il giornale domenica19novembre2006 cronache tipiitaliani · 2012. 7. 29. · uscitisui...
TRANSCRIPT
-
STEFANO LORENZETTO
G iorgio Dell’Arti appartiene auna particolare razza di gior-nalisti, quelli che Sergio Savia-ne definiva «vendemmiatori». Il cri-tico televisivo se ne lamentava ognivolta che c’incontravamo: «Mi ven-demmiano dalla testa ai piedi, capi-sci? Mi fregano pezzi interi, tagliaticol coltello. Io almeno copio da mestesso, non rubo in casad’altri».Del-l’Arti va oltre: è anche un eccelsovinificatore.Dalla suabotte può spil-lare indifferentemente gran cru euvaggi, champagne e lambrusco, ri-serve del fondatore e novelli. Ciofe-che mai. La vendemmia dura daquasi 40 anni. Il mosto viene messoa riposare inundatabase che racco-glie qualcosa come 130.000 schede,suddivise per autore, argomenti, te-state. Un esercizio colto e pertinaceche non ha eguali in Italia e che vagià sotto il nome di dellartismo. No-men omen: impara l’arte (altrui) emettila da parte. Lui è anche l’unicoin grado di ricordarsi da che partel’hamessa.Nella cantinadiDell’Arti s’imbotti-
glianobiografie, interviste, dichiara-zioni, aforismi, abstract, gossip, par-ticolari anatomici, vizi privati e pub-bliche virtù, tratti dai giornali coninesausta curiosità, ma anche concalcolata perfidia, perché l’uomo,nonostante i riccioloni bianchi chegli conferiscono un’aria da cherubi-no, ha una lingua che taglia e checuce, come si dice dalle mie parti, enella fattispecie, oltre alla lingua,anche le mani.Fino a ieri questa messe d’infor-
mazioni gli serviva per confeziona-re Il Foglio del lunedì, detto ancheFoglio rosa per via della carta colo-rata, che raccoglie i pezzi miglioriusciti sui giornali. Oppure per le ru-briche che tiene su La Stampa, IoDonna e Vanity Fair. O per i suoilibri. Ora è stata travasata in unadamigiana da far paura: il Catalogodei viventi, un volume scritto conMassimo Parrini epubblicato da Marsi-lio, sottotitolo 5.062italiani notevoli. Os-sia, dovendo dirla co-me piacerebbe a Del-l’Arti, 1.806 pagine,16.788.376 caratteri(quasi quattro voltequelli della Bibbia),1.640 grammi di peso,7 centimetri di spesso-re, 166 oree40minutidi lettura prevista, 34euro. Un’opera zeppadi imperdibili dettaglicheha invecchiatodal-la sera alla mattinal’arido Who’s who?, ildizionario biograficodei contemporaneicompilato per la pri-ma volta nel 1848 aLondra, tuttorapubbli-cato in vari Paesi, eche ha reso onore allamemoria dell’editoremodeneseAngeloFor-miggini, ebreo, autoredel Chi è? uscito nel1928, il qualedieci an-ni dopo si uccise get-tandosi dalla Ghirlan-dina per protestarecontro le leggi razziali che l’aveva-no privato dell’azienda e della casa.Sul biglietto da visita di Dell’Arti
dovrebbe star scritto «giornalistacon archivio», cioè dotato del baga-glio imprescindibile per chi abbiascelto di cimentarsi nella professio-ne con serietà, così come su quellodi Cesco Baseggio e diMemoBenas-si c’era la dizione «attore con guar-daroba». Non dev’essere un casoche a questa seconda categoria ap-partenessero suo padre Consalvo,brindisino, morto nel 2005, e suamadre Carla Roinich, originaria diPola, 89anni compiuti dapochi gior-ni, che giravano i teatri d’Italia fa-cendo prosa e rivista con piccolecompagnie. Finoalla primaelemen-tare, frequentata in cinque città di-verse, Giorgio fu un apolide. I Del-l’Arti nonavevanonemmenounaca-sa. «Da neonato dormivo nei retro-scena, dentro un baule chemia ma-dre aveva adattato a culla. Da bam-bino mi facevano ballare il tip tapdurante le prove per sentire comerispondeva l’acustica del teatro.Vengo dalla fame. Lessi la dispera-
