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IL CASO. it Sezione II – Dottrina, opinioni e interventi documento n. 166/2009 23 settembre 2009 Sezione II – Dottrina, opinioni e interventi 1 IL DANNO NON PATRIMONIALE DA RESPONSABILITACONTRATTUALE: ANALISI DI CASI CONCRETI E DISCIPLINA RISARCITORIA ALLA LUCE DELLINTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE. DOTT. LAURA DE SIMONE Sommario: 1. Premessa - 2. Quando l’inadempimento contrattuale può causare danni non patrimoniali? - 3. Il danno non patrimoniale è danno conseguenza e in quanto tale va allegato e provato - 4. Contenuto del risarcimento - 5. Estensione negoziale delle voci di danno risarcibili? - 6. Casi concreti - 6. 1 I contratti di protezione – 6. 2 La vacanza rovinata - 6. 3 La responsabilità del produttore – 6. 4 I contratti con società fornitrici di servizi pubblici essenziali 1. Premessa Le quattro sentenze delle Sezioni Unite 1 del novembre del 2008 hanno l’indiscutibile pregio di superare, in via generale e definitiva, la tesi della natura necessariamente patrimoniale del danno derivato dalla violazione di obbligazioni di natura contrattuale 2 , e questo a prescindere dall’adesione o meno al principio in esse espresso circa la piena applicabilità dell’art. 2059 c.c. alla materia della responsabilità per inadempimento contrattuale, forse 1 “Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della minima tutela costituita dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l’obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale”, Cass. , sez. un. civ. , 11 novembre 2008 n. 26972, n. 26973, n. 26974, n. 26975 in Foro it. , 2009, I, 120, con note di Palmieri, La rifondazione del danno non patrimoniale, all’insegna della tipicità dell’interesse leso (con qualche attenuazione) e dell’unitarietà; Pardolesi-Simone, Danno esistenziale (e sistema fragile): “Die hard”; Ponzanelli, Sezioni Unite: il “nuovo statuto” del danno non patrimoniale; Navarretta, Il valore della persona nei diritti inviolabili e la sostanza dei danni non patrimoniali. 2 L’art. 2059 c.c. era ritenuto dalla dottrina tradizionale norma dettata esclusivamente nell’ambito della disciplina della responsabilità extracontrattuale. Ex multis Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, 628; Torrente, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, 467-468; Galgano, Diritto privato, Padova, 1983, 199-200. Ancora della stessa opinione, nel senso che il contratto è questione di tasche e non di cuore A. M. Benedetti, Chi non adempie o adempie male, deve risarcire “anche le lacrime” annotazioni sul danno morale da contratto, in Giur. it. , 2009, 1054.

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IL CASO. it Sezione II – Dottrina, opinioni e interventi documento n. 166/2009

23 settembre 2009 Sezione II – Dottrina, opinioni e interventi

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IL DANNO NON PATRIMONIALE DA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE: ANALISI DI CASI CONCRETI E DISCIPLINA RISARCITORIA ALLA LUCE

DELL’INTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE.

DOTT. LAURA DE SIMONE

Sommario: 1. Premessa - 2. Quando l’inadempimento contrattuale può causare danni non patrimoniali? - 3. Il danno non patrimoniale è danno conseguenza e in quanto tale va allegato e provato - 4. Contenuto del risarcimento - 5. Estensione negoziale delle voci di danno risarcibili? - 6. Casi concreti - 6. 1 I contratti di protezione – 6. 2 La vacanza rovinata - 6. 3 La responsabilità del produttore – 6. 4 I contratti con società fornitrici di servizi pubblici essenziali

1. Premessa Le quattro sentenze delle Sezioni Unite1 del novembre del 2008 hanno

l’indiscutibile pregio di superare, in via generale e definitiva, la tesi della natura necessariamente patrimoniale del danno derivato dalla violazione di obbligazioni di natura contrattuale2, e questo a prescindere dall’adesione o meno al principio in esse espresso circa la piena applicabilità dell’art. 2059 c.c. alla materia della responsabilità per inadempimento contrattuale, forse

1 “Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della

minima tutela costituita dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l’obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale”, Cass. , sez. un. civ. , 11 novembre 2008 n. 26972, n. 26973, n. 26974, n. 26975 in Foro it. , 2009, I, 120, con note di Palmieri, La rifondazione del danno non patrimoniale, all’insegna della tipicità dell’interesse leso (con qualche attenuazione) e dell’unitarietà; Pardolesi-Simone, Danno esistenziale (e sistema fragile): “Die hard”; Ponzanelli, Sezioni Unite: il “nuovo statuto” del danno non patrimoniale; Navarretta, Il valore della persona nei diritti inviolabili e la sostanza dei danni non patrimoniali.

2 L’art. 2059 c.c. era ritenuto dalla dottrina tradizionale norma dettata esclusivamente nell’ambito della disciplina della responsabilità extracontrattuale. Ex multis Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, 628; Torrente, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, 467-468; Galgano, Diritto privato, Padova, 1983, 199-200. Ancora della stessa opinione, nel senso che il contratto è questione di tasche e non di cuore A. M. Benedetti, Chi non adempie o adempie male, deve risarcire “anche le lacrime” annotazioni sul danno morale da contratto, in Giur. it. , 2009, 1054.

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non indispensabile alla luce della lettura “estensiva” operata dal collega Di Marzio dell’art. 1223 c.c. , ed quindi anche a prescindere dal riconoscimento del danno non patrimoniale - anche per i contratti - solo nell’ipotesi di lesione di diritti della persona costituzionalmente garantiti.

In realtà già le Sezioni Unite Cass. 24.3.2006 n. 65723 avevano consacrato la risarcibilità dei danni non patrimoniali derivanti da illecito contrattuale, ma nel più limitato contesto del rapporto di lavoro, ove peraltro trova applicazione l’art. 2087 c.c. , norma che assicura il diretto accesso alla tutela di tutti i danni non patrimoniali senza necessità di scomodare né l’art. 1223 né l’art. 2059 c.c. . Il ristretto ambito lavoristico in cui la pronuncia era stata resa non aveva quindi consentito alla giurisprudenza di merito di estrapolare il principio, ora invece affermato in generale per ogni illecito contrattuale.

Valutando il danno non patrimoniale immanente all'intero sistema risarcitorio, si rende necessario in questa sede soffermarsi sul tipo di indagine che si imporrà con sempre maggior frequenza nelle aule di giustizia nelle infinite ipotesi di inadempimento contrattuale, nel tentativo di individuare regole comuni da applicare nell’accertamento e nella quantificazione del danno non patrimoniale derivato dalla violazione della lex contractus.

Certamente, le norme generali di riferimento per il risarcimento nell'ambito contrattuale restano gli artt. 1218 ss. c.c. , sicché il danno non patrimoniale sarà risarcibile secondo i principi generali che regolano l'illecito contrattuale e il relativo diritto si prescriverà nel termine decennale previsto dall’art. 2946 c.c. .

2. Ma quando l’inadempimento contrattuale può causare danni non

patrimoniali? Le Sezioni Unite affrontano la questione partendo dall’art. 1174 c.c.

che stabilisce che le obbligazioni devono avere per oggetto prestazioni suscettibili di valutazione economica e devono soddisfare un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. È l’indagine relativa alla causa concreta del contratto4 che consente di riscontrare gli interessi che, nello specifico, il

3 In Foro it. 2006, 9 2334 con nota di Cendon, Voci lontane, sempre presenti sul danno esistenziale, e nota di Ponzanelli, La prova del danno non patrimoniale e i confini tra danno esistenziale e danno non patrimoniale.

