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1 IL CONTO ECONOMICO E LE SUE STRUTTURE FACOLTA’ DI ECONOMIA TESI DI ALESSANDRO CADEDDU RELATORE: PROF.GIANLUIGI ROBERTO

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IL CONTO ECONOMICO E LE SUE STRUTTURE

FACOLTA’ DI ECONOMIA

TESI DI ALESSANDRO CADEDDU

RELATORE: PROF.GIANLUIGI ROBERTO

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Indice

Capitolo 1 Sistema e metodo contabile

1.1. Introduzione alla contabilità generale 1.2. Il bilancio d’esercizio 1.3. Il reddito d’esercizio

Capitolo2 L’EVOLUZIONE DEL CONTO ECONOMICO NELLA NORMATIVA NAZIONALE: DAL CODICE CIVILE DEL 1942 ALLA IV DIRETTIVA CEE

2.1. Il conto economico prima della direttiva comunitaria 2.1.1. Il conto economico strutturato a costi, ricavi e rimanenze 2.1.2. Il conto economico a costi e ricavi 2.1.3. Il conto economico a risultati lordi

2.2. La IV direttiva CEE

Capitolo 3 STRUTTURA E CONTENUTO DEL CONTO ECONOMICO SECONDO L’ATTUALE NORMATIVA CIVILISTICA

3.1 Il conto economico previsto dall’art. 2425 del c.c. 3.2 L’area della gestione caratteristica o tipica e accessoria 3.3 L’area della gestione finanziaria 3.4 I proventi e gli oneri straordinari

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3.5 Il risultato ante-imposte, il reddito fiscale, le imposte sul reddito ed il risultato economico d’esercizio

Capitolo 4 RICLASSIFICAZIONE DEL CONO ECONOMICO PER LE ANALISI DI BILANCIO

4.1. Le analisi di bilancio come supporto conoscitivo e di controllo di gestione 4.2. L’analisi della situazione economica aziendale 4.3. La riclassificazione del conto economico a valore aggiunto 4.4. I vari schemi di riclassificazione a valore aggiunto del conto economico

4.4.1. Struttura a costi e ricavi della produzione ottenuta 4.4.2. Struttura a ricavi e costo del venduto 4.4.3. Struttura a costi e ricavi (netti) di vendita

4.5. La riclassificazione del conto economico per aree funzionali 4.6. Il conto economico a margini di contribuzione

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Capitolo1 SISTEMA E METODO CONTABILE

1.1. INTRODUZIONE ALLA CONTABILITÀ GENERALE

Il sistema contabile di un’azienda può essere definito come un “insieme di conti

collegati in un tutto, mirante ad uno o più fini comuni” 1. La classificazione più

comune dei sistemi contabili è proprio quella che si riferisce ai fini degli stessi; così

avremo sistemi di contabilità generale, finanziaria, analitica, di contabilità e

previsione. Secondo una parte della dottrina si hanno anche altri sistemi di contabilità

quali il sistema degli impegni, dei rischi e dei beni di terzi; una parte della dottrina,

però, accetta “la tesi che non individua in questi conti combinati dei sistemi

autonomi, ma asserisce trattarsi di conti del sistema di contabilità generale preposti

a rappresentare aspetti particolari della gestione”2. Ciò che qui è oggetto di analisi è

il sistema di contabilità generale, il quale ha il fine di determinare un risultato

economico aziendale complessivo e, tornando alla definizione di apertura del

capitolo, collega i conti che lo costituiscono col metodo della partita doppia. Attuare

il metodo della partita doppia significa analizzare il dinamico susseguirsi delle

operazioni di gestione sotto un duplice punto di vista e con l’utilizzo di due serie di

conti, quella originaria e quella derivata, che funzionano in modo antitetico. Esistono

vari sistemi di rilevazione contabile che, seppur utilizzando approcci diversi, arrivano

allo stesso risultato, ovvero alla determinazione della situazione patrimoniale e del

1 O. Gabrovec Mei, Sistemi contabili e strutture del conto economico, seconda ed., Cedam, 1995, p. 1 e s. 2 O. Gabrovec Mei, Sistemi contabili e strutture del conto economico, seconda ed., Cedam, 1995, p. 5, nota 2. Per approfondimenti riguardo ai vari sistemi di contabilità si veda U. de Dominicis, Lezioni di Ragioneria, Azzoguidi, 1964, p. 56.

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reddito conseguito in un dato periodo amministrativo3. Il sistema di contabilità di cui

ci si avvale ora è quello del reddito4 (o sue varianti), teorizzato dalla scuola di Gino

Zappa, in cui i fenomeni di gestione vengono analizzati sotto il duplice aspetto

numerario (o aspetto originario) ed economico (o aspetto derivato) ed in cui, proprio

per l’utilizzo del metodo della P.D., vengono contrapposte due serie di conti. I conti

della serie originaria registrano le variazioni numerarie (o originarie) che riguardano

il denaro ed i crediti e debiti di funzionamento (o regolamento). Ai conti della serie

derivata invece spetta la rilevazione delle variazioni economiche (o derivate), che si

riferiscono ai costi strutturali o per l’acquisto dei fattori d’esercizio necessari alla

produzione di beni o servizi, ai ricavi di vendita ed ai crediti e debiti di

finanziamento; ai conti derivati inoltre spetta la rilevazione delle variazioni del

capitale proprio dell’impresa5. Il sistema del reddito si differenzia principalmente dal

sistema patrimoniale, teorizzato da Fabio Besta, secondo il quale il capitale

rappresenta il punto di partenza da cui promana il reddito. La serie dei conti originari

si riferisce a tutti gli elementi del patrimonio (e non alle sole variazioni numerarie) e

rappresenta l’aspetto elementare delle operazioni di gestione. L’aspetto derivato

invece accoglie tutti i conti che, direttamente o indirettamente, provocano variazioni

3 Il sistema di contabilità oltre al raggiungimento di questi due obiettivi ha anche un ruolo d’elaborazione e di comunicazione di conoscenze per tutti gli stakeholders e di supporto revisionale e consuntivo ai vari organi aziendali. 4 Si veda A. Vivarelli, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam, 1983, pp. 4-7. 5 Nella dottrina la variante dell’Amaduzzi è una delle evoluzioni del sistema del reddito di Zappa che ha ottenuto maggior seguito; nella variante proposta dall’Amaduzzi i crediti e i debiti di finanziamento vengono rilevati, insieme ai conti numerari, nella serie dei conti originari, passando dalla più ristretta accezione dei valori numerari a quella più ampia dei valori finanziari; dunque tali valori non vengono accolti dalla serie dei conti economici (o derivata) come invece accade nel sistema del reddito.

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sul patrimonio netto (oneri, proventi , risultati lordi, aumenti e diminuzioni del

capitale netto)6.

1.2. IL BILANCIO D’ESERCIZIO

Poiché la gestione aziendale si sviluppa unitariamente con il susseguirsi di scambi e

risorse con l’ambiente e gli stakeholders che la circondano, per rispondere ad

esigenze di tipo gestionale, come la verifica del perseguimento degli obiettivi

aziendali, è necessario frammentare la gestione in periodi amministrativi di solito

coincidenti con l’anno solare. Col bilancio d’esercizio si suole rappresentare da un

lato la situazione finanziaria e patrimoniale di un’azienda e dall’altro il risultato

economico che la stessa ha ottenuto nel periodo amministrativo considerato. L’art.

2423 del c.c. sancisce che gli amministratori devono redigere il bilancio costituito da

tre documenti; due sono di carattere contabile, lo Stato Patrimoniale (art. 2424 del

c.c.) e il Conto Economico (art. 2425), mentre il terzo, la Nota Integrativa (art. 2427),

è un “documento impostato in prevalenza sul piano descrittivo e discorsivo

essenzialmente per illustrare il contenuto delle poste contabili a supporto della

chiarezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del

risultato economico” 7. La redazione del bilancio oltre che chiara deve essere anche

veritiera, tant’è che se una disposizione di legge impedisce tale rappresentazione dei

fatti amministrativi, la stessa disposizione non deve essere applicata fornendo le

opportune motivazioni nella nota integrativa. Il bilancio delle società di capitali e

6 Mentre la serie di conti originari si riferisce all’aspetto elementare (o concreto) la serie dei conti derivati riguarda l’aspetto al netto (o astratto). 7 G. Melis P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 65.

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delle cooperative è accompagnato anche da altri documenti tra cui la relazione del

collegio dei sindaci, il verbale dell’assemblea dei soci che ha approvato il bilancio,

nonché la relazione sulla gestione (prevista dall’articolo 2428) in cui vengono messe

a disposizione di operatori esterni e interni all’azienda (fornitori, risparmiatori,

creditori, soci, dipendenti, pubblica amministrazione, analisti finanziari) informazioni

attinenti all’andamento della gestione e ai rapporti che l’azienda ha con l’ambiente di

riferimento8.

1.3. IL REDDITO D’ESERCIZIO

Come si è visto, il bilancio d’esercizio viene redatto con lo scopo di fornire molteplici

informazioni riguardanti l’azienda. L’oggetto di questa analisi è il risultato

economico conseguito durante il periodo amministrativo considerato e a tal proposito

risulta estremamente utile rifarsi alle nozioni di reddito che in dottrina e nelle

applicazioni pratiche hanno riscontrato il maggior utilizzo: il reddito consumabile, il

reddito comparabile ed il reddito determinato secondo i princìpi contabili.

