il denaro che vedremo - rapporto #vedrò2012
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Indagine realizzata per veDrò da Episteme, istituto di ricerca sul cambiamento sociale di consumo, sulla base di una metodologia quali-quantitativa che prevedeva: • n. 30 colloqui individuali motivazionali della durata di 1 ora; • n. 2.000 interviste face to face della durata di 20 minuti a un campione rappresentativo della popolazione italiana, stratificato per sesso, età, area geografica e ampiezza centro. a cura di Monica Fabris e Alberto Castelvecchi in collaborazione con Carlo Alberto Carnevale MaffèTRANSCRIPT
www.vedro.it
Centrale Fies, Dro (Tn)26-29 agosto 2012
IL DENAROCHE VEDREMO
rapporto veDro 2012
uesta indagine è stata realizzata per veDrò da Episteme, istituto di ricerca sul cambiamento sociale di consu-mo, sulla base di una metodologia
quali-quantitativa che prevedeva:
• n. 30 colloqui individuali motivazionali della durata di 1 ora;
• n. 2.000 interviste face to face della durata di 20 minuti a un campione rappresentati-vo della popolazione italiana, stratificato per sesso, età, area geografica e ampiezza cen-tro.
a cura di Monica Fabris e Alberto Castelvecchi
in collaborazione con Carlo Alberto Carnevale Maffè
IL DENAROCHE VEDREMO
rapporto veDro 2012
1
Premessa: la normalizzazione dello stato di crisiIl contesto in cui si svolge questa indagine è
contraddistinto da una profonda consapevo-
lezza dello stato di crisi in cui versa il nostro
Paese. Cresce, rispetto al passato, il pessimi-
smo in relazione alle condizioni economiche e
alla percezione di sicurezza.
La sua situazione economica, rispetto a 12
mesi fa, le sembra…
Nel prossimi 12 mesi lei ritiene che avrà…
Temo che il futuro non mi riservi nulla di buono
Tuttavia, le risposte degli intervistati, come si
vedrà, restituiscono un quadro di relativa as-
suefazione alla prospettiva di peggioramento
delle condizioni economiche. Una metaboliz-
zazione dei messaggi di allarme in uno stato
di disagio permanente in qualche modo ormai
assimilato e, quindi, anche controllato.
Questa condizione sembra preludere all’e-
mergere di cambiamenti profondi anche in
senso costruttivo e positivo nonostante il
malessere diffuso, lasciando nuovi spazi vuo-
ti ancora da riempire. Quando tutto crolla, o
perlomeno di questo si ha sentore, le energie
prime destinate a “conservare” si convertono
in nuovi slanci a “ricreare”. Le evidenze della
ricerca sul vissuto del denaro, dunque, testi-
moniano questo processo di rinascita sulle
ceneri del passato e lasciano intravedere la
mobilitazione di nuove risorse sociali.
Di cosa parliamo quando parliamo di denaroIl primo risultato dell’indagine è stato la mes-
sa in discussione dell’univocità del concetto
stesso di denaro. Abbiamo, anzitutto, consta-
tato un processo di evoluzione che dal recente
passato è sfociato in nuove definizioni di de-
naro. Emerge in modo evidente la fortissima
interconnessione del denaro con le altre te-
matiche centrali in questa fase storica. In altre
parole, gli intervistati stessi parlano del denaro
per “parlare d’altro”, secondo un processo di
spostamento (talvolta di rimozione) che inte-
ressa l’intera collettività. In questa chiave, la
questione finanziaria sembrerebbe costituire il
facile comun denominatore cui si ricorre tutte
le volte che risulta debole la capacità di elabo-
razione e progettualità intorno al futuro.
Mai come oggi sembra ribaltarsi il rapporto di
causa-effetto tra denaro e psicologia collet-
tiva: non è il denaro a generare le emozioni,
ma al contrario sono le emozioni a generare il
denaro. Come una specie di vedetta ansiosa, il
mercato trasforma in trend di ascesa vertigi-
nosa o in scivoloni paurosi le minime variazioni
di clima delle cancellerie, dei telegiornali, delle
associazioni industriali e di chiunque abbia ac-
cesso alla comunicazione.