4 Richiamano le Sezioni Unite in maniera adesiva Cass. , sez. III, 8 maggio 2006, n. 10490, in Giust. civ. Mass. 2006, 5, ove era delineato approfonditamente il concetto di causa concreta, osservandosi che “La definizione del codice è, in definitiva, quella di funzione economico-sociale del negozio riconosciuta rilevante dall'ordinamento ai fini di giustificare la

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negozio mira a realizzare, che potranno essere di contenuto patrimoniale ovvero di contenuto non patrimoniale (es. l’ acquisto di un biglietto per uno spettacolo teatrale, per un concerto o per una mostra soddisfa bisogni morali, culturali o estetici del creditore). Ogni qualvolta il contratto soddisfa interessi anche non patrimoniali del creditore, l’inadempimento può causare danni non patrimoniali (come nel caso dell’acquisto di un’autovettura utilizzata per lavoro ma non solo, per cui se il bene non viene consegnato o presenta vizi potranno aversi sia ripercussioni negative sia economiche che nell’organizzazione della vita dell’acquirente, o nell’acquisto di un fondo per realizzarvi una costruzione e godere di un determinato panorama, per cui se il fondo non presenta le caratteristiche convenute e il panorama è diverso da quello previsto il creditore potrà risentirne negativamente nella sfera di realizzazione della propria personalità). Tanto più questi interessi saranno prevalenti, tanto più il mancato adempimento sarà probabile fonte di danni non patrimoniali (ad esempio così è nel contratto di vacanza tutto compreso, ovvero nel contratto di prestazione d’opera dell’estetista). Questi danni saranno poi risarcibili, nella lettura offerta dalle Sezioni Unite, nell’alveo della limitata protezione dell’art. 2059 c.c. ovvero solo quando l’inadempimento abbia determinato una lesione di diritti inviolabili della persona tutelati dalla Costituzione5 o di diritti espressamente previsti dalla legge (come per l’art. 2087 c.c. nel contratto di lavoro o l’art. 1681 c.c. nel contratto di trasporto).

tutela dell'autonomia privata (così, testualmente, la relazione del ministro guardasigilli); ma è noto che, da parte della più attenta dottrina, e di una assai sporadica e minoritaria giurisprudenza (Cass. Sez. 1^, 7 maggio 1998, n. 4612, in tema di Sale & lease back) Sez. 1^, 6 agosto 1997, n. 7266, in tema di patto di non concorrenza; Sez. 2^, 15 maggio 1996, n. 4503, in tema di rendita vitalizia), si discorre da tempo di una fattispecie causale "concreta", e si elabori una ermeneutica del concetto di causa che, sul presupposto della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio (che, a tacer d'altro, non spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato). Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale, si badi, e non anche della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritta nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga alfine a cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale”.

5 Correttamente quindi il Trib. Monza, 3 settembre 2007, in Billotta-Ziviz, Il nuovo danno esistenziale, Bologna, 2009, 317, ha negato il risarcimento del danno esistenziale proprio asserendo l’insussistenza della lesione di interessi costituzionalmente protetti, in un caso di compravendita di un divano in cui l’attore lamentava l’omessa consegna del modello prescelto e asseriva un’incidenza negativa di questo nella sua quotidianità, e analogamente il Tribunale di

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Si è osservato in dottrina6 che in talune fattispecie negoziali quand’anche inizialmente gli interessi da realizzare siano prettamente patrimoniali, l’incidenza negativa su diritti inviolabili della persona può comunque derivare al contraente come conseguenza inattesa del comportamento del debitore nella fase esecutiva del contratto (quando ad esempio l’impresa che sta eseguendo lavori di ristrutturazione dell’abitazione non li porta a termine e per vedere realizzate le opere il committente è costretto a reperire una o più imprese, subendo perdite di tempo e compromissioni nell’organizzazione della vita).

3. Il danno non patrimoniale è danno conseguenza ed in quanto tale

va allegato e provato Le Sezioni Unite esplicitano che anche nella materia dell’illecito

contrattuale deve rifiutarsi il concetto di danno in re ipsa. Dal mancato adempimento alle obbligazioni assunte non deriva automaticamente l'esistenza del danno, poiché non può presupporsi una relazione inscindibile tra la potenzialità lesiva dell'inadempimento posto in essere e il pregiudizio in concreto realizzatosi.

Il danno risarcibile potrà essere una conseguenza eventuale dell’inadempimento e comunque si distingue da questo.

L'inadempimento comporta in primo luogo sanzioni patrimoniali - l’obbligo di rifondere le spese sostenute e il mancato guadagno che siano conseguenza immediata e diretta dell’illecito - per cui per essere risarcibile l’ulteriore danno non patrimoniale deve prodursi una lesione aggiuntiva, e per certi versi autonoma, alla tipologia ed entità della quale dovrà commisurarsi il relativo risarcimento.

Se si considera, infatti, che il risarcimento del danno è finalizzato alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato diminuito dall’inadempimento, quando questa diminuzione non vi sia stata (perdita subita e/o mancato guadagno) il diritto al risarcimento non è configurabile. L’attribuzione di una somma di denaro in ragione dell’inadempimento, senza verifica della perdita subita effettivamente dal danneggiato, non costituirebbe

Trieste, 8 gennaio 2009, ha negato che l’inadempimento del professionista incaricato della realizzazione di un progetto per la costruzione di una casa d’abitazione possa aver cagionato al committente un pregiudizio di tipo esistenziale posto che “il diritto a realizzare il “sogno della propria vita”, consista esso nell’acquisto di una casa, o di un’autovettura, o di una vacanza, non è seriamente qualificabile come diritto di rilevanza costituzionale”.

6 Billotta-Ziviz, Il nuovo danno ,cit. , 325.

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più risarcimento, ma una sorta di pena privata per un comportamento che si ritiene lesivo.

Ciò posto, essendo imprescindibile una verifica in concreto della sussistenza di un danno non patrimoniale come possibile “danno conseguenza” derivante dall’illecito, colui che lo deduce, in primo luogo, è gravato da un onere di allegazione circa la natura e le caratteristiche del danno non patrimoniale che assume di aver subito: il pregiudizio non deve essere solo asserito come mera automatica conseguenza dell’inadempimento, ma deve essere supportato dall’allegazione di precise concrete circostanze di fatto, esprimenti l'incidenza dell’illecito in senso negativo nella sfera della persona, posto che la semplice prova dell'inadempimento non porta, per definizione, conseguenze pregiudizievoli di questo tipo, e meno che mai conseguenze automaticamente pregiudizievoli.

Dovranno essere dedotti i «concreti» cambiamenti indotti dall'illecito nella qualità della vita, le scelte esistenziali effettivamente diverse che in conseguenza dell’inadempimento si sono determinate7.

7 Nella giurisprudenza di merito precedente le Sezioni Unite, soprattutto dei giudici di

pace, si riscontrano talvolta pronunce in cui si addiviene ad una condanna al risarcimento del danno non patrimoniale del responsabile dell’inadempimento in assenza di allegazione circa le alterazioni negative della qualità di vita del danneggiato, ad esempio in tema di interruzione dell’energia elettrica; v. Giud. pace Napoli, Sez. dist. Casoria, 13. 7. 2005, in Giur. Merito, 2006, 2, 349 “…Dall’accertamento dell’inadempimento contrattuale discende che la parte inadempiente sia tenuta al risarcimento dei danni patiti dalla controparte, dovendosi ritenere che, nel caso di contratto di somministrazione di energia elettrica, per costante dottrina e giurisprudenza, debba ravvisarsi, oltre l’obbligo principale della somministrazione anche quella accessoria derivante dal c. d. impegno di potenza. Quest’ultimo costituisce una prestazione continua, accessoria e strumentale a quella principale della fornitura, e si sostanzia in una nell’obbligo del somministrante di predisporre e mantenere l’impianto in modo da tenere a disposizione dell’utente una determinata quantità di energia, a cui corrisponde un corrispettivo fisso, da parte dell’utente, da pagarsi periodicamente e che viene a maturare contemporaneamente al consumo di energia. Per quanto riguarda il danno patrimoniale, a causa della eccessiva durata della interruzione della corrente elettrica è da ritenersi, per comune esperienza, l’avaria di alcuni dei cibi che costituiscono le normali scorte alimentari di una famiglia e che necessitano di costante refrigerazione (latte, carne, burro, generi congelati), anche in considerazione del periodo ancora caldo, il 28 Settembre, in cui si è verificata l’interruzione di energia elettrica. Ritenuto, pertanto, la quantità di scorte mediamente deperibili nelle condizioni de quibus, in relazione ad una famiglia media, si liquidano, ex art. 1226 c.c. , per il solo danno patrimoniale, la somma di € 75,00. Per quanto attiene al danno esistenziale si osserva, in primo luogo che dalla stessa sussistenza, fatto pacifico di questo giudizio, della interruzione della energia elettrica verificatasi nel giorno di domenica dalle ore 03,25 sino alle ore 20,24, deve farsi discendere anche la prova del danno. Non vi è dubbio, infatti, che l’interruzione di energia elettrica per tutto il giorno domenicale ha determinato la rinuncia da parte dell’istante di tutte o molte di quelle attività di riposo, ricreazione e svago che costituiscono la normale aspettativa di ogni essere umano, ed ha necessariamente determinato una modifica negativa della vita dell’istante, consistente nell’alterazione delle normali attività dell’individuo (pranzo domenicale con amici e familiari, televisione, cinema, etc. ) e che, pertanto, tale modifica