Il reddito consumabile potrebbe essere definito come una sorta di reddito medio in

quanto, basandosi sul concetto dell’attribuzione dei componenti di reddito in base al

loro tempo economico9 gli eventuali costi o ricavi, ad esempio quelli di durata

pluriennale, vengono ripartiti tra i diversi esercizi a seconda delle condizioni più o

meno favorevoli in cui si è svolta la gestione aziendale. Nonostante questa

8 Per approfondimenti sulla relazione sulla gestione si veda G. Melis, P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, cap. 9. 9 “Il concetto di competenza basata sul tempo economico conduce ad un’attribuzione dei componenti positivi e negativi di reddito ai diversi esercizi fondata sugli eventi economici che caratterizzano ciascun periodo amministrativo e sulle prospettive di svolgimento della futura gestione” G. Roberto, Le svalutazioni e le rivalutazioni non monetarie delle immobilizzazioni materiali, Aracne, 2004, p. 59.

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configurazione di reddito non sia ammessa dalla legislazione italiana a causa della

necessità di variare tra i vari esercizi i criteri di valutazione per la sua determinazione,

il reddito consumabile può risultare molto utile nella politica di assegnazione dei

dividendi che viene perseguita nei vari esercizi10.

Il reddito comparabile permette di valutare gli scostamenti avvenuti nei componenti

che determinano il risultato economico in modo tale da fornire all’amministrazione

aziendale informazioni dettagliate riguardo alle cause di variazioni degli andamenti di

determinati costi o ricavi e dei risultati economici nei diversi esercizi. Nella

definizione del reddito comparabile è necessario il rispetto del princìpio della

costanza dei criteri di classificazione e di valutazione delle poste di bilancio.

Il reddito determinato in base ai principi contabili11 si rifà alla IV direttiva CEE che,

con la locuzione “true and fair view” prevede una rappresentazione della situazione

patrimoniale, finanziaria ed economica aziendale chiara, veritiera e corretta

rivedendo, seppur in parte, il precetto che dettava quali princìpi inderogabili la

chiarezza e la precisione. Quest’ultimo aspetto mal si addice al processo di

formazione del bilancio improntato alla discrezionalità dei redattori nell’effettuare le

valutazioni degli elementi patrimoniali. Alla chiarezza e alla veridicità il legislatore

10 Una parte della dottrina, inoltre, ritiene che “è reddito consumabile il reddito complessivo d’esercizio: tutta la variazione del netto riferibile ad un esercizio amministrativo (escludendo, però, le variazioni non legate al processo produttivo, come apporti, rimborsi, ecc.); diremo che è reddito tutto ciò che eccede la mera reintegrazione del capitale e, in quanto tale, tutta l’eccedenza è consumabile”. O. Gabrovec Mei, Sistemi contabili e strutture del conto economico, seconda ed., Cedam, 1995, p. 150. 11 Oltre ai princìpi che verranno esposti nella parte finale di questo capitolo, nella determinazione del reddito bisogna tener conto anche dei postulati da rispettare per la redazione del bilancio d’esercizio. Per approfondimenti si veda G. Melis, P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, pp. 40-46.

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affianca i principi di redazione del bilancio12 che di seguito vengono brevemente

descritti. Il principio della prudenza impone:

a)che vengano considerati eventuali rischi di perdite, come ad esempio quelli

legati all’insolvenza dei crediti, anche se vengono conosciuti dopo la chiusura

dell’esercizio;

b) che vengano considerati solo gli utili che si sono effettivamente verificati

alla data di chiusura dell’esercizio;

c) il divieto di eventuali “sopravvalutazioni delle attività e sottovalutazioni

delle passività che generano l’annacquamento del capitale posto a garanzia

dei terzi creditori” 13.

Il principio della continuazione dell’attività d’impresa presuppone la valutazione

degli elementi patrimoniali nella prospettiva di normale funzionamento dell’impresa,

vietando eventuali valutazioni coi criteri della liquidazione o cessione dell’azienda o

di parte di essa.

La prevalenza della sostanza sulla forma impone che “il bilancio rifletta la

sostanza economica del fenomeno di gestione, piuttosto che la sua rappresentazione

formale in aderenza a specifici aspetti contrattuali e vincoli normativi” 14. Tale

principio è stato preferito al principio secondo cui si ha la prevalenza della forma

(giuridica) sulla sostanza, in cui la rappresentazione delle operazioni in bilancio

12 Con l’articolo 2423bis. 13 G. Melis P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 34. 14 G. Melis P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 37.

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avviene - in genere - in base al "diritto di proprietà", e non in base alla "sostanza

economico-finanziaria dell'operazione"15.

Il principio della competenza economica invece implica che nel caso in cui vengano

rilevate operazioni per le quali non vi sia concomitanza tra scambio fra le parti (o

produzione economica del bene o servizio) e realizzazione monetaria, l’eventuale

costo o ricavo dev’essere attribuito o meno all’esercizio in base alla data della sua

manifestazione economica prescindendo, dunque, dalla data della variazione

15 Ad esempio, il "leasing finanziario" ha una diversa rappresentazione in bilancio con i suddetti

principi. Con il "principio della prevalenza della forma sulla sostanza", il costo del bene concesso in

leasing viene iscritto nello stato patrimoniale della società di leasing, che ne è proprietaria (metodo

patrimoniale). Nel conto economico della società utilizzatrice, invece, sono iscritti i "canoni di

leasing" alle date di maturazione e nei conti d'ordine l'ammontare dei "canoni futuri". Il bene sarà

iscritto nello stato patrimoniale solamente alla data del riscatto e per il costo sostenuto. Con il

"principio della prevalenza della sostanza sulla forma", poiché si trasferiscono all’utilizzatore i

rischi ed i benefici relativi all’uso del bene, cioè si trasferisce allo stesso utilizzatore la titolarità

economica del bene, quest’ultimo vive iscritto nello stato patrimoniale della società utilizzatrice in

base al costo originario d’acquisto, con contropartita il debito verso la società di leasing (metodo

finanziario). La società utilizzatrice calcola l'ammortamento sul bene in leasing e paga le rate di

debito verso la società di leasing con i relativi interessi (rappresentate dai canoni periodici).

Quest’ultima iscrive nel suo stato patrimoniale il credito verso la società utilizzatrice e

periodicamente incassa le rate del credito con i relativi interessi. E’ da osservare che in base alla

vigente normativa italiana l’operazione di leasing finanziario viene rappresentata in bilancio con il

metodo patrimoniale, mentre solo in nota integrativa si riportano i valori relativi all’applicazione del

metodo finanziario che consentono di metere in evidenza la sostanza economica dell’operazione.

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numeraria (pagamento o incasso). Altro principio richiesto è la valutazione separata

degli elementi eterogenei; quindi, ad esempio, avendo nel patrimonio la merce A e

la merce B è vietato compensare eventuali margini lordi in corso di formazione di

segno opposto ma è obbligatorio valutare le singole voci separatamente. L’ultimo

principio richiesto per la redazione del bilancio è la costanza dei criteri di

valutazione che non possono essere modificati da un esercizio all’altro ma, tuttavia,

lo stesso legislatore consente deroghe al principio in casi eccezionali richiedendo al

redattore di motivare la modifica in nota integrativa e di indicare l’influenza sulla

rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.

Dopo aver inquadrato le problematiche principali relative al sistema della contabilità

generale e al bilancio d’esercizio, nel seguito del lavoro si analizzerà in particolare il

documento contabile che consente di rappresentare il reddito d’esercizio. Si

analizzeranno dapprima le strutture del conto economico precedenti l’emanazione

della IV direttiva CEE per poi passare allo studio dell’odierna forma del conto

economico del quale, infine, verranno esaminate alcune strutture utilizzate per le

analisi economico-finanziarie di bilancio.

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Capitolo 2 L’EVOLUZIONE DEL CONTO ECONOMICO NELLA NORMATIVA NAZIONALE: DAL CODICE DEL 1942 ALLA IV DIRETTIVA CE E

2.1. IL CONTO ECONOMICO PRIMA DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA

Oggi il codice civile prevede per il Conto Economico uno schema prevalentemente

rigido, ovvero le poste non possono, in via generale, essere compensate e devono

essere riportate coi loro valori separatamente e nell’ordine previsto dall’art 2425 c.c.

