vorrebbe essere un sistema di autogoverno, riesce ad essere una poliarchia.”13
Avendo definito “cosa” debba consolidarsi, posso ora addentrarmi in
specifico nello studio del consolidamento delle democrazie latino-americane
interessate dai processi di transizione della terza ondata, argomento rispetto al
quale l‟analisi è stata condotta da prospettive differenti. Alcuni hanno
individuato una relazione positiva tra il livello di consolidamento raggiunto
dalle istituzioni democratiche e le chance di durata di queste democrazie. Altri
acquistano il potere di decidere mediante una lotta competitiva per il voto popolare”. Definizione di
Shumpeter tratta da in Sartori, op. cit. , pag. 107 10
Robert Dahl, op. cit. , pag. 96. 11
Ibidem, pag. 97. 12
Ibidem, pag. 96. Il nesso logico tra la formulazione di democrazia shumpeteriana, strettamente
procedurale, e quella estensiva di Robert Dahl, è spiegata in maniera esemplare da Giovanni Sartori:
la prima costituirebbe “il meccanismo che genera una poliarchia aperta la cui competizione nel
mercato elettorale attribuisce potere al popolo, e specificamente impone la responsività degli eletti nei
confronti dei loro elettori”, in questo senso la definizione procedurale “coglie la democrazia in
fabbricazione, non in attuazione”. Giovanni Sartori, op. cit. , pag. 108. 13
Giovanni Sartori, Democrazia e definizioni, Il Mulino, Bologna 1969, pag. 65.
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10
hanno posto delle condizioni a questa correlazione, asserendo che
parallelamente all‟istituzionalizzazione della democrazia, caratteristiche
antidemocratiche e longeve, proprie dello sviluppo delle istituzioni politico–
sociali e della cultura politica latino-americana, trovano il loro
“consolidamento”, privando di importanti fattori di legittimazione il regime
democratico nascente.
Questo secondo approccio, attraverso un‟attenta osservazione empirica dei
meccanismi di regolazione delle interazioni tra Stato, sistema politico e
società, perviene ad una valutazione normativa della specificità dello
sviluppo democratico latino-americano, il cui elemento caratterizzante
sarebbe una tensione irriducibile tra elementi democratici formali e altri
informali, particolaristici e autoritari. L‟analisi del consolidamento non
dovrebbe quindi limitarsi a quantificare il livello d‟istituzionalizzazione della
democrazia e tentare in base ad esso una previsione circa la sua possibile
durata, ma valutare qualitativamente che tipo di democrazia si sta
consolidando, ed individuare con precisione gli “effetti extrapoliarchici”14
della persistenza di caratteristiche strutturali antidemocratiche, sulle capacità
di sopravvivenza del regime stesso.
L‟idea che il livello di consolidamento delle procedure democratiche per la
selezione dei governanti costituisca l‟elemento discriminante per valutare la
riuscita del processo di consolidamento, viene espressa in maniera esemplare
Juan J. Linz, secondo cui una democrazia consolidata è quella in cui “[…]
nessuno dei maggiori attori politici, partiti, o interessi organizzati, forze o
istituzioni ritiene che ci sia alcuna alternativa al processo democratico per
ottenere il potere, e nessuna istituzione politica o gruppo ha il diritto di porre
14
Termine utilizzato da O‟Donnell per designare quella serie di effetti, approfonditi in seguito, che
nonstante sfuggano ad una rilevazione effettuata attraverso i parametri forniti dalla definizione delle
poliarchie di Dahl (menzionata nel primo capitolo del presente elaborato), esercitano un importante
influenza sulle capacità di autolegittimazione dei regimi democratici in quanto ne alterano,
informalmente ma effettivamente, il funzionamento e quindi la natura e le prerogative. Termine
utilizzato in Guillermo O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, pubblicato in Guillermo
O‟Donnell, Counterpoints. Selected Essays on Authoritarianism and Democratization, University of
Notre Dame Press, Notre Dame, 1999.
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11
il veto all‟azione dei dirigenti democraticamente eletti. In parole povere la
democrazia dovrebbe essere vista come the only game in town”.15
Segue
questo approccio Samuel Huntington, secondo cui “una democrazia può
essere considerata consolidata quando il partito che ha vinto le prime elezioni
della transizione, viene sconfitto nella seconda tornata elettorale e sostituito
da una formazione alternativa, e quest‟ultima cede a sua volta il potere in
modo pacifico ai vincitori di una successiva elezione”.16
Questo sarebbe un
indicatore empirico possibile dell‟accettazione delle regole del gioco
democratico, da parte delle élite, nella misura in cui consentono che il potere
gli venga consegnato e sottratto tramite i processi elettorali, e da parte dei
cittadini, che riescono a distinguere tra forma di governo e governanti,
attribuendo a questi ultimi le responsabilità della loro insoddisfazione
piuttosto che al tipo di regime, e, in definitiva, acconsentendo a sostituirli
tramite le elezioni17
.
Se l‟istituzionalizzazione del meccanismo elettorale è ritenuta essere il
principale indicatore del consolidamento democratico, tra i fattori che lo
ostacolano, secondo Huntinghton, è possibile operare una distinzione: alcuni
sono di tipo “sistemico”, inerenti cioè alla forma di governo democratica18
,
altri “contestuali”, preesistenti alla democrazia e che difficilmente verranno
da questa risolti. Tra i problemi “contestuali” ereditati dalle democrazie della
terza ondata i più gravi sono la povertà, l‟ineguaglianza socioeconomica,
l‟inflazione, il debito esterno, e i bassi tassi di crescita19
. Nel momento in cui i
cittadini realizzano che tali problemi “contestuali” non sono risolvibili con
15
Juan J. Linz “Transition to Democracy” Washington Quarterly 1990 pag 156, citato in Guillermo
O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, op. cit.. Il senso della celebre espressione “the only
game in town” verrà ulteriormente approfondito Juan J. Linz & Alfred Stepan, Problems of
democratic transitions and consolidations, The Jhons Hopkins University Press, Baltimore, Maryland,
1996.pag. 7-16. 16
Samuel P. Huntington, The third wave. Democratization in the Late Twentieth Centurry, Norman
University of Oklahoma Press, 1993 trad. it. La terza ondata, a cura di Giovanni Dognini, Il Mulino,
Bologna ,1995; pag. 285 17
“le democrazie si consolidano quando le persone imparano che il sistema democratico risolve il
problema della tirannide, non tutti gli altri.”; ibidem, pag. 281. 18
Ibidem, pag. 231. I problemi “sistemici” delle democrazie individuati da Huntington sono: la
possibilità di situazioni di stallo, l‟incapacità di raggiungere delle decisioni, la suscettibilità alla
demagogia, il dominio da parte di “certi interessi economici”.
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12
l‟instaurazione della democrazia, può sopraggiungere un effetto collettivo di
“disillusione”, che, soprattutto nel caso latino-americano, ha provocato
risposte anti–istituzionali (es. Collor in Brasile, Fujimori in Perù)20
.
Huntington ammette che in questi contesti, ad un dato momento, potrebbero
esaurirsi le alternative democratiche interne al sistema, e a quel punto
l‟opinione pubblica poterebbe rivolgere la propria disaffezione proprio al
sistema democratico, optando per candidati “populisti carismatici”.21
Sebbene l‟autore riconosca l‟esistenza di problemi strutturali che preesistono
alla transizione democratica, non sembra contemplare l‟ipotesi che alcuni
Stati, interessati dai processi di democratizzazione della terza ondata,
possano mantenere importanti caratteristiche non democratiche, nonostante al
loro interno venga adottata una forma di governo democratico. Tra gli autori
che, invece, si soffermano sulle contraddizioni che affliggono le democrazie
latino-americane Guillelmo O‟Donnell è generalmente ritenuto una fonte
imprescindibile.
Secondo quest‟autore, lo Stato, nel caso latino-americano, continua a
manifestarsi attraverso istituzioni informali antidemocratiche nonostante il
solo criterio organizzativo formalmente riconosciuto sia di tipo legale
democratico.22
Lo Stato è prima di tutto un corpus di relazioni sociali tra cui
esso stabilisce un certo ordine23
, e quest‟ordine può essere basato anche solo
parzialmente sull‟ordinamento giuridico a cui è affidata la formalizzazione
della forma di governo.24
In esso operano istituzioni definibili come un“[…]
modello regolarizzato di interazione che è conosciuto, praticato, ed accettato
(se non necessariamente approvate) da attori che si aspettano di continuare ad
19
Ibidem, pag. 230. 20
Ibidem, pag. 284. 21
Ibidem, pag. 287. 22
Ibidem, pag. 142. 23
Oltre ad essere, naturalmente, l‟aggregato delle burocrazie pubbliche tramite cui esercita in prima
istanza il monopolio legittimo dell‟uso della forza. 24
“The effectiveness of the law over a given territory consists of innumerable habituated behaviors
that (consciously or not) are usually consistent with the prescriptions of the law.”; in Guillermo
O‟Donnell, “On the State, Democratization, and Some Conceptual Problems: A Latin American
View with Glances at Some Postcommunist Countries”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell, op.cit. ,
pag.135.
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13
interagire sotto le regole sanzionate e sostenute da quel modello”: queste
possono essere regolate da una esplicita e precisa formalizzazione, ma
possono essere anche del tutto informali.25
In questo senso, per O‟Donnell, le
istituzioni democratiche formalmente regolamentate, tra cui la principale è
rappresentata dalle elezioni, possono consolidarsi al pari di altre istituzioni
informali molto meno consone ad una effettiva democrazia. Ne segue che, se
lo studio del consolidamento democratico consiste in una “misurazione” del
livello di istituzionalizzazione dei criteri di una poliarchia, l‟analisi di questo
processo può rivelare ben poco a proposito delle chance di sopravvivenza
della democrazia in America Latina:26
può anche consolidarsi, ma “non è
detto che essa duri”, dal momento che effetti “extra-poliarchici” del
consolidamento di istituzioni informali antidemocratiche, possono snaturare la
sua essenza, e limitare le sue prerogative intrinseche. In definitiva, secondo
l‟approccio proposto da O‟Donnell, porsi il problema sulle probabilità di
sopravvivenza delle democrazie latino-americane, dovrebbe comportare, non
tanto, o quantomeno non solo, una valutazione del processo di
consolidamento delle istituzioni democratiche, quanto, piuttosto,
l‟identificazione del tipo di democrazie che si sviluppano in contesti in cui
permane una tensione irriducibile tra istituzioni democratiche formalizzate e
altre, informali e antidemocratiche: l‟uguaglianza giuridica dei cittadini
contro la sistematica disparità di accesso ai diritti formalmente garantiti,
l‟universalistica orientazione verso il bene pubblico a cui la democrazia
vincola l‟esercizio del potere di fronte al particolarismo che contraddistingue
la prassi empiricamente osservabile nell‟esercizio delle funzioni pubbliche,27
il potere Esecutivo esercitato secondo il vincolo rappresentativo contro una
concezione prevalentemente delegativa del mandato.
25
“Sometimes, -institutions become complex organizations: they are supposed to operate under highly
formalized and explicit rules, and materialize in buildings, rituals, and officials. These are the
institutions on which both “prebehavioral” and most of contemporary neoinstitutionalist political
science focus”. Le elezioni sono un esempio di istituzione altamente formalizzata e regolamentata,
ma altri percorsi regolarizzati di interazione altamente informali possono essere parimenti considerati
istituzioni. Ibidem, pag. 178. 26
Ibidem, pag. 180.
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14
Riguardo alla non omogeneità dello status di cittadinanza, la tensione con le
prerogative democratiche è lampante.28
Questa caratteristica deriva da una
deficienza strutturale dello Stato: la non uniforme effettività della legge, in
senso spaziale (da regione a regione del territorio nazionale), e sociale
(secondo l‟appartenenza a gruppi sociali). Se l‟ordinamento giuridico è uno
dei principi in base al quale può essere organizzato lo Stato, la forma di
governo democratica è, per eccellenza, quella che si basa su uno Stato in cui
“l‟espressione organizzativa […] altamente ritualizzata e istituzionalizzata”29
predominante è quella legale. In un ordinamento democratico vige un tipo di
legalità universalistica – può essere invocata da tutti, indipendentemente dalla
posizione sociale, su tutto il territorio in cui vige tale ordinamento30
; che tipo
di democrazia si sviluppa in uno Stato dove l‟effettività della legge non è
uniforme? Rimane una democrazia, nella misura in cui soddisfa i parametri
delle poliarchie, ma al suo interno avviene un depotenziamento di una
dimensione costitutiva della democrazia: lo status di cittadinanza, inteso come
un congiunto di diritti civili, politici e sociali la cui titolarità, in uno Stato di
diritto democratico, è universalmente attribuita a tutti i cittadini. La non
uniforme effettività della legge, caratteristica del caso latino-americano, rende
l‟accesso ai diritti di cittadinanza intermittente, “a bassa intensità”.
“contadini, abitanti dei bassifondi, popolazioni indigene, donne, ecc. si
vedono spesso preclusa la possibilità di ricevere un trattamento equo nei
tribunali, o di ottenere dalle agenzie pubbliche i servizi di cui hanno
diritto, o di essere al sicuro dalla violenza della polizia, ecc. Queste sono
restrizioni "extrapoliarchiche" ma tuttavia politicamente rilevanti;
comportano l'inefficacia della stato di diritto, l‟abbattimento di diritti e
27
Guillermo O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell,
op.cit. ; pag.180-181. 28
“The effectiveness of the law over a given territory consists of innumerable habituated behaviors
that (consciously or not) are usually consistent with thse prescriptions of the law.”, in Guillermo
O‟Donnell, “On the State, Democratization, and Some Conceptual Problems: A Latin American
View with Glances at Some Postcommunist Countries”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell, op.cit. ,
pag. 135. 29
Ibidem.
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15
garanzie che, tanto quanto votare senza coercizione, sono costitutive della
cittadinanza. Da ciò deriva una curiosa scissione: […] i diritti democratici
di partecipazione della poliarchia sono rispettati. Ma la componente
liberale della democrazia è violata sistematicamente”.31
Il secondo fattore antidemocratico menzionato è quello relativo alla
privatizzazione della politica e al particolarismo nell‟esercizio delle funzioni e
dei potere pubblici, pratiche che vanno ad incidere negativamente sul
principio di rappresentanza politica32
. Se in democrazia coloro che vengono
eletti sono autorizzati legalmente a rappresentare la collettività negli organi
preposti, la legittimazione legale del poteri ad essi conferiti consiste tanto nel
rispetto delle procedure con cui avviene la scelta dei rappresentanti, quanto
nell‟adempimento della funzione che essi sono chiamati a svolgere: governare
nell‟interesse pubblico secondo i criteri imposti dalla legge. Al contrario,
sostiene O‟Donnell operando una generalizzazione a proposito delle
democrazie latino-americane, gli organi rappresentativi e amministrativi,
sviluppano interessi propri e nel perseguirli esercitano il potere secondo criteri
particolaristici. La prassi empiricamente osservabile consiste in forme
neopatrimoniali di appropriazione privata di posizioni, risorse e potere
pubblico, che perdurano e si riproducono in funzione di una fitta rete di
relazioni particolaristiche informali tra cui pratiche clientelari, nepotistiche e
di patronato politico33
.
“In generale, gli interessi dei […] legislatori sono piuttosto limitati: a
sostenere il sistema di dominazione privata che li ha eletti, e a
canalizzare verso quel sistema più risorse statali possibili. La tendenza
del loro voto è, quindi, conservatrice ed opportunistica. Per il loro
successo dipendono dallo scambio di "favori" con l‟esecutivo e con le
30
Ibidem, pag. 141. 31
Ibidem, pag. 143. 32
Ibidem, pag. 141. 33
Guillermo O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell,
op.cit. , pag. 181.
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16
varie burocrazie statali e, sotto deboli esecutivi che hanno bisogno di
qualche genere di appoggio parlamentare, spesso ottengono il controllo
delle agenzie statali che forniscono quelle risorse”.34
E‟ a livello locale che si assiste ad una endemica appropriazione privata del
potere che da luogo a frequenti “fenomeni come il personalismo, il
familismo, il prebendalismo”35
, e la connessione tra uso privato del potere
pubblico locale e la politica nazionale, è evidente considerando che le
regioni in cui queste pratiche sono più diffuse risultano, generalmente,
“sovrarappresentati” nel Legislativo nazionale36
.
Terzo fattore snaturante nel processo di consolidamento democratico, tra
quelli individuati da O‟Donnell che qui riporto, è l‟affermarsi di una
concezione spiccatamente delegativa del mandato rappresentativo, rilevabile
nelle attitudini cesaristiche con cui alcuni Esecutivi delle democrazie latino-
americane,37
esercitano la pubblica autorità. A proposito di questa tendenza
l‟autore arriva ad ipotizzare che ci si trovi di fronte ad un nuovo tipo di
democrazia non ancora individuato dalla teoria democratica, ancora
incentrata sullo sviluppo democratico dei paesi capitalisti occidentali.
Democrazie recenti come quella argentina, brasiliana e peruviana,
rispondono ai criteri di definizione di una poliarchia, ma non si sono
consolidate come democrazie rappresentative proprio a causa della natura
delegativa che il concetto di mandato rappresentativo ha assunto; queste
potrebbero essere definite, secondo l‟autore, democrazie deleganti.38
Gli
aspetti empiricamente osservabili, di questo tipo di democrazia, attengono in
parte alle modalità di esercizio della funzione esecutiva e in parte al rapporto
tra le diverse istituzioni democratiche.
34
Ibidem, pag. 140. 35
Ibidem. 36
Ibidem. 37
Alfonsin in Argentina, Collor in Brasile e Garcia in Argentina sono gli esempi più calzanti a cui
O‟Donnell fa riferimento.
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17
Riguardo al primo aspetto, nelle democrazie deleganti, il Presidente eletto è
concepito come il “l‟incarnazione della nazione”, il “custode” dell‟interesse
nazionale che a lui compete definire39
; cerca come base politica il
Movimento come superamento del fazionalismo partitico, dato che
quest‟ultimo è contrario alla concezione organicista Hobbesiana della
costituzione del potere, a cui tale interpretazione del mandato presidenziale
sembra ispirarsi.40
Le tendenze cesaristiche dell‟Esecutivo appaiono
particolarmente evidenti nel modo in cui esso affronta le crisi economiche
finanziare ereditate dal regime autoritario: la strategia privilegiata sembra
essere l‟adozione non negoziata di drastici pacchetti di stabilizzazione ,
predisposti dall‟entourage di tecnici che costituisce il referente privilegiato
del Presidente. L‟adozione di queste “dure medicine” aliena l‟appoggio
politico del Congresso e delle organizzazioni di interessi lese
dall‟implementazione di queste misure, il Presidente diviene l‟unico
responsabile del fallimento delle sue politiche,41
e la prosecuzione del suo
mandato si ispira sempre più a quella modalità di governo autoreferenziale
definita decretismo che, se da una parte svuota le funzioni degli altri organi
rappresentativi, dall‟altra non può aspirare a riforme efficaci, per la
mancanza di appoggio da parte delle principali istituzioni politiche e dei più
importanti settori sociali42
. L‟autore non ritiene che il nesso tra crisi
economica e concezione delegativa della funzione esecutiva sia di tipo
causale deterministico, sottolinea, infatti, che altre democrazie latino-
americane con problematiche economico-finanziarie simili hanno adottato
con successo strategie negoziate e incrementali. Caso emblematico è la
condotta del Presidente Sanguinetti in Uruguay.43
La spiegazione della diversità delle strategie, se non può essere fatta risalire
a differenze di condizioni economiche, è da ricercare nel secondo aspetto
38
Guillermo O‟Donnell in “Delegative Democracy”, pubblicto in Gillermo O‟Donnell, op. cit. , pag.
160 39
Ibidem, pag. 164. 40
Ibidem. 41
Ibidem, pag. 165. 42
Ibidem, pag. 170.
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18
che ho anticipato a proposito delle democrazie deleganti, il particolare
rapporto tra le diverse istituzioni democratiche. In particolare, in queste
democrazie manca un principio di responsabilità orizzontale tra poteri
relativamente autonomi, che imponga all‟Esecutivo un policymaking più
prudente e negoziato, la cui implementazione e responsabilità sia condivisa
da una fitta rete di istituzioni di rappresentanza politica e organizzazioni di
interessi44
. Nelle democrazie in cui la responsabilità orizzontale è resa
effettiva, dall‟alta istituzionalizzazione del Legislativo, da dispositivi
costituzionali vincolanti o da prassi concertative storicamente affermatesi,
come nel caso dell‟Uruguay, le decisioni sono immunizzate dai “grandi
errori”; nella misura in cui questa modalità di relazione tra istituzioni
rappresentative garantisce il principio di rappresentanza, queste democrazie
possono essere definite democrazie rappresentative. Dove questa fitta rete di
poteri relativamente autonomi non è abbastanza equilibrata da rendere
effettiva un tipo di responsabilità orizzontale, il principio della delega
prevale su quello della rappresentanza, e l‟Esecutivo divincolato e isolato,
ha più probabilità di incorrere in scelte azzardate e nefaste; in questi casi,
secondo O‟Donnell, ci si trova di fronte a democrazie delegative.
Riassumendo, per O‟Donnell il processo di consolidamento democratico
risulta poco utile a formulare previsioni sulla durata delle democrazie latino-
americane, nella misura in cui parallelamente al consolidamento delle
istituzioni democratiche formali, altre non democratiche, informali ed
evidentemente longeve impongono la loro sopravvivenza. La perseveranza
irriducibile di “modelli regolarizzati di interazione” organizzati secondo
principi antidemocratici, dequalifica prerogative fondamentali della
democrazia, in base alle quali essa è ritenuta comunemente un regime
preferibile:
43
Ibidem, pag. 167. 44
Ibidem, pag. 166.
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19
la non uniforme effettività della legge45
rende intermittente l‟accesso ai
più fondamentali diritti la cui fruizione in democrazia dovrebbe essere
universale per tutti i cittadini46
;
la sistematica privatizzazione dell‟autorità e delle risorse pubbliche, e la
rete, ad essa funzionale, di relazioni gerarchiche e particolaristiche tra
Stato e società, intessuta da politici, funzionari e interessi privati, negano
il presupposto democratico dell‟universale orientamento al “bene
collettivo”47
come vincolo all‟esercizio del potere concesso dal popolo
sovrano;
il disequilibrio tra istituzioni rappresentative, contraddistinto dall'assenza
di responsabilità orizzontale tra di esse, è causa permissiva della
concezione delegativa della rappresentanza da parte dell‟Esecutivo, che
assume un condotta definibile come cesaristica.
45
Provo ad offrire un chiarimento su questo punto di cui mi assumo le responsabilità: si potrebbe
obbiettare che la non uniformità della legge non è un‟istituzione proprio perché, essendo un
fenomeno per definizione non uniforme, non presenta quei requisiti di regolarità che un‟istituzione
implica. Si potrebbe rispondere che la sistematica ripetizione del fenomeno è particolarmente
incidente nelle aree rurali a svantaggio del campesinado, o che favorisce quei settori che riescono ad
esercitare un maggiore peso contrattuale nelle relazioni particolaristiche che le istituzioni politiche e
le burocrazie pubbliche instaurano con la società, oppure asserire, con un apparente gioco di parole,
che proprio la costante verificabilità di tale non uniformità costituisce l‟elemento di prevedibilità che
nelle istituzioni forgia le aspettative degli attori coinvolti. Ma in definitiva, anche non volendo
conferire la definizione di istituzione a questo fenomeno, negli ambiti, geografici e sociali, in cui si
verifica, tale disparità di accesso ai diritti non sta indicare la semplice assenza di uguaglianza, ma
segnala esplicitamente la discrezionalità dell‟attività degli organi che dovrebbero garantirli (ad es. i
tribunali per i diritti civili, gli organi rappresentativi locali e nazionali in rapporto alle istanze dei
cittadini riguardo ai diritti politici, gli istituti pubblici che dispensano i servizi per i diritti sociali)
Questa discrezionalità in sé rappresenta l‟altro “modello regolarizzato di interazione”, l‟istituzione
antidemocratica. Vista da questa prospettiva la non uniformità della legge, se non la si vuole
accogliere come ”modello regolarizzato di interazione” informale in sè, rimane comunque un effetto
di un‟altra istituzione informale che è il particolarismo nell‟esercizio della pubblica autorità. A
prescindere dal legame logico consequenziale che si intende dare ai fattori, la non omogeneità
dell‟effettività della legge determina il carattere intermittente, depotenziato, della cittadinanza. 46
Guillermo O‟Donnell, “On the State, Democratization, and Some Conceptual Problems: A Latin
American View with Glances at Some Postcommunist Countries”, pubblicato in Guillermo
O‟Donnell, op.cit. , pag. 140. 47
Ovviamente in democrazia rappresentativa vige la regola maggioritaria, ma gli eletti rappresentano
il popolo sovrano nella sua interezza, e l‟interesse supremo che guida la loro azione è quello
nazionale. Questo il motivo per cui nella maggioranza degli ordinamenti costituzionali delle
democratizie rappresentative non compare il mandato imperativo per gli eletti, dispositivo che invece
contraddistingue l‟altro tipo di rappresentanza conosciuta, quella di interessi. Per un esposizione
sintetica ma puntuale di questi concetti si può consultare Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia,
1991, Einaudi, Torino, pag. 8-15.