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Oltre ad essere allegato, il danno non patrimoniale dovrà poi essere provato, così come avviene per il danno patrimoniale. Quali prove possibili? Per il danno biologico potrà esperirsi consulenza tecnica (peraltro prevista dagli artt. 138 e 139 d. lgs. 209/05), ma dicono le Sezioni Unite che questa non è indispensabile, potendo essere posti a fondamento della decisione tutti gli elementi acquisiti al processo (documenti, testimonianze, ecc. ), oltre che le massime della comune esperienza e le presunzioni8. Quanto agli altri pregiudizi, diversi da quello biologico, attenendo ad un bene immateriale potranno sempre essere provati mediante prova documentale o testimoniale ma la presunzione dovrebbe e potrebbe costituire, nel pensiero della Corte, addirittura la prova “regina”, da non relegarsi a strumento probatorio di grado subordinato9. Il danneggiato in tal caso dovrà allegare tutti gli elementi non deve essere oggetto di una specifica prova. Tali alterazioni, pur non accertabili medicalmente, perché non sfocianti in una patologia come nel caso del danno biologico ledono, tuttavia, diritti degli individui di rango costituzionale e tutelati dall’ordinamento. La delusione di non poter svolgere le normali attività di svago dominicale, che invece viene trascorsa nell’attesa del rispristino della somministrazione elettrica, costituisce, infatti, una lesione del diritto della persona inquadrabile tra quelli tutelati dall’art. 2 della Costituzione. Il riconoscimento della persona umana, infatti, si sostanzia anche attraverso il rispetto dei desideri e delle aspettative che ognuno può avere in dati momenti della sua vita e che, giustamente, trovano tutela nell’ampio dettato del richiamato art. 2 della Costituzione…. . Quanto alla liquidazione del danno esistenziale risarcibile, la stessa non può essere effettuata che con il ricorso all’equità ex art. 1226 c.c. , metodo allo stato ritenuto maggiormente praticabile e che, stante la particolare natura del danno in oggetto, appare oltremodo opportuno. Pertanto lo scrivente Giudicante, tenuto conto di tutte le specificità del caso concreto (qualità dell’interesse violato, intensità della violazione e sua durata), condanna l’Enel distribuzione s. p. a. al pagamento in favore dell’istante della somma di € 225,00; analogamente; Giud. pace Mercato San Severino 30 marzo 2006 in Resp. e risarcimento, 2006, 6,73. Anche successivamente alle Sezioni Unite, il Giud. pace Bari, 22 novembre 2008 n. 14548 (allegata), in ipotesi di vacanza rovinata condanna l’operatore turistico al risarcimento del danno non patrimoniale del viaggiatore per la perdita di bagaglio e ulteriori disattenzioni a prescindere da qualsiasi allegazione circa gli effettivi disagi patiti in concreto.

8 Con riguardo alla distanza tra presunzione e nozione di comune esperienza v. Giordano, La personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale, in Giur. merito, 2009, 78.

9 Nello stesso senso già Cass. , sez. lav. , 6 luglio 2002, n. 9834, per cui la prova per presunzione semplice, che può anche costituire l'unica fonte del convincimento del giudice, integra un apprezzamento di fatto che, se correttamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità. Osserva F. Gazzoni, Il danno esistenziale, cacciato come meritava, dalla porta, rientrerà dalla finestra, in www.judicium.it, che costituisce “una ipocrisia parlare di danno conseguenza che andrebbe bensì provato nell’an debeatur, ma con il ricorso, anche in via esclusiva, come le Sezioni Unite hanno confermato, alle presunzioni, spettando così al danneggiato solo di allegare gli elementi idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti per risalire a quello ignoto, cioè all’esistenza del pregiudizio. Non è un caso se sono sempre le presunzioni ad essere invocate dai giudici, in assenza di prove effettive, che non possono esistere, per l’impossibilità di provare il danno. In tal modo è la prova stessa che, al di là delle vuote declamazioni, finisce per essere in re ipsa, come nel caso in cui, provata l’esistenza del rapporto coniugale con l’ucciso (cioè un mero fatto anagrafico), si presume prima l’affectio coniugalis, secondo l’id quod plerumque accidit, e poi, a catena, il dolore per il suo venir meno. Spetterebbe

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della fattispecie concreta che consentano di ricostruire una serie concatenata di fatti noti da cui risalire al fatto ignoto10.

4. Contenuto del risarcimento Dopo aver accertato che la lesione lamentata, conseguenza

dell’inadempimento, sia costituzionalmente qualificata - ad esempio perché relativa all’integrità psichica o fisica della persona (art. 32 Cost. ), o perché ha pregiudicato la qualità di vita del danneggiato (art. 2 Cost. ), o ancora ha compromesso la piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost. ) -, ovvero riceva tutela in un’apposita previsione di legge (contratto di lavoro, di trasporto, c. d. vacanza rovinata), il giudicante si trova di fronte al compito non facile di quantificare il danno non patrimoniale.

Chiariscono le Sezioni Unite che non si devono liquidare i danni non patrimoniali ma il danno non patrimoniale, sia pure sviscerato nelle sue varie componenti, utili al giudice soltanto per effettuare una valutazione del danno più mirata alle peculiarità del caso concreto.

Ma per addivenire al risarcimento occorre per prima cosa che la lesione sia seria e grave.

La Corte ha ritenuto, infatti, di sancire espressamente l’irrisarcibilità delle minimae iniuriae, intese come disagi, fastidi, disappunti, e questo 1) nell’ipotesi di lesione futile o irrisoria (non poter più fumare, errato taglio di capelli), 2) quando la lesione è seria ma, secondo il sentire comune, di livello irrilevante (mal di testa per una sola mattina causato dai fumi di una fabbrica, passeggeri furiosi di un treno eurostar fermo da un’ora in mezzo alla campagna senza che qualcuno spieghi l’accaduto), trattandosi di danni “bagatellari” che dovranno essere tollerati da chi le subisce, in virtù del principio di solidarietà.

Senz’altro l’individuazione di una gravità minima di offesa, quale requisito ulteriore per l’ammissione al risarcimento, quand’anche abbia pertanto all’omicida o alla compagnia di assicurazione dare la prova (impossibile) che, se del caso, la convivenza con il defunto era caratterizzata da rapporti deteriorati e da continui screzi o tensioni, sicché la sua morte era stata, in realtà, una liberazione”.

10 Chiarisce Cass. civ. sez. II, 31 ottobre 2008, n. 26331, in Red. Giust. civ. Mass. 2008, 10, che per una corretta applicazione del meccanismo che governa l'uso delle presunzioni il giudicante deve individuare una pluralità degli indizi concordanti tra loro, caratterizzati da precisione, gravità e unidirezionalità e l’indicazione di un solo ed equivoco elemento presuntivo dal quale è stata ricavata la prova del fatto ignorato costituisce un vizio motivazionale, censurabile in sede di legittimità.

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suscitato in una parte della dottrina11 molte perplessità – per aver aperto la strada all’ammissibilità di lesioni di diritti inviolabili non risarcibili e operato una discriminazione rispetto al danno patrimoniale, per il quale mai sono state previste soglie minime per accedere al risarcimento -, riduce le complessità del meccanismo risarcitorio e la potenziale arbitrarietà delle decisioni, posto che mentre il danno patrimoniale di regola è di verifica empirica e quindi di facile misurazione, il risarcimento del danno non patrimoniale è intrinsecamente incerto e di ardua quantificazione e tanto più lo sarebbe per i danni insignificanti secondo la coscienza sociale12.

Passando ad esaminare le norme codicistiche che regolano la materia e la misura dei danni da risarcire, in applicazione del disposto dell’art. 1223 c.c. il risarcimento il danno potrà scomporsi in perdita subita (intesa come peggioramento di vita connesso all’inadempimento) e mancato guadagno (come inattuato raggiungimento di quelle utilità che proprio con il contratto si intendevano ottenere), come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento. In questa valutazione si dovrà tener conto di tutte le attività realizzatrici della persona, ludiche, di svago ma non solo, ponderando nel contempo anche la durata dello sconvolgimento esistenziale, non potendo il risarcimento non essere proporzionato alla durata del pregiudizio.

Ai sensi dell’art. 1225 c.c. (che non opera nell’illecito aquiliano), fuori dalle ipotesi di dolo, il risarcimento va limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui l’obbligazione è sorta13, e comunque potrà essere eventualmente diminuito in ipotesi di concorso del fatto colposo del creditore nella produzione del danno, in proporzione alla gravità della colpa del creditore e dell’entità delle conseguenza che ne sono derivate (art. 1227 I co. c.c. )14.

11 Billotta-Ziviz, Il nuovo danno ,cit. , 149; contra Tramontano, Il danno esistenziale e il suo risarcimento, Piacenza, 2009, 392.

12 Si aggiunga il costo che comporta per la collettività una risarcibilità a tutto tondo delle lesioni di carattere minimale, atteso che concedere o meno un ristoro non è vicenda che si esaurisce tra le parti del rapporto ma influenza l’equilibrio degli scambi, il prezzo dei beni, dei servizi e delle assicurazioni.