zionenegli occhi dimiopadre il gior-no in cui Totò morì d’infarto: era unsabato di aprile del 1967 e il marte-dì successivo avrebberodovutogira-re insieme un carosello televisivo.Addio paga».NelCatalogodei viventinonho tro-vato lavoce che la riguarda.Chape-au! Vogliamo rimediare?«Dell’Arti Giorgio, Catania4 settem-bre 1945. Figlio unico. Sposato e se-parato.Due figlie: Lucrezia, giornali-sta, e Arianna, aiuto regista. Vive aRomaconLaurettaColonnelli.Ha la-vorato aPaese Sera e a LaRepubbli-ca, dov’è stato il primo direttore delVenerdì, che ha lasciato permetter-si in proprio con l’agenzia di servicegiornalistici Vespina. Attuale pro-prietario di Farabola, che ha rileva-to soprattutto per l’archivio fotogra-fico storico, il secondoper importan-za dopo Alinari».Com’è arrivato al giornalismo?«Per caso. Laureato in filosofia del-
la storia, m’ingegnavo insegnandol’italiano ai diplomatici dell’amba-sciata americana di Roma. Causaguerra nel Vietnam, i fondi furonoridotti emi ritrovai a spasso.Mio pa-dre era stato presentatore all’Eiarcon Antonio Ghirelli, direttore delCorriere dello Sport. Controvoglia,gli telefonò. Appena Ghirelli udì lasua voce, si mise a piangere. Andaiapresentarmi. “Ricòrdati che il gior-nalismo sta alla letteratura come laprostituzione all’amore”, fu il viati-co. Emi spedì da Giorgio Cingoli, di-rettore di Paese Sera, che mi presesenza stipendio dicendomi: “Si scor-di di poter essere assunto”».Invece dopo due anni la assunse.«Iomanco compravo il giornale tut-ti i giorni. Mi fecero disegnare unapagina. Era una schifezza, ma uscìlo stesso in edicola. Questo per direche allora la grafica non aveva l’im-portanza esasperata che ha oggi. Ilettori non si rendono contodi quan-to bianco gli viene venduto. L’espe-rienza del Foglio dei fogli nasce co-sì, dalla sfida di far stare in otto fac-ciate le 56 pagine del Corriere».
Complimenti.«Oggi i direttori guardano le paginecome se fossero quadri. Editori e artdirector pensano che i giornali sianocompratima non letti. La qualità deitesti è l’ultima preoccupazione. Intanti anni ho assistito a infiniti dibat-titi sulla grafica, però mai, dico mai,sul modo di scrivere. Ho proposto aun importante editore un supple-mento per il suo giornale.Me l’ha ri-fiutato. Sa con qualemotivazione?».No, peròme la immagino.«“La carta non va più”. Ma come? Iltuo lavoro è vendereparole stampa-te su carta, questo significa farel’editore. Se mi dici che la carta nonva più, significa che il tuomestiere èfinito».Hamandato in libreria il Catalogodei viventi il 2 novembre. Poco be-neagurante.«Al contrario. I morti ci proteggono.Non vedo la morte come una nemi-ca. Anche se come titolo io avevo
suggerito I vivi. Matutti, a cominciare daGiuliano Ferrara, mihanno dato del mat-to: “Porta iella”».Voglio vederli quan-doglipropinerà ilCa-talogo deimorenti.«Ma è questo, no? Vi-venti e morenti sonola stessa cosa. Nonc’è vivente che nonsia anchemorente».Glien’è morto qual-cunomentre andavain stampa?«Più d’uno: il registaPontecorvo, il cardi-nale Pompedda, Ma-rio Merola. Il tasso fi-siologico di decessi inun villaggio di 5.000persone èdi un paioasettimana.AllaFalla-ci e a Facchetti siamoriusciti a fare il fune-rale, accompagnatodal grido di dolore diParrini: “Ci hannomassacrato la letteraF!”».Che tipo è Parrini?«È un livornese di 36anni. Appena laurea-
