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L’ITIN HERA RIO INVISIBILE 1 IL CICLO IDRICO Materiali di approfondimento_ CAPITOLO 1

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L ’ I T I N H E R A R I O I N V I S I B I L E

1

IL CICLO IDRICO

Materiali di approfondimento_ CAPITOLO 1

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Indice

Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo

Origine dell’acqua – che cosa è l’acqua 3

Le proprietà dell’acqua 4

I cambiamenti di stato dell’acqua 6

Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua 6

Classificazione delle acque naturali 8

L’acqua, elemento essenziale per la vita 8

Gli ecosistemi acquatici 9

Il ciclo dell’acqua 13

Sviluppo sostenibile 15

Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo 17

Agenda 21 21

I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo 22

Normativa Comunitaria sulle acque 22

Normativa Nazionale sulle acque 23

Legislazione Regionale Emilia Romagna 24

Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili) 24

Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano 24

Normativa di riferimento delle acque naturali minerali 25

Riferimenti bibliografici e web 27

L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Idrico – Materiali di approfondimento © tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Cristina Salvigni e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Melania Ghetti e Chiara Tiozzi per Atlantide

Aggiornamenti realizzati da: Giovanna Di Ciuccio per Anima Mundi

Supervisione testi: Chiara Barausse / Divisione Distribuzione Fluidi Hera S.p.A.; Alberto Ceccaroni / Hera Forlì Cesena; Davide Lombardi / Divisione Reti Hera S.p.A.; Fabrizio Stefanini / Hera Imola Faenza; Francesca Romani, Giuseppe Finelli/Hera Modena; Imerio Pirazzini / Hera Ravenna; Valeria Rosati, Mirco Boschetti, Mauro Di Domenico / Hera Rimini; Stefania Santacroce / Relazioni Esterne Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Daniele Vignatelli per Anima Mundi Impaginazione: Alessandra Gariup e Sandra Vandelli per Anima Mundi Edizione ottobre 2014

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Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo

Origine dell’acqua

Secondo teorie piuttosto recenti, tutta l’acqua che è presente sulla Terra, si sarebbe formata alcuni miliardi di

anni fa.

Tutta la superficie terrestre, durante le ere primordiali, fu interessata da intensi e continui fenomeni vulcanici,

che riversavano in superficie, oltre alla lava, anche grandi masse di gas ed immense nubi di vapore acqueo.

Grazie al lento e continuo raffreddamento dell’atmosfera e della crosta terrestre, il vapore acqueo poté

condensarsi ed accumularsi nelle depressioni della terraferma, dando origine agli oceani primordiali, dove

successivamente presero forma le prime aggregazioni assimilabili a strutture viventi. In conseguenza a questo

fatto l’acqua viene considerata la chiave della vita.

La Terra può essere considerata un elemento molto simile ad un sistema chiuso: questo significa che non

acquista e non perde materia, inclusa l’acqua. E’ quindi possibile applicare a questo elemento la famosa frase

del padre della chimica moderna e filosofo francese Lavoisier: “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si

trasforma”. Quindi l’acqua originatasi sulla Terra nelle ere remote è la stessa (salvo piccoli nuovi quantitativi

prodotti durante le eruzioni vulcaniche) che ritroviamo oggi sul nostro pianeta; essa, durante il trascorrere dei

secoli, è stata solo oggetto di un totale ed ininterrotto riciclaggio.

Quella di oggi, perciò, è la stessa acqua che vide nascere le prime civiltà umane ed è la stessa acqua che

lasceremo in eredità a coloro che verranno dopo di noi.

Che cosa è l’acqua

Aristotele (384 a.C – 322 a.C.) sosteneva che la materia fosse formata dall’interazione di quattro elementi:

terra, aria, acqua e fuoco.

La convinzione che l’acqua fosse un elemento indivisibile si protrasse fino al 1700, quando gli scienziati

Lavoisier e Cavendish scoprirono che questa sostanza è formata in realtà da due costituenti: idrogeno e

ossigeno.

La molecola d’acqua ha una struttura molto semplice, formata da due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno: la

sua formula elementare è H2O.

Come è ben noto, gli atomi sono legati fra loro tramite forze dette “legami”: è come se un atomo di ossigeno

legasse a sé, con una specie di filo immaginario, un atomo di idrogeno da una parte ed un altro atomo di

idrogeno dall’altra. I moderni strumenti di oggi consentono di misurare con grande precisione sia la distanza

fra ciascun atomo di idrogeno e quello di ossigeno (poco meno di 100 picometri, cioè 100 miliardesimi di

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millimetro), sia il modo in cui gli atomi di idrogeno-ossigeno-idrogeno sono disposti nello spazio, che ricorda

una V con un angolo di circa 105°.

Struttura molecola acqua Modello generato al computer di una molecola d'acqua

Dato che l'ossigeno ha una elettronegatività maggiore, il vertice della molecola ospita una parziale carica

elettrica negativa, mentre le estremità recano una parziale carica elettrica positiva. Una molecola che presenta

questo squilibrio di cariche elettriche è detta essere un dipolo elettrico. Le cariche fanno sì che le molecole

vengano attratte reciprocamente l'una all'altra: ciò significa che ciascun atomo di idrogeno è legato non solo

con un “filo” all’atomo di ossigeno della sua molecola, ma è legato anche con gli atomi di ossigeno delle

molecole di acqua adiacenti, con fili più sottili e lunghi. Si forma, in tal modo, una sorta di macromolecola

formata da numerosi legami. Molte molecole tenute assieme da tali legami formano un insieme di molecole

che possono ruotare tra di loro attorno ai legami, determinando in tal modo varie configurazioni nello spazio

dell'insieme molecolare dell'acqua. Si capisce pertanto che tra i possibili arrangiamenti dei legami nello spazio,

quella disposizione che lascia più vuoti intramolecolari, corrisponde alla configurazione meno densa che è

quella propria del ghiaccio. Questa attrazione nell'acqua è particolarmente intensa, prende il nome di “legame

idrogeno” e spiega molte delle proprietà fisiche tipiche dell'acqua.

Le proprietà dell’acqua

L'acqua è l'unica sostanza che a temperatura e pressione dell'ambiente si presenta in tutti e tre gli stati fisici:

Solido, Liquido, Gassoso.

L’acqua allo stato liquido presenta diverse anomalie: punto di ebollizione molto alto; volume molare piuttosto

basso; calore specifico alto con un minimo a 35 °C; viscosità che presenta un minimo alle alte pressioni;

notevole aumento di volume nel congelamento; un massimo della massa volumica che indica la presenza, al

di sotto della corrispondente temperatura, di uno stato liquido che in modo anomalo all'aumentare della

temperatura si contrae. Per spiegare queste anomalie si tende ad ammettere che l'organizzazione cristallina,

dovuta nel ghiaccio ai legami idrogeno, sussista ancora nell'acqua liquida, costituendo un edificio

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macromolecolare lacunare con legami interni mobili che diminuiscono di numero all'aumentare delle

temperature e che formano un insieme di agglomerati polimerici a grappolo in equilibrio dinamico, e di

molecole libere o legate in catene o in anelli.

A differenza di ogni altro composto chimico conosciuto, l’acqua non raggiunge la massima densità a 0°C

quando solidifica, ma bensì alla temperatura di 4°C, quando si trova ancora allo stato liquido.