13 Si osserva in dottrina che il limite della prevedibilità è proprio quello che dovrebbe espungere dal piano della responsabilità tutti i profili inespressi dalle parti – tra i quali il danno esistenziale in ordine al quale non era né ragionevole né economico operare investimenti in precauzione, R. Pardolesi e R. Simone, Danno esistenziale ( e sistema fragile):”die hard”, in Foro it. 2009, I, 128.

14 Non può essere addebitato al debitore inadempiente quella parte di danno che a lui non è causalmente imputabile, perché ad esempio è riferibile alla condotta pericolosa o imprudente del creditore. Si ricorda che il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell'evento dannoso è rilevabile d'ufficio, per cui la sua prospettazione non richiede la proposizione di un'eccezione in senso proprio (Cass. civ. , Sez. I, 25 settembre 2008 n. 24080 in Red. Giust. civ. Mass. , 2008, 9).

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Incombe inoltre sul creditore il dovere di non aggravare il danno ricevuto per cui il debitore non è tenuto a risarcire i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (art. 1227 II co c.c. )15.

A mente del successivo art. 1229 c.c. sono nulli patti di esonero o limitazioni di responsabilità.

Costituirà momento di fondamentale importanza nel sistema risarcitorio che si va delineando contemperare la pari dignità di tutti i danneggiati per la stessa tipologia di inadempimenti con le peculiarità del danno nel caso concreto e le peculiarità dei soggetti lesi16, nel tentativo di operare quella sintesi tra uguaglianza formale e uguaglianza sostanziale tutelata dall’art. 3 Cost. . In particolare si ritiene doveroso, così come avvenuto per la liquidazione del danno biologico, che nel tempo siano elaborati dalla giurisprudenza indici costanti di riferimento da porre a base della liquidazione, quali la tipologia della lesione e le condizioni oggettive su cui essa ricade, riservando la ponderazione delle peculiarità esistenziali dei danneggiati17, peraltro di regola provate mediante testimonianza, solo per la personalizzazione del risarcimento.

5. Estensione negoziale delle voci di danno risarcibili? Se si aderisce all’impostazione della Suprema Corte circa

l'applicabilità dell'art. 2059 c.c. e si afferma che anche in un contesto

15 L’art. 1227 II co. c.c. presuppone che l’inadempimento e il danno siano imputabili al debitore ma che si verifichino ulteriori danni riferibili alla condotta non collaborativa del creditore (il quale ad esempio non ha avvisato il debitore del prodursi del danno, non ha cercato di rimpiazzare i beni o servizi di cui non può disporre a causa dell’inadempimento, non ha provveduto alla riparazione del bene). Si noti che, contrariamente all’eccezione di cui al I comma del medesimo articolo, la circostanza per cui il contegno del danneggiato ha contribuito all’aggravamento del danno costituisce eccezione in senso stretto, ai sensi dell’art. 112 c. p. c. . ( tra tante Cass. civ. , sez. III, 27 giugno 2007, n. 14853, in Giust. civ. Mass. 2007, 6).

16 “La vittima dei danni non patrimoniali è al tempo stesso, immagine della singolarità del dramma individuale, che deriva dalla irripetibile emotività e dalla peculiarità esistenziale e relazionale di ciascuno, ed icona della ribellione alle disparità che genera il danno patrimoniale ovvero sintesi della dignità dell'uomo che ha valore non solo al di là dei suoi soldi, ma anche a prescindere dalla sua cultura, dalla sua intelligenza, dalle sue capacità, dal suo essere pigro o sportivo, solitario o socievole”, Navarretta, Funzioni del risarcimento e quantificazione dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. e prev. , 2008, 3, 500.

17 Gazzoni, Il danno esistenziale cit. , “Ciascuno infatti realizza se stesso come crede, anche con stravaganze e bizzarrie. Non ci possono quindi essere differenze, né qualitative, né quantitative, con irrilevanza del tipo e del numero di attività ostacolate, perché il problema non è quello di contarle, quanto piuttosto quello di verificarne l’importanza per il leso e dunque il loro grado di insostituibilità, con l’unico limite di quelle illecite o in grado di infastidire o molestare il prossimo”.

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negoziale la risarcibilità è limitata alle lesioni di interessi costituzionalmente garantiti, deve affrontarsi l’ulteriore questione controversa dell’estensione negoziale delle voci di danno risarcibile in caso di inadempimento contrattuale. Si consideri la fattispecie ove le parti pattuiscano una clausola penale con cui concordano l'entità del risarcimento anche dei danni non patrimoniali, in un’ipotesi in cui l’inadempimento non comporterebbe alcuna lesione di diritti costituzionalmente garantiti (es. previsione di clausola penale per il risarcimento di danni non patrimoniali che potrebbero derivare dalla realizzazione di un edificio in maniera difforme dal progetto). Oppure l’ipotesi in cui non è pattuita una penale ma comunque le parti nel regolamento pattizio convengono che la responsabilità sarà estesa ai danni non patrimoniali, oppure il caso in cui, interpretando il contratto secondo buona fede, la responsabilità debba, per forza, ritenersi estesa a questa tipologia di danni (es. difettosa ripresa della cerimonia nuziale). Se si ritiene che l'art. 2059 c.c. sia applicabile alla responsabilità contrattuale, la disposizione deve ritenersi inderogabile18, per cui varranno le limitazioni imposte dalla norma alla risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali, e di conseguenza ogni convenzione avente ad oggetto la previsione di una risarcibilità di tale pregiudizio al di là dei casi contemplati nell’art. 2059 c.c. si porrebbe in contrasto con il menzionato divieto imposto da norma inderogabile e, sarebbe, pertanto nulla ex art. 1418 c.c. 19. Non sarebbe coerente altrimenti che il legislatore, secondo l’interpretazione datane dalle Sezioni Unite, abbia previsto anche per l’illecito contrattuale l’applicabilità dell’art. 2059 c.c. , e quindi che "il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge", se poi ai privati fosse concesso di prevedere ulteriori casi di risarcibilità. Neppure quindi è possibile che sia data un’interpretazione del contratto nel senso di ritenere che le parti abbiano inteso risarcire un danno non patrimoniale fuori dai casi previsti dall’art. 2059 c.c. , perché non si tratterebbe di interpretare il contratto secondo buona fede ma contra legem.

Concludendo, nell’impostazione della Corte, in una rilettura in chiave costituzionale delle norme che regolano la responsabilità contrattuale, se è vero che ogni illecito contrattuale, come ogni illecito aquiliano, può essere causa di danno non patrimoniale, non di meno il risarcimento sarà consentito

18 In questo senso Virgadamo, Art. 2059 c.c. e responsabilità per inadempimento: l'"ingiustizia conformata" come criterio generale di risarcibilità del danno non patrimoniale e i limiti dell'autonomìa privata, nota a Cass. , sez. un. , 24 Marzo 2006, n. 6572, in Dir. Famiglia, 2006, 4, 1586.

19 Nel senso della possibilità di pattuire una clausola penale v. Gazzoni, Il danno esistenziale cit. .

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solo se la lesione investa diritti della persona che godono di copertura costituzionale e sempre che il danno sia conseguenza immediata e diretta dell’illecito e fosse prevedibile nel tempo in cui è sorta l’obbligazione. Ogni patto che esclude o limita questa responsabilità è nullo e, per contro, ogni clausola o interpretazione che imponga la risarcibilità fuori dalle ipotesi previste dall’art. 2059 c.c. è altrettanto nulla per contrarietà a norma imperativa.

Solo con il tempo si vedrà se la giurisprudenza si sentirà di aderire a questa impostazione estendendo da un lato la risarcibilità dei danni non patrimoniali tutte le volte in cui sia accertata - anche nelle ipotesi di inadempimento contrattuale - la lesione di un interesse tutelato dalla Costituzione e, nel contempo, arginando il risarcimento al solo danno patrimoniale tutte le volte che detta lesione non viene rinvenuta o il danno occorso non sia stato ex ante ipotizzabile.

A mio avviso la previsione di chiari limiti normativi alla risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali risponde alla esigenza, di cui si fanno portavoce le Sezioni Unite, di fissare una soglia oltre la quale poter affermare, con ragionevole certezza, che dall’inadempimento è derivato un danno di natura non patrimoniale, contenendo così istanze risarcitorie riguardanti pregiudizi che non essendo connotati da materialità e rilevanza economica sono difficilmente catalogabili, accertabili, quantificabili. Il prezzo di una tutela non sconfinata appare così ragionevolmente bilanciato da una maggior certezza del diritto, esigenza questa avvertita in particolare nel diritto dei contratti, quale momento ineludibile perchè il mercato globale possa essere affrontato in maniera competitiva.