In passato la situazione era differente e nel corso dei decenni il legislatore ha

apportato modifiche che lasciavano sempre meno spazio alla discrezionalità del

redattore. Fino all’emanazione dell’ex-art. 2425bis, introdotto dalla legge del 7

giugno 1974, n. 216, art. 11, tutte le imprese potevano scegliere liberamente la

struttura che doveva assumere il conto economico avendo come unico riferimento il

rispetto dei princìpi della chiarezza e della “precisione” 16. L’eccessiva libertà però

causava la redazione di conti economici tutt’altro che chiari e talvolta ci si ritrovava

dei documenti con pochissime voci, tra cui quella del risultato d’esercizio che poteva

assumere svariate denominazioni (utile lordo d’esercizio, saldo del conto d’esercizio,

ecc.). Tale risultato spesso era ottenuto dalla somma algebrica di voci che con la

legge n. 216/74 il legislatore ha ritenuto di fondamentale importanza in termini

conoscitivi vietandone la compensazione; colmate tali lacune, il conto economico era

definito dallo stesso codice civile conto dei “Profitti e delle Perdite” ed assumeva

16 Per lo Stato Patrimoniale, che il nostro codice civile denominava “Bilancio”, era invece previsto un contenuto minimo obbligatorio.

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una struttura a costi, ricavi e rimanenze il quale, a differenza di quanto avviene oggi,

era strutturato a sezioni divise e contrapposte17.

2.1.1. IL CONTO ECONOMICO STRUTTURATO A COSTI, RICAVI E

RIMANENZE

Il conto economico a costi, ricavi e rimanenze prevedeva una classificazione dei

componenti positivi (accolti nella sezione dell’avere del conto) e negativi (accolti

nella sezione dare) del reddito secondo la loro diversa origine, ovvero secondo la

derivazione numeraria o stimata 18. Analogamente a quanto avviene oggi, se ad

esempio si rilevavano variazioni numerarie passive causate dall’acquisto di merci, il

corrispondente componente negativo di reddito veniva registrato in un conto

denominato con la causa19 della stessa variazione numeraria. L’aspetto che rendeva

maggiormente interessante tale struttura del conto economico era la completezza

delle voci che portavano al risultato economico il quale, in linea generale, si

presentava così:

• tra i costi, le rimanenze iniziali attive (di beni o servizi), i costi d’esercizio

(acquisto merci, rettifiche di ricavi, ammortamenti, altri costi straordinari,

17 La sezione del dare accoglieva i componenti negativi di reddito mentre quella dell’avere i componenti positivi. Tale impostazione, discendente dalle convenzioni relative al funzionamento dei conti, ha dato adito a critiche di una parte della dottrina che riteneva la denominazione “profitti e perdite” non rispondente alla struttura del conto. Un’altra parte della dottrina invece ha difeso la scelta del legislatore ricordando che quando veniva chiuso il conto i Profitti, nel caso in cui si avesse un saldo avere, venivano rilevati nella sezione del dare e, in caso di saldo dare, le perdite venivano registrate nella sezione dell’avere. 18 A tal proposito P. Onida afferma che la struttura a costi ricavi e rimanenze “informa direttamente intorno alle grandi classi di costi e ricavi formatisi durante l’esercizio in diretta derivazione da variazioni numerarie, e ai valori stimati o astratti determinati in occasione del bilancio, in relazione alle operazioni in corso alla data del bilancio medesimo” P. Onida, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffré, 1970, p. 184 e s.

19 Che nel nostro caso potrebbe essere c\Acquisto merci.

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le imposte, ecc.), le rimanenze finali passive (di prestazioni pluriennali o

servizi) e l’utile netto d’esercizio a pareggio.

• tra i ricavi, le rimanenze iniziali passive (di prestazioni pluriennali o

servizi), i ricavi d’esercizio (vendite caratteristiche, rettifiche di costo,

ricavi accessori, ricavi straordinari ecc.), le rimanenze finali attive (di beni

o servizi).

Come si può evincere dall’elencazione dei principali componenti di reddito che

portano al risultato economico, in questa struttura si presta molta attenzione alle

rimanenze che devono essere rilevate separatamente dalle altre voci e senza alcun

tipo di compensazione20. Quella a costi, ricavi e rimanenze, inoltre, rappresenta la

struttura logica del conto economico derivante dall’applicazione del sistema del

reddito di Zappa precedentemente analizzato21.

Normalmente durante l’esercizio le operazioni di gestione vengono registrate senza

tener conto della loro competenza economica, ma alla data di chiusura dell’esercizio

vengono rilevate apposite voci che hanno il compito di determinare tale competenza.

Inoltre nella realtà il conto economico a costi, ricavi e rimanenze trovava scarsa

applicazione nella sua forma “pura”, in quanto, soprattutto con riferimento alle

immobilizzazioni, capitava spesso che alcune voci venissero calcolate per differenza

20 Ciò invece avviene in altre strutture del conto economico. 21 Si veda il paragrafo 1.1.

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anziché registrare tutti i costi, i ricavi e le rimanenze attinenti22.

I due difetti principali riconosciuti a questa tipologia di conto economico erano:

• l’assenza di una precisa separazione dei componenti di reddito straordinari da

quelli ordinari; tale problema veniva risolto con la rappresentazione dei

componenti straordinari in un prospetto a parte23 del quale veniva calcolato il

saldo positivo o negativo per poi essere rilevato nel Conto economico generale;

• l’assenza di risultati parziali che invece si riscontrano nell’odierna forma a

sezione unica e scalare; tale problema comporta l’impossibilità di formulare

qualsiasi giudizio sull’azienda che non sia strettamente correlato al reddito

d’esercizio.

2.1.2. IL CONTO ECONOMICO A COSTI E RICAVI

Come si è già visto all’inizio di questo capitolo, precedentemente all’introduzione

dell’art. 2425bis, il redattore poteva scegliere liberamente quale struttura del conto

economico adottare. Alla struttura teorizzata dallo Zappa la pratica preferiva di gran

lunga quella a costi e ricavi e quella a risultati lordi (che verrà esposta nel paragrafo

successivo) a causa dell’ampia libertà che queste due strutture lasciavano ai redattori.

Per ciò che concerne il conto economico a costi e ricavi esso non ha una struttura

22 A tal proposito lo Zappa scrive: “Di solito, nei riguardi delle immobilizzazioni, le sole quote di ammortamento contribuiscono direttamente alla costituzione del risultato d’esercizio; le così dette variazioni di valore capitale delle immobilizzazioni, connesse al variare dei prezzi, non sono in apparenza ammesse tra i componenti ordinari del reddito di esercizio; inoltre l’inscrizione dei Fondi ammortamento nella situazione finale consente la percezione, anche nel bilancio, del valore degli impianti all’inizio dell’esercizio,quando gli incrementi ne siano direttamente determinati: sono queste enunciate forse le principali ragioni che fanno apparire superflue l’inscrizione delle rimanenze immobilizzate tra i componenti caratteristici negativi e positivi del reddito, ma che non ne possono mutare la originaria natura”. G. ZAPPA, Il reddito di impresa, Giuffrè, 1950, p. 564. 23 Denominato Conto economico straordinario.

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tipica a cui si può fare riferimento in quanto può essere definito a costi e ricavi “quel

conto economico che in un’unica cifra presenta tra i componenti negativi i costi

d’acquisto delle merci, dei fattori di produzione, delle rimanenze iniziali e dei costi

straordinari e tra i componenti positivi la somma tra i ricavi di vendita della

produzione, i ricavi straordinari ed il valore delle rimanenze finali di magazzino”24.

La struttura a costi e ricavi che però nella pratica ed in dottrina ha riscontrato maggior

favore è sicuramente quella che in Italia ha sostenuto la scuola del de Dominicis, il

quale l’ha denominata a costi e ricavi della produzione, in cui nella sezione del dare

venivano rappresentati tutti i costi di utilizzazione25 e nella sezione dell’avere si

aveva “il valore (o ricavo) della produzione del periodo, espresso dal totale della

sezione destra del conto in cui i componenti positivi sono costituiti dai ricavi della

produzione caratteristica smerciata, da altri ricavi della produzione e da ricavi

accessori”26. Per quanto riguarda le rimanenze di prodotti la loro variazione va

sommata algebricamente27 ai ricavi di vendita per ottenere il valore della produzione

nell’esercizio. Le variazioni delle rimanenze di materie, invece, si sommano

algebricamente al costo di acquisto materie per ottenere il costo della produzione

realizzata nell’esercizio.

2.1.3. IL CONTO ECONOMICO A RISULTATI LORDI

Fino all’emanazione della legge 216/74 la forma del conto economico che nella

pratica italiana ha riscosso maggior successo è stata quella a risultati lordi. Poiché 24 A. Vivarelli, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam, 1983, p. 13. 25 Questa parte della dottrina considera un costo di utilizzazione qualsiasi dispendio, consumo o deprezzamento di beni o di servizi che si subisce per attuare un programma produttivo. 26 A. Vivarelli, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam, 1983, p. 15. 27 Tale variazione va sommata se R.F. > R.I.; sottratta se R.F. < R.I.

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tale struttura prevedeva l’iscrizione di pochissime voci per ciascuna delle due sezioni,

al prospetto del conto economico generale, per permettere al lettore del bilancio

maggiori informazioni riguardanti i componenti di reddito che hanno formato il

risultato finale d’esercizio, andava allegato un prospetto in cui veniva svolta

un’adeguata analisi delle voci lorde iscritte nel conto economico generale e con la

stessa forma vista per la formazione del risultato d’esercizio del conto economico a

costi, ricavi e rimanenze.28

Tra le voci lorde29 più importanti spicca senza dubbio quella che esprime il risultato

dell’attività caratteristica o fondamentale che ricorda l’odierna differenza tra valore e

costi della produzione30 che poteva derivare anche da risultati lordi relativi a più

specie o gruppi di prodotti31.