Quando una certa massa d’acqua viene raffreddata fino a 4°C, essa si comporta in modo del tutto normale,

dato che le sue molecole si avvicinano una all’altra riducendo gli spazi intermolecolari e in conseguenza a ciò

la sua densità aumenta ed il volume diminuisce. Ma se si continua ad abbassare ulteriormente la temperatura,

le molecole, invece di serrare ancora di più le fila, ricominciano ad allontanarsi. La struttura cristallina del

ghiaccio risulta quindi essere molto leggera, perché nel suo interno vi sono molti spazi vuoti.

Per questa sua caratteristica, il ghiaccio è più leggero dell’acqua ed è in grado di galleggiare, così come

accade nelle zone polari, dove vere e proprie montagne di ghiaccio fluttuano e galleggiano sulla superficie del

mare.

Questa insolita espansione dell’acqua a basse temperature costituisce un vantaggio importante per tutte le

creature che vivono in ambienti di acqua dolce d'inverno. L'acqua, raffreddandosi in superficie, aumenta di

densità e scende verso il fondo innescando correnti convettive che raffreddano uniformemente l'intero bacino.

Quando la temperatura in superficie scende sotto i 4 °C questo processo si arresta; e per la spinta di

Archimede, l'acqua più fredda rimane in superficie, dove forma poi, con un ulteriore calo della temperatura,

uno strato di ghiaccio. Se l'acqua non avesse questa particolarità, i laghi ghiaccerebbero interamente, facendo

morire tutte le forme di vita presenti.

La situazione delle acque marine è in qualche modo diversa. Il sale contenuto nell’acqua abbassa sia il punto

di congelamento dell'acqua di circa 2 C, sia la temperatura cui l'acqua raggiunge la sua massima densità fino

a circa 0°C. Quindi, nelle acque oceaniche i moti convettivi che portano verso il fondo l'acqua più fredda non

sono bloccati dalla differenza di densità come nelle acque dolci. Le creature che vivono sul fondo degli oceani

artici sono adattate a vivere a temperature prossime a 0°C.

Alla normale salinità dell’acqua di mare l’acqua congela a circa -1,9°C. Il ghiaccio che si forma è

sostanzialmente privo di sale e ha densità paragonabile a quella del ghiaccio di acqua dolce. Questo ghiaccio

galleggia sulla superficie, mentre il sale che ne è stato "espulso" va ad aumentare salinità e densità dell’acqua

vicina, la quale scende per convezione verso il fondo.

L’acqua però, aumenta di volume anche quando passa allo stato di vapore. A questa forte espansione

dell’acqua è dovuta la possibilità di usare il vapore acqueo come forza motrice in tutte le macchine termiche,

come quelle che alimentano le centrali elettriche.

La massa volumica del vapore acqueo è, a parità di temperatura, circa due terzi rispetto a quella dell’aria e

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quindi il vapore acqueo più leggero tende a salire negli strati alti dell’atmosfera.

I cambiamenti di stato dell’acqua

Come avviene per tutti i corpi, anche per l’acqua il passaggio da uno stato fisico all’altro (da ghiaccio a liquido,

da liquido a gas, e viceversa) comporta uno scambio di energia. Tale energia si chiama “calore latente” (cioè

nascosto dentro ciascuna molecola) di fusione o di solidificazione e non è altro che la quantità di energia

corrispondente alla transizione dallo stato solido a quello liquido e viceversa. Il calore latente di fusione a 0°C

è di 0,23 megajoule per chilogrammo e questo significa che occorre fornire questo calore ad un chilogrammo

di ghiaccio perché si trasformi in acqua liquida. La stessa quantità di energia deve essere sottratta, mediante

raffreddamento, per trasformare un Kg di acqua liquida in ghiaccio.

Il calore latente di evaporazione o condensazione è quello coinvolto nelle trasformazioni da liquido a vapore e

viceversa. Il calore latente di evaporazione (o di condensazione) dell’acqua a 100°C è di 2,26 MJ/Kg.

Il calore latente di evaporazione varia a seconda della temperatura a cui l’evaporazione ha luogo. Come è ben

noto, se si lascia dell’acqua su una vasta superficie, l’acqua passa allo stato di vapore anche a pochi gradi di

temperatura, se l’aria è capace di accogliere del vapore acqueo.

A ciascuna temperatura l’aria è capace di contenere allo stato di vapore soltanto una certa quantità

d’acqua;quando l’aria contiene la massima quantità possibile di vapore acqueo si dice che l’aria è “satura” di

acqua, o satura di umidità.

L’acqua è una delle sostanze con più elevato calore latente di evaporazione.

Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua

Grazie ad un’altra sua proprietà fisica, l’acqua è capace di assorbire o cedere molto calore senza che la sua

temperatura cambi velocemente. Perciò, il nostro organismo, essendo costituito per oltre il 70% di acqua, può

passare da un ambiente freddo ad uno caldo senza che la nostra temperatura corporea cambi

considerevolmente.

Per la stessa ragione le acque del mare o di un lago funzionano come veri e propri “ volani termici”: d’estate,

pur assorbendo calore, rimangono più fresche rispetto alle terre emerse, mentre d’inverno cedono il calore

assorbito durante la bella stagione alle zone costiere. Ciò contribuisce a mitigare il clima delle regioni che si

trovano affacciate sul mare o su acque lacustri.

L’acqua possiede un’elevata tensione superficiale, osservabile tramite la formazione di gocce: tale forma

sferica corrisponde al massimo grado di aderenza “interna” degli atomi di idrogeno e di ossigeno e al massimo

grado di repulsione verso le molecole esterne. Un esempio è il trasporto dell'acqua negli xilemi degli steli delle

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piante; la tensione superficiale mantiene la colonna d'acqua unita e forze adesive mantengono l'acqua

aderente allo xilema. Colonne altrettanto alte e sottili di liquidi meno coesi e meno aderenti andrebbero a

spezzarsi formando sacche d'aria o di vapore, rendendo inefficiente fino all'impossibilità il trasporto del liquido

attraverso lo xilema (insieme di tessuti vegetali presenti nelle piante vascolari ed adibito al trasporto dell’acqua

e dei soluti in essa disciolti).

Tramite un processo chiamato elettrolisi, l’acqua può essere scomposta nei suoi componenti elementari,

l’idrogeno e l’ossigeno. L'acqua è infatti parzialmente dissociata in ioni H+ e OH-, che migrano verso i due poli

della cella elettrolitica dove avvengono le seguenti reazioni:

anodo (+): 4 OH- → O2 + 2 H2O + 4 e-

catodo (-): 2 H+ + 2 e− → H2

ossigeno ed idrogeno formano bolle di gas sulla superficie degli elettrodi, da cui possono essere raccolti.

In teoria il pH dell’acqua pura a 25°C è 7. In pratica, date le sue buone capacità solventi, l’acqua pura è

difficile da produrre. Per semplice esposizione all'aria, l'acqua ne dissolve l'anidride carbonica formando una

soluzione molto diluita di acido carbonico che può arrivare fino ad un valore di pH di 5,7. Similmente si

comportano le gocce di pioggia, che quindi hanno sempre una minima acidità. La presenza di ossidi di zolfo o

di azoto nell'atmosfera, tramite la loro dissoluzione nelle gocce di pioggia, porta a piogge acide aventi valori di

pH ben inferiori (3,5 – 2,5) i cui effetti sull’ambiente sono ben più seri.