6. Casi concreti 6. 1. I contratti di protezione Nelle sentenze, tante volte citate, le Sezioni Unite, dopo aver

affrontato il tema della risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente all’inadempimento delle obbligazioni, disaminano una serie di fattispecie concrete, e prima tra tutte quella dei c. d. contratti di protezione. Da tempo si è diffusa20 una concezione allargata di responsabilità contrattuale, per cui è

20 Angelici, Rapporti contrattuali di fatto, in Enc. giur. Treccani, XXV, Roma, 1991;

Betti, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, in Jus, 1957, 353; Castronovo, Obblighi di protezione, voce dell’Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1990; Franceschelli, I rapporti di fatto, Milano, 1984; Ricca, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano, 1965; Stella Richter, Contributo allo studio dei rapporti di fatto nel diritto privato, in Riv. trim. dir. proc. civ. , 1977,

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tale non solo quella in cui incorre "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta" (art. 1218 c.c. ) nel caso in cui l'obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall'inesatto adempimento di un'obbligazione preesistente, volontariamente assunta nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti), quale che ne sia la fonte. Così la giurisprudenza ha affermato che la responsabilità contrattuale può derivare anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni di semplice contatto sociale, ogni qual volta l'ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento21. In quest’ottica è stato attribuito carattere contrattuale non soltanto all'obbligazione di risarcimento gravante sull'ente ospedaliero per i danni subiti da un paziente per l’inesatta esecuzione della prestazione sanitaria da parte di un medico della struttura, ma anche all'obbligazione del medico stesso nei confronti del paziente, quantunque non fondata sul contratto ma sul solo contatto sociale, poiché a questo si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire la tutela degli interessi che si manifestano e sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso22; e natura contrattuale è stata riconosciuta anche alla responsabilità del sorvegliante dell'incapace, per i danni che quest'ultimo cagioni a se stesso in conseguenza della violazione degli obblighi di protezione ai quali il sorvegliante è tenuto, sul presupposto che quegli obblighi derivino da un rapporto giuridico contrattuale che tra tali soggetti si instaura per contatto sociale qualificato23. Analogamente si è riconosciuta responsabilità contrattuale in capo alla banca negoziatrice di

151; L. Stanghellini, Contributo allo studio dei rapporti di fatto, 1997. Più recentemente,v. Guerinoni, «Contatto sociale»e responsabilità contrattuale dell'Asl, in I Contratti, 2005, 11; Rolfi, Le obbligazioni da contatto sociale nel quadro delle fonti di obbligazione, in Giur. Merito, 2007, 2, 555; Castronovo, Responsabilità contrattuale e extracontrattuale, relazione per il CSM corso 29-30 marzo 2008.

21 Per una esauriente ricostruzione della responsabilità da contatto sociale v. Cass. , sez.

un. , 26 giugno 2007, n. 14712 in Foro it. , 2008, I, 2968. 22 Cass. , sez. un. , 11 gennaio 2008, n. 577 in Foro it. , 2008, I, 455 con nota di Palmieri;

Cass. civ. , sez. III, 24 maggio 2006, n. 12362 in Giust. civ. Mass. 2006, 5; Cass. civ. , sez. III, 19 aprile 2006, n. 9085 in Giust. civ. Mass. 2006, 4; Cass. civ. , sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297 in Foro it. 2005, I,2479; Cass. civ. , sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589 in Foro it. 1999, I,3332 con nota di Di Ciommo “Note critiche sui recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilità di medico ospedaliero” e di Lanotte “L’obbligazione del medico dipendente è un’obbligazione senza prestazione o una prestazione senza obbligazione?”.

23 Cass. civ. , sez. III, 18 luglio 2003, n. 11245, in Nuova giur. civ. commentata 2004, I, 491.

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assegni bancari (o circolari), la quale abbia pagato detti assegni in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 L. assegno24.

Per tutte queste fattispecie, dopo le pronunce delle Sezioni Unite del novembre del 2008, sarà consentito il risarcimento del danno non patrimoniale in presenza di lesione di diritti inviolabili della persona.

Una prima applicazione nella materia si rinviene in Tribunale di Catanzaro, 18 maggio 2009, in cui in un’ipotesi di suicidio di uno studente si afferma che la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante per i danni che l’alunno cagiona a sé stesso ha natura contrattuale25 ed a fronte di ciò è applicabile il regime probatorio di cui all’art. 1218 c.c. , per cui l’attore deve provare soltanto che il danno si è verificato in orario scolastico mentre la scuola e l’insegnante hanno l’onere di provare che il danno è stato determinato da una causa non riconducibile né alla scuola, né all’insegnante. In particolare tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. In sede istruttoria così è stato verificato non tanto se il comportamento dell’alunno fosse o meno prevedibile ma se la condotta dell’insegnante sia stata accompagnata – e nella specie non lo era stata - dalle normali regole di prudenza necessarie per attuare, in concreto, una idonea vigilanza sull’alunno sottoposto alla sua custodia. In ordine al quantum del risarcimento il Tribunale richiama il precetto delle Sezioni Unite e provvede alla liquidazione del danno non patrimoniale richiamando nell'ambito dell'art. 2059 c.c. , il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost. ) e il danno da lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost. ) e osservando che tra gli interessi non patrimoniali da realizzare nel rapporto scolastico rientra quello alla integrità fisica dell'allievo. In concreto poi il danno è liquidato attraverso una personalizzazione equitativa dell’importo che potrebbe riconoscersi per la lesione del rapporto parentale sulla base delle tabelle aggiornate al 2008 elaborate dal Tribunale di Roma.

Oltre agli ambiti accennati si assiste ad un progressivo ampliamento dei c. d. contratti di protezione e, attesa la possibilità ora riconosciuta di risarcimento dei danni non patrimoniali da inadempimento, pur con il filtro

24 Cass. civ. , sez. un. , 26 giugno 2007, n. 14712 in Foro it. 2008, I, 2968. 25 Cass. civ. , sez. III, 22 aprile 2009 n° 9542 in www. personaedanno. it ; Cass. civ. sez.

un. , 27 giugno 2002, n. 9346, in Foro it. 2002, I,2635 nota Di Ciommo, La responsabilità contrattuale della scuola (pubblica) per il danno che il minore di procura da sé: verso il ridimensionamento dell’art. 2048 c.c.

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della rilevanza costituzionale dell’interesse, ciò comporterà necessariamente per gli interpreti e per i giudici nuove prospettazioni di danni e di risarcimenti, che dovranno essere valutate con particolare prudenza soprattutto in considerazione dello sconfinato contesto in cui potrebbero collocarsi. Si consideri che il Giudice di Pace di Napoli, con sentenza del 18 gennaio 200726, ha riconosciuto un danno esistenziale per disservizi di cancelleria ad un avvocato che lamentava il malfunzionamento dell’Ufficio copie della cancelleria del medesimo giudice di pace, affermando che il tempo necessario per ottenere il rilascio di una copia di una sentenza era di circa 12 mesi. Il Giudice di Pace ha accolto la domanda valutando che l’inefficienza della propria cancelleria era fatto notorio e non poteva non essere fonte di stress, condannando così il Ministero della giustizia al risarcimento del danno equitativamente calcolato in € 500,00.

6. 2. La vacanza rovinata Il danno da “vacanza rovinata” è tra le ipotesi più semplici di

risarcibilità di danno non patrimoniale in caso di inadempimento contrattuale, attesa l’espressa previsione legislativa sul punto (ora regolata dagli art. 85 e ss. del d. l. n. 206/2005, in precedenza dal d. lgs 111/95 che aveva recepito la direttiva Comunitaria 90/314/CEE) che consente di prescindere dal richiamo a diritti costituzionalmente garantiti27. Si consideri che la tipologia contrattuale che si esplicita nell’acquisto di un pacchetto turistico di regola vede coinvolti l'organizzatore di viaggi (tour operator), l'intermediario-venditore di viaggi (travel agent), il fornitore di servizi turistici (vettore, albergatore, ristoratore, ecc. ) e il turista viaggiatore, e lo schema negoziale si caratterizza per la prefissata combinazione di almeno due elementi tra trasporto, alloggio, o altri servizi turistici non accessori a trasporto e alloggio.

Senza addentrarsi nelle specificità contrattuali della disciplina normativa appare interessante qui notare che, nella normalità dei casi, il contratto è finalizzato a soddisfare interessi per lo più, se non esclusivamente, non patrimoniali dell’acquirente28, che connotano la causa

26 Reperibile in www.diritto-in-rete.com. 27 La copertura costituzionale è comunque rinvenuta nell’art. 2 Cost. , interpretandosi la

vacanza come momento di esplicazione della personalità, come luogo privilegiato di ricreazione e rigenerazione della persona (Trib. Salerno 13 gennaio 2009 n. 2333, inedita ma allegata.