Nel nostro Paese – ma potremmo dire nel
mondo occidentale avanzato – si conferma
la previsione lucida di Domique Moisi 1 per cui
l’emozione dominante è la paura e la moneta ne diventa lo specchio, laddove in Medio Orien-
te prevale la volontà di riscatto e in Oriente la
speranza. Se la volontà di riscatto genera rivol-
ta e cambiamento politico e la speranza cre-
scita e movimento, la paura ha come effetto
dannoso la paralisi.
In questo contesto, gli intervistati riferiscono
una condizione di impotenza e mancanza di
possibilità di autodeterminazone che si riflet-
te in una immagine del denaro come variabile
fuori dal loro controllo. Come vedremo, il dena-
ro sembra essersi fatto volatile proprio perché
le emozioni sembrano essere fuori controllo. In
un simile processo, tuttavia, è possibile ravvi-
sare un percorso, con tappe e nuove prospet-
tive per il futuro.
Ieri: il denaro come potere e simbolo di statusNon c’è dimensione oggi che rifletta meglio
del denaro i mutamenti in atto nella società
contemporanea. Nel corso di un decennio ab-
biamo assistito a un ribaltamento di 360 gradi
del vissuto del denaro e dei significati ad esso
associati. Proveniamo da un’epoca fondata su
un’idea molto precisa e condivisa del dena-
ro stesso: uno strumento fondamentale per
detenere potere e accedere al magico mondo
dei consumi. Il suo valore era chiaro e la sua
desiderabilità indiscussa. Allo stesso tempo,
avere molto denaro assumeva una rilevanza
valoriale autonoma che lo trasformava in fi-
nalità. E così la rincorsa a guadagnare di più
era, come è sempre stata, anche la rincorsa
a occupare un vantaggio simbolico, uno sta-
tus, una posizione di distinzione sociale. Da
questa prospettiva, il denaro rappresentava
una chiave di accesso non solo alle cose, ma
anche alle “belle donne”, alle competenze e
perfino all’etica e al buon cuore grazie a laute
donazioni.
Oggi: la crisi del denaroÈ giocato su questa confusione tra mezzo e fine l’equivoco principale che sembra aver
fatto saltare l’ingranaggio, spalancando le
porte su un mondo nuovo. Innanzitutto,
la finanziarizzazione dell’economia ha
modificato l’immagine stessa del denaro
che oggi viene associato ai forzieri chiusi
delle banche, alle casseforti dei rentiers o
alla produzione quasi “magica” dei display
degli edge fund. In un orizzonte temporale
rallentato da una parte o accelerato
all’eccesso dei millesecondi dall’altra. Ma
comunque mai “reale”, visibile, presente.
Svincolato dalla rete di scambi e relazioni,
e dunque dal mondo della produzione e del
lavoro, e moltiplicato magicamente sulla
base di criteri sempre meno visibili, il denaro è diventato in primo luogo più opaco. È più
difficile prevederne il valore, ma soprattutto
comprenderne il significato. Da dove viene,
di chi è, dove si racchiude, sono domande
apparentemente molto astratte, ma che pure
pervadono l’immaginario collettivo ai tempi
della grande crisi globale.
Da bene circolante, fonte di energia e
coesione, il denaro è poi divenuto risorsa scarsa, inaccessibile e soprattutto immobile.
La mancanza è diventata la rappresentazione
principale del denaro, non più significante di
credito ma di debito soprattutto, elemento
scatenante di una serie di associazioni emotive negative, dall’ansia alla paura, al
sospetto. Sentimenti che abbracciano tutte le
fasce sociali, indipendentemente dal reddito,
accomunati da un vissuto comune di perdita.