L’acqua pura è un buon isolante elettrico (cioè un cattivo conduttore). Ma essendo anche un buon solvente,

dato che riesce a portare in soluzione un’enorme quantità di sostanze, siano esse allo stato liquido, solido o

gassoso, spesso reca in sé tracce di sali disciolti in essa, che con i loro ioni la rendono un buon conduttore di

elettricità. In conseguenza a ciò è molto difficile trovare l’acqua allo stato puro.

Quando un composto ionico o polare viene messo in acqua, viene circondato dalle molecole di acqua le quali,

per via delle loro piccole dimensioni, si inseriscono tra uno ione e l'altro o tra una molecola e l'altra di soluto

orientandosi in modo da presentare ad ogni ione (o estremità polare) del soluto la parte di sé che reca la

carica opposta; questo indebolisce l'attrazione tra gli ioni (o tra le molecole polari) e rompe la struttura

cristallina. Ogni ione (o ogni molecola polare) si ritrova quindi solvatato, cioè circondato completamente da

molecole d’acqua.

L’acqua, tra le varie cose, chimicamente è considerata essere un anfotero, cioè un composto capace di

comportarsi sia da acido che da base.

A pH 7 (neutralità) la concentrazione di ioni idrossido OH- è uguale a quella di ioni idrogeno H+ (o idronio

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H3O+). Se questo equilibrio viene alterato si presentano due casi possibili: quando è maggiore la

concentrazione di ioni idrogeno la soluzione diventa acida, quando è maggiore la concentrazione degli ioni

idrossido la soluzione diventa basica.

Secondo la teoria di Bronsted-Lowry, un acido è una specie chimica capace di donare uno ione H+ ed una

base è una specie chimica capace di addizionarlo a sé. In presenza di un acido più forte di lei, l'acqua si

comporta da base, in presenza di un acido più debole di lei, l'acqua si comporta da acido.

Classificazione delle acque naturali

Le acque naturali a seconda della loro provenienza si classificano in:

meteoriche: sono rappresentate da piogge e nevi, notevoli come fonte di approvvigionamento, ma

considerate scarsamente potabili, perché povere di sali e ricche di gas disciolti e non sempre

igienicamente sicure, soprattutto se hanno attraversato strati di atmosfera inquinata.

superficiali: sono acque che possono essere dolci o salate. Le prime spesso vengono usate per

l’approvvigionamento idrico, ma richiedono notevoli e costosi trattamenti di potabilizzazione. Le acque

marine, invece, solo in casi eccezionali sono utilizzabili, dato l’altissimo costo di potabilizzazione.

telluriche: sono acque che provengono da falde freatiche o artesiane. Queste ultime (le più profonde)

sono qualitativamente migliori, perché prima di emergere hanno percorso diversi strati di terreno che

le hanno purificate. Le falde freatiche, invece, sono più superficiali, di conseguenza i processi di

autodepurazione dell’acqua non sono sempre garantiti.

L’acqua, elemento essenziale per la vita

Come già detto in precedenza, l’acqua è un elemento estremamente importante per tutti gli esseri viventi

(compreso l’uomo), dato che questi sono costituiti in gran parte di acqua.

Gli esseri viventi primitivi sono formati da piccole cellule, chiuse dentro una membrana, nella quale la

percentuale dell’acqua è oltre il 98%; i primi animali probabilmente erano simili alle attuali meduse, la cui

composizione è di circa il 95% di acqua. Anche le piante presentano un’elevata percentuale di acqua nella loro

costituzione (in media l’80%) ed i mammiferi (uomo compreso) hanno una composizione media nella quale

l’acqua è circa il 70%.

Inoltre moltissime specie uni o pluricellulari trascorrono nei corpi d’acqua tutto il loro ciclo vitale, trovandovi

nutrimento e protezione, mentre per gli organismi terrestri spesso l’acqua risulta essere il massimo fattore

limitante proprio per la necessità di reperirla.

Anche l’essere umano necessita dell’acqua sia per le sue funzioni vitali, sia per le sue attività; essa

rappresenta una risorsa indispensabile per usi che vanno da quello potabile all’irriguo, da quello civile

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all’industriale, dal ricreativo alla pesca e alla navigazione.

Quindi l’acqua risulta essere una risorsa di enorme importanza. Con la parola risorsa noi indichiamo tutto

quello che può essere utilizzato per ottenere un risultato vantaggioso o per risolvere un problema.

L’acqua è una delle risorse più preziose presenti sul nostro Pianeta, ma oramai anche una delle più rare e

questo perché l’uomo non ha compreso a fondo che la quantità di acqua non è infinita, ma solo rinnovabile e

quindi, per definizione, sempre disponibile purché la velocità di prelievo non superi la velocità di riproduzione e

crescita della risorsa stessa.

L’acqua si rinnova continuamente attraverso il suo ciclo naturale, ma l’incuria e la superficialità umana lo

hanno distorto ed inquinato. Diventa sempre più impellente la necessità di rendersi conto che la crescente

scarsità delle risorse idriche e l’uso improprio che ne viene ancora oggi fatto, rendono alquanto difficile uno

sviluppo sostenibile a livello globale.

Gli ecosistemi acquatici

L’ecosistema è una unità complessa, funzionale e fondamentale della biosfera, costituita da un determinato

ambiente fisico-chimico (detto biotopo) e da tutti gli organismi, sia vegetali che animali, che lo popolano

interagendo tra di loro (biocenosi) e con l’ambiente stesso. L’ecosistema è la risultante dinamica tra il biotopo

e la biocenosi che lo popola. Più semplicemente si può definire come “l’insieme degli esseri viventi e dei fattori

ambientali che interagiscono n una data area dalle caratteristiche ben definite”.

In questo lavoro vengono presi in considerazione gli ecosistemi acquatici.

Il Fiume

Il fiume è un ecosistema complesso, caratterizzato da una forte dinamica evolutiva, dovuta all’azione di

modellamento delle acque correnti, condizionato da fattori quali il bilancio idrico, il regime idraulico e

pluviometereologico dell’area geografica. Il fiume è anche e soprattutto un’unità biologica, un vettore di vita, in

quanto è un ambiente dove convivono comunità di vegetali ed animali costituite da batteri, alghe, protozoi,

larve di insetti, crostacei, molluschi, pesci,…. che nascono, si nutrono, si riproducono e muoiono nell’acqua.

All’interno di questo ambiente, come negli altri ecosistemi, gli organismi viventi si suddividono in produttori,

consumatori e decompositori, dando vita alla catena alimentare.

In questo ecosistema, per quanto riguarda la catena alimentare, i produttori (alghe e piante acquatiche che

effettuano la fotosintesi clorofilliana) risultano essere molto meno importanti di quelli tipici degli altri ambienti

acquatici, come ad esempio il mare o il lago, dove i produttori rappresentano la fonte primaria del nutrimento

di tutti gli organismi consumatori. Questo avviene perché nei fiumi la forza trascinante delle correnti impedisce

l’esistenza del plancton (esseri microscopici sospesi nell’acqua, che non sono in grado di opporsi alle correnti)

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che invece popola massicciamente le acque ferme dei mari e dei laghi. Caso diverso si verifica per i fiumi di

pianura, dove la presenza di alghe e di piante sommerse aumenta notevolmente grazie al rallentamento

dell’acqua.

