il mosaiko kids 1-2005

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Anno 2 - n° 1 - gennaio 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL) Il Mosaiko cammina con le sue gambe... Il Mosaiko Kids è diventato un mensile indipendente ed è possibile riceverlo tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore via C. Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 mozione e sorpresa: è quello che ab- biamo provato tutti quando abbiamo incontrato la direttrice responsabile di questo eccezionale giornale. Si tratta di Antonella Mariotti (nella foto la quar- ta da sinistra), professione… giornalista. Esatto! La direttrice responsabile de “Il mosaiko kids” è una giornalista di un quotidiano che risponde al nome de “LA STAMPA”. Non c’è dubbio che sia proprio la persona adatta per un compito diffici- le e gravoso, ma al tempo stesso così gratificante. Durante l’incontro abbiamo potuto familiarizzare con il mondo del “giornalismo agonistico”. Ci ha poi spro- nato a continuare con rinnovato entusia- smo per questo “battesimo di fuoco” di gennaio. hiedo a dieci ragazzi cosa vo- gliono fare da grandi… cosa mi rispondono? Sette:"niente". Due: "non lo so". E uno, non rite- nendo la mia domanda degna di risposta, mi scansa con disprezzo e se ne va. Chiariamo subito: non credo che ci sia niente di male o di strano nel fatto che i giovani non pensino ossessivamente al futuro e non abbiano certezze in merito ad esso, la mia critica va a parare altrove. Ciò che manca ai giovani sono i sogni, e di con- seguenza la dedizione, gli ideali e i valori. Infatti è sognando una brillante carriera che ci si impe- gna nello studio, sognando la pa- ce e l'armonia del mondo che si cerca di essere tolleranti e aper- ti verso il prossimo, sognando un mondo perfetto che si cerca di formulare e mettere in pratica riforme per migliorarlo. La mag- gior parte degli adolescenti vive in una condizione di massimo disinteresse di ciò che lo circon- da, un'altra parte appare tutt'al più incrostata in due atteggia- menti ormai standardizzati: il la- mento perpetuo e disgustato e, soprattutto, l'accanita, sprez- zante, e spesso inconscia, ribel- lione. A che cosa si ribellano? Praticamente a tutto: al gover- no, alla scuola, ai genitori, a qualunque forma di autorità. È triste, ma il loro unico ideale sembra essere quello dell'anar- chia più totale. Sarò moralista forse, ma, da quel che ho senti- to, i giovani di qualche genera- zione fa erano complessivamen- te più intraprendenti e genuini. Concludo aggiungendo un'ultima nota di rammarico che, sono cer- ta, aumenterà il senso di nausea che avrò già generato in molti di voi (mi riferisco ai giovani che stanno leggendo) e dico che i ra- gazzi (soprattutto maschi) sono sempre meno romantici…e, se proprio vogliono gratificare la lo- ro ragazza, se la sbrigano al mas- simo con un bel "ti amo quando sono sbronzo"(Derozer). L’astronauta, la ballerina, lo scrit L’astronauta, la ballerina, lo scrit- tore, crescendo, dove sono finiti? tore, crescendo, dove sono finiti? Silvia Pareti taliani, popolo di sognatori. L’astronauta, la ballerina, l’attore cosa sono di- ventati da grandi? Avranno mica smesso di sognare! No tranquilli, agli ita- liani non succede mai, vivono di sogni. Se anche l’astronauta è diventato un ferroviere, la ballerina una commessa e l’attore un venditore di enciclopedie, li ritroverete tutti nella stessa ricevitoria a giocarsi lo stipendio per quel so- gno che hanno tutti di diventare ricchi. Magari leggessero di più, in un grande classico della letteratura, no, non uno scritto filosofico,intendevo in Topolino, Paperone ci dà una grande lezione di vita, si diventa ricchi cominciando da un singolo nichelino. Soltanto dei visionari possono aggrapparsi con fiducia a dei ragionamenti che sfidano le leggi della probabilità per ricondurre a un qualche senso quella che è solo una combinazione casuale di numeri. Poveri italiani, che sognano ancora una sinistra unita e una destra dalla parte degli operai, che non hanno mai smesso di credere alle favole, e si consultano spesso con maghi e fattucchiere. Per tutti quelli che sognano la pensione, o forse che la pensione se la sognano, per quelli che sognano un lavoro e quelli che sognano la domenica, per quelli che sognano l’amore e poi vanno a comprarlo come le angurie lungo le strade, per quelli che sognano un’Italia senza stranieri e poi non fanno figli, per quelli che sognano la giustizia e poi evadono le tasse, per quelli che quando dormono sognano, e da svegli non lo sanno, per quelli che si sognano che i soldi in banca aumentino e per quelli che era meglio sotto la mattonella, per quelli che hanno così fede nei sogni da iscriversi a Lettere e Filosofia, per quelli che sognano lo scudetto e poi tifano Inter, per quelli che sognano guardando le stelle ma più ancora leggendo l’oroscopo, per quelli che sognano la neve a Natale, perché andare in montagna costa troppo, per quel- li che sognano le mezze stagioni che non ci sono più, ma soprattutto per quel- li che come noi iniziano con gli occhi chiusi... non dimenticate che i saggi e gli indovini della storia erano tutti dei ciechi, perché gli occhi chiusi non impedi- scono di vedere la realtà, le danno un senso in più. La ricetta per non invec- chiare dentro forse è tutta qui, dimenticarsi che ci sono cose impossibili e con- tinuare a far brillare gli occhi di speranza. Iniziare ad occhi chiusi è da inco- scienti, da folli, eppure richiede coraggio, quello di mettersi in gioco e ri- schiare. Anche di perdere se non se ne può fare a meno, ma non senza com- battere. I sogni sono una sfida, un investimento di energie e speranze, di osti- nazione e fiducia, ma pur sempre una sfida, da vivere, da lottare, ma senza l’ossessione di vincere. E’ il percorso che ci fa crescere, la tenacia che non ci fa arrendere, è l’idea dell’arrivo, non l’arrivo a darci la forza. A tu per tu con Antonella Mariotti A tu per tu con Antonella Mariotti I E Dal nostro piccolo, dalla nostra modesta provincia, dalla nostra tenera età… INIZIAMO a occhi chiusi… SOGNANDO INIZIAMO a occhi chiusi… SOGNANDO Marta Lamanuzzi C Illustrazione di Martina Delfanti

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Il periodico dell'associazione Il msaoiko Kids

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Page 1: Il Mosaiko Kids 1-2005

Anno 2 - n° 1 - gennaio 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S.(AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL)

Il Mosaiko cammina con le sue gambe...Il Mosaiko Kids è diventato un mensile indipendente ed è possibile riceverlotramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo:Favolarevia Editorevia C. Alberto, 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018

mozione e sorpresa: è quello che ab-biamo provato tutti quando abbiamoincontrato la direttrice responsabile

di questo eccezionale giornale. Si trattadi Antonella Mariotti (nella foto la quar-ta da sinistra), professione… giornalista.Esatto! La direttrice responsabile de “Ilmosaiko kids” è una giornalista di unquotidiano che risponde al nome de “LA

STAMPA”. Non c’è dubbio che sia propriola persona adatta per un compito diffici-le e gravoso, ma al tempo stesso cosìgratificante. Durante l’incontro abbiamopotuto familiarizzare con il mondo del“giornalismo agonistico”. Ci ha poi spro-nato a continuare con rinnovato entusia-smo per questo “battesimo di fuoco” digennaio.

hiedo a dieci ragazzi cosa vo-gliono fare da grandi… cosa

mi rispondono? Sette:"niente".Due: "non lo so". E uno, non rite-nendo la mia domanda degna dirisposta, mi scansa con disprezzoe se ne va. Chiariamo subito: noncredo che ci sia niente di male odi strano nel fatto che i giovani

non pensino ossessivamente alfuturo e non abbiano certezze inmerito ad esso, la mia critica vaa parare altrove. Ciò che mancaai giovani sono i sogni, e di con-seguenza la dedizione, gli idealie i valori. Infatti è sognando unabrillante carriera che ci si impe-gna nello studio, sognando la pa-ce e l'armonia del mondo che sicerca di essere tolleranti e aper-ti verso il prossimo, sognando unmondo perfetto che si cerca diformulare e mettere in praticariforme per migliorarlo. La mag-gior parte degli adolescenti vivein una condizione di massimodisinteresse di ciò che lo circon-da, un'altra parte appare tutt'al

più incrostata in due atteggia-menti ormai standardizzati: il la-mento perpetuo e disgustato e,soprattutto, l'accanita, sprez-zante, e spesso inconscia, ribel-lione. A che cosa si ribellano?Praticamente a tutto: al gover-no, alla scuola, ai genitori, aqualunque forma di autorità. È

triste, ma il loro unico idealesembra essere quello dell'anar-chia più totale. Sarò moralistaforse, ma, da quel che ho senti-to, i giovani di qualche genera-zione fa erano complessivamen-te più intraprendenti e genuini.Concludo aggiungendo un'ultimanota di rammarico che, sono cer-ta, aumenterà il senso di nauseache avrò già generato in molti divoi (mi riferisco ai giovani chestanno leggendo) e dico che i ra-gazzi (soprattutto maschi) sonosempre meno romantici…e, seproprio vogliono gratificare la lo-ro ragazza, se la sbrigano al mas-simo con un bel "ti amo quandosono sbronzo"(Derozer).

L’ a s t r o n a u t a , l a b a l l e r i n a , l o s c r i tL’ a s t r o n a u t a , l a b a l l e r i n a , l o s c r i t --t o r e , c r e s c e n d o , d o v e s o n o f i n i t i ?t o r e , c r e s c e n d o , d o v e s o n o f i n i t i ?Silvia Pareti

taliani, popolo di sognatori. L’astronauta, la ballerina, l’attore cosa sono di-ventati da grandi? Avranno mica smesso di sognare! No tranquilli, agli ita-

liani non succede mai, vivono di sogni. Se anche l’astronauta è diventato unferroviere, la ballerina una commessa e l’attore un venditore di enciclopedie,li ritroverete tutti nella stessa ricevitoria a giocarsi lo stipendio per quel so-gno che hanno tutti di diventare ricchi. Magari leggessero di più, in un grandeclassico della letteratura, no, non uno scritto filosofico,intendevo in Topolino,Paperone ci dà una grande lezione di vita, si diventa ricchi cominciando da unsingolo nichelino. Soltanto dei visionari possono aggrapparsi con fiducia a deiragionamenti che sfidano le leggi della probabilità per ricondurre a un qualchesenso quella che è solo una combinazione casuale di numeri. Poveri italiani,che sognano ancora una sinistra unita e una destra dalla parte degli operai,che non hanno mai smesso di credere alle favole, e si consultano spesso conmaghi e fattucchiere. Per tutti quelli che sognano la pensione, o forse che lapensione se la sognano, per quelli che sognano un lavoro e quelli che sognanola domenica, per quelli che sognano l’amore e poi vanno a comprarlo come leangurie lungo le strade, per quelli che sognano un’Italia senza stranieri e poinon fanno figli, per quelli che sognano la giustizia e poi evadono le tasse, perquelli che quando dormono sognano, e da svegli non lo sanno, per quelli che sisognano che i soldi in banca aumentino e per quelli che era meglio sotto lamattonella, per quelli che hanno così fede nei sogni da iscriversi a Lettere eFilosofia, per quelli che sognano lo scudetto e poi tifano Inter, per quelli chesognano guardando le stelle ma più ancora leggendo l’oroscopo, per quelli chesognano la neve a Natale, perché andare in montagna costa troppo, per quel-li che sognano le mezze stagioni che non ci sono più, ma soprattutto per quel-li che come noi iniziano con gli occhi chiusi... non dimenticate che i saggi e gliindovini della storia erano tutti dei ciechi, perché gli occhi chiusi non impedi-scono di vedere la realtà, le danno un senso in più. La ricetta per non invec-chiare dentro forse è tutta qui, dimenticarsi che ci sono cose impossibili e con-tinuare a far brillare gli occhi di speranza. Iniziare ad occhi chiusi è da inco-scienti, da folli, eppure richiede coraggio, quello di mettersi in gioco e ri-schiare. Anche di perdere se non se ne può fare a meno, ma non senza com-battere. I sogni sono una sfida, un investimento di energie e speranze, di osti-nazione e fiducia, ma pur sempre una sfida, da vivere, da lottare, ma senzal’ossessione di vincere. E’ il percorso che ci fa crescere, la tenacia che non cifa arrendere, è l’idea dell’arrivo, non l’arrivo a darci la forza.

A tu per tu con Antonella MariottiA tu per tu con Antonella Mariotti

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E

Dal nostro piccolo, dalla nostra modesta provincia, dalla nostra tenera età…

INIZIAMO a occhi chiusi… SOGNANDOINIZIAMO a occhi chiusi… SOGNANDOMarta Lamanuzzi

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Illustrazione di Martina Delfanti

Page 2: Il Mosaiko Kids 1-2005

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SOGNARE PER CRESCERESOGNARE PER CRESCEREMarcello Nicolò Spinetta

l sogno è, ed è sempre stato, una realtà quotidianaper l'uomo. La vita di ogni individuo è infatti carat-terizzata da un sogno, da un traguardo ritenuto am-

bizioso da inseguire giorno per giorno. Tra le fasce di età che caratterizzano il percorso evolu-tivo umano, quella che forse è più interessata da que-sta realtà è l'adolescenza. Tutti noi adolescenti inse-guiamo un sogno, abbiamo ambizioni e aspiriamo a di-ventare qualcuno nella vita, o più semplicemente a fa-re ciò che più amiamo. I giovani, più degli adulti, desi-derano imitare i propri idoli dello sport e della musica,diventare personaggi famosi nel mondo dello spettaco-lo e firmare autografi per i fans. Tuttavia, con il passa-re del tempo, l'importanza di realizzare il proprio sognoè diminuita notevolmente, soffocata da dure e proble-matiche realtà quotidiane che "inquinano" il mondo sa-no dei giovani. Molti ragazzi infatti, al giorno d'oggi,preferiscono guardare un programma alla TV, anzichécimentarsi in attività nuove e migliorarsi per raggiunge-re i propri obiettivi.Il "non-sognare", non avere quindi aspirazioni, per noiadolescenti, ma anche per gli adulti, può trasformarsiin una pericolosa scelta: infatti è attraverso i sogni cheognuno di noi costruisce la sua vita, dandosi una moti-vazione per viverla. Il cammino esistenziale dell'uomosulla Terra in fondo è uno solo, così come è unica la pos-sibilità di viverlo al meglio. Per sfruttare pienamentequesta possibilità occorre avere dei sogni, degli obietti-vi da raggiungere in modo tale da non vivere immersinella monotonia. Credo infine che il sogno debba esse-re parte integrante di tutti noi, perchè è sognando chesi da un senso alla nostra vita.

uanti bambini r imango-no ancora sveg l i l anotte di Natale, atten-

t i a carpire ogni minimosuono proveniente dal salo-ne, attendendo l ’arr ivo diBabbo Natale? Quanti bam-bini (e non solo) s i addor-mentano immaginando chelassù, s i proprio lassù, ol-tre quel la stel la, c’è unmondo fatanst ico, abitatoda fate e da fol lett i , dafantasmi e da vampir i , dauomini e da el f i ? Quant icredono che Peter Pan svo-lazzi l ibero sopra le gr ig ienuvole di una piovosa Lon-dra? Pochi temo...sempre meno:questo nostro nuovo mondod i acc ia io , dominato da ifreddi cr istal l i l iquidi del loschermo di un PC fa di tut-to per tarpare le argenteeal i de i nostr i sogn i , contutte le sue brutture, lesue tr istezze, i suoi tort i ele sue bas sezze, da cu iogni g iorno s iamo incessan-temente bombardati e chenon possono che r icondurcied incatenarc i a l la rea l -tà...come s i può fantast i -care quanto tanti, troppialtr i bambini muoiono sen-za motivo? Non s i può...ep-pure dobb iamo, l ’an imasenza i sogni, senza i l suooss igeno, senza la sua l infavitale avvizzisce, spasima,ed inf ine muore, divenendoper fet tamente ugua le edomologata a tante a l t re:senza scopo, senza ambi-z ione, senza fantas ia, tr i -stemente rassegnata. I l so-gno è un momento tuttonostro, segreto, in cui pos-s iamo essere chi e cosa vo-g l i amo, in cu i l a nos t rafantas ia troppo spesso re-

pressa e v iolata può f inal-mente l iberars i in tutta lasua meravigl iosa potenza,è una piccola evasione dalmondo reale, ma è un mon-do del tutto nuovo, com-pletamente differente, am-ministrato e governato danoi, secondo le nostre leg-gi e le nostre idee. Tutt ico lo ro che hanno resogrande i l mondo avevano

un sogno, loro però hannocreduto in questo sogno,non lo hanno accantonatocrescendo, ma l ’hanno col-t ivato, hanno accresc iutoi l loro universo immagina-r io f ino a quando quest’ul-t imo non ha trovato i l suopiccolo spazio nel mondoreale, migl iorandolo. Ma seè così....che futuro potrà

mai avere un mondo in cui iragazzi trascorrono la lorogiovinezza nel la più com-pleta apatia, nel la sf idu-cia, pr iv i d i quel la meravi-g l i o sa spens ie ra tezza equel p izz ico d i ingenuitàche caratter izza chi ha se-dic i anni e tutta una vitadavanti per crescere ed es-sere ser io ed impegnato?Forse abbiamo dimenticatocome s i sogna, e quantomerav ig l i o so s i a fa r lo ,quanto c i a iut i a crescere ea mig l i o ra rc i . . . .dobb iamoimparare di nuovo...Al lora,mamme, prendete un bell ibro di favole e leggeteleai vostr i b imbi, non piazza-tel i davanti a l la TV, anchese s ì , forse cresceranno piùemancipati vedendo quat-tro telegiornal i a l g iorno,ma avranno un’ infanzia eun’adolescenza di tr istez-za, pr iva del calore, delconforto e degl i insegna-menti che ogni grande f ia-ba sa regalare.Non vergognamoci di esseredi credere che qualcosa dimeravigl ioso s ia poss ibi le,di essere et ichettat i comedegl i inguaribi l i sognator iperché in fondo.... ‘ s iamofatt i de l la s tessa mater iad i cu i sono fatt i i sogni ’ .

I S O G N II S O G N ICecilia sacco

sogni sono l’elemento fondamentale per la vita di un individuo, essi sipossono dividere in due categorie: quelli che si fanno nelle ore dellanotte quando si è addormentati ad occhi chiusi e quelli che si fanno ad

occhi aperti, ben svegli. I primi per me sono i più misteriosi, incomprensi-bili e strani perché meli dimentico appenasveglia. Talvolta pos-sono essere veri e pro-pri incubi, talvoltasensazioni piacevoli. Isogni ad occhi apertisono a me più fami-gliari, specialmentealla nostra età, sogna-re ad occhi aperti è unesercizio che ci riescemolto bene. Non aven-do ancora grandi espe-rienze di vita e quindinon ancora intaccati dalle crude realtà e dalle responsabilità della vita quo-tidiana di un adulto, per noi ragazzi immaginare un mondo come piace a noiè abbastanza facile. Sognare il grande amore oppure guardarsi allo specchioe sentirsi una star o un gran calciatore è un esercizio che ci riesce benissi-mo. Sognare ad occhi aperti significa fantasticare e la fantasia è una dellequalità migliori che l’uomo possa avere. Questi sogni sono però anche i piùpericolosi perché si corre il rischio di perdere di vista la realtà delle cose edi non stare più con i piedi a terra. Tuttavia sognare un mondo migliore nonpuò che far bene all’animo e guai togliere o impedire di sognare a noi ra-gazzi perché sognare significa sperare e la speranza aiuta a vivere e cre-scere meglio. Penso che anche agli adulti faccia bene sognare ad occhiaperti perché avere delle mete e dei traguardi anche per loro significa nonsubire la vita ma esserne padroni e viverla al meglio.

S o g n a n d o s i i m p a r aS o g n a n d o s i i m p a r aLivia Granata

Q

Se fossimo liberi di sognareSe fossimo liberi di sognare

Anna Baiardi

volte mi capita di ritrovarmi ad osservare lepersone, ed è strano; guardare la gente men-

tre parla, cercare di scavare dietro le loro ma-schere espressive qualcosa di più profondo, gioca-re ad indovinare i loro sogni più segreti. Guardan-do loro vedo me, sostanzialmente così simili non-ostante i tentativi di non essere così: affacciati incose tutt’altro che piacevoli, schiavizzati da unalibertà imposta da chi vuol far diventare nostri so-gni e desideri che non ci appartengono. Soffocan-do così ciò che è nostro veramente, in un freddo eperfetto calcolo della macchina umana, invisibilenella sua essenza ma percepibile su di noi. E noi,andare avanti ogni giorno insegnando obbiettivinon nostri, impegnandoci per compiere imprese dicui non ci importa veramente, rendendoci da soliincapaci di un vero e proprio nostro disegno… Cipenso a volte, liberandomi in fretta dai troppi ob-blighi a cui pur mi sento indissolubilmente assog-gettata. Tutto quello che faccio sembra solo por-tarmi più distante dai miei pensieri e li respinge,non so dove sarebbero se ogni tanto non mi fer-massi per riprenderli gelosamente con me. E michiedo come sarebbe, se solo fossimo liberi alme-no di sognare.

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Illustrazione di Martina Delfanti

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orrei ... vorrei... vor-rei... era il titolo di un

concorso artistico realizza-to qualche anno fa e rivoltoagli alunni delle scuole ele-mentari e medie della pro-vincia di Alessandria. Aibambini era stato chiesto direalizzare graficamente ilsogno che più occupa i loropensieri, e con qualche im-barazzo si scoprì che ilmondo degli adulti lascia lefantasie dei più piccoli in-gombre d’incubi.Riportiamo qui di seguito leconsiderazioni della com-missione giudicatrice per-ché ci sembra descrivanocon efficacia una situazionedi immutato disagio.

«L’idea da cui nasce il con-corso è in sé semplicissima:ci è parso utile e interes-sante fotografare la mappadei sogni e delle ansie di chisarà chiamato a costruire ilfuturo, e ci è parso doppia-mente utile farlo proprio inun momento storico in cuile speranze riposte nell’ini-zio di un nuovo millennio,con tutta la carica simboli-ca che si trascina dietro unacosì singolare scadenza delcalendario, sono drammati-camente offuscate dal con-tinuo ricorso alla violenzacome unico strumento di ri-soluzione delle contraddi-zioni e delle tensioni tre-mende da cui è lacerato ilpianeta.E’ infatti del tutto naturalechiedersi: ma i bambini e iragazzi, chiamati ad affron-tare un futuro così difficile,cosa sentono e cosa voglio-no, come reagiscono difronte alla caduta di tuttele certezze a cui i loro geni-

tori e i loro nonni erano sta-ti consegnati?Va detto, innanzitutto, chela guerra, con il suo corolla-rio tragico di questi mesi,occupa una gran parte deipensieri dei bambini piùpiccoli (e ci sarebbe da stu-pirsi del contrario): missili,bombe e aeroplani in fiam-me tornano come un’osses-sione a guastare le notti e isogni di chi, perché piccoloe indifeso, capisce moltomeglio degli adulti lostraordinario valore dellapace e la dolorosa tragediadella violenza. Molti, troppilavori offrono inquietantispunti di riflessione per igenitori e per gli adulti ingenere: è impressionante,per esempio, lo sfogo affan-nato del bambino che sognadi essere inseguito daiproiettili e dalle urla deicompagni attaccati dal ne-mico proprio nei giardinettidavanti alle scuole elemen-tari, lui, piccolo e indifesoe ferito, come in effettipiccoli e indifesi dovremmosentirci tutti, in balia di di-namiche storiche il cui sen-so profondo sembra ormaiessere chiaro solo a chi achi lucra impunemente sulletragedie. Vogliamo la pace -chiedono in coro quasi tuttii bambini - perché non vo-gliamo soffrire, e la violen-za genera sofferenza, comeben sappiamo noi che siamovittime indifese di milleforme di violenza. Perché inogni guerra è il più forteche domina, non il più buo-no, il più armato, non il piùgeneroso. C’è da chiedersise non sarebbe il caso diconsegnare il pianeta aibambini, chiavi in mano....

Ma la guerra non è l’unicoincubo delle nuove genera-zioni: leggendo in filigrana idesideri è facile capire qua-le spettro si agiti prepoten-temente dietro alla lororassicurante quotidianitàpiena di oggetti avveniristi-ci e di suggestioni televisi-ve. Tantissimi vogliono uncane, qualcuno vuole ungatto, chi vuole un amico oun’amica, chi vuole un fra-tellino o una sorellina, chivuole un cavallo. Su tuttil’ombra di un unico nemicoche nessuna ricchezza ri-esce a sconfiggere: la soli-tudine. Pochissimi sognanol’ultimo modello della PlayStation - ci sono anchequelli, per carità - e il datodi fatto nudo e crudo è chei bambini si sentono ango-sciosamente soli e chiedonoun calore degli affetti chenessuna macchina, neanchela più sofisticata, saprà maidare, un calore che si gene-ra solo da quello scambio disensazioni, di palpiti, diodori, di intese e di contra-sti che rende unico e inso-stituibile il rapporto, la vi-cinanza, l’intimità tra crea-ture viventi. Tutti i bambinisi rendono conto di quantosia deserta e sterile un’esi-stenza che non concede ilgiusto spazio al contatto traesseri viventi, e ne provanoistintivamente orrore. E’ come se, di fronte allaseria minaccia che pesa sul-l’equilibrio ecologico delpianeta, sull’irriproducibilee straordinaria grandezza ditutto ciò che vive, e conse-guentemente sui rapportitra creatura e creatura e suirapporti sociali, fosse scat-tato un istinto di conserva-

zione non della specie madella biosfera, come se ibambini sentissero megliodi chiunque altro quanto èdeterminante che nulla diciò che ci è regalato quandoveniamo al mondo vada di-strutto. Ecco che allora neiloro sogni e nei loro disegniappaiono con amore ossessi-vo le cose più semplici e piùgrandi dell’avventura terre-

na, il mare, il sole, le fore-ste, l’erba dei prati, il calo-re del pelo animale e l’ab-braccio con i genitori. Pren-dere il sole con il papà, cor-rere sul prato con la sorelli-na, guardare i pesci nel ma-re, nascondersi tra gli albe-ri, giocare con la sabbia,camminare nei boschi...Mica male per quella cheavrebbe dovuto essere lacyber-generazione votatacon entusiasmo alle realtàvirtuali: neanche più leastronavi che sognavano iloro padri vorrebbero perNatale, hanno ben capitoche la celletta di una basespaziale assomiglia troppo

alla loro cameretta piena dicomputer e vuota d’affetti,che nel freddo del buio si-derale si va a stare peggioche sotto le chiome deglialberi che distruggiamo percostruire astronavi. Un ritratto nuovo e inaspet-tato: la generazione del2000 che si riconosce custo-de degli equilibri sacri edeterni del pianeta, accolti

istintivamente come l’unicavia che porta alla pienezzadel vivere.Rimane da chiedersi se an-che loro, crescendo, crede-ranno che la moto nuova siail talismano che riempie legiornate vuote oppure secontinueranno, così comehanno fatto in queste pri-me, autentiche, confessio-ni, a coltivare il calore de-gli affetti.E’ interessante sapere, perora, che ai giocattoli prefe-riscono le parole, ai missilipreferiscono la pace, alleautomobili preferiscono ilmare. Loro lo sanno bene, eora lo sappiamo anche noi».

ogni… Chi di noi non li ha? Chi di noi non immagina le nostre speranze, quin-di non sogna? Sognare è magia, è libertà, è imprevedibile, è indispensabile, è

vitale… Non saremmo umani se non sognassimo. Se ci soffermiamo un attimo a pensare, ci accorgiamo che i sogni sono infiniti e losono ancora di più dell’intero universo. Ogni istante, ogni momento, ogni secon-do inconsciamente noi sogniamo… Siamo nati con i sogni e con essi moriremo.Ci sono tanti tipi di sogni: quelli “inconsapevoli”; quelli della “nostra vita”; quel-li, cosiddetti, “nel cassetto”; quelli “notturni”, durante il sonno… e chi più ne hapiù ne metta! Questi sopra elencati sono i principali e comuni a tutti gli esseriumani.Ogni qualvolta che qualcosa attira la nostra attenzione, almeno una volta nella vi-ta, ci è capitato di sognare che un giorno anche noi l’avremmo potuta realizzare.Per essere più chiara elencherò alcuni esempi personalmente vissuti: un giornopresi un libro e leggendolo immaginai che quell’autore sarei potuta essere io; op-pure, guardando un programma automobilistico sognai di essere un pilota; ascol-tando una canzone sperai di far parte di una band e così via… Vi ho presentato al-cuni dei miei tanti “sogni inconsapevoli”.Penso proprio che capirete benissimo cosa intendo per “sogni della nostra vita”:generalizzando sono un lavoro, una famiglia, un buon stipendio, tranquillità eco-

nomica, la felicità e la serenità… Ovviamente ognuno di noi ne avrà di più intimie diversi a secondo di come ha vissuto la sua vita.Sicuramente lo stesso vale per “i sogni nel cassetto”: questi se vogliamo sonoquelli irrealizzabili, irraggiungibili che ci consolano quando siamo demoralizzati eche ci rattristano quando ci rendiamo conto che molto probabilmente non si rea-lizzeranno mai e neanche ci proviamo; al contrario di quelli della nostra vita, chenel bene o nel male, cerchiamo sempre di concretizzare.Non aggiungo nient’altro per quelli “notturni”, si spiegano già da soli.Esistono sogni diversi tra un bambino, una bambina , un adolescente, un adole-scente, un ragazzo, una ragazza, un uomo, una donna, un anziano, un’anziana…Ad ogni età, sia in uno stesso individuo che tra individui diversi e tra sessi diffe-renti.Non sempre sono belli; non sempre si realizzano e se accade magari non ci grati-ficano come pensavamo, oppure lo fanno; certe volte, i più fortunati realizzanoanche quelli “nel cassetto”, altri vivranno sempre con questa speranza; altri sa-ranno paurosi ed orribili; altri ancora piacevoli,unici e strani; qualunque sia il no-stro destino sui sogni lasciamo che avvenga serenamente qualsiasi esso sia, ma noisempre con il sorriso sulle labbra… in fondo la nostra stessa vita è un SOGNO:tenetelo sempre acceso, non fatelo morire mai!

I d i s e g n i d e i p i c c o l i s o g n a t o r iI d i s e g n i d e i p i c c o l i s o g n a t o r i

L A M A P P A D E I S O G N IL A M A P P A D E I S O G N IFavolarevia

IMMAGINARE, SPERARE, SOGNARE…IMMAGINARE, SPERARE, SOGNARE…Non bisogna avere fretta nel realizzare i propri sogni… bisogna soltanto crederci ed aspettare

Elena Pisa

V

S

Edoardo e Victoria

Page 4: Il Mosaiko Kids 1-2005

4

M U S I K A N D OM U S I K A N D O

'è il noto, c'è l'igno-to, e nel mezzo visono le Porte": que-

sto il motto di uno dei piùgrandi gruppi rock deglianni Settanta, che hannolasciato una traccia inde-lebile nel lungo camminopercorso dalla musica mo-derna: "The Doors"A trent'anni di distanza leloro canzoni continuanoad affascinare i giovani, ei meno giovani, di ogni ge-nerazione, soprattuttograzie al grande carismadel leader: Jim Morrison,"The Lizard King".Secondo una delle leggen-de del rock, i Doors sareb-bero nati su una spiaggiadi Venice, California,quando Jim Morrison de-clamò a Ray Manzarek iversi di una poesia appenacomposta: "Moonlight Dri-ve". Morrison e Manzareksi erano conosciuti allaScuola di Cinema dell'U-cla. A unirli, la passionesfrenata per i classici del-la letteratura maledetta edecadente: ma i due han-no alle spalle un passatoassai differente. Morrison, originario dellaFlorida, è il figlio di un al-to ufficiale della Marinaamericana, destinato an-ch'egli alla carriera milita-re, ma è un personaggiocomplesso, fragile e cari-smatico insieme, animatoda una vena poetica fuoridel comune e da unasmaccata attitudine anti-conformista, una persona-lità inquieta, che lo por-terà a scontrarsi con lapropria famiglia al puntoda arrivare a dichiararsi"orfano". Manzarek, origi-nario di Chicago, ha menofascino ma più solide basimusicali, grazie alla suaesperienza di pianista diimpostazione classica conuna particolare predile-zione per il rock e il blues. Jim Morrison e Ray Manza-rek costituiscono il primoe vero nucleo dei Doors,che nascono ufficialmentecome quartetto alla finedel 1965: a Morrison eManzarek si aggiungonoinfatti il chitarrista Rob-bie Krieger e il batteristaJohn Densmore. Nel 1966, dopo una duragavetta nei locali di LosAngeles arriva la firmacon l'Elektra, la storicaetichetta Usa: in due set-timane Morrison e socicompletano l'omonimo al-bum d'esordio, che escenel gennaio 1967. The Doors è uno dei de-butti più folgoranti e uno

dei massimi capolavoridella storia del rock. Vi-sionario, intenso, selvag-gio, il disco è un saggiodel talento poetico diMorrison, ma anche dellastraordinaria abilità deglialtri musicisti: RobbyKrieger, ottimo composi-tore e chitarrista, capacedi spaziare dal flamenco aun particolare genere dichitarrismo "bottleneck",Ray Manzarek, tastieristae organista in grado di

comporre ed eseguire an-che melodiche linee dibasso, John Densmore,batterista jazz in perfettasintonia con i tempi tea-trali e i rituali ipnoticidella band.L'alchimia musicale deiDoors fonde il blues alrock psichedelico, la poe-sia decadente alla teatra-lità, rituali occulti a ritmiesotici, e le storie decla-mate dalla baritonalequanto inquietante vocedi Morrison sono un pugnoin faccia ai valori preco-stituiti. "The End", versio-ne rock del mito di Edipo,è un lungo, sfibrante ra-ga, perso in un mare di ri-cami orientaleggianti, diimprovvisazioni sonore, divortici psichedelici cheannebbiano la mente e laipnotizzano, per poi folgo-rarla con un finale daelettroshock, in cui chi-tarra, organo e batteriaconvergono in un vertigi-noso crescendo. Consuma-to attore teatrale, oltreche rocker, Morrison inter-preta una delle sue sce-neggiate più agghiaccian-ti, spaziando tra toni sof-fusi e slanci furoreggianti,tra momenti di estasi mi-stica e spasmi epilettici. Ilbrano sarà consegnato de-finitivamente all'immorta-lità da Francio Coppolache lo inserirà nella co-lonna sonora di "Apocalyp-se Now".Ma ritorniamo alle origi-ni...in seguito al strepito-so successo de *The

Doors* la qualità visiona-ria e decadente del lorosound viene ulteriormentearricchita nel secondo la-voro, Strange Days (otto-bre 1967): album che ac-centua l'aspetto psichede-lico, grazie all'originaleorgano di Manzarek e alcanto baritonale, ora te-nero ora rabbioso, di Mor-rison; è un viaggio nelcuore di tenebra dell'A-merica, nella tragedia delVietnam, cui fa riferimen-

to l'affascinante e ipnoti-ca title track, ma anchenell'alienazione dellegrandi città. Anche grazie ai successi

dei loro singoli, i Doorsconquistano una buona fa-ma (seppur lontanissimada quella accumulata og-gi, a trent'anni dal loroscioglimento). Nel 1968,così, partono per il primotour europeo assieme aiJefferson Airplane. Ma ilsuccessivo album WaitingFor The Sun (1968) deludeparzialmente i loro fan.La vocazione poetica diMorrison trova spazio al-l'interno della copertina,con la lunga poesia intro-spettiva e metaforica"The Celebration Of TheLizard", che gli varrà persempre il soprannome di"Lizard King" (Re Lucerto-la). I Doors si muovono or-mai su un crinale sottile,sospesi tra la nuova famaacquisita e il percorso au-todistruttivo del loro lea-der, sempre più perso neisuoi eccessi e nelle suemeditazioni esistenziali.Morrison vive da qualchetempo in un perenne statodi alterazione psicofisica,a causa dell'abuso di alcole droghe, e non perde oc-casione per mettere inscena le sue provocazioni,troppo spesso gratuite equasi mai condivise dalresto della band. A farnele spese è la capacitàcreativa del gruppo.Quando nel 1969 esce TheSoft Parade appare subito

chiaro l'intento più com-merciale del nuovo corso,espresso da un singolo purdi ottima fattura come"Touch me". Nel 1970, esce MorrisonHotel, album complessi-vamente deludente cheannovera però uno dei fu-turi classici dei Doors:"Roadhouse Blues". Lostesso anno l'Elektra pub-blica Absolutely Live,doppio album dal vivo re-gistrato tra l'estate del1969 e i primi mesi del1970, che riporta i Doorsin classifica, anche se lafrattura interna appareormai insanabile e ancorapiù evidente quando Mor-rison si rifiuta di andare intour per consolidare il ri-trovato successo commer-ciale. In quei mesi frene-tici, il quartetto torna instudio per incidere L.A.Woman, che sembra farriaffiorare segni di riscos-sa. Il capolavoro è "RidersOn The Storm", struggenteepitaffio in chiusura di di-sco, ma anche "L'America"(composta originariamen-te per il regista Michelan-gelo Antonioni), "TheWASP (Texas Radio AndThe Big Beat)" e il singolo"Love Her Madly" lascianosperare in una ritrovatavena creativa. Ma la crisi di Jim Morrisonè ormai irreversibile, nelmarzo del 1971, insiemealla moglie Pamela, il can-tante si trasferisce a Pari-gi, cercando conforto nel-l'atmosfera culturale dellacapitale francese, tempiodei suoi poeti prediletti:Baudelaire, Rimbaud, Ver-laine. Ma poche settimanedopo, la tragica notte del3 luglio: l'ultimo, fatale,viaggio "oltre le porte del-la percezione". Pochi gior-ni prima, Morrison avevarilasciato la sua ultima di-chiarazione alla stampa:"Per me, non si è mai trat-tato di un'esibizione, diuna cosiddetta perfor-mance. Era una questionedi vita e di morte, un ten-tativo di comunicare, dicoinvolgere molte perso-ne nel privato mondo delpensiero". Abbandonatodalla famiglia, Jim Morri-son viene sepolto nel ci-mitero parigino di PèreLachaise, vicino a Wilde,Balzac, Baudelaire eProust. Sulla sua tomba,destinata a diventare unodei grandi luoghi di pelle-grinaggio del rock, unascritta: "James DouglasMorrison - Poeta, Cantan-te, Compositore".

Curiosità intorno alla musica

Nicolò PaganiniNicolò PaganiniAlberto Arzani

icolò Paganini è stato senza dubbio il violinista

più famoso nella storia della musica.

La sua arte di violinista raggiunse livelli così eccelsi da

convincere i suoi contemporanei che il grande musici-

sta avesse venduto l’anima al diavolo in cambio dei

segreti del violino, anche perché il suo corpo segaligno

e i suoi comportamenti istrionici, quando saliva sui pal-

coscenici di tutta l’Europa, sembravano quasi dimo-

strare che si trattasse di un essere veramente diaboli-

co.

Infatti aveva un aspetto strano: faccia pallida ed affila-

ta, occhi penetranti, barbetta incolta, capelli lunghi e

spettinati, dita magre e adunche.

Si racconta che una volta, durante un concerto, si rup-

pero tre corde del suo violino ed egli continuò imper-

turbabile a suonare su una corda sola!

Però non ci si soffermerà sulle qualità del musicista,

bensì su quanto successe dopo la sua morte avvenu-

ta il 27 Maggio 1840 a Nizza.

Da tempo malato perché colpito da una grave infezio-

ne e dalla tubercolosi, era stato negli ultimi tempi del-

la sua vita sorretto da una straordinaria energia nervo-

sa.

Ben più doloroso fu però quanto avvenne dopo la sua

scomparsa riguardo le sue spoglie mortali.

Il vescovo di Nizza, infatti, proibì il suo seppellimento

affermando che egli avesse rifiutato i sacramenti in

punto di morte grazie alla falsa testimonianza di due

servitori del musicista.

Quattro mesi dopo la morte, Paganini era ancora inse-

polto nella cantina della casa in cui era spirato. Vani fu-

rono i tentativi dei suoi eredi di seppellirlo pietosamen-

te, solo con l’intervento del Re Carlo Alberto e contro il

giudizio della Santa Sede il suo corpo fu traslato a Ge-

nova e le spoglie seppellite vicino alla casa dove nac-

que. Un anno dopo però il feretro venne disseppellito

e aperto per constatare le condizioni del corpo. Venne

quindi traslato a Parma e sepolto in terra non consa-

crata nel giardino della villa di proprietà del musicista.

Neppure dopo la morte il corpo del grande musicista ri-

usciva a trovare pace.

Nel 1893 il feretro fu nuovamente riaperto e solo tre

anni dopo venne finalmente trasferito nella tomba do-

ve tuttora riposa, nel cimitero di Parma.

T h e D o o r sT h e D o o r sLivia Granata

"C N

Le fantastiche mani di Paganini disegnate da Ludwig Lyser

Page 5: Il Mosaiko Kids 1-2005

5

Decoratore

Progettista

d’ambienti

Bertoletti Claudio

Imbianchino

via Mazzini, 72

15050 Isola S. Antonio (AL)

Tel. 0131/85.72.59 -cell. 3387592232

s p o r t k i d ss p o r t k i d s

l calcio, come tanti altri sport, èil mezzo ideale per diffondere tra

i ragazzi e gli adulti quei valori comela solidarietà, la sportività, il rispet-to reciproco che spesso, di questitempi, vengono sopraffatti da moltiaspetti negativi. Tuttavia anche ilcalcio, come molte altre realtà quo-tidiane, nasconde spesso dietro que-sti valori i suoi lati negativi che di-struggono tutto ciò di positivo pro-dotto da questo sport.Una di queste realtà, che purtroppoè sempre più frequente e che insan-guina il mondo del calcio, è costitui-ta dagli hooligans. Sono gruppi di so-stenitori disposti a qualunque cosa,anche alla violenza fisica, per tene-re alta l'importanza della propriasquadra del cuore.Questo fenomeno è nato e si è svi-luppato soprattutto nei Paesi Britan-nici dove gli scontri tra ultras sonofrequentissimi e la popolazione loca-

le si è assuefatta a questa dura real-tà. Gli ultras hanno iniziato da tem-po ad insanguinare anche il sano cal-cio italiano, considerato uno dei mi-gliori al mondo. Questa mia afferma-zione è dimostrata dagli scontri tratifoserie avvenuti all'interno ma an-che fuori dallo stadio, con danneg-giamento di strutture pubbliche edin casi più gravi con ferimento dipersone. La situazione peggiora gra-dualmente a causa dell'aumento diquesti gruppi di tifosi accesi; infattinegli ultimi anni l'organizzazione al-l'interno di questi è divenuta più sta-bile e solida. Si sono formati veri epropri "clan" che si distinguono fraloro ma con componenti uniti da unaforte fede calcistica che li rende in-separabili.Dopo queste considerazioni credoopportuno evidenziare come il calciosia costantemente minacciato daquesta triste realtà e che la situazio-

ne odierna su questo fronte non ab-bia grandi miglioramenti. Di conse-guenza penso che la chiave giustaper aprire le porte ad un calcio sanoe corretto sia il dialogo e non il ri-fiuto della comunicazione. Infatti loscontro ideologico dovuto all'incom-prensione porta all'inevitabile scon-tro fisico e alla violenza. Vorrei an-che lanciare un messaggio a tutti co-loro che amano il calcio pulito, vistocome uno sport utile a diffonderequei principi citati in precedenzache si basano sulla correttezza e sul-la non violenza.Mi auguro che, anche coloro fino adora propensi alla violenza piuttostoche al dialogo, ripensino alla lorocondizione e si associno al mio pen-siero affinché si possa ritornare alcalcio vero. Un calcio divertente ecorretto dove la passione comuneper uno sport unisca e non separi co-loro che la coltivano.

HOOLIGANS: LA VIOLENTA REALTA' DEL CALCIOHOOLIGANS: LA VIOLENTA REALTA' DEL CALCIOMarcello Nicolò Spinetta

I

TemporaMores

uesto il concetto che il barone Pierre de Co-ubertin il 16 giugno 1893 tentò di trasmette-

re agli atleti che il 14 aprile 1896 avrebbero presoparte alla prima edizione delle olimpiadi moderne.Vi parteciparono 700 atleti di 13 nazioni. Oggi gliatleti partecipanti sono migliaia e tutte le nazionihanno dei rappresentanti, pronti ad arrivare ancheultimi nel nome dello spirito sportivo, che ci inse-gna la lealtà e la correttezza in ogni circostanza.Nel ciclismo non si tenta la fuga dopo la caduta delrivale ma lo si aspetta, nel pugilato non ci si acca-nisce con ferocia contro un avversario, forse trop-po inferiore, ma lo si saluta con rispetto alla con-clusione del match. Non è, purtroppo, tutto orocome sembra, è successo e succederà ancora, che

alcuni, chiamiamoli ugualmente atleti anche se iltermine appropriato è diverso, con l'aiuto dellamedicina, hanno vinto gare, battuto avversari piùforti di loro sperando di farla franca. Ma la giusti-zia sportiva li ha scoperti, squalificati e allontana-ti dalla manifestazione sportiva per eccellenza.Ciò detto, non è meglio allora giocarsela fino infondo, magari arrivando ultimi come la maratone-ta che abbiamo visto in televisione, che ricorrereall'aiuto di sostanze, che se va bene ci fanno squa-lificare ma se va male ci lasciano conseguenze pertutta la vita? Non so voi, ma io preferisco essere ri-cordato per quello che ho ottenuto con fatica, de-dizione ed impegno, piuttoste che come l’atletache ha vinto... però...

L'IMPORTANTE E' PARTECIPARE, NON VINCEREL'IMPORTANTE E' PARTECIPARE, NON VINCEREAlessandro Pugliese

Q

uale migliore occasione per inaugurare una rubri-ca, che la “rinascita” del Mosaiko kids? Queste

poche righe si occuperanno, con cadenza regolare, dipiccoli fatti di attualità meritevoli di un commento e diuna riflessione. Troppo difficile, forse? Ma al Mosaikoscrivono solo stakanovisti della penna che non temono ledifficoltà. Rendere indipendente e mensile il giornale èstata solo una delle tante.Le opinioni su questa scelta sono state discordanti, co-sì come sono diversificate tutte le opinioni che espri-miamo, in famiglia come a scuola. Quello a cui assistia-mo in questo periodo è, però, un fenomeno di “appiatti-mento” dei punti di vista. La libertà d’espressione è sigarantita, ma il risentimento per aver espresso una va-lutazione diversa da quello degli altri rimane, ed a lun-go. E’ il ritorno in auge del concetto “o sei con me o con-tro di me”. Tutti rinunciamo, ormai, a comprendere leopinioni degli altri, resistendo imperterriti sulle nostreposizioni ad armi spianate. Peccato che la vita non siabianca o nera ma contenga un’infinita tonalità di colori,tutti diversi e non per questo meno belli. Una bella mas-sima di Benjamin Franklin dice: “Non condivido le tueidee, ma farò di tutto affinché siano rispettate.” Suo-nano troppo gravose, oggi, queste parole?

M o s a i k o r e l o a d e dM o s a i k o r e l o a d e dD a v i d e V a r n i

QQ

arà un caso che latragedia abbattutasisulle coste del sud

est asiatico sia avvenutanel periodo di natale,quasi a ricordarci quantobisogno ci sia nel mondodi solidarietà e sentimen-ti di fratellanza.Siamo tutti sulla stessabarca e tutti devono re-mare insieme, siano essicristiani, islamici, buddi-sti o induisti perché ci siè accorti che questa bar-ca non è poi tanto grandeed agitarsi tra noi signifi-ca prima o poi farla af-fondare. Ci si rende con-to di quanto il mondo siapiccolo nelle grandi tra-gedie e che le cose cheaccadono a migliaia dichilometri da noi, posso-no riguardarci da vicino.Aiuti economici e mate-riali sono sempre indi-spensabili in questi fran-

genti ma non possonoservire a placare la no-stra coscienza. Bisognacapire e fare proprio cheinondamento, desertifi-cazione, fame nel mon-do, guerre, genocidi, ef-fetto serra sono problemiche interessano da vicinoognuno di noi. Ho lettoda qualche parte chequalcuno ha detto “Noiabbiamo avuto in presti-to il mondo dai nostri fi-gli”.Vorrei, che oltre ad in-viare un sms con un eurodi solidarietà, ci soffer-massimo anche solo perun attimo a riflettere suqueste cose. In aperturaho fatto riferimento alnatale ma spero che que-sti valori siano una con-dotta di vita per tuttol’anno. Questo vuol esse-re il mio augurio per unbuon 2005.

R i f l e t t i a m oR i f l e t t i a m oC e c i l i a S a c c o

La forza della natura si è

scatenata in una parte del

mondo lontana da noi. Ha

riaperto antiche cicatrici in

tutti quei Paesi che hanno

vissuto e cercato di rimar-

ginare le ferite di altri ca-

taclismi. Italia compresa

(1908, Messina e Reg-

gio).

La sensazione di impo-

tenza di fronte alla cata-

strofe è ora la prima cosa

da evitare. Si sono orga-

nizzati i soccorsi tra tante

difficoltà e la loro efficien-

za va rafforzata con il

contributo di tutti.

Tra coloro che si sono at-

tivati nel soccorso vi è la

Protezione Civile. Ne sen-

tiamo parlare spesso, ma

di cosa si tratta? La P.C. è

quell’insieme di iniziative

volte a fronteggiare eventi

straordinari che non pos-

sono essere affrontati con

forze ordinarie. Si tratta di

una cooperazione di strut-

ture operative nazionali

del servizio, di cui la Cro-

ce Rossa è solo una delle

tante componenti.

I compiti della P.C. sono

la previsione, la preven-

zione, il soccorso, il supe-

ramento dell’emergenza e

il ripristino. Come si può

notare, il soccorso non è

la prima cosa da fare. In-

nanzitutto occorre preve-

dere, cioè identificare le

zone in pericolo e i rischi

che si possono correre.

Poi prevenire, ovvero evi-

tare o diminuire le possi-

bilità di eventi calamitosi.

Purtroppo questo non è

stato fatto e ci si è resi

conto di quanto invece sia

importante. Intervenire si-

gnifica garantire ogni sup-

porto, logistico e psicolo-

gico, alle popolazioni col-

pite, in modo da assicura-

re una ripresa quanto più

“normale” della vita.

La P.C. agisce sulla base

della relazione R = P*V. Il

“Rischio” è il prodotto del-

la “Pericolosità” e della

“Vulnerabilità”. Per dimi-

nuirlo occorre agire pro-

prio sulla vulnerabilità. Si

è presa coscienza, infatti,

di come la pericolosità di

un evento naturale difficil-

mente possa essere ridot-

ta.

Sensibilizzare le popola-

zioni alla cultura del ri-

schio e diffondere nozioni

di comportamento è un

punto importante, ma non

sempre sufficiente o facile

da raggiungere.

I campi di P.C. sono dota-

ti di tutto ciò che serve per

l’accoglienza e soccorso

degli sfollati e dei feriti e

per i soccorritori che ge-

stiscono e collaborano nel

campo. Oltre all’interven-

to diretto sul posto e sugli

abitanti, qui ci si occupa

del censimento della vitti-

me e delle necessità. Del-

la ricerca e del ricongiun-

gimento dei dispersi. Del-

l’allestimento e gestione

S

Protezione Civile: un aiutoProtezione Civile: un aiutodiretto alle popolazionidiretto alle popolazioni

Simona Lucarno

degli ospedali da campo e

posti di pronte, soccorso.

Dell’allestimento di tendo-

poli e roulottopoli. Della

raccolta e distribuzione di

soccorsi e materiali.

Creare all’interno del

campo un ambiente fami-

liare e disponibile è indi-

spensabile per tutelare lo

stato psicologico delle vit-

time. Tutti possono e de-

vono collaborare nel ten-

tativo di alleviare ferite

che non sanguinano, ma

che sono le più profonde

e gravi. Quelle di chi è vi-

vo, ma ha la desolazione

dentro. E’ da qui che si ri-

comincia.

Ognuno dovrebbe a modo

suo dare un piccolo con-

tributo, anche morale, nel-

la speranza che per ogni

persona scomparsa ce ne

sia un’altra disposta ad

aiutare. Cosicché per

quanto grande sia la stra-

ge, altrettanta grande sa-

rà la solidarietà.

Page 6: Il Mosaiko Kids 1-2005

6

K R I T I K AK R I T I K A

Nota per chi vuole inviare i suoi scritti: La rubrica Una voce fuori campo è espressa-mente dedicata alla pubblicazione di articoli, saggi, racconti, componimenti poetici o se-gnalazioni di chiunque desideri far uscire la propria voce dalle mura di casa.L’indirizzo a cui inviare il materiale è:

Una voce fuori campo, redazione de “Il Mosaiko Kids” Via C. Alberto 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)

La redazione, ovviamente, si riserva il diritto di pubblicare solo ciò che ritiene meritevole.

uardando gli occhid’angelo dei bimbi ad-dormentati, cullati dai

loro sogni o dalle loro ingenuepaure, sono certa non li ab-biate mai visti così come cisvela un libro sconcertante.Certo non si tratta del libroCuore di De Amicis, pieno diesempi da manuale per geni-tori insoddisfatti, da rinfac-ciare a figlioli molto meno ze-lanti e altruisti, ma di sicuropiù umani. Il nostro libro siintitola “Il Signore delle Mo-sche” (Lord of the flies), ed èil frutto di un’analisi ango-sciante di William Golding,che smaschera, senza pietà ofalse ipocrisie, l’animo del-l’uomo, anzi, del cucciolod’uomo, per rivelarcene lanatura, qualunque essa sia.Un viaggio per il lettore tantopiù doloroso se questi è adul-to, fatto di scoperte, di sim-bologie e cupi presentimenti.No, non si tratta di un librodell’orrore, anche se il mioanimo più volte ne ha prova-to, lasciandosi trasportarenel crescendo degli eventi,dalla logica così avulsa dallarealtà, fino all’inquietante ri-sveglio finale. Lo sfondo ecornice degli eventi è unaguerra di proporzioni gigante-sche, combattuta dagli uomi-ni. In mezzo a tanta violenzaun gruppo di bambini, tra i 6e i 12 anni, precipita, conl’aereo che li avrebbe dovutiportare al sicuro, su un’isoladeserta. Un’isola da sogno,che sembra un angolo diparadiso ritagliato sulla Terraalla crudeltà dell’uomo. Ma la

realtà si dimostra diversa dal-l’utopico e idilliaco mondodell’Isola di Corallo di Bal-lantyne, libro d’avventuracult per i bambini, che cerca-no di imitarne la perfetta or-ganizzazione. L’astuzia genia-le di Golding sta anche inquesto, nel riprendere lostesso tema di quel famoso li-bro per raccontarci come sa-rebbe andata se veramenteun gruppo di bambini si fossetrovato su un’isola con tuttele difficoltà che questo com-porta. I bambini, che giocanoe mangiano frutta spensiera-ti, falliscono nella costruzio-ne di rifugi, non riuscendo aorganizzare il lavoro, si di-menticano di tener acceso ilfuoco che li avrebbe fatti av-vistare dalle navi di passag-gio, lasciandolo morire, op-pure lo fanno con troppa le-gna, incontrollabile, e perimperizia danno fuoco a metàisola, e per finire, la dieta abase di frutta ha il suo rove-scio della medaglia. Nella na-tura dell’uomo, c’è anche ilmale, e i bambini superstitise lo portano dentro ignari.Simbolo dell’ordine e dellaciviltà diventa una grossaconchiglia, il cui suono richia-ma i bimbi a riunirsi in assem-blea e dà a chi la tiene facol-tà di parlare ed essere ascol-tato. Man mano che passano igiorni, le notti insinuano sem-pre più nei piccoli un senso diangosciosa paura, e l’identifi-cano con l’irrazionale convin-zione che l’isola sia abitatada una bestia. Finché anchel’ultimo barlume di civiltà se

ne andrà in frantumi insiemealla conchiglia, e la paura litrasformerà in selvaggi, stret-ti intorno alla rassicuranteappartenenza alla tribù, na-scosti dietro volti dipinti, ob-bedienti a leggi crudeli dellanatura, dimentichi di quelledella civiltà. Allora, per chi èfuori dal clan non c’è scam-po, e la caccia al cinghiale,che li accende della sconvol-gente frenesia di uccidere,può trasformarsi drammatica-mente in una caccia all’uo-mo. La Bestia alla fine esistedavvero, non è altro che l’uo-mo stesso. Il cucciolo d’uomoha perso la sua innocenza persempre e il lettore lo scoprepoco a poco, attraverso unafitta rete di analogie col mon-do esterno, di simbolismi e ri-velazioni.Non è un libro per bambini,per tutti gli altri è un viaggioverso la consapevolezza diquello che è la nostra natura.Ribellarsi o accettarla? A voila scelta, ma non illudeteviche l’inquadramento in unasocietà civile, ci metta al ri-paro dalla Bestia che c’è innoi. Lo credono anche i bam-bini dell’isola, quando davan-ti alla figura dell’adulto che litrova, tornano ad essere sol-tanto dei piccoli spaventati,che non chiedono altro cheessere presi per mano. Pecca-to però, che l’ordine e la ci-viltà che quella mano rappre-senta, si celino proprio sottouna divisa, i panni di un uomoche FA LA GUERRA. I bambininon sono cattivi, soltanto ciassomigliano troppo.

ebbene sia già stato detto mille volte lo ri-peto: L’INFORMATICA è IMPORTANTE! Ora-mai pochi pensano di potere vivere senza

dovere toccare quell’arnese infernale, sono ra-re persone che potendo, non hanno acquistatoun computer. Il computer è uno degli strumen-ti più versatili e utili mai inventati dall’uomo.La sua utilità oramai sfiora tutte le categorie dipersone, partendo da un bambino che lo usaper giocare arrivando fino alle grandi aziende eai confini più arditi delle scienze. La possibilitàdi usare al suo interno programmi capaci di di-vertire, di accedere ad internet, di gestire edelaborare informazioni di qualunque tipo inqualunque modo,tutto questo lo haportato in quasi tuttele case e in quasi tut-ti i lavori... ma que-sto è solo l’inizio! E’lo strumento tecnolo-gico che si diffonde esi evolve con la mag-giore velocità in as-soluto e questa cre-scita va aumentandoulteriormente. Ancheil più scettico am-metterà che nel futuro il computer non potràche crescere e diffondersi e nessuno potrà piùvivere senza conoscerlo. Perché allora non in-segnarlo nelle scuole dell’obbligo? Non rispon-detemi che lo si sta già facendo perché il livel-lo di insegnamento di quella materia è a livellipenosamente bassi. In molte scuole le aule diinformatica non esistono nemmeno, nelle altreinvece...Molte scuole tengono chiuse le loro aule perchéinutilizzabili: computer mal funzionanti, difet-tosi, pieni di errori...Nel caso (raro) l’aula funzioni il personale nonfa la sua parte: spesso non è competente, qua-si sempre poco aggiornato, i computer riman-gono fermi come pezzi d’antiquariato oppure siriempiono d’errori e diventano inutilizzabili.Nel caso anche il personale funzioni (rarissi-mo), sia competente e si aggiorni insieme aicomputer periodicamente, le ore dedicate aquesta materia sono pochissime: spesso una odue, talvolta di più se l’informatica diventasupporto di altre materie come italiano, tecni-ca... comunque di ore specifiche di informaticanon se ne contano praticamente mai più di due.E in queste ore l’insegnamento è accapponan-te: in qualche raro caso vengono date anchepoche informazioni molto basilari per esempiocos’è l’hardware, le periferiche, i dispositivi in-put ed output ma spesso... spesso l’insegna-mento nel corso di un intero anno si limita al-l’uso di programmi basici come Microsoft Offi-

ce Word, il più diffuso programma di scrittura,o altri talmente semplici da essere già stati ap-presi dagli studenti a casa propria. Praticamen-te mai si insegna pura informatica se non a li-velli talmente minimi da essere inutili (tuttoquesto in un intero anno scolastico). Perché cisi vergogna ad ammettere che l’informatica èimportante (se non di più) come matematica,italiano, storia o geografia? Dovrebbe avere al-meno tre o quattro ore settimanali ed esserefatta veramente. In tutta la mia provincia nonconosco una sola scuola dove vi sia una materiaintera dedicata all’informatica e che il sistemafunzioni, per esempio, senza fare nomi ecco un

riassunto dell’infor-matica scolastica inAlessandria e dintor-ni: in una le aule diinformatica vengonoignorate, in un’altrasono funzionanti edutilizzate ma ciò cheviene appreso in unintero anno scolasticoè riassumibile in treparole, in un’altraancora le aule vengo-no vergognosamente

usate dagli alunni per giocare o per navigaregratuitamente su internet, in un’altra ancoranon sanno nemmeno il significato della parolainformatica, in un’altra ancora l’aula di infor-matica ha un solo computer ed è quindi inuti-lizzabile, in un altra i tecnici (sono solo 2) chevi lavorano se ne intendono meno degli alunnie i computer sono in stati penosi... e credete-mi, ne avrei da continuare ancora un bel po’ enon sono stato crudele nel mio giudizio. Quan-do si capirà che insegnare informatica non è in-segnare qualcosa di troppo specifico perchéquesta materia è versatile e servirà nel futurodei giovani qualunque indirizzo scelgano? Quan-do gli si darà non solo un suo spazio mal fun-zionante ma un vero e proprio posto di presti-gio tra tutte le materie? Servono fondi percreare ed aggiornare le aule, servono tecnici einsegnanti competenti e serve la volontà dellescuole. Ma cosa serve ignorare questa materiaquando poi in TUTTE le università, da quella dilettere a quella di lingue viene insegnata per-ché chiaramente indispensabile? E io non inten-do come informatica sapere accendere un com-puter o muovere un mouse, io intendo la verainformatica: tecnica e approfondimento, chetanto prima o poi ognuno di noi, volente o no-lente dovrà imparare. Non è facile fare dei cor-si funzionanti ed efficaci nelle scuole ma daqualche parte bisogna pure iniziare. Fingere diignorare l’importanza dell’informatica è senzadubbio un errore.

Al di là dei cinque sensi...Al di là dei cinque sensi...Giada Gatti

olti film e libri si sono occupati di un aspetto della parapsicologia (che studiai fenomeni extrasensoriali) misterioso e interessante: il sesto senso. Esso ci

permette, per esempio, di percepire i pericoli, di orientarsi in un posto in cui non sia-mo mai stati o di conoscere il carattere di una persona già al primo incontro. Ma checos'è esattamente?I neuroscienziati, dopo vari esperimenti, hanno concluso che il sesto senso è un aspet-to oscuro della mente, non intenzionale. In altre parole, è la capacità istintiva di per-cepire eventi che avverranno in un immediato futuro. Di giorno si presenta come un'i-dea e di notte come un sogno premonitore.Il sesto senso si verifica più facilmente tra le persone legate da rapporti d'amore o diamicizia perché è come se ci fosse una sorta di telepatia tra loro, per cui uno può in-tuire più facilmente i pensieri dell'altro. Inoltre, nonostante tutti siano dotati di que-st'intuizione, il sesto senso è più sviluppato nelle donne, per questo spesso si parla di"intuito femminile". Nel cervello i due emisferi, quello sinistro della razionalità equello destro delle emozioni, sono collegati da un corpo calloso, costituito da milio-ni di fibre nervose. Proprio quest'ultimo favorisce le intuizioni ed è molto più grandee spesso nelle donne che negli uomini.È molto importante il sesto senso perché ci permette di entrare in contatto con noistessi, ma anche con le altre persone e con la natura che ci circonda. In un mondo in cui tutto è basato sulla razionalità e sulla logica gli uomini hanno qua-si dimenticato la loro parte istintiva che, qualche volta, dovrebbero far emergere.

e m e r g e n z a r i f i u t ie m e r g e n z a r i f i u t i

Quando i l passato ingombra i l presenteQuando i l passato ingombra i l presenteGiorgia Bresciani

na vacanza bellissima, con amici carissimi, inuna zona bellissima della nostra Italia, Torretta

provincia di Crotone (Calabria). Durante questa va-canza ho visitato paesi meravigliosi (Punta Alice, leCastella, Capo Rizzuto), un mare splendido dai colo-ri intensi dall'azzurro al verde e al blu. È stato un ve-ro piacere nuotare, osservare il fondale marino diquesti meravigliosi posti, godere del sole su bellespiagge di sabbia color cannella o grigio- argilla, di-vertendoci a fare impiastri per il corpo. Accanto aquesta gioia immensa di vivere immersi in uno spazio tanto bello, non potevo fare a menodi provare un sentimento di tristezza nel vedere tanta immondizia abbandonata sulle spiag-ge, sulle strade, nel fondale marino, ovunque mi giravo vedevo bottiglie, sacchetti, conte-nitori di polistirolo, scarpe, ecc…; non riuscivo a capacitarmi di tanta irresponsabilità, ditanta indifferenza dell'uomo nei confronti dell'ambiente. La foto che vi mando l'ho scatta-ta durante questa vacanza, sono due sedie abbandonate, mi hanno fatto tenerezza mentrele guardavo, pensavo che forse un tempo qualcuno era seduto lì; si è forse divertito, ripo-sato, su quelle sedie, ma quando queste non sono servite più sono state abbandonate lì. Ec-co ciò che vorrei: vorrei che tutti noi fossimo più responsabili e più sensibili nei confrontidell'ambiente, vorrei ritornare in quelle spiagge e non vedere più tanta indifferenza e im-mondizia, vorrei che si facesse più informazione a scuola, in televisione, nei giornali, peruna vacanza all'insegna del benessere comune. Grazie per aver ascoltato la mia storia.

I bambini ...sono cattivi?I bambini ...sono cattivi?Se li avete sempre creduti teneri angioletti ...leggete qui

Silvia Pareti

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“Informatica” nelle scuole“Informatica” nelle scuolePaolo Pareti

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foto Bruno De Faveri

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Page 7: Il Mosaiko Kids 1-2005

Stefano Pugliese

Sono passati molti anni or-mai da quando è andata inonda la prima puntata diSTRISCIA LA NOTIZIA, si sonoavvicendati alla conduzione

vari personaggi dello spetta-colo, tutti con un discretosuccesso di pubblico, ma stadi fatto che la trasmissionesatirica di Canale 5 è sicura-mente diventata un appun-tamento imperdibile permolte persone, che si diver-tono o si scandalizzano guar-dando i loro servizi. Non soquale può essere il motivoche spinge tante persone acenare davanti allo schermoguardandola, può essere per-ché mostrano quello che tut-ti gli altri non fanno mai ve-dere? Perché non ha una fa-ziosità politica così marcatacome i vari TG. Perché si oc-cupa di tutto, dai temi piùleggeri a sprechi incredibilida parte delle varie istituzio-ni. Perché a volte riescono asvelare strani retroscena e afar conoscere le verità na-scoste. Il tutto condito con

una comicità mai volgare espontanea, soprattuttoquando a condurre c’è lacoppia di ferro Greggio e Iac-chetti, coppia tanto affiata-ta da far sorridere al solo ve-derli. Sta di fatto che in tan-tissimi non la vogliono per-dere. In una televisione sem-pre più piena di violenza, siafalsa come quella dei film,sia vera, purtroppo, comequella delle varie guerresparse per il mondo che perla furia della natura, strisciasi differenzia perché riesce aregalare mezz’ora di distra-zione, leggera e divertente,che permette di rilassare lamente dopo una giornata dilavoro o di studio, con le an-sie che la vita quotidiana cicomporta. Dunque viva Stri-scia e tutte quelle trasmis-sioni che fanno svagare e ri-lassare la gente.

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Piccoli PiccoliI L L U P O E L A V O L P EI L L U P O E L A V O L P E

Marta Poggio

In un bosco attorno ad una fattoria vivevano un lupo e una volpe.Una sera la volpe, mentre curiosava nell'orto della fattoria, cadde nel pozzo, cominciò ad ur-lare e a chiedere aiuto. Poco più tardi, il lupo, di nome Tabia, sentite le grida di aiuto, si af-facciò ai bordi del pozzo, la volpe disse: “Lupo aiutami! Altrimenti morirò annegata!”. Il lupo che era molto avaro rispose: “Se io ti aiu-to, cosa mi dai in cambio?” La volpe ci pensò un po' su e poi disse: “Ho scoperto un enormepezzo di carne qui sotto, se tu mi mandi il secchio e tiri la corda, una volta uscita te la terròio così potrai entrare senza problemi nel secchio e recuperare la carne, dopo ti tirerò su, nonpreoccuparti!”Il lupo ci cascò e, una volta uscita la volpe, scese nel pozzo.Prontamente la volpe lasciò andare la corda e se ne andò lasciando il lupo nel fondo del poz-zo. Disse: - Lupo caro, impara a far del bene agli altri senza pretendere sempre qualcosa in cambio enon rischierai la vita!

L a L a m a g i c am a g i c a a v v e n t u r aa v v e n t u r a d i d i Z e l d aZ e l d a eed e l l ad e l l a s u as u a b i c i c l e t t ab i c i c l e t t a P e r l aP e r l a

Sofia Falchetto

STRISCIA LA NOTIZIA

Favola e disegni di:

Lisa Rita Magnaghi

5ª elementare

La Porta

Magica

quarta puntata

icicletta……parola molto comune e cono-sciuta, oggetto che ormai quasi tutti pos-siedono; sembrerebbe molto banale questo

oggetto, ma solo in alcuni casi. Certe volte nonsi può dire che sia così importante, ma in que-sto caso si, soprattutto se appartiene a Zelda. Nepossiede una d’oro bianco, avorio e madre perla,non sembrerebbe molto normale questa biciclet-ta, infatti non la è.Con Perla (questo è il nome della bicicletta) Zel-da poteva volare nel Mondo della Fantasia doveogni cosa è possibile.Solo che per entrare in quel mondo doveva com-piere uno strano percorso che però con Perla po-teva fare: doveva pedalare lungo il ponte che at-traversava il fiume d’Argento (così chiamato per-ché la luce del sole lo fa sembrare di color ar-gento) ed al terzo pilastro doveva lanciarsi nelfiume (ovviamente la bicicletta non affondavaperché era magica), fare tre pedalate pensandoad una cosa surreale e finite le tre pedalate do-veva mollare il manubrio e smettere di pedalare;così lei e Perla sarebbero entrate nel Mondo del-la Fantasia.

Un caldo giorno di aprile Zelda decise di passareil pomeriggio insieme a Perla nel Mondo dellaFantasia; prese la sua bicicletta e si recò al pon-te sul fiume d’Argento, fece tutto il procedi-mento e in un batter d’occhio si ritrovò in quelmagico mondo.Mentre facevano un giro per il pianeta ci fu un

grande temporale di orologi; all’inizio del tem-porale piovve anche un biglietto con scritto:“Sevuoi cambiare il tempo devi prendere l’orologiodel tempo”, ma inteso come fenomeni atmosfe-rici. E’ di color azzurro acqua, al centro c’è uncerchio giallo sole con una freccia che indicail tempo che vuoi mettere. Non sarà facile tro-varlo, ma buona fortuna!”. Mentre Zelda leggeva il biglietto, cadde un gran-de orologio a pendolo che colpì il manubrio d’a-vorio della sua bicicletta, ma Zelda non si sco-raggiò, mise subito Perla al riparo e prese dal suomagico cofanetto porta-tutto un ombrello fatatoche non si rompeva neanche se vi cadeva soprauna quantità di orologi pari al mondo. Si recò im-mediatamente all’aperto e si mise a cercare l’o-rologio del “tempo”con tutte le sue forze, finchénon vide un grande quadrante giallo circondatod’azzurro cadere dal cielo; lo afferrò saldamen-te, era proprio l’orologio del “tempo”, corse su-bito al riparo e spostò la freccia sulla figura delsole ed immediatamente finì il temporale di oro-logi. Un problema era risolto, ma ne rimaneva unaltro: il manubrio della bicicletta era rotto e Zel-da non poteva muoversi con Perla. Come per mi-racolo scorse da lontano una grande villa di colorgiallo evidenziatore con decori di forme geome-triche di colore rosa e verde. Zelda tirò un so-spiro di sollievo e prese Perla per portarla a quel-la strana villa. In pochi minuti furono arrivate. Sulla porta c’era la figura di uno strano essere:apparentemente era simile ad un uomo, aveva latesta tipo Frankestein, il corpo verde e grasso edue esuli gambette, era abbastanza basso. Sullaporta c’era anche una scritta:

OTAIZNEICS ORIMISAC ILLEBMARTSPer Zelda non fu molto difficile tradurre la scrit-ta, perché sapeva che in quel mondo pronuncia-vano le parole uguali all’italiano, ma le scriveva-no al contrario; quindi veniva: otaizneicS orimi-saC illebmartS

SCIENZIATO CASIMIRO STRAMBELLIAnche se la figura e la scritta non la incoraggia-vano molto, Zelda bussò. Aprì subito un robotche le disse:“JK002P al vostro servizio”, era mol-to strano per essere un robot: assomigliava ad unfungo ed era alto sette spanne, per farla brevearrivava più o meno all’altezza dell’ombelico diZelda, ma essa disse a JK002P:“Posso vedere ilsuo padrone che, se non sbaglio, dovrebbe esse-re lo scienziato Casimiro Strambelli ?”.In quel preciso istante il fungo-robot scomparve,ma comparì lo scienziato che, con una vocinaesile, ma molto veloce, le disse:“In che cosa pos-so aiutarla? Perché è venuta qui?” Zelda, stupita

dalla gentilezza dello scienziato, rispose:“Michiamo Zelda e vengo dal pianeta Terra, sono quiperché mentre c’era il temporale un grande oro-logio a pendolo cadde proprio sopra al manubriodella mia bicicletta magica di nome Perla”. Allora Casimiro osservò attentamente Perla ecommentò:“Gomme e sella di madre perla……telaio d’oro bianco…e manubrio d’avorio……”.Fece una lunga pausa e aggiunse: “In effetti unasoluzione ci sarebbe, ma in quanto al pagamen-to, visto che provieni dal pianeta Terra, non haiil denaro del posto; tuttavia sei molto alta e que-sto mi può servire per un lavoretto che ho inmente di fare”. Zelda non comprese molto le sueparole, ma si fidò ed entrò nella sua villa. C’erano boccette e liquidi di ogni genere, ani-

mali, soprattutto pesci di qualsiasi tipo, macchi-nari di ogni forma, ma la cosa strana e per Zeldaridicola è che tutto era alto fino al suo ombelico,e la testa le toccava il soffitto. Arrivati all’ultimadi quelle strane macchine Casimiro chiese a Zel-da di infilare Perla in una fessura. Sopra c’erascritto:

ANIHCCAM ATSUIGGA OTTUT cioè

MACCHINA AGGIUSTA TUTTOInfilata Perla, Casimiro tranquillizzò Zelda dicen-dole di non preoccuparsi perché tra poco Perlasarà pronta e lucidata. A Zelda, però, non eraancora chiara una cosa, quindi chiese a Casimi-ro: “Che lavoro voleva farmi fare?” Lui rispose:“Tempo fa, mentre provavo la pozione salterina,una delle mie rane zoppe saltò così in alto finoad arrivare al soffitto, e da quel momento non èmai più scesa, non so se per paura o per voglia dilibertà, comunque me la potresti prendere? Sitrova più o meno dietro di te”. Allora Zelda si gi-rò, afferrò la rana e la pose nella sua scatola.Casimiro era molto felice e come segno di grati-tudine restituì aggiustata e lucidata Perla. AncheZelda era molto felice di riabbracciare la sua bi-ciclettina, la provò subito per vedere se funzio-nava facendo ritorno al pianeta Terra; salutò Ca-simiro e tornò a casa. Si trovò esattamente da-vanti al cancello, lo aprì ed entrò dentro casa. Dagigante nella casa di Casimiro si trovò piccolanella sua cameretta. Quell’avventura piacquemolto a Perla e a Zelda, nonostante fosse statafaticosa sia per l’una che per l’altra, ma restòsempre la più bella di tutte.

Progetto grafico e

impaginazione: Favolarevia

Fotografie: Bruno De Faveri, Fio-

renza Corradini, Elisabeth Daffun-

chio

RedazioneDirettore Resp.: Antonella MariottiPresidente: Mimma FrancoAnna Bruni -Giovanna SpantigatiMarziano Allegrone - AlessandroPugliese - Silvia Pareti (Capo re-dattore) - Marta Lamanuzzi (Ca-po redattore) - Livia Granata (Ca-po redattore) - Anna Baiardi (in-viato) - Angela Trausi - Elena Ro-ta - Flavia Melis - Sara Serafin -Chiara Massa - Stefano Giuliano(Inviato) - Giada Gatti - SimonaLucarno (inviato) - Davide Varni(Capo redattore) - Elena Pisa -Paolo Pareti (Capo redattore) -Costanza De Faveri - MarcelloSpinetta - Giorgia Bresciani - Ce-

cilia Sacco - Andrea Accatino (in-viato)

Mini reporterStefano Pugliese (Capo redatto-re)

Piccoli PiccoliLisa R. Magnaghi (Capo redatto-re)Cecilia Mariotti (Capo redattore)Martina Ruta (Capo redattore)Daniele Accatino (inviato) - MartaPoggio (inviato) - Alberto ArzaniSofia Falchetto (inviato) - Ema-nuela Negri

Piccoli ArtistiCarlotta Rubin

CollaboratoriMaria Serafini - Cristiana Nespolo- Claudio Bertoletti - Cristina BailoBruno De Faveri - Elisabeth Daf-funchio

IllustrazioniMartina Delfanti

Proprietà artistica

letteraria

Casa Editrice Fa-

volarevia

Via C. Alberto, 13

15053 Castelnuovo

Scrivia (AL)

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anga è un Tamil nato a Jaffna,città che si trova sull’estrema

punta settentrionale dello Sri Lanka,là dove l’isola si protende verso l’In-dia con una serie di minuscole terreaffioranti chiamate “Ponte di Ada-mo”. Il braccio di mare che separa In-dia e Sri Lanka è strettissimo, e nelcelebre poema indiano Ramayanaviene varcato dall’eroe Rama (ava-tara – cioè incarnazione – del dioVishnu) grazie all’aiuto di Hanuman,generale di un esercito di scimmieche aiuta Rama a ritrovare l’amatacompagna Sita, rapita dal demoneRavana, re dell’isola di Lanka. Hanu-man, divenuto nella tradizione indù ilcelebre dio in forma di scimmia, or-dina ai suoi soldati di costruire unlungo ponte di legno che permetteràall’esercito di Rama di penetrare nel-l’isola, sconfiggere il demone Ravanae liberare la dolce Sita, simbolo eter-no della devozione amorosa.Le vicende del Ramayana sono proba-bilmente l’eco antichissima della pe-netrazione delle tribù Arie verso ilsud della penisola indiana, ove assog-gettarono le popolazioni dravidiche ene fecero dei potenti alleati - tra-

sformati dalla fantasia indiana inastute scimmie - indispensabili per lasuccessiva occupazione dello Sri Lan-ka. La paura che l’enorme piattafor-ma indiana sia sempre pronta a rove-sciare sulla piccola isola un’orda diinvasori è, come si vede, fondata eantica, ma né le tribù arie né le gen-ti dravidiche furono i primi abitantidell’isola, onore che spetta ai Vedda,popolazione dalle caratteristiche so-matiche simili a quelle degli aborige-ni d’Australia e ora confinata in stret-te riserve all’interno dell’isola. Ranga ha poco più di quarant’anni enon era ancora nato quando nel 1948lo Sri Lanka ottenne l’indipendenzada un’Inghilterra che abbandonava ilsuo impero coloniale e quando il pre-sidente Solomon Bandaranaike pro-clamò nel 1956 il “Sinhala Only Act”,facendo del singalese l’unica linguaufficiale di Sri Lanka e gettando nel-l’angoscia migliaia di famiglie cheparlavano e scrivevano solo in Tamil.I Singalesi, “popolo del leone”, mag-gioranza etnica dell’isola, non perdo-

navano ai Tamil la loro vicinanza coni colonialisti inglesi, che li utilizzaro-no abbondantemente sia come élitecolta al servizio della burocrazia co-loniale, sia come manodopera esper-ta e resistente per le piantagioni ditè nel nord dell’isola. La distinzioneetnica tra Singalesi e Tamil (attualiabitanti della regione indiana del Ta-mil Nadu e maggioranza nella partenord-orientale dello Sri Lanka) si per-de nella notte dei tempi e con tuttaprobabilità non ha alcun fondamentorazziale poiché le radici sono verosi-milmente comuni, ma com’è ovviol’isola ha avuto una sua storia parti-colare che non sempre ha coinciso,nonostante la vicinanza, con le vi-cende del sud dell’India. Quando ilbuddismo sul continente indiano fulentamente riassorbito e soverchiatodal ritorno dell’induismo, ad esem-pio, Sri lanka rimase la culla della pa-rola illuminata del principe Siddhar-ta, e questo marcò una differenza re-ligiosa e culturale destinata a pesaremolto sulla recente esplosione delconflitto fra le due comunità. Ma nel1972 Ranga era poco più che un bam-bino, e non poteva capire che la nuo-

va costituzione che si andava appro-vando in quei mesi conteneva un ar-ticolo destinato a gravare come unabomba ad orologeria sul suo futuro dimaschio Tamil: il buddismo diventavareligione ufficiale dell’isola, delegit-timando implicitamente i secolari ri-ti induisti a cui si dedicavano ognigiorno con devozione i suoi genitori.Agli inizi degli anni ’80 gli incidentifra Tamil e Singalesi divennero sem-pre più aspri e frequenti e proprio aJaffna successe un episodio tragicoche Ranga porta impresso nella pro-pria carne: alcune studentesse uni-versitarie Tamil furono sequestrate,violentate ed uccise, e la colpa ri-cadde immediatamente sull’esercitoregolare di Colombo, abituato daqualche anno a non contenere piùquelle pulsioni viscerali alla puliziaetnica che stavano avvelenando il cli-ma dell’isola. Il neonato esercito diliberazione Tamil, movimento armatoindipendentista divenuto poi celebrecon la sigla Ltte, le famigerate TigriTamil, attaccò per la prima volta du-

ramente l’esercito di Colombo. La ri-sposta non si fece attendere. Rangane parla sempre con una certa amararitrosia: tutti i maschi Tamil ritenutipotenzialmente in grado di combat-tere furono imprigionati, minacciatie torturati. Ranga, come la quasi to-talità dei suoi coetanei di tutta laterra, giocava a calcio, ed era piutto-sto bravo. A lui furono massacrati imenischi, in modo che alla precau-zione di renderlo inabile al combatti-mento si accompagnasse il piacere diguastare irrimediabilmente la suapassione per lo sport. Fuggì allora inIndia, cercò di sopravvivere alla per-dita di tutto il suo orizzonte di pae-saggi e di affetti, si rifugiò breve-mente in uno stile di vita moderno eoccidentale, si fece violenza per in-goiare il primo boccone di carne a cuiun membro della sua famiglia datempo immemorabile osava avvici-narsi, ne rimase disgustato e fu presodal desiderio di tornare tra il mare ela giungla della splendida isola in cuiera nato. La situazione a Jaffna, co-me in tutto il nordest ormai salda-mente in mano al Ltte, era però trop-po pericolosa e i continui scontri tra

esercito e ribelli cancellavano ogniprospettiva di potersi rifare una vitain territorio Tamil. Ranga, che è uo-mo di pace, si installò allora a Pottu-vil, piccolo villaggio a maggioranzamusulmana che si trova sulla gobbasud-orientale dell’isola. L’Islam arri-vò in Sri Lanka insieme ai mercantiarabi che si insediarono lungo le co-ste, e tutt’ora convive in esplosivoequilibrio con le tensioni aspre chedividono buddisti e induisti. Ma Ran-ga voleva solo vivere in pace, affittòun terreno, costruì alcuni bungalow etimidamente avviò una piccola attivi-tà turistica. Il posto aiutava molto:appena oltre Pottuvil si apre a perdi-ta d’occhio un’incontaminata strisciadi spiaggia che sfuma dolcementenelle acque della laguna interna enella giungla impenetrabile di YalaPark, la più importante riserva natu-rale dello Sri Lanka. Tra la spiaggia ele risaie strappate alla giungla correun unico, sottile nastro d’asfalto, aicui lati sonnecchiano a fauci spalan-cate decine di coccodrilli, enigmatici

e immobili come i panettoni di rocciagrigia tra cui si nascondono gli ele-fanti selvatici. Le spiagge di ArugamBay erano particolarmente amate daisurfisti e Pottuvil conobbe un certosviluppo quando entrò nel circuito in-ternazionale delle gare di surf. Lafollia della guerra, però, covava nelnord dell’isola e ben presto si abbat-té anche su Arugam Bay. I turisti fug-girono, le rocce in riva al mare tor-narono ad essere il regno dell’orsotropicale e Pottuvil si trovò sulla li-nea del fronte, un po’ in mano alLtte, un po’ in mano all’esercito diColombo. I bungalow di Ranga furonodistrutti e dati alle fiamme, ma Ran-ga ebbe la pazienza di risistemarli.Ogni volta che l’esercito singaleseoccupava il villaggio, cercava i “ter-roristi” Tamil e gli eventuali collabo-razionisti. Ranga è Tamil e in queimomenti bastava una parolina sus-surrata all’orecchio di qualche gra-duato, anche solo per invidia, anchesolo per impossessarsi dei suoi bunga-low, e per lui sarebbe stata la fine.Nessuno ebbe il coraggio di pronun-ciare quella parola, nonostante pro-prio in quei mesi anche la tacita al-leanza fra musulmani e Tamil si fossecruentemente sfasciata. Ranga hasempre avuto un sorriso e una parolaper tutti, non ha mai ceduto alla ten-tazione di dare un volto al male chelo insegue, ha aspettato con quietofatalismo che l’odio scatenato dal-l’irresponsabilità del potere strap-passe anche lui all’affetto di sua mo-glie e della sua piccola Laksa. Nessu-no però ha avuto il coraggio di pun-targli contro l’indice: la sua purezzaè diventata la sua corazza. Questo èil primo dei miracoli che gli sono ca-pitati. Il secondo miracolo risale aqualche settimana fa: lui, la moglie ela figlia risultano nella lista dei so-pravvissuti alla gigantesca onda chein qualche secondo ha distrutto queibungalow tante volte tormentati dal-la furia dell’uomo. Le viscere di fuo-co della terra hanno portato a termi-ne il lavoro che la follia della guerraaveva lasciato una volta tanto incom-piuto. La distruzione e la morte sonopiombate dal mare e stavolta nonavevano il volto tristemente prevedi-bile del vicino di casa che indossa

un’uniforme. Stavolta è quell’oceanoche regala la vita, che porta pescisulla tavola e turisti dentro ai bunga-low scassati, a rovesciare dolore elutto. Ancora una volta Ranga soffre,ancora una volta a soffrire è un inno-cente, ancora una volta l’esistenzadel male presenta la sua mascheraimpenetrabile. Ora Ranga sarà in uncampo profughi e dovrà trovare laforza di ricominciare tutto daccapoper l’ennesima volta. Chi lo conosce,però, e conosce un poco l’India, sache non coverà rancore e non inveiràcontro alcun dio: Shiva distrugge percreare il posto al nuovo che verrà, el’intero Tamil Nadu è cosparso ditempli dedicati al dio della distruzio-ne nella sua veste di creatore. Nonc’è vita senza morte e non c’è mortesenza vita, la luce chiede la tenebrae la tenebra chiede la luce. Da mil-lenni quest’idea dà forma alla cultu-ra orientale, travolgendo quel deboleconfine tra buddismo e induismo cheTamil e Singalesi hanno insensata-mente innalzato tra loro come fossela diga della salvezza. Ranga lo sa,capisce, accetta, ed è come se per-donasse. Perdona ai Singalesi che glihanno rotto i menischi, ai Tamil chesi fanno esplodere sugli autobus cheanche lui prende, al mare generosoche gli è piombato sulla testa comeun mostro sanguinario, e ai suoi ami-ci occidentali che, con la loro straor-dinaria ragnatela di gioielli tecnologi-ci sparsi per il cielo, conoscevano ilmostro tre ore prima che si scatenas-se sulla sua casa ma non hanno sapu-to trovare la voglia e il tempo di gri-dargli “Scappa!”.

Storia di Ranga, Tamil di Sri Lanka, e dei suoi mille mostriStoria di Ranga, Tamil di Sri Lanka, e dei suoi mille mostrimauro mainoli

Ranga, la moglie Ginsene con inbraccio la nipotina, la figlia Laksa.

Arugam Bay, nelle vicinanze di Yala Park, la più importante riserva naturale di Sri Lanka.

I bungalow danneggiati più volte dalla guerra e infine distrutti dallo tsunami.

R

Il Mosaiko Kids intende aiuta-

re Ranga e la sua famiglia a

ricostruire la casa e i bun-

galow distrutti. Per avere

maggiori informazioni potete

contattare la redazione (0131

856018) oppure scrivere una

e-mail a:

[email protected]

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