to alla Bocconi, mi ha cercato: “Iodevo lavorare con lei”. Da allora hasempre lavorato solo con me. L’horivisto pochi giorni fa. Erano cinqueanni che non c’incontravamo».Come sarebbe a dire?«Massimoha sposato unabocconia-na che gira il mondo per la Colgate.Hanno vissuto cinque anni a HongKong. Poi lamoglie è stata trasferitaaLisbona,doveoggi vivono. Lui lavo-ra da casa, entra nel nostro archiviocon Internet, scrive, taglia, impasta.Haun caratteraccio,ma è lamia ve-ra fortuna. Un dono piovuto dal cie-lo».Quindi non serve che i giornalistivadano in redazione tutte le sere aspettegolare.«Certo che no. Basta qualche capo equalche editor a insaccare il mate-riale. Tutti gli altri, fuori. Scriveran-no e titoleranno da dove più gli gar-ba.C’è una logica stantia chepresie-de alla fattura dei quotidiani. Chesensohaavere organici di 400epas-sa redattori?Oltretuttoquesto impe-disce il ricambio.Nei giornali è total-
menteassente il puntodi vista giova-nile. Mia figlia è del 1975 e aspettaun figlio: che le frega delle paginatedi rievocazione dei fatti d’Ungheriadel 1956?Già sono poco interessan-ti perme, che all’epocaavevo 11an-ni».S’è inventato un mestiere che nonesisteva: utilizzatore del lavoro al-trui.«Copiatore di professione. Però esi-stevagià. Picassoandavaognimatti-na in discarica a recuperare robabuttata via. La scimmia con il suocucciolo, una delle sculture più cele-bri, l’ha fatta con due vecchie auto-mobiline trovate nell’immondizia.Passate24ore, forseprima, il giorna-le diventa una gigantesca discaricainutilizzata. Ma non inutilizzabile.Oggi è impossibilenonsapereun fat-to. Per cui l’importante non è dare lenotizie, ma selezionarle. Quandounacosa l’hagiàdettabeneunaltro,non c’è ragione di riscriverla male.Picasso diceva: “Il ge-nio copia, il mediocreimita”. Ci credo».Di quale collega nonsi perde mai un pez-zo?«Esclusi i presenti?AldoCazzullo.Maperlascrittura ilpiùgran-degiornalista italianoè Stefano Malatesta.Cheperò non è gover-nabile, deve andareper conto suo, un po’come Lorenzetto».Questa me la devespiegare.«Lorenzetto è una te-stata.Sai già chepagi-na farà, è una garan-zia. Prendereo lascia-re».Il miglior direttorechi è?«Carlo Verdelli, Gaz-zetta dello Sport».Perché ha inseritonel Catalogo un ca-vallo?«Perchéno?Varenneè vivente, è italiano, ènotevole. L’ho fattoper ricordare a mestesso che sono homosapiens con unnome e un cognome.Apparteniamo tutti a una specie».Qual è il suo articolo di cui va piùorgoglioso?«Quando riprendo in mano i vecchipezzi mi sembra di non essere piùcapace di scrivere, mi prende unoscoramento, ma uno scoramen-to...».Allora?«Forseun’inchiesta che feci perEpo-ca dietro le quinte di Non è la Rai, ilprogramma di Gianni BoncompagniconAmbraAngiolini, IreneGhergoeSabrina Impacciatore. Accertai chelecalze indossatedalle ragazze,mar-ca Bombana, dopo due puntate lebuttavano via. A programma finito,ne avrebbero consumate 15.000 pa-ia. Però m’è venuto bene anche unarticolo di fisica sulla struttura dellamateria, flusso o particella?, scrittoper un supplemento diRepubblica».Ha qualche scoop all’attivo?«Uno in Tv, da giovane. DuranteunaTribunapolitica costrinsi Flami-nioPiccoli ad ammettere cheMiche-le Sindona avevadato duemiliardi e