Si potrebbe pensare che nelle parti montane dei fiumi, essendo scarsi i produttori, siano scarsi anche i

consumatori, ma ciò non avviene perché nel fiume la fonte primaria di alimenti necessaria per le comunità dei

consumatori viene tratta dai detriti organici (foglie e rami secchi, spoglie di animali, rifiuti organici animali o

umani) che provengono da tutto il territorio in cui il fiume scorre. Grazie all’abbondanza di queste sostanze,

all’interno del fiume si instaura la catena del detrito che permette la sopravvivenza di tutti gli organismi animali.

Il Lago

Un lago è una grossa massa d’acqua dolce raccolta nelle cavità terrestri.

L’origine di questo ambiente è particolare in quanto si forma in seguito a vari eventi quali glaciazioni, intensa

attività tettonica o vulcanica.

A seconda delle sue dimensioni un lago può essere definito anche “mare interno” (quando di elevate

dimensioni), mentre a volte, quando un mare è di piccole dimensioni, può essere chiamato lago.

I laghi esistenti in natura sono di vario tipo:

laghi di superficie, comunemente chiamati soltanto laghi;

laghi sotterranei, che si possono trovare al di sotto dei ghiacci dell’Antartide;

laghi stagionali, che si riempiono quando le piogge stagionali sono consistenti.

Solitamente la classificazione dei laghi viene fatta sulla base del tipo di evento che li ha generati:

laghi endotermici: sono laghi privi di emissari;

laghi tettonici: si formano in seguito allo sprofondamento di tratti della superficie terrestre;

laghi vulcanici: laghi che si formano nei crateri dei vulcani;

laghi alluvionali: si formano quando un corso d’acqua trova sul proprio percorso dei depositi

alluvionali;

laghi glaciali: si originano in seguito alla erosione di lingue glaciali;

laghi morenici: laghi che si formano quando la controtendenza è dovuta ad un deposito morenico di un

fronte glaciale;

laghi carsici: possono essere laghi superficiali, in corrispondenza di doline (valli) e spesso molto

piccoli, oppure laghi sotterranei, all’interno di grotte, spesso collegate fra di loro per mezzo di sifoni;

laghi da sbarramento: la loro origine è dovuta allo sbarramento da parte di un corso d’acqua,

all’interno di una valle, a causa di frane di grandi dimensioni;

laghi costieri: si trovano nelle estreme vicinanze della costa e spesso presentano acqua salmastra;

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laghi artificiali: sono laghi originatisi in seguito alla costruzione di opere da parte dell’uomo, spesso

delle dighe;

laghi effimeri: sono quei laghi che si originano in regioni aride in seguito ad intense piogge stagionali.

Le acque si raccolgono in depressioni poco profonde, sottoposte a rapido essiccamento per l’intensa

evaporazione durante la stagione arida.

Geologicamente parlando la maggior parte dei laghi ha una vita relativamente breve e la loro morte può

essere legata all’interramento o all’erosione della soglia, il punto più basso del bordo della conca lacustre, ad

opera dell’emissario.

Spesso si è portati a pensare che l’acqua all’interno dei laghi sia ferma, ma ciò non è vero in quanto, oltre alle

correnti dovute alle presenza di immissari ed emissari, si possono formare anche dei gorghi o delle onde

dovute a varie cause, tra cui l’azione del vento sulla superficie dell’acqua. Inoltre i laghi sono soggetti ad una

serie di movimenti, detti sesse, che sono dei veri e propri spostamenti periodici dell’acqua da una parte all'altra

del bacino, osservabili come dislivelli tra una parte e l'altra della costa.

Per quanto riguarda la catena alimentare, come si è già visto prima, in questo ecosistema i produttori primari

(alghe e piante acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) sono molto importanti in quanto

rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi consumatori.

La palude

Una palude è costituita da un terreno pianeggiante completamente intriso d’acqua, che risulta essere meno

profonda di quella dei laghi.

L’estensione di una palude può variare fortemente in relazione al regime delle acque e in conseguenza a ciò

possiamo avere:

lagune e stagni costieri: sono bacini d’acqua dolce o salmastra separati dal mare mediante un esile

cordone dunale e comunque sono situati a meno di 10 km dalla costa marina;

acquitrini: sono acque stagnanti non necessariamente perenni;

torbiere: sono depressioni paludose di varia dimensione e profondità dove l’accumulo di particolari

vegetali porta alla formazione di sostanze decomposte acide, la cosiddetta torba.

Una palude solitamente si origina in seguito alla mancanza del normale deflusso delle acque che convergono

nella superficie della zona, o mediante la falda sotterranea dell’area interessata, oppure in seguito al lento

prosciugarsi di un lago.

Questo ecosistema presenta specie animali peculiari ed una particolare vegetazione, che si è adattata a

vivere in presenza di un’elevata umidità e che è in grado di assimilare i nutrienti (composti di N e P), favorendo

la decomposizione microbica della sostanza organica.

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Le paludi hanno un ruolo importante in quanto attenuano e regolano i fenomeni naturali come le piene dei

fiumi, poiché lungo i corsi d’acqua si comportano come delle “spugne” che durante le piene raccolgono le

acque, rallentandone il deflusso e diluendo gli inquinanti. In questo modo riducono il rischio di alluvioni e,

durante i periodi di magra, restituiscono ai fiumi parte delle acque accumulate. Inoltre sono degli importanti

serbatoi per le falde acquifere.

A livello mondiale, le paludi rappresentano una delle tipologie di habitat più importanti per la conservazione

della biodiversità, in quanto il numero delle specie degli organismi viventi presenti in questo ambiente è molto

alto.

Spesso le paludi sono state oggetto di bonifica, soprattutto in passato, per poter essere trasformate in zone

agricole produttive.

Il mare

Il mare è una vasta distesa di acqua salata che si trova a ridosso dei continenti e che è connessa con un

oceano. A volte il termine mare viene usato per indicare laghi che non hanno sbocchi su di un oceano e che

presentano acque salate.

Il confine esistente tra l’acqua del mare e la terraferma è detto costa o litorale.

Un fenomeno caratteristico di questo ecosistema è rappresentato dalle maree, le quali sono rilevanti nella

determinazione sulla costa di una particolare zonazione degli organismi, conseguenza di una maggiore o

minore capacità di adattamento ai periodi di emersione.

A partire dal margine superiore della linea di costa si distinguono 3 zone che vengono più o meno interessate

dal fenomeno delle maree: il sopralitorale, il mesolitorale e l’infralitorale.

Il sopralitorale viene interessato solo dal moto ondoso, quindi presenta sia momenti di mancanza d’acqua che

momenti di immersione; nel mesolitorale si alternano periodi di immersione ed emersione regolati dai cicli

lunari e la sua estensione varia a seconda dell’ampiezza delle maree; l’infralitorale è una zona che viene

normalmente sommersa e che solamente nella parte superiore, durante le maree più intense (le sigiziali),

presenta periodi di emersione.

Anche in questo ecosistema i produttori risultano essere di fondamentale importanza per la catena alimentare,

in quanto producono e fungono da risorsa per tutti gli altri organismi che vivono nel mare.

Il fitoplancton, che rientra nei produttori, ha anche un altro ruolo molto importante in quanto, effettuando la

fotosintesi clorofilliana, trattiene anidride carbonica. In conseguenza a ciò i mari sono in grado di assorbire

circa il 30% dell’anidride carbonica che viene emessa nell’atmosfera dalle attività umane sotto forma di gas

serra, mitigando così il surriscaldamento globale.