È interessante notare inoltre come, più che
la paura, l’invidia e l’ossessione (che pure
2012
Più sicura 6.9
Uguale 20.2
Meno sicura 72.9
2012
Più soldi da spendere 7.6
Gli stessi soldi da spendere 24.9
Meno soldi da spendere 67.5
2012
Massimo accordo 23.4
1. La géopolitique de l’émotion, flammarion, 2009
32 IL DENARO CHE VEDREMO
costituiscono le associazioni secondarie
prevalenti), questo vissuto abbia inciso sul
senso di autostima degli italiani, contribuendo
alla paralisi e inibendo fenomeni di reazione. Il
denaro che diventa un campanello d’allarme,
un tarlo mentale ma soprattutto l’elemento
scatenante di un senso di inadeguatezza
lacerante.
Quale tra questi stati d’animo/sentimenti NE-
GATIVI associa maggiormente alla parola “de-
naro”?
Sul denaro si sono canalizzati i sentimenti di
impotenza e frustrazione che contraddistin-
guono un vissuto di paralisi generale: “non ci
sono più soldi, quindi si ferma tutto” (si taglia,
si rimanda, si rinuncia), nelle persone comuni
come nelle imprese.
Il denaro è apparso, infine, come una sorta di
metastasi che si autoriproduce e si autodi-
strugge. Ne è riprova il cambiamento del con-
senso sociale intorno alle sue valenze simbo-
liche: da fattore di distinzione a motivo di col-
pa, come se avesse un effetto contaminante.
Tra queste coppie di frasi scelga quella delle
due con la quale si trova maggiormente d’ac-
cordo
È completamente cambiata, non a caso, l’au-
topercezione dei ricchi, che hanno sposato
decisamente la cifra dell’understatement,
come se detenere molto denaro costituisse
oggi un rischio di anatema sociale e un aspet-
to da nascondere. Il denaro si è “ammalato”, arrivano a dire alcuni. E c’è un bisogno dispe-rato di curarlo.
Domani: il denaro che vedremoCosì vicino all’eros, per la sua grande poten-
za attrattiva, il denaro tuttavia non ha perso
la propria potenza ispiratrice. Non è possibile
restare indifferenti alle sue tentazioni e alle
sue illusioni. Nei colloqui motivazionali si per-
cepisce in modo tangibile la capacità del de-
naro di coinvolgere e stimolare riflessioni. Non
sorprende, dunque, che, pur nell’andamento
negativo riconducibile alla crisi, questo tema
abbia stimolato un processo di ripensamento collettivo, dall’uomo della strada ai massimi
esperti della finanza, che apre interessanti
scenari nuovi.
Come nella favola della volpe e l’uva, il denaro
è diventato qualcosa da ridimensionare, nel
senso di “ricondurre alla sua natura stru-
mentale”. Emerge un’attenta ridefinizione
di tutto ciò che non si può comprare, come
recita il geniale slogan “per tutto il resto c’è
mastercard”. È in atto, dunque, un processo
di ridefinizione della ricchezza a prescindere
da esso, inteso come una delle sue compo-
nenti e nemmeno quella centrale. Capitale
relazionale e affettivo, conoscenza e compe-
tenza, accesso alle esperienze costituiscono i
pilastri di questo nuovo concetto di ricchezza.
Accanto al capitale finanziario, quindi, esisto-
no molte altre forme di denominazione cui gli
intervistati fanno costantemente riferimen-
to: personale, estetico, linguistico, culturale,
valoriale. Tutte forme di capitale sempre più
convertibili tra loro anche a prescindere dalla
mediazione del denaro. Una nuova forma di
capitale ha proprio a che fare con la capacità
di gestione delle emozioni, come testimoniato
dalle associazioni prevalenti degli intervistati.
Da fine a strumento, il denaro torna a occu-
pare una posizione vicaria, per quanto fonda-
mentale.