La gran parte della dottrina condannava questa struttura in quanto sovente non veniva

fornita adeguata analisi nel prospetto allegato sulle modalità del raggiungimento dei

risultati lordi e si preferiva la struttura a costi, ricavi e rimanenze per la sua maggiore

28 Riguardo a tale prospetto A. Vivarelli afferma che “un conto economico strutturato col risultato lordo, per avere efficacia informativa, dovrebbe essere accompagnato da apposito allegato (conto del risultato lordo o conto esercizio, come viene spesso denominato) che esponga i componenti (positivi e negativi) concorrenti alla formazione di tale risultato”. A. Vivarelli, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam, 1983, p. 18. 29 Definite anche integrali. 30 Si veda capitolo 3. 31 Come si vedrà meglio più avanti, tali voci, erano tutt’altro che inutili in quanto permettevano ai dirigenti dell’azienda di valutare eventuali ampliamenti, soppressioni o riduzioni di determinate produzioni d’azienda.

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espressività32. La struttura a risultati lordi rappresenta la struttura logica del conto

economico derivante dall’applicazione del sistema di rilevazione contabile

patrimoniale del Besta33.

32 A. Vivarelli a tal proposito scrive: “Non vi è dubbio che quest’ultima struttura (a costi ricavi e rimanenze, ndr) sia più espressiva di quella a risultati lordi per la maggiore analisi dei componenti di reddito; ma se del risultato lordo viene fornita adeguata analisi, talchè l’utente dell’informazione di bilancio possa ricavarsi un conto economico analitico, come nella struttura a costi, ricavi e rimanenze o in una espressiva struttura a costi e ricavi, non si vede il perché il conto economico coi risultati lordi debba essere condannato” A. Vivarelli, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam, 1983, p. 20. 33 Si veda paragrafo 1.1.

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19

2.2. LA IV DIRETTIVA CEE

Col decreto legislativo del 9 aprile 1991, n. 127, recante “Attuazione delle direttive

numero 78/660/CEE in materia societaria, relative ai conti annuali e consolidati, ai

sensi dell’art. 1 comma 1, della legge 26 marzo 1990 n. 69” vengono recepite le

norme previste dalla IV direttiva CEE34. Nell’elencare le motivazioni che l’hanno

spinto ad emanare la IV direttiva, il legislatore comunitario nella premessa alla

pubblicazione del testo ricorda che “è necessario che nella comunità si stabiliscano

condizioni giuridiche equivalenti minime quanto all’estensione delle informazioni

finanziarie che devono essere fornite al pubblico da parte di società35 concorrenti”.

Tuttavia alle società che lo stesso legislatore definisce “di scarsa rilevanza

economica” sono concesse delle deroghe36 in materia di pubblicazione delle

informazioni.

Per ciò che concerne il conto economico la direttiva europea (artt. 23/26) prevedeva

quattro schemi tra i quali i legislatori nazionali dovevano scegliere quale adottare.

Infatti gli schemi del conto hanno come variabili la forma, che può essere scalare o a

sezioni divise e contrapposte, e la struttura, che può essere a costi e ricavi integrali

della produzione ottenuta nel periodo o a costi e ricavi della produzione venduta; la

prima struttura prevede una classificazione dei costi secondo la loro natura od origine

34 Da questo momento oltre che il contenuto dei documenti cambia anche la terminologia che il nostro legislatore adotta per indicare i documenti componenti il bilancio; per ciò che concerne i due documenti di carattere contabile si passa dal “bilancio” della normativa precedente allo “stato patrimoniale” e dal “conto dei profitti e delle perdite” al “conto economico”. 35 In particolare ci si riferisce a quelle società che, come le srl e tutte le società di capitali offrono come tutela dei terzi soltanto il patrimonio sociale. 36 Per approfondimenti si veda G. Melis, P. Congiu, , Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, capitolo 9.

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mentre la seconda prevede una classificazione dei costi che si basa sulla loro

destinazione. In Italia è stato scelto come riferimento lo schema in cui viene adottata

la forma espositiva scalare e i costi sono classificati secondo la loro origine o

natura37; si è inoltre passati ad un contenuto prevalentemente rigido in quanto le poste

devono essere indicate separatamente e nell’ordine indicato. L’articolazione del

conto, così come previsto dall’articolo 2425, si basa su tre livelli:

• Le macroclassi o raggruppamenti, indicate con le lettere maiuscole38

• Le voci, precedute da numeri arabi

• Le sottovoci, indicate dalle lettere minuscole.

Capitolo 3 STRUTTURA E CONTENUTO DEL CONTO ECONOMICO SECONDO L’ATTUALE NORMATIVA CIVILISTICA

3.1. IL CONTO ECONOMICO PREVISTO DALL’ART. 2425 DEL C.C

Nell’articolo 7 della relazione al D. Lgs 9 Aprile 1991, N. 127 il legislatore motivava

l’adozione della forma e della struttura indicata dall’art. 23 della IV direttiva (forma

scalare, struttura a costi e ricavi della produzione ottenuta e classificazione dei costi

secondo la loro natura o origine) considerandola “più idonea di quella dell’art. 25 (a

costi classificati per destinazione) a recepire ulteriori suddivisioni di voci già

presenti nella disciplina vigente, ed a consentire collegamenti e correlazioni con lo

37 “La classificazione si basa sul criterio della natura dell’operazione ossia del tipo del fattore impiegato nel processo produttivo: costi per acquisti di materie, costi per stipendi, ecc. Rilevare le operazioni secondo il criterio della natura od origine dell’operazione è considerato più semplice rispetto alla classificazione per destinazione, ritenuta più espressiva dai princìpi contabili. Quest’ultimo criterio comporta, infatti, un’analisi del costo del fattore per imputarlo secondo l’area funzionale o centro di responsabilità a cui è destinato: retribuzioni area industriale, retribuzioni amministrative, ecc.” G. Melis, P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 136. La classificazione dei costi per destinazione è ritenuta molto difficile da applicare soprattutto per le imprese di piccole dimensioni. 38 Non si utilizzano i numeri romani previsti per indicare le classi dello Stato Patrimoniale.

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stato patrimoniale”. Tale adozione ha consentito inoltre di introdurre una serie di

ristultati parziali di considerevole valore informativo. “Il principale inconveniente di

tale modello, l’impossibilità di indicare stanziamenti a fondi o utilizzazioni di fondi, è

stato superato con l’obbligo di inserire specifiche informazioni della nota

integrativa39” 40. Le macroclassi previste sono 5 e le voci ventiquattro41: la

macroclasse A) (valore della produzione) ha segno positivo ed è costituita dalle voci

che vanno dalla n. 1) alla n. 5); dalla voce n. 6) alla n. 14) invece si hanno i costi

della produzione che appartengono alla Macroclasse B) la quale ha segno negativo. A

questo punto il documento offre al suo lettore un primo ed interessantissimo risultato

parziale, ovvero la differenza42 tra valore e costo della produzione, che è il risultato

delle attività principali ed accessorie (ma non riconducibili alle altre poste previste

per l’area finanziaria o straordinaria) dell’azienda. Le macroclassi C) e D) riflettono

la gestione delle operazioni riguardanti l’area finanziaria e ivi sono comprese le voci

dalla numero 15) a quella numero 19). Dopo la quinta ed ultima macroclasse, la E)

denominata Proventi ed Oneri straordinari e costituita dalle voci 20) e 21), abbiamo il

secondo risultato parziale, il risultato prima delle imposte. La voce 22), rappresenta le

imposte correnti, differite ed anticipate mentre la voce 23 è il risultato economico

39 Infatti nell’articolo 2427 il codice civile richiede la rilevazione delle “variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci del patrimonio netto, per i fondi e per il trattamento di fine rapporto, la formazione e le utilizzazioni”. 40 Relazione al D. Lgs 9 Aprile 1991, N. 127, articolo 7. 41 Nonostante vadano dalla numero 1 alla numero 23 è prevista anche la numero 17bis. 42 Alla fine di ogni macroclasse va inserito il totale delle voci che la compongono. Poiché, appunto, la macroclasse A è di segno positivo e quella B è di segno negativo tale differenza in simboli si scrive [A – B].

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conseguito nel periodo amministrativo considerato e denominato utile (perdita)

d’esercizio.

3.2. L’AREA DELLA GESTIONE CARATTERISTICA O TIPICA E

ACCESSORIA

La voce 1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni accoglie i ricavi conseguiti durante

il periodo amministrativo considerato e, per competenza, anche quelli derivanti da

beni consegnati, o servizi prestati, ma non ancora fatturati. Tali ricavi devono essere

registrati al netto di abbuoni, resi e premi di vendita o di sconti commerciali43.

Nonostante in fattura vadano indicati separatamente, la posta rileva anche i ricavi

accessori come i rimborsi per spese di trasporto, imballi ecc.

Le voci 2) e 3) rilevano, rispettivamente, variazioni delle rimanenze di prodotti in

corso di lavorazione, semilavorati e finiti e variazioni dei lavori in corso su

ordinazione cioè il saldo del conto, ottenuto dalla differenza tra le rimanenze iniziali,

rilevate in dare, e le rimanenze finali, rilevate in avere44.

