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IL NUOVO ACCORDO TRA ITALIA E S. SEDE: PROFILI DI LIBERTA' OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI SOMMARIO: 1. Laicita dello Stato e liberta religiosa.-2. Gli accordi di Villa Madama ed il Concordato lateranense: nuova configurazione dello Stato ... -3 . ... e nuova configurazione della Chiesa.-4. 11 Concordato delle liberta: a) Li- berta dello Stato.-S. b) Liberta della Chiesa.-6. e) Liberta della persona.-7. Liberta del singolo e giurisdizione statale.-8. La funzione spirituale degli ac- cordi di Villa Madama. 1. «L'Inquisitore spagnolo che dice all'eretico: La Verita o la morte! mi e altrettanto odioso quanto l'uomo del Terrore france- se che dice al mio avo: La liberta o la morte! La coscienza umana ha il diritto di esigere che non le si pongano mai piit queste orribili alternative». Con queste effermazioni, pronunciate nella celebre oc- casione del Congresso di Malines, il 25 agosto 1863, Charles de Mon- talembert si e collocato nella storia della liberta religiosa in senso moderno ai primissimi posti. 11 suo piit fedele interprete nella dot- trina italiana dell'eta contemporanea, Orio Giacchi, ha piit volte messo in rilievo come egli abbia rivendicato «il senso esatto, e tutto cattolico, della liberta religiosa come diritto della persona». Ad entrambi gli autori, al romantico francese, per il quale «il dramma totale della liberta, con i suoi entusiasmi, le sue delusioni, i suoi scoraggiamenti. .. fu la sua stessa carne», (come ebbe a scri- vere Emanuel Mounier) ed all'illustre compianto Maestro italiano, teo- rico raffinatissimo dei problemi e dei temi della liberta religiosa, mi e corso con spontanea naturalezza il pensiero nel rintracciare i profili di liberta degli Accordi di Villa Madama, subito definiti, per- sino dai mass-media, «Patti di liberta». Entrambi gli autori possono considerarsi teorici e propulsori di una visione dello Stato laico come Stato che non e indifferente al fenomeno religioso, poiché, da un lato, in un regime di liberta

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IL NUOVO ACCORDO TRA ITALIA E S. SEDE: PROFILI DI LIBERTA'

OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI

SOMMARIO: 1. Laicita dello Stato e liberta religiosa.-2. Gli accordi di Villa Madama ed il Concordato lateranense: nuova configurazione dello Stato ... -3 . ... e nuova configurazione della Chiesa.-4. 11 Concordato delle liberta: a) Li­berta dello Stato.-S. b) Liberta della Chiesa.-6. e) Liberta della persona.-7. Liberta del singolo e giurisdizione statale.-8. La funzione spirituale degli ac­cordi di Villa Madama.

1. «L'Inquisitore spagnolo che dice all'eretico: La Verita o la morte! mi e altrettanto odioso quanto l'uomo del Terrore france­se che dice al mio avo: La liberta o la morte! La coscienza umana ha il diritto di esigere che non le si pongano mai piit queste orribili alternative». Con queste effermazioni, pronunciate nella celebre oc­casione del Congresso di Malines, il 25 agosto 1863, Charles de Mon­talembert si e collocato nella storia della liberta religiosa in senso moderno ai primissimi posti. 11 suo piit fedele interprete nella dot­trina italiana dell'eta contemporanea, Orio Giacchi, ha piit volte messo in rilievo come egli abbia rivendicato «il senso esatto, e tutto cattolico, della liberta religiosa come diritto della persona».

Ad entrambi gli autori, al romantico francese, per il quale «il dramma totale della liberta, con i suoi entusiasmi, le sue delusioni, i suoi scoraggiamenti. .. fu la sua stessa carne», (come ebbe a scri­vere Emanuel Mounier) ed all'illustre compianto Maestro italiano, teo­rico raffinatissimo dei problemi e dei temi della liberta religiosa, mi e corso con spontanea naturalezza il pensiero nel rintracciare i profili di liberta degli Accordi di Villa Madama, subito definiti, per­sino dai mass-media, «Patti di liberta».

Entrambi gli autori possono considerarsi teorici e propulsori di una visione dello Stato laico come Stato che non e indifferente al fenomeno religioso, poiché, da un lato, in un regime di liberta

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generale, vede la scaturigine della liberta della Chiesa e, dall'altro lato, nella unione tra religione e liberta, vede un impegno di vita individuale e consociata: visione che da piu parti oggi si vuole e si deve recuperare.

