il caso ilaria alpi

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I MISTERI D'ITALIA ALL'ESTERO La morte della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Magadiscio in Somalia.

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Page 1: Il caso Ilaria Alpi

I MISTERI D'ITALIA ALL'ESTERO

La morte della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Magadiscio in Somalia.

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Cosa avevano scoperto?

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Dove erano al momento della morte?L a g i o r n a l i s t a I l a r i a A l p i , accompagnata dal cameraman e traduttore Miran Hrovatin, nel 1994, s i t r o v a v a n o n e l l a c i t t à d i Magadiscio , in Somalia, per indagare su donazioni di denaro di organizzazioni umanitarie italiane destinate ai Paesi in via di sviluppo. Ma con la sua inchiesta era arrivata a scoprire un traffico di rifiuti tossici italiani nascosti nel corno d’Africa in cambio di armi e soldi assicurati ai poteri locali.

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Perché sono morti?Ilaria si crede abbia scoperto uno dei canali che vengono utilizzati per il traffico delle armi e per lo smaltimento di scorie radioattive da parte di società di vari Paesi, tra cui l'Italia, probabilmente passanti per i porti di Bosaso e di Merca. Gli scambi a v v e n i v a n o s u n a v i f o r n i t e d a l l a cooperazione italiana, sia per le armi che per fusti. A Bosaso Ilaria andò anche perché aveva visto e fotografato dei militari italiani, senza stellette e mostrine, che scaricavano fusti da alcune navi. E voleva sapere cosa contenevano.

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Perché c'erano dei fusti radioattivi?I paesi più ricchi producono numerosi rifiuti pericolosi tra cui grandi quantità di scorie nucleari. Esistono però norme molto severe e costose per lo smaltimento di questi, costi che vanno ovviamente sottratti agli utili dell’azienda. Ecco allora che queste ditte, soprattutto negli anni ’80 e ’90, organizzavano spedizioni di navi verso paesi poveri, i cui governi rilasciavano l’autorizzazione a scaricare i rifiuti sul loro territorio per cifre molto inferiori a quelle che avrebbero dovuto sborsare in patria. Si trattava in generale di paesi del vicino oriente, come il Libano, ma soprattutto di paesi africani come la Nigeria, la Sierra Leone, il Mozambico,la Somalia e l'Eritrea. Ilaria, con le sue ricerche, aveva scoperto alcuni di questi traffici.

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Cosa c'entra il governo italiano?L'Italia ha in queste tristi vicende un ruolo di primissimo piano, grazie anche alle sue n u m e r o s e “ i m p r e s e m a l a v i t o s e b e n organizzate” e ad un tradizionalmente morbido impatto della giustizia verso i reati ambientali. Eppure i segnali sono sempre stati chiarissimi. Non si può proprio dire che le autorità non ne sapessero niente, infatti tra il 1987 e il 1996 50 mila fusti è più di mille container di rifiuti speciali provenienti da tutta l'Europa sono stati trasportati dalle navi italiane in Africa donando ai governi armi e denaro.

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La strada dei misteri

Un'altra scoperta fatta da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è la possibilità che sotto la grande autostrada che collega le città di Garoe e di Bosaso, porto dove venivano scaricati i fusti radioattivi contenenti per lo più uranio impoverito, fossero stati interrati grandissime quantità di rifiuti. Oggi la presenza di rifiuti in questo luogo è confermata da numerosi studi e ricerche, tutte partite dal sacrificio della giornalista e del cameraman

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I misteri sulla loro morte

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Autopsia non disposta e bagagli violati

Subito al ritorno dei corpi in Italia ci furono delle controversie. Il pm di turno non dispose infatti l’autopsia sul corpo di Ilaria Alpi, ma solo un esame medico esterno, mentre a Trieste venne effettuata l’autopsia sul corpo di Miran Hrovatin. Secondo la prima perizia i due erano morti per dei colpi di fucile sparati da lontano. Inoltre due taccuini della Alpi, con gli appunti delle u l t i m e s e t t i m a n e , e a l c u n e d e l l e videocassette girate da Hrovatin non sono stati più ritrovati ed i bagagli arrivarono a Ciampino con i sigilli violati.

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La verità sugli spari

A maggio del 1996 il pm Giuseppe Pititto dispose la riesumazione della salma di Ilaria Alpi e l’autopsia. L’esito dell’esame diceva che il colpo di fucile fu sparato da lontano, ma i periti della famiglia Alpi erano di altro avviso. Il magistrato quindi nominò dei consulenti tecnici, i quali con una superperizia stabilirono che il colpo fu sparato a bruciapelo. Secondo i periti e i consulenti tecnici fu dunque una vera e propria esecuzione esecuzione, quindi un omicidio premeditato.

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Prove mai utilizzate

Non è mai stato chiarito, inoltre, perché la documentazione in mano al pm Luciano Tarditi non fu mai utilizzata nelle indagini sul duplice omicidio. Infatti un gruppo di investigatori specializzati i n d a g a v a d a a n n i s u l t r a f f i c o internazionale di r i f iut i toss ic i e radioattivi e sui possibili collegamenti con gli interessi italiani in Somalia. Ma questi documenti non furono mai utilizzati per la scoperta della verità poiché contenevano fatti e nomi, comprese le generalità di alcuni mercanti d’armi.

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Il caso Alpi-Hrovatin oggi

Il 10 luglio del 2007 la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del caso: nelle motivazioni il pm ha definito impossibile l’identificazione degli eventuali mandanti e degli altri responsabili dell’omicidio al di fuori di Omar Hasi Hassan ma alla fine 2013 la presidente della Camera Laura Boldrini ha avviato la desecretazione dei documenti d’inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi-Hrovatin, disponibili da maggio 2014. Riaprendo il caso è riscoprendo in parte la verità.

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Morti per la verità

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Di Cianfriglia Michele