La voce 4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni rappresenta “la

capitalizzazione dei costi di utilizzazione dei fattori produttivi impiegati dall’impresa

nell’allestimento in economia”45.

Nella voce 5) Altri ricavi e proventi vanno registrati proprio quei ricavi che, in via

residuale, derivano da operazioni accessorie alla stessa attività caratteristica e non 43 A differenza degli sconti finanziari, per pagamento pronta cassa, che vanno rilevati nell’area finanziaria, alla voce C17). 44 Con un saldo Dare la variazione ha segno negativo mentre col saldo Avere ha segno positivo. 45 G. Melis, P. Congiu, , Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 145.

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riconducibili all’area finanziaria o straordinaria46. Come si è già visto, dalla sesta

voce si passa alla seconda macroclasse e qui, analogamente a quanto visto per i

ricavi, vengono accolti47 tutti gli elementi negativi di reddito che contribuiscono a

determinare il totale dei costi delle attività caratteristiche ed accessorie dell’azienda.

Tali costi, inoltre, sono comprensivi anche dell’IVA indeducibile.

Le voci 6) e 7) accolgono, rispettivamente, i costi per materie prime, sussidiarie, di

consumo e di merci ed i costi per servizi di cui l’azienda ha usufruito durante il

periodo considerato48.

La voce 8) accoglie tutti i costi per godimento di beni di terzi tra cui eventuali canoni

di leasing di competenza economica dell’esercizio.

La voce 9) Costi per il personale è a sua volta suddivisa in cinque sottovoci ognuna

delle quali rileva specifici costi attinenti al personale: le sottovoci 9)a e 9)b accolgono

Stipendi e salari e Oneri sociali, le sottovoci 9)c e 9)d indicano gli accantonamenti

(ed eventuali pagamenti di ratei maturati nell’esercizio) dei fondi per il trattamento di

fine rapporto e del trattamento di quiescenza e simili. La sottovoce 9)e accoglie in

via residuale altri costi per il personale non previsti nelle altre poste.

46 I principi contabili indicano le categorie di ricavi che rientrano in questa voce residuale; per approfondimenti si veda G. Melis, P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 145-146 oppure Organismo Italiano di Contabilità, Principi contabili del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri, Documento n.12, Composizione e schemi del bilancio d’esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi, Giuffrè, 2005 pp. 43-44. 47 Al netto di valori rettificativi, resi, abbuoni, premi o sconti di quantità. 48 La voce B7) accoglie eventuali costi derivanti da collaborazioni di lavoro autonomo e senza vincoli di subordinazione e i servizi come quello della mensa, di aggiornamento professionale ecc. i quali, dunque, non vanno rilevati nella voce B9.

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La voce 10) Ammortamenti e svalutazioni è articolata in 4 sottovoci; nelle prime due

vengono registrati gli ammortamenti per le immobilizzazioni materiali e immateriali,

nella sottovoce 10c) si hanno Altre svalutazioni delle immobilizzazioni ritenute

durevoli e di natura non straordinaria49; la sottovoce 10d), infine, denominata

Svalutazione dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide

accoglie tutti gli accantonamenti con cui vengono adeguati eventuali “fondi

svalutazione crediti”, “fondi svalutazione crediti per interessi di mora”, ecc.

La voce 11), accogliendo la Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie,

di consumo e di merci, rappresenta il saldo del conto in cui vengono registrate le

rimanenze iniziali e quelle finali50.

Le voci 12) e 13) rilevano, rispettivamente, Accantonamenti per rischi ed Altri

accantonamenti con cui vengono adeguati i “Fondi per rischi e oneri” della

Macroclasse B dello Stato Patrimoniale.

L’ultima voce della Macroclasse B) è la numero 14), denominata Oneri diversi di

gestione, che ha carattere residuale in quanto accoglie tutti i costi della produzione

non collocabili nelle precedenti voci.

3.3. L’AREA DELLA GESTIONE FINANZIARIA

Comprende le macroclassi C) Proventi ed oneri finanziari e D) Rettifiche di valore di

attività finanziarie. La voce numero 15) accoglie i Proventi da partecipazioni, con

separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate; la voce

49 Se le svalutazioni vengono ritenute di natura straordinaria devono essere inserite nella macroclasse E) tra gli oneri straordinari. 50 Contrariamente a quanto visto nella nota n. 36 se qui si ha un saldo Dare la variazione ha segno positivo mentre se si ha saldo Avere la variazione ha segno negativo.

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numero 16) altri proventi finanziari è articolata in 4 sottovoci che prevedono la

separata indicazione di: 16a) proventi da crediti iscritti nelle immobilizzazioni che

riguardano gli interessi attivi derivanti da crediti iscritti nell’attivo immobilizzato

dello S.P., 16b) proventi da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono

partecipazioni e 16c) proventi da titoli iscritti nell’attivo circolante che non

costituiscono partecipazioni che accolgono “interessi maturati sugli investimenti

accessori in titoli del debito pubblico o su obbligazioni. Fra i proventi si rilevano

anche le quote di competenza del premio di sottoscrizione per il minor importo

versato per i titoli acquistati ad un valore sotto la pari”51. La sottovoce numero 16d)

proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese

controllate e collegate e di quelli da controllanti ha carattere residuale mentre la voce

17) interessi ed oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese

controllate e collegate e verso controllanti riguarda i componenti negativi di reddito

relativi all’area finanziaria. La voce 17-bis) utili e perdite su cambi rileva le

differenze tra il cambio monetario utilizzato all’epoca dell’effettuazione

dell’operazione e il cambio utilizzato per il pagamento o per la conversione, in sede

di chiusura, dei crediti e debiti in moneta estera esistenti al termine dell’esercizio.

La Macroclasse D) Rettifiche di valore di attività finanziarie è composta dalle voci

numero 18) e 19) in cui vengono accolte le rivalutazioni e le svalutazioni con

separata indicazione, in specifiche sottovoci, delle rettifiche di partecipazioni, di

immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni e di titoli iscritti nell’attivo

51 G. Melis, P. Congiu, , Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 155.

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circolante. L’articolo 2426 del c.c., al punto 3) prevede che le svalutazioni delle

immobilizzazioni derivino da perdite durevoli del loro valore52. Le rivalutazioni sono

invece molto meno frequenti e consistono nella rettifica delle svalutazioni.

3.4. I PROVENTI E GLI ONERI STRAORDINARI

Come si è visto al paragrafo 3.1 i componenti di reddito non attinenti alle operazioni

di ordinaria gestione interessano la Macroclasse E)53 e, precisamente, vengono

inseriti nelle voci n. 20), che accoglie i Proventi, con separata indicazione delle

plusvalenze da alienazione i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5 e la voce n. 21)

nella quale invece sono richiesti gli Oneri, con separata indicazione delle

minusvalenze da alienazione, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 e delle

imposte relative ad esercizi precedenti. Come si evince anche dalla denominazione

delle voci n. 20) e 21) il legislatore distingue nettamente le plusvalenze e le

minusvalenze ordinarie da quelle straordinarie. Affinché le plusvalenze, o

minusvalenze, da alienazione possano essere considerate ordinarie, e dunque accolte

dalle voci A5), o B14), è necessario che le cessioni delle immobilizzazioni materiali o

immateriali non derivino da riconversioni o ristrutturazioni aziendali (in tal caso

verrebbero rilevate tra i componenti di reddito straordinari) ma dal normale

esaurimento del ciclo di vita economica del bene. I principi contabili, infine,

52 “Si rilevano svalutazioni per adeguare il valore della partecipazione, iscritta nell’attivo immobilizzato, al decremento del netto patrimoniale della partecipata, a seguito di un andamento reddituale negativo, del presunto valore di realizzo, ecc.” G.Melis, P.Congiu, , Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 157. 53 Quello della non appartenenza ad operazioni di ordinaria gestione è l’unico requisito da rispettare affinché tali fatti amministrativi vengano registrati nella Macroclasse E). Il tutto a prescindere, dunque, dal fatto che si tratti di operazioni prettamente occasionali, eccezionali o fortuite.

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suggeriscono che se da tali operazioni derivano importi tali da stravolgere il Valore o

il Costo della produzione, le plusvalenze, o le minusvalenze, devono essere

considerate componenti di reddito straordinari54.