Sono rispettati questi medesimi principi negli accordi di revi­sione del Concordato lateranense? Su quale impianto di politica legislativa?

Per rispondere, bisogna prendere l'avvio, anche se brevemente (essendo concetti ben noti a tutti), dalla diversa configurazione, rispetto al 1929, delle due Alte Parti contraenti.

2. E' ben nota la diversa configurazione dello Stato: all'esclu­sivismo giuridico statuale (comune, anche se con motivazioni diffe­renti, sia all'eta fascista che all'eta liberale) si e sostituito il plura­lismo delle istituzioni ed ispirazioni, gia saldamente delineato nei dibattiti alla Assemblea costituente grazie all'apporto del gruppo de! cattolici, quali Dossetti, La Pira, Lazzati, oltre che delle voci laiche.

E' questo pluralismo a rappresentare la tendenza generale del nuovo sistema, come tale sottolineata al momento della firma da entrambe le Alte Parti contraenti: ognuna di esse pone l'accento sull'aspetto che le pare essenziale e che puo essere considerato, co­me spesso avviene per le dichiarazioni programmatiche, il filo con­duttore di future interpretazioni della dottrina cosi come della giu­risprudenza, ordinaria o costituzionale.

Per chi ricordi la tenacia e coerenza con le quali la S. Sede ha sempre difeso la sua sovranita nell'ordine spirituale -a comincia­re dalla fiera mancata accettazione delle leggi delle Guarentigie-, non sono certamente sorprendenti le dichiarazioni del Cardinale Segretario di Stato al momento della firma degli Accordi di Villa Madama. Esse sottolineano la connessionecon quell'art. 7 della Costituzione italiana, che appunto i cattolici della Costituente po­sero a loro bandiera di pensiero e di azione. Ben a ragione esso e definito «fulcro portante e principio ispiratore» della nuova nor­mativa. Pluralismo e, dunque, in questa ottica, riconoscere recipro­camente la duplice sovranita e, pertanto, riconoscere la confessio­ne cattolica cosi come essa efferma di essere ed e nella societa ita­liana: «realta sociale -afferma il Cardo Casaroli- di cosi grande rilievo non solo storico, ma vivamente attuale ... senza con cio nulla togliere di quanto, in una societa pluralistica, sia dovuto ai citta­dini di altra fede religiosa o di diversa convinzione ideologica ... Non manchera chi si chieda se la presente revisione concordataria renda sufficiente giustizia aquella realta». Mfermazione, quest'ul-

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tima, che, mentre lascia intravvedere speranze antiche e spunti cri­tici non remoti, richiama alla mente la complessa problematica fio­rita intorno aquella giurisprudenza, anche costituzionale, che nel principio (oggi abbandonato) della religione cattolica come la «so­la» religione dello Stato ha visto! secondo il cosI detto principio so­ciologico, la religione della maggioranza dei cittadini.

L'imponenza della realta della Chiesa nella nostra nazione e un dato storico, che anche il Presidente del Consiglio italiano sotto­linea. Ma l'accento e posta piu su un pluralismo all'interno dello Stato che non sulla pari e duplice sovranita dei due ordinamenti, quasi un'eco di concezioni ottocentesche, che alla Chiesa miravano a riconoscere liberta SI, ma nello Stato: cioe sottoposizione ad esso.

Cie) che preme in modo prioritario al Presidente Craxi e chiu­dere un lungo e talvolta difficile capitolo tra Stato ~ Chiesa: «Chiudiamo -egli afferma- anche le ferite ancora aperte di non poche coscienze, esaltando la pluralita delle idee e delle concezio­ni della vita, fondamenti essenziali di una societa democratica. Si potranno cOSI consolidare i rapporti tra lo Stato e la Chiesa in un moderno sistema che non ha bisogno di arcaiche barriere, ma solo di uno Stato libero nel quale la Chiesa sia libera ed attiva nella so­cieta nazionale».