Inoltre, il fitoplancton produce anche dei gas organici contenenti zolfo; uno di questi è il dimetilsolfuro, che

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risulta essere un gas molto importante per il sistema climatico a causa delle elevate quantità in cui è presente.

Esso si ossida e forma piccole goccioline di acido solforico, sulle quali l'acqua si condensa dando origine alle

nuvole. Pertanto i gas che provengono dal fitoplancton sono la fonte più importante per le nuvole che si

sviluppano sopra gli oceani e la fonte naturale più importante di zolfo in atmosfera, anche più dei vulcani.

Si pensa che i cambiamenti nella catena alimentare marina possano influenzare i cambiamenti climatici.

Il ciclo dell’acqua

Il ciclo dell’acqua, insieme a quelli di alcuni elementi chimici, come il carbonio, l’azoto e altri, costituisce uno

dei più importanti cicli naturali che si ripetono ininterrottamente da milioni di anni nella biosfera.

Lo studio del ciclo dell’acqua costituisce il nucleo fondamentale dell’idrologia.

Il ciclo a cui sono soggette in natura le acque è innescato da più fattori continuati nel tempo: la presenza dei

mari e dei laghi, l’azione dell’energia solare e della gravità.

Il ciclo naturale dell’acqua

Le acque sono costantemente soggette ad evaporazione indotta dall’irraggiamento solare: il vapore acqueo

formatosi passa negli strati alti dell’atmosfera ove si condensa ed origina le nuvole che possono essere

trasportate dai venti a centinaia di chilometri di distanza dal punto di formazione. Nel momento in cui la

condensazione provoca un aumento di peso, tale da vincere la gravità, si ha la ricaduta sulla terra delle

precipitazioni a carattere nevoso o piovoso. Parte di queste acque di precipitazione può essere

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temporaneamente immagazzinata nei ghiacciai, scorrere sulla superficie raccogliendosi nei fiumi, laghi e

torrenti, infiltrarsi nel suolo (andando a costituire le riserve idriche del sottosuolo, le falde freatiche) oppure

evaporare di nuovo per azione dell’irraggiamento solare o per attività della vegetazione (traspirazione delle

piante).

Le acque di falda non rimangono immobili, ma percolano sempre più verso il basso, fin quando non incontrano

una strato impermeabile, sul quale scorrono fino a che il banco di roccia impermeabile non affiora, dando

origine ad una sorgente. La superficie della falda, le precipitazioni e il drenaggio sono in equilibrio dinamico;

questo equilibrio rimane stabile se la quantità e la frequenza delle precipitazioni sono sufficienti da

compensare la perdita subita attraverso i corsi d’acqua, i pozzi e le sorgenti; se gli apporti o i prelievi

aumentano, la superficie della falda si innalza o si abbassa. Questo spiega perché, nelle zone sottoposte a

forte pompaggio di acque, la superficie della falda si abbassa continuamente: infatti la ricarica dell’acqua non

riesce a compensare le perdite legate all’emungimento.

Le piante prelevano l’acqua dal terreno mediante le radici e la utilizzano nel processo di fotosintesi clorofilliana

per la produzione di composti organici (biomassa ed energia) secondo la reazione:

6CO2 + 6H2O C6H12O6 + 6O2

A questo punto, l’acqua trasportata alle foglie può uscire dagli stomi (piccole aperture poste sulla loro

superficie), ritrasformandosi in vapore che ritorna all’atmosfera. Questo processo si chiama traspirazione e

rappresenta la maggior perdita di acqua da parte delle piante.

Anche gli animali necessitano di acqua per il loro ciclo vitale; essi prima la utilizzano e poi la restituiscono al

terreno mediante le deiezioni e all’atmosfera mediante la traspirazione.

Rispetto all’azoto e all’ossigeno, la quantità di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera è molto piccola; eppure

esso ha un ruolo molto importante essendo l’origine delle nubi e delle precipitazioni (pioggia, neve, grandine),

attraverso le quali l’acqua ritorna sulla superficie terrestre. A loro volta, le notevoli differenze nelle quantità di

precipitazioni da luogo a luogo e, per una stessa località, da periodo a periodo, finiscono per influire non solo

sulla natura fisica del paesaggio ma anche sulle abitudini di vita di intere popolazioni.

Se la superficie del suolo è coperta di vegetazione l’acqua delle piogge cade sulla superficie delle foglie e la

sua forza erosiva viene attutita, in quanto la vegetazione presente sul suolo assorbe una parte dell’acqua,

mentre lascia scorrere lentamente la restante acqua in modo che abbia il tempo di penetrare nel suolo e di

raggiungere ed arricchire le falde idriche sotterranee.

Se invece la superficie del suolo è priva di vegetazione le piogge esercitano una forte azione erosiva e nel giro

di poco tempo le terre rimangono aride, prive di sostanze nutritive, e contribuiscono ad avviare un processo di

desertificazione.

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Sviluppo sostenibile

Il termine "Sviluppo Sostenibile" (Sustainable Development — S.D.) è stato utilizzato per la prima volta nel

Rapporto Brundtland nel 1987 (WCED, 1987). Anche se possedeva contorni concettuali piuttosto vaghi, tale

termine sembrava adatto a combinare e riconciliare gli esiti del dibattito, maturato all'interno delle Nazione

Unite, sulle politiche dello sviluppo e su quelle dell'ambiente.

Da quel momento in poi, la "questione ambientale" divenne un tema politico prioritario e mise in discussione la

visione fortemente antropocentrica dei tradizionali modelli di sviluppo, e cioè quella basata sulla superiorità

dell'uomo rispetto alla natura.

Come detto poco fa la prima definizione in ordine temporale fu quella contenuta nel rapporto Brundtland (dal

nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harem Brundtland) del 1987 e poi ripresa dalla

Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU (World Commission on Environment and

Development, WCED) con l’obiettivo di mantenere uno sviluppo economico compatibile con l’equità sociale e

gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale: lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in

grado di soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità delle generazioni

future di soddisfare i propri; un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti,

l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in armonia, ed accrescono

le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle aspirazioni e dei bisogni umani.

Con questa dichiarazione vengono sintetizzati alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo economico,

equità sociale, rispetto dell’ambiente. E’ la cosiddetta regola dell’equilibrio delle tre “E”: Ecologia, Equità,

Economia. Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al centro della questione non è tanto

l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza ed il benessere di tutte le specie viventi, ma piuttosto le generazioni

umane.

Schema dello sviluppo sostenibile, alla confluenza di tre preoccupazioni

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Nel 1991 fu fornita una nuova definizione di sviluppo sostenibile dalla World Conservation Union, UN

Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che includeva una visione più globale: <<…un

miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai

quali essa dipende >>.

Questa potente dichiarazione significa che sostenibilità e sviluppo devono procedere insieme:

sostenibilità come pre-condizione per la conservazione di uno sviluppo duraturo, ricostituendo e

sostituendo le risorse delle attuali e future generazioni;

sviluppo come modo per superare la povertà, amministrando le risorse per affermare,

contemporaneamente: equità sociale (all'interno delle singole comunità e nel rapporto tra esse e gli

individui), equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità territoriali), equità

intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità).

Nello stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali concernenti l'uso

delle risorse naturali da parte dell'uomo:

1. il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di

rigenerazione;

2. l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la capacità di carico

dell'ambiente stesso;

3. lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.

In tale definizione venne introdotto anche un concetto di "equilibrio" auspicabile tra uomo ed ecosistema.

Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito un'ulteriore definizione di

sviluppo sostenibile: “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una

comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di

tali servizi”. Ciò significa che le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali sono strettamente correlate,

ed ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. L’ICLEI, infatti,

definisce lo sviluppo sostenibile come lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità

economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale,

urbano e sociale che da queste opportunità dipendono.

Nel 2001, l'UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che "la diversità culturale è

necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura (...) la diversità culturale è una delle radici dello

sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più

soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale". (Art 1 e 3, Dichiarazione Universale

sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro

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dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio delle tre E.

Successivamente il rapporto Brundtland ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite,

documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali.

Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei

singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate ai vari settori dell'ambiente

naturale.

Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo

A Rio de Janeiro, dal 3 al 14 Giugno del 1992, si è tenuta la conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo

Sviluppo, a cui hanno partecipato rappresentanti dei governi di 178 Paesi, più di 100 capi di Stato e oltre 1000

Organizzazioni Non Governative.

Durante questa conferenza fu scritta la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, che definisce in 27

principi i diritti e le responsabilità delle nazioni nei riguardi dello sviluppo sostenibile:

Principio 1

Gli esseri umani sono al centro delle problematiche per lo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto a una vita

sana e produttiva in armonia con la natura.

Principio 2

Gli Stati, in conformità alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi delle leggi internazionali, hanno il diritto

sovrano di sfruttare le proprie risorse in funzione delle rispettive politiche ambientali e di sviluppo e hanno la

responsabilità di assicurare che tali attività nel loro ambito di competenza o di controllo non provochino danni

all’ambiente di altri Stati o territori oltre i confini della giurisdizione nazionale.

Principio 3

Il diritto allo sviluppo deve essere attuato in modo da soddisfare equamente i bisogni di sviluppo ed ambientali

delle generazioni presenti e future.

Principio 4

Nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte integrante del

processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo.

Principio 5

Tutti gli Stati e le persone collaboreranno al compito fondamentale di sradicamento della povertà come

requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile, al fine di ridurre le disparità dei livelli di vita e soddisfare

meglio i bisogni della maggior parte della popolazione mondiale.

Principio 6

Una speciale priorità deve essere accordata alle condizioni e ai bisogni particolari dei Paesi in via di

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sviluppo, soprattutto di quelli meno sviluppati e più vulnerabili sotto l’aspetto dell’ambiente. Gli interventi

internazionali nel campo dell’ambiente e dello sviluppo devono essere rivolti anche agli interessi e ai bisogni di

tutti i Paesi.

Principio 7

Gli Stati devono cooperare in uno spirito di collaborazione globale per conservare, tutelare e ripristinare

l’integrità e la salute dell’ecosistema della Terra. Nel quadro dei diversi contributi al degrado ambientale

globale, gli Stati avranno responsabilità comuni, ma differenziate. I Paesi sviluppati prendono atto della

propria responsabilità nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile, considerando le pressioni

che le loro società esercitano sull’ambiente globale e le tecnologie e delle risorse finanziarie che essi

controllano.

Principio 8

Per realizzare lo sviluppo sostenibile e ottenere una migliore qualità della vita per tutte le persone, gli Stati

devono ridurre ed eliminare i modelli insostenibili di produzione e di consumo e promuovere adeguate

politiche demografiche.

Principio 9

Gli Stati devono collaborare per rafforzare la formazione endogena di competenze per lo sviluppo sostenibile,

promuovendo il sapere scientifico attraverso scambi di conoscenze scientifiche e tecniche e favorendo lo

sviluppo, l’adattamento, la diffusione e il trasferimento di tecnologie, incluse quelle nuove ed innovative.

Principio 10

I problemi ambientali vengono affrontati al meglio con la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ciascuno

a seconda del proprio livello. A livello nazionale ogni individuo dovrà avere idoneo accesso alle informazioni

riguardanti l’ambiente in possesso delle autorità pubbliche, comprese le informazioni su materiali e attività

pericolose nelle loro comunità, e dovrà avere la possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati

dovranno facilitare e incoraggiare la consapevolezza e la partecipazione dei cittadini rendendo ampiamente

disponibili le informazioni. Dovrà essere garantito un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari e

amministrativi, comprese le iniziative di riparazione e di rimedio.

Principio 11

Gli Stati dovranno attuare un’efficace legislazione ambientale. Gli standard ambientali, gli obiettivi e le

priorità di attuazione dovranno riflettere il contesto ambientale e di sviluppo cui si riferiscono. Gli standard

applicati da alcuni Paesi possono risultare inadatti e con inaccettabili costi economici e sociali per altri Paesi,

in particolare per quelli in via di sviluppo.

Principio 12

Gli Stati devono collaborare per promuovere un sistema economico internazionale aperto e di sostegno

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che possa condurre a una crescita economica e allo sviluppo sostenibile in tutti i Paesi, al fine di affrontare

meglio i problemi del degrado ambientale. Le misure di politica commerciale per scopi ambientali non

dovranno costituire uno strumento di discriminazione arbitraria o ingiustificabile o una restrizione occulta nel

commercio internazionale. Dovranno essere evitate le iniziative unilaterali per affrontare le sfide ambientali al

di fuori della giurisdizione del paese importatore. Le iniziative ambientali concernenti i problemi ambientali

transnazionali o globali devono, per quanto possibile, essere basati su un consenso internazionale.

Principio 13

Gli Stati devono elaborare leggi nazionali riguardanti la responsabilità civile e l’indennizzo delle vittime

dell’inquinamento e di altri danni ambientali. Gli Stati devono anche cooperare in modo più incisivo e

determinato per emanare ulteriori leggi internazionali riguardanti la responsabilità civile e l’indennizzo per gli

effetti nocivi dei danni ambientali provocati nell’ambito della loro giurisdizione o del loro controllo su zone al di

fuori della loro giurisdizione.

Principio 14

Gli Stati devono cooperare efficacemente per scoraggiare o prevenire il dislocamento e il trasferimento ad

altri Stati di ogni attività e di ogni sostanza che provochi grave degrado ambientale o che sia riconosciuta

nociva alla salute delle persone.

Principio 15

Al fine di tutelare l’ambiente, gli Stati adotteranno ampiamente un approccio cautelativo in conformità alle

proprie capacità. Qualora sussistano minacce di danni gravi o irreversibili, la mancanza di una completa

certezza scientifica non potrà essere addotta come motivo per rimandare iniziative costose in grado di

prevenire il degrado ambientale.

Principio 16

Le autorità nazionali dovranno cercare di promuovere l’internazionalizzazione dei costi ambientali e l’uso di

strumenti economici, tenendo presente il principio che chi inquina deve fondamentalmente sostenere il costo

dell’inquinamento, con la dovuta considerazione dell’interesse pubblico e senza distorsioni del commercio e

degli investimenti internazionali.

Principio 17

La valutazione dell’impatto ambientale (V.I.A.)deve essere adottata come strumento nazionale per le attività

proposte che potrebbero avere un rilevante impatto negativo sull’ambiente e che sono soggette a una

decisione da parte di un’autorità nazionale competente.

Principio 18

Ogni Stato deve immediatamente comunicare agli altri qualsiasi disastro naturale o altre emergenze che

potrebbero produrre improvvisi effetti nocivi sull’ambiente di tali Stati. La comunità internazionale farà tutti gli

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sforzi per aiutare gli Stati colpiti da tali emergenze.