3.5. IL RISULTATO ANTE-IMPOSTE, IL REDDITO FISCALE, LE

IMPOSTE SUL REDDITO ED IL RISULTATO ECONOMICO D’ESERCIZIO

A questo punto il conto economico offre il secondo risultato parziale definito risultato

ante-imposte ed ottenuto dalla seguente operazione: A – B ± C ± D ± E. Tale risultato

ha principalmente 2 funzioni; la prima, di carattere prettamente conoscitivo, è che

permette al lettore di capire in che misura le imposte incidono sul risultato economico

finale e la seconda è che tale risultato è proprio la base da cui, una volta apportate le

variazioni in aumento o in diminuzione55, si ottiene il reddito imponibile sul quale

vengono applicate le aliquote d’imposta esigibili56. Tali variazioni possono essere

permanenti o temporanee; le prime hanno effetti solo sull’imponibile dell’esercizio in

cui vengono calcolate mentre le seconde generano variazioni anche negli esercizi 54 A tal proposito, nel documento numero 12, i principi contabili recitano che “deve trattarsi di entità tali da non stravolgere il significato tecnico del valore intermedio indicato dal legislatore come differenza tra valore e costo della produzione”. Organismo Italiano di Contabilità, Principi contabili del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri, Documento n. 12, Composizione e schemi del bilancio di esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi, Giuffrè, 2005, p. 44. 55 Il raccordo tra reddito civilistico e reddito fiscale è regolato dalle disposizioni previste dal TUIR, il quale, nell’art. 83, recita che “il reddito d’impresa è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal Conto Economico le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione delle norme del Testo Unico”. Cfr. G. Melis, P. Congiu, , Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, pp. 309-317. 56 “Fino ad alcuni anni or sono, le imposte sul reddito così determinate erano definite nella prassi (né la maggior parte della dottrina contabile distingueva ulteriormente) come imposte di competenza, ed imputate a Conto Economico con contropartita ai debiti tributari e storno degli acconti e ritenute. In realtà, le imposte esigibili non esprimono un importo di competenza economica, in quanto non sono correlate al reddito (determinato secondo le leggi civilistiche, ndr) prodotto nell’esercizio, ma ad un risultato al quale vengono apportate le variazioni fiscali richieste dal Testo Unico”. G. Melis, P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, p. 318.

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futuri in quanto, col meccanismo del riversamento (o reversal), vengono neutralizzate

da variazioni di segno opposto dell’imponibile degli esercizi futuri. A tal proposito, si

parla dunque di differenze temporanee in aumento (o tassabili)57, che generano

passività per imposte differite, e differenze temporanee in diminuzione (o

deducibili)58 le quali, invece, generano attività per imposte anticipate.

L’ultima voce del Conto Economico è la numero 23) utile (perdita) d’esercizio e

rappresenta il vero e proprio risultato economico che l’azienda ha conseguito

nell’esercizio59.

Capitolo 4 RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO PER LE ANALIS I DI BILANCIO

4.1. LE ANALISI DI BILANCIO COME SUPPORTO CONOSCITIVO E

DI CONTROLLO DI GESTIONE

57 Le imposte differite si riferiscono a componenti positivi di reddito a tassazione differita, come ad esempio le plusvalenze fiscalmente rateizzabili anche negli esercizi futuri ed a componenti negativi di reddito deducibili fiscalmente in esercizi precedenti a quello di iscrizione al conto economico, come ad esempio gli ammortamenti anticipati, non giustificati civilisticamente. In sostanza, le imposte differite rappresentano imposte di competenza economica dell’esercizio ma la cui esigibilità avverrà in un esercizio successivo. Cfr. L. Marchi, Introduzione alla contabilità d’impresa, Giappichelli, 1999, pp. 516-519. 58 Le imposte anticipate si riferiscono a componenti di reddito negativi a deducibilità differita, come ad esempio le svalutazioni dei crediti o gli ammortamenti eccedenti i limiti del Tuir, a componenti negativi a deducibilità parzialmente differita, spese di rappresentanza o manutenzioni eccedenti il 5% del costo dei beni, componenti negativi di reddito facoltativamente differiti, R & S e pubblicità, componenti deducibili solo a pagamento avvenuto (per cassa), compensi amministratori e contributi ad associazioni di categoria o, infine, a componenti positivi di reddito a tassazione anticipata rispetto alla loro iscrizione nel conto economico. In pratica, le imposte anticipate rappresentano imposte la cui esigibilità è prevista nell’esercizio, ma di competenza economica di esercizi successivi. Per approfondimento si veda G. Melis, P. Congiu, Il bilancio d’esercizio nelle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2006, pp. 307-330 e Organismo Italiano di Contabilità, Principi contabili del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri, Documento n. 25, Il trattamento contabile delle imposte sul reddito, Giuffrè, 2005. 59 Vedi paragrafo numero 1.3.

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Come si è già visto, il bilancio è il documento principale attraverso cui è possibile

valutare l’andamento dell’azienda e controllarne la gestione. Tuttavia, per quanto

esso fornisca una rappresentazione veritiera e corretta della situazione economico-

finanziaria e patrimoniale di un’azienda, resta sostanzialmente un sistema di simboli.

A tal proposito sono dunque necessarie “opportune elaborazioni che riducano il

simbolismo imposto dal rispetto delle convenzioni contabili e ne accrescano il

contenuto informativo sulla gestione d’impresa. Tali elaborazioni vanno sotto il

nome di Analisi di Bilancio”60. Da ciò chiaramente consegue che le informazioni

prodotte con tali rielaborazioni delle poste previste dallo schema civilistico sono tanto

più affidabili quanto più attendibili risultano i dati di partenza evidenziati nel bilancio

d’esercizio. Le poste, prima di essere effettivamente analizzate, vengono riclassificate

col duplice scopo di evidenziare e di comparare alcuni risultati ottenuti dalla gestione

e non direttamente deducibili dalla lettura del bilancio. Le analisi di bilancio possono

essere articolate in analisi per indici ed analisi per flussi; nelle analisi per indici

vengono messe in relazione due o più quantità che “indicano” (o rappresentano)

valori patrimoniali, finanziari ed economici61; con le analisi per flussi, invece, “si

tende ad evidenziare la capacità dell’impresa di generare o consumare una data

risorsa finanziaria durante l’esercizio62” 63. Un’altra suddivisione delle analisi di

60 F. Giunta, L’impiego dei nuovi schemi di bilancio di derivazione comunitaria per le analisi economico-finanziarie d’impresa”, Cedam, 1992, p. 4. 61 Come ad esempio il reddito netto (Rn) ed il patrimonio netto (N) che messi a rapporto danno vita al Roe. A tal proposito, A. Spano scrive: “L’analisi per indici utilizza sia rapporti tra quantità di valori, cioè rapporti tra numeratore e denominatore con espressioni matematiche di tipo frazionario (ratios in inglese)… sia differenze tra valori, cioè i cosiddetti margini” A. Spano, Lineamenti di analisi di bilancio, Giuffrè, 2002, pp. 2-3. 62 G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p. 6.

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bilancio è la distinzione tra analisi interne ed analisi esterne. Nel primo caso si ha che

le elaborazioni vengono svolte da un soggetto interno all’azienda analizzata mentre

nel secondo caso l’analisi è svolta da un soggetto esterno. L’unica sostanziale

differenza sta nella quantità di informazioni che gli analisti hanno a disposizione. Un

soggetto esterno che si deve basare soltanto sul bilancio pubblicato non avrà la

possibilità di porre in essere alcuni tipi di analisi per le quali, per esempio e come si

vedrà meglio più avanti, è necessaria una classificazione dei costi (per destinazione)

diversa da quella utilizzata per redigere il bilancio civilistico.

4.2. L’ANALISI DELLA SITUAZIONE ECONOMICA AZIENDALE

Propedeutica all’analisi è dunque la riclassificazione del bilancio. Riguardo al conto

economico dottrina e pratica hanno da sempre preferito una riclassificazione del

documento che esponesse le voci secondo la forma scalare. Nonostante, almeno per

ciò che concerne la struttura, in seguito all’applicazione della IV direttiva CEE le

differenze tra conto economico civilistico e conto economico riclassificato si siano

notevolmente assottigliate “la distanza fra il conto economico del bilancio-

rendiconto ed il conto economico del bilancio-riclassificato, non si è annullata del

tutto”64. Nella riclassificazione delle poste, oltre ai valori contabili, si indicano anche

quelli percentuali65 utilizzando come base, a seconda delle strutture di conto

63 Come ad esempio accade nelle analisi dei flussi di cassa in cui vengono ricostruiti i movimenti di cassa di un certo periodo. Per approfondimenti si veda A. Spano, Lineamenti di analisi di bilancio, Giuffrè, 2002, cap. 8. 64 C. Caramello, Indici di bilancio, Giuffrè, 1993, p. 97. 65 A tal proposito G. Melis scrive: “La percentualizzazione dei valori consente di riportare ad un’unità di riferimento comune l’importo delle poste, evidenzia meglio la composizione strutturale delle diverse voci del conto economico e facilita i confronti temporali”. G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p. 49.

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utilizzate, il valore dei ricavi di vendita o il valore della produzione ottenuta. Prima di

passare all’esposizione degli schemi è però utile illustrare brevemente i limiti

informativi dell’odierno conto economico civilistico, il quale, nonostante abbia

superato alcuni problemi del conto economico a costi, ricavi e rimanenze vigente fino

all’emanazione del D. lgs. 127/91, presenta ancora alcuni punti critici. Mentre il

“conto dei profitti e delle perdite” era criticato dalla dottrina soprattutto perché con la

sua forma a sezioni divise si limitava a rappresentare il risultato finale d’esercizio,

senza distinguere tra i componenti di reddito operativi e quelli straordinari ed inoltre

utilizzava una classificazione dei costi per natura o origine anziché per destinazione,

come si è già visto nei capitoli precedenti, l’odierna forma del conto economico a

sezione unica (running form) permette l’evidenziazione di alcuni risultati parziali;

nonostante ciò la struttura richiesta dall’articolo 2425 non evidenzia esplicitamente

alcune informazioni molto utili ai fini della programmazione e del controllo della

gestione. Tra i più importanti spiccano senza dubbio l’assenza dell’evidenziazione

della ricchezza creata in più dall’attività caratteristica d’impresa rispetto al valore dei

fattori produttivi acquistati esternamente (come si vedrà più avanti, a tal proposito si

parla del Valore Aggiunto) e la classificazione dei costi per natura o origine e non per

destinazione la quale, come si è detto più volte, è considerata più espressiva della

prima.