Tra queste coppie di frasi scelga quella delle
due con la quale si trova maggiormente d’ac-
cordo
Tra queste coppie di frasi scelga quella delle
due con la quale si trova maggiormente d’ac-
cordo
Non bisogna, tuttavia, confondere il ridimen-
sionamento del denaro con la sua banalizza-
zione. Come tutte le risorse scarse, da “usare
bene”, esso è diventato anche oggetto di va-
lorizzazione, nel senso di recuperarne il giusto
peso, il giusto grado di realtà appunto, al di là
di tutte le sue virtualizzazioni, dal denaro in
prestito al formato digitale.
Ne emerge un percorso culturale di alfabetiz-zazione che sostituisce finalmente, alla su-
perficialità dell’epoca dell’avidità di denaro, la
profondità di un’epoca di consapevolezza, in
cui anche i giovani cominciano a dotarsi delle
competenze necessarie per usarlo.
La ricerca dimostra come gli italiani sempre
meno delegano ciecamente la gestione del
denaro e sempre più si interessano di materia
finanziaria, partecipando attivamente alla ge-
stione dei propri interessi.
“Mi ritengo una persona competente in temi
finanziari”
Arriveremo, si spera, all’introduzione della
gestione del denaro, in quanto educazione fi-nanziaria, come materia da studiare a scuola
fin dalle prime classi. Superando un pregiudi-
zio di natura idealistica per cui il denaro con è
cosa da bambini se non attraverso il soldino
(portato dal topolino) nel salvadanaio.
I dati testimoniano questa fase di “piena cit-
tadinanza” del denaro in un prospettiva di
cultura civica. Rispetto alle valenze di onni-
potenza, legate prevalentemente al consumo
e all’eccitazione, prevalgono oggi associazioni
al denaro nel segno della ricerca di serenità e
sicurezza e oblatività.
2012
Senso di inferiorità 14.3
Paura 12.5
Invidia 12.2
Ossessione 11.7
Rabbia 10.0
Fatica 8.7
Ansia 8.5
Vergogna 8.4
Non associo nessun sentimento negativo
13.8
2012
Quando vedo una persona ricca ne sono sempre ammirato
39.3
Quando vedo una persona ricca nutro sempre un po’ di sospetto
60.7
2012
Il denaro è più che altro uno strumento e non un fine
84.5
Avere denaro è uno degli obiettivi della mia vita, al di là dell’uso che poi ne farò
15.5
2012
Per la nostra società è impossibile fare a meno del denaro
58.2
Penso che il baratto e lo scambio andrebbero rivalutati
41.8
2008 2009 2010 2012
22.4 26.1 33.1 36.2
54 IL DENARO CHE VEDREMO
E quale tra questi stati d’animo/sentimenti
POSITIVI associa maggiormente alla parola “
denaro”?
Un altro dato che colpisce è il ritorno della progettualità (che negli anni passati compa-
riva in posizione marginale) ad associazione
dominante. La dimensione del fare torna a
collegarsi con il denaro, qualificandolo come
condizione di creatività e di obiettivi concre-
ti da declinare in senso pratico: il denaro per fare le cose che servono.
Per lei il denaro è soprattutto...
Le difficoltà, dunque, hanno restituito tangibi-lità al denaro e hanno ridato alla moneta una
forza simbolica che si era persa in passato.
Nel percorso di “ricostruzione del denaro” in-
travediamo movimenti ancora più profondi che
potrebbero sfociare in cambiamenti strutturali.
Se il denaro è, come è, espressione di funzioni
relazionali fondate sulla fiducia, la crisi finan-
ziaria, che noi nel rapporto chiamiamo “crisi del
denaro”, è coincisa con la perdita di consenso intorno alle istituzioni, pubbliche e private, de-putate a emetterlo e a regolarne la diffusione.