28 Sul punto osserva il Trib. Napoli, 27 aprile 2006, in Redazione Giuffré, 2006, che l’interesse sotteso alla vacanza è la prospettiva di “ realizzare un progetto teso al miglioramento delle potenzialità psico-fisiche, attraverso l’allentamento delle tensioni nervose connaturate

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concreta del contratto e comportano l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero29. Da questo consegue che il debitore inadempiente - sia esso l’organizzatore o il venditore secondo le rispettive responsabilità - per non aver fornito al cliente le informazioni dovute o i servizi promessi, oltre a risarcire il danno patrimoniale (pari agli esborsi sostenuti), dovrà risarcire l’ulteriore danno derivato all’acquirente del pacchetto dall’incidenza negativa di quel’inadempimento nella soddisfazione dei suoi interessi non patrimoniali (art. 94 d. l. vo 206/05 per i danni alla persona e art. 95 per i danni diversi da quelli alla persona) entro i limiti delle convenzioni internazionali che disciplinano la materia e di cui sono parte l’Italia o l’Unione Europea.

Alle tipologie di inadempimento dell’operatore turistico, da cui può derivare un diritto del contraente al risarcimento del danno non patrimoniale, si iscrive l’annullamento del viaggio o di singole prestazioni. In tale ipotesi il danno patrimoniale corrisponde sempre al valore della prestazione inadempiuta mentre il pregiudizio non patrimoniale si identifica nella delusione per non aver potuto godere della vacanza prenotata, tenuto conto - ove prospettato - anche delle difficoltà per chi lavora di modificare i tempi delle vacanze o riprogrammarsi per soluzioni alternative.

Sin dagli anni 90 in moltissime pronunce dei giudici di merito il danno da “vacanza rovinata” era liquidato tanto nei suoi aspetti patrimoniali che non patrimoniali30, e nella maggior parte dei casi, anche nell’attualità, nelle pronunce non è dato rinvenire una distinzione neppure descrittiva tra le varie componenti del danno non patrimoniale che viene risarcito. Si mescolano così la compromissione delle attività realizzatrici della persona derivanti dalle limitazioni patite durante la vacanza per l’assenza dei servizi promessi, con la situazione emotiva di stress, di disagio, di delusione del viaggiatore che non ha trovato nella vacanza tutto quello che gli era stato prospettato nel depliant illustrativo del pacchetto e che quindi si aspettava, tanto più in

all’intensità della vita moderna, ed al miglioramento delle complessive condizioni di vita per la conseguita capacità di reinserirsi nell’abituale contesto sociale, familiare e lavorativo ed affrontare così gli aspetti negativi in maniera meno drammatica e più distesa”.

29 Cass. , sez. III, 24 luglio 2007, n. 16315, in Giust. civ. 2008, 3 699. 30 Trib. Torino 8 novembre 1996 in Giur. it. , 1997, I,2, 58; Trib. Milano, 4 giugno 1998 in

Contratti (I), 1999, 39; Trib. Firenze, 25 settembre 2001, in Dir. maritt. , 2003, 558; Trib. Treviso, 14 gennaio 2002, in Giur. Merito, 2002, 1196; Trib. Roma, 26 novembre 2003, in Giur. Romana, 2004, 88 per cui “ Nel caso in cui il viaggiatore non riesca a fruire, in tutto o in parte, della vacanza per inadempimento del "tour operator", quest'ultimo è tenuto, oltre alla rifusione delle spese sostenute dal viaggiatore, anche al risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, il quale costituisce una ipotesi di danno morale da inadempimento, eccezionalmente risarcibile alla luce del diritto comunitario, come interpretato dalla Corte di giustizia”.

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presenza di esperienze caratterizzate da irripetibilità, come ad esempio il viaggio di nozze31.

Il problema della distinzione tra le varie denominazioni del danno non patrimoniale ora non si pone, alla luce dell’unitaria categoria di danno non patrimoniale delineata dalle Sezioni unite, ma è certamente sempre indispensabile che il danno non sia ritenuto in re ipsa, ma sia di volta in volta accertato sulla base delle allegazioni e delle prove offerte.

Nella valutazione equitativa del danno da vacanza rovinata sempre è corretto tener conto delle soluzioni alternative proposte dal tour operator e di cui magari il viaggiatore può aver usufruito, valutandosi tuttavia anche la congruità di queste in relazione al tipo di viaggio programmato32.

Può osservarsi, infine, che non ogni inconveniente occorso in vacanza può essere qualificato inadempimento dell’operatore e quindi fonte di risarcimento del danno, dovendosi riscontrare appunto il mancato adempimento alle obbligazioni assunte, oltre che un nesso di causalità tra l’evento di danno ed il comportamento posto in essere dal soggetto che eroga il servizio, ed operando in ogni caso la clausola di esonero di cui all’art. 96 D. l. vo n. 206/05 per cui l’organizzatore ed il venditore non rispondono se la mancata o inesatta esecuzione del contratto è imputabile al consumatore o è dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero da caso fortuito e forza maggiore. Così la Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di danni di una famiglia di Verona che aveva convenuto in giudizio un tour operator assumendo di aver subito un trauma psichico durante un soggiorno nell'isola di Santo Domingo per essersi imbattuti, nel corso di

31 Tra le tante v. Trib. Como, 6 aprile 2005, in www dejure.giuffre.it; Giud. pace Napoli, sez. dist. Casoria, 8 settembre 2005 in www.personaedanno.it; Giud. Pace Massa 13 novembre 2003 in www.personaedanno.it; Trib. Bologna, sez. dist. Imola, 9 gennaio 2004, in www.personaedanno. it; Giud. Pace Palermo 18 gennaio 2007, n. 38, in www. ilcaso. it.

32 “Nel contratto di fornitura di pacchetto turistico «tutto compreso» rientra tra i servizi essenziali che l'organizzatore del viaggio è tenuto a garantire ai sensi dell'art. 12, comma 4, d. lg. 17 marzo 1995 n. 111 (oggi trasfuso nell'art. 91 d. lg. 7 settembre 2005 n. 209), la fruizione delle attrattive naturalistiche od artistiche della meta del viaggio. Ne deriva che quando tali attrattive non siano fruibili per causa indipendente dalla volontà dell'organizzatore del viaggio, questi è liberato dalla responsabilità per danni, ma è pur sempre tenuto - in virtù delle norme appena ricordate - a predisporre adeguate soluzioni alternative senza oneri per il viaggiatore, ed in difetto a rifondergli la differenza tra i servizi pagati e quelli effettivamente goduti. (Nella specie due viaggiatori, che avevano acquistato un soggiorno «tutto compreso» in Tunisia, non avevano potuto fare il bagno a causa dell'inquinamento provocato da una petroliera, ed avevano chiesto al «tour operator» la rifusione del costo del viaggio. La S. C. , enunciando il suddetto principio, ha ritenuto corretta la sentenza di merito la quale, accertato che l'operatore turistico non aveva fornito ai viaggiatori alcuna alternativa, l'aveva condannato a rifondere ai due viaggiatori la metà del costo del pacchetto turistico acquistato)”, Cass. , sez. III, 24 aprile 2008, n. 10651,in Giust. civ. Mass. 2008, 4 626.

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un’escursione, nell’uragano “Bertha”, risultando sfornita di prova qualsiasi negligenza attribuibile all’operatore turistico33.

Un altro caso in cui non è stata riconosciuta dalla Cassazione la responsabilità dell’operatore riguarda un’ipotesi di tossinfezione alimentare in ordine alla quale si è affermato che 34 “Incombe sul cliente che chieda il risarcimento del danno subito per un'infezione alimentare contratta in occasione del soggiorno presso una struttura alberghiera, con trattamento di pensione completa, l'onere di provare il nesso di causalità intercorrente tra l'infezione e la condotta tenuta dal gestore dell'albergo, posto che non esiste alcun serio e ragionevole criterio di probabilità scientifica alla luce del quale affermare che una persona, quando trascorre un periodo di vacanza con la formula "pensione completa", si astenga in modo assoluto dall'assumere alimenti in altri esercizi”.

6. 3 La responsabilità del produttore Il progredire del’industria e della tecnologia ha reso sempre più

significativo il contenzioso connesso alla distribuzione sul mercato di prodotti dannosi o potenzialmente tali, anche considerato che il prodotto difettoso è possibile fonte di danno non solo per l’acquirente ma anche per altri soggetti e questi danni spesso non sono riferibili al venditore ma lo stesso produttore, ad esempio perché i difetti del bene dipendono da anomalie del processo produttivo.