3. Allo Stato democratico si pone di fronte la Chiesa, che «nel tenere conto degli sviluppi promossidal Concilio Vaticano lb, come e detto nel Preambolo del testo revisionato, ha presenti «le dichiarazioni conciliari circa la liberta religiosa». Quanto rinnova­to sia il volto della Chiesa conciliare e a tutti ben noto: e una Chie­sa aperta alla liberta all'interno ed all'esterno di essa, e una Chiesa che «corre il rischio -per usare le espressioni di un acuto lettera­to francese, Pierre de Boisdeffre- di non essere creduta», e una Chiesa indifferente al tipo di regime politico, ma tutrice dei «dirit­ti fondamentali della persona» (Gaudium et spes, 76) indipendente­mente dalla conservazione o dal rigetto dei privilegi concessile dall'autorita civile. E', in breve, una Chiesa che, come e detto nell'art. 1 del testo revisionato, non solo si impegna al rispetto della sovra­nita dello Stato (in reciprocita all'impegno dello Stato al riguardo della sovranita della Chiesa) ma altresI «alla reciproca collabora­zione per la promozione dell'uomo», oltre che «per il bene del Paese».

Risuonano nelle sopra riportate espressioni echi conciliari trop­po no ti per dovere essere qui ricordati, cosI come echi tradizionali. Al momento della firma essi ritornano pure nelle parole del Cardo

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Casaroli, che sottolinea la funzione dell'accordo di revisione, in sin" tonia con l'art. 7 Costit., di favorire «l'armonioso esercizio» della du­plice sovranita, continuando lo strumento concordatario ad «evi~ tare, il piu possibile, occasioni di urti e di intralci, favorendo anzi l'auspicata cooperazione in un comune impegno di servizio e di formazione umana».

Permettere l'esplicazione di tutte le potenzialita racchiuse nel duplice riconoscimento di sovranita e dunque lo scopo dei nuovi accordi, in questo perfettamente coerenti con le linee maestre della politica concordataria d'ogni tempo, specie dei tempi democratici. Ma vi e, nei patti di Villa Madama, un elemento di novita rispetto al passato: un nuovo ruolo di interlocutore della autorita civile e riservato all'Episcopato italiano, secondo una decisione che sem­bra essere maturata nelle ultime settimane delle trattative.

In una delle significative norme, che solo tecnicamente posso­no definirsi di chiusura (ma che nella realta sostanziale si dovrebbe invece denominare norma di apertura per future precisazioni), l'art. 13, e infatti detto che «ulteriori materie per le quali si manifesti la urgenza di collaborazione» tra Chiesa e Stato potranno essere re­golate «sia con nuovi accordi tra le due parti sia con intese tra le competenti autorita dello Stato e la CEI».

Di questo nuovo ruolo dell'Episcopato, superate ormai le dif­fidenze al riguardo di una autonomia di esso dalla sede Romana piu amplia rispetto al passato, sono ben consapevoli i Vescovi ita­liani che, in un documento immediatamente posteriore alla firma dei nuovi protocolli, hanno rilevato, accanto ai risultati positivi (pri­mo tra es si il mantenimento di uno strumento essenziale per la pa­ce religiosa), anche gli obiettivi limiti. Essi hanno sottolineato, qua­si in risposta agli interrogativi espressi dal Cardo Casaroli circa la effettiva rispondenza del nuovo testo alla giustizia scaturente dalla reale consistenza della Chiesa cattolica in Italia, che~' «restano fuori dalla esplicita normativa... problemi nuovi ed urgenti, quali la pro­mozione della vita e della famiglia, l'educazione sanitaria ed i ser­vizi socio-sanitari ed assistenziali, la lotta contro le nuove forme di emarginazione, le iniziative per la gioventu, la qualificazione dei mezzi della comunicazione sociale, la promozione del volontariato interno ed internazionale, l'impegno per il Terzo Mondo e per la pace, la valorizzazione del territorio e della cultura»: un ventaglio di argomenti, dunque, su cui «si giochera per tanti aspetti il futuro della societa italiana» e sui quali i presuli si attendono «coerenti sviluppi nell'impegno di collaborazione per il bene del Paese» espres~ so dal primo articolo dell'accordo di modificazione, che diviene

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pertanto un cardine, forse il piu importante, ai fini dell'incidenza nella, realta concreta, del nuovo sistema.

4. Dire che gli accordi di Villa Madama son o il «Concordato delle liberta» non significa ancora aver spiegato il contenuto di es si con le similitudini e le differenze rispetto al testo del 1929.

Quali liberta, dunque, sono garantite? Sarebbe inesatto limitare i profili di liberta ai soli primi tre

articoli del nuovo testo. Occorre andare piu in profondo ed esami­nare ogni settore per riscontrare le articolazioni del principio di liberta.