La fiducia nell’Unione Europea (massimo ac-
cordo)
Va da sé che in questa prospettiva il denaro
era diventato specchio e al contempo rifles-
so di una crisi delle istituzioni e in senso lato
delle classi dirigenti, dimostratesi con la cri-
si incapaci di costruire la fiducia, ingrediente
necessario a sostenere il corretto andamento
dei mercati. Il recupero del valore corretto del
denaro tuttavia – testimoniato peraltro anche
dal fermento spontaneo intorno alla circo-
lazione di monete alternative (basti pensare
alla fortuna delle alternatives currencies negli
Stati Uniti) – ci dice che un percorso di risali-
ta è non solo auspicabile, ma anche possibile.
E la salvezza dell’Euro può allo stesso tempo canalizzare gli sforzi e indicare la direzione percorribile per il recupero di fiducia nei con-fronti dell’Unione Europea. Una meta alta, di rilevanza non solo economico-finanziaria, ma anche culturale e sociale.
Gli intervistati parlano dell’Euro ormai come
di una moneta sottoposta a difficoltà, ma in-
trinsecamente positiva, poiché collegata non
solo a un’idea positiva di unione, ma anche e
soprattutto a un modello culturale positivo (e
talvolta esplicitamente contrapposto al dolla-
ro). Una moneta intimamente associata all’e-mergere di nuovi stili di vita che trasformano
la scarsità di liquidità in opportunità attraver-
so l’assenza di sprechi e si nutrono di forme di
energia circolante, quali il capitale relazionale
e, in generale, di tutte le forme di scambio so-ciale basate sulla fiducia (dal vecchio baratto
alle reti collaborative). Un insieme di compor-tamenti che si contrappone al consumismo esasperato che ha contraddistinto l’ultimo
ventennio del secolo scorso e in parte anche
il primo decennio del nuovo.
Dovremmo comperare solo ciò che è stretta-
mente necessario
Un atteggiamento di fondo che non va confu-
so con un’austerità ideologica e punitiva, fon-
data sulla rinuncia, ma con l’inclusione stessa
nel concetto stesso di necessità di “dosi so-
stenibili di superfluo”. In un’ottica di edoni-smo maturo, come conciliazione della ricerca
del piacere con le dimensioni di responsabilità
e di rispetto del limite. Si tratta di un approc-
cio al mondo dei consumi che introduce le
dimensioni di moderazione, riflessività e pon-
derazione necessarie a ricollegare benessere e qualità della vita.
Nell’amministrazione delle imprese, come in
quella familiare, si procede a un vaglio at-
tento delle spese che valorizza la moneta, ri-
conducendola alla dimensione del valore. Un
processo virtuoso quando non vissuto come
“taglio selvaggio” e nemmeno solo secondo la
definizione mediaticamente forte di spending
review, ma come ripensamento e migliora-
mento dei processi e dei consumi. Una mone-
ta non punitiva ma migliorativa, funzionale a
un nuovo modello di sviluppo e a una crescita
sostenibile.
Se il rapporto tra moneta e istituzioni è agli
occhi degli intervistati indissolubile e, come
si è detto, alla crisi dell’una corrisponde la
crisi dell’altro, in una stagione di straordina-
rie tensioni dalla società emergono segnali di speranza.
L’Euro, moneta del nuovo millennio, può in-
terpretare oggi per gli italiani un’accezione positiva della mancanza come parsimonia, non spreco, ma solidarietà. Una moneta che
ha richiesto sacrifici, ma che si collega ideal-
mente a comportamenti virtuosi e si presta
a svolgere una funzione di riqualificazione,
attraverso i nuovi valori della società e delle
istituzioni stesse. L’Euro, dunque, si presenta
nel vissuto degli italiani come moneta calata
dall’alto, ma che può anche rinascere dal bas-
so come assunzione di “rettitudine sociale”,
in una funzione di proiezione collettiva verso
il futuro.
Sulle ceneri del denaro ammalato, si può dire,
nasce un vissuto del denaro che riqualifica la
moneta attuale intorno a obiettivi positivi di rinnovamento. Se gli Stati hanno fatto la mo-
neta, oggi è la moneta che può fare l’Europa.