Con il d. p. r. n. 224/88 in Italia è stata data attuazione alla direttiva Cee 1985/374 in materia di responsabilità da prodotto difettoso ed è stata introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità oggettiva del produttore, ora disciplinata dagli artt. 114 e ss. del d. lvo 206/2005. L’interpretazione originaria dell’art. 2059 c.c. non consentiva quindi il risarcimento del danno non patrimoniale35, anche considerato che espressamente l’art. 9 ul. co. della direttiva lasciava impregiudicate le disposizioni nazionali relative ai danni

33 Cass. , sez. III, 12 novembre 2003, n. 17041 in Danno e resp. , 2004, 395. 34 Cass. civ. , sez. III, 05 giugno 2007, n. 13082, in Foro it. , 2008, 1 213; in senso

contrario è la giurisprudenza prevalente dei giudici di pace, v. Giud. pace Verona, 2 gennaio 2009, in www.personaedanno. it ( allegata).

35 Questo in quanto la responsabilità affermata sulla base di una presunzione legale non consentiva l’accertamento dell’elemento psicologico della condotta e quindi del fatto-reato; ex multis Cass. civ. , sez. III, 22 marzo 2001, n. 4113, in Riv. giur. circol. trasp. , 2002, 229; Cass. civ. , sez. III, 17 novembre 1999, n. 12741, in Danno e resp. 2000, 844; Trib. Milano, 31 gennaio 2003, in Foro it. , 2003, I,1260.

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morali, consentendo agli Stati membri di continuare ad applicare la disciplina precedente che regolava la materia.

Solo dopo il 200336 e la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. , il danno non patrimoniale ha potuto anche in queste ipotesi essere risarcito nella sua interezza in tutte le fattispecie di responsabilità oggettiva non essendo il giudice più vincolato al riscontro dell’illecito penale quando risulta leso un diritto inviolabile della persona costituzionalmente protetto37.

Si noti che il Codice del consumo non qualifica la responsabilità del produttore in termini di responsabilità contrattuale od extracontrattuale, limitandosi a disciplinare gli specifici presupposti di responsabilità che solo si aggiungono alle altre forme di responsabilità azionabili dal danneggiato.

6. 4. I contratti con società fornitrici di servizi pubblici essenziali Soprattutto nelle aule dei giudici di pace si riscontrano innumerevoli

controversie di privati o imprese nei confronti di società fornitrici di servizi pubblici essenziali per inesatto inadempimento alle obbligazioni assunte con i contratti di somministrazione stipulati. I cui i danni patrimoniali lamentati sono solitamente modesti ma sempre sono richiesti altresì i danni non patrimoniali per il fastidio e disagio di essere stati privati di un servizio, per la fatica di essersi dovuti attivare per ottenere soddisfazione sia attraverso solleciti, magari dovendo coinvolgere associazioni di consumatori e persino dovendo ricorrere all’azione giudiziaria. Nella maggior parte dei casi le domande risultano accolte, attesa la particolare sensibilità dei giudici di pace a questi tipo di pregiudizio, sovente tuttavia senza che sia svolta una particolare indagine circa la compromissione di interessi tutelati dalla Costituzione (laddove questa indagine è effettuata la compromissione è genericamente riferita all’art. 2 Cost. ) e tanto meno circa l’applicabilità dell’art. 2059 c.c. agli illeciti contrattuali.

Con particolare riguardo all’erogazione di energia elettrica la casistica è copiosa, atteso che nel settembre del 2003 si verificò in Italia un black out che costrinse al buio per quasi una giornata l’Italia e che generò un rilevante

36 C. Cost. 11 luglio 2003 n. 233, in Foro . it. , 2003, I, 2202 con nota di E. Navarretta, La Corte costituzionale e il danno alla persona “in fieri” ; Cass. , sez. III, 31 maggio 2003 n. 8828 e Cass. , sez. III, 31 maggio 2003 n. 8827 in Foro it. , 2003, I, 2272 con nota di E. Navarretta, Danni non patrimoniali:il dogma infranto e il nuovo diritto vivente.

37 Tra le tante Trib. S. Angelo Lombardi, 28 marzo 2006 in Giur. Merito, 2006, 11 2387; Trib. Roma, 4 dicembre 2003 in Foro it. , 2004, I,1631 con nota di A. L. Bitetto, La responsabilità del produttore nel “nuovo” sistema del danno non patrimoniale.

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contenzioso avente ad oggetto la responsabilità contrattuale dell’Enel e la risarcibilità dei danni patrimoniali e non patrimoniali degli utenti. La maggior parte dei giudici di pace a cui le domande risarcitorie vennero formulate le accolsero38, sul presupposto che l’Enel aveva riconosciuto l’interruzione del servizio e quindi nella sostanza il proprio inesatto adempimento. Mentre per il risarcimento del danno patrimoniale nulla quaestio, posto che generalmente è stato riconosciuto a fronte della prova di esborsi sostenuti per beni deteriorabili avariati nei frigoriferi, così come per ricevimenti e feste andati a monte, con riguardo al danno non patrimoniale è di facile riscontro che spesso il risarcimento è stato attribuito in assenza di prospettazioni di lesioni di interessi costituzionalmente protetti o allegazione di alterazioni in senso peggiorativo della vita del soggetto, presupponendo un danno in re ipsa per il solo fatto dell’inadempimento acclarato.

Proprio recentemente la Cassazione (Cass. 12 dicembre 2008, n. 29211- allegata) ha mostrato di non rinvenire nella fattispecie del black out elettrico una lesione meritevole di particolare tutela ed ha osservato che quand’anche un ricevimento non sia stato tenuto in ragione della mancanza di energia elettrica “non è ipotizzabile un danno alle relazioni sociali, in relazione al mero fatto della revoca di un invito, revoca palesemente non imputabile al malvolere dell'ospite; mentre il disagio o il dispiacere per la mancata39 serata in compagnia non costituiscono danno non patrimoniale o esistenziale giuridicamente rilevante, ma attiene alla sfera pregiuridica dei rapporti di rilievo meramente sociale”.

Nei servizi di telefonia l’ipotesi di inadempimento per la quale più frequentemente è richiesto il risarcimento del danno non patrimoniale è il ritardo nell’attivazione del servizio telefonico o disguidi alle linee, malfunzionamenti, invio di messaggi pubblicitari non richiesti, ma anche in

38 Trib. Napoli, 16 aprile 2007 in Resp. civ. e prev. , 2007, 11, Giud. pace Mercato San Severino 30 marzo 2006 in Resp. e risarcimento, 2006, 6,73. ; Giud. pace Ceglie Messapico, 7 settembre 2005, n. 193, in Redazione Giuffrè, 2008, Giud. pace Napoli, 13 luglio 2005, n. 2781, in Resp. civ. e prev. , 2006, 1 15; Giud. pace Casoria 13 luglio 2005 in Giur. Merito, 2006, 2,349, Giud. pace Ceglie Messapica 7 settembre 2005 in www. personaedanno. it; Giud. pace Chiaravalle C. , 07 aprile 2004, in www. diritto. it (si noti che in motivazione le uniche osservazioni relative al quantum sono le seguenti “Alcuni dati in atti quali: periodo dell’interruzione: agosto 2003, durata dell’interruzione: 440 minuti; tipo di attività :commerciale: (V. certificazione in atti), consentono di valutare complessivamente il danno subito, comprensivo del mancato guadagno (cfr Cass. civ. , sez III, 9 maggio 2000, n. 5913 ), in € 264,00. cioè in un minimo di € 0,60 di risarcimento a minuto di interruzione. ”; in senso contrario tra la giurisprudenza che, per le ragioni più varie, non ha riconosciuto il risarcimento del danno, v. Giud. pace Pozzuoli, 5 marzo 2007 in www. personaedanno. it; Giud. pace Caserta, 27 giugno 2005, in www. overlex. com; Trib. Nocera Inferiore 10 gennaio 2008 in www.personaedanno. it.

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queste ipotesi nella giurisprudenza di merito risultano spesso omessi sia i riferimenti a lesioni di diritti di rilevanza costituzionale sia, soprattutto, i passaggi motivazionali per addivenire al risarcimento, considerato che non risultano né allegate né provate le alterazioni di vita conseguite all’inadempimento, ovvero le funzionalità del servizio omesso rispetto alle abitudini lavorative o ricreative di chi si assume danneggiato, e questo sia prima che dopo le sentenze delle Sezioni Unite40.

6. 5. Contratto di trasporto Nel contratto di trasporto è l’art. 1681 c.c. che individua tra le

obbligazioni del vettore la tutela della persona fisica del trasportato durante il viaggio.

Precisano le Sezioni Unite che il vettore sarà obbligato a risarcire a titolo di responsabilità contrattuale il danno biologico riportato nel sinistro dal viaggiatore, mentre ove l’inadempimento costituisca anche reato il danno patrimoniale potrà essere riconosciuto nella sua più ampia accezione, atteso che la tutela penale costituisce sicuro indice della rilevanza dell’interesse.

Con riguardo in particolare al trasporto aereo e ferroviario, da molti anni la giurisprudenza, soprattutto dei giudici di pace, si è dimostrata adesiva alle istanze dei viaggiatori, riconoscendo sovente la sussistenza di danni esistenziali derivati da inadempimento al contratto di trasporto, in principalità con riferimento a fattispecie di ritardi, cancellazione di voli, smarrimenti di bagagli o comunque di merce trasportata, omesse informazioni sugli inconvenienti occorsi da parte del personale addetto. 41

40 Tra le tante Giud. Pace Roma, 11 luglio 2003, in Danno e resp. , 2004, 85, Trib.

Genova, 23 gennaio 2006, in Danno e resp. , 2006, 759; Giud. Pace Pisa, 26 marzo 2009 (allegata); Trib. Montepulciano, 20 febbraio 2009 n. 74 (allegata); Giud. Pace Pisa, 22 aprile 2009 n. 144 (allegata); in senso opposto Giud. Pace Pozzuoli, 21 luglio 2004, in Resp. e risarcimento, 2004, 1, 32; Trib. Roma, 12 maggio 2009 (allegata).

41 Così Giud. pace Ancona, 16 maggio 2007, n. 460, in Dir. e lav. Marche, 2008, 1-2 100; Giud. pace Catanzaro, 19 settembre 2006, in Dir. trasporti 2007, 1 207 Giud. pace Carinola, 23 febbraio 2006, in Resp. civ. e prev. 2007, 1 157; Giud. pace Bassano Grappa, 17 dicembre 2004, in Dir. trasporti 2005, 1108; Giud. pace Massa, 17 novembre 2003, in Dir. trasporti 2004, 1000; Giud. pace Palermo, 4 ottobre 2002, in Dir. trasporti 2003, 28; Giud. pace Milano, 18 dicembre 2000, in Giur. it. 2001, 1159. In senso contrario, non riscontrando in queste fattispecie la lesione di diritti costituzionalmente protetti v. Tribunale Perugia, 23 luglio 2008, in Redazione Giuffrè 2008; Giud. pace Palermo, sez. V, 27 dicembre 2007, in Redazione Giuffrè 2008, Giud. pace Palermo, 10 novembre 2006, in Giudice di pace, 2007, 3 255, Giud. pace S. Dona' di Piave, 13 settembre 2004, in Dir. Trasporti, 2006, 1 269.

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Sempre nelle sentenze si sottolinea l’intensità dei disagi, della rabbia e della preoccupazione dei passeggeri ritenendo – nella maggior parte dei casi implicitamente - la lesione di diritti inviolabili della persona tutelati dall’art. 2 Cost. . Molto frequentemente la sussistenza del danno viene fatta coincidere con l’evento lesivo, senza che sia richiesta la prova di effetti pregiudizievoli nella sfera non patrimoniale dei viaggiatori, e mai vengono indicati i criteri liquidativi utilizzati (v. ad esempio Giud. pace Bari, 30 novembre 2005, in Dir. trasporti 2006, 1 320, in cui il danno esistenziale viene giustificato unicamente dalla consistenza del ritardo rispetto alla brevità della tratta e al tempo necessario per compierla e dalla mancanza di assistenza e di notizie in merito che avrebbero turbato la serenità dei passeggeri, determinando in essi nervosismo e frustrazione).

Ora le Sezioni Unite hanno specificato che le ansie, i fastidi e i disappunti concernenti gli aspetti più disparati della vita non possono essere risarciti perché danni di livello non significativo, per cui è verosimile che la giurisprudenza di merito si adegui a questa impostazione, limitando i risarcimenti al riscontro che la lesione abbia superato una certa soglia di offensività.

La prima pronuncia che consta sull’argomento, per un’ipotesi di disagio da ritardo ferroviario, è del Giudice di Pace di Piacenza che, con sentenza il 30 dicembre 2008 n. 1395, ha riconosciuto il danno non patrimoniale ad un pendolare per il superamento per l’anno 2007 da parte di Trenitalia dell’indice di affidabilità tollerato per la tratta Piacenza-Milano, situazione per cui il viaggiatore aveva già ottenuto il bonus previsto dall’ente. Nella motivazione il giudice dà conto dei passaggi argomentativi della Suprema Corte e ritiene che la situazione di stress in cui i lavoratori pendolari di Piacenza sono stati costretti a vivere superi il limite della ragionevolezza imposto come soglia dalle Sezioni Unite, comprometta la dignità delle persone e consenta un risarcimento del danno non patrimoniale, da liquidarsi per tutti gli utenti in via indifferenziata, essendo tutti vittime allo stesso modo del medesimo disservizio42.

42 Si legge nella motivazione “Per costoro, oltre ai danni materiali che possono

considerarsi risarciti, come già prima rilevato, attraverso l'intermediazione degli enti regionali, appunto con il bonus dei quali ha usufruito lo stesso attore, si sono indubbiamente prodotti danni non patrimoniali di rilevanza diversa per i vari soggetti, che tuttavia impongono un risarcimento indifferenziato, giacché in definitiva si risolvono nella lesione di un bene che la legge intende proteggere indistintamente per la generalità dei cittadini. In effetti, quanto denunciato dall'attore costituisce violazione delle norme che regolano l'erogazione dei servizi pubblici (articolo 101 codice del consumo), ma anche, anzi soprattutto, dei diritti fondamentali della persona che ispirano la nostra costituzione, come quelli che attendono al rispetto della personalità e alla intangibilità della dignità dei cittadini, indubbiamente mortificate, per quelli di loro che sono

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Se da questa prima pronuncia traspare la difficoltà di una certa giurisprudenza di negare tutela a quei disagi organizzativi del vivere quotidiano che investono ogni persona, dall’altro sembra delinearsi la consapevolezza della necessità di una maggior prudenza e rigore teorico nell’assicurare tutela risarcitoria, per non correre il rischio di trasformare in diritto soggettivo leso ogni minima insoddisfazione della vita.

costretti a raggiungere col mezzo ferroviario lontani posti di lavoro, dalle inaccettabili umilianti condizioni alle quali debbono sottostare per diretta conseguenza di disservizi di vario tipo riconducibili a responsabilità del vettore. Vivere ricorrenti situazioni del tipo di quelle denunciate dall'attore che angustiano gli utenti pendolari (viaggi in carrozze ferroviarie sovraffollate, in condizioni igieniche inaccettabili, con ritardi abituali, a volte di considerevole entità, inutili attese e impreviste soppressioni di corse ecc. ) provoca grave stato di disagio, oltre che fisico, anche psicologico (nel parlare comune uno stress e determina situazioni esistenziali al limite della sopportabilità, vissute come sopraffazioni del diritto di ognuno a non subire angherie nei confronti delle quali non è data difesa, vieppiù odiose se riconducibili alle modalità di conduzione del servizio pubblico. …. Il ricorrente ha dato prova a supporto della sua domanda esponendo le condizioni nelle quali è costretto a viaggiare per recarsi al lavoro e i pregiudizi che gliene derivano: va fatto evidentemente con i mezzi che gli è stato possibile approntare le circostanze (foto, resoconti giornalistici, eccetera. . . ). Del resto è fatto assolutamente notorio per tutti cittadini di Piacenza lo stato miserevole nel quale versa il servizio pendolari, oggetto di giornalieri allarmanti resoconti della stampa locale, di proteste degli utenti del servizio e delle associazioni di difesa costituitesi, nonché di interventi delle autorità cittadine. Non sfugge a questo giudice il rilievo che la citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione esprime a proposito dello stress psicologico quale elemento cui fondare una pretesa risarcitoria: ciò nella giusta considerazione che tale condizione, se riferita ai piccoli inconvenienti quotidiani che connotano il vivere moderno, deve essere contemplata e bilanciata dal giusto spirito di tolleranza per i piccoli disagi e le stesse condizioni del vivere impongono, a condizione però che tali disagi risultino contenuti entro ragionevoli limiti: quali non possono considerarsi secondo questo giudice quelli per i quali si discute…. Tuttavia questo giudice… vuole riaffermare il principio della doverosa osservanza da parte del gestore di pubblici servizi è fondamentale rispetto della dignità della persona la quale non può essere compromessa da incurie, approssimazioni, sciatteria con le quali a volte detti servizi vengono gestiti. Le esposte considerazioni inducono all'accoglimento della domanda… » (Giud. Pace Piacenza, 30 dicembre 2008 n. 1395 – allegata) .