Proprio per colmare tali lacune, le strutture del conto economico riclassificato che

hanno avuto un maggior seguito sono quella funzionale e quella a valore della

produzione o a valore aggiunto. Il primo modello consiste nell’assegnazione dei

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componenti di reddito a ciascuna area funzionale del sistema aziendale in quanto in

tal modo è possibile osservare il risultato raggiunto da ogni area66. Il modello del

valore aggiunto invece mette in evidenza la già citata ricchezza prodotta in più dalla

gestione dell’attività caratteristica aziendale rispetto ai fattori produttivi acquistati

dall’esterno; esso è quello preferito dalla pratica italiana e raccomandato dalla

Consob poichè lascia invariata la classificazione dei costi e dei ricavi prevista

dall’articolo 2425 e presenta una capacità informativa piuttosto elevata.

4.3. LA RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO A VALORE

AGGIUNTO

In Italia, come si è visto nel paragrafo precedente, il modello di riclassificazione più

adottato nella pratica è quello a Valore Aggiunto (Va). Per un’esposizione ottimale di

questa struttura è necessario introdurre i concetti che distinguono i componenti

negativi di reddito tra costi esterni e costi interni. Riguardo a tale distinzione il Melis

scrive che “i costi esterni possono essere definiti come tutti quei costi dei fattori della

produzione che l’azienda ha acquisito dall’esterno, in particolare il costo per il

consumo di materie (espresso dalla somma algebrica della posta B6 e B11) o il costo

delle merci vendute, le spese per servizi, per godimento beni di terzi e gli oneri

diversi di gestione… i costi interni invece si riferiscono a quei fattori produttivi,

personale e beni strumentali, che costituiscono la struttura tecnico-produttiva

dell’azienda preesistente all’avvio della produzione”67. A tal proposito anche il

66 Nonostante tali informazioni siano molto espressive riguardo alla situazione aziendale risulta più complicato definire con precisione l’appartenenza dei componenti del reddito ad una o all’altra funzione. Cfr. paragrafo 3.1. 67 G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p. 56.

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Caramiello asserisce che tale distinzione poggia sulla suddivisione tra fattori interni e

fattori esterni della produzione. I fattori interni sono “preesistenti rispetto alla

produzione all’interno della combinazione aziendale” 68 e i fattori esterni invece sono

“contestuali rispetto alla produzione in quanto acquisiti dall’esterno della

combinazione aziendale”69. Il valore aggiunto rappresenta proprio la differenza tra la

produzione ottenuta nell’esercizio, o i ricavi netti di vendita,70 ed i costi “esterni” che

l’azienda ha dovuto sostenere per porre in essere la stessa produzione. Tale risultato

indica inoltre la ricchezza lorda che l’azienda ha creato con lo svolgimento della sua

attività caratteristica e con cui deve coprire i costi relativi ai fattori di produzione

“interni” (soprattutto, dunque, personale e quote di ammortamento). Se al valore

aggiunto vengono sottratti una parte dei costi interni, ovvero quelli rilevati nella voce

B9 del conto economico civilistico (si tratta principalmente di stipendi e salari, oneri

sociali e accantonamenti tfr), si ottiene un altro risultato parziale di fondamentale

importanza, il Margine Operativo Lordo (MOL). La sua importanza deriva

soprattutto dal fatto che, essendo al lordo dei costi con cui si remunera il capitale

fisso, non è influenzato da valutazioni soggettive dei redattori del bilancio relative

alle politiche degli ammortamenti e degli accantonamenti ai fondi rischi ed oneri.

Un’ulteriore risultato di notevole importanza conoscitiva è il Risultato Operativo

68 C. Caramello, Indici di bilancio, Giuffrè, 1993, p. 138. 69 C. Caramello, Indici di bilancio, Giuffrè, 1993, p. 138. 70 Ciò varia a seconda della struttura del conto economico e, dunque, del tipo di impresa che si sta analizzando. Così nelle aziende mercantili e di servizi avremmo i ricavi netti di vendita mentre nelle imprese industriali la produzione ottenuta nell’esercizio. Per le differenze tra gli schemi di riclassificazione si veda il paragrafo 4.3.

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Caratteristico71 (Roc) il quale si ottiene sottraendo dal Mol la seconda parte dei costi

interni, ovvero gli ammortamenti e gli accantonamenti ai fondi rischi ed oneri, che ad

evidenza hanno carattere più soggettivo. La rilevanza del Roc è data dal fatto che

esso evidenzia il risultato conseguito dall’attività caratteristica dell’azienda.

Proseguendo l’analisi del conto economico riclassificato si incontra il Risultato

Operativo Globale (Ro) conseguito nell’esercizio il quale, rispetto al Roc, considera

gli oneri ed i proventi atipici e patrimoniali rilevati nelle voci C15, C16 ed

eventualmente C17 del conto economico72. Prima del risultato ante-imposte e del

risultato economico (utile o perdita) d’esercizio si ha il cosiddetto Risultato ordinario

che si ottiene sottraendo al Ro gli oneri finanziari registrati nella voce C17.

4.4. I VARI SCHEMI DI RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO

A VALORE AGGIUNTO

Come si è già avuto modo di osservare nei paragrafi precedenti, la struttura del conto

economico riclassificato varia a seconda del tipo di azienda presa in considerazione;

così per le aziende industriali avremo una struttura a costi e ricavi della produzione

ottenuta, per le imprese mercantili a ricavi e costo del venduto mentre per le imprese

di servizi a costi e ricavi netti di vendita. Le differenze tra le suddette strutture si

hanno solo nella prima parte che porta al conseguimento del Roc, ovvero al risultato

dell’attività caratteristica. Tutto ciò che concerne la riclassificazione delle poste che

si riferiscono all’attività extra-caratteristica, invece, è simile in tutte le strutture. 71 Detto anche Margine Operativo Netto. 72 Nella voce C17, ad esempio, potrebbero essere inserite minusvalenze relative alla cessione di titoli posseduti per la negoziazione (investimenti patrimoniali-accessori). Inoltre il Ro considera eventuali proventi ed oneri accessori (ad esempio fitti attivi su immobili dati in locazione) indicati nelle voci A5 e B14.

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4.4.1. Struttura a costi e ricavi della produzione ottenuta

Riclassificazione conto economico: impresa industriale*

+/- +/- + +

Ricavi netti di vendita della produzione Variazione rimanenze prodotti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione Variazione rimanenze lavori in corso su ordinazione Incrementi immobilizzazioni per lavori interni Altri ricavi accessori

%

- - - -

Valore della produzione (V) Consumi di materie Costi per servizi Costi per godimento beni di terzi Oneri diversi di gestione

100

-

Valore aggiunto (Va) Costi per il personale: Stipendi e contributi Accantonamento fondo t.f.r. Altri Oneri

%

- - -

Margine operativo Lordo (MOL) Ammortamento immobilizzazioni materiali Ammortamento immobilizzazioni immateriali Accantonamento ai fondi rischi e spese future

%

- +

Risultato operativo caratteristico (Roc) Oneri atipici e patrimoniali Proventi atipici e patrimoniali

%

Risultato operativo globale % - Oneri finanziari - +

Risultato ordinario Oneri straordinari Proventi straordinari

%

Risultato prima delle imposte % - Imposte sul reddito % Risultato d’esercizio %

* schema tratto da G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p.59

In questa struttura ciò che rappresenta la base 100 per effettuare la

percentualizzazione del conto economico è il Valore della produzione (V) che si

ottiene come somma algebrica dai ricavi netti di vendita, delle variazioni delle

rimanenze dei prodotti, dei semilavorati, dei prodotti in corso di lavorazione, dei

prodotti in corso su ordinazione nonché dell’incremento di immobilizzazioni per

eventuali costruzioni in economia. In questa struttura il valore aggiunto si calcola

sottraendo al valore della produzione i costi esterni mentre per gli altri risultati

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parziali (Mol, Roc e Ro) valgono le stesse osservazioni fatte nel paragrafo

precedente.