Obbliga infatti tutti a comportamenti virtuosi,
alla riacquisizione del senso del limite, ai pro-
cessi di efficienza e innovazione. Anche grazie
alla moneta si rinforza la consapevolezza che fuori dall’Euro, e quindi dell’Europa, si resta piccoli e a rischio di marginalizzazione, mentre dentro i limiti dell’Euro si può recuperare spa-zio e peso negli equilibri del mondo globale.
Keep calm and carry on
La capacità di permanere in uno spazio mo-
netario unificato è, pertanto, il nuovo comu-
ne denominatore di un processo di inclusione
virtuosa o al contrario di esclusione dolorosa,
2012
Serenità 15.0
Felicità 13.2
Voglia di donare 11.4
Gratificazione 11.0
Eccitazione 10.4
Speranza 10.2
Ammirazione 8.9
Vivacità 8.1
Non associo nessun sentimento positivo
11.8
2012
Sicurezza 18.6
Progetto 12.6
Potere 11.3
Libertà 11.1
Status symbol 11.0
Merito 10.9
Piacere 10.1
Limite 7.7
Illusione 6.7
2011 2012
52.6 33.5
2011 2012
19.9 27.5
76 IL DENARO CHE VEDREMO
in quanto perdita non solo finanziaria ma an-
che di opportunità, spazio di manovra, oriz-
zonte di futuro e di status geopolitico.
Ma la premessa di tale permanenza va anche
ricercata nei contenuti stessi della moneta
che, come si è visto, si collocano in un con-
tinuum che attinge a tante dimensioni diverse
in cui quella psicologica ha grande rilievo. Si
sfocia, dunque, in una nuova denominazione
della ricchezza come capitale emotivo. Come
detto, la forza della moneta risiede anche, e
forse soprattutto, in una qualità da coltivare
a livello di gestione della psicologia colletti-
va. Una nuova funzione della classe dirigente
come orientamento a comportamenti virtuosi
di cui la cifra emotiva è rappresentata in primo
luogo dalla calma e dalla stabilità. Non intese
come superficiali rassicurazioni, ma come ca-
pacità di dominare gli eccessi patemici e man-
tenere la rotta verso sacrifici che garantiscono
un futuro migliore. Proprio questa promessa,
incarnata da una emozione positiva, può co-
stituire il significato della nuova moneta.
Il denaro è immobile, sempre più lontano
ed evanescente. L’Euro vede erodersi il suo
controvalore culturale, prima ancora che
quello finanziario, perché si svilisce nel
senso comune e quindi nella legittimazio-
ne popolare, si confonde nella cacofonia
degli interventi tecnici e finisce per diven-
tare oggetto di una conversazione mala-
ta. veDrò vuol riportare l’Euro al centro del
dibattito culturale. Vogliamo reimpadro-
nirci del denaro, alienato dalla tecnica e
negato dalla crisi. L’Euro deve diventare
moneta di piena proprietà del popolo eu-
ropeo, non (solo) unità di conto gestita
dalla Banca Centrale di Francoforte. Solo
così sarà davvero irreversibile: e non per
le dichiarazioni di un Governatore, ma per
l’irrevocabile impegno delle genti d’Italia
e d’Europa, di noi e dei nostri figli. Ecco 3
proposte pratiche per mettere l’accen-
to sull’Euro, ciascuna con un elemento
di tecnica e uno di cultura, inscindibili
tra loro perché così è la moneta, insieme
mezzo tecnico e simbolo culturale dello
scambio tra i popoli.
Aumentare la velocità: monetica e frequenza delle transazioni
Serve un Euro più trasparente e più di-
gitale, e quindi più veloce. Sappiamo che
la velocità di transazioni interne a un’e-
conomia (“velocity”) ha impatto sul PIL
nominale. E che la trasparenza contribu-
isce a sradicare l’evasione fiscale, molto
più efficacemente dei controlli ex post. La
proposta tecnica è di favorire una rapida
action!