mezzo alla Dc. Tangentopoli era dilà da venire. Il Corriere mi citò inprima pagina».Lei ha detto: «Le parole per mescottano e voglio adoperarne ilmi-nor numero possibile». Invece Ni-no Nutrizio, fondatore della Notte,insegnava: «Un articolo brutto èsempre troppo lungo, un articolobello è sempre troppo corto».«Diciamo la stessa cosa. Guerra epace è breve, certe trame di film incinque righe sono lunghe. L’Infinitodi Giacomo Leopardi dice tanto conpoco. È il segreto della poesia. ItaloCalvino ne dava questa definizione:“Mettere il mare in un bicchiere”».Ha dichiarato che Berlusconi è lavoce più lunga del Catalogo. Non èvero. Prodi: 949 righe. Berlusconi:929.«L’ho scoperto dopo. M’era venutamoltopiù lunga labiografiadiBerlu-sconi. Nel tagliarla ho esagerato».Non dipenderà dal fatto che lei è
stato iscritto al Pci?«Ne sono uscito nel 1979, non hopiù nessuna simpatia per i comuni-sti. Però da loro ho imparato un sac-co di cose».Per esempio?«Il concetto di dirigente. Il capo liti-ga all’interno ma non fa trapelarenulla all’esterno. L’esatto contrariodi ciò che avviene neiDs. Il dirigenteaveva l’ultimaparola su tutto.Quan-d’era segretariodel Pci torinese, Pie-ro Fassino a una riunione vide LiviaTurco con gonna marron, golf blu,calzettoni a strisce e zoccoli. Sedutaaccanto, un’amica conciata nellostesso modo. Disse loro: “Compa-gne, questi sono i soldi per due bi-glietti. Andate a Parigi e guardatecome si vestono le donne”».Perché ha maltrattato Walter Vel-troni?«Racconta un sacco di balle. Comela storia del cancellino tirato in testaal preside nel 1968. Il preside gliavrebbe chiesto: “Chi si crede di es-sere?”. E lui avrebbe risposto: “Ilmio nome è Bond, James Bond”.Peccato che sia stata Paola Balduc-
ci, compagna di scuola del fratellomaggiore di Veltroni, a tirare il can-cellino al preside. Walter non eranemmeno in età da liceo. Io gli vo-gliobene.Gli correggevo i comunica-ti della Fgci quando aveva 14 anni.Ma è ossessionato dalla propria im-magine. Si circondad’unapletoradiaddetti stampa che gli tengono buo-ni i giornali. Anchequest’ultimabal-la che sta cercando Dio... E dai!».Èvero che il suohobby è fare soldi?«Lo dico per suscitare l’invidia deicolleghi. Li fa impazzire. In realtàsul conto in banca avrò 20.000 eu-ro. Il mio unico piacere è il lavoro».Come mai sul Foglio del lunedì cisonorubriche fisseper gli amori e idelitti e non, chessò, per le conver-sioni o gli atti di generosità?«Adamo ed Eva copulano. Poi Cainouccide Abele. Amore e delitti sono ifondamenti del genere umano».Èsicuro che i viventi notevoli ci sia-no tutti nel Catalogo?«No, tutti no. Quasi».Nonho trovatoFedericoFaggin, vi-centino, padre del microchip.«Ecco, vede? Adesso cheme lo dice,me lo ricordo».Non ho trovato Pierluigi Zappaco-sta, teatino, inventore del mouse efondatore della Logitech.(Inarca il sopracciglio). «Ha ragio-ne».Non ho trovato Paola Rizzoli Mala-notte, veneziana, che insegna alMitdi Bostoned è forse lamassimaespertamondiale di maree.(Si gratta l’orecchio). «Manca ancheLucaMercalli, il notometeorologo».Non ho trovato Marco Furlan, unodei due di Ludwig, condannato perdieci delitti.«Aaah, ancorapiùgrave!». (Si affer-ra il naso, poi la stanghetta degliocchiali). «Non ho giustificazioni.Comunque preferisco un libro in-completo ma aggiornato, piuttostoche uno completoma già vecchio al-l’uscita».Si tranquillizzi.Ho faticatouna set-timanaper riuscire a trovare qual-che assente.«Menomale, la prego di scriverlo».Che riflessioni le suggerisce il fattoche Sabrina Ferilli abbia il doppiodelle righe riservate a Sergio Mar-chionne, l’amministratore delega-to che ha salvato la Fiat?«La Ferilli è più popolare. Se inter-pello 100 passanti, 98 conoscono laFerilli e solo 50 Marchionne, 50 avoler essere ottimisti».Maallora che significa «notevoli»?«Belladomanda.Chesonostati nota-ti dagli autori. I quali, essendo uma-
ni, possono non avernotato qualcuno cheandavanotato.Di que-sto chiedono scusa».Mi compili alcune vo-ci brevi. PaoloMieli.«Inventoredel cerchio-bottismo,cioè la terzie-tà rispetto a due policontrapposti. Negatanei fatti dalla scelta dischierare il Corrierecol centrosinistra allavigilia delle elezioni».Eugenio Scalfari.«Ilpiùgrandegiornali-sta del ’900». (Ride).«Rido perché fa ride-re, ma Scalfari ci cre-de. Inventoredell’este-tica del giornalismo.Eugenio ha un pensie-ro forte su come si fa ilprodotto giornale. Hoimparato da lui».Giuliano Ferrara.«Con Scalfari, l’unicoche ha indicato unanuovaviaper il giorna-lismo. Fine scrittore.Uomo di una liberalitàcommovente».Gianni Riotta.«Innovatore del Tg1.Sta facendo un ottimo
telegiornale. Ha il merito d’aver ri-portato in video Enzo Biagi. È statoun pezzo di grande televisione: fa-cendoci vedere un anziano signorebalbettante, ha chiuso qualsiasi di-scorso sul ritorno di Biagi in Tv».Fausto Bertinotti.«Un vanesio travestito da rivoluzio-nario. Non mi piace. Conservatorefra i peggiori. Pessimo che continuia far politica, pessimo che non rie-sca a star lontano dal video. Diventiirraggiungibile, per unavolta. Impa-ri daMario Draghi».Alfonso Pecoraro Scanio.«Un fessacchiotto. Un bel ragazzo».Tracci la biografia di un collegatrombone in modo da rendernepossibile l’identificazione.«Anche fisicamente? Son tanti, eh».Provi.«Baffoni. Capelli bianchi. Mania discrivere in prima persona. Intimitàcongli Agnelli proclamata aogni oc-casione. Il più trombone di tutti».
(353. Continua)[email protected]
,‘ ,L’editoremodeneseAngeloFormiggini,autore del«Chi è?» nel1928. Ebreo,si suicidò perprotestarecontro leleggirazziali
TIPI ITALIANI
Ho inserito anche un cavallo, VarennePer rammentare a me stesso cheappartengo alla specie homo sapiens.I direttori credono che le pagine sianoquadri e gli editori che i giornali nonvengano letti. Il lettore non si rendeconto del tanto bianco che gli vendono
‘
DiegoAbatantuono,primo nomedel «Catalogodei viventi»,con SabrinaFerilli, che hail doppio dellerighe di SergioMarchionne,l’ad della Fiat
«Ho compilato il Catalogo dei viventiper ricordare che siamo dei morenti»
Giornalista, scrittore e inventore di testate,si definisce «copiatore di professione».Da40anni archivia tutto ciò che è scrittobene. In un libro quattro volte più ampiodella Bibbia analizza 5.062 italiani notevoli
Oggi è impossibile non sapere un fattoL’importante non è dare le notizie,ma selezionarle. Veltroni raccontaballe. Scalfari è il più grande direttoredel ’900. Riotta ci ha fatto vedere cheBiagi non può ritornare in Tv. Il piùtrombone? Un collega con i baffoni...
DORMIVA IN UN BAULEGiorgio Dell’Arti, 61 anni,
ha lavorato a «Paese Sera»e «La Repubblica», dov’è
stato il primo direttore del«Venerdì». I suoi genitori
erano attori. «Non ho avutouna casa fino alla prima
elementare, frequentata incinque città diverse.
Dormivo nei teatri, dentroun baule che mia madreaveva adattato a culla»
GIORGIO DELL’ARTI
il Giornale � Domenica19novembre2006 Cronache 15