4.4.2. Struttura a ricavi e costo del venduto

Riclassificazione conto economico: impresa mercantile*

+ -

Ricavi netti di vendita Altri ricavi accessori Costo delle merci vendute

100

- - -

Margine lordo commerciale Costi per servizi Costi per godimento beni di terzi Oneri diversi di gestione

%

-

Valore aggiunto (Va) Costi per il personale: Stipendi e contributi Accantonamento fondo t.f.r. Altri Oneri

%

- - -

Margine operativo Lordo (MOL) Ammortamento immobilizzazioni materiali Ammortamento immobilizzazioni immateriali Accantonamento ai fondi rischi e spese future

%

- +

Risultato operativo caratteristico (Roc) Oneri atipici e patrimoniali Proventi atipici e patrimoniali

%

Risultato operativo globale % - Oneri finanziari - +

Risultato ordinario Oneri straordinari Proventi straordinari

%

Risultato prima delle imposte % - Imposte sul reddito % Risultato d’esercizio %

* schema tratto da G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p.60

In questa configurazione di conto economico la base 100 è data dai Ricavi netti di

vendita dai quali sommando glia Altri ricavi accessori e sottraendo i costi delle merci

vendute73 si ottiene il cosiddetto Margine lordo commerciale che equivale al Valore

Aggiunto più gli altri costi esterni che non riguardano l’acquisto di merci (per servizi,

per godimento di beni di terzi e per oneri diversi di gestione). Anche in questa

73 Voce A5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.

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struttura gli altri risultati parziali (Mol, Roc e Ro) si ottengono con le stesse modalità

viste in precedenza.

4.4.3. Struttura a costi e ricavi (netti) di vendita

Riclassificazione conto economico: impresa di servizi*

+

Ricavi netti di vendita Altri ricavi accessori

100

- - - -

Ricavi attività caratteristica Costo materiali consumati (B6 + B11) Costi per servizi Costi per godimento beni di terzi Oneri diversi di gestione

%

-

Valore aggiunto (Va) Costi per il personale: Stipendi e contributi Accantonamento fondo t.f.r. Altri Oneri

%

- - -

Margine operativo Lordo (MOL) Ammortamento immobilizzazioni materiali Ammortamento immobilizzazioni immateriali Accantonamento ai fondi rischi e spese future

%

- +

Risultato operativo caratteristico (Roc) Oneri atipici e patrimoniali Proventi atipici e patrimoniali

%

Risultato operativo globale % - Oneri finanziari - +

Risultato ordinario Oneri straordinari Proventi straordinari

%

Risultato prima delle imposte % - Imposte sul reddito % Risultato d’esercizio %

* schema tratto da G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p.61

Questo modello di riclassificazione è molto adatto per le imprese di servizi in cui le

rimanenze non hanno particolare incidenza sui risultati della gestione dell’esercizio.

La base 100 è data dai Ricavi netti di vendita. Il Valore Aggiunto qui è ottenuto

sommando ai Ricavi netti gli altri ricavi accessori74 e sottraendo i costi dei materiali

consumati, per servizi, per godimento di beni di terzi e gli oneri diversi di gestione.

74 Da questa somma si ottengono i Ricavi dell’attività caratteristica.

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4.5. LA RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO PER AREE

FUNZIONALI

Conto economico impresa industriale riclassificato per aree funzionali*

+/- +/- +

Ricavi netti di vendita della produzione Variazione rimanenze prodotti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione Variazione rimanenze lavori in corso su ordinazione Incrementi immobilizzazioni per lavori interni

%

- - -

Valore della produzione (V) Consumi di materie prime e sussidiarie Costi per servizi industriali Oneri diversi industriali

100

-

Valore aggiunto industriale (Va) Costi per il personale industriale: Ammortamento immobilizzazioni tecniche industriali Accantonamento ai fondi rischi e spese future industriali

%

- - -

Risultato lordo industriale Costi commerciali Costo del personale commerciale Costi per servizi commerciali Altri costi commerciali Costi ricerca e sviluppo Costo del personale ricerca Ammortamenti costi ricerca Altri costi ricerca Costi dell’amministrazione Costo del personale amministrazione Costi per servizi amministrazione Ammortamenti amministrazione Altri costi amministrazione

%

Risultato operativo caratteristico %

* schema tratto da G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p.66

Il conto economico riclassificato per aree funzionali risulta molto utile in quanto

permette all’Alta direzione di valutare se ogni singola area funzionale ha raggiunto

gli obiettivi prefissati. Come si è già visto nel paragrafo 4.2 tale riclassificazione

prevede un’attribuzione dei costi per destinazione economica e le difficoltà maggiori

si presentano nella destinazione dei costi indiretti (si pensi alla corrente elettrica, al

personale di sorveglianza, ecc.) per i quali è richiesto un maggior grado di

soggettività. L’analisi per destinazione spesso riguarda costi e ricavi operativi perciò

essa si svolge quasi del tutto all’interno dell’area caratteristica; così come avviene

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nelle strutture delle riclassificazioni a valore aggiunto anche qui la base per effettuare

la percentualizzazione di tutte le voci del prospetto è, in linea generale, la produzione

ottenuta (per le imprese industriali) e la produzione venduta (imprese mercantili e di

servizi). Anche le voci dei costi e dei ricavi che poi porteranno al conseguimento del

risultato caratteristico (il Roc) variano a seconda del tipo di impresa che si sta

analizzando Così per un’impresa mercantile ai ricavi netti di vendita vengono sottratti

i costi dell’area commerciale (personale di vendita, costi per agenti e distributori,

ammortamenti commerciali, ecc.), dell’area marketing (promozioni, personale

marketing, ammortamenti marketing ecc.), dell’area gestione magazzino (personale

gestione magazzino, godimento beni di terzi, servizi magazzino, ammortamenti

magazzino, ecc.) e infine i costi dell’area amministrazione. Per le imprese industriali

invece al valore della produzione vengono sottratti i costi industriali (personale

industriale, materie prime e sussidiarie ecc.) e i costi da attribuire alle varie aree

commerciali, di ricerca e sviluppo e dell’amministrazione.

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4.6. IL CONTO ECONOMICO A MARGINI DI CONTRIBUZIONE

Schema di sintesi per la determinazione dei margini di contribuzione*

Prodotto A B Totale

Ricavi netti di vendita - Costi variabili industriali commerciali

= Margine lordo di contribuzione - Costi fissi diretti industriali e commerciali

=Margine semilordo di contribuzione - Costi fissi (comuni) indiretti

= Risultato operativo

*schema tratto da G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p. 77.

Nel paragrafo 4.3 si è visto come dalla distinzione tra costi interni e costi esterni

derivi la struttura del conto economico riclassificato a valore aggiunto; un ulteriore

suddivisione dei costi, quella tra costi fissi e costi variabili, risulta utile per la

riclassificazione del documento a margini di contribuzione. Nella concreta realtà

aziendale, però, “non sempre il regime di variabilità dei costi è facilmente definibile,

per la presenza di costi di fattori variabili in modo più o meno proporzionale al

volume della produzione e perché il costo di alcuni fattori ha un andamento

semivariabile”75; si pensi, ad esempio, alla corrente elettrica che presenta un costo

fisso, rapportato alla potenza, ed un costo variabile in base all’utilizzo. Un altro

fattore produttivo molto particolare sotto l’aspetto della variabilità è il lavoro il cui

costo può variare in base ad accordi contrattuali o al costo della vita e non sempre in

base al volume della produzione76.

75 G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p. 74. 76 In presenza di eventuali contrazioni produttive, tra l’altro, non sempre è possibile ridurre anche la mano d’opera diretta a causa di leggi che per motivi di carattere sociale potrebbero ostacolare tali riduzioni.

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Risolto il problema della definizione della variabilità dei costi è necessario esporre in

che modo vengano reintegrati i costi fissi; se ai ricavi di vendita (o al valore della

produzione) vengono sottratti i costi variabili si ottiene il Margine Lordo di

Contribuzione con cui, appunto, verranno fronteggiati i costi fissi. Questi ultimi,

come si evince anche dallo schema, vengono suddivisi in costi fissi diretti e costi fissi

(comuni) indiretti77 e se dal Margine Operativo Lordo vengono sottratti i soli costi

fissi diretti si ottiene il Margine semilordo di contribuzione col quale, appunto,

verranno fronteggiati i costi fissi indiretti.

L’utilità dei margini lordi e semilordi di contribuzione è particolarmente utile nei

seguenti casi:

• nelle valutazioni delle alternative produttive come la composizione del mix

dei prodotti, produrre internamente o decentrare parti del processo produttivo

(make or buy).

• nella determinazione del volume di produzione o di fatturato con cui

reintegrare i costi fissi.

77 Un esempio di costo fisso diretto può essere l’ammortamento di un macchinario acquistato solo per lavorazione di un dato prodotto, mentre un esempio di costo fisso indiretto può essere la sorveglianza del locale dell’azienda. Tale distinzione dei costi viene classificata secondo le modalità di imputazione ai loro oggetti e, se si prescinde dalla loro variabilità, a tal proposito si parla di costi diretti o costi indiretti. Cfr L. Brusa, Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè, 2000, pp. 32-33.

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• nella conoscenza, in sede di formazione del budget, della diversa variabilità dei

costi i quali “costituiscono utili riferimenti nella costruzione dei preventivi di

costo”78

78 G. Melis, Il bilancio d’esercizio come strumento di controllo della gestione, Giuffrè, 2004, p. 74. Per un approfondimento riguardo all’utilità dei margini lordi e semilordi di contribuzione si veda L. Brusa, Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè, 2000, pp. 72-75.

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