1
C= (Si pronuncia “Euro”)
veDrò mette l’accento sull’Euro3 proposte per il denaro che vogliamo vedere.
Oggi e domani, in Italia e in Europa. di Carlo Alberto Carnevale Maffè
e generalizzata transizione all’uso della
moneta elettronica, perché essa aumenta
drasticamente la trasparenza e la veloci-
tà della moneta, e quindi può far crescere
il PIL nominale. Lo si fa favorendo l’ado-
zione di POS non solo per ogni esercente,
ma per ogni soggetto economico pubbli-
co e privato, con le opportune garanzie di
sicurezza e privacy. Lo si fa coordinando
tutti gli intermediari finanziari in un’azio-
ne di corretti principi gestionali del con-
tante rispetto alla monetica; usare cash
è come emettere Co2 organizzativo. Non
solo costa di più alle banche ma inquina
tutta l’economia. È necessario superare la
tradizionale prassi di gestione gratuita del
cash, colmando o meglio invertendo il gap
di commissioni rispetto alla monetica. Se
usare la monetica costa - da subito e si-
gnificativamente - meno rispetto al cash,
la transizione sarà molto più rapida, senza
essere imposta dall’alto. Anche l’inter-
vento culturale auspicato è una piccola
rivoluzione delle prassi diffuse. Stipendi,
salari e pagamenti, saldi ed estratti conto,
tariffe telefoniche e abbonamenti: tutte
le transazioni dell’economia quotidiana
vanno sintonizzate su frequenza settima-
nale. La storica abitudine delle cadenze
mensili, trimestrali o annuali era dovuta
anche agli alti costi di trasmissione delle
informazioni: oggi, con il digitale, quel co-
sto è praticamente nullo. La ragione è an-
cora una volta legata alla “velocity” della
moneta: la bassa frequenza di circolazio-
ne, il “denaro che non gira” per paura e/o
per elevato costo di transazione, impone
non solo un maggiore “capitale circolan-
te” a tutta l’economia (la base moneta-
ria), ma anche un maggior rischio e mino-
re flessibilità. In pratica, minore ricchezza.
Stipendi e tariffe settimanali sono prassi
da sempre in Inghilterra, insieme a un’e-
levata diffusione della moneta elettronica.
Si può fare anche in Italia, per andare più
veloci verso la crescita. E già che ci siamo,
lo Stato dia il buon esempio, adottando
definitivamente la Direttiva europea sui
pagamenti.
Socializzare il rating: un nuovo mercato della fiducia e del merito di credito
Serve un Euro più partecipato, e quindi più
sociale. Poiché il prezzo dell’Euro per cia-
scun soggetto – privato, impresa o istitu-
zione – è dato dal suo rating, è necessario
rendere più aperto e distribuito il proces-
so che lo definisce. La proposta tecnica
è semplice: una piattaforma sociale di
rating aperto e trasparente per ogni sog-
getto economico. Chiamiamola per sem-
plicità “RatingAdvisor”. Se con “TripAdvi-
sor” tutti valutiamo la pizza, con “Ratin-
gAdvisor” tutti dovremo poter valutare
socialmente il merito del pizzaiolo. Clienti
e fornitori superano le asimmetrie infor-
mative intrinseche nello strumento del bi-
lancio contabile, ed esprimono un giudizio
responsabile ed “accountable”, che gli
intermediari finanziari possono utilizzare
in competizione tra loro per concedere il
credito necessario agli investimenti e alla
crescita. Il rating non può essere una teo-
dicea, e neanche un giudizio sibillino degli
aruspici di Basilea o di oligopolisti sul filo
del conflitto d’interessi. Esso deve diven-
tare linguaggio diffuso, fattore culturale e
istituzionale dell’economia quotidiana. Se
ciascun soggetto pubblico e privato deve
avere un rating, ciascuno deve imparare a
interpretarlo ed esprimerlo. Capire e con-
tribuire al rating è elemento essenziale di
cittadinanza economica. La proposta cul-
turale è quindi conseguente: riprendere i
progetti di educazione al risparmio, che
qualcuno di noi ricorda dall’infanzia, ed
2
98 IL DENARO CHE VEDREMO
estenderli alla cultura dell’investimento e
della valutazione (sociale) del rischio e del
merito di credito. I risparmiatori di domani
hanno il diritto di non rimanere nella cat-
tività del “parco buoi”, ma di agire liberi
nelle praterie degli investimenti consa-
pevoli e dei prestiti responsabili. Il nuovo
denaro globale richiede un nuovo linguag-
gio, per tutti e non solo per i tecnici della
finanza: impariamolo insieme, insegnia-
molo ai giovani.