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20
Gli effetti “extra-poliarchici” sulle performance democratiche sono
rispettivamente:
il configurarsi di una “cittadinanza a bassa intensità” in base alle
dinamiche sopra menzionate;
la “scarsa responsivness” della policymaking, nella misura in cui buona
parte delle attenzione dei suoi responsabili sono dedicate “ a sostenere il
sistema di dominazione privata che li ha eletti, e a canalizzare verso quel
sistema più risorse statali possibili ”;48
lo snaturamento del principio di rappresentanza che perde la sua
componente di responsabilità orizzontale; l‟assenza di meccanismi che
impediscano o riducano la possibilità di commettere grandi errori nella
policymaking presidenziale; l‟ostacolo all‟istituzionalizzazione della
pratica concertativa; l‟estrema volatilità della popolarità presidenziale, e
quindi la cronica instabilità del sistema stesso49
.
48
Vedi nota 20. 49
A proposito del rapporto tra democrazie deleganti e consolidamento, O‟Donnell aggiunge
considerazioni importanti: le democrazie deleganti sono democrazie in un fase di stallo, non
sembrano tendere verso un risvolto espressamente autoritario, ma non accenneranno nemmeno a
dirigersi verso una forma di democrazia rappresentativa. L‟autore perviene ad ipotizzare che
all‟instaurazione di un governo eletto debba seguire una “seconda transizione” ad un consolidato ed
istituzionalizzato regime democratico. Sarebbe in questa fase, il cui superamento non è affatto
garantito dall‟istituzionalizzazione del solo meccanismo elettorale, che possono affermarsi le
democrazie deleganti. Il superamento della seconda transizione, e quindi il passaggio ad una
democrazia rappresentativa consolidata, dipende dal rafforzamento delle istituzioni democratiche
rappresentative, il cui equilibrio di poteri rende effettiva la responsabilità orizzontale di cui ho
parlato.( Vd. Guillermo O‟Donnell in “Delegative Democracy”, pubblicto in Gillermo O‟Donnell, op.
cit. , pag. 160). La riflessione implicita mi sembra essere la seguente: la forma di governo
democratico viene formalizzata in ordinamenti costituzionali e in compendi giuridici che regolano,
fra le altra cose, i rapporti di potere tra istituzioni e organi pubblici, in maniera da garantire il
principio di rappresentanza della sovranità popolare come legittimazione dell‟esercizio della pubblica
autorità; ma la configurazione dei rapporti tra organi di rappresentanza politica, come quelli che
intercorrono tra l‟Esecutivo e il Legislativo, e dei rapporti tra organi di rappresentanza politica e
organizzazioni di rappresentanza di interessi, come ad esempio tra il l‟Esecutivo e le organizzazioni
di categoria e i sindacati, non è garantita totalmente dalla formulazione legale della costituzione e
dell‟ordinamento giuridico, anche se queste, a seconda delle varianti adottate, possono produrre una
gamma importante di effetti diversi. L‟equilibrio dei poteri, e in definitiva l‟esistenza di una
responsabilità orizzontale, dipende in larga misura dallo svilupparsi delle capacità operative di tutte le
istituzioni democratiche che rappresentano la vita materiale della democrazia e
dall‟istituzionalizzazione di prassi concertative tra di esse. Solo quando le istituzioni democratiche
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21
La relazione negativa tra il consolidamento di siffatte democrazie e le
chance di durata della forma di governo democratica, mi sembra auto–
evidente. Le deficienze fin qui prese in considerazione, vengono percepite a
livello di sistema complessivo, non vengono cioè attribuite dai cittadini ai
governanti in carica, dal momento che le alternative possibili si rivelano,
comunque, sottostanti ad un tipo di regolazione della attività politica che è
intrinsecamente particolaristico e autoritario. In questo senso il virtuoso
assorbimento del dissenso tramite la periodica sostituzione dei governanti
mediante le elezioni perde notevolmente efficacia; in altri termini la
legittimazione procedurale della democrazia viene notevolmente
depotenziata, fenomeno questo che difficilmente può essere considerato
irrilevante nell‟ipotizzare scenari futuri.50
Un‟interpretazione alternativa delle sfide cui si trova di fronte
l‟istituzionalizzazione della democrazia in America latina è quella proposta
da Giorgio Alberti, che individua come principale ostacolo alla riuscita di
questo processo, la tensione antagonistica tra la logica movimentista
raggiungono un certo grado di autonomia e di collaborazione, i meccanismi di garanzia del principio
di rappresentanza democratica, quelli predisposti dall‟ingegneria costituzionale, nella legislazione
ordinaria che la implementa, e quelli intrinseci delle prassi concertative, possono assolvere alle loro
funzioni sostanziali. 50
Loris Zanatta, ad esempio, nel prospettare il rischio di un riflusso populista – autoritario, individua
come cause, sia problemi contestuali, come le performance deludenti dei governi democratici
nell‟affrontare i problemi dello sviluppo, della diseguaglianza sociale e della violenza, sia privata che
pubblica, o come l‟unilateralismo statunitense, sia le deficienze strutturali sottolineate da O‟Donnell e
riportate in questo studio; tra queste, per la precisione, nel saggio di Loris Zanatta a cui faccio
riferimento, trova maggiore riscontro quella relativa alla non uniformità dell‟effettività della legge: “ la democrazia non ha impedito che lo stato di diritto restasse spesso una formula vuota, o peggio
ancora una realtà valida per una parte della popolazione ma non per un‟altra, spesso la maggioranza,
e che la legge si applicasse in forma intermittente e distorta, specie in talune aree dove vigono codici
criminali di tipo mafioso. In tale contesto, i più poveri, le minoranze, o anche le donne, sono stati
ridotti a «cittadini di bassa intensità», a persone non solo materialmente, ma anche «legalmente»
povere, dato che i loro diritti civili sono perlopiù soggetti all‟arbitrio dell‟autorità di turno. A
proposito di tutti costoro è lecito e doveroso chiedersi perché dovrebbero sentirsi legate da un patto di
fedeltà e fiducia nei confronti di un regime politico dei cui benefici non godono.” In Loris Zanatta
“Tra Crisi di Legittimità e populismo”, pubblicato nella rivista: Il Mulino, n. 402, anno LI (4/2002),
il Mulino, Bologna, 2002, pagg. 738-746.
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22
dominante nella cultura politica latino-americana e le istituzioni.51
Il
movimentismo e l‟istituzione sono da intendersi come due aspetti
contraddittori della vita sociale: mentre il primo prevede una modalità di
conflitto totale con chi è esterno e quindi ad esso nemico, la seconda, come
modello regolarizzato delle interazioni sociali, definisce le regole del gioco,
tra i diversi attori nel perseguire i loro specifici interessi, quindi stabilisce
cosa può essere fatto o meno, non solo all'interno di un gruppo, ma anche tra
gruppi diversi52
. Nel caso latino-americano il movimentismo ha
rappresentato la principale logica di espressione, aggregazione e
articolazione di interessi ed identità, rintracciabile nella tendenza totalitaria
alla sovrapposizione tra Stato, sistema politico e società, sotto la guida della
leadership movimentista. Lo Stato è quindi coinciso alternativamente o con
l‟establishment del movimento, o con le forze anti-movimento che hanno
sconfitto, di volta in volta, sia lo Stato che il sistema politico precedenti53
.
In questo scontro totale, quindi, non ci sono istituzioni che si possano
consolidare, perché entrambi i differenti livelli in cui esse si formano –
Stato, sistema politico e società civile - sono fusi in un entità unica, che
viene stravolta ad ogni cambio di regime.
Il movimentismo , in quanto tratto caratterizzante della cultura politica
latino-americana, ha radici storiche lontane54
e tende a riproporsi nonostante
il variare dei contesti politici e sociali. Durante le transizioni della terza
51
Giorgio Alberti, “Movimentismo” and democracy: an analitical framwork and the peruvian case
study, (paper preparedo for the international confernce on the CHALLENG OF DEMOCRACY IN
LATIN AMERICA: RETHINKING STATE/SOCIETY RELATIONS, Rio de Janeiro, October 4-6,
1995.), CESDE, Università di Bologna, pag. 8. 52
Ibidem, pag. 7. 53
Ibidem, pag. 5-6. 54
Se le condizioni strutturali favorevoli alla la nascita del movimentismo sono state l‟elevata
instabilità istituzionale che ha caratterizzato la successione di svariati tipi di regimi, che si sono
susseguiti dalla crisi del sistema oligarchico intorno al primo trentennio del secolo agli anni ‟80
senza produrre un nuovo ordine stabile, la causa storica fondamentale della affermazione del
movimentismo è fatta risalire alle modalità di allargamento dell‟arena politica. In particolare lo
scontro fra le espressioni dell‟identità e dell‟articolazione delle nuove forze sociali generate dal
capitalismo e la resistenza dell‟istituzione decadente dell‟ordine oligarchico, assume
progressivamente una logica antiistituzionale movimentista, caratterizzata dall‟ambizione egemonica,
sia da parte delle fazioni includenti nuovi settori, che da parte di quelle che perseguono una
restrizione della partecipazione. Ibidem. pag. 5.
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23
ondata la sua manifestazione moderata è consistita nel movimento
democratico di opposizione ai regimi autoritari. Nella sua versione totalitaria
e propriamente anti–istituzionale, il movimentismo si ripropone come
caratteristica della propaganda e della policymaking dei Presidenti di parte
consistente delle neonate democrazie latino-americane. All‟indomani delle
prime elezioni democratiche, la crisi economica-finanziaria, la disgregazione
e la frammentazione della società civile, la commistione di parte del sistema
partitico con il precedente regime, e la disarticolazione dei partiti nuovi,
producono una spiccata volatilità elettorale che diminuisce la già scarsa
governabilità. Il generale scetticismo verso il complesso delle alternative
partitiche lascia spazio a nuovi leader e apparenti outsider che basano la loro
propaganda sulla demonizzazione dei partiti e dei politici in generale. Come
base di appoggio puntano ad aggregare consensi attorno al movimento cui
fanno capo; questo ben si presta all‟ostentazione del distanziamento col
panorama politico istituzionale e all‟instaurazione del necessario rapporto
immediato leader – masse. Come dimostra l‟elezione di Collor in Brasile e
quella di Fujimori in Perù, l‟elettorato di questi paesi è tutt‟altro che
immune alla mobilitazione movimentista. Coerentemente alle premesse
propagandistiche, le modalità caratteristiche con cui questi hanno esercitato
il mandato presidenziale, sono sostanzialmente quelle evidenziate da
O‟Donnell in Delegative Democracy, sintetizzabili nella prevaricazione
delle principali istituzioni democratiche.
CAPITOLO 2
Il patrimonialismo in Brasile.
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24
Nella tipologia dei poteri di Max Weber il potere patrimoniale appartiene al
tipo tradizionale. La sua legittimità si basa, quindi, sulla “credenza quotidiana
nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre, e nella legittimità di
coloro che sono chiamati a rivestire una autorità”55
e l‟arbitrio nell‟esercizio
di tale potere è libero. A differenza dei tipi primari del potere tradizionale -
gerontocrazia e patriarcalismo originario - in cui l‟esercizio del potere non è
un diritto di cui si appropria il detentore, ma al contrario una funzione che si
esercita nell‟interesse dei “consociati”, nel patrimonialismo il diritto di
detenere il potere diventa diritto personale “allo stesso modo di qualsiasi
oggetto suscettibile di possesso e quindi, in linea di principio, realizzabile nel
suo valore (vendibile, ipotecabile, ereditabile) come qualsiasi altro bene
economico”56
.
In antitesi al potere tradizionale, il potere razionale, che “poggia sulla
credenza nella legalità degli ordinamenti statuiti, e del diritto di comando di
coloro che sono chiamati ad esercitare il potere […] in base ad essi”57
, si
esercita : 1)in virtù e nei limiti di un “cosmo di regole astratte” che vincolano
tutti i “consociati” come lo stesso detentore del potere; 2) in funzione della
“cura razionale degli interessi prescritti dagli ordinamenti del gruppo”; 3) in
virtù di una competenza effettiva nel suo esercizio.58
L‟evoluzione da stato patrimoniale a stato razionale–legale non è un processo
in sé necessario, automatico. Al contrario si tratta di uno sviluppo
inizialmente circoscritto all‟Europa occidentale e stimolato da precise
contingenze storiche. In primo luogo la componente contrattualistica implicita
nell‟organizzazione feudale ha conferito all‟organizzazione burocratica
patrimoniale caratteristiche di razionalità e prevedibilità che porta weber a
considerare gli ordinamenti interessati dal feudalesimo casi limite di
patrimonialismo. In secondo luogo, nell‟alleanza dello stato assoluto europeo
con la borghesia ascendente, finalizzata all‟espropriazione del potere nobiliare
55
Max Weber, Wirtschaft und gesellschaft, Mohr, Tubinga, 1922, trad. it. Economia e Società,
edizioni Comunità, Milano, 1995, vol. I, pag. 210. 56
Ibidem, pag. 226-227. 57
Ibidem, pag. 210. 58
Ibidem, pag. 212-213.
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25
concorrente, l‟esercizio del potere viene difatti immerso in una dimensione
contrattuale. Saranno poi le trasformazioni sociali generate dal capitalismo, e
rivoluzione borghese e ad imporre l‟istituzionalizzazione della dominazione
razionale–legale: quindi, questa in definitiva si rivela “un‟inevitabile
fenomeno collaterale della moderna democrazia di massa […]; e ciò in primo
luogo come conseguenza del suo principio caratteristico, cioè l‟astratto
vincolo alla regola dell‟esercizio del potere. Questo deriva infatti dalla pretesa
di «eguaglianza giuridica» in senso personale e oggettivo, che aborre il
«privilegio»”59
.
Il passaggio da Stato patrimoniale a Stato razionale–legale avviene quindi
attraverso precise dinamiche politiche, ma come la storia ha mostrato, lo
sviluppo politico non ha seguito medesimi percorsi ovunque, in particolare la
configurazione la configurazione dei rapporti di forza tra i vari gruppi sociali
varia da contesto a contesto, tanto che su scala globale, il modello di sviluppo
dello Stato razionale–legale promosso dalla borghesia capitalista, risulterebbe
appena un‟eccezione. Partendo da questa considerazione, in sé abbastanza
ovvia, gli autori sui cui mi sono basato per l‟elaborazione di questo capitolo,
hanno tentato di rispondere ad alcuni interrogativi che la sociologia e la teoria
democratica incentrate sullo sviluppo politico occidentale non si
dimostravano in grado di affrontare, applicando al caso brasiliano in maniera
più o meno ortodossa le categorie sociologiche weberiane. Che caratteristiche
assume uno Stato come quello brasiliano, che si sviluppa in assenza di una
borghesia forte e numerosa come quella Europea?60
In altri termini, in
59
Ibidem, vol. IV, pag. 83. 60
Parlando di “assenza di una borghesia forte e numerosa” propongo una drastica semplificazione ai
fini della fluidità del discorso. Un analisi più approfondiata è quella proposta da O‟Donnell che
evidenzia come la borghesia brasiliana sia un soggetto sociale e politico che è si è costituito avendo
come interlocutore quasi esclusivo l‟apparato statale dispotico, senza quell‟alleanza con le classi
lavoratrici che in Europa ha fatto giocoforza nella disputa contro lo Stato per la democratizzazione
delle relazioni dei vari soggetti sociali con lo Stato, per l‟universalizzazione dei diritti, e per la
regolamentazione dei rapporti produttivi. La borghesia brasiliana quindi “não foi submetida à
experiência civilizatória de ter que se defrontar e negociar com a sua controparte de classe”; il suo
relativo elitismo dipende prevalentemente dall‟autoritarismo delle relazioni con lo Stato in cui essa ha
rappresentato l‟attore “socialmente inferiore”, dall‟eredità culturale dello schiavismo e dagli arcaici
rapporti produttivi che esso ha implicato. La tendenza che differenzia lo sviluppo di società dove vige
una forma di dominazione prevalentemente patrimonialista come nel caso brasiliano, da quello che
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26
presenza di una società civile debole e poco articolata, impossibilitata a
garantirsi contro l‟arbitrarietà del potere vincolando il suo uso legittimo alla
legalità , che caratteristiche assume lo sviluppo giuridico–istituzionale verso
ordinamenti democratici rappresentativi per eccellenza basati sul principio di
legalità universalistica ed impersonale?
Relativamente al caso brasiliano, la tesi centrale di questo capitolo è che
l‟effetto principale del disequilibrio di forze a favore dello Stato in rapporto
alla società, sia rintracciabile nella tendenza autoritaria che storicamente ha
caratterizzato l‟organizzazione degli ambiti di interazione tra Stato, sistema
politico e società civile, consolidando istituzioni politiche e sociali, informali,
antidemocratiche; tra queste il patrimonialismo, inteso come sistematica
privatizzazione del politico ad opera di settori dello Stato stesso, e le pratiche
ad esso connesse, di gestione particolaristica del potere e delle risorse
pubbliche, avrebbero impedito che la legalità universalistica e impersonale
dello Stato razionale-legale giungesse a rappresentare qualcosa di più che un
vuoto artifizio. Parallelamente alla razionalizzazione tecnica dell‟apparato
burocratico e all‟implementazione intermittente di dispositivi giuridico–
istituzionali consoni ai moderni ordinamenti democratici, la regolazione del
diritto di partecipazione ai processi decisionali e alla riallocazione delle
risorse collettive, sarebbe rimasta una prerogativa costantemente sottoposta
alla manipolazione arbitraria e informale di settori della burocrazia statale che
gestiscono posizioni governative e funzioni pubbliche come strumento
privato per conservarsi al potere. In un contesto simile il gioco politico non
sarebbe consistito tanto in una libera competizione realmente concorrenziale,
in cui ogni gruppo o classe sociale ambisce alla massima rappresentazione dei
propri interessi nei luoghi di direzione dello Stato, quanto, piuttosto, in una
interessa società caratterizzate dalla presenza di importanti relazioni contrattuali e che, quindi,
evolvono verso ordinamenti razionali-legali, consiste nell‟assenza di “uma conduta pluralista (embora
não necessariamente democrãtica) do reconhecimento da legitimidade da diferença, da aceitaçao, do
outro como sujeito de direitos e interesses válidos mais além da vontade do ego. Esse outro da
burguesia tende, precisamente para poder se afirmar enquanto outro, a se constituir como sujeito
coletivo”. In Guilhermo O‟Donnell, “Hiatos, instituições e perspectivas democráticas” publicato in
Reis, O‟Donnell, A Democracia no Brasil dilemas e perspectivas, ed. Vértice, São Paulo, 1988,
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27
“negoziazione continua tra lo Stato e tutti i tipi di settori sociali”61
, per
ottenere la sua tutela e l‟accesso alle risorse da esso controllate. In altre parole
la sistematica appropriazione privata dell‟autorità e delle risorse pubbliche, e
la rete di relazioni gerarchiche e particolaristiche grazie a cui tale
privatizzazione del pubblico si riproduce, permetterebbero che la burocrazia
statale sviluppi e persegua interessi propri, negando il presupposto
democratico dell‟universale orientamento al bene collettivo come vincolo
all‟esercizio del mandato di rappresentanza politica; parallelamente in un
contesto in cui la legalità universalistica e impersonale che contraddistingue
lo Stato di diritto non raggiunge un‟effettività uniforme, la titolarità dei diritti
civili, politici e sociali della cittadinanza democratica, non è intesa come
appartenente de iure alla totalità dei cittadini, ma, de facto, come un
beneficio concesso dall‟alto e arbitrariamente revocabile, secondo strategie
d‟opportunità, atte a mantenere il sistema di dominio dello Stato sulla società.
In definitiva l‟approccio proposto individua nella formazione patrimonialista
delle principali istituzioni politico–sociali, una causa fondamentale del
rapporto gerarchico e particolaristico tra Stato, sistema politico e società
civile, caratteristica ampiamente attribuita allo sviluppo politico brasiliano,
riscontrabile nelle consistenti esperienze autoritarie della storia di questo
paese, e nei macroscopici fenomeni di esclusione di ampi strati della società.
Porre l‟accento sulla costante supremazia dello Stato sulla società e sulla
ripetitività dei fenomeni di privatizzazione della politica non implica
trascurare il progressivo allargamento dell‟arena politica e l‟assimilazione di
istituzioni di regolazione politico-sociale sempre più universalistiche e
liberali; questo percorso, sebbene discontinuo, sembra comunque orientato
verso il raggiungimento di standard democratici sempre più significativi.
pagg.76-79 citato in Luciano Fedozzi (2001), Orçamento participativo. Reflexões sobre a experiência
de Porto Alegre, 3a ed. ,Tomo editorial, Porto Alegre, 2001, pagg. 83-85.
61 Riguardo all‟esistenza di relazioni diadiche tra Stato con caratteristiche patrimoniali e gruppi
sociali è un tipo di analisi che si è inteso estendere a tutta l‟America Latina, si veda ad es. Morse,
Richard M. "The heritage of Latin America.", in: Hartz, Louis, The foundation of new societies,
Harcourt, New York, 1964, pag.173-76, citato in Simon Schrtwartzman, op. cit., pag. 39 : ”i popoli
latino-americani sembra preferiscano alienare, e non delegare, poteri ai loro leader scelti o
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Riconoscere, però, che questo sviluppo presenti aspetti quanto meno ambigui,
implica necessariamente indagare l‟origine dei fenomeni politico–sociali che
limitano, nella realtà empiricamente osservabile, le prerogative democratiche
sancite dai dispositivi giuridico–istituzionali formali. L‟individuazione delle
strategie di adattamento delle istituzioni informali antidemocratiche
all‟evoluzione dei rapporti di forza tra Stato e società, dei punti nevralgici in
cui si insinuano e delle dinamiche storiche che le indeboliscono, permette di
leggere il contesto politico-sociale brasiliano andando oltre le sue
manifestazioni esteriori contingenti e, in ultima istanza, di individuare i
parametri attraverso cui approssimare una valutazione sul senso e sull‟utilità,
dell‟esperienza del Bilancio Partecipativo di Porto Alegre, in particolare
comprendere se questo strumento di partecipazione comporti continuità o
rottura col modello di dominazione patrimonialistra.
L‟analisi storico–sociologica che propongo in questo capitolo dovrebbe
rivelarsi utile sia a tracciare una valutazione normativa sugli effetti del forte
cuneo patrimonialista attraverso cui si forgiano lo Stato e la società brasiliani,
sia ad individuare alcune manifestazioni empiriche che confermino la
ripetitività storica di questo modello particolaristico di relazioni. Al fine di
orientare l‟approccio agli autori che presento a seguire in ordine cronologico,
può essere utile anticipare i principali tratti della cultura politica brasiliana,
che mi sembra essi riconducano al modello patrimonialista di formazione
politica e sociale, e che di questo contribuiscono a garantire la sopravvivenza.
a) la concezione tutelare del potere che, in virtù della supremazia dello Stato
patrimonialista sulla società, impone, come unica alternativa all‟esclusione e
alla marginalizzazione, la cooptazione intesa come la rinuncia all‟autonomia
da parte delle aggregazioni di interessi emergenti, in cambio della tutela
statale. “Un sistema di partecipazione politica debole, dipendente, controllato
accettati.(…) La società è percepita in America Latina come composta da parti che si relazionano
attraverso un centro patrimoniale e simbolico, prima che direttamente le une alle altre.”
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29
gerarchicamente dall‟alto”62
che ostacola il consolidamento di istituzioni
democratiche di rappresentanza politica e di interessi autonome.
b)la non distinzione tra pubblico e privato, a vantaggio di settori della
burocrazia statale che consolidano un possesso di tipo privato su posizioni di
potere e beni pubblici, mantenuto grazie alla regolazione particolarista–
clientelare dell‟accesso dei vari gruppi sociali alla tutela e alle risorse statali.
La privatizzazione sistematica del pubblico incoraggia la concezione diffusa
della politica come “coisa dos outros” che “dissipa l‟idea di accountability
e/o di controllo dei governanti da parte dei governati come principi basilari
della cittadinanza e della democrazia”63
;
c)la dualità contraddittoria tra governo degli uomini e governo delle leggi,
determinata dalla predominanza del sistema informale di relazioni
particolaristiche, su quello formale di relazioni impersonali regolato dalla
legge. Di fatto, nell‟immaginario collettivo brasiliano, l‟individuo si afferma
come soggetto normativo, il cui valore si misura sulla base dell‟abilità con cui
riesce a “driblare le norme, conferendogli qualità umane, senza aprire un
conflitto diretto con esse, allo scopo di ottenere ciò che desidera.”64
L‟interpretazione antropologica più comune di questa contraddizione
caratteristica, la definisce come il risvolto inevitabile della storica difficoltà,
della cultura politica brasiliana, ad assimilare il principio borghese
fondamentale dell‟isonomia giuridico-politica, intesa come eguaglianza
universale davanti alla legge65
.
d)l‟assenza della nozione del contratto sociale nei modelli di relzione degli
ordinamenti sociali e politici, che comporta il mancato riconoscimento
62
“A expressão "cooptação política" é sugerida para referir-se a um sistema de participação política
débil, dependente, controlado hierarquicamente, de cima para baixo”, in Simon Schwartzman , Bases
do autoritarismo brasilero, Editoria Campus, 3a ed. rivista ed ampliata 1988. pag. 18. Per maggiori
inidicazioni bibliografiche vedi bibliografia o più avanti nella sezione nei paragrafi dedicati
all‟autore. 63
Luciano Fedozzi (2001), op.cit. , pag. 90. 64
Ibidem, pag. 91. 65
Ibidem, pag. 90.
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30
dell‟altro come soggetto portatore di diritto, quindi il disconoscimento
dell‟ideale egualitario alla base della democrazia.66
Presenterò brevemente due studi classici della formazione politico-sociale
brasiliana, rispettivamente a cura di Sérgio Buarque de Hollanda e Raymundo
Faoro; dedicherò maggiore spazio all‟analisi proposta da Simon Schwartzman
per la relativa attualità e completezza di strumenti metodologici che vanta
rispetto a primi due.
Il primo autore ad utilizzare le categorie sociologiche weberiane per
analizzare la formazione storica e culturale del Brasile è Sérgio Buarque de
Hollanda. Scrive negli anni „30 quello che diventerà un classico della
letteratura che ha contribuito ad interpretare l‟identità nazionale di questo
paese: Raízes do Brasil67
. L‟attenzione dell‟autore non è rivolta al passato in
uno slancio celebrativo, piuttosto emerge chiaramente l‟interesse ad
approfondire la consapevolezza di quegli aspetti culturali ereditati dalla
colonizzazione lusitana, che ostacolano il progresso verso una società
moderna, razionale e democratica. In questo senso, utilizzando molteplici
fonti teoriche - la sociologia, lo storicismo, il culturalismo, la psicologia e
l‟etnologia - l‟autore ritrae diversi aspetti della vita sociale e politica
brasiliana risaltandone la contraddittorietà con le attitudini di un sistema
sociale in cui vigono ordinamenti basati sul tipo di legalità universalistica a
cui si ispirano le democrazie: la modalità dominante di interazione sociale
particolaristico–familista che segue l‟impulso affettivo e le forme di relazione
“cordiali”,68
a dispetto dell‟impersonalità delle norme astratte, della disciplina
e della gerarchia; la preponderanza del tradizionalismo del modello rurale
patriarcale rispetto alla moderna razionalità di quello urbano; le attitudini
caudilliste della politica oligarchica camuffate da un liberalismo formale
66
Ibidem, pag. 75. 67
Sérgio Buarque de Hollanda, Raízes do Brasil, 1936, trad.it, Le radici del Brasile, a cura di Nello
Avella, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2000. 68
La caratterizzazione della “cordialità brasiliana” è uno degli aspetti più celebri e controversi
dell‟analisi di Buarque de Hollanda. Come precisa l‟autore questa qualità non comporta affatto un
giudizio etico riguardo alla bontà, né tanto meno si riferisce ad un convenzionalismo sociale di
cortesia formale, in quanto la cordialità, nell‟accezione qui presa in considerazione, sta ad indicare la
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31
contro una reale politica rappresentativa; lo spirito d‟avventura come ricerca
di prosperità immediata senza costo contro la costanza abitudinaria del lavoro.
La fusione tra l‟eredità della cultura politica iberica, identificata con la
spiccata tendenza al personalismo e l‟avversione per la disciplina e per la
gerarchia, e l‟affermazione dei modelli di interazione sociale imposte dal
predominio del mondo rurale, come la concezione paternalista dell‟autorità e
le relazioni familistiche di tipo particolaristico-antipolitico, conduce ad “una
invasione del pubblico da parte del privato, dello Stato da parte della
famiglia”.69
In questo contesto l‟affermazione di attività produttive che hanno
modernizzato i rapporti di produzione come quella caffetalera, i processi di
urbanizzazione e di prima industrializzazione, il repubblicanesimo che pose
termine all‟Impero, hanno via via indebolito il predominio dell‟oligarchia
rurale tradizionale e la struttura di dominio che essa rappresentava, senza,
però, riuscire ad affermare alternative istituzionali realmente democratiche.
Con la Prima Repubblica i principi incorporati nell‟ordinamento giuridico e il
ritualismo del cerimoniale politico, appaiono come la rappresentazione di un
vuoto “sistema logico, omogeneo e astorico”70
, totalmente divincolato dalla
vita sociale materiale del paese, e che serve, sostanzialmente, a garantire una
parvenza razionale–legale e democratica, ad una società prevalentemente
organizzata secondo modelli di dominazione tradizionale particolaristica e
autoritaria.
Se Sérgio Buarque de Hollanda individua una sostanziale dualità tra
l‟esteriorità giuridico–istituzionale come dimensione meramente formale, e
l‟arbitrarietà particolaristica in base a cui funziona l‟intero sistema sociale
come realtà effettiva, sarà solo con Raymundo Faoro che la categoria
sociologica del patrimonialismo verrà utilizzata come modello esplicativo
dello specifico rapporto gerarchico tra Stato e società, e tra potere centrale e
predisposizione a relazionarsi secondo moti che provengono dalla sfera dell‟intimità, dal cuore
appunto. In Sergio Buarque de Hollanda, op. cit. , pagg. 161-163. 69
Ibidem, pag. 94. 70
Ibidem, pag. 193.
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autonomie locali, aspetto sostanzialmente accennato nell‟analisi
prevalentemente sociologico–antropologica di Buarque de Hollanda.
La tesi fondamentale sostenuta Raymundo Faoro in Os donos do poder è che
lo Stato brasiliano sia dominato da una burocrazia dispotica e accentratrice,
che dispone privatamente di funzioni, organi e risorse pubbliche, e che questa
forma moderna di dominio patrimoniale sia stata ereditata, tramite la
colonizzazione, dal retaggio politico Portoghese.
“La differenza strutturale tra le due colonizzazioni americane [quella
portoghese e quella inglese] derivava dalla diversa costituzione dell‟ Stato,
in una e nell‟altra nazione. Il Portogallo, nel „600, si era già consolidato
come Stato assoluto, governato da un estamento burocrático, accentratore.
L‟Inghilterra, al contrario, differenziandosi dall‟orientazione storica
continentale, si definì in una transizione capitalista industriale e feudale,
rifuggendo la centralizzazione burocratica.”71
In Portogallo la forma di dominio patrimonialista originaria di tipo nobiliare,
si sarebbe trasformata nella sua forma burocratica moderna, definita
dall‟autore “estamento burocrático”, quando venne espropriata l‟autonomia
dell‟ordinamento nobiliare tradizionale, ad opera dell‟alleanza tra lo Stato
assoluto, che si afferma con la dinastia de Avis,72
e la borghesia; questa classe
sociale emergente, per lo più composta dal ceto mercantile e quello artigianale
e urbano, assimilò i tratti culturali tradizionali della nobiltà e non elaborò
quell‟istanza di auto–affermazione che più tardi avrebbe sviluppato la
borghesia industriale inglese nel limitare il potere monarchico. La
configurazione socio–politica portoghese, in definitiva, influenza l‟evoluzione
della forma di dominio conferendo allo Stato burocratico nascente un
carattere, assoluto, accentrato e dispotico: esiste solo il potere del sovrano
71
Raymundo Faoro, Os donos do poder - Formação do patronato político brasileiro, Editora Globo,
Porto Alegre, 1958., pag. 53/65 citato in Luciano Fedozzi (2001), op.cit. pag. 67. 72
Dinastia che inizia con Mestre de Avis che sale al trono di Portogallo, sotto il nome di Don João I,
dopo la crisi del 1383-1385.
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33
attorniato da un ceto burocratico che dispone delle risorse dell‟apparato che
gestisce, il potere non è immerso in una dimensione contrattuale, e non sono
tollerate autonomie decentrate e concorrenti. Il Brasile avrebbe ereditato
questo modello autoritario di relazione tra Stato e società, e lo avrebbe
mantenuto ben oltre l‟indipendenza. Coerentemente Faoro non concorda con
l‟interpretazione in voga al tempo in cui scrive, secondo cui sarebbe possibile
stabilire una comparazione fra il rapporto intercorrente tra autorità centrale e
poteri periferici nei periodi coloniale ed imperiale in Brasile, e quello di
relativa autonomia tra centri di potere di un sistema di sistema di tipo feudale.
Seppure le autonomie coloniali e le successive Province dell‟Impero sono
stati nuclei di potere periferici, ha prevalso sempre il potere accentrato e
dispotico della madrepatria prima, e della burocrazia imperiale poi: l‟idea di
contratto implicita nel feudalesimo non ha mai fatto breccia.73
Il passaggio alla Prima Repubblica, per quanto concerne i rapporti tra Stato e
gruppi sociali, non ha portato cambiamenti sostanziali: “lo Stato è rimasto il
titolare della sovranità”, nella misura in cui settori dell‟apparato burocratico
persistente e i nuovi gruppi oligarchici che vi hanno acceduto, hanno
annullato l‟incertezza del meccanismo elettorale, attuando strategie di
“patronato e di clientelismo politico”,74
necessarie a consolidare il controllo
sulle posizioni di potere e sulle risorse pubbliche.
Il percorso suggerito da Faoro permette di individuare nell‟assenza di centri di
potere e di articolazione di interessi concorrenti, la causa permissiva dello lo
sviluppo di un Stato burocratico, centralizzato e divincolato da significative
forme di contratto sociale, e di contestualizzare l‟origine storica delle
caratteristiche strutturali menzionate, come eredità trasmessa tramite un
sistema coloniale coerente alla natura del retaggio politico–culturale dalla
73
“Efteitos inevitáveis, decorrentes do isolamento geográfico, da extensão da costa, capazes de gerar
núcleos de autoridade social, sem que a administração real permitisse a consolidação da autonomia
Política . Tudo está longe do feudalismo, da aristocracia territorial, dos monarcas latifundiários.
Olhos vigilantes, desconfiados cuidavam para que o mundo americano não esquecesse o cordão
umbilical, que lhe transmitia a força de trabalho e lhe absorvia a riqueza, O rei estava atento ao seu
negócio”. Ryamundo Faoro, op. cit. citazione tratta da un articolo di Simon Schwartzman dedicato a
Faoro in DADOS-Revista de Ciéncias Sociais, Rio de Janeiro, Vol.46, n.2, 2003, pp.207-213. 74
Luciano Fedozzi (2001), op.cit. , pag. 76.
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34
madrepatria. Tuttavia la connotazione statica dell‟ “estamento burocrático”,
non si adatta alla dinamicità delle diverse forme che l‟essenza patrimonialista
della cultura politica brasiliana assume, al variare dei contesti storici. Come
sarebbe possibile, ad esempio, individuare l‟esistenza di una burocrazia
accentratrice, e dispotica, in un sistema democratico rappresentativo, basato
su un‟effettiva autonomia locale di Stati e Comuni, come è stato quello della
Seconda Repubblica, senza ammettere che le modalità di esercizio del
dominio patrimoniale mutano in reazione ai cambiamenti contesto politico
istituzionale? Il contributo più rilevante ad un‟elaborazione più “versatile”
della categoria weberiana della dominazione patrimoniale applicata al
rapporto tra Stato, sistema politico e società civile, è quello dato da Simon
Schwartzman in Bases do autoritarismo Brasilero. 75
Giungeremo alla definizione della forma di dominio “neopatrimoniale”, come
Schwartzman la intende, seguendo la rilettura che l‟autore suggerisce della
sociologia weberiana, in seguito procederemo ad alcune rilevazioni empiriche
nella storia brasililiana che, sempre secondo l‟autore, evidenziano
l‟importanza e la persistenza di questa forma di dominio.
L‟autore suggerisce due prospettive attraverso cui guardare ai modelli di
dominio proposti da Werber:
una consiste nella relazione tra dominazione patrimonale tradizionale e
patrimonialismo burocratico, che secondo l‟autore deve essere intesa come
opposta a quella tra feudalesimo e dominazione razionale–legale. Tra le
due relazioni individuate, la prima è tra due forme di dominio in cui “il
potere centrale è assoluto e incontestabile”76
, la seconda tra organizzazioni
75
Simon Schwartzman, Bases do autoritarismo brasilero, Editoria Campus, 3a ed. rivista ed ampliata
1988. Il testo in questione è disponibile gratuitamente, tutelato da Creative Common License, presso
la pagina: www.schwartzman.org.br\simon\bases\bases.htm . Per praticità di chi legge nel rintracciare
le citazioni, ho provveduto a convertire il testo scaricato da internet in un unico file di testo, in cui ho
inserito la numerazione progressiva delle pagine – cosa assente nella versione on-line per le
caratterictiche del il tipo di output informatico. Il file del testo è disponibile nella sezione allegati in
cd-rom sotto il nome file di : S.Bases do autoritarismo brasilero. Simon Schrtwartzman è Presidente
dell‟Istituto Brasilero de Geografia e Estatistica (IBGE), tra il 1999 e il 2002, è stato Direttore per il
Brasile dell‟American Institute of Research. 76
Simon Schrtwartzman, op. cit. , pag. 34.
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35
in cui esistono “relazioni contrattuali stabilite tra unità relativamente
autonome”77
.
L‟altra prospettiva permette di accomunare, da una parte, patrimonialismo
tradizionale e feudalesimo come due forme di dominio tradizionale, e
dall‟altra, il patrimonialismo burocratico e lo Stato razionale–legale come
forme moderne di dominio basate su apparati burocratici tecnicamente
razionali.78
La complementarità di queste prospettive consiste nella possibilità di costruire
una tipologia dei tipi di dominazione politica in cui la discriminante non è
unicamente l‟esistenza apparati burocratici basati su una razionalità tecnico–
giuridica, ma anche la presenza di una dimensione consensuale che contempla
relazioni tra “unità relativamente autonome”, nel definire il tipo di contratto
su cui si basa la legittimità dell‟uso del potere.
Quadro 5. Tipologia de dominação política em Weber
Relação de poder
absoluta contratual
Sistema
normativo
Tradicional patrimonialismo feudalismo
Moderno patrimonialismo
burocrático
(neopatrimonialismo)
dominação racional-
legal
Fonte : Simon Schwartzman, op. cit. pag. 35
La concezione di un vincolo contrattuale alla costituzione e all‟esercizio del
potere, come evidenzia Weber stesso, implicita nella forma di dominio
razionale–legale, per quanto riguarda l‟Europa occidentale, proviene
storicamente dal retaggio feudale e dall‟incisiva affermazione della borghesia
capitalista. In questo senso la nascita di forme di dominio razionali–legali non
è “il semplice risultato di un processo di sviluppo della scienza
77
Ibidem.
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36
amministrativa”, ma rappresenta anche “una dinamica chiaramente
politica”.79
I governi assolutisti si alleano alla borghesia ascendente per
ridimensionare il potere e le pretese di vassalli e funzionari. Dal “matrimonio
tra il patrimonialismo dei regimi assolutisti e la borghesia emergente”80
nasce
la forma di dominazione politica razionale–legale: “[…] una forma a di
dominio su base contrattuale, sufficientemente efficiente e adeguata alle
necessità del capitalismo moderno.”81
Ma nei paesi dove questa dimensione contrattuale non ha avuto un‟incisività
determinante sui processi politici – dove le relazioni contrattuali del
feudalesimo e la borghesia ascendente non hanno avuto forza e importanza
così influenti come in Europa Occidentale –, l‟evoluzione della forma di
dominazione patrimoniale avrebbe comportato una razionalizzazione
prevalentemente tecnica; la razionalità legale intesa come garanzia di
universalità e impersonalità contro l‟arbitrarietà dell‟uso del potere, e di
uguaglianza di fronte alla legge, è stata solo marginalmente coinvolta.
Questa forma di dominio patrimoniale, perde i suoi elementi di tradizionalità,
sviluppando apparati burocratici avanzati e multifunzionali fino ad assimilare
strutture giuridiche complesse di ispirazione democratica, relega
nell‟informalità la privatizzazione del pubblico senza privarla dello status
d‟istituzione più efficiente ed effettiva. Secondo Schwartzman questo sarebbe
forma di dominazione non ancora teorizzata che definisce
“neopatrimonialismo”. Consisterebbe in una modalità informale di
organizzazione del corpus di relazioni sociali la cui regolazione compete allo
Stato, che prevede l‟appropriazione privata di quegli organi, risorse e potere
tramite cui viene attuata tale regolazione, da parte di un ceto di funzionari e
politici che finiscono per adoperarle per mantenersi al potere. Questa
caratteristica strutturale si afferma in contesti in cui lo sviluppo di un moderno
apparato amministrativo centralizzato avviene in assenza di una classe media
78
Simon Schrtwartzman, op. cit. , pag. 37 79
Ibidem, pag. 35. 80
Ibidem. 81
Ibidem.
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37
numerosa e influente, che possa imporre l‟incorporazione del vincolo alla
legalità universalistica dello stato di diritto, come sua fonte di legittimazione.
L‟elemento ereditato dal patrimonialismo tradizionale è la privatizzazione del
potere, la non distinzione tra pubblico e privato; il carattere moderno invece è
dato dalla multifunzionalità dell‟apparato burocratico e dall‟elevata
razionalizzazione tecnica che può giungere all‟implementazione di dispositivi
giuridico–istituzionali consoni ai moderni ordinamenti democratici, senza
che questo alteri i criteri informali, autoritari e particolaristici attraverso cui lo
Stato si relazione alla società.
Il neopatrimonialismo è una caratteristica strutturale dello Stato, nel senso che
costituisce un criterio organizzativo con il quale lo Stato struttura le relazioni
sociali di sua competenza, ma presuppone anche una traduzione politica: le
modalità con cui viene riconosciuto, ai diversi gruppi sociali, il diritto di
partecipazione ai processi decisionali sulla distribuzione sociale delle risorse,
in un sistema caratterizzato dalla presenza di organi statali di riallocazione
che sono in parte, di fatto, privatizzati. I confini dell‟inclusione nella arena
politica sono tracciati “de cima para baixo” (dall‟alto verso il basso), tramite
la pratica della cooptazione, definita come un sistema di partecipazione
debole, dipendente, gerarchicamente controllato, la cui prerogativa
fondamentale è instaurare vincoli di dipendenza tra chi detiene il potere e le
leadership politiche emergenti. In questi contesti la partecipazione politica
non è un diritto ma un beneficio concesso e revocabile. L‟esclusione di settori
sociali, invece, avviene prevalentemente attraverso la marginalizzazione e la
repressione82
.
L‟analisi di Schwartzman si concentra sulla formazione neopatrimonialista
del Brasile, che dall‟indipendenza alla Prima Repubblica presenterebbe
significative regolarità. Lo Stato Brasiliano si configura in buona parte come
“proprietà“ di una burocrazia dispotica, calata in una società civile debole e
82
Ibidem. pag. 18.
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38
poco articolata:83
organi e risorse pubbliche sarebbero in buona parte sotto il
controllo di un gruppo autoreferenziale di funzionari che del potere politico
hanno fatto “un affare”. Il gioco politico che ne consegue, non consiste tanto
in una competizione in cui ogni gruppo o classe sociale ambisce alla massima
rappresentazione dei propri interessi nei luoghi di direzione dello Stato,
quanto, piuttosto, in una “negoziazione continua tra lo Stato neopatrimoniale
e tutti i tipi di settori sociali”84
, per ottenere la sua tutela e l‟accesso alle
risorse da esso controllate.85
Le élite che gestiscono gli ambiti produttivi e
gruppi sociali più organizzati sono in continua negoziazione con lo Stato per
l‟ottenimento di benefici che solo la sua tutela può offrire, non raggiungono
mai un controllo effettivo e stabile su di esso. Il meccanismo di
„addomesticamento‟ delle forme autonome di articolazione politica è la
cooptazione, modalità di partecipazione limitata e condizionata dall‟alto
grazie alla quale l‟establishment si immunizza da ogni tipo di concorrenza e
ostilità politica. Non ci sono alternative al gioco cooptazione – esclusione: la
partecipazione mediante rappresentanza non è compatibile con questo sistema
in quanto presuppone che chi sta al vertice, esercita il potere per la tutela degli
interessi della maggioranza alla base, la cooptazione si basa sul presupposto
opposto che, chi alla base è ammesso dal vertice a partecipare, ottiene un
privilegio che pagherà con la soggiacenza al sistema imposto. Se la
“cooptazione” è la prassi sistematica attraverso cui “lo Stato sottomette alla
sua tutela forme autonome di partecipazione”,86
la marginalizzazione è
l‟alternativa che ad essa si pone. Il gioco di inclusione/esclusione avviene
secondo cleavages sociali e territoriali; in un territorio esteso ed eterogeneo
come quello brasiliano nemmeno la società è distribuita uniformamente,
83
Ibidem, pag. 17 84
Riguardo all‟esistenza di relazioni diadiche tra Stato con caratteristiche patrimoniali e gruppi
sociali è un tipo di analisi che si è inteso estendere a tutta l‟America Latina, si veda ad es. Morse,
Richard M. "The heritage of Latin America.", in: Hartz, Louis, The foundation of new societies,
Harcourt, New York, 1964, pag.173-76, citato in Simon Schrtwartzman, op. cit., pag. 39 : ”i popoli
latino-americani sembra preferiscano alienare, e non delegare, poteri ai loro leader scelti o
accettati.(…) La società è percepita in America Latina come composta da parti che si relazionano
attraverso un centro patrimoniale e simbolico, prima che direttamente le une alle altre.” 85
Simon Schwartzman, op. cit., pag. 4. 86
Ibidem, pag. 34
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39
quindi da stato a stato la partecipazione al sistema politico nazionale è
condizionata in base al tipo di élite e di settori sociali organizzati che
prevalgono a livello locale. La caratteristica ampiamente generalizzabile,
invece, è che la società sia debole87
e fortemente dipendente dal tipo di
relazione che ha con lo Stato. Da una parte tele dipendenza si instaura con la
continua negoziazione per l‟ottenimento di tutela e benefici88
, dall‟altra, la
pretesa statale di controllare più attività possibili senza potervi efficacemente
riuscire, provoca l‟articolarsi di un complesso ambito sociale informale.89
L‟espressione più autoritaria delle tendenze conservatrici del sistema si rivela
in tutta la sua determinazione a fronte dei cambiamenti strutturali che si
producono durante il XX sec. La modernizzazione e l‟espansione economica
richiedono infrastrutture, una regolazione del sistema finanziario e una
distribuzione di incentivi efficienti, ma la gestione patrimoniale è tutt‟altro
che efficiente, orientata ad una distribuzione delle risorse complessivamente
irrazionale, finalizzata al mantenimento di fitte reti clientelari. La vertiginosa
urbanizzazione, l‟importanza crescente dei settori medi urbani e operai e il
progressivo allargarsi dell‟arena politica a fronte di una più complessa
articolazione sociale, producono una pressione politica progressivamente più
diversificata e radicale. Il sistema di cooptazione ed esclusione
dell‟organizzazione corporativa tradizionale è instabile. La soluzione
repressiva autoritaria può essere considerata, in parte, un aggiustamento
energico interno ad un sistema di dominio neopatrimoniale–oligarchico
vacillante.
Se questa è la „sintomatologia strutturale‟ della forma di dominio
neopatrimoniale individuata dall‟autore nel caso brasiliano, per confermare la
„diagnosi‟ rimane da individuare storicamente il manifestarsi dei „sintomi‟.
87
Se le forme di partecipazione sono sottomesse alla tutela di uno Stato forte e di tipo patrimoniale,
necessariamente la società sarà più debole. Un argomento di questo tipo è stato utilizzato a proposito
della Russia Zarista e della Germania Orientale in Bendix, Reinhard, Max Weber - an intellectual
portrait. Doubleday, New York, 1960, pag. 463. 88
Quali sovvenzioni, regolamentazioni favorevoli, concessioni e licenze, impiego, servizi, etc. 89
Economia informale, insediamento abusivo, manifestazioni private del potere e privatizzazione del
ricorso alla forza, associazioni clandestine urbane, crimine organizzato, religioni popolari, etc.
Ibidem. Simon Schwartzman, op. cit.
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40
Tra le contestualizzazione storiche suggerite da Schwartzman singolare è la
lettura dell‟epoca della Prima Repubblica che l‟autore propone. Sebbene egli
non contraddica l‟opinione diffusa, secondo cui la Prima Repubblica
rappresenterebbe l‟epoca in cui le élite agrarie degli stati più potenti
assumono il controllo dello Stato, Schwartzman ritiene che la portata
esplicativa di tale interpretazione sia limitata, in quanto, per lo meno, non è in
grado di spiegare un dato storico importante: la relativa emarginazione dalla
politica nazionale proprio dello Stato che allora possedeva il settore agro–
export più sviluppato di tutto il paese - lo Stato di São Paulo90
. Non si
spiegherebbe, ad esempio, il numero di presidenti e ministri91
ottenuti dallo
Stato di São Paulo, rispetto a quelli espressi da Minas Gerais, dal momento
che il primo è interessato, in quel periodo, da uno sviluppo economico e
demografico di gran lunga più importante del secondo. Anche la politica
fiscale era particolarmente squilibrata in senso sfavorevole a São Paulo. Fino
al 1929 il Governo federale ricavava dal 40 al 50% delle sue entrate dai dazi
sulle importazioni, queste ultime erano prerogativa degli Stati che più
esportavano, tra cui São Paulo. L‟effetto penalizzante si produceva nella
90
Ibidem. pag 71. A proposito della “sottorappresentazione” politica di São Paulo nella Prima
Repubblica si consideri il tentativo di rivolta militare del ‟24. Un documento che rende l‟idea di come
veniva percepita la propria posizione dalla classe dirigente di São Paulo rispetto al contesto nazionale
è il discorso alla Camera di Commercio di S.P., di José Carlos de Macedo Soares, l‟allora Presidente
della Camera di Commercio, ente che appoggiò la rivolta: “Tinha São Paulo o direito de abandonar a
Federação ao domínio - por vezes exclusivo - de estadistas menos adiantados, de permitir a
politicagem utilitária do empreguismo desanimando todas as coragens cívicas, pelo apoio sistemático
aos mandões regionais pela expropriação injusta dos mandatos? Pois bem a abstenção de São Paulo
não se limitou aos cargos de nomear, que tem constituído o alvo e a ambição dc quase todos os
homens públicos do país. Perdemos totalmente a influência legislativa, tanto na Câmara federal
quanto no Senado. Fomos completamente excluídos de um dos poderes da República pois no
Supremo Tribunal Federal, a esta hora, não ha um único juiz de São Paulo. Entretanto deles dizia Rui
Barbosa: podemo-nos consolar da fraqueza de seus políticos, ao menos, com a serenidade impoluta
dos seus magistrados. Não temos um só representante no Conselho Superior do Comércio. Na
Diplomacia, como na Magistratura, na Marinha, como no Exército, nos poderes do Estado, por toda
parte, em todos os postos de influência e de autoridade, São Paulo está sistematicamente excluído.”
In, José Carlos de Macedo Soares, Justiça - A revolta militar em São Paulo., Imprimérie Paul Dupont,
Paris, 1925 cit.in. Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 71.
91 Dal 1989 al 1910 e dal 1910 al 1930 gli anni di ministero occupati da Minas Gerais sono
rispettivamente 12,64 e 16,09; da Rio Grande do Sul 2,65 e 18,13; da São Paulo 9,02 e 12,37. Se
consideriamo soltanto i ministeri più importanti – Fazenda, Transporte e Justiça- nel periodo dal 1989
al 1930 habbiamo 15,45 anni di ministero per Minas Gerais, 15,14 per Rio Grande do Sul e solo
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41
ridistribuzione delle risorse federali dove São Paulo, tra i principali
foraggiatori del bilancio centrale, veniva trascurato rispetto a Minas Gerais.92
Sicuramente non si può affermare che lo Stato federale non sia intervenuto
per attutire gli effetti del crollo del prezzo del caffè beneficiando
principalmente i produttori paulisti93
; questo però non sembra alterare il dato
fondamentale: l‟emarginazione politica di São Paulo, Stato che produce più
della metà del caffè brasiliano, sta a indicare che la concentrazione del potere
in ambito federale è più divincolata dall‟influenza dell‟élite agro–
esportatrice94
, di quanto si pensi. La coalizão conservadora95
tra i produttori
di caffè e lo Stato federale, quindi, pare una determinante attendibile del
sistema politico della Prima Repubblica, ma nient‟affatto esaustiva.
Altro elemento che in parte smentisce la teoria secondo cui il potere centrale
deriva principalmente dalle élite agrarie, sono le peculiarità dell‟élite di Minas
Gerais. Secondo l‟autore questa è rappresentata da una trentina di famiglie i
cui membri avevano sì vincoli con il mondo rurale, ma vivevano nelle città,
erano istruiti, vantavano una consolidata esperienza politica e nell‟attività
amministrativa implementavano politiche spesso non gradite alle oligarchie
rurali96
. L‟emarginazione di São Paulo, quindi, verrebbe in parte spiegata
12,37 per nativi di São Paulo. Dati provenienti da Joseph Love, 0 regionalismo gaúcho e as origens
da revolução de 1930. São Paulo, Perspectiva, 1975 citato in Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 70.
92 Nel periodo 1922-24 la partecipazione federale alle spese per trasporti, salute ed educazione è
molto più forte in Minas Gerais che São Paulo. Per quanto riguarda il sistema ferroviario ad esempio
il 70 % per cento della rete ferroviaria di Minas Gerais era a carico del Governo federale, mentre São
Paulo si sobbarcava l‟80 % del proprio tracciato. Dati riproposti da Simon Schwartzman in op. cit.
pag. 71, ricavati in, Manuel Olympio Romeiro. São Paulo e Minas na economia nacional, , Revista
dos Tribunais, São Paulo, 1930.
93 Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 56. 94
Ovviamente non è solo in São Paulo che si produce il caffè, una quota rilevante ad esempio è
prodotta in Rio de Janeiro. 95
Coerentemente a quanto detto in merito al processo di rappresentazione degli interessi in seno allo
Stato, che in Brasile si ridurrebbe ad una negoziazione tra lo Stato neopatrimoniale e i gruppi sociali
più influenti, l‟autore sottolinea come la predisposizione di Istituti federali per la stabilizzazione dei
prezzi del caffè fu una richiesta dei produttori paulisti, non un‟iniziativa del governo federale. Simon
Schwartzman, op. cit. , pag. 71. La coalizão conservadora, per Schwartzman, non rappresenta affatto
la “subordinazione della politica federale agli interessi del caffè, ma, al contrario, la progressiva
dipendenza degli interessi del caffè in relazione al governo di Rio de Janeiro” (ibidem, pag. 60). 96
Proprio la dipendenza dalle risorse del potere centrale avrebbe fatto si che l‟élite mineira si
specializzasse nell‟attività politica. Per l‟autore, in definitiva, l‟intraprendenza economica delle élite
di São Paulo e la relativa indipendenza dal Governo centrale, spiegano la differenza di approccio alla
politica rispetto alle élite degli altri Stati: “ Para os paulistas, a política era uma forma de melhorar
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dall‟esistenza di una classe politica, che dominava il processo politico
centrale, che si rapportava opportunisticamente ai gruppi sociali che
disponevano di una base produttiva autonoma; questa classe politica, fulcro
del sistema neopatrimoniale, era, in parte, composta da élite che si
garantivano posti di potere, non tanto grazie ai legami col settore rurale
locale, ma principalmente all‟abilità di intermediazione politica a livello
statale e nazionale (come i membri dell‟élite di Minas Gerais). In sintesi,
secondo Schwartzman, ogni rappresentazione della vita politica della Prima
Republica, che la riduca a mera risultante dell‟equilibrio tra le forze delle élite
agrarie, e che non consideri l‟influenza della burocrazia centrale come settore
politico a sé stante - che più che dipendere dai gruppi sociali più attivi, li
rende dipendenti dalla sua collaborazione - non rispetta la complessità del
sistema politico brasiliano e non è adatta a spiegare il suo carattere autoritario,
costante riproposta dalla storia di questo paese.97
Quando finalmente l‟egemonia paulista si concretizza con le elezioni
consecutive di Washington Luis e Julio Prestes, il sistema della “politica dei
governatori” attraverso cui si conservava l‟élite neopatrimoniale centrale dava
già evidenti segni di crisi, tra cui l‟insoddisfazione di Minas Gerais e Rio
Grande do Sul che vedevano diminuire la loro influenza98
, e l‟apertura di più
seus negócios; para quase todos os outros, a política era o seu negócio. E é nisto que reside a
diferença e, em última análise, a marginalidade política daquele estado [São Paulo]. ”, op. cit, pag 72.
A proposito di questa descrizione dell‟élite di Minas Gerais, Simon Schwartzman, in op. cit. , Pag.
72, si rifà a John D. Wirth, Minas Gerais and the Brazilian federation, 1889-1937. , Stanford
University Press, Stanford, California, 1977; Martins Filho, Amílcar Vianna. Minas Gerais e São
Paulo na Primeira República Brasileira: A política café com leite(1900-1930) (tese de mestrado).
UFMG, 1978. 97
A proposito del sistema della “politica dei governatori” basata sul sistema del coronelismo è
opportuno ricordare che se il sostegno elettorale era garantito dalle autonomie municipali e dai
signori del latifondo, il rapporto di forza era comunque sbilanciato dalla parte dei politici che in
ultima istanza detenevano l‟accesso alle risorse in base alla quale gestivano le clientele. Vd. Simon
Schwartzman, op. cit. , pag. 18; o anche in Sales Teresa, “Raizes da desigualedade na cultura politìca
brasilera”, pubblicato in Revista Brasilera de Ciências Sociais, v. 9, n. 25 Giugno 1994, pag. 26-37,
in cui l‟autrice definisce il comporomesso coronelista come un “sistema de reciprocidade em que, de
um lado, estão os chefes municipais e os coronéis com seus currais eleitorais, e, de outro, a situação
política dominante do Estado, que dispõe do erário, dos empregos, dos favores, e da força policial”. 98
Antonio Carlos di Minas Gerais reclamava la presidenza dopo Washington Luis.
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43
fronti dissidenti sul piano politico nazionale99
. Elemento che rivela la crisi è
l‟insolita competitività delle elezioni del 1930: contrariamente alla tendenza
generale delle elezioni nella Prima Repubblica che vedono una distribuzione
dei voti sostanzialmente uniforme verso il “candidato ufficiale”, nel 1930,
invece, il candidato vincitore vince solo in 9 Stati, e la media percentuale dei
voti ottenuti dal candidato perdente negli Stati dove ha vinto è del 84,8%.100
La deposizione di Julio Prestes a favore di Getulio Vargas marca, una volta
ancora,101
l‟attivismo della corporazione civile militare di Rio Grande do Sul,
ideologicamente distinta dal Repubblicanesimo paulista, imbevuta dei più
autoritari principi positivisti: controllo politico accentrato ed effettivo e
concezione organicistica–corporativa dello Stato. L‟accentramento del potere
sotto Vargas viene imposto col sistema degli interventores, con la nuova
Costituzione che imponeva restrizioni all‟autonomia degli stati e con la mera
repressione armata102
. Durante l‟Estado Novo il progetto neocorporativo
raggiunge la sua massima effettività, nella misura in cui la tutela di sindacati,
associazioni imprenditoriali, e categorie professionali viene sottomessa allo
Stato; infine, nell‟epilogo populista, Vargas tenta una delle più esplicite
manovre di cooptazione politica della storia brasiliana, cercando di costruire
con l‟appoggio della classe operaia urbana una nuova base di sostegno al suo
regime.
Se si è definita, come condizione dello sviluppo della forma di dominio
neopatrimoniale, l‟esistenza di una società civile debole e poco articolata,
durante la Seconda Repubblica tale requisito, in parte, non è più soddisfatto.
99
Ad esempio la presenza di Aliança Liberal che esercita una critica radicale alle oligarchie Statali e
all‟inefficienza del governo. 100
Dati ricavati dal “quadro 9” in Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 75 101
Già Deodoro de Fonseca, il maresciallo di ferro gaucho, aveva condotto la ribellione coll‟impero
nel 1989 e per tutta la Prima Repubblica il potere civile riograndense, indissolubilmente legato a
quello militare in questo stato di frontiera, aveva influenzato la politica nazionale; si veda a proposito
alla nota n.20 la crescente rappresentazione in ambito ministeriale. Secondo l‟autore l‟importanza
riconosciuta a Rio Grande do Sul nella Prima Repubblica, sproporzionata rispetto al suo sviluppo
economico, si spiega prendendo in considerazione efficacia dell‟élite civile militare nel pretendere
una rappresentazione in politica nazionale commisurata all‟importanza militare strategica dello Stato,
e alla capacità di mobilitare consensi elettorali uniformi all‟interno del fitto sistema caudillesco
gaucho. 102
vd. repressione della Rivoluzione Costituzionalista di São Paulo.
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44
Industrializzazione, diversificazione produttiva e urbanizzazione accrescono
le dimensioni e l‟importanza del settore medio urbano e della classe operaia103
(specialmente in São Paulo). In questo nuovo contesto il sistema politico
diventa più complesso. Operando una drastica semplificazione si poterebbero
evidenziare due tipi fondamentali di articolazione politica. Uno rappresenta la
continuità col sistema neopatrimoniale in cui i partiti, interessati a controllare
lo Stato in sé, non mobilitano consensi su piattaforme politiche precise ma
basano la loro forza sulla disponibilità di clientele politiche e gestiscono la
partecipazione di gruppi sociali attivi tramite la cooptazione politica104
.
L‟altro rappresenta la novità: si fanno strada partiti con programmi politici
che rivendicano la tutela degli interessi di determinati settori sociali
candidandosi a rappresentarli105
, e organizzazioni sindacali autonome . In
103
Prova ne sia che alle elezioni del 1945 il candidato presidenziale del Partito Comunista riceve il
10% dei voti. 104
Schwartzman identifica questo gruppo con l‟asse PDS-PTB. Il PDS nasce dall‟iniziativa di
interventores e prefeitos provenienti dall‟epoca di Vargas e dell‟Estado Novo. (Figura emblematica è
Benedito Valdares leader nazionale del PDS. Fu governatore di Minas Gerais, l‟unico ad essere
riconfermato come interventor da Vargas. Partecipò alla repressione della ribellione paulista del ‟32 e
accrebbe il suo potere politico sotto l‟ombra di Vargas coltivando l‟ambizione di divenire Presidente
nell‟elezione programmata per il ‟38; quando fu dichiarato l‟Estado Novo non esito ad appoggiarlo.
Agente del potere centrale in Minas Gerais contrastò le spinte centrifughe autonomiste del suo stesso
Stato.) Il PTB, invece, è inizialmente composto da burocrati dei sindacati e del Sistema di Previdenza
Sociale dell‟Estado Novo. Il PTB è un partito “govenamentale di cooptazione”, che malgrado la sua
inspirazione trabalhista, non può accettare al suo interno un settore operaio e sindacale forte e
strutturato come quello che andava formandosi in São Paulo. Come nota Fernando Henrique
Cardoso: “o controle do trabalhismo por Getúlio Vargas e depois por João Goulart requeria na luta
interna do PTB uma seção paulista relativamente fraca […].Foi neste contexto de marginalização dos
setores ideológicos que poderiam influenciar o comportamento das massas, do populismo e da
falência partidária do trabalhismo por causa de interesses de grupos que lutavam pelo controle
nacional do PTB, que se desenvolveu o processo eleitoral paulista.” Cit. in Fernando Henrique
Cardoso " Partidos políticos e deputados em São Paulo: o voto e a representação política". ln:
Fernando Henrique Cardoso.- & Lamounier Bolivar, Os partidos e as eleições no Brasil., Paz e
Terra, Rio de Janeiro, 1975, citato in Simon Schwartzman, op.cit. pag. 95.Ciò che accomuna PDS e
PTB è definito chiaramente da Schwartzman in questi termini: “…estes foram partidos de "posições",
partidos de governo, que funcionavam combinando recursos do poder com capacidade de cooptar as
lideranças locais e sindicais ascendentes. Em ambos os partidos, o poder eleitoral derivava do acesso
a posições governamentais e centros de decisão. Geralmente os temas ideológicos ou de princípio
eram secundários, e os interesses defendidos pelas lideranças se relacionavam com a distribuição de
posições, sinecuras ou facilidades e privilégios de tipo político. Eram partidos que dependiam
essencialmente, para subsistir, da companhia do poder, e que se desagregaram tão logo perderam o
controle do Estado.” In Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 84. 105
Essenzialmente il Partito Comunista, il Partito Socialista, e i partiti Statali come ad esempio i
paulisti Partito Democratico Cristiano e l‟MTR.
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45
sintesi si verifica una contrapposizione tra due concezioni opposte del
rapporto tra società e istituzioni politiche: la cooptazione e la rappresentanza.
Parallelamente accresce la polarizzazione dello scontro ideologico sinistra -
destra. Ripropongo qui uno schema tramite cui l‟autore intende semplificare il
sistema politico della Seconda Repubblica. L‟ungo l‟asse orizzontale sono
collocati i partiti in base alla prevalenza del ricorso a meccanismi politici di
cooptazione o di rappresentazione; lungo l‟asse verticale l‟ordine rispecchia il
diverso grado di mobilitazione che i partiti stimolano, semplificabile, in
questa contingenza storica, con il continuum sinistra – destra106
.
Fonte: Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 89.
Se l‟aggregazione PSD-PTD domina il processo elettorale a livello nazionale
durante quasi tutta la Seconda Repubblica, l‟elezione presidenziale del 1960
rappresenta la crisi del sistema di cooptazione. Jânio Quadros è un uomo
politico paulista che fa carriera senza appoggi partitici, valendosi
106
La posizione centrale del Partito Comunista è dovuta al fatto in esso operano entrambe le due
tendenze (cooptazione e rappresentazione). Per una più precisa descrizione vedere Simon
Schwartzman, op.cit. , pag.89.
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prevalentemente di una forte vocazione personalistica; alle presidenziali del
‟60 si candida con UDN, e vince contro schieramento PSD-PTB. Il fatto che
un politico locale di São Paulo, Stato relativamente escluso dal dominio
neopatrimoniale, raccoglie intorno a se l‟opposizione all‟egemonia PDS-PTB,
travalicando le frontiere statali e vincendo le elezioni, rappresenta, secondo
l‟autore un segno di mobilitazione crescente e di nazionalizzazione della
politica. In quest‟occasione due elementi strutturali, fra di loro collegati, su
cui si regge il sistema di dominio neopatrimoniale che irradia dal centro,
vengono meno: la passività della società verso i meccanismi di cooptazione
politica e il confine locale delle forze di opposizione che, non beneficiando
del potere centrale, rimangono da esso relegate a livello statale.
La radicalizzazione del conflitto e la nascita di forme autonome di
articolazione politica, come le corporazioni di classe media e il “novo
sindacalismo” sottratto alla tutela del Ministero del Lavoro, segnano la crisi
del sistema di cooptazione e concorrono a determinare l‟intervento repressivo
dei militari. La radicalizzazione responsabile della degenerazione autoritaria
andrebbe letta quindi non solo come il fisiologico effetto di una grave crisi
congiunturale, ma anche come la reazione generata dal deterioramento del
sistema di cooptazione, ormai impossibilitato ad aggirare la richiesta di
partecipazione autonoma proveniente da diversi settori della società.
L‟ultima edizione del libro di Schwartzman, quella a cui si fa riferimento in
questo capitolo è datata al 1988, anno di approvazione della nuova
Costituzione, in generale un momento storico in cui le prospettive della
neonata democrazia erano difficilmente determinabili. Tuttavia nelle
conclusioni l‟autore fissa alcune condizioni affinché l‟eredita politica lasciata
dalla formazione neopatrimoniale dello Stato brasiliano esaurisca le sue
prerogative particolaristiche e autoritarie per lasciare il posto al
consolidamento di una reale democrazia rappresentativa. L‟autore ritiene
essenziale che i partiti, ormai protagonisti indiscussi dell‟articolazione
politica, superino la concezione privatistica della rappresentanza come
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strumento finalizzato all‟ottenimento e mantenimento della propria posizione
di rappresentanti, in relazione alle capacità di tutelare una clientela di interessi
privati strettamente delimitati. Il sistema politico in generale, inteso come
espressione, articolazione e mediazione delle domande particolaristiche di una
società civile differenziata107
, deve “ricercare obbiettivi globali a lungo
periodo” ed essere appoggiato da un sostegno sociale diffuso. Solo allora lo
Stato, inteso come istituzioni di governo e organi amministrativi, cessa di
essere “una burocrazia patrimonialista preoccupata essenzialmente per la sua
sopravvivenza e si trasforma in un agente effettivo e responsabile di ampi
interessi sociali ”.108
Un‟analisi più recente, relativa al fenomeno del clientelismo politico in
Brasile nella “Nuova Repubblica”, dimostra che il sistema partitico brasiliano
non ha ancora raggiunto i requisiti auspicati da Schwartzman. Secondo lo
studio di George A. Filho, l‟attività politica dei Deputati è sostanzialmente
divincolata dalla direzione dei partiti, nella misura in cui le caratteristiche del
sistema elettorale e le norme che disciplinano la selezione dei candidati alle
elezioni per il Legislativo statale e nazionale all‟interno dei partiti,
consentono che la competizione elettorale109
riguardi maggiormente la
concorrenza individuale tra candidati, anche all‟interno del loro stesso partito,
che tra le opzioni politico–programmatiche dei partiti. In particolare essi
costruiscono il loro sostegno a livello locale, cercando di monopolizzare i
distretti elettorali in cui il loro partito ha più riscontro, tramite il trasferimento
del maggior numero di risorse possibili in favore dei governi locali in cui la
loro affiliazione politica è più influente.110
Questa pratica clientelare con cui i
politici cercano di garantirsi il sostegno, paradossalmente aumenta la volatilità
107
definizione tratta da Giorgio Alberti, op. cit. , pag. 4. 108
Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 99. 109
George A. Filho, “Clientelismo e Política no Brasil - Revisitando Velhos Problemas”, pubblicato
nella rivista Novos Estudos, n. 38 anno 1994, pag. 232. 110
La Lei Orgãnica dos Partidos Politicos n. 5.682 del 21.7.71 stabilisce che i le sezioni di partito dei
Comuni esprimono un numero di rappresentanti alla Convenzione statale che sceglie i candidati a
Deputato statale e federale, Senatore e Esecutivo statale del partito, proporzionale a favore del partito
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elettorale, in quanto tale comportamento politico è riscontrabile in tutti i
partiti, tanto da renderli pressoché identici agli occhi dell‟elettorato. Quindi,
contrariamente all‟interpretazione del clientelismo politico come di una
pratica efficiente che consente ai politici di mantenere la propria posizione di
potere tramite la distribuzione particolaristica di benefici, Filho individua
proprio nell‟incertezza e imprevedibilità del comportamento elettorale gli
effetti di questa pratica111
. Il sistema partitico diventa una struttura di
articolazione e rappresentanza politica poco credibile nella misura in cui: il
fenomeno del clientelismo è trasversale a tutti i partiti che non vengono più
percepiti come reali “alternative di governo”; non sussiste una apprezzabile
collaborazione interna al partito per l‟elaborazione e l‟implementazione di
proposte politiche di ampio respiro nitidamente distinguibili, dal momento
che i suoi dirigenti impiegano buona parte delle loro risorse nel mantenimento
delle proprie clientele in una dinamica di competizione esasperata anche
all‟interno del partito stesso; la disciplina di partito assai blanda permette il
verificarsi di frequenti comportamenti opportunistici come lo scambio di voti
e il sistematico cambio di partito, che ne sminuiscono ulteriormente
l‟affidabilità.. La classe politica si presenta, quindi, come un‟oligarchia che
tutela prioritariamente la propria conservazione al potere subordinando il
perseguimento dell‟interesse collettivo mediante policymaking di lungo
periodo e utilità diffusa, alle attività di soddisfacimento della limitata rete di
clientele grazie alla quale mobilita consensi; l‟inaffidabilità e inefficienza
sono le conseguenze sul piano operativo di questa concezione distorta della
rappresentanza politica; esse contribuiscono ad alimentare un diffuso
“cinismo” nell‟elettorato che si traduce nel fenomeno dell‟estrema volatilità
elettorale ed astensionismo; in un contesto simile l‟elevata precarietà della
ai voti provenienti dai vari comuni, nell‟ultima elezione alla Camera dei Deputati. Cit. in George A.
Filho, op. cit. pag. 237. 111
L‟autore riporta i dati sulle percentuali di rielezione alla Camera, sia quella federale che quelle
statali; il tasso medio di rielezione dal 1978 al 1990 diminuisce del 50% circa raggiungendo nelle
ultime elezioni percentuali irrisorie: questo sta a indicare che le elezioni comportano realmente un
alto livello di incertezza, dato che di per se sarebbe positivo. L‟aspetto preoccupante di tale
imprevedibilità si delinea una volta che questa viene interpretata come volatilità elettorale dovuta alla
scarsa accountability del sistema partitico brasiliano. George A. Filho, op. cit. , pag. 234.
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classe politica ostacola la governance complessiva e “l‟istituzionalizzazione
dello stesso Congresso”. In definitiva l‟analisi del sistema partitico brasiliano
proposta da Filho sembra confermare la tesi proposta Schwartzman secondo
cui la concezione privatistica del potere e l‟assunzione di criteri personalistici
e arbitrari nell‟esercizio delle funzioni pubbliche, consolidate nella
formazione politica patrimonialista del Brasile, si evolvono e continuano ad
ostacolare il consolidamento di istituzioni politico–rappresentative affidabili
ed efficienti.112
In definitiva in questo capitolo:
- sono state esplicitate alcune importanti connessioni tra la formazione
patrimonialista delle principali istituzioni politico-sociali brasiliane e il
rapporto autoritario e particolaristico tra Stato, sistema politico e società
civile, inteso come principale ostacolo alla realizzazione di una effettiva
cittadinanza democratica in Brasile;
- sono state individuate empiricamente le principali evoluzioni, in
adattamento al variare dei rapporti di forza tra Stato e società e dei contesti
politico-istituzionali, della privatizzazione patrimonialista del pubblico e
delle prassi di relazioni particolaristiche grazie a cui si riproduce, sia le
dinamiche storiche che al contrario le hanno indebolite113
;
- sono stati evinti i principali tratti della cultura politica brasiliana
riconducibili al modello patrimonialista di formazione politica e sociale,
che ne permettono la sopravvivenza: a) la concezione tutelare del potere,
112
Lo studio di George A. Filho è incentrato sulle modalità con cui la pratica clientelare si adatta al
contesto istituzionale democratico-rappresentativo, ma il nesso logico tra clinetelismo e
patrimonialismo rimane abbastanza ovvio nella misura in cui il primo implica un l‟allocazione
arbitraria di risorse pubbliche, sottratte alla pubblica utilità e di fatto privatizzate, da parte di
funzionari e politici, come merce di scambio per il perseguimento di scopi privati come il
consolidamento del possesso della stessa posizione di potere grazie a cui accedono al controllo di tali
risorse. In altri termini la privatizzazione del pubblico come caratteristica intrinsecamente
patrimonialista è l‟aspetto strutturale della regolazione particolaristica dell‟accesso alle risorse e alla
tutela dello Stato basata sulla relazione della clientela. 113
In particolare tramite l‟analisi proposta da Schwartzman.
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b) la non distinzione tra pubblico e privato, c) la dualità contraddittoria tra
governo degli uomini e governo delle leggi, d) l‟assenza della nozione del
contratto sociale.
Nel capitolo quinto prenderò come riferimento queste “attitudini
antidemocratiche” del comportamento politico brasiliano per valutare se
l‟impatto dei processi di apprendimento che hanno coinvolto la società civile
e la classe politica nell‟esperienza del Bilancio Partecipativo di Porto Alegre,
abbiano comportato continuità o rottura col modello di dominazione
patrimonialistra.
PARTE SECONDA
CAPITOLO 3.
Porto Alegre: dalla città “bipartita”
all’istituzionalizzazione della partecipazione popolare.
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51
3.1. Origini storiche della città “bipartita”114
in Brasile.
In Brasile, tra gli anni ‟50 e ‟80 del XX secolo, l‟industrializzazione e
l‟urbanizzazione incontrollata a fronte di un massiccio e costante esodo
rurale, si impongono come processi caratteristici della trasformazione
economica e sociale in atto, ascrivibile al fenomeno della modernizzazione. In
questo periodo la popolazione urbana aumenta di 60 milioni di persone, 29
delle quali soltanto negli anni ‟80, e arriva a coprire i due terzi dell‟intera
popolazione nazionale. In questi processi, stimolati dalla modernização
conservadora del periodo 1930-50 e intensificati durante il regime dittatoriale
iniziato nel 1964, viene assecondata una concentrazione marcatamente
sperequativa della ricchezza115
, che nei grandi centri urbani nascenti, si
traduce in un divario tangibile, inscritto nella fisionomia delle città, per
quanto concerne le possibilità di accesso ai servizi abitativi, alle infrastrutture
pubbliche e ai servizi sociali, dando luogo ad una vera e propria “apartheid
social” nei confronti della popolazione meno abbiente, che vive in condizioni
di precarietà, degrado e violenza. La crisi sociale, combinata all‟intransigenza
del modello autoritario di sviluppo, si aggravò a partire dalla défaillance
economica e dalla recessione di inizio anni ‟80, conducendo ad un
irrefrenabile deterioramento delle condizioni di vita per la maggioranza della
popolazione brasiliana, constatabile nel vertiginoso calo dei redditi, nel
collasso delle politiche della sanità, dell‟educazione, e del finanziamento per
114
Termine utilizzato da Giovanni Allegretti, per menzionare la duplice realtà urbana delle metropoli
brasiliane, quella ufficiale e, quella informale altrettanto reale ma disconosciuta. In Giovanni
Allegretti, L‟insegnamento di Porto Alegre. Autoporgettualità come paradigma urbano, Alinea
editrice, Firenze, 2003, pag. 47. 115
Un riferimento implicito alle nozioni fondamentali della teoria della modernizzazione, influente
sulle avanguardie tecnocratiche, che contemplano come pre-requisito del decollo (take-off)
dell‟industrializzazione un‟estrema concentrazione di capitale. Il divario nella distribuzione del
reddito si sarebbe via, via attutito, parallelamente al rafforzamento e alla modernizzazione del sistema
produttivo, tramite l‟aumento progressivo dei salari, necessario per l‟attivazione del mercato di
consumo interno.
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52
l‟edilizia popolare, nel degrado ambientale e nell‟elevato tasso di violenza116
.
All‟indomani della transizione, la cronica crisi economico-finanziaria, la
monopolizzazione e oligopolizzazione dell‟economia, la pressoché totale
sottomissione delle politiche economiche al capitale finanziario
internazionale, la debolezza delle neonate istituzioni democratiche e la
perseveranza delle pratiche patrimonialiste-clientelari di appropriazione
particolaristica dello Stato radicate nelle attitudini della cultura politica del
Brasile, concorsero a decretare l‟inettitudine della nuova classe dirigente che
“non riuscì ad apparire come un istanza politica con credibilità minima in
grado di dirimere i conflitti più ampi della società, e di comporre gli interessi
in gioco, come fallì anche nell‟organizzare efficacemente e razionalmente il
funzionamento stesso dello Stato.”117
Nel contempo i processi di
ristrutturazione produttiva nell‟ambito dei fenomeni della globalizzazione dei
mercati imposero, da un lato una progressiva “dissociazione profonda tra la
riproduzione di capitale e un vasto contingente di popolazione la cui qualifica
non lo abilita ad entrare nel nuovo sistema produttivo, sfidando i paradigmi di
gestione locale a fare fronte a nuove forma di esclusione sociale”,118
e,
dall‟altro, un agenda neoliberale di politiche di smantellamento del settore
pubblico e di precarizzazione dei rapporti di lavoro. In questo quadro di
debolezza estrema del potere pubblico, di grave crisi economica, e di elevata
precarietà sociale, la marginalizzazione di ampi strati della popolazione,
acquisisce proporzioni maggioritarie; nel corso degli anni „80 gran parte dei
settori sociali più deboli passa da una situazione strutturale di sfruttamento
come manodopera urbana a basso costo, ad una “posizione strutturale di
irrilevanza”, ossia una forma di esclusione sociale che configura “una nuova
categoria di povertà urbana le cui implicazioni sociali, politiche e culturali
116
A proposito della crisi sociale negli anni ‟80, ho visto Luciano Fedozzi, O poder da aldeia. Gênese
e historia do Orçamento Participativo de Porto Alegre, Tomo Editorial, Porto Alegre, 2000, pag. 17-
19, e Thomas E. Skidmore, Brazil. Five centuries of change, Oxford University Press, New York,
1999. pag. 194-201. 117
Maria Célia Paoli. “Movimentos sociai; cidadania e espaço público”, pubblicato in Umanidade,
v.8 del 1990, n.4, pag. 495-504, Brasilia, 1992, citato in Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 18.
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53
sono imprevedibili.”119
Il riflesso dei macrofenomeni menzionati,
sull‟organizzazione della vita sociale nel contesto urbano, assume i tratti
caratteristici dei fenomeni di autorganizzazione informale della società, come
la diffusione endemica della fruizione abusiva degli spazi urbani e delle
infrastrutture pubbliche, e delle attività lavorative e commerciali ai margini
della legalità. In particolare la fisionomia delle città viene rimodellata
attraverso il processo di favelizzazione degli agglomerati metropolitani, intesa
come una crescita spontanea, irregolare ed esclusa dalla pianificazione
pubblica della copertura di infrastrutture e servizi, degli insediamenti
residenziali informali, abitati prevalentemente da persone a basso reddito e
disoccupati “strutturali”. Questo fenomeno, foriero di conseguenze nefaste
sulla vivibilità, funzionalità ed esteticità dell‟intero assetto urbano, è prima di
tutto responsabile dell‟estrema insostenibilità delle condizioni di vita e del
degradamento della status civile cui la popolazione che vi risiede è sottoposta.
Ad incentivare l‟informalità insediativa concorre il caratteristico “modello
escludente dei processi di sviluppo, pianificazione, normazione e gestione del
territorio”, orientato ad una valorizzazione fondiaria intransigente, non di rado
oltre i limiti della speculazione, caratterizzato da legami clientelari tra
pubbliche amministrazioni e potentati economici locali, agevolati da regimi
giuridici elitisti, inaccessibili per parte della maggioranza dei cittadini,
peraltro largamente a digiuno di informazione ed educazione civica
basilare.120
3.2. La “favelizzazione” di Porto Alegre.
118
Luis Cézar de Queiroz Ribeiro e Orlando Alves Santos Junior, Globalização, fragmentação, e
reforma urbana: o futuro das cidades brasileras na crise, Civilização brasilere ed. , Rio de Janeiro,
1994, citato in Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 18. 119
Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 19. 120
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 48.
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54
Benché la crescita urbana di Porto Alegre abbia costantemente dimostrato una
sostenibilità superiore rispetto alla media degli insediamenti urbani del
paese121
, i flussi migratori interni allo Stato dio Rio Grande do Sul, che la
capitale si è trovata ad accogliere specialmente dagli anni ‟60 in poi,122
ne
hanno fatto una “città bipartita”, interessata dai medesimi fenomeni di
sviluppo schizofrenico e di degrado sociale caratteristici delle altre grandi città
brasiliane. Il processo di favelizzazione a Porto Alegre è cresciuto
inarrestabile, soprattutto dagli anni ‟50 in poi: come si vede dalla tabella in
figura 1, all‟inizio degli anni ‟70 si contavano ben 124 “vilas de
subabitações” (agglomerati residenziali informali), in cui viveva l‟11,4 %
della popolazione, all‟inizio degli anni ‟90 queste erano cresciute ad un
numero di 212 unità in cui viveva il 28, 32 % del totale degli abitanti, e ad
arrivare al solo 1991 il tasso di crescita aumenta vertiginosamente.
Figura 1- Dati sul processo di “favelizzazione” di Porto Alegre.
121
Indicatori di paragone con Rio San e Paolo…. 122
La percentuale di popolazione residente a Porto Alegre rispetto a quella totale dello Stato di Rio
Grande do Sul è del 18,9 % nel 1960, del 31,5 % nel 1985, del 41,66 % nel 1991. Rilevamento IBGE
del 1991 citato in Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 19. L‟esodo rurale verso la capitale in
questo Stato comincia intorno alla fine degli anni ‟40 prevalentemente a causa della trasformazione
dei rapporti di lavoro nel campo, dovuti a trasformazioni dell‟attività rurale d‟allevamento, che libera
una sempre maggiore quantità di manodopera dal minifondo e dal latifondo e richiede concentrazione
fondiaria crescente.
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55
Fonte: Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 22.
Inizialmente l‟Amministrazione tenta soluzioni emergenziali, istituendo aree
ad uso abitativo secondo una pianificazione improvvisata, promettendo una
successiva copertura di servizi e infrastrutture, nel frattempo, come si è visto,
l‟insediamento informale era tutt‟altro che arginato da queste misure.123
Dopo
il colpo di stato del 1964 gli amministratori cominciano ad essere nominati
dal governo militare, e la politica comunale si intreccia con gli interessi
imprenditoriali, investendo in aree già strutturate della città, dove abitava la
classe media e alta,124
tanto che all‟inizio degli anni ‟80 il 41,88 % della
capitale era di possesso delle principali imprese costruttrici, e i 100 maggiori
proprietari terrieri possedevano 47,67 % dei terreni edificabili liberi della
città. La tendenza autoritaria nella gestione della pianificazione urbana di
questo periodo si palesa, sia nelle massicce campagne di rimozione forzata e
trasferimento coatto di interi nuclei residenziali informali verso zone
periferiche prive di infrastrutture, che nella sistematica minimizzazione
dell‟entità del fenomeno dell‟informalità urbana, ottenuta tramite la
falsificazione dei dati ad opera delle agenzie di rilevamento censitario, e
finalizzata a costruire una parvenza fittizia di efficienza e praticabilità a piani
regolatori ipocritamente ambiziosi.125
123
Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 21. 124
Ibidem. 125
Ibidem, pag. 25.
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56
3.3. La distensione e la conflagrazione del Movimento Comunitario.
Dalla metà degli anni ‟70 la ricerca di legittimazione per establishment del
regime non può più basarsi sul successo del modello economico desarollista,
ma ambisce piuttosto al perseguimento di un consenso di tipo elettorale; in
questa congiuntura nazionale di decompressione politica, si assiste ad una
progressiva apertura dell‟arena politica alle articolazioni partitiche e a nuovi
attori sociali che nel contesto di Porto Alegre, influisce, da una parte, sulla
politica dell‟Amministrazione, che riduce notevolmente le misure di
rimozione coatta dei nuclei informali, dall‟altra, sulle possibilità di
espressione del malcontento dei settori popolari. È alla fine degi anni ‟70,
infatti, che conflagrano a Porto Alegre i movimenti sociali dei residenti delle
aree informali, denominati, nell‟insieme eterogeneo, Movimento Comunitario;
le loro principali rivendicazione erano l‟ottenimento di suolo edificabile, la
possibilità di fruire di servizi e infrastrutture pubbliche essenziali, e la
riconquista dell‟autonomia da parte delle organizzazioni sindacali dei
residenti, uniche aggregazione associative sopravvissute durante il ventennio,
in parte compromesse dai nessi clientelari con cui il regime si prodigava a
cooptarle. La mobilitazione movimentista, quindi, vivifica e ridisegna il
panorama delle organizzazioni degli abitanti delle aree abitative informali,
articolate in differenti unità d‟aggregazione. Le Associações de Moradores
riuniscono un numero variabile di abitanti di uno stesso nucleo residenziale
clandestino o irregolare; nel primo caso la mobilitazione è mirata
prevalentemente ad ottenere la legalizzazione del loro stanziamento, nel
secondo si sollecita la fornitura di infrastrutture di base, come la
pavimentazione delle strade, la costruzione degli impianti di scarico fognario
e di pubblica illuminazione, ecc. Elemento politico comune è la
rivendicazione collettiva di dignità, spesso negata dalle campagne
denigratorie della stampa legata agli interessi imprenditoriali, in merito alla
presunta marginalità del fenomeno dell‟insediamento informale: in questo
percorso di riscatto sociale i residenti dei nuclei di sub-abitazione si
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57
richiamavano frequentemente al loro status di lavoratori regolari,126
rifiutando
l‟assimilazione della loro situazione a fenomeni di devianza e attribuendone la
causa all‟ingiustizia del sistema particolaristico e autoritario su cui si regge la
politica amministrativa. Le modalità di mobilitazione variavano dalle raccolte
di firme, alle lettere aperte affidate alle testate giornalistiche più aperte, alle
barricate lungo le strade e i picchetti davanti all‟edificio del Comune.
Caratteristico della cultura politica dell‟auto-organizzazione popolare, che
andava via, via ad affermarsi tra le varie aggregazioni di mobilitazione
urbana, era la pratica dimostrativa del mutirão:127
la costruzione collettiva e
volontaria di opere e la costituzione di cooperative di volontariato per servizi,
indipendenti dalla pianificazione e dai finanziamenti Comunali, destinate alla
pubblica fruizione.128
Forme di aggregazione a carattere emergenziale si
costituivano di fronte ad esigenze improvvise, come ad esempio la resistenza
di fronte ad uno sgombero imminente, dove le Associazioni dei Residenti non
avevano ancora uno status legale o le loro leadership risultavano complici
dell‟Amministrazione; queste prendono il nome di Commissioni di Residenti.
I Comitati d‟Appoggio, invece, erano organizzazioni trasversali composte da
studenti, ONG‟s, associazioni di categoria e consulenti volontari che si
costituivano in sostegno dei residenti degli insediamenti informali nel
confronto col potere pubblico.129
In generale i Movimenti Comunitari agivano in sinergia con le Associações
de Moradores e spesso ne costituivano la base di sostegno, ma mentre i primi
seguivano modalità di aggregazione e mobilitazione spontanee e non
necessariamente si identificavano con un soggetto politico definito, le seconde
erano sovente contraddistinte dal carattere relativamente strutturato
dell‟organizzazione, dalla connotazione classista della soggettività politica,
126
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 102. 127
Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 46. 128
Esemplare è il ponte di passaggio pedonale e dei mezzi pubblici auto-costruito dalle Associazioni
dei Residenti di Campo da Tuca e inaugurato nel 1978. Riporto qui il passaggio del discorso di
inaugurazione fatto da uno dei militanti “O prefeito e os políticos somente pensam em nós em época
de eleições (...) Somos marginalizados e não marginais ..... Isto [l‟esecuzione del ponte] não é resultado
de promessas de políticos. Isto é resultado da nossa unidade”; quotidiano locale Zero Hora del
31/7/78, citato in Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 37.
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58
dall‟elitarismo avanguardista delle leadership. Questa differenza si spiega col
fatto che a seguito della riattivazione del sistema partitico nella fase di
apertura, la propaganda dei partiti d‟opposizione al regime, prevalentemente
di quelli di sinistra, aveva trovato terreno fertile nella mobilitazione
comunitaria, cooptandone le leadership e influenzandole ideologicamente, e le
entità più vicine alla modalità sindacale di articolazione di interessi, in
definitiva più suscettibili alla concezione avanguardista leninista della
militanza, erano le Associazioni dei Residenti, tanto che agli inizi degli anni
„80 un terzo di esse erano collegate a partiti di sinistra130
.
Un‟evoluzione significativa di questo complesso movimento popolare è
consistita nel progressivo superamento delle rivendicazioni particolaristiche
dei singoli insediamenti, in funzione di più ampie articolazioni - le Uniões de
Vilas - che coordinavano le Associações de Moradores di macro-aree di sub-
abitazione, suddivise secondo una “mappatura interna della città prodotta a
partire dalla particolare lettura dello spazio urbano che proposero i nuovi
movimenti sociali.”131
Nel 1983 nasce la UAMPA, una struttura di
coordinamento cittadino che contava l‟adesione di un ottantina di Associações
de Moradores. Nelle risoluzioni del suo primo congresso (1985), cui
partecipano circa 300 delegati, emergono le diverse sensibilità politiche che
contraddistinguono il variegato Movimento Comunitario. Il richiamo all‟unità
del movimento costituiva un chiaro riflesso dell‟esigenza trasversale ai partiti
di opposizione al regime, fortemente influenti sulle leadership delle
Associações de Moradores, di costituire un fronte unito nel delicato processo
di transizione in atto; l‟enfasi sull‟indipendenza dallo Stato del Movimento,
può essere letta come l‟espressione dell‟attitudine anti-istituzionale della
cultura politica dei settori popolari, che si era andata sviluppando come forma
reazione al modello autoritario e particolarista con cui il potere pubblico si
era da sempre relazionato alla società; la rivendicazione del riconoscimento di
129
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 103. 130
Luciano Fedozzi, op. cit. (2000), pag. 45. 131
E.M. Menegat, “Coragem de mudar”, fios condutores da partecipação popular na gestão urbana
em Porto Alegre, tesi di “Maestrado”, Universidade Federal do Rio de Janeiro, citato in Giovanni
Allegretti, op. cit. , pag. 102.
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59
nuclei di potere decisionale che fossero espressione delle leadership
comunitarie, esterna alle istituzioni rappresentative, rispecchiava il mito
leninista della costituzione del potere operaio nei soviet come premessa della
rivoluzione socialista contro il capitalismo e il suo Stato borghese, ambizione,
questa, fortemente radicata nell‟immaginario politico dei partiti di sinistra
maggiormente influenti tra le avanguardie del Movimento, il Partido dos
Trabalhadores (PT) e il Partido Comunista Brasilero (PCB).
3.4. Verso nuove forme di partecipazione
Alle prime elezioni comunali libere dopo la dittatura (1985), vince il
candidato Alceu Collares, del Partito Democratico Laburista (PDT). La
politica attuata dall‟Amministrazione PDT rispetto alla mobilitazione
comunitaria si presenta di difficile interpretazione; se da una parte Collares si
fa promotore di un ambizioso progetto di apertura di canali di partecipazione
delle leadership comunitarie nei processi decisionali locali tramite la proposta
di legge sull‟istituzione di appositi Conselhos Populares (organi assembleari a
partecipazione mista tra rappresentanti delle Associações de Moradores, dei
sindacati, e delle organizzazioni di categoria), dall‟altra si rifiuta di prendere
in considerazione le garanzie ritenute necessarie dai soggetti politici
coinvolti132
, affinché le forme dei nuovi ambiti di partecipazione, risultassero
coerenti con gli intenti dichiarati nella riforma proposta. La politica di
privatizzazione del suolo urbano e di appoggio agli investimenti degli
oligopoli di costruttori e di speculatori immobiliari, e le pratiche clientelari
con cui l‟Esecutivo ha cercato di cooptare le leadership delle Associações de
Moradores, hanno contribuito a compromettere la fluidità dell‟interazione tra
il Movimento e l‟Amministrazione.133
La relativa apertura delle istituzioni alle
132
La UAMPA chiedeva, ad esempio, che i Conselhos Populares fossero composti da membri
interamente scelti dalla società civile, investiti di un mandato revocabile e non retribuiti. Vedi
Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 50. 133
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 107.
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60
istanza della società civile mette comunque in crisi la politica del Movimento
Comunitario che fino ad allora aveva identificato lo Stato come un avversario
da affrontare con atteggiamento rivendicativo e conflittuale. In particolare le
potenzialità prospettate dal progetto Collares stimolano un ampliamento
dell‟orizzonte propositivo dell‟avanguardia dei movimenti popolari, che
cominciano a valutare l‟importanza di partecipare ad ambiti di co-gestione
istituzionalizzati dei processi decisionali, piuttosto che continuare a
perseguire l‟istituzione di nuclei di potere popolare esterni e concorrenti a
quello dello Stato. Un segnale esemplare di questa maturazione politica
emerge durante il secondo congresso della UAMPA (1986), da cui scaturisce
come prerogativa auspicata dello sviluppo delle forme di partecipazione,
l‟avvio di un percorso di “con-discussione del bilancio comunale tra le
istituzioni e le organizzazioni comunitarie, ritenuto il punto di svolta
necessario ad un rinnovamento delle politiche urbane.”134
Il progetto di legge dei Conselhos Populares trova comunque l‟opposizione al
Legislativo Comunale, anche tra le fila della stessa maggioranza PDT, tanto
che Collares decide di ritirarlo prima della votazione. La legge terminerà il
suo iter approvativo solo l‟ultimo giorno di mandato dell‟Esecutivo uscente, e
la sua approvazione repentina non lascia dubbi sull‟interpretazione di questo
atto come di una “vendetta postuma” di Collares contro gli avversari politici.
Il PDT, passato all‟opposizione in Consiglio Comunale, non esiterà ad
incalzare da subito la nuova maggioranza rispetto all‟implementazione della
controversa e radicale riforma amministrativa.
Nel 1989 Frente Popular, la coalizione tra il PT e il PCB, vince le elezioni, e
la nuova Amministrazione guidata dal sindaco petista Olívio Dutra affronta
da subito una complessa discussione su come regolamentare gli ambiti di
partecipazione introdotti dall‟Amministrazione Collares. Tra i militanti del
PT, l‟istituzione dei Conselho Populares era stata accolta con un generale
entusiasmo, nella misura in cui si riteneva che questi potessero costituire un
embrionale costituzione del potere della classe lavoratrice, concorrente alle
134
Ibidem, pag. 106.
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61
istituzioni borghesi, ma all‟atto pratico il progetto di Collares risultava
totalmente anacronistico rispetto alle reali capacità di comprensione e
controllo, da parte della società civile, della molteplicità di rapporti di causa-
effetto che la pianificazione dell‟azione amministrativa comporta135
. In
definitiva, il prevalere dell‟opinione secondo cui il progetto di Collares fosse
essenzialmente scollato da un percorso di capacitazione tecnica progressiva
della società civile, indispensabile per avviare qualsiasi processo di co-
gestione dell‟indirizzo politico-amministrativo pubblico, spinse
l‟Administração Popular136
a sperimentare, come alternativa ai Conselhos
Populares, un percorso incrementale di coinvolgimento della cittadinanza, in
quello che era già stato individuato dall‟UAMPA nel suo secondo congresso,
come l‟ambito vitale della policymaking amministrativa: la discussione e
definizione del Bilancio Comunale e del Piano degli Investimenti.
3.5. 1989. Il primo ciclo di Orçamento Participativo.
135
Secondo quanto ho rilevato dai testi consultato, il progetto dei Conselhos Populares la
strutturazione burocratica monopolistica della partecipazione comunitaria limitata alle
rappresentanze Associações de Moradores nei Conselhos Populares, rischiava di frustrare gli ambiti
allargati di discussione orizzontale delle priorità collettive, modalità di partecipazione che aveva
portato ossigeno alle organizzazione comunitarie uscite sclerotizzate dal ventennio del regime.
D‟altronde neanche la UAMPA, l‟organizzazione più capillare delle leadership comunitarie, era in
grado rappresentare l‟universo sociale popolare di Porto Alegre nella sua complessità: ad esempio i
circoli delle madri, quelli culturali, religiosi, ricreativi e sportivi erano per buona parte esclusi dalle
modalità di organizzazione delle Associações de Moradores ma sperimentavano svariate forme di
azione collettiva di importanza tutt‟altro che marginale nel processo di accumulazione di capitale
sociale del Movimento Comunitario e della società civile in generale. Non sorprende che le
distorsioni potenziali che l‟istituzione di Conselhos Populares monopolizzati dalle Associações de
Moradores poteva generare sul processo di apertura alla società civile, non preoccupassero tanto ai
quadri del PT; infatti questi, all‟inizio dell‟esperienza di Governo erano ancora largamente aderenti
alla concezione avanguardista e militante della partecipazione politica, cui si addiceva l‟attività di
tipo sindacale e l‟identificazione classista dalle Associações de Moradores, piuttosto che le forme
spontanee e disarticolate di mobilitazione ed espressione, tacciate di individualismo borghese. In
generale il progetto Collares si rivelava come un artifizio giuridico, calato dall‟alto, anacronistico
rispetto alle possibilità materiali di articolazione politica della società civile di quegli anni, e destinato
dalla sua propria struttura organizzativa rigida e verticistica a limitare l‟ampiezza e la fluidità della
partecipazione popolare potenziale. 136
Così venne comunemente definita l‟Amministrazione di Frente Popular.
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62
Nel agosto del 1989 il Sindaco Dutra e le varie organizzazioni comunitarie
indicono una tornata di assemblee aperte a tutta la cittadinanza per una prima
discussione della proposta del Bilancio per il 1990. La prima tornata di
assemblee si svolge in maniera caotica e l‟affluenza risulta relativamente
limitata tanto che si procede ad organizzarne una seconda per il mese di
settembre, che prevede una suddivisione del territorio urbano in 16 regioni,
stabilita di comune accordo tra le organizzazioni comunitarie e
l‟Amministrazione, secondo la geografia della distribuzione dei principali
movimenti sociali nella città. In queste assemblee si ridiscute il Bilancio per il
1990 e si eleggono i rappresentanti comunitari (1 ogni 5 partecipanti), per una
commissione che avrebbe approvato, o eventualmente emendato, la Proposta
di Bilancio da presentare al Consiglio Comunale, e, successivamente,
elaborato il Piano di Investimenti, assieme agli organismi di pianificazione
tecnica dell‟Esecutivo. Malgrado l‟entusiasmo, al limite dell‟incredulità, di
tutti i soggetti coinvolti in questo primo ciclo di Orçamento Participativo, al
suo termine gli esiti frustrarono pesantemente l‟amministrazione e delusero
amaramente le comunità che vi avevano partecipato137
. Tra i motivi di questo
fallimento senz‟altro hanno influito, sia l‟approssimazione con cui
l‟Amministração Poupular ha improvvisato questo esperimento,138
che
l‟impreparazione del Movimento Comunitario a costituirsi come interlocutore
della mediazione istituzionale per la definizione di politiche pubbliche, dovuta
137
A tal proposito riporto dei frammenti delle relazioni dei rappresentanti comunitari realtivi al
primo ciclo di OP. “Podemos dizer que nessa experiência plantamos a semente da participação,
embora nâo se tenha colhido quase nada”; “Entendemos que o movi mento não participou da
definição do orçamento para 1990 que,, no nosso entender, envolve desde a receita, passando pelas
despesas de custeio da máquina administrativa, até a distribuição dos recursos de investimentos por
setor e a definição das obras a realizar. Na realidade, o que ocorreu foi uma negociação do plano de
obras, tendo de um lado as propostas das secretarias e departamentos, que foram elaborados
setorialmente, nos moldes tradicionais e, de outro lado, as prioridades do movimento, levantadas nas
microrregiões e negociadas pela comissão de representantes.” Citate in Luciano Fedozzi, (2000), op.
cit. , pag. 61. 138
Ad esempio, a causa dell‟assenza di criteri di priorità strategiche prestabiliti, attraverso i quali
impostare una gerarchia di precedenza tra le richieste di opere e servizi, pervenute dalla cittadinanza
tramite le assemblee e i rappresentanti eletti, la Commissione dei Rappresentanti assieme ai
dipartimenti tecnici dell‟Esecutivo si è trovata ad esaminare un numero spropositato di domande
rispetto alle risorse disponibili, per giunta senza alcuno strumento di razionalizzazione. Giovanni
Allegretti, op. cit. , pag. 165.
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63
in parte all‟atteggiamento prevalentemente rivendicativo della sua cultura
politica, e in parte all‟oggettiva difficoltà tecnica dei linguaggi e delle
meccaniche che sottendono all‟attività amministrativa. A determinare
l‟inconsistenza del riscontro materiale dell‟utilità della partecipazione
popolare, in termini di quantità di richieste soddisfatte, in rapporto alle
aspettative delle singole comunità, ha contribuito in misura determinante, la
situazione finanziaria delle casse del Comune ereditata dall‟Amministrazione
Collares, che aveva aumentato gli stipendi dei funzionari comunali del 236,98
%, costringendo a destinare il 98% delle entrate per la spesa pubblica,
rendendo disponibile per nuovi investimenti, in definitiva, solo il 2%
dell‟intero Bilancio.139
3.6. Direttrici di sviluppo dell‟Orçamento Participativo.
I cicli successivi dell‟OP beneficeranno dell‟introduzione progressiva di
importanti innovazioni, sempre frutto della capitalizzazione degli
insegnamenti dell‟esperienze precedenti, consolidando un percorso di
interazione dialogica tra la società civile e l‟Amministrazione, che è anche e
soprattutto un processo pedagogico, in cui la prima allarga il suo orizzonte
rivendicativo e accetta di perseguirlo secondo regole del gioco
istituzionalizzate e la seconda assume il punto di vista dello stesso oggetto
della sua azione: la comunità urbana reale, definita attraverso il
riconoscimento di quella informale, storicamente occultata. Ripercorrere i 16
anni di sviluppo dell‟esperienza dell‟Orçamento Participativo di Porto Alegre,
per quanto costituisca verosimilmente il percorso di ricerca più utile a
comprendere la natura di un ibrido istituzionale così complesso e azzardare
previsioni sul suo sviluppo, comporterebbe un lungo studio, basato su
documenti in gran parte disponibili unicamente in loco, la cui articolazione
esula dalle prerogative del presente elaborato, pertanto mi limiterò ad
139
Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 82.
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64
individuare le principali direttrici attraverso cui si evolve l‟OP, dalla sua
forma embrionale del 1989, ad uno standard organizzativo simile a quello
attuale, che verrà delineandosi già nel 1994.
Nel 1990 l‟Amministrazione realizza un‟importante riforma tributaria che
introduce criteri di progressività nella fissazione dell‟Imposta Predariale e
Territoriale Urbana (IPTU), da cui deriva un aumento degli introiti, che,
sommati ai trasferimenti liberati dalla Costituzione Federale del 1988, portano
ad un incremento netto delle entrate del 22% rispetto all‟anno precedente;
questo aumento di disponibilità finanziaria permette la crescita della
percentuale di Bilancio dedicata a nuovi investimenti, che arriva al 10 % nel
1990, al 16,3 % nel 1991 e al 17 % nel 1992.140
Con le aumentate capacita di
investimento cresce l‟utilità materiale che le comunità riconoscono alla
propria partecipazione, dato riscontrabile nell‟incremento delle presenze nei
vari ambiti attraverso cui si articola l‟OP; nel 1989 partecipano circa 250 enti
e 780 persone, nel 1990 il numero arriva rispettivamente a 467 e 976, nel
1991 a 503 e 3.694, e nel 1992 a 572 e 7.610.141
La crescita progressiva della
partecipazione è comunque da ritenersi indirettamente collegata
all‟incremento delle capacità di spesa, dal momento che solo un incremento di
“responsiveness” dell‟effettiva pianificazione delle politiche pubbliche
rispetto alle istanze articolate tramite l‟OP, ha potuto giovare alla credibilità
di questo strumento, incentivando la cittadinanza ad utilizzarlo; il
raggiungimento di una relativa efficienza, in particolare, è dipeso in maniera
determinante dal potenziamento e dalla semplificazione dei processi dialogici
tra le istanze istituzionali e quelle comunitarie, dalla razionalizzazione
strutturale e organizzativa degli ambiti di partecipazione, e dalla definizione
del principio di “uguaglianza distributiva” mediante regole universalmente
accettate per l‟allocazione delle risorse pubbliche nell‟ambito dell‟OP. In
queste direzioni, tra le iniziative più significative si sono dimostrate
particolarmente rilevanti:
140
Ibidem, pag. 84. 141
Ibidem, pag. 146.
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65
l‟istituzione da parte dell‟Esecutivo di strutture tecniche destinate alla
coordinazione con gli organi di rappresentanza delle istanze popolari
nell‟elaborazione del bilancio, nella pianificazione strategica degli
investimenti, e nelle esecuzione dei lavori, quali il Gabinete de Planejamento
(GAPLAN – commissione di funzionari del Gabinetto del Sindaco che
promuove la coordinazione tra gli Assessorati e le rappresentanze comunitarie
nell‟elaborazione della Proposta di Bilancio e del Piano Annuale degli
Investimenti e dei Servizi), e la Coordenação de Relações com as Comunida-
des (CRC – struttura di tramite tra le Istituzioni, i suoi organi di pianificazione
e la cittadinanza, che segue tutti i principali momenti assembleari cittadini
previsti dall‟OP, fornendo informazioni e supporto tecnico-organizzativo);
la regolamentazione, chiara ma flessibile in merito ai principali luoghi, e alle
relative specifiche attribuzioni, della partecipazione cittadina, che dal 1990 ad
oggi si articola in: Assembléias Regionais (riunioni in ognuna delle 16 regioni
della città, aperte a tutti i privati cittadini, in cui si discute il Bilancio e il
Piano di Investimenti elaborato nel ciclo di OP precedente, si votano le
priorità di investimento per quello attuale, si raccolgono le richieste di opere e
servizi, e si votano i Delegati per i Fóruns Regionais e i Consiglieri del
Conselho do Orçamento Participativo), Fóruns Regionais ( 16 forum di
delegati, uno per ciascuana Assembléia Regional, che riordineranno le
richieste di investimenti dei cittadini per ogni regione, per consegnarle
successivamente al alle strutture di pianificazione istituzionali e comunitarie),
e nel Conselho do Orçamento Participativo (COP – organo collegiale
ristretto, i cui membri sono eletti dalle Assembléias Regionais, che funge da
“centrale di processamento” delle istanza comunitarie, approva la proposta di
Bilancio del Esecutivo, da sottoporre al vaglio del Consiglio Comunale ed
elabora, in coordinazione con le strutture di pianificazione del Comune, e
approva, il Piano di Investimenti); dal 1994 per superare il “localismo” delle
istanze prodotte nelle Assembléias Regionais, ciascuna delle quali tende a
rivendicare investimenti per opere e servizi che interessano la regione a cui fa
capo, vengono istituite le Plenárias Temáticas, assemblee che si tengono in
parallelo a quelle regionali e hanno il compito di elaborare direttrici generali
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66
di sviluppo di politiche settoriali (come l‟istruzione, la sanità, lo sport, ecc.), e
globali (che riguardano investimenti per opere che coinvolgono tutta la città o
più regioni, come la realizzazione della tangenziale o la ristrutturazione del
patrimonio architettonico storico). L‟introduzione di questi ulteriori ambiti di
partecipazione, che come le Assemblee Regionali esprimono 2 consiglieri per
il COP ciascuna, e quindi partecipano alla definizione del Piano degli
Investimenti, ha permesso di includere nel processo partecipativo movimenti,
segmenti sociali e organizzazioni di interesse che fino ad allora non trovavano
canali idonei di espressione (ad esempio i sindacati, le organizzazioni
imprenditoriali, i movimenti ecologisti, studenteschi, etnici, le ONG,
eccetera).
un‟evoluzione nella pianificazione dello sviluppo urbano attuata tramite l‟OP,
verso una razionalità strategica sempre più ispirata ad un principio di equità
distributiva, si compie nella formulazione definitiva, tuttora vigente, dei
criteri di priorità in base ai quali, di anno in anno, si decide di soddisfare
determinate richieste di infrastrutture e servizi, e di procrastinarne altre. Nel
ciclo di elaborazione del Bilancio per il 1992, il Conselho do Orçamento
Participativo, con approvazione dell'Esecutivo, stabilisce che l‟ordine di
priorità, attraverso cui l‟insieme delle richieste di investimento pubblico
verranno classificate, dovrà basarsi su precisi parametri empiricamente
misurabili, tra i quali: il livello di carenza dell‟infrastruttura o servizio
richiesto, la popolazione totale della regione in cui viene richiesta, la
corrispondenza tra le priorità individuate dalla regione e quelle scelte a livello
cittadino.
3.7. Influenza dell‟Orçamento Participativo sulle politiche pubbliche.
Se tra i fattori che hanno reso praticabile e sostanziale la prerogativa
prioritaria dell‟OP di offrirsi come strumento di democratizzazione
dell‟amministrazione pubblica, ho indicato come essenziali, se pure affatto
esaustivi, le migliorie organizzative e tecniche apportate negli anni al suo
funzionamento, rimane da stabilire se la partecipazione cittadina tramite i
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canali offerti, abbia realmente promosso politiche pubbliche orientate alla
compensazione delle diseguaglianze sociali, in termini di una
razionalizzazione progressiva dell‟intervento pubblico, che garantisca un
accesso alle sue risorse proporzionato al bisogno. Per verificare una tale
tendenza di massima, mi accingo ora ad elaborare alcune interpretazioni delle
statistiche economico-sociali disponibili. Dando inizialmente per scontato che
la fruizione degli strumenti di partecipazione forniti dall‟OP, si traduca
tendenzialmente in maggiori probabilità di ottenere risorse pubbliche, in
termini di infrastrutture e servizi, mi sembra legittimo ipotizzare che ad
organizzarsi per essere rappresentati negli ambiti di partecipazione, abbiano
maggiore interesse le comunità dei ceti meno abbienti. I risultati delle
indagini conoscitive a proposito della composizione sociale dei partecipanti
alle varie strutture dell‟OP, indicano che nel 1995 la percentuale di coloro che
detenevano un reddito familiare inferiore a 4 Salari Minimi si aggirava
intorno al 61,9%,142
nel 1995 questo gruppo scende al 55,8%,143
e nel 2000 al
54,2%144
; considerando che in questo intervallo di tempo il reddito familiare
medio oscilla tra gli 8 e 10 Salari Minimi si deduce, con un buon margine di
certezza, che all‟interno dell‟OP i settori popolari organizzati abbiano
costituito il gruppo maggioritario, che l‟OP sia uno strumento la cui fruibilità
non è strettamente correlata alle disponibilità economiche,145
e che i ceti meno
abbienti abbiano trovato motivi ragionevoli per continuare a parteciparvi.
Assodato che l‟OP ha visto una partecipazione maggioritaria dei settori
popolari organizzati, e tenendo conto che questi si distribuiscono in maniera
disomogenea nel territorio di Porto Alegre, le regioni della città popolate a
maggioranza da comunità povere, dovrebbero avere ricevuto finanziamenti
142
Sérgio Baierle, “Democracia radical e cidadania: a "economia moral" dos sujeitos”. In: Século
XXI: qual conhecimento? qual currículo?, Editora Vozes, Petrópolis, 1999; citato in Adalmir
Marquetti, op. cit. 143
Ibidem. 144
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 202. 145
La possibilità materiale di partecipare ad ambiti di partecipazione politica, assolutamente non
retribuiti, e comunque impegnativi viene dall‟alto livello di organizzazione ed efficienza delle
Associações de Moradores, dato riscontrabile ad esempio sull‟indagine tra la composizione della
partecipazione al ciclo dell‟OP del 1995: ben il 61% dei partecipanti faceva parte in diversa misura di
Associações de Moradores. Luciano Fedozzi, (2001), op. cit. pag.141.
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68
pubblici per opere e servizi maggiori rispetto a quelle dove risiede
mediamente più popolazione benestante. Per verificare questa ipotesi
ripropongo le argomentazioni di Adalmir Marquetti, tratte da uno studio teso a
dimostrare che l‟OP sia stato uno strumento che ha modificato in senso
egualitario l‟allocazione delle risorse pubbliche, distribuendo gli investimenti
tra le comunità, proporzionalmente al livello di disagio socio-economico di
ciascuna.146
Figura 2. Numero degli abitanti, dei Salari Minimi medi, percentuale dei domicili
situati in aree irregolari e percentuale di madri con primo ciclo scolastico
interrotto, per ogni regione di Porto Alegre.
Fonte: Adalmir Marquetti, op. cit.
La tabella in figura 2 fornisce la media dei dati tra il 1991, il 1996, e il 1998,
relativamente alla popolazione, al numero medio di Salari Minimi per capo
famiglia, alla percentuale di nuclei abitativi in insediamenti irregolari e alla
percentuale di madri con primo ciclo di istruzione interrotto e figli nati nel
146
Adalmir Marquetti, O Orçamento Participativo Como Uma Política Redistributiva em Porto
Alegre, Departamento de Economia, Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul –
PUCRS. Il documento è disponibile nell‟archivio on-line della “Fundação de Economia e Estatística
Siegfried Emanuel Heuser”, presso l‟indirizzo internet: www.fee.tche.br/sitefee/
download/eeg/1/mesa_9_marquetti.pdf. Adalmir Marquetti, è responsabile del dipartimento
economico della Pontificia Universidade do Rio Grande do Sul.
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69
1998, per ognuna delle 16 regioni di Porto Alegre. Come risulta evidente
scorrendo i dati della tabella, vi sono differenze notevoli tra regione e regione,
ad esempio la regione Nordeste si presenta come la più povera in tutti gli
indicatori proposti, mentre la regione Centro appare la più ricca.
La tabella in figura 3 mostra le percentuali dei fondi del Piano di Investimenti
destinate per la realizzazione di opere e servizi in ogni regione, e quelle per
lavori che riguardano tutta la città dal 1992 al 2000, ove la media delle prime
in questo intervallo di tempo è di circa il 35%, e la media delle seconde è il
65% del totale.
Figura 3. Percentuale di investimenti ricevuti per opere in ogni regione e per tutta la
città dal 1992 al 2000.
Fonte: Adalmir Marquetti, op. cit.
Figura 4. Grafici di correlazione tra l’investimento procapite medio per ogni regione
e i principali indicatori di povertà.
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70
Fonte: Adalmir Marquetti, op. cit.
I grafici della figura 4 sono ottenuti calcolando, in base ai dati della
popolazione della tabella in figura 2, e ai dati della ripartizione degli
investimenti per regione della tabella in figura 3, la percentuale di
investimento pro-capite, che risulta essere positivamente correlata e agli
indicatori di povertà: alla ristrettezza del reddito nominale, al numero di madri
con primo ciclo di studi interrotto e figli a carico e alla percentuale di abitanti.
La distribuzione degli investimenti, quindi, ha favorito le regioni dove vivono
i gruppi sociali più deboli, sembra quindi legittimo assumere che l‟influenza
dell‟istanza prodotta dalla partecipazione cittadina in seno all‟OP, sulla
gestione dello sviluppo urbano in 15 anni di Amministrazione Frente
Popular, abbia contribuito ad istituire il principio dell‟equità distributiva come
criterio per l‟allocazione delle risorse pubbliche.
CAPITOLO 4.
Funzionamento attuale dell’Orçamento Participativo di
Porto Alegre.
4.1. Le istanze dell‟Orçamento Participativo.
L‟OP è strutturato essenzialmente intorno a tre istanze che contribuiscono a
realizzare il processo di mediazione tra Esecutivo e abitanti della città, queste
sono:
- Istanze espresse da unità amministrative e organi interni all‟Esecutivo
Comunale incaricati della conduzione del processo tecnico–politico della
discussione del bilancio con i cittadini: il GAPLAN (Gabinete de Plane-
jamento),147
la CRC (Coordenação de Relações com as Comunidades),148
147
Commissione di funzionari del Gabinetto del Sindaco che promuove la coordinazione tra gli
Assessorati e le rappresentanze comunitarie nell‟elaborazione della Proposta di Bilancio e del Piano
Annuale degli Investimenti e dei Servizi.
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71
il Fórum das Assessorias Comunitárias (FASCOM), i Coordenadores
Regionais do Orçamento Participativo (CROPs) e i Coordenadores
Temáticos (CTs).
- Istanze comunitarie, autonome rispetto all‟Amministrazione comunale,
organizzate su base regionale, che articolano la partecipazione dei cittadini
e guidano la scelta delle priorità delle regioni della città. In quanto
autonome, la loro efficienza, la loro organizzazione e funzionamento
dipendono dal grado di mobilitazione degli abitanti della regione cui fanno
capo; non tutte le regioni ne possiedono una. (es. Conselhos Populares,
União de Vilas e Articulações Regionais).
- Istanze istituzionali permanenti di partecipazione comunitaria incaricate
di rendere effettiva la co–gestione delle risorse pubbliche mediante: a) la
sintesi delle domande provenienti dalla comunità e le prerogative
istituzionali, b) la “rendicontazione” delle decisioni dell‟esecutivo
nell‟allocazione delle risorse di Bilancio. Questi sono: il Conselho do
Plano de Governo e Orçamento (Conselho do Orçamento Participativo -
COP),149
le Assembléias Regionais,150
il Fórum Regional do Orça-
mento,151
le Plenárias Temáticas152
e il Fórum Temático do Orçamento.
148
Struttura di tramite tra le Istituzioni, i suoi organi di pianificazione e la cittadinanza, che segue
tutti i principali momenti assembleari cittadini previsti dall‟OP, fornendo informazioni e supporto
tecnico–organizzativo. 149
Organo collegiale ristretto, i cui membri sono eletti dalle Assembléias Regionais, che funge da
“centrale di processamento” delle istanze comunitarie, approva la proposta di Bilancio del Esecutivo,
da sottoporre al vaglio del Consiglio Comunale ed elabora, in coordinazione con le strutture di
pianificazione del Comune, e approva, il Piano di Investimenti 150
Riunioni in ognuna delle 16 regioni della città, aperte a tutti i privati cittadini, in cui si discute il
Bilancio e il Piano di Investimenti elaborato nel ciclo di OP precedente, si votano le priorità di
investimento per quello attuale, si raccolgono le richieste di opere e servizi, e si votano i Delegati per
i Fóruns Regionais e i Consiglieri del Conselho do Orçamento Participativo 151
16 forum di delegati, uno per ciascun‟ Assembléia Regional, che riordineranno le richieste di
investimenti dei cittadini per ogni regione, per consegnarle successivamente al alle strutture di
pianificazione istituzionali e comunitarie. 152
Riunione degli interessati alla discussione e alla definizione delle azioni, delle politiche settoriali e
delle opere di un dato tema e delle direttrici globali per la città.
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72
Seguono due tabelle in cui riporto la composizione dei membri e le principali
attribuzioni, rispettivamente, delle strutture interne all‟Esecutivo Comunale
incaricate della conduzione del processo tecnico-politico della discussione del
bilancio, e dei principali ambiti di partecipazione diretta e degli organi di
rappresentanza della cittadinanza nell‟OP, la cui trattazione discorsiva, per
quanto stilisticamente più coerente coll‟insieme del presente elaborato,
verrebbe a discapito di una agevole consultazione.
Figura 5. Scheda illustrativa delle strutture di pianificazione e coordinamento
dell’esecutivo.
GA.PLAN
Gabinetto di
Pianificazione
C.R.C
Coordinamento
delle Relazioni con
la Comunità
F.AS.COM.
Forum degli
Assessorati
Comunitari
C.R.O.Ps
Coordinatori
Regionali dell‟O.P.
C.Ts
Coordinatori
Tematici
Data istituzione 1990 (informale)-
1994 (formale)
1981 – dal 1989 si
vincola al
Gabinetto del
Prefetto
1990 1992 1994
Partecipanti Assessori e
funzionari della
P.M153
.
Assessori e
funzionari della
P.M.
Assessori
comunitari delle
segreterie e degli
organi.
Assessori
comunitari del
C.R.C. e delle
segreterie
Assessori del
C.R.C. e delle
segreterie
Attribuzioni - Coordina la
pianificazione
strategica in tutte
le sue fasi.
- Gestisce
l‟esecuzione del
Piano di
Investimenti.
- Coordina
l‟elaborazione
della Griglia di
Bilancio e della
Prorposta di
Bilancio.
- Articola le
relazioni con la
comunità tramite i
Coord. Regionali.
(C.R.O.P.s).
- Coordina le
riunioni della 1a e
2 a tornata
dell‟O.P.
- Coordina le
riunioni del del
Consiglio di
Bilancio (C.O.P.).
- Discute e
propone politiche
di partecipazione
popolare,
articolando il
lavoro delle
segreterie e dei
consiglieri
comunitari.
- Sono subordinati
al C.R.C.
- Ognuna delle 16
regioni possiede un
C.R.O.P che
accompagna tutto
il processo di
elaborazione del
Bilancio (di fatto
un rappresentante
della Prefettura per
ogni regione)
- Ognuna delle 5
Aree Tematiche
possiede un CT
che accompagna
il processo di
discussione nelle
plenarie.
Periodicità Permanente. Permanente. Settimanale. Permanente. Permanente.
Coordinazione Indicazione del
Prefetto
Indicazione del
Prefetto
Indicazione delle
segreterie
Indicazione del
C.R.C.
Indicazione del
C.R.C.
153
Prefettura Municipale, gli organi tecnici e gli Assessorati dell‟Esecutivo Comunale
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73
Municipale154
. Municipale. municipali.
154
È il Sindaco.
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74
Figura 6. Scheda degli ambiti di partecipazione.
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75
Questi attori collaborano nella realizzazione di un percorso interazioni
dialogiche tra le istanze popolari e quelle istituzionali, che si articola in
tappe progressive, in sinergia con le scadenze improrogabili della tempistica
istituzionale, dura un anno e si conclude con l‟elaborazione consensuale dei
principali documenti di programmazione economica per l‟anno a venire.
4.2. Il ciclo annuale di discussione del Bilancio.
É possibile distinguere precisamente due fasi differenti nel ciclo annuale
dell‟OP:
La prima fase (marzo-giugno) è contraddistinta dall‟intensa mobilitazione
della cittadinanza, in molteplici ambiti di partecipazione diretta.
L‟Amministrazione sottopone l‟esito delle deliberazioni precedenti e lo stato
della loro implementazione alla pubblica discussione e, parallelamente, i
cittadini riuniti in assemblea raccolgono le priorità per l‟anno a venire ed
eleggono rappresentanti revocabili che articoleranno, durante il ciclo nascente
di „co–gestione‟, le nuove istanze.
Durante la seconda fase, strutture dell‟esecutivo Esecutivo dedicate, sono
impegnate in un intenso lavoro di “traduzione in dati numerici” delle priorità
espresse “in forma narrativa” dalla comunità durante la prima fase, e di
compatibilizzazione di queste istanze con quelle istituzionali; inizia così un
percorso di interazione dialogica, tra gli organi di pianificazione interni
all‟Esecutivo e il massimo organo di rappresentanza popolare (COP), che
passando per l‟elaborazione di una Proposta di Bilancio condivisa, da
sottoporre al vaglio degli organi elettivi “convenzionali”(la Giunta e il
Consiglio Comunale), culmina nell‟elaborazione dettagliata di un Piano di
Investimenti per l‟anno a venire, il più possibile coerente con le richieste
puntuali espresse dai cittadini. Le deliberazioni raggiunte vengono poi
sottoposte alla pubblica discussione mediante le riunioni della prima fase del
nuovo ciclo di bilancio.
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76
1. PRIMA FASE
Si apre a marzo con la convocazione della prima tornata ufficiale delle 16
Assemblee Regionali e delle 6 Plenarie Tematiche. In questo ciclo, detto delle
“Riunioni Preparatorie”, il Comune presenta ai cittadini, regione per regione,
il rendiconto di esercizio concluso, il Piano degli Investimenti e Servizi (PI)
approvato dal COP vigente, e eventuali modifiche apportate al Regolamento
Interno dell‟OP, riguardo ai criteri di distribuzione dei fondi e alle regole per
l‟elezione dei rappresentanti popolari dei prossimi turni di assemblee.
Parallelamente, in via informale e indipendente dagli ambiti istituzionali,
nelle microregioni si possono organizzare assemblee in cui le comunità
cominciano a discutere le loro richieste per il ciclo successivo.
Da metà marzo a metà aprile si tiene la seconda tornata ufficiale delle
Assemblee Regionali e delle Plenarie Tematiche dove: a) si discute e si vota
l‟ordine di priorità della regione in merito a 14 diverse aree di intervento e
investimento, predefinite come prerogative del Piano degli Investimenti e
Servizi; b) si votano 2 Consiglieri e 2 supplenti per il nuovo Conselho do
Orçamento Participativo (COP), per ognuna delle 16 Assemblee Regionali e
delle 6 Plenarie Tematiche; c) si registrano e si conteggiano i partecipanti per
stabilire quanti Delegati ogni quartiere o comunità della regione esprimerà per
il proprio Fórum Regional do Orçamento e quanti ogni ente partecipante alla
Plenaria Tematica per il relativo Fórum Temático do Orçamento.
Tra maggio e luglio si tengono svariate assemblee autogestite nelle
microregioni e nei singoli quartieri, in cui si eleggono, proporzionalmente al
numero di presenze di ognuna di queste comunità registrato nel secondo turno
ufficiale di Assemblee, i Delegati per il Fórum Regional do Orçamento.
Sempre in questo ciclo autogestito ed eterogeneo di assemblee, le singole
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77
comunità discutono e individuano le richieste di opere e servizi precisi che
verranno strutturate in una scala di priorità regionale dal Fórum Regional do
Orçamento. Le microregioni e i quartieri, che hanno partecipato in maggior
numero al secondo ciclo dell‟Assemblea Regionale avranno, quindi, maggiori
occasioni di far valere, a livello di priorità regionali, le proprie richieste di
opere, nella misura in cui il numero dei Delegati per il Fórum Regional do
Orçamento, espressi da queste comunità, è maggiore. Sempre in queste
assemblee, i cittadini ricevono informazioni tecniche tramite il supporto dei
Coordenadores Regionais do Orçamento Participativo (CROPs) e si
costituiscono Commissioni di Strada e di Accompagnamento dei Lavori.
2. SECONDA FASE
La prima fase termina con un evento pubblico, la “Giornata della
Democrazia”, che sta a simboleggiare la conclusione del periodo di ampia
mobilitazione e deliberazione assembleare e l‟avvio degli ambiti di
negoziazione tra l‟Amministrazione e i rappresentanti popolari eletti nelle
assemblee. In quest‟occasione vengono presentati i 48 nuovi Consiglieri del
COP e avviene la rituale consegna, da parte dei vecchi Consiglieri, delle liste
di richieste di opere e sevizi pervenute nel ciclo attuale di Bilancio,
previamente riorganizzate e gerarchizzate dai Forum dei Delegati (Regionali e
Tematici). Altro momento importante di questo evento è la pubblica
presentazione del Bilancio Previsionale155
a cura del GAPLAN e
dell‟Assessorato alle Finanza (SMF).
Questa seconda fase comincia con l‟attività di “traduzione in dati numerici”
delle priorità espresse “in forma narrativa” dalla comunità, e di
compatibilizzazione di queste istanze con quelle istituzionali. Il GAPLAN
raccoglie l‟ordine di priorità delle aree di intervento votato dai cittadini
regione per regione, passa al vaglio tecnico, legale e finanziario tutte le
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78
richieste di opere e servizi presentate dai cittadini nelle assemblee di
microregioni/quartieri/comunità, riordinate in scala di priorità dai Forum
Regionali dei Delegati, e le direttrici di intervento strutturale settoriale
pervenute dai Forum Tematici156
. In seguito questo spoglio di dati il
GAPLAN elabora la Prima Matrice di Bilancio che si presenta come una
griglia di ripartizione di fondi tra i vari Assessorati e Enti pubblici, senza
menzione della distribuzione territoriale delle specifiche opere e servizi cui
verranno destinati. Gli indicatori di cui i tecnici del GAPLAN tengono conto
sono: a) preventivi di spesa per opere e servizi nelle aree di intervento
evidenziate come prioritarie dai cittadini b) le risorse per l‟implementazione
delle politiche settoriali e dei progetti strutturali di lungo periodo selezionati
dalle Plenarie Tematiche c) le necessita rilevate dalla Giunta per le spese fisse
di mantenimento delle normali prestazioni di servizio della Pubblica
Amministrazione.
Alla fine di agosto il GAPLAN elabora la Griglia di Bilancio, documento che
il frutto della compatibilizzazione della Prima Matrice di Bilancio, con le
proposte di bilancio provenienti da vari organismi comunali. La Griglia di
Bilancio viene sottoposta alla discussione ed approvazione, dalle strutture di
pianificazione dell‟Esecutivo.157
Il testo approvato, o modificato, passa, a
fine settembre, all‟approvazione, o eventuale modifica, del COP, che ne
verifica la coerenza con le priorità espresse dalla cittadinanza. Basandosi sul
documento approvato dal COP, il GAPLAN redige la Proposta di Bilancio
che viene consegnata al consiglio comunale entro il 30 Novembre, come lo
Statuto Comunale prevede.
A Bilancio approvato, da ottobre ed entro il 30 di dicembre, il COP in
collaborazione con gli Assessorati, il CRC e il GAPLAN, si riunisce per
155
Una stima forfetaria, incrementale e di massima sul rapporto tra entrate e uscite previsto per
l‟anno successivo. 156
Tutte le richieste sono raccolte e smistate tramite un sistema integrato on-line (GPR) che collega
tutti i Dipertimenti e gli Assessorati del comune. Ogni richiesta è classificata secondo un codice
informatico, cosa che permette la registrazione delle richieste disattese in un ciclo di bilancio, che
possono essere così facilmente ripescate nel ciclo successivo, o di effettuare rapide ricerche
automatiche per l‟ottenimento di informazione sullo stato di realizzazione delle richieste approvate. 157
Giunta Finanziaria, dal Coordinamento di Governo e dal Plenum degli Assessori.
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elaborare in dettaglio il Piano degli Investimenti (PI) in opere e servizi
dell‟anno a venire. I Consiglieri dell‟OP eletti nelle assemblee, con l‟apporto
dei tecnici delle strutture di pianificazione del comune, gestiscono, quindi, il
100% della parte del bilancio destinata a nuove opere, ripartendola tra gli
investimenti necessari per l‟implementazione delle politiche settoriali scelte
dalle Plenarie Tematiche e gli investimenti dettagliati ripartiti tra le varie
regioni secondo criteri che riporto qui nall‟ordine del peso relativo, che hanno
nella valutazione ponderata complessiva:
1. Il livello di corrispondenza tra le 4 aree di intervento indicate come
prioritarie da una data regione, e la loro posizione nella graduatoria delle
3 principali priorità, risultante dalla somma delle priorità espresse da tutte
le regioni.158
Un esempio potrebbe essere chiarificatore: se dalle votazioni
sulle priorità di intervento emerse dalla prima tornata di Assemblee
Regionali risulta che tra le 16 Regioni di Porto Alegre, le prime 3 aree di
intervento reclamate sono in ordine decrescente 1) pavimentazione, 2)
soluzioni abitative, 3) risanamento, le regioni che le hanno indicate come
prima, seconda, terza, o quarta scelta hanno più probabilità di vedere
soddisfatte le loro richieste di opere specifiche in quegli ambiti di
intervento, piuttosto che le regioni che come priorità hanno indicato, ad
esempio, trasporti pubblici, educazione, salute e regolarizzazione
fondiaria. Tra due regioni in cui la prima abbia come prima preferenza
l‟intervento per soluzioni abitative e come seconda la pavimentazione,
mentre la seconda regione contempli le medesime esigenze tra le due
prime preferenze ma in ordine inverso, la maggiore quantità di risorse
verrà destinata alle opere di pavimentazione, perché è la prima priorità
cittadina, della seconda regione che l‟ha indicata come sua prima priorità;
a seguire la pavimentazione della prima regione; poi le soluzioni abitative
158
Si ricorda che nella seconda tornata di Assemblee Regionali i cittadini partecipanti, oltre ad
eleggere consiglieri del COP, hanno anche votato a maggioranza le aree di intervento ritenute
maggiormente prioritarie per la loro regione, tra le 14 contemplate (es. pavimentazione,
regolarizzazione fondiaria, educazione, salute, trasporti, etc.) dall‟elenco degli interventi spettanti
all‟Amministrazione e ai suoi Enti.
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sempre della prima regione che l‟ha indicata come prima priorità e poi
quelle della seconda regione. All‟infuori delle 3 priorità cittadine per le
altre aree di intervento la definizione degli investimenti è maggiormente
indeterminata e vede un ruolo più influente delle indicazioni dei vari
Assessorati sulle scelte dei Consiglieri, in questo ambito esiste, quindi, un
margine di manovra arbitrario nei criteri di deliberazione, e ambiguo
rispetto all‟equilibrio tra le istanze comunitarie e quelle istituzionali.159
2. Il secondo criterio è quello relativo al grado di carenza dei servizi e delle
infrastrutture richieste.
3. Il terzo criterio è la quantità di popolazione della regione.
Questi tre indicatori sono parametrizzati mediante una scala definita di valori
numerici e il peso relativo tra questi criteri nella valutazione complessiva
delle richieste di intervento, è indicato mediante una moltiplicazione di questi
valori, per i coefficienti fissi assegnati ad ogni criterio. Il livello di
corrispondenza delle preferenze di intervento regionali con quelle cittadine
esprime valori da 1 a 4 moltiplicati per 5, la carenza di infrastrutture e servizi
per le opere è divisa in quattro fasce a cui sono assegnati valori da 1 a 4 che
sono moltiplicati per 4, la stessa suddivisione avviene per le soglie di
popolazione che esprimono sempre valori da 1 a 4, ma moltiplicati per 2.
159
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 223. D‟altronde se i criteri di allocazione degli investimenti si
offrono come strumento efficace per “gerarchizzare” , in termini equi, le richieste prodotte in seno
all‟OP, la pianificazione dell‟intervento pubblico implica variabili tecniche e politiche intervenienti,
da valutare di volta in volta, per questo le scelte non possono essere affidate in maniera univoca
all‟elaborazione matematica delle istanze prodotte negli ambiti parziali e informali di partecipazione
assembleare dell‟OP, successivamente tradotte in dati.
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Figura 2. Schema dei criteri di assegnazione di priorità da parte del COP alle
richieste di intervento delle varie regioni. In Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 157.
Se l‟alto moltiplicatore assegnato al primo criterio - il livello di
corrispondenza delle priorità regionali con quelle cittadine - risalta il valore
attribuito all‟elemento politico della scelta autonoma dei cittadini, la
consapevolezza che la determinazione delle aree di intervento prioritarie a
livello cittadino è funzione della capacità organizzative di partecipazione
quantitativa agli ambiti dell‟OP, porta ad affidarsi anche agli altri 2 criteri,
che si ispirano ad una razionalità egualitaristica nella distribuzione delle
risorse. Partendo dall‟ipotesi che determinati gruppi non riescano ad imporre
le loro priorità a livello regionale o cittadino, per l‟incapacità o impossibilità
di organizzare la loro partecipazione agli ambiti assembleari dell‟OP, la
rilevanza delle loro istanze viene recuperate se dimostrano un‟elevata
deficienza infrastrutturale tramite il secondo criterio. O ancora, determinate
regioni poco popolate potrebbero vantare leadership comunitarie ampie ed
efficienti grazie a cui ottenere un importante rappresentazione nella
rivendicazione di priorità di intervento, e magari altre regioni più popolate ma
con una mobilitazione meno importante non riescono a perseguire opere che
riguardano una collettività più estesa, perché la loro istanza non viene
adeguatamente rappresentata nelle assemblee. A questa eventualità può in
parte rispondere il terzo criterio.
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Ultimato il Piano degli Investimenti questo viene sottoposto all‟approvazione
dei Forum dei Delegati e presentato nella prima tornata di Assemblee
Regionali e Plenarie Tematiche del ciclo successivo dell‟OP. Parallelamente,
da dicembre fino a febbraio sempre il COP sostiene la discussione annuale sul
Regolamento Interno, che modificato o lasciato intatto viene pubblicato a
spese del Comune e distribuito assieme al Piano degli Investimenti.
CAPITOLO 5.
L’OP e il quadro normativo.
L‟Orçamento Participativo di Porto Alegre non è espressamente formalizzato
nell‟ordinamento giuridico locale, eppure condiziona in maniera determinante
la policymaking dell‟Amministrazione, attraverso un percorso regolarizzato di
interazione dialogica con le strutture tecniche di pianificazione dell‟Esecutivo
dedicate, attraverso tappe regolari e prevedibili, coordinate con la tempistica
istituzionale dell‟elaborazione dei principali documenti di programmazione
finanziaria. Attraverso un esame delle Carte Costituzionali federali e statuali,
e dello Statuto della città di Porto Alegre, si può risalire agli ambiti di
flessibilità interpretativa con cui si giustifica l‟esistenza di questo esperimento
istituzionale, e comprendere quindi la sua natura giuridica.
La Costituzione federale del 1988 riconosce direttamente ai Comuni la facoltà
di esercitare autonomia politica, amministrativa e finanziaria nei limiti
consentiti dalla Costituzione federale e di quella statale160
, e di dotarsi di una
sorta di Statuto (Lei Orgânica)161
. La Costituzione dello Stato di Rio Grande
do Sul designa esplicitamente il Comune come titolare di autonomia politica,
160
Ttitolo III, capitolo I, art. 18 della Constitução da Reública Federativa do Brasil, il 5 ottobre 1988
a Brasilia; consultabile presso il sito del Senato federale:
http://www2.senado.gov.br/sf/legislacao/const/ 161
Ibidem; titolo III, capitolo IV, art. 29.
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amministrativa e finanziaria162
. Lo Statuto Comunale Porto Alegre sancisce
come impegno fondamentale del Comune la promozione della
“partecipazione popolare nelle decisioni”163
, e la “garantisce” nell‟attività di
pianificazione finanziaria, area di competenza dell‟Esecutivo.
“Rimane garantita la partecipazione della comunità, a partire dalle regioni
del municipio, nelle tappe di elaborazione, definizione e
accompagnamento dell‟esecuzione del piano pluriennale, delle direttrici di
bilancio, e del bilancio annuale.”164
In questo senso, viste le norme fin qui citate e considerando che la
Costituzione federale, quella statale e lo Statuto Comunale Lei Orgânica,
attribuiscono all‟Esecutivo la competenza di proporre la Legge di Bilancio, il
Governo locale risulta abilitato, in forza dell‟autonomia di cui gode, a creare
strutture volte ad adempiere alla funzione di programmazione economica, che
al contempo garantiscano la prerogativa di favorire la partecipazione della
comunità, sancita dalla disposizione dello Statuto Comunale citata. Questo è
sostanzialmente l‟unico ambito di interpretazione giuridica in cui si legittima
l‟esistenza dell‟OP; non esiste alcuna legge comunale che lo istituisca
formalmente, che ne regolamenti il funzionamento e che garantisca il
carattere vincolante delle istanze di partecipazione popolare da esso articolate,
in questi termini l‟OP risulta nulla di più che uno strumento amministrativo,
atto ad ampliare la partecipazione consultiva diretta della comunità nel
processo di programmazione finanziaria, creato, ed in qualsiasi momento
revocabile, dal Potere Esecutivo. Quest‟ultimo è rappresentato dalle figure del
162
Titolo II, capitolo II, sezione I, art.8, Constitução do Estado do Rio Grande do Sul, attualizzata
fino all‟ Emenda Constitucional nº 46, dell‟11 agosto 2004. Consultabile presso il sito governativo:
http://www.al.rs.gov.br/frameset.asp?txtURL=Legis/index.htm cost fed. 163
Titolo I, capitolo I, art. 6, comma III, della Lei Orgânica do Município de Porto Alegre,
promulgata dalla Câmara Municipal de Porto Alegre, il 12 dicembre 2001.
Consultabile presso la pagina del Centro de Estudos de Direito Municipal:
http://www.portoalegre.rs.gov.br/cedim/usu_doc/Lei_Organica.pdf 164
Ibidem; titolo II, capitolo I, Sezione II ,capitolo III, art. 116.
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Sindaco e del suo vice, cariche elettive165
, che trovano la loro legittimazione
attraverso il metodo rappresentativo. Ne viene che, anche ammettendo che gli
ambiti di partecipazione diretta dell‟OP influiscano in maniera determinante
sulla policymaking dell‟Amministrazione, l‟esercizio fondamentale di
sovranità popolare si attiene alle forme e alle procedure previste nel modello
democratico rappresentativo.
Resta, comunque, il fatto che l‟Esecutivo e le sue strutture di pianificazione
impegnano dal 1989 risorse economiche, professionali e logistiche per
articolare la partecipazione cittadini, in un complesso percorso di co–gestione
dell‟elaborazione del bilancio. Se da un punto di vista formale l‟Esecutivo
potrebbe sbarazzarsi in qualsiasi momento degli ingombranti ambiti di
partecipazione dell‟OP, è facile comprendere che, in termini concreti, una
volta dato il varo ad un importante progetto di coinvolgimento dei cittadini
nei processi decisionali, è impossibile retrocedere senza pagare lo scotto di
una rilevante alienazione di consensi elettorali. Come non considerare,
d‟altronde, la straordinaria costanza della riconferma al potere del PT a Porto
Alegre, come un riflesso del simbolismo politico “rivoluzionario”166
intrinseco nell‟esperimento dell‟OP? Chiaramente le performance delle
Amministrazioni che si sono susseguite hanno indubbiamente inciso in
maniera preponderante nel determinare la permanenza del PT al potere,
tuttavia mi sembra pertinente individuare nel processo innescato di
valorizzazione dello status di cittadinanza, via, via arricchito di valore
simbolico e sostanziale nell‟intensificarsi dell‟interazione dialogica tra
istituzioni e cittadini, un importante fattore di fidelizzazione elettorale verso il
partito promotore di questa riforma politica. Alla luce di queste
considerazioni è possibile anche azzardare una spiegazione della mancata
formalizzazione legale dell‟OP, come di una strategia di partito atta a
165
Ibidem; titolo I, capitolo I, art. 7, comma II,. 166
E‟un termine forte e costantemente usurpato, ma se si considera come condizione di partenza lo
status di cittadinanza a bassa intensità che, come si argomentato nei precedenti capitoli, definirebbe la
passività della condizione di cittadino nel contesto latino-americano, mi sembra un aggettivo
abbastanza calzante per definire l‟inversione “copernicana” della concezione dei diritti e doveri della
persona in rapporto allo Stato e alla società.
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massimizzare la capitalizzazione del consenso politico, che suggerisca
implicitamente uno stretto nesso causale tra la riconferma al potere della
coalizione che ha dato vita all‟OP, e il mantenimento delle opportunità di
partecipazione da esso aperte. Nel 1992 Frente Popular167
incentra la sua
campagna elettorale su un Progetto di Legge di Iniziativa Popolare con cui si
propone di regolamentare ufficialmente l‟OP, ma, nonostante la raccolta di
firme proseguisse alacremente, quando la nuova Giunta petista di Tarso
Genro si insedia, Frente Popular ritira il suo appoggio all‟iniziativa e propone
l‟adozione di un Regolamento Interno, nell‟ambito delle competenze tecniche
dell‟Esecutivo, che rispecchi i principi organizzativi contemplati nel Progetto
di Regolamentazione, che inizialmente si voleva fare passare come Progetto
di Legge di Iniziativa Popolare168
. Da allora non si sono mai più verificate
iniziative rilevanti per muovere verso una qualche forma di regolamentazione
legale dell‟OP. Sebbene esista una convinzione diffusa che l‟elevato grado
d‟informalità sia una garanzia indispensabile per la fluidità dello sviluppo di
questa esperienza di partecipazione, e che anzi un adeguamento agli
ordinamenti giuridici vigenti decreterebbe l‟abolizione dei suoi principi
organizzativi più radicali e significativi, rimane forte l‟interpretazione di
questa strategia come di una scelta politica utilitaristica, ovvero come “la
necessita della coalizione [Frente Popular] di legarsi a doppio filo con il suo
fiore all‟occhiello per garantirsi contro un eventuale cambio di maggioranza
percepibile come fattore di rischio per un processo mantenuto fragile da
questa „informalità‟”.169
La posizione favorevole ad una regolamentazione
dell‟OP riscuote comunque consensi tra giuristi e amministratori progressisti,
ed “è destinata a guadagnare terreno anche tra i cittadini dopo che
l‟esperienza di 4 anni di Bilancio Partecipativo Statale nel Rio Grande do Sul
è stata interrotta dopo la sconfitta dell‟Amministrazione Popolare nelle
elezioni dell‟ottobre 2002, usando „l‟appiglio‟ della „non esistenza‟ formale
167
Coalizione partitica di sinistra capeggiata dal PT (Partido dos Trabalhadores). 168
Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag.142-143. 169
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 194.
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del processo.”170
A questo punto dovrebbe essere chiaro che la liceità e la
“cogenza” delle istanze di partecipazione diretta, interne all‟OP di Porto
Alegre, non vanno ricercate nella forza delle leggi, ma nelle dinamiche
politiche che ne hanno permesso l‟esistenza e la sopravvivenza. In definitiva,
formalmente non è niente di più che un ambito consultivo di partecipazione
popolare alla discussione delle direttrici delle politiche pubbliche in seno
all‟Amministrazione, nella misura in cui non contempla una funzione
deliberativa legalmente riconosciuta e regolamentata; nella sostanza ci si
trova di fronte ad un istituzione informale di partecipazione democratica
diretta ai processi decisionali, ove il comportamento politico dell‟Esecutivo
riproduce regolarmente l‟effettività di un vicolo rispetto alle istanze prodotte
in assemblee cittadine.
Delineata la cornice giuridica dell‟OP, il Regolamento Interno171
adottato dal
1991, e modificato di anno in anno, su proposta del COP e parere favorevole
dell‟Esecutivo, si configura come uno strumento organizzativo che permette
di sedimentare il know-how progressivamente accumulato, e di stabilire un
minimo di prevedibilità sul comportamento degli attori. Stabilisce
sostanzialmente le principali attribuzioni dei diversi ambiti di partecipazione
previsti dall‟OP, specifica la composizione degli organi assembleari, indica i
requisiti per l‟elezione e le modalità della revoca dei Consiglieri del
Conselho do Orçamento Participativo e dei Delegati dei Forum Regionali e
Tematici, coordina la tempistica dell‟articolazione delle domande cittadine
con quella improrogabile dell‟iter istituzionale dell‟elaborazione del Bilancio,
e suggerisce i criteri per la selezione delle richieste di opere interne alle
regioni.
Una sezione speciale è dedicata alle istruzioni per la formulazione delle
domande e ai criteri di priorità in base a cui saranno selezionate e soddisfatte
alcune richieste e altre, inevitabilmente, disattese. In questa parte del RI
emerge l‟intento pedagogico, affidato alla comunicazione politica affinata
170
Ibidem. 171
Il Regolamento Interno per il 1995 è disponibilie presso la pagina internet:
http://lproweb.procempa.com.br/pmpa/prefpoa/op/usu_doc/regimento_interno_2004.pdf
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negli anni dalle strutture di coordinamento tra istituzioni e rappresentanze
comunitarie; sforzo che può essere colto, ad esempio, nella formulazione dei
criteri di ammissibilità delle domande, marcatamente orientata alla
spiegazione del nesso causale tra ingiunzioni e divieti e l‟utilità collettiva,
piuttosto che basarsi sulla mera espressione di tassatività delle norme, o
ancora negli articoli rivolti agli abitanti degli insediamenti informali, che
evitano di discriminare l‟illegalità della loro situazione, e puntano piuttosto ad
instaurare una collaborazione con questi soggetti, per attuare strategie
efficienti e condivise di reinserimento nella pianificazione complessiva dei
servizi e delle infrastrutture.
Altro elemento caratteristico, e inevitabile, di questo ibrido giuridico, è che il
RI attribuisce esplicitamente facoltà decisionali in merito ai principali
documenti di programmazione economica, ai massimi organi di
rappresentanza popolare dell‟OP, ma non indica una procedura per affrontare
l‟eventualità di una ripetuto e irrisolvibile disaccordo tra questi e
l‟Amministrazione. In altre parole il RI non stabilisce una gerarchia tra le
istanze di partecipazione popolare e quella della Giunta Comunale,172
ma al
tempo stesso la previsione di facoltà deliberative per le istanze dell‟OP fa
pensare ad una situazione di concorrenza tra il loro potere e quello
dell‟Esecutivo. Questa ambiguità normativa rispecchia consapevolmente il
patto politico implicito dell‟OP: da una parte l‟Amministrazione mantiene la
facoltà di sottrarsi alle decisione prese nell‟OP173
, d‟altra è intenzionata a
suggerire un impegno effettivo e vincolante rispetto agli orientamenti che
nascono negli ambiti dell‟OP, creando la suggestione che la partecipazione
civile ai processi decisionali sia un diritto riconosciuto e sancito, più che
concesso (come di fatto è).
172
E d‟altronde, vale la pena ribadirlo, non un regolamento interno ma solo una legge approvata dal
Consiglio Comunale potrebbe istituirla. 173
Come istituzione democratica rappresentativa, il Governo non può esimersi dal governare
nell‟interesse collettivo, quindi deve necessariamente prevedere il caso ipotetico in cui le istanze
prodotte dall‟OP si rivelassero contrarie a questa prerogativa, riservandosi in il potere di decisione
d‟ultima istanza.
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Conclusioni
Nel secondo capitolo ho reso esplicite alcune importanti connessioni tra la
formazione patrimonialista delle principali istituzioni politico–sociali
brasiliane e il rapporto autoritario e particolaristico tra Stato, sistema politico
e società civile, inteso come principale ostacolo alla realizzazione di una
effettiva cittadinanza democratica in Brasile. In particolare, ho supposto che il
modello patrimonialista promuova una cultura politica sfavorevole alla
democrazia, esemplificabile nei tratti caratteristici che ripropongo a seguire:
- la concezione tutelare del potere che, in virtù della supremazia dello Stato
patrimonialista sulla società, impone, come unica alternativa all‟esclusione
e alla marginalizzazione, la cooptazione intesa come la rinuncia
all‟autonomia da parte delle aggregazioni di interessi emergenti, in cambio
della tutela statale.
- la non distinzione tra pubblico e privato, a vantaggio di settori della
burocrazia statale che consolidano un possesso di tipo privato su posizioni
di potere e beni pubblici, mantenuto grazie alla regolazione
particolaristica–clientelare dell‟accesso dei vari gruppi sociali alla tutela e
alle risorse statali. La privatizzazione sistematica del pubblico incoraggia
la concezione diffusa della politica come “cosa d‟altri” che “dissipa l‟idea
di accountability e/o di controllo dei governanti da parte dei governati
come principi basilari della cittadinanza e della democrazia”174
;
- la dualità contraddittoria tra governo degli uomini e governo delle leggi,
determinata dalla predominanza del sistema informale di relazioni
particolaristiche, su quello formale di relazioni impersonali regolato dalla
legge;
- l‟assenza della nozione del contratto sociale nei modelli di relzione degli
ordinamenti sociali e politici, che comporta il mancato riconoscimento
174
Luciano Fedozzi, (2001), op.cit. , pag. 90.
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dell‟altro come soggetto portatore di diritto, quindi il disconoscimento
dell‟ideale egualitario alla base della democrazia.175
In questa sede mi propongo di approsimare una valutazione a proposito
dell‟impatto che ha avuto l‟intiuzionalizzazione dell‟OP, sulla gestione
patrimonilista delle risorse pubbliche, verificando se abbia alterato, e come, le
modalità di relazione tra Stato e società. Prima, però, è opportuno sottolineare
l‟importanza del processo di programmazione finanziaria, per la riproduzione
delle pratiche clientelari connesse al sistema patrimoniale di appropriazione
privata delle risorse pubbliche. La legislazione brasiliana riconosce
all‟Esecutivo, sia nazionale, che statale e municipale, una notevole autonomia
rispetto alla gestione del bilancio, che consiste principalmente nella possibilità
di sottoporre all‟approvazione del legislativo, sia specifiche spese d‟ordinaria
amministrazione (come gli stipendi dei funzionari, e i costi di prestazione dei
servizi), sia investimenti precisi in nuove opere e servizi, sia generici tetti di
spesa per progetti non ancora articolati nel dettaglio; quest‟ultima voce di
spesa, spesso la più consistente per quanto riguarda nuove opere e servizi, è
definita a bilancio approvato, in corso d‟opera. È in questo margine
d‟indeterminatezza che avviene lo scambio di favori tra Esecutivo e il
Legislativo, ove quest‟ultimo fa da intermediario tra i gruppi sociali in lizza
per ottenere concessioni e tutela pubbliche, da ricambiare con appoggio
elettorale. È, quindi, prevalentemente nell‟ambito dell‟attuazione del bilancio,
e maggiormente nel margine di discrezionalità concesso all‟Esecutivo, che si
riproducono le pratiche particolaristiche di gestione del potere e delle risorse
pubbliche, utilizzate dalla classe politica come patrimonio proprio, per
conservarsi al potere.176
175
Ibidem, pag. 75. 176
Riporto qui il discorso di un deputato del PSD, pronunciato alla Camera dei Deputati, nel 1961 in
occasione di uno scandalo finanziario che colpi la Commissione Mista del Congresso Nazionale
incaricata della recisione del Bilancio Nazionale: “não é mistério para nenhum de nás queparcelapon-
derável da representação desta casa […] mantém suas posições à custa da política de clientela isto è, à
custa daquela política que se faz em duas faixas: a faixa do emprego, dos favores pessoais; e a faixa
de verbas que não têm primeira essencialidade no elenco dos problemas nacionais; mas têm primeira
essencialidade diante do quadro municipal, e às vezes distrital, que vai decidir a sorte do Deputado,
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Si può comprendere, quindi, come l‟istituzionalizzazione di un canale di
partecipazione nella definizione ed attuazione del Bilancio, aperto ai settori
tradizionalmente esclusi dagli ambiti di contrattazione clientelare con le
istituzioni, possa avere giovato alla razionalizzazione e alla
democratizzazione del governo locale. Ho spiegato nei capitoli 4 e 5 come
l‟OP abbia introdotto un quadro di regole universali, formalizzate in un
regolamento amministrativo e stabilite di comune accordo tra l‟Esecutivo e gli
organi elettivi dell‟OP stesso, in merito all‟articolazione della partecipazione
cittadini, alle attribuzioni delle diverse istanze che interagiscono al suo
interno, e in relazione ai criteri di allocazione delle risorse. In questo senso il
l‟OP, tramite il suo Regolamento Interno, razionalizza (in senso weberiano) e
democratizza, la dimensione istituzionale pubblica, nella misura in cui vincola
le interazioni tra lo Stato e la società a comportamenti uniformi e prevedibili
definiti da regole: esplicite, in quanto formalizzate e divulgate; impersonali,
nella misura fissano standard di relazioni tra i ruoli, indipendentemente da chi
li interpreta; universali, dato che chiunque può ad esse appellarsi, come ad un
criterio univoco e uguale per tutti; democratiche, visto che alla loro
definizione partecipano cittadini ed istituzioni.
In questo modo l‟OP riqualifica le risorse pubbliche come un bene da
amministrare secondo esplicite regole, sottraendole dalla disponibilità di tipo
privato di cui la classe politica aveva sempre goduto; in questo senso marca
una separazione netta tra ciò che è pubblico e ciò che è privato, distinzione
che, come si è detto, vedeva sfumare i sui contorni nel modello di
dominazione patrimonialista. Inoltre l‟interazione dialogica continua tra
istituzioni e cittadinanza, che ha accompagnato il processo di elaborazione e
attuazione del Bilancio anno dopo anno, ha moltiplicato gli ambiti di
controllo dei governati sui governanti, riqualificando il concetto di
accountability delle istituzioni pubbliche di governo.
do Senador, do Vereador ou do Governador […] O orçamento, via de regra, é retrato de corpo inteiro
dessa política de clientela, que nos transforma em despachantes de luxo”.
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Per quanto riguarda una valutazione complessiva del significato politico
dell‟esperienza, è imprescindibile il giudizio positivo, pressoché unanime tra
gli studiosi delle forme di Bilancio Partecipativo,177
e rafforzato da importanti
riconoscimenti internazionali178
secondo cui, dall‟introduzione dell‟OP, a
Porto Algre, la politica tradizionale di esclusione dei ceti meno abbienti dalla
fruizione del diritto “alla città”, ha subito un‟inversione significativa di
coordinate, orientandosi verso una concezione radicale del ruolo della
partecipazione democratica nell‟individuazione degli obbiettivi delle politiche
pubbliche, che ha qualitativamente ridefinito le direttrici di sviluppo della
città, ponendo come priorità centrale il riconoscimento, il sostegno e il
recupero alla città formale, dei settori sociali urbani maggioritari,
storicamente emarginati.
Occorre precisare, però, che se il riorientamento radicale della policymaking
locale, in favore dei gruppi sociali più deboli, ha inizialmente comportato
momenti di frizione con i gruppi tecnocratici dell‟apparato amministrativo,
con le organizzazioni di interessi imprenditoriali,179
e con i ceti medi e alto–
177
Tra gli studiosi che concordano con una valutazione tendenzialmente positiva, a proposito degli
effetti dell‟OP sulla qualità delle politiche pubbliche, vi sono gli autori su cui mi sono
prevalentemente basato nell‟elaborazione di questa tesi: Luciano Fedozzi, docente di Sociologia
all‟Universidade Federal do Rio Grande do Sul, coordinatore del GAPLAN nella Amministrazione
Olívio Dutra (1989-1992), è stato un personaggio di rilievo nella costruzione dell‟OP e le sue
ricerche in materia sono imprescindibili, citate nella maggioranza degli studi sull‟argomento;
Giovanni Allegretti, docente di Gestione Urbana presso la Facoltà di Architettura dell‟Università di
Firenze, massimo esperto di Bilancio Partecipativo in Italia, conduce da vent‟anni ricerche nella
metropoli Brasiliana. 178
Tra i quali il più illustre è avvenuto presso la Seconda Conferenza Mondiale Sugli Insediamenti
Umani dell‟Organizzazione delle Nazioni Unite – Habitat II (1996). In questa occasione l‟OP di
Porto Alegre è stato selezionato dal Comitato Tecnico della conferenza come una delle 42 migliori
pratiche di gestione urbana al mondo, inoltre la Sezione per l‟America Latina, del Programma di
Gestione Urbana dell‟ONU, riceve il riconoscimento come una delle 22 esperienze di gestione
pubblica più efficienti. Orçamento Participativo. A experiência de Porto Alegre, Terso Genero e
Ubiratan de Souza, Editoria Fundação Perseu Abramo, 1997, pag. 37. 179
Le politiche di regolarizzazione fondiaria dell‟Amministrazione Popolare, hanno incentivato il
recupero di aree di insediamento informale anche nelle zone centrali della città, abdicando alla pratica
di trasferimento verso le zone periferiche di questi nuclei residenziali, impedendo ai monopoli edili
di realizzare profitti dall‟acquisto, riedificazione, e rivendita del suolo o dalla valorizzazione
fondiaria speculativa. Tra gli episodi citati da Giovanni Allegretti, esemplare è quello del recupero
della baraccopoli di Vila Planetario, un insediamento informale di 475 persone proprio nella regione
Centro. La determinazione dell‟Amministrazione a costruirvi un plesso residenziale da affidare alle
stesse famiglie che si erano insediate abusivamente in quell‟area, si scontrò duramente, anche con
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borghesi, la gestione politica di questo processo, praticamente monopolizzata
dai quadri locali del PT, ha presto individuato come prerogativa parallela il
raggiungimento di un esteso “patto sociale”:180
guadagnare, in sostanza,
appoggio e credibilità presso parte dei settori accantonati dalla
sperimentazione, inizialmente ideologico–classista, dell‟OP. Mi è risultato
difficile individuare una chiara ed esplicita strategia politica, che potesse
spiegare come una classe dirigente promotrice di riforme istituzionali e
politiche pubbliche progressiste, abbia potuto ottenere un consenso diffuso, in
un contesto sociale e politico in cui era consolidato il “patto” clientelare
conservatore tra le istituzioni e interessi economici emergenti. Tuttavia è
possibile ripercorrerete alcune delle dinamiche attraverso cui
l‟Amministrazione Popolare ha attratto a se diversi attori, aggregando quella
che è stata definita la “coalizione alternativa”.181
Ad esempio, se parte del
settore imprenditoriale legato alla speculazione edilizia, viene danneggiato
dall‟interruzione della simbiosi clientelare con la politica, altri comparti
dell‟imprenditoria privata trovano vantaggi nel potenziamento delle
infrastrutture che le prime Amministrazioni Popolari riescono ad attuare,
grazie al risanamento della situazione finanziaria del
Comune.182
Contemporaneamente, l‟aumento della spesa per servizi, e le
generose politiche salariali per i funzionari, mantengono un settore
impiegatizio sviluppato e professionalizzato, la cui relativa soddisfazione si
traduce in un generale appoggio all‟amministrazione. Inoltre,
dall‟introduzione delle Plenárias Temáticas, una pluralità di enti estranei alla
strutture di pianificazione urbanistiche del Comune, e con Assessorati della stessa maggioranza. Vedi
Giovanni Allegretti, op. cit. pag. 256.
Inoltre la riforma tributaria della IPTU (cfr. cap. 3.6) vide una forte resistenza dell‟opposizione al
Legislativo (PST-PDT) e delle organizzazioni imprenditoriali, nella misura in cui introduceva la
progressività del imposta sulle proprietà urbane e rurali, che, tra le altre cose, scoraggiava
l‟accumulazione di terra tramite cui i monopoli edili urbani e rurali valorizzavano artificialmente le
quotazioni dei terreni, a scopi speculativi. Cfr. Luciano Fedozzi, (2000), op, cit., pag. 83. 180
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 229. 181
R. Abers, Practicing Radical Democracy – Lessons from Brazil, pubblicato in “Plurimondi”, n.2,
2000, citato in Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 231. 182
Ad esempio l‟ottima riorganizzazione della copertura dei trasporti pubblici (1994), fiore
all‟occhiello di Porto Alegre, ha creato importanti opportunità economiche anche per il settore
privato.
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mobilitazione comunitaria, come organizzazioni di categoria, sindacati,
movimenti ecologisti, studenteschi, artistici, ONG, associazioni di
volontariato per l‟assistenza ai bambini, associazioni di personale del mondo
dell‟istruzione, e altre forme di aggregazione più vicine agli interessi e alle
sensibilità politiche della classe medio–alto borghese, trovano un canale di
partecipazione effettivo nella definizione delle politiche di investimento del
Comune. L‟istituzione di queste aree a tema di discussione del Bilancio, è
servito a coinvolgere una pluralità di soggetti sociali, in precedenza
scoraggiati a partecipare all‟OP,183
su ambiti di intervento pubblico che non
venivano percepiti come immediatamente prioritari dai settori sociali più
deboli, ma che, comunque, costituiscono aspetti imprescindibili dell‟azione
Amministrativa per lo sviluppo locale. In particolare hanno visto un trend di
crescita costante, come percentuale sul totale dei fondi di Piani di
Investimenti,184
politiche settoriali specifiche come ad esempio: il
finanziamento allo sviluppo economico (gli incentivi alla impresa privata
come la ristrutturazione del mercato di „Bom Fim‟ nel 1998),185
la riqualifica
dell‟istruzione (mediante il potenziamento dei corsi di formazione e
qualificazione professionale per il personale) e la promozione dei luoghi di
aggregazione sociale (tramite, ad esempio, le richieste crescenti di costruzione
di piazze pubbliche).186
Oltre a questo processo di coinvolgimento diffuso e
differenziato della società nelle arene di partecipazione dell‟OP, altre mere
“accortezze” dell‟Amministrazione nei confronti della classe media, hanno
contribuito notevolmente a mantenerla mansueta; come sostiene, ad esempio,
Giovanni Allegretti citando Abers l‟appoggio della classe media “[…] è stato
183
Il settore medio, in quanto minoritario, vedeva il proprio ingresso agli ambiti di partecipazione
dell‟OP, scoraggiato dai principi tendenzialmente maggioritari in base a cui erano strutturati: come
spiegato nel capitolo 4.2, le probabilità per una regione di vedere soddisfatte le proprie richieste di
opere e sevizi sono positivamente correlate alla corrispondenza tra le aree di intervento che ha votato
come prioritarie, e quelle maggiormente votate a livello cittadino. Le priorità delle poche regioni
benestanti, non sarebbero mai state, ovviamente, quelle selezionate dalla maggioranza delle regioni
povere, quindi eventuali richieste di opere e sevizi dei settori medi di tutte le regioni sarebbero state
sistematicamente penalizzate nel punteggio. 184
Dallo studio di Adalmir Marquetti, cfr. cap. 3.7. 185
Mercato centrale della città. 186
Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 224.
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direttamente stimolato dal Comune con un‟accorta politica di manutenzione
di servizi di alta qualità nel centro cittadino e nei quartieri borghesi (trasporti
pubblici, raccolta dei rifiuti - inclusa quella differenziata che oggi tocca il
90% della città – manutenzione delle strade e del verde pubblico), che le ha
permesso di offrire all‟opinione pubblica un immagine di „efficienza e
competenza‟… giovandosi dell‟anelito a politiche „democratiche‟,
„trasparenti‟ e „socialmente giuste‟ emerso in corrispondenza dello scandalo
che nel ‟92 portò all‟impeachment del Presidente Collor ”.187
In definitiva, alla luce di queste considerazioni, sembra evidente che lo
sviluppo e l‟esistenza stessa dell‟OP, come strumento di riequilibrio dei divari
sociali nella città, è dipeso in larga misura dall‟abilità della classe politica al
potere, nel ricomporre intorno ad esso universi sociali configgenti, nell‟
indurli a considerarsi reciprocamente come soggetti diversi, titolari dello
stesso diritto a partecipare allo sviluppo di un territorio comune, processo non
più inteso come conflitto a somma zero, ma come un gioco di collaborazione,
in cui tutti possono guadagnare qualcosa dalla cooperazione. L‟effetto più
ambiguo delle strategie affinate nel tempo dalle Amministrazioni Popolari,
che complica la valutazione politica del significato dell‟esperienza dell‟OP,
consiste forse nel fatto sorprendente che, progressivamente, le voci di spesa
del Piano deli Investimenti hanno visto aumentare i fondi destinati a servizi e
opere di importanza sentita come trascurabile dai settori meno abbienti, e che
parte di queste spese sono state avvallate nelle sedi dell‟OP, vale a dire
proprio negli ambiti dove questi gruppi sociali, maggiormente rappresentati,
avrebbero potuto opporvisi. Ci si potrebbe chiedere, allora, se e il grado di
legittimazione spendibile nell‟implementazione di scelte politiche
convenzionali,188
che l‟amministrazione ha capitalizzato mediante l‟apertura
di canali di partecipazione ai settori popolari,189
non sia stato un obiettivo
187
R. Abers, Practicing Radical Democracy – Lessons from Brazil, pubblicato in “Plurimondi”, n.2,
2000, citato in Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 233. 188
Come la tutela degli interessi dell‟imprenditoria privata e in generale della classe media. 189
Ho individuato un riferimento teorico utile a questa interpretazione dell‟allargamento della
partecipazione come strumento di legittimazione del potere pubblico, nel testo di Niklas Luhmann,
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politico intenzionale, tanto quanto, o ancora più che, l‟ambizione dichiarata di
consegnare uno strumento di promozione radicale della cittadinanza a coloro
cui era materialmente preclusa. Tuttavia mi sembra inutile contrapporre
dialetticamente le due prospettive, vale a dire cercare di stabilire se l‟apertura
della partecipazione attiva ai settori più deboli, sia stata uno strumento
destinato al riequilibrio delle disparità d‟accesso ai servizi e alle infrastrutture
urbane, o se sia stata prevalentemente una strategia di Frente Popular, per
„educare‟ e vincolare il Movimento Comunitario ad una politica
„convenzionale‟- che non può, cioè, prescindere dall‟appoggio dei settori
economicamente più attivi ed influenti; l‟idea che mi sono fatto tramite gli
studi effettuati per la realizzazione di questo elaborato è, infatti, che
Legitimation durch Verfahren, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1983, trad. It., Procedimenti
giuridici e legittimazione sociale, a cura di Alberto Febbrajo, Giuffrè, Milano, 1995. In merito al
tema introdotto ciò che mi sembra rilevante dell‟analisi di Luhmann, è la ricerca di una spiegazione
della legittimità intesa “come disponibilità generalizzata ad accettare entro determinati limiti di
tolleranza decisioni ancora indeterminate nel contenuto.” Né le basi metafisiche del giusnaturalismo,
né la forza del diritto frutto di decisioni del positivismo giuridico, né tantomeno il concetto weberiano
di obbedienza alla legittimità razionale basata sulla convinzione della legalità degli ordinamenti,
bastano a spiegare il perché della accettazione generalizzata degli effetti delle decisioni basate sul
diritto (procedimenti giuridici). Da questa lacuna delle scienze sociologico–giuridiche Luhmann
perviene al concetto di “legittimazione mediante procedimento”. Il procedimento giuridico è qui
inteso come un sistema sociale in cui “ogni decisione parziale dei singoli partecipanti si trasforma in
un fatto, ponendo le premesse decisionali per gli altri partecipanti, e strutturando quindi la situazione
comune, senza però generare meccanicamente ciò che si verificherà successivamente.” La struttura
del sistema è data da “norme giuridiche generali” come “le regole che riguardano la rilevanza,
l‟ammissione di persone e l‟introduzione di temi , la traduzione e la definizione di ciò che perturba o
addirittura distrugge il sistema”; la sua funzione è quella di semplificare il mondo reale e limitare le
possibilità di azione dentro il sistema: “una matrice di eventi possibili”.
A tutti i partecipanti è riconosciuto un ruolo in virtù di questa flessibilità ma se “i procedimenti sono
strutturalmente organizzati in maniera da non determinare l‟agire”, essi “sono inseriti in una
determinata prospettiva funzionale”. In pratica la legittimazione mediante procedimento si alimenta
con l‟attribuzione di un ruolo attivo e determinante ai partecipanti, in un gioco in cui i risultati
possibili sono già stati determinati: la possibilità di determinare i risultati consentiti rappresenta la
“determinata prospettiva funzionale”, obiettivo attorno al quale si vuole costruire una legittimità
sociale, generata dal progressivo vincolarsi dei partecipanti, mediante la stessa partecipazione. Nel
procedimento elettorale, ad esempio, la legittimità sociale di un sistema democratico rappresentativo,
non si basa esclusivamente sul diritto di voto la cui attuazione “è praticamente priva di conseguenze”
sul sistema politico. Sta, infatti, alla comunicazione politica, che si serve di “valori astratti ed
identificazioni simboliche” riconsegnare all‟elettore un ruolo che lo motivi ad “integrarsi nel
procedimento”e, quindi, a legittimarlo.
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l‟esperienza dell‟OP abbia un significato polivalente, secondo cui le due
interpretazioni sopra proposte non si escludono necessariamente a vicenda.
D‟altronde se da una parte l‟OP ha comportato il riorientamento delle
politiche di allocazione delle risorse pubbliche in direzione di una sostanziale
equità distributiva, attuato mediante la valorizzazione della partecipazione
nella pianificazione urbana, dei settori sociali più deboli e storicamente
esclusi, difficilmente questo strumento amministrativo avrebbe potuto
consolidarsi come istituzione democratica se non si fosse progressivamente
trasformato, da “cavallo di Troia” dei ceti meno abbienti nelle istituzioni
pubbliche, in ambito aperto ed effettivamente fruibile per la partecipazione
di una ampia pluralità di soggetti sociali e politici.
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gratuitamente, tutelato da Creative Common License, presso la pagina:
www.schwartzman.org.br\simon\bases\bases.htm . Per praticità di chi
legge nel rintracciare le citazioni, ho provveduto a convertire il testo
scaricato da internet in un unico file di testo, in cui ho inserito la
numerazione progressiva delle pagine – cosa assente nella versione on-line
per le caratterictiche del il tipo di output informatico. Il file del testo è
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non
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100
disponibile nella sezione allegati in cd-rom sotto il nome file di : S.Bases
do autoritarismo brasilero.doc.