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Cari parrocchiani, dopo 2 anni usciamo nuovamente con IL CANTIERE, il giornale della nostra comunità pastorale con una rinnovata linea editoriale. Non più, soltanto cronaca, ma spunti di riflessione e provocazione in mezzo a tante parole vuote, a tanto vociare, a tanto chiaccherare, che fa… male. Ho tanti pensieri x la testa in questo periodo e per non andare sopra le righe faccio mie le parole che don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, scrisse qualche anno fa per la sua diocesi, in occasione del Natale Mi sembrano molto attuali e vere, soprattutto. AUGURI SCOMODI Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infasti- dire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addi- rittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate. Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa. Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro. Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consu- mano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militariz- za la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame. I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillan- ti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’eb brezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo pe r mori- re ricchi. Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza. Don Gianluca IL CANTIERE (Lettera informativa della Comunità Pastorale dei 6 campanili) Esce quando può Numero 8, Dicembre 2016

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Cari parrocchiani, dopo 2 anni usciamo nuovamente con IL CANTIERE, il giornale della nostra comunità pastorale con una rinnovata linea editoriale. Non più, soltanto cronaca, ma spunti di riflessione e provocazione in mezzo a tante parole vuote, a tanto vociare, a tanto chiaccherare, che fa… male. Ho tanti pensieri x la testa in questo periodo e per non andare sopra le righe faccio mie le parole che don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, scrisse qualche anno fa per la sua diocesi, in occasione del Natale Mi sembrano molto attuali e vere, soprattutto. AUGURI SCOMODI Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infasti-dire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addi-rittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate. Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa. Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro. Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consu-mano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militariz-za la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame. I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillan-ti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per mori-re ricchi. Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

Don Gianluca

IL CANTIERE (Lettera informativa della Comunità Pastorale dei 6 campanili)

Esce quando può

Numero 8, Dicembre 2016

IL CANTIERE

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BARBA E OLIO

Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme!

È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne,

che scende sull'orlo della sua veste. (dal SALMO 133)

A noi l'immagine di una persona grondante di olio suggerirebbe l'idea di una buona lavata per togliere la "brudeghigia ünta"… ma se cerchiamo di comprendere meglio il salmo dobbiamo pensare all'olio versato sul capo come simbolo di consacrazione. Per chi ha ricevuto il sacro crisma nel battesimo e nella cresima risulta facile capire come i fratelli che vivono insieme manifestino quindi un'abbondanza di consacrazione e di santità. Mi è venuto questo pensiero a proposito del nostro radunarci durante la celebrazione eucaristica. Essere accolti da Dio e dal fratello che sta partecipando al mio fianco, farsi coinvolgere dalle preghiere e dai canti, esprimere con la voce e con il corpo il mistero celebrato, svolgere un servizio in favore di Dio e dei fra-telli, ognuno secondo le sue specifiche competenze, senza che questo ostacoli l'armonia e la coralità della cele-brazione, celebrare un sacramento che non è solo un nostro pensiero su Dio (esposto al rischio dell'illusione) ma azione reale di Dio nella vita mia e della comunità: sono segni che parlano di Dio, che danno gioia ai fratelli e che alimentano e incrementano la fede, la speranza e la carità. Davvero la grazia di Dio cola in abbondanza come olio di consacrazione che trabocca sulla barba e sul vestito! C'è per tutti, purtroppo, anche il rischio di trasformare l'abbondanza di olio sulla barba in abbondanza di barba che offusca o copre l'olio: se il rancore mi separa da qualcuno dei fratelli presenti con me in chiesa, se sono di-stratto e non partecipo attiva-mente, se rifiuto il servizio o lo esercito senza raccordarmi con gli altri che servono con me, se sono in chiesa solo per forza o per abitudine, se anzi-ché lasciarmi coinvolgere dal-la comunità, di cui posso le-gittimamente non compren-dere tutte le scelte, resto ai margini brontolando… la barba e la noia tendono a co-prire la grazia! Non lasciamoci espropriare della bellezza e della soavità cui abbiamo diritto! Risco-priamo (o continuiamo a sco-prire) la gioia e la forza della comunione, pur nelle ragione-voli difficoltà che possiamo incontrare. Non abbiamo scelto le persone che fanno parte della nostra famiglia parrocchiale, è vero; lasciamo però che sia Dio a condur-ci e a stupirci con i doni abbondanti che può suscitare in abbondanza nei fratelli riuniti in nome suo! Se il nostro radunarci richiede l'olio della grazia, usiamo questo condimento in abbondanza, come faremo pre-sumibilmente in quegli altri raduni che celebreremo attorno alle tavole delle nostre case durante le prossime festività. Auguri di cuore a tutti!

don Simone

IL CANTIERE

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NEWS … NATALE

NATALE: UNA FESTA COME LE ALTRE? Tutti parlano tanto del Natale, ma cos’è veramente questa festività? Il termine Natale deriva dal latino ed è il nome con cui nella religione romana si indica il giorno di inizio di un evento importante e la sua ricorrenza. Come tutti sappiamo però il Natale é una festa di tradizione cristiana, in quel giorno infatti si festeggia la nascita di Gesù Ma il Natale è sempre stato come lo consideriamo oggi? Per molti il Natale oggi è una semplice festa, un semplice pretesto per non andare a scuola o al lavoro ,molti pensano anche: “Che sfortuna, quest’anno sarà di domenica”. I bambini lo aspettano solo per i regali e i doni portati da Babbo Natale e Gesù Bambino. Le cose di maggior importanza sono addobbi luminosi e appariscen-ti, il tradizionale pranzo con tutta la famiglia riunita e la “gara” al regalo più bello e costoso. Anche il presepe è ormai diventato un elemento di tradizione spesso privo di significato. Ma il Natale è sempre stato così? Chiedendo ai nostri nonni abbiamo scoperto che quando loro erano bambini era molto diverso da oggi. Per prima cosa i regali non erano ricchi come quelli che riceviamo noi ma erano piccoli e semplici doni come man-darini, bambole di pezza e lavoretti manuali che erano forse più apprezzati e ogni bambino era contento. Non si facevano particolari addobbi ma si faceva un piccolo presepe non sfarzoso come quelli che si costruiscono oggi ma molto significativo . Il pranzo di Natale era un’occasione per mangiare qualcosa di diverso dal solito

cibo giornaliero. Oggi mol-ti nonni preferiscono il Natale dei loro tempi per-ché anche con una cara-mella ci si accontentava mentre oggi si ha troppo e nonostante tutto non si è mai soddisfatti! Quello che però è cambia-to maggiormente è il suo vero significato: l’arrivo di Gesù. Questo lo fa diven-tare una festa come le altre priva ormai di significato. Anche la tradizionale Mes-sa di mezzanotte è diventa-ta un semplice rituale che è d’obbligo parteciparvi per dire:” anche quest’anno ad una messa sono andato”. Nel passato, la Messa ed il

Natale erano qualcosa di vero e profondo che portava un grande cambiamento.

Davide , Gioele, Maria, Marika!

RACCOLTA FONDI PRO TERREMOTATI € 8657,32 Abbiamo deciso di devolvere il ricavato della raccolta per i terremotati del Centro Italia, svoltasi nella giornata di domenica 23 ottobre in favore del Comune di Gualdo, in provincia di Macerata e di un bambino di 8 anni dello stesso comune, affetto di una forma di disabilità grave. Ho parlato con il sindaco sig. Giovanni Zavaglini, che ringrazia tutti coloro che hanno contribuito e che ci farà sapere come utilizzerà le offerte che abbiamo raccolto. Marialuisa e Pino, che ringrazio, insieme a tutti coloro che hanno collaborato, consegneranno un assegno cir-colare nelle mani del sindaco, nei primi giorni di gennaio. Grazie a tutti quanti hanno aderito all’iniziativa.

IL CANTIERE

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NEWS DALLE MISSIONI CRISTO E’ NATO ANCHE NEI VILLAGGI SPERDUTI DELLE ISOLE SOLOMON

Esperienza di Natale nella diocesi di Gizo L’isolamento delle periferie si può colmare solo con una presenza. Il Natale ci offre una occasione per stare in-sieme e festeggiare la sua venuta. Il Dio con noi ci u-nisce in una esperienza di “io con voi e per voi” aperti agli altri più bisognosi. I villaggi sperduti che “vivono nella oscuri-tà” (dimenticanza, fuori dal mondo...) vedono e speri-

mentano la luce del Natale nelle spiagge, pianure e montagne delle isole Solomons nelle parrocchie di Gizo La “cenetta di Natale nelle stazioni missionarie è caratterizzata da una intimità straordinaria grazie ai preparativi della popolazione. Si sta poi insieme per una settimana di festeggiamenti; preghiera, danze, canti, giochi La condivisione della gente delle esperienze fatte nei villaggi (dove qualche chiesa assomiglia letteralmente alla grotta di Betlemme e decine di mamme coi loro neonati fanno da presepio vivente) e sottolinea il vero spirito di Natale: Semplicità, povertà, pace, buona volontà e tanta gioia nel cuore. I giorni dopo il Natale conferma l’intensità dell’esperienza di incarnazio-ne della comunità cristiana e dei volon-tari. Tutti siamo immersi nella serenità che ha caratterizzato il nostro rapporto e il nostrio lavoro di preparazione. Per tutti è una esperienza di immersione “missionaria” e di fede viva, concreta, semplice…generosa. Niente grandi luci ne’ regali, niente albero… solo intimità tra di noi e con Lui Mentre ci prepariamo a ringraziare Dio per tutto le grazie speciali ricevute nell’anno passato imploriamo le sue energie di grazia per ogni giorno dell’anno prossimo per ciascuno di voi e delle vostre famiglie augurandovi un SANTO NATALE ed un BUON ANNO!!!

Don Luciano e Gli amici dalle Isole Salomon

AUGURI E BENEDIZIONI SOLENNI DON LUCIANO

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NEWS ….PERCHE’?

PERCHÉ SI FA IL PRESEPE? Contemplare, guardare verso cielo, guardare attraverso il cielo, trasforma gli occhi perché allena a guardare in profondità, trasforma il cuore perché lo fa soffermare sulla Bellezza “E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza!”… Così le Fonti Francescane raccontano la storia del primo presepe, voluto da San Francesco d’Assisi quasi 800 anni fa: “Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo deside-rio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.” Inizia l’Avvento e, almeno a casa mia, più che una tradizione il presepe è un appuntamento atteso da tutti. For-se perché ogni anno si può aggiungere un piccolo dettaglio, inventare qualcosa di creativo, dargli un significato nuovo e attuale. Forse perché è straordinariamente bello tornare a casa e trovare un piccolo segno di luce, quasi a ricordare che la nostra speranza è concreta, quotidiana, domestica, perché inizia da un bambino piccolo pic-colo, in una famiglia che agli occhi del mondo sembra normalissima. E forse perché di fronte al presepe ci fermiamo tutti almeno un istante, chi per rispetto, chi per curiosità, chi per contemplare, nel suo significato etimologico che rimanda al templum, lo spazio del cielo. Contemplare, guardare verso cielo, guardare attraverso il cielo, trasforma gli occhi perché allena a guardare in profondità, trasforma il cuore perché lo fa soffermare sulla Bellezza. Se Dostoevskij afferma che la Bellezza salverà il mondo ha le sue buone ragioni: di fronte alla semplicità così luminosa e così misteriosa della vita che nasce e muove i suoi primi passi tra le braccia di un uomo e di una donna, chi potrà mai scegliere di rifiutarla a cuor leggero? Di fronte ad una donna che si prepara a dare alla luce Dio, chi potrà dire che il Cielo è distante e irraggiungibi-le? Il racconto del primo presepe è intriso di parole di meraviglia: “Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estati-co di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solen-nemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.” Pare di vederlo, Francesco, meravigliato come un bambino, di fronte a un quadro così semplice e allo stesso tempo così misterioso, con il cuore aperto dinnanzi alla visione di Dio nella paglia della mangiatoia e tra le mani del sa-cerdote. Contemplare non è solo vedere il bello, ma comprendere che questa bellezza è un dono per te. Ecco che come il Santo di Assisi, costruendo il nostro piccolo presepe riuscia-mo capire un po’ di più il mistero grande di Dio che benedice la vita e l’amore della famiglia, i suoi doni più belli, facendosi bambino a Betlemme. Oggi la terra di Gesù è abitata da palestinesi e israeliani: per i cristiani e i mu-sulmani che parlano arabo, la piccola città di Giudea si chiama Bayt Lahm, che letteralmente significa Casa della Carne.Gli ebrei invece la chiamano Beit Le-hem, Casa del Pane. Nulla è per caso, e ancora il presepe racchiude la bellezza del dono di un A-more concreto che resiste al tempo, ai conflitti, al rifiuto, all’indifferenza: Dio si fa Carne nel grembo materno, raggiunge l’uomo nel suo quotidiano. E Dio si fa anche Pane, spezzato a Gerusalemme trent’anni dopo, vita donata e nutrimento per l’umanità ferita, spe-ranza di vita eterna che è il per sempre reale e luminoso di un sepolcro finalmente vuoto.

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NEWS ….PERCHE’?

PERCHÉ SI FÀ L’ALBERO DI NATALE? Da sempre e in tutte le culture l’albero è stato considerato il simbolo della vita. L’abete ha un particolare significato simbolico perché esso è verde e rigoglioso quando le altre piante sono spoglie e sembrano morte. Quest’albero rappresenta la vita eterna e la speranza del ritorno alla vita. Fin dall’antico Egitto proprio l’abete veniva considerato l’albero della Natività, pianta sotto cui era nato il dio di Biblos . In Grecia l’abete era l’albero sacro di Artemide, protettrice delle nascite. Presso le popolazioni dell’Asia settentrionale, l’abete era considerato l’albero cosmico, piantato in mezzo all’Universo. Nella Chiesa antica c’era già l’uso di decorare con rami e corone le case per la festa del 6 gennaio: questa usanza però è legata ai riti pagani degli alberi e al solstizio d’inverno. Un collegamento tra redenzione e creazione determina l’origine dell’albero di Natale. Esso simboleggia un convincimento: il peccato dell’uomo, nella Bibbia associato all’albero del Paradiso ed al suo frutto che suscita la tentazione, viene espiato nella notte del 24 dic. con l’ingresso di Cristo nel mondo: simbolo di questo è l’albero della vita (Gn 2,9). L’albero di Natale inserito nel contesto religioso delle festività è quindi segno di pace e di speranza. L’abete sempreverde inoltre, simbolicamente ci riconduce al Figlio dell’uomo, “il Vivente” (Ap 1,18). Gesù è l’autentico “Albero della vi-ta” (Ap 2,7). Egli, rafforza e rinsalda la comunione tra Dio e l’uomo infranta da Adamo ed Eva nell’Eden, per aver man-giato i frutti dell’albero proibito (Cfr Gn 3,6). Iconograficamente è stato identificato con la “mela” ma in effetti il “frutto” è simbolico e sta a indicare la “conoscenza del bene e del male” San Bonifacio e l’albero di Natale Il Santo nacque in Inghilterra intorno al 680 e evangelizzò le popolazioni germaniche. Si narra che Bonifacio, la notte di Natale del 724, affrontò i pagani riuniti presso la “Sacra Quercia del Tuono di Gei-smar” per adorare il dio Thor. Il Santo, con un gruppo di discepoli, arrivò nella radura dov’era la “Sacra Quercia” e, men-tre si stava per sacrificare un bambino, gridò: «questa è la vostra Quercia del Tuono e questa è la croce di Cristo che spez-zerà il martello del falso dio Thor». Presa una scure cominciò a colpire l’albero sacro. Un forte vento si levò all’improvviso, l’albero cadde e si spezzò in quat-tro parti. Dietro l’imponente quercia si trovava un giovane abete verde. San Bonifacio si rivolse nuovamente ai pagani: «Questo piccolo albero, un giovane figlio della foresta, sarà il vostro sacro albero questa notte. È il legno della pace, poiché le vostre case sono costruite di abete. È il segno di una vita senza fine, poiché le sue foglie sono sempre verdi. Osservate come punta diritto verso il cielo. Che questo sia chiamato l’albero di Cristo bambino; riunitevi intorno ad esso, non nella selva, ma nelle vostre case; là non si compiranno riti di sangue, ma doni d’amore e riti di bontà».. Bonifacio riuscì a convertire i pagani e il capo del villaggio mise un abete nella sua casa, ponendo sopra ai rami delle candele. Diffusione dell’Albero di Natale L’usanza di avere un albero decorato durante il periodo natalizio si diffuse nel XVII secolo e agli inizi del secolo successi-vo era già pratica comune in tutte le città della Renania. Per molto tempo la tradizione dell’albero di Natale rimase tipica delle regioni protestanti della Germania e solo nei primi decenni del XIX secolo si diffuse nei paesi cattolici. A Vienna l’albero di Natale apparve ufficialmente nel 1816, per volere della principessa Henrietta von Nassau Weilburg, mentre in Francia fu importato dalla duchessa di Orléans nel 1940. Albero di Natale a Piazza S. Pietro Era infatti il Natale del 1982 quando per la prima volta Papa Giovanni Paolo II fece collocare un abete ornato nel centro del colonnato del Bernini. Quell’abete era un dono di un contadino polacco, che lo trasportò fino a Roma sul suo ca-mion. Da allora in poi, per espresso volere del Santo Padre, puntualmente si ripete la tradizione a ricordo della Natività di Gesù: un presepe viene allestito ai piedi dell’obelisco e alla sua destra viene eretto l’albero di Natale, donato ogni anno da una regione montana diversa dell’Europa. I Papi e l’Albero di Natale Significativo simbolo del Natale di Cristo, perché con la sue foglie sempre verdi richiama la vita che non muore” “la forma svettante, il suo verde e le luci sui suoi rami sono simboli di vita”, che “rimandano al mistero della Notte Santa”. (Papa Benedetto XVI) « Accanto al presepe, come in questa Piazza San Pietro – ha detto ancora il Papa, accennando con la mano all’ abete già decorato e al presepe in allestimento davanti all’ obelisco – troviamo il tradizionale albero di Natale che “… è un’usanza anch’essa antica, che esalta il valore della vita perché nella stagione invernale, l’abete sempre verde diviene segno della vita che non muore».(Papa Giovanni Paolo II) «Anche oggi, Gesù continua a dissipare le tenebre dell’errore e del peccato, per recare all’umanità la gioia della sfolgorante luce divina, di cui l’albero natalizio è segno e richiamo» (Papa Francesco – 13/12/2014)

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NEWS DALLA CHIESA DIOCESANA

FONDO DONA LAVORO Sono trascorsi quasi due anni dalla nascita del progetto “Fondo Dona Lavoro”, l’iniziativa con cui

la Fondazione Caritas “Solidarietà e Servizio” Onlus mette a disposizione delle par-rocchie della Diocesi di Como fondi per sostenere famiglie e persone che hanno per-so il lavoro o che non dispongono di redditi adeguati a causa della crisi economica che tuttora attanaglia il nostro territorio. È tempo, quindi, di aggiornare alcuni dati e tracciare un piccolo bilancio di questo progetto che, alla sua nascita, si era affiancato al “Fondo di Solidarietà Famiglia-Lavoro” voluto dalla stessa Diocesi sin dal 2009 e oggi definitivamente chiuso. I dati più recenti confermano l’estrema positività del Fondo Dona Lavoro: sono 50 le realtà parrocchiali della Diocesi che lo hanno utilizzato in modo proficuo (nelle no-stre parrocchie 2 persone hanno beneficiato di questa iniziativa). E ciò ha convinto i promotori a rilanciare l’iniziativa anche per tutto il 2017. Inoltre, le stesse parrocchie che hanno finora già speso 2.000 euro hanno la possibili-tà di usufruire di altri 1.000 euro per incrementare l’aiuto già prestato. E ciò sin da subito.

COS’È Anche sul nostro territorio diocesano la mancanza di lavoro sta incidendo sull’occupazione e di conseguenza sulla qualità di vita delle famiglie. Per questo motivo è sempre più urgente elaborare nuove forme di intervento a sostegno della persona. La Diocesi di Como, attraverso la Fondazione Caritas “Solidarietà e Servizio” Onlus e con la collaborazione del Credito Valtellinese, promuove una nuova iniziativa: il Fondo dona lavoro. Con questo Fondo si vuole rafforzare l’azione di solidarietà nei confronti delle persone in difficoltà, sostenen-done il protagonismo in un’ottica meno assistenziale e più di promozione umana. Il Fondo vuole convogliare risorse che ver-ranno trasformate in ore di lavoro attraver-so il sistema retributivo dei buoni lavoro (voucher) dell’Inps. COME FUNZIONA Le somme raccolte dal Fondo saranno messe a disposizione delle Parrocchie della Diocesi di Como affinché possano soste-nere famiglie e persone che hanno perso il lavoro o che non dispongono di redditi adeguati. Il sostegno si concretizzerà mediante la richiesta da parte delle Parrocchie di pre-stazioni lavorative occasionali (ad esempio l’imbiancatura di alcuni locali, brevi lavori di manutenzione, ecc.) che verranno retribuite mediante i voucher lavoro: chi è in difficoltà, accanto agli altri aiuti caritativi consolidati, avrà questa nuova possibilità per essere aiutato ad attivarsi e svolgere “piccoli lavori di cura” della comunità locale.

FONDO DONA LAVORO: UN AIUTO CONCRETO ALLE PERSONE IN DIFFICOLTÀ,

CHE LE PARROCCHIE DELLA DIOCESI NON POSSONO PERDERE. IMPORTANTI NOVITÀ PER USUFRUIRE DI QUESTA OPPORTUNITÀ “SCACCIACRISI”:

RACCOLTI FINORA OLTRE 128.000 EURO. SI AMPLIA L’OFFERTA CHE VIENE RINNOVATA PER TUTTO IL 2017

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NEWS CARITA’ A TUTTI I PARROCCHIANI DELLA COMUNITA’ PASTORALE DEI 6 CAMPANILI!! Carissimi, come ormai saprete, il Consiglio Pastorale, dopo diversi momenti di confronto e riflessione, ha scel-to di elaborare e proporre un progetto di accoglienza nei confronti di una famiglia di profughi. Nell’ultimo anno le comunità hanno vissuto alcuni momenti di formazione e di conoscenza della realtà migra-toria dei profughi e delle esperienze di accoglienza in provincia di Sondrio e nei nostri vicariati. Da questi momenti e dalla riflessione sul tema della carità è nata la decisione di offrire alla Prefettura di Sondrio la disponibilità ad accogliere dei profughi: persone giunte in Italia per un’emergenza umanitaria vissuta nel loro paese d’origine. Per tale emergenza, di tipo politico, economico o sociale, lo stato italiano li ospita in attesa di valutarne la condizione di rifugiati politici. Dopo la decisione del consiglio pastorale si è costituito un gruppo di 30 volontari che si sono resi disponibili a lavorare per preparare l’accoglienza di queste persone. Sono stati presi i contatti con la prefettura di Sondrio con cui si è concordato di accogliere una famiglia compo-sta da 5 persone che verranno ospitate nella casa vicino alla chiesa parrocchiale di Lovero. L’accoglienza di questa famiglia verrà gestita in collaborazione con la cooperativa “Altra Via” della Caritas Dio-cesana che, dal giugno 2016, gestisce con altre parrocchie, forme di accoglienza di questo tipo. La cooperativa metterà a disposizione un operatore che lavorerà con i volontari per gestire le esigenze della fa-miglia ospitata e costruire per loro una permanenza significativa finalizzata all’integrazione. Anche il Centro di Ascolto dei Vicariati di Tirano e Grosio ha dato la propria disponibilità a collaborare a que-sta esperienza. Il consiglio pastorale ha deciso di accogliere gratuitamente i profughi, rinunciando al contributo statale (proveniente da Fondi Europei) previsto per chi accoglie. Tale contributo (che verrà comunque erogato) sarà gestito dal gruppo Caritas parrocchiale e tenuto a disposi-zione per ulteriori interventi su questo o su altri progetti per le persone bisognose del nostro territorio (Integrazione per rette case di riposo e scuola materna, progetti per disoccupati, ecc…) Ad oggi la casa è pronta, è stata pulita, completata di alcuni arredi che mancavano e degli oggetti di uso quoti-diano; è ancora possibile collaborare offrendo “le cosa per la casa” che si pensa possano servire; si attende l’arrivo degli ospiti per raccogliere indumenti e/o oggetti adatti a ciascuno di loro. Dai momenti di confronto e riflessione tra i volontari, è nata la proposta di costituire un gruppo Caritas Parroc-chiale, nell’ambito della Caritas Diocesana di Como. Il gruppo si occuperà del progetto di accoglienza e di altri bisogni emergenti dal nostro territorio. È possibile collaborare offrendo il proprio tempo e il proprio lavoro. Si propone, inoltre, a chi lo desidera, di contribuire economicamente alle attività della Caritas della no-stra Comunità Pastorale versando una cifra (assolutamente libera) ogni mese (finchè lo si desi-dera); questo potrebbe essere un modo bello per ricordarsi di riflettere con più costanza sui bisogni e le necessità che ci circondano e consentirebbe di intervenire con miglior efficacia non solo nella fase iniziale del progetto. Chi non se la sentisse di prendersi un impegno mensile può comunque aderire con una cifra una tantum. È possibile consegnare la propria offerta nelle bussole presenti in ogni chiesa (dal giorno di Natale) dove trove-rete la dicitura CARITAS 6 CAMPANILI o versando sul conto corrente intestato alla Parrocchia S. Alessandro IBAN: IT89Z0335901600100000123554, (causale: CARITÀ 6 CAMPANILI) (in seguito sarà creato un unico conto del gruppo CARITAS 6 CAMPANILI).

A tutti cordiali saluti, i volontari del Gruppo Caritas della Comunità dei 6 CAMPANILI

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NEWS DIMENTICATE

COME SAREBBE L'ITALIA SENZA IMMIGRATI di Raffaele Buscemi, 8 settembre 2016

Come sarebbe l’Italia senza gli immigrati? La fotografia del Censis ci dice che avremmo il 20% di bambini nati in meno nell’ultimo anno, una scuola pub-blica con 35mila classi e 68mila insegnati in meno, saremmo senza 693mila lavoratori domestici e 449mila im-prese. L'italia senza immigrati sarebbe un Paese con 2,6 milioni di giovani under 34 in meno e sull’orlo del crac demo-grafico. Gli immigrati sono mediamente più giovani degli italiani e mostrano una maggiore propensione a fare figli. Le nascite da almeno un genitore straniero in Italia fanno registrare un costante aumento: +4% dal 2008 al 2015, a fronte di una riduzione del 15,4% delle nascite da entrambi i genitori italiani. Dei 488mila bambini nati in Italia nel 2015, anno in cui si è avuto il minor numero di nati dall’Unità d’Italia, solo 387mila sono nati da entrambi i genitori italiani, mentre 73mila (il 15%) hanno entrambi i genitori stranieri e 28mila (quasi il 6%) hanno un genitore straniero. È vero che il nostro sistema di gestione dei flussi migratori ha dovuto affrontare crescenti difficoltà. Il numero complessivo degli ospiti nelle strutture di prima e seconda accoglienza è passato dai 22.118 del 2013 ai 123.038 al 6 giugno 2016, con un aumento del 456 per cento. Ma il nostro modello di integrazione degli stranieri che si stabilizzano sul territorio nazionale funziona. Gli alunni stranieri nella scuola (pubblica e privata) nel 2015 erano 805.800, il 9,1% del totale. Senza gli stranieri a scuola (la maggioranza dei quali sono nati in Italia) si avrebbero 35mila classi in meno negli istituti pubblici e saremmo costretti a rinunciare a 68mila insegnanti, vale a dire il 9,5% del totale. Anche sul mercato del lavoro la perdita degli immigranti significherebbe dover rinunciare a 693mila lavoratori domestici (il 77% del totale), che integrano con servizi a basso costo e di buona qualità quanto il sistema di wel-fare pubblico non è più in grado di garantire. Gli stranieri mostrano anche una voglia di fare e una vitalità che li porta a sperimentarsi nella piccola impre-sa, come dicevamo in questo articolo, facendo proprio uno dei segni distintivi del nostro essere italiani. Nel primo trimestre del 2016 i titolari d’impresa stranieri sono 449mila, rappresentano il 14% del totale e sono cre-sciuti del 49% dal 2008 a oggi, mentre nello stesso periodo le imprese guidate da italiani diminuivano dell’11,2 per cento. Anche i trattamenti previdenziali confermano che il rapporto tra «dare» e «avere» vede ancora i cittadini italiani in una posi-zione di vantaggio. Gli immigranti che percepiscono una pensione in Italia sono 141mila: nemmeno l’1% degli oltre 16 milioni di pensionati italiani. Quelli che beneficiano di altre prestazioni di sostegno del reddito sono 122mila, vale a dire il 4,2% del totale. Una Italia senza immigrati avrebbe anche un problema in più nel pagare le pensioni visto che le tasse pagate dai migranti coprono le pensioni di 620mila italiani. Tutti segnali di quel modello di integrazione dal basso, mole-colare, diffuso sul territorio che ha portato oltre 5 milioni di stranieri (che rappresentano l’8,2% della popolazione com-plessiva), appartenenti a 197 comunità diverse, a vivere e a risiedere stabilmente nel nostro Paese e che, alla prova dei fatti, ha mostrato di funzionare bene e di non aver suscitato i fenomeni di involuzione patologica che si sono verificati altrove in Europa, dove i territori ad altissi-ma concentrazione di immigrati sono esposti a più alto rischio di etnodisagio. Dei 146 comuni italiani che hanno più di 50mila abitanti, solo 74 presentano una incidenza di stranieri sulla popolazione che supera la media nazionale. Tra questi, due si trovano al Sud: Olbia in Sardegna, con il 9,7% di residenti stranieri, e Vittoria in Sicilia, con il 9,1 per cento. Brescia e Milano sono i due comuni italiani con più di 50mila residenti che presentano la maggiore concentrazione di stranieri, che però in entrambi i casi è pari solo al 18,6% della popolazione. Seguono Piacenza, in cui gli stranieri rappresentano il 18,2% dei residenti, e Prato con il 17,9 per cento.

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NEWS DAI GIOVANI

TUTTO STA’ NEL FARSI TROVARE PRONTI Era il luglio del 2012, e mi trovavo solo in un'aula del Dipartimento di Tecnologie dell'Informazione dell'Università di Ghent, in Belgio. Di lì a poco avrei esposto i risultati parziali della mia tesi di laurea in Ingegneria Elettronica a due pro-fessori della stessa università, i quali, in seguito, mi avrebbero comunicato la loro disponibilità ad assumermi per un dot-torato di ricerca, al termine dei miei studi. Si parlava di quattro anni, durante i quali mi sarei ulteriormente specializzato e avrei imparato il lavoro di ricercatore. Il progetto a cui avrei preso parte riguardava lo sviluppo di tecniche per l'integrazione di dispositivi elettronici nei vest iti, per applicazioni di localizzazione di persone all'interno di edifici, nonché di monitoraggio da remoto dei parametri vitali di pazienti non ospedalizzati (tra cui, ad esempio, anziani che vivono da soli). Non ero mai stato a Ghent, non conoscevo nessuno lì. Dalla mia, nessuna significativa esperienza internazionale, un in-glese piuttosto stentato e l'immanca-bile bagaglio di genuina diffidenza che ogni Valtellinese (chi più, chi meno) si tira dietro ovunque vada. Guardavo fuori dalla finestra, in attesa, chiedendomi se ne valesse la pena e, soprattutto, se avessi la mini-ma idea di cosa stavo facendo. Lì per lì, un breve colloquio con quei due professori bastò a ricordarmi che cosa mi piaceva fare. Decisi che il resto non era poi così importante, e accettai la loro offerta. Sono particolarmente legato al ricor-do di quel momento, perché, nono-stante lasciare famiglia, amici e paese non fosse una scelta semplice, ebbi comunque il buon senso di lasciarmi vincere da quel po' di curiosità che avevo. Per me si trattava di una situazione inaspettata. Anche solo un anno prima di allora, mai mi sarei immaginato che sarei andato a vivere all'estero. Durante gli anni dell’università non avevo mai dato grande importanza all’opportunità di tra-scorrere anche solo sei mesi in un altro paese, per studiare e dare gli esami. Stavo bene dove stavo. Poi, ad un certo punto, le circostanze mi forzarono un po' la mano. Nonostante potessi rimanere a Pavia a fare ricerca, sapevo (o, meglio, intuivo) che sarebbe stato più formativo spostarmi all'estero. Decisi di fidarmi e partii. Dopo quattro anni, posso solo esser grato per questa opportunità, la quale si è rivelata un'occasione di crescita notevole, anche più di quanto potessi pensare. Ho avuto la fortuna di vivere in una città incantevole e in un paese dove è semplice ambientarsi. L'atmosfera all'università è sempre stata positiva e stimolante, e ha contribuito ad accrescere e rifinire sia la mie conoscen-ze tecniche, sia il mio modo di pensare. Condividere il mio tempo, lavorativo e non, con persone provenienti da ogni parte del mondo aveva un nonsoché di "strano", all'inizio. Col passare dei mesi, è diventato una fonte continua di spunti di riflessione e confrontarsi si è dimostrato il banco di pro-va su cui valutare la bontà di idee e scelte. Imparare e parlare due o tre lingue è stata parte integrante della vita di ogni giorno. L'entusiasmo e gli interessi delle persone che mi circondavano sono stati un costante invito a dar valore al mio tempo. Per l'esperienza che ho accumulato, è come se in quattro anni avessi vissuto quattro volte tanto. E, imparando a vedere con occhi diversi da dove venivo e il percorso con cui ero arrivato lì, è stato anche un po' come rivivere gli anni prima. Niente di tutto questo è stato pianificato. In parte, è dipeso dalle circostanze, perché una buona dose di fortuna ci vuole in tutto. In parte, però, è stato anche il frutto di anni di impegno e di fiducia in chi mi diceva che, dandomi da fare, prima o poi da qualche parte sarei arrivato. Quando l'occasione giusta si è presentata, ho dovuto solo fare un passo in avanti e coglierla. Tutto sta nel farsi trovare pronti. Non rinunciate mai a desiderare di più.

Marco Rossi

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NEWS DAGLI ANZIANI

NUOVE TECNOLOGIE Detto dalla soglia dei miei ottant'anni, non so se le nuove tecnologie siano poi così utili: mi sembra che da quando ci sono tutti questi telefonini fra di noi non ci sia più tanto colloquio… Io ho avuto in regalo un bel telefonino; sono anche su Whatsapp, ma non voglio nuove amicizie e nuovi contatti, perché spesso il telefono è usato per pettegolezzi e cattiverie gratuite. Uso il telefono per mandare messaggi e fotografie ai miei pa-renti e nipoti e mi piace riceverne perché mi fanno compagnia. Vado su Youtube a prendere qualche ricetta, mi tengo informata su tutte le belle iniziative dei Sei Campanili, ascolto il suono delle nostre campane… Questi per me sono le possibilità e i pregi dei nuovi mezzi di comunicazione. Per quanto ri-

guarda i rischi non voglio entrare nel merito; sicuramente possono essere molto pericolosi. Un'anziana di Tovo

NEWS SPORTIVE

BEATRICE VIO “UNA RAGAZZA MAGICA” Nello stesso giorno in cui Alex Zanardi ha vinto a 49 anni la sua terza medaglia d’oro paralimpica, l’Italia ha ottenuto un altro oro grazie a una ragazza di soli 19 anni: Beatrice Vio. Quasi nessuno la conosceva e pro-babilmente ancora oggi in pochi sanno chi è. Beatrice Vio, chiamata da tutti “Bebe”, nasce a Venezia il 4 marzo del 1997 ed è una bambina come tutte le altre che cresce con la passione per la scherma. All’età di 11 viene improvvisamente colpita da una meningite che le causa una grave infezione del sangue che porta alla tragi-ca conseguenza dell’amputazione di tutti e quattro gli arti. Questo fatto avrebbe abbattuto chiunque, figuriamoci una bambina di soli 11 anni, ma Bebe non si è lasciata sopraffare dalle conseguenze della grave malattia e con grinta e forza è tornata ad affrontare la vita, riprendendo a fare ciò che faceva prima e a coronare il sogno di tornare a fare sport. Nel 2010 è tornata a gareggiare collezionando molti successi. Dopo aver vinto gli Europei e la Coppa del Mondo nel 2014, i Mondiali e di nuovo la Coppa del Mondo nel 2015, alle Para-limpiadi di Rio de Janeiro sale sul gradino più alto del podio nella competizione di fioretto. Lei stessa, in una dichiarazione del 2013, dice: «Ho sempre saputo che avrei potuto ricominciare a fare scherma. Quando l’ho chiesto ai medici mi hanno, diciamo, sputato in un occhio. Quando l’ho chiesto a quelli delle protesi, si sono messi a ridere. Però io fin da subito ho capito che sarei riuscita a ritornare a fare ciò che facevo prima». Gli amici famosi di Bebe sono tanti, da Oscar Pistorius a cui lei continua a essere molto legata nonostante la sua attuale “vicenda oscura”, a Jovanotti, Valentina Vezzali, Francesco Totti, Giovanni Malagò. E c’è’ la Fondazione Art4sport creata insieme ai suoi genitori per aiutare attraverso lo sport altri ragazzini amputati. Chi conosce la storia di Bebe non può non affezionarsi «Perchè i sognatori sono lottatori con un sorriso che sembra un arcobaleno. Quando qualcuno ti conosce, Bebe, succede che vuole essere migliore, se t’incontra un dottore diventerà un medico migliore, se t’incontra un cantante vorrà fare meglio, se ti incon-tra un canguro salterà alto il doppio... » come le ha scritto Jovanotti. Bebe è un esempio positivo per giovani e meno giovani, trasmette positività, la sua grande determinazione e la sua grinta suggeriscono di affrontare ogni situazione sfruttando al meglio le proprie capacità e seguendo i propri sogni. Gioele Verze

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PALIO 6 CAMPANILI

TESTIMONIANZA DA LOVERO E TOVO Dal 28 agosto al 10 settembre le nostre sei comu-nità hanno ripetuto la bella esperienza del Palio vissuta per la prima volta l'anno scorso. Tante sono state le prove in cui si sono cimentati i numerosi partecipanti delle varie parrocchie. Tutto ha avuto inizio con la Santa Messa a Vervio e la benedizione degli stendardi delle singole Par-rocchie, seguita poi dai giochi di un tempo. Nei giorni successivi si sono susseguiti, con l'aiuto del buon tempo e la gioia dei partecipanti, le altre pro-ve in programma… Ballo e bocce a Lovero, palla-volo a Sernio, calcio a Tovo. A Mazzo si sono svolti i giochi per bambini, i tornei di carte, la cor-rida finale e la grande novità di quest'anno, molto apprezzata, del quizzone.

Significativa e molto suggestiva è stata la corsa a staffetta, il suo tracciato infatti toccando tutti e sei i campanili unisce simbolicamente le nostre comunità. È stata una manifestazione entusiasmante in cui non sono mancati i battibecchi e arrabbiature ma non è mai mancata la voglia di incontrarsi e stare insieme. La partecipazione é stata forte e ha visto persone di tutte le etá relazionarsi con tanta voglia di condividere im-portanti momenti comunitari. Ma il Palio non è solo di chi partecipa ai giochi... vogliamo infatti dire un immenso grazie al formidabile backstage! Tutto questo infatti è stato possibile grazie ad un ampio numero di volontari di tutti i paesi (e di tutte le etá) che dietro le quinte sono stati bravissimi a coordinare le varie serate. La preparazione dei giochi, delle cene e del pranzo finale hanno richiesto un grande impegno e dedizione e tante persone hanno contribuito alla buona riuscita! Domenica 10 settembre, la giornata conclusiva del Palio, ha visto la Comu-nità Pastorale dei Sei Campanili riunita in un'unica Santa Messa comunitaria. Era la seconda volta in assoluto in cui accadeva che di domenica ci fosse un unica Messa per tutte le sei parrocchie. Da quel giorno, sul foglietto domeni-cale non compaiono più i nomi distinti delle singole parrocchie ma apparte-niamo ad un unica "Comunitá pasto-rale dei sei campanili". Continua così e si rafforza l'idea di una comunità inter-parrocchiale. In occasione della premiazione con-clusiva, in cui si incoronava Tovo vin-citore, i bambini ancora una volta, ci hanno dimostrato di essere proiettati nel futuro più di quanto lo siamo noi adulti: abbiamo visto bambini degli altri paesi indossare la maglietta azzur-ra di Tovo e unirsi con i vincitori per far festa tutti assieme! Questo è secondo noi... IL PALIO DEI SEI CAM-PANILI!

Elisa Sara Marco Antonio

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TESTIMONIANZA DA VERVIO E ROGORBELLO E anche per quest’anno il Palio dei 6 Campanili si è concluso. Vincitori o sconfitti, ne siamo usciti tutti con qualcosa in più. Sono di Vervio, il che fa già comprendere quanta sportività ci sia in me nello scrivere questo pen-siero sull’evento che da due anni ral-legra la fine delle nostre estati. È innegabile che tutti, ma proprio tutti, partecipiamo con la grinta ne-cessaria a portarsi a casa i risultati dei mesi spesi ad organizzare, preparare giochi e reclutare paesani. È altrettan-

to vero però, che noi più di altri sappiamo di partire con un grande limite: un ristrettissimo numero di parteci-panti (che comprende comunque circa l’80% della popolazione di Vervio) che ci fa risultare poco competitivi e non candidabili alla vittoria. Tuttavia, qui non ci si scoraggia mai! Non si salta una gara, si fanno partecipare tutti coloro che si propongono, si dà tutto pur di togliersi delle piccole soddisfazioni. E quest’anno è successo. Nel nostro piccolo abbiamo saputo gareggiare e a volte anche vincere, arrivando ultimi con grande dignità. Perché per noi il Palio non significa “vincere”, ma Unire. Unire persone che vivono in un paese piccolo ma troppo spesso vuoto, in cui tutti pensano di conoscer-si, ma non è così. Unire sei campanili senza per questo togliere ad ognuno di essi la propria individualità, andando oltre i confini in-visibili che ci dividono. Unire delle comunità che da sole possono valere po-co, ma se sommate le une alle altre possono dare tan-tissimo. Trovo che per tutti noi il Palio sia una grande occa-sione. Ricordando i pome-riggi da bambina in cui gio-cavo con i pochi amici del paese al nostro campetto, mi accorgo di quanta felici-tà abbia suscitato in me vederlo pieno di gente. Perché qui non è scontato. Non è scontato avere chi organizza delle feste e non è nem-meno scontato il fatto che le persone vi partecipino. Ma il Palio ha saputo rendere questo posto ancora più ma-gico di quanto me lo potessi ricordare e me ne ha fatti scoprire altri, mi ha fatto conoscere un po’ di più i miei “vicini”, mi ha fatta divertire. Esprimendo un pensiero puramente personale, voglio dire di aver apprezzato la sportività dei più e l’impegno che ogni campanile ha saputo mettere affinché la gara riuscisse al meglio. Ho apprezzato anche le polemiche, perché discutere fa crescere. E per tutti noi crescere insieme è il futuro. Non sarà soltanto un modo di dire che “l’unione fa la forza”.

Valentina Caspani

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TESTIMONIANZA DA TOVO Tra nastri e fiocchi azzurri le settimane del palio sono arrivate e nei paesi dei sei campanili si è diffuso un cli-ma di gioia e movimento. Era bellissimo vedere le famiglie, dai bambini ai più anziani scendere dalle macchine con il sorriso pronti per mettersi in gioco oppure per incitare i concorrenti della propria squadra. Questa gran-de festa ha offerto a tutti l’opportunità di partecipare: chi appendendo un fiocco in terrazza, chi incitando i corridori ai bordi della strada e chi mettendosi in gioco nelle varie competizioni. Il primo posto in classifica è stato raggiunto dalla squadra tovasca, ma la vera vittoria del palio è stata l’unione di moltissime persone appar-tenenti a diversi paesi in una stessa comunità. L’evento del palio ha dimostrato che una comunità unita può essere costruita, oltre che dalla messa e dal catechismo comunitario, anche da momenti di gioco e svago insie-me. “L’unione fa la forza”

Una tovasca TESTIMONIANZA DA MAZZO

Quest'estate si è svolta la seconda edizione ufficiale del Pa-lio dei 6 Campanili. Si è deciso di "spalmarla" in due setti-mane anziché in una soltanto, come era avvenuto lo scorso anno. É stato un palio molto partecipato e non solo per il nume-ro di concorrenti che ogni campanile ha fatto gareggiare ma soprattutto per la quantità di persone che, pur non par-tecipando alla competizione, raggiungevano le nostre di-verse parrocchie per supportare con un bel tifo i propri concorrenti. Come al solito i giochi di una volta, svoltisi a Vervio du-

rante la prima serata, hanno riscosso un grandissimo successo. Si sa che anche le persone più anziane ringiova-niscono se si tratta di tirare la fune o il rasegun. Però bisogna dire che sono piaciute molto anche le nuove proposte come la serata "Quizzone" alla quale han-no potuto partecipare anche i non amanti dello sport. In conclusione è stata come sempre una bellissima esperienza da fare tra noi; la competitività che caratterizza questa manifestazione forse potrà sembrare una cosa che divide invece che unire, ma in realtà è stato un modo diverso per conoscersi, confrontarsi e scherzare insieme al di là del risultato. Per le prossime edizioni ci saranno sicuramente delle migliorie anche perché, si sa, le esperienze si arricchisco-

no solo vivendole.

TESTIMONIANZA DA SERNIO Anche quest'anno il palio è finito, con la vittoria meritatissima di Tovo. Un Palio molto divertente che ha co-involto bambini, ragazzi uomini e donne di tutte le età. Un risultato, per un paesino come Sernio, davvero im-portante. Eravamo in tanti, uniti e affiatati e quest'anno siamo riusciti a coinvolgere persone che, non frequen-tano la chiesa spesso o che, solitamente, non sono parte attiva in queste manifestazioni. Questo è il successo di questa manifestazione, il saper coinvolgere tutti, dai più ai meno credenti, dai grandi ai piccini, e formare così un TEAMSERNIO degno del nome che porta. Un team che sa dal primo giorno che non potrà arrivare primo, e probabilmente nemmeno secondo ma nonostante questo non perde la voglia di mettersi in gioco e divertirsi. Dovrebbe essere questo lo spirito giusto per affrontare le settimane del Palio, che non nascondiamoci, incontra le sue difficoltà. Difficoltà che si cancellano quando vedi la partecipazione e il tifo del tuo Paese, che pur essendo piccolino si è fatto sentire. Durante le settimane del Palio hai la possibilità di parlare confrontarti e conoscere persone che indossano una maglietta di un colore diverso dal tuo, ma quel-le magliette colorate hanno fatto incontrare e interagire persone che in alternativa non lo avrebbe di certo fat-to. Per Sernio il colore preferito, oltre al Fucsia, è sicuramente il Giallo, e quando si incontravano gli occhi e sguardi dei Gialli ci si capiva senza dire molte parole, le stesse difficoltà, lo stesso spirito, la stessa voglia. Spero che negli anni non si perda la voglia e l'intento di questa manifestazione, che sa coinvolgere più paesi, e che, mettendo della rivalità e competitività, riesca comunque ad unire e riunire in poche settimane più di qual-siasi altra manifestazione, e a far dimenticare in pochi minuti il colore della maglia che si indossa. FORZA SERNIO!

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BATTESIMI 1. Armanasco Ilenia 2. Antunez Carvajal Kency 3. Bonetti Valery 4. Capetti Filippo 5. Casolini Mattia 6. Cavallaro Ettore 7. Colturi Victor 8. Della Bosca Marlene 9. Delle Baite Greta 10. Medici Francesco 11. Medici Samuele 12. Moderana Diego 13. Lucchini Alberto 14. Parravicini Tommaso 15. Patalano Matilde 16. Pozzi Eloisa 17. Pozzi Mathias 18. Pruneri Luisa 19. Senini Nathan 20. Travaglia Agata 21. Verzaglia Jacopo 22. Zampatti Anna 23. Zampatti Giordano 24. Zampatti Liam PRIMA CONFESSIONE 1. Bona Noemi 2. Caratti Alessandro 3. Caratti Atany 4. Crupi Giada 5. D’Ambrosio Simone 6. De Paoli Gabriele 7. Foppoli Gioele 8. Giudice Sara 9. Moderana Luca 10. Moratti Simone 11. Olandi Agata 12. Pozzi Greta 13. Plona Valentina 14. Plozza Mara 15. Puddu Sara 16. Rastelli Jacopo 17. Salomoni Martina 18. Tomè Angela 19. Zampatti Alessandro

ANAGRAFE COMUNITA’ PASTORALE 6 CAMPANILI 2016

PRIMA COMUNIONE E CRESIMA 1. Antunez Kency 2. Armanasco Cristopher 3. Carnini Nicola 4. Colombo Emanuele 5. Colturi Dylan 6. Donatini Denny 7. Flati Greta 8. Foppoli Eva 9. Foppoli Mattia 10. Foppoli Patrick 11. Irroneo Renato 12. Mosconi Igor 13. Pozzi Eloisa 14. Ruggiu Niccolò 15. Sala Crist Ilaria 16. Salomoni Michela 17. Senini Lorenzo CRESIME 1. Astrelli Ginevra 2. Astrelli Morgana 3. Bona Samuele 4. Bonola Gabriele 5. Cella Francesca 6. Contessa Carlo 7. Da Prada Patrick 8. De Campo Francesca 9. Della Franca Andrea 10. Garbellini Sara 11. Giudice Matteo 12. Giudice Michela 13. Giumelli Gloria 14. Marchioni Andrea 15. Maroni Sara 16. Moratti Michele 17. Moratti Stefano 18. Moretti Andrea 19. Parigi Daniel 20. Patroni Francesco 21. Patroni Martina 22. Piuselli Davide 23. Piuselli Giulia 22. Rinaldi Asia 23. Rossatti Martina 26. Rastelli Martina 27. Tognolini Siria 28. Trinca Colonel Fabio 29. Visini Federico 30. Zampatti Stefano

MATRIMONI 1. Ficcioli Duilio Giuseppe e Murgolo Francesca 2. Irroneo Davide e Di Stefano Alessandra 3. Tramanzoli Gabriele e Senini Debora DEFUNTI 1. Andreola Egidio 2. Besseghini Stefano 3. Bombardieri Agostino 4. Canali Alberto 5. Caratti Natale 6. Cocetti Beatrice 7. Della Briotta Tarcisio 8. Delle Baite Agostino 9. Forzatti Laura Irene 10. Foppoli Caterina 11. Foppoli Margherita 12. Garavatti Marina 13. Giffalini Elisabetta 14. Massetti Mariarosa 15. Obkicher Giuseppina 16. Quadrio Rita 17. Pozzi Bernardino 18. Pozzi Caterina 19. Pozzi Giacomo 20. Pozzi Piera 21. Piuselli Stefano Giulio 22. Rinaldi Carla 23. Rinaldi Caterina 24. Rossi Guido 25. Saligari Cesare 26. Sertorelli Mario 27. Tomerini Virginia 28. Valmadre Elisabetta 29. Visinoni Luigi 30. Zanoli Bambina