Una osservazione attenta permette di raggruppare detti prin­cipi sotto almeno tre profili: liberta dello Stato, liberta della Chie­sa, liberta della persona. Piu che di liberta sarebbe forse esatto parlare di sovranita dello Stato e della Chiesa e di determinazione autonoma della singola persona, ma per comodita di trattazione useremo il termine liberta, con l'avvertenza che esso deve essere letto come comprensivo anche della sovranita, secondo quelle pre­cisazioni che la dottrina ecclesiasticista ha piu volte tracciato, muo­vendo da non oziose considerazioni tecniche.

a) Il principio di liberta e sovranita dello Stato nel proprio ordine trova una applicazione immediata nel venir meno del prin­cipio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della reli­gione cattolica come la «sola» religione dello Stato. Statuto alber­tino e Concordato del 1929 con l'affermazione della «religione dello Stato» si muovevano in un sistema, antico e diffusissimo, di stam­po giurisdizionalista. In base ad es so lo Stato aveva una propria religione e serbava per le altre confessioni una tutela attenuata, se non addirittura un'assenza di tutela. Si dovrebbero a questo punto svolgere piu riflessioni in coordinamento con la nuova disciplina delle confessioni non cattoliche; ma per ragioni di spazio basti questo richiamo.

Un richiamo soltanto pare sufficiente anche quanto ad una polemica che va riaccendendosi sopra i quotidiani italiani in rife­rimento all'impegno di Stato e Chiesa di collaborare per la «tute­la del patrimonio storico ed artistico». Vart. 12 degli accordi di Villa Madama prevede disposizioni concordate bilateralmente «per la . salvaguardia, la valorizzazione ed il godimento dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesia­stiche» .

. Si e detto che lo Stato italiano ha con cio abdicato alla pro­pria esclusiva competenza, sancita dall'art. 9 Costo it., per la «tute­la del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della Nazio-

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ne», cOSl che la pOSlZIone di disposizioni concordate sarebbe in contrasto con la Costituzione stessa».

In realta la nuova norma (che non ha precedenti nel Concor­dato del 1929) tutela non tanto un interesse della Chiesa ma piut­tosto un interesse dello Stato a che sia salvaguardato il patrimo­nio storico-artistico conservato nelle chiese o di proprieta di enti od istituzioni ecc1esiastiche: vi e dunque un ampliamento rispetto al passato della sfera di sovranita dello Stato, che era riconnosciu­ta sol tanto nei limiti delle normali attribuzioni delle Sovrainten­denze.

5. b) I1 principio di liberta della Chiesa nel proprio ordine non e plU riconoscimento di un'area lasciata dallo Stato alla Chie­sa (ma che 10 Stato in un certo senso considera propria); e corol­lario del riconoscimento della sovranita dell'ordine spirituale. La precisazione e di grande importanza per il cammino di civilta, che la storia dei Concordati va percorrendo da tempi antichi.

In effetti la libertas Ecclesiae e esigenza sempre rivendicata dalla Chiesa sin dagli antichi tempi delle persecuzioni: il primo Concordato, sotto Commodo, permise una almeno temporanea ces­sazione del fiume di sangue che nei primi tre secoli di vita della Chiesa fu testimonianza eroica dei martiri cristiani. Essa liberta, come e evidente, puo essere riconosciuta piit o meno ampiamente, e soprattutto con motivazioni profondamente diverse, a seconda non tanto delle rivendicazioni della Chiesa (tendenzialmente sem­pre rivolte alla piit ampia liberta), ma piuttosto dell'atteggiamento dello Stato al riguardo del fenomeno religioso. I1 che, nel passato a noi piit vicino (a cominciare cioe dal sorgere di uno Stato unita­rio), e avvenuto appunto in virtit del principio della liberta della Chiesa quale atto di concessione dello Stato.

In questo senso anche i Concordati medievali, come e detto dalla migliore dottrina, hanno per conseguenza la creazione di aree sottratte al diritto comune (imperiale, feudale, comunale) e disci­plinate dall'ordinamento canonico. E, piit tardi, nel quadro dello Stato assoluto, i Concordati costituiscono zone privilegiate, nelle quali la Chiesa e relativamente libera, anche se tali zone sono cir­condate da cautele per impedire che da esse sorga qualche elemen­to di indebolimento dello Stato stