il castello in sardegna, forma feudale e carattere curatoriale

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Il castello in Sardegna: forma feudale e carattere curatoriale 1.1. Il contesto storico politico sardo tra IX e XV secolo Per quanto concerne la storia della Sardegna medioevale abbiano poche testimonianze archeologiche e documentarie che ci possono aiutare a ricostruire una storia dettagliata che va dalla fine del tardo impero sino alle formazione dei giudicati. Il motivo di così poche ricerche e studi in merito, si deve principalmente ad un maggior sforzo da parte degli studiosi di concentrare le proprie energie su altre epoche, come quella nuragica o punico-romana. Per quel che riguarda l'epoca medioevale siamo ancora ad un livello di ricerca dal taglio antiquario artistico, pertanto non soggetto ai normali paramatri di ricerca scientifica che sono tipici della disciplina archeologica e storica. Solo recentemente c'è stata una "riscoperta" della Sardegna medioevale e ciò si evince anche dai recenti restauri della chiesa di San Michele a Cagliari oppure dal recupero del castello di Monreale vicino a San Gavino nel Campidanese. Non è pertanto semplice ricostruire la storia e datare la costruzione dei primi castelli. L'epoca della costruzione dei primi castelli in Sardegna si fa risalire al tempo dei Giudicati, ovvero il periodo tra il IX eil XV secolo in cui la Sardegna era divisa in quattro stati, la quale struttura governativa si rifaceva all'esperienza amministrativa bizantina, così divisi, il potere faceva capo a quattro città o regioni: Càlari, Arborea, Torres o Logudoro e Gallura. Non è nenche facile comprendere appieno il perché da una sommaria unità si passi alla divisione in quattro stati, questo per il sopracitato problema legato al reperimento delle fonti. Inoltre dei primi castelli ci è rimasto materialmente pochissimo e quindi non sappiamo niente di come si articolasse la struttura architettonica. Ma di fondamentale importanza per capire il ruolo del castello nel territorio sardo è il legame dei quattro giudicati con le reppubliche marinare di Pisa e Genova e al loro perpetuo scontro. Dagli "Annali pisani rifusi, arricchiti di molti fatti e seguitati fino all'anno 1839 " sappiamo che nel 1015 i Pisani e i Genovesi vennero in aiuto i sardi contro gli attacchi dell'arabo Mughaid e che da questo periodo incominciarono le ingerenze tra le due repubbliche marinare per imporre la propria egemonia sull'isola. La scampata invasione araba e la conseguente gratitudine dei Giudicati comportò che Pisa e Genova potessero avanzare dei ricatti/diritti di acquisizioni territoriali in Sardegna. Così la presenza, principalmente, dei Pisani, gli intrecci fra le casate nobliari pisane e giudicali portarono ad una massiccia presenza dei toscani in Sardegna, fino a portare sul trono i Pisani stessi . Da qui possiamo incominciare a far risalire la storia dei castelli sardi che furono costruiti principalemente su iniziativa di nobili pisani e genovesi, che a differenza delle casate giudicali, si configuravano piuttosto come feudatari latifondisti che si arrogavano il diritto di assumere a sè la maggior parte dei territori che potevano acquisire e amministrare secondo i tipici usi feudatari. Tra le casate principali ricordiamo i Malaspina, i Doria, i Donoratico Della Gherardesca, i Capraia e i Visconti. Questi si dividevano le attenzioni dei Giudici e speculavano sulla popolazioni con pesanti tasse e dazi, aggravando la situazione già di per se critica, considerando che l'economia era gestita per la maggior parte dalla fitta rete monastica benedettina oltre che da quella curatoriale.

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Piccolo scritto di ambito storico, artistico e geografico sull'incastellamento sardo. Excursus sui castelli fondati dai Della Gherardesca nella Sardegna meridionale

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Il castello in Sardegna: forma feudale e carattere curatoriale

1.1. Il contesto storico politico sardo tra IX e XV secolo

Per quanto concerne la storia della Sardegna medioevale abbiano poche testimonianze archeologiche e documentarie che ci possono aiutare a ricostruire una storia dettagliata che va dalla fine del tardo impero sino alle formazione dei giudicati. Il motivo di così poche ricerche e studi in merito, si deve principalmente ad un maggior sforzo da parte degli studiosi di concentrare le proprie energie su altre epoche, come quella nuragica o punico-romana. Per quel che riguarda l'epoca medioevale siamo ancora ad un livello di ricerca dal taglio antiquario artistico, pertanto non soggetto ai normali paramatri di ricerca scientifica che sono tipici della disciplina archeologica e storica.Solo recentemente c'è stata una "riscoperta" della Sardegna medioevale e ciò si evince anche dai recenti restauri della chiesa di San Michele a Cagliari oppure dal recupero del castello di Monreale vicino a San Gavino nel Campidanese.

Non è pertanto semplice ricostruire la storia e datare la costruzione dei primi castelli. L'epoca della costruzione dei primi castelli in Sardegna si fa risalire al tempo dei Giudicati, ovvero il periodo tra il IX eil XV secolo in cui la Sardegna era divisa in quattro stati, la quale struttura governativa si rifaceva all'esperienza amministrativa bizantina, così divisi, il potere faceva capo a quattro città o regioni: Càlari, Arborea, Torres o Logudoro e Gallura. Non è nenche facile comprendere appieno il perché da una sommaria unità si passi alla divisione in quattro stati, questo per il sopracitato problema legato al reperimento delle fonti. Inoltre dei primi castelli ci è rimasto materialmente pochissimo e quindi non sappiamo niente di come si articolasse la struttura architettonica.Ma di fondamentale importanza per capire il ruolo del castello nel territorio sardo è il legame dei quattro giudicati con le reppubliche marinare di Pisa e Genova e al loro perpetuo scontro. Dagli "Annali pisani rifusi, arricchiti di molti fatti e seguitati fino all'anno 1839" sappiamo che nel 1015 i Pisani e i Genovesi vennero in aiuto i sardi contro gli attacchi dell'arabo Mughaid e che da questo periodo incominciarono le ingerenze tra le due repubbliche marinare per imporre la propria egemonia sull'isola.La scampata invasione araba e la conseguente gratitudine dei Giudicati comportò che Pisa e Genova potessero avanzare dei ricatti/diritti di acquisizioni territoriali in Sardegna. Così la presenza, principalmente, dei Pisani, gli intrecci fra le casate nobliari pisane e giudicali portarono ad una massiccia presenza dei toscani in Sardegna, fino a portare sul trono i Pisani stessi .

Da qui possiamo incominciare a far risalire la storia dei castelli sardi che furono costruiti principalemente su iniziativa di nobili pisani e genovesi, che a differenza delle casate giudicali, si configuravano piuttosto come feudatari latifondisti che si arrogavano il diritto di assumere a sè la maggior parte dei territori che potevano acquisire e amministrare secondo i tipici usi feudatari. Tra le casate principali ricordiamo i Malaspina, i Doria, i Donoratico Della Gherardesca, i Capraia e i Visconti. Questi si dividevano le attenzioni dei Giudici e speculavano sulla popolazioni con pesanti tasse e dazi, aggravando la situazione già di per se critica, considerando che l'economia era gestita per la maggior parte dalla fitta rete monastica benedettina oltre che da quella curatoriale.

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1.2 La conformazione del territorio amministrativo sardo in Giudicati e curatorie

Si può pertanto affermare che la nascita dei castelli è legata principalmente all'affermarsi (o per lo meno al tentativo di imporsi) di una nuova classe sociale aristocratica, tipicamente italiana. Quindi il castello si inserisce come simbolo, come fulcro del potere unitario e accentratore di tutta la forza economica e politica, trainante di un vasto territorio. Questo territorio è organizzato interamente intorno al castello e alla figura del signore che lo gestisce e lo amministra donandolo a contadini e mezzadri. Attorno al castello nasce intorno all'anno mille tutta quella politica economica del feudalesimo che sarà la base economica fondante di tutto il Medioevo. E' però da notare come in Sardegna questo modello non si sia sviluppato appieno (o perlomeno solo successivamente), diversamente dal resto dell'Italia e dell'Europa. La risposta va ricercata nella struttura stessa dei preesistenti Giudicati.

Il territorio in epoca giudicale veniva amministrato da re o Giudici che non aveva un potere di tipo dispotico barbarico ma al contrario governava sulla base di un patto con il popolo, il bannus consensus, venuto meno il quale, il Giudice poteva essere detronizzato e talvolta anche ucciso. I Giudicati avevano anche la summa potestas e pertanto potevano stipulare trattati internazionali. Ma sopratutto non erano Stati patrimoniali, di

proprietà del Giudice ma bensì superindividuali, cioè il popolo poteva espriemere la sovranità attraverso lo strumento del voto con forme pressoché semidemocratiche e particolarmente moderne, se dovessimo paragonarle agli stati feudatari italici ed europei.

La Sardegna ha perpetuato modelli romani e bizantini, da qui l'impossibilità di creare uno stato di matrice feudataria. La classe sociale sarda che detiene il potere è costituita da quegli stessi potenziores, che anticamente erano i senatores e il territorio era diviso in curatorie, ma queste non diventavano come le contee dei feudi, cioè ereditarie: esse infatti erano affidate a curatores che venivano eletti ogni due anni. La curatoria era la principale cellula amministrativa, ellettorale, giudiziaria e fiscale. Constava di diverse decine di villaggi e il curatores a sua volta nominava un majore che aveva poteri fiscali, giudiziari e di sicurezza. L'estensione delle curatorie era inversamente proporzionata alla loro densità di popolazione ed era legata alla prodittività agricola, sostenendo un maggior numero di abitanti, mentre le zone meno adatte all'agricoltura doveva sostenersi con la pastorizia. Questo sistema, che verrà sostituito, come vedremo più avanti, con il feudalesimo aragonese, garantiva un efficiente controllo amministrativo e politico. E' da sottolineare come la suddivisione delle odierne province sarde ricalchi in qualche modo le antiche curatorie giudicali, e addirittura le antiche zone di influenza delle tribù nuragiche. Ne deduciamo che solo nel momento in cui le casate giudicali si uniscono alle casate pisane per poi sostituirle del tutto che si moltiplicherà le costruzioni di castelli.

1.3 La morfologia del castello sardo-pisano e il successivo modello aragoneseQuesto non vuol dire che prima dell'avvento del potere pisano e genovese non ci fossero fortificazioni e castelli. Gli antichissimi complessi nuragici erano sotto gli occhi di tutti e spesso i materiali nuragici venivano reimpiegati per ricostruire fortezze e mura di edifici imporanti. Però è bene osservare come i Pisani e i Genovesi introdussero una nuova tipologia di edificio fortificato. Ma dove si inseriva nel contesto territoriale? Sorgeva principalmente lungo le frontiere dei Giudicati o a guardia delle strade e dei fiumi navigabili. Questi sono castelli generalmente fortificati

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in zone sopraelevate, a guardia di guadi o di importanti strade, sopratutto lungo le antiche strade romane. Erano piccoli ed edificati con pietre non lavorate, irregolari e disposte orizzontalmente. Avevano una o più torri e ambienti angusti. La fortificazione era cinta da alte mura, costruite a secco per resistere meglio agli attacchi degli invasori. Erano generalmente provvisti anchedi un fossato e di un ponte levatoio. Da questi elementi possimo dedurne il carattere tipicamente militare del castello sardo, avamposti di frontiera, un esempio tipico è il castello di Acquafredda voluto dal conte Ugolino della Gherardesca. Dal XIII secolo abbiamo invece un maggiore sforzo costruttivo: si ergono mura più lunghe e imponenti come quelle di Iglesias, Cagliari e Oristano che verrano ornate poi da imponenti torri.

Ma nel momento in cui finalmente sembra delinearsi un disinteresse politico da parte dei Pisani e dei Genevosi, forse stremati dalle continue battaglie per accapparsarsi la Sardegna, ecco che si affaccia un'altra potenza: la Corona d'Aragona. Coinvolta nella guerra del Vespro a intralciare i progetti del papa Bonifacio VIII. Dopo diverse vicessitudini, l'ultimo giudice, Ugone II rompe i rapporti politici sia con i Pisani che con i Genovesi e invita gli Aragonesi a riconquistare i tre giudicati che erano sotto il dominio pisano. Gli Aragonesi porteranno nell'isola il sistema feudale e i castelli che edificheranno saranno funzionali alla loro struttura sociale, pertanto serviranno principalmente per ospitare il feudatario e la sua famiglia, come nel caso del castello di Sanluri o quello di Laconi. L'incidenza sul territorio sarà molto più importante rispetto a quelli pisani, che ricordiamo avevano sostanzialmente natura militare. Ma quanti sono i castelli Aragonesi? La studiosa Barbara Fois, riprendendo gli studi già iniziati dal padre, attraverso ricerche su materiale grafico e fotografico ne ha contati, di quelli rilevabili topograficamente, 53. Non ha preso invece in

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considerazione quelli citati in antichi documenti o di cui si ha solo menzione perché ovviamente non di facile localizzazione. Importate è stata anche la toponomastica, da sempre strumento fondamentale di ricerca sia per gli archeologi sia per i medievisti.

1.4 Il castello di Acquafredda e il castello di Salvaterra a Iglesias

Nel capoluogo del giudicato di Càlari, l'odierna Cagliari, c'era già dal XII secolo una notevole colonia pisana presso la località di Bagnaria, questa zona territoriale divenne pian piano zona di influenza pisana. Il castello di Acquafredda fu della famiglia dei Donoratico Della Gherardesca, quando con le altre famiglie si spartirono il giudicato di Càlari. Si erge, visto la sua funzione militare su un cono vulcanico, a quota 154 metri, a pochi chilometri di distanza della cittadina di Siliqua, con il suo mastio si imponeva a guardia di tutta la valle del Cixerri. Sebbene i documenti facciano risalire la sua costruzione a Ugolino della Gherardesca, che difatti ne attestano la proprietà dal 1257 è bene precisare che la struttura principale sia della seconda metà del XIII secolo, il castello viene infatti citato in una bolla papale già nel 1215. Nel 1326 cadde nelle mani della Corona d'Aragona fino al 1410 quando poi passa d'ora in avanti a diverse famiglie feudatarie, finché nel 1785 non venne riscattato dal re di Sardegna Vittorio Amedeo.

La struttura fortificata consta di tre livelli che sfruttano la parete rocciosa del cono vulcanico. Era difesa da tre torri, che possiamo solo ricostruire attraverso modellini e piante d'epoca. Oggi infatti del castello restano solo poche mura che assieme al monte creano un unicum con il paesaggio naturale. L'accesso al mastio era ubicato in posizione nord-est. Le tre torri e la cinta muraria merlata erano collegate e rappresentavano il suo sistema difensivo, erano lunghe 80 metri. All'interno delle mura, quindi al primo livello c'era il borgo, dove viveva la popolazione, cuore pulsante della vita economica e commerciale. Più in alto, a quota 253 metri, si ergeva il mastio, il castello vero e proprio, dove dimorava il signore con la sua famiglia e la sua corte. Si poteva accedere dal primo livello al secondo grazie ad un ponte levatoio, che conduceva direttamente in uno spiazzo, nel quale erano disposti a U i vari ambienti della corte, che

comunque visto il carattere difensivo del castello rimangono piuttosto spartani. Al di sopra c'era il terzo livello dove un largo terrazzo si appostavano le vedette, era anche provvista di feritoie e probabilmente svolgeva anche la funzione di deposito d' armi. La terrazza era inoltre ornata da merli a forma guelfa.

Il castello è stato un imporante avamposto militare in quanto si poneva in posizione strategica tra la Sardegna sud-occidentale che aveva il suo centro principale a Iglesias e la zona del Campidano,

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controllata da Càlari. Ugolino Della Gherardesca, dopo la caduta del Giudicato di Càlari, aveva ottenuto proprio questa zona sud-occidentale (già provincia di Carbonia-Iglesias dal 2008 e oggi di nuovo assimilata alla provincia di Cagliari), di grande importanza non tanto per la grandezza del territorio ma per le ricche miniere d' argento, zinco e piombo che fecero la fortuna di questa zona fino alla fine del secolo scorso, e che di fatto furono una fonte inesauribile di richhezze anche per Pisa. Proprio a Iglesias il conte Ugolino aveva un'altra residenza, il castello di Salvaterra, che idealmente era collegato a quello di Acquafredda da questi importanti traffici minerari. Ugolino Della Gherardesca poi caduto in disgrazia morì nel 1288 improgionato nella Torre della Fame.

Anche il castello si Salvaterra di Iglesias ha sia carattere offensivo come quello di Acquafredda, ma anche amministrativo e residenziale, all'epoca della dominazione della Repubblica Pisana si chiamava San Guantino, poi dopo la ricostuzione fu rinominato castello di Salvaterra, dal colle su cui si erge. Questa posizione garantiva quindi grande controllo miltare su tutta la città e permetteva anche di poter osservae l'arrivo di eserciti nemici e invasori. La sua collocazione garantisce non solo un grande potere difensivo e offensivo allo stesso tempo ma era anche di facile gestione in quanto poteva essere controllato tranquillamente anche da un piccolo manipolo di soldati. Purtroppo le fonti per una ricostruzione storica del castello sono veramente poche, è assai difficoltoso risalire con certezza alla data di fondazione del castello di Salvaterra. E' verosimile che al contrario del castello di Acquafredda che già esisteva prima della dominazione pisana, quello di Villa di Chiesa fu fatto costruire per volontà di Ugolino Della Gherardesca nel 1258, signore del Sigesto, attualmente chiamato Cixerri. Per capire però quale fosse l'importanza del castello per Iglesias bisogna prendere in considerazione alcuni fatti storici: Nel 1257 i Pisani nella battglia di Santa Gilla contro i Genovesi, mettono in fuga l'ultimo giudice di Càlari, Guglielmo. La Sardegna meridionale così passa sotto il controllo dei toscani, successivamente il territorio del Cagliaritano, del Sulcis e del Cixerri viene diviso tra le famiglie dei Capraia, dei Visconti ed infine dei Della

Gherardesca. Lo stesso territorio di proprietà dei Della Gherardesca viene diviso tra i due fratelli Ugolino (Sigerro) e Gherardo (Sulcis).Il Sigerro è un territorio ricco di giacimenti minerari, conosciuto già in epoca romana. Da qui incomincia lo sfuttamento toscano di questa zona che prende il via dalla ricostruzione e dall'ampliamento di Villa di Chiesa, oggi Iglesias, che rappresentava il centro più importante di estrazione dell'argento. Oltre all'arrichimento dei Della Gherardesca, Iglesias

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diventa un centro di attrattiva economica anche per altri signori della Terra Manna, termine che indicava l'Italia, che portano nella città una vivace e un movimentato fermanto culturale ed economico. Dopo il 1284, dopo il fallimento dei Della Gherardesca, la repubblica di Pisa incominciò a nominare dei podestà con il compito di amministrare il territorio, cercando di porsi come continuatori della fortuna economica che era incominciata con la famiglia Della Gherardesca. Il castello di Salvaterra era così diventato anche il palazzo amministrativo e qui vi abitarono anche i due figli di Ugolino, che erano scampati alla miseria del padre e cercavano di riscattarsi con l'aiuto di Genova contro la Repubblica pisana. Dopo la presa dei Della Gherardesca di Villa di Chiesa, non solo si costruì un castello che aveva funzioni residenziali, ma come detto prima anche amministrativo, la stessa Iglesias venne divisa in quattro contrade: Santa Chiara, di Mezzo, Fontana e Castello. Proprio da questo ultimo quartiere si ergeva il castello.Il castello si trovava in un'area di 1764 metri quadrati, ai quali si devono aggiungere tutti gli edifici di carattere militare che generalemente sorgono attorno ad una fortificazione di tale importanza: le caserme, che potevano ospitare un numero non esiguo di soldati. A settentrione del castello c'era la porta principale, a diciasette metri di distanza vi era il fossato che circondava tutta la fortificazione e che seguiva il corso delle mura che percorrevano la città, fortunatamente si possono ammirare ancora oggi. All'interno del castello c'era anche una torre di avvistamento e una cappella dedicata a Sant' Apollonia.Ancora oggi il tessuto topografico della città ha origine dal centro storico che ha le sue fondamenta nell' insediamento prima pisano e poi quello aragonese. Da un disegno del 1358 possiamo comprenderne la planimetria che constava in una pianta quadrangolare con due torrioni quadrangolari.

Conclusioni

Oggi, per quanto riguarda il castello di Acquafredda non ci rimangono che pochi ruderi, sia per incuria sia per il reimpiego, come già successo per i megalitici nuraghi, dei materiali per la costruzione di altri edifici. Come già esposto sopra, la fortuna dei castelli pisani finì proprio con l'arrivo della Corona d'Aragona, che con il suo dominio comporterà l'introduzione di nuove tipologie di castello, quello della residenza del Signore e l'introduzione del feudalesimo.

Perché la scelta di entrambi i castelli? La risposta sta fondamentalmente nello stretto rapporto che intercorreva tra i due tipi di fortificazioni, e non solo perché entrmbi sono castelli, precedentemente ho specificato che hanno comunque funzioni e tipologie strutturali diverse, quindi valeva la pena prendere sotto esame due tipologie differenti, anche per la particolare stuttura amministrativa sarda sia prima che dopo l' occupazione toscana. Ma sopratutto perché appartengono ad un momento cruciale, di svolta, per la storia della Sardegna, il cambianto da stuttura di tipo bizantino a quello feudale. Ma fanno parte anche della storia di una grande famiglia, quella dei Della Gherardesca e non meno importante ciò che hanno comportato: l'impulso economico e sociale: Iglesias in questo periodo diviene Città Regia al pari della prima città sarda, Cagliari; diviene centro politico di stampo prettamente toscano, acquisisce per davvero la lezione pisana. Incrementa i suoi traffici e sicuramente Salvaterra e Acquafredda rappresentavano le tappe obbligate per quanto concerne i traffici commerciali della Sardegna Meridionale per non dire dell'intera isola, senza contare tutte le famiglie signorili che attraeva grazie alle sue miniere. Per la prima volta nella storia, e purtoppo forse per l'ultima volta (l'ultima grande ripresa economica del Sulcis Iglesiente ci sarà con il ventennio fascista e la fondazione della città di Carbonia), la zona territoriale sud-occidentale della Sardegna conosceva grandi traffici commerciali che si aprivano non solo agli altri territori della Sardegna, ecco il motivo del castello di Acquafredda che domina sul Cixerri, piana che si pone come punto di incrocio con altre due province, ma anche con l'Italia (di cui ha anche conosciuto l'amministrazione e dove si inserisce l'importanza del castello di

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Salvaterra) e poco dopo con la Spagna degli Aragonesi.