Estendere il valore informativo del denaro: metadati ed epica del nuovo “Eurò”
Serve un Euro “esteso”, con pienezza di
senso e di valore culturale oltre che fi-
nanziario. Serve un Euro con l’accento: un
Eurò. Rimpadronirci della moneta, cultu-
ralmente e sintatticamente, apponendovi
un segno diacritico, ovvero distintivo e se-
parativo rispetto alla forma piana - e forse
un po’ piatta – in uso presso gli specialisti
della finanza. L’Eurò - con l’accento - lo
scriveranno per primi gl’italiani. Perché
tanto i francesi lo pronunciano già così,
come Trocadero. E poi perché i danesi gli
mettono la dieresi, e gl’inglesi non hanno
nemmeno il carattere sulla tastiera. La
proposta tecnica ha come presupposto le
altre due: ovvero un Euro sempre più di-
gitale e veloce e un rating sempre più so-
ciale e trasparente dei soggetti economici.
Se l’Euro è digitale, in ogni transazione può
essere associato a metadati che qualifi-
chino i soggetti coinvolti e codifichino le
reciproche valutazioni sullo scambio av-
venuto. L’esempio più semplice è quello
delle foto: mentre le immagini analogiche
erano “povere” di informazioni, quelle
digitali sono ricche di metadati, come il
luogo, l’ora, i link alle persone che vi sono
raffigurate, i tag postati su FaceBook. L’Eu-
ro esteso è come una foto digitale: ricca
di informazioni di contesto, di giudizi e di
storia. Può raccontare pubblicamente l’e-
ticità della transazione, la sua sostenibilità
energetica, la trasparenza delle sue con-
dizioni. È un Euro che vale di più. Infatti, lo
vogliamo chiamare Eurò. L’Eurò è una vera
SuperMoneta: ha un “indice”, un link, un
click, un rank. Ma anche un “pollice”, recto
e verso. E, quando necessario, ha pure un
medio, significativamente alzato. Anche
se saremo poveri di Euro, vogliamo essere
ricchi di metadati, averne un grande flus-
so e un capiente e accessibile stock, per
poi ragionarci sopra e capire meglio non
solo il “quanto” della moneta, ma anche
il “come” e il “perché”. La corrisponden-
te proposta culturale è semplice: veDrò si
candidi a diventare laboratorio di speri-
mentazione dell’Euro Maggiore, dell’Euro
Futuro, dell’Eurò. È il momento di chiedere
l’intervento di una nuova autorità, la Banca
Culturale Europea, per fermare lo spread
tra il valore finanziario della moneta e il suo
valore educativo per le nuove generazioni.
Per far questo l’Euro ha bisogno di costru-
ire una sua epica. veDrò vuol contribuire a
scovare tra i talenti italiani ed europei un
nuovo Sergio Leone che racconti una sfi-
da come “Per un pugno di Euro”, un nuovo
Clint Eastwood che narri uno struggen-
te “Million Euro Baby”, un rapper da “50
€Cents” che inventi nuovi ritmi e un pro-
feta come Bruce Springsteen che ci faccia
cantare con orgoglio “Born in the USE”.
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10 IL DENARO CHE VEDREMO
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