Principio 19

Gli Stati daranno preventiva e tempestiva comunicazione e forniranno adeguate informazioni agli Stati

potenzialmente colpiti su attività che possano avere un negativo effetto ambientale transnazionale e si

consulteranno con tali Stati prontamente e in buona fede.

Principio 20

Le donne hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello sviluppo ambientale. La loro piena

partecipazione è pertanto essenziale per la realizzazione dello sviluppo sostenibile.

Principio 21

La creatività, gli ideali e il coraggio della gioventù di tutto il mondo devono essere mobilitati per creare una

collaborazione globale, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile e assicurare un migliore futuro per tutti.

Principio 22

Le genti indigene e le altre comunità locali hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello sviluppo

ambientale grazie alla loro conoscenza e alle usanze tradizionali. Gli Stati devono riconoscere e debitamente

sostenere la loro identità, cultura e interessi e consentire la loro efficace partecipazione per il raggiungimento

dello sviluppo sostenibile.

Principio 23

Le risorse ambientali e naturali dei popoli oppressi, sotto dominazione e occupazione dovranno essere

tutelate.

Principio 24

La guerra è intrinsecamente distruttiva per lo sviluppo sostenibile. Gli Stati pertanto dovranno rispettare le

leggi internazionali assicurando la tutela dell’ambiente nei periodi di conflitto armato e, se necessario,

collaborare nelle fasi successive.

Principio 25

La pace, lo sviluppo e la tutela dell’ambiente sono interdipendenti e indivisibili.

Principio 26

Gli Stati risolveranno le controversie ambientali pacificamente e con gli strumenti idonei in conformità alla

Carta delle Nazioni Unite.

Principio 27

Gli Stati e le persone collaboreranno in buona fede e in uno spirito di cooperazione per l’attuazione dei

principi stabiliti in questa Dichiarazione e per l’ulteriore evoluzione delle leggi internazionali nel campo dello

sviluppo sostenibile.

(Fonte: http://www.rete.toscana.it/sett/pta/svilsost/dichiarazione_rio.pdf; 12/03/08).

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Sempre durante questa conferenza fu stabilità la Giornata Mondiale dell’Acqua, che ogni anno cade il 22

Marzo. Questa giornata fu definita con lo scopo di ricordare a tutti quanti che l’acqua è vita, che è un diritto per

tutti e che è una risorsa limitata che dovrebbe essere conservata e gestita con equità.

Agenda 21

Agenda 21 è il Piano di Azione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile di riferimento per il 21° secolo,

sottoscritto da oltre 170 Paesi di tutto il mondo durante la Conferenza su Ambiente e Sviluppo tenutasi a Rio

de Janeiro nel mese di Giugno del 1992.

Questo programma consiste in una pianificazione completa delle azioni da intraprendere, a livello mondiale,

nazionale e locale dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, dai governi e dalle amministrazioni in ogni area in

cui la presenza umana ha impatti sull'ambiente.

L’organo, che ha il compito di supervisionare e controllare lo sviluppo sostenibile, è rappresentato dalla

Commissione sullo Sviluppo Sostenibile, che ha avuto anche il ruolo di commissione preliminare per gli

incontri e le sessioni sull’esecuzione dell’Agenda 21. La Divisione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni

Unite, invece, ha il ruolo di segretario per la Commissione e lavora all’interno del contesto dell’Agenda 21.

L'Agenda 21 è composta da 40 capitoli, divisi in quattro sezioni:

Sezione I - Dimensioni Sociali ed Economiche: include la lotta alla povertà, il cambiamento della struttura dei

consumi, della popolazione e delle dinamiche demografiche, la promozione della salute e dei programmi

sostenibili di popolamento, e l'integrazione delle problematiche relative all'ambiente e allo sviluppo nel

processo di decision-making.

Sezione II - Conservazione e Gestione delle Risorse per lo Sviluppo: comprende la protezione dell'atmosfera,

la lotta alla deforestazione, la protezione degli ambienti deboli, la conservazione della diversità biologica

(biodiversità), e il controllo dell'inquinamento.

Sezione III - Rafforzamento del ruolo dei Major Groups: comprende i ruoli dei gruppi di rappresentanza dei

bambini e dei giovani, delle donne, delle ONG (Organizzazioni Non Governative, vedi anche NGO), delle

autorità locali, del commercio e dei lavoratori.

Sezione IV - Mezzi per l'Esecuzione (del programma): comprende la scienza, la diffusione della tecnologia,

l'educazione, le istituzioni internazionali e i meccanismi di finanziamento.

In Italia l'"Agenda 21" si concretizza dopo la Conferenza di Aalborg in Danimarca del 1994, dal cui ambito

nasce la "Campagna Europea Città Sostenibili" per promuovere processi di Agenda 21 Locale.

Un ulteriore impulso determinante in questa direzione si concretizzò con la nascita del "Coordinamento

Nazionale Agende 21 locali", avvenuta nel 1999 a Ferrara, con il proposito di diffondere, valorizzare e

monitorare le esperienze di "Agenda 21 locale" attualmente in corso e nel favorire la partnership e lo scambio

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di informazioni tra gli enti locali.

L’Agenda 21 locale è un piano d’azione, un laboratorio-cantiere per realizzare progetti di sostenibilità

ambientale, economica e sociale sul territorio; inoltre prevede un approccio integrato ai problemi e coinvolge

tutti gli attori di una comunità locale e i cittadini interessati, mettendoli sullo stesso piano, a prescindere dai

loro interessi e dal loro grado di influenza.

Nella nostra regione esistono più di 80 enti pubblici, tra province, comuni, comunità montane, parchi regionali,

ecc., che sono coinvolti in percorsi di Agenda 21, alcuni avviati da poco tempo, altri in fase già più o meno

avanzata.

I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo

Nella primavera del 2003 più di 10.000 rappresentanti di 160 Paesi si sono riuniti in Giappone per il III Forum

mondiale sull’acqua, seguito a quello dell’Aja (2000) e a quello di Marrakech (1997). L’evento, organizzato dal

Consiglio mondiale dell’acqua (una struttura privata con sede a Marsiglia), era una sorta di proseguimento

della conferenza sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (settembre 2002). In quanto tale, il suo proposito

era definire metodi adeguati per il raggiungimento dell’obiettivo fissato a Johannesburg: dimezzare entro il

2015 il numero di persone che non dispongono di acqua potabile. Da questo Forum l’accesso all’acqua è stato

riconosciuto come “bisogno” umano di base (nel Forum tenuto all’Aja, l’acqua era stata definita come merce).

Con presupposti differenti da quelli del vertice di Kyoto si è svolto, sempre nella primavera del 2003, il primo

Forum alternativo mondiale dell’acqua. L’iniziativa, nata dal confronto tra associazioni e ONG con le istituzioni

internazionali che si occupano dell’argomento, è scaturita dalla valutazione in merito alla Dichiarazione del

Consiglio Mondiale dell’Acqua, la quale riconosce l’accesso alle risorse idriche come bisogno umano di base.

Secondo le posizioni di Firenze l’accesso alle risorse idriche deve esser visto come un “diritto” umano e

sociale inalienabile. I sostenitori di questa tesi richiedono un intervento che prenda in considerazione concrete

misure a carattere legislativo, economico-finanziario, sociale e culturale. Promuovono inoltre la necessità di

avviare campagne di sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini nella definizione delle regole di

gestione dell’acqua. Gli altri obiettivi includono l’organizzazione di un sistema finanziario collettivo per

sostenere i costi necessari ad assicurare il diritto di accesso all’acqua per i Paesi poveri.

Normativa Comunitaria sulle acque

Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che

istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (Direttiva “acque”).

Direttiva 2006/118/CE del 12 dicembre 2006, del Parlamento europeo e Consiglio, sulla protezione delle

acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento.

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Raccomandazione della Commissione del 20 dicembre 2001: Tutela della popolazione contro l'esposizione

al radon nell'acqua potabile [notificata con il numero C(2001)4580 ] (2001/928/Euratom)

Decisione 2001/2455/CE: Parlamento Europeo e Consiglio del 20 novembre 2001 relativa all'istituzione di un

elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva 2000/60/CE. (GUCE L 15/12/2001,

n. 331)

Direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano

Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e

seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva “Habitat”)

Direttiva 91/676/CEE del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato

dai nitrati provenienti da fonti agricole

Direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane

Direttiva 80/778/CEE del 15 luglio 1980: Qualità delle acque destinate al consumo umano (G.U.C.E. 30

agosto 1980, n. L 229)

Direttiva 75/440/CEE del 16 giugno 1975: Qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua

potabile negli Stati membri. (G.U.C.E. 25 luglio 1975, n. L 194. Direttiva 76/160/CEE del 8 dicembre 1975

concernente la qualità delle acque di balneazione).

(Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08).

Normativa Nazionale sulle acque

D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”. Il testo, come modificato da diversi successivi decreti

ministeriali, riorganizza e armonizza la normativa in materia ambientale, disciplinando:

le procedure per la valutazione ambientale strategica (V.A.S.), la valutazione di impatto ambientale

(V.I.A.) e per l’autorizzazione ambientale integrata (I.P.P.C.);

la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione;

la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;

la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;

la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;

la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

D.Lgs. 31/2001: Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo

umano (Supplemento alla Gazzetta ufficiale 3 marzo 2001 n. 52).

Legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. Legge Galli) Disposizioni in materia di risorse idriche. Abrogata da Dlgs

152/2006

(Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08).

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Legislazione Regionale Emilia Romagna

Delibera n. 40 del 21 dicembre 2005: Piano di Tutela delle Acque. Il P.T.A., conformemente a quanto previsto

dal D. Lgs. 152/99 e dalla Direttiva europea 2000/60 (Direttiva Quadro sulle Acque), è lo strumento regionale

volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque interne e costiere della Regione e a garantire

un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo periodo.

Delibera n. 1053 del 09 giugno 2003 recante gli indirizzi per l'applicazione del D. Lgs. 152/99 e s.m.i.,

applicata anche a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 152/06 e s.m.i.;

Legge Regionale n. 25 del 6 settembre 1999, come modificata dalla L.R. 1/2003 (applicativa della "legge

Galli"): delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per

l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Legge Regionale n. 3 del 21 aprile 1999: Riforma del sistema regionale e locale "Capo III Sezione III

"Inquinamento delle acque" Artt. 110 - 120, Capo IV Sezione I "Funzioni in materia di risorse idriche, difesa del

suolo e miniere" Artt. 138 - 144.

Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili)

La legislazione delle acque destinate al consumo umano in Italia trova le sue basi nel Testo Unico delle Leggi

Sanitarie, R.D. 27 luglio 1934, n.1265 (art.248: “Ogni Comune deve essere fornito per uso potabile, di acqua

pura e di buona qualità”) e progressivi sviluppi con la Circolare del Ministero della Sanità n. 33 del 27 aprile

1977 (“Controllo e sorveglianza delle caratteristiche di qualità dell’acqua potabile”) che prende come

riferimento per i vari parametri alcuni standard di qualità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con il

DPCM 8 febbraio 1985 si ha la prima normativa organica delle acque destinate al consumo umano che arriva

alla piena realizzazione con il DPR 236/88.

Con il D.Lgs. 31/2001 (che recepisce la direttiva 98/83/CE concernente la qualità delle acque destinate al

consumo umano) e con le integrazioni del D.Lgs. 27/2002 (in vigore dal 25 dicembre 2003) si afferma il quadro

attuale per le acque destinate al consumo umano.

Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano

Il Dlgs n. 31 del 2001 emanato in applicazione della Direttiva CEE in materia e disciplinante la "Qualità

dell'acqua destinata al consumo umano", detta i parametri in base ai quali si misura la qualità dell'acqua e la

sua potabilità. In essa si ritrovano i valori di parametro, superati i quali, si è in presenza di acqua non potabile.

Tale decreto apporta sostanziali modifiche ed innovazioni, sia di carattere qualitativo che quantitativo, rispetto

alla precedente normativa. Con tale decreto sono state apportate sostanziali modifiche all’elenco dei parametri

chimici (vedi cap. 6). Alcuni elementi, ritenuti oggi di scarso significato sanitario, sono stati eliminati, mentre

altri nuovi sono stati introdotti. Specifici valori limite sono stati fissati per le sostanze come il clorito

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(sottoprodotto che ha origine dall’utilizzo di biossido di cloro come disinfettante), il vanadio, l’acrilammide, il

benzene, il benzo(a)pirene, il bromato (sottoprodotto che ha origine dal trattamento con ozono di acque in cui

è presente bromuro), il dicloroetano, l’epicloridina, il tetracloroetilene ed il tricloroetilene, i trialometani totali

(sottoprodotti che hanno origine dall’ipoclorito di sodio come disinfettante), il cloruro di vinile. Con tale decreto

viene riportata anche la radioattività e i relativi parametri di controllo (non riportati nel DPR 236/88). Valori di

parametro più restrittivi sono stati fissati per elementi quali l’arsenico, il nichel, il piombo, l’antimonio e gli

idrocarburi policiclici aromatici; mentre sono stati eliminati dalla lista dei parametri altri elementi quali il

magnesio, l’azoto Kjeldahl, le sostanze estraibili con il cloroformio, gli idrocarburi disciolti o emulsionabili, i

fenoli, i tensioattivi, i composti organoalogenati (in realtà presenti con differente denominazione), lo zinco, il

fosforo e l’argento.

In sostanza il nuovo elenco dei parametri (e quindi dei rispettivi valori limite di concentrazione) contempla un

numero inferiore di voci. E’ stata omessa una serie di elementi considerati, alla luce delle nuove conoscenze,

di scarso significato sanitario o con bassa probabilità di presenza nelle acque, mentre si è rivolta maggiore

attenzione ai contaminanti di natura antropica ed in particolare ai sottoprodotti dei processi di disinfezione.

Normativa di riferimento delle acque naturali minerali

La cultura delle acque minerali nel nostro paese trova origine con la legge del 16 luglio 1916, n.947 che

costituisce il primo atto legislativo che pone delle regole per la produzione e la distribuzione delle acque

minerali in Italia. Successivamente con il R.D. n.1924/1919, in parte tuttora valido, viene disegnata la prima

struttura normativa che ha consentito la base dei successivi interventi legislativi.

Con la direttiva 80/777 recepita con D.Lgs. 105/1992, con successive direttive e decreti integrativi, si arriva

allo stato attuale, caratterizzato da una legislazione armonizzata con quella europea.

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na_5i0.html

CD-Rom Tuttoambiente. Anima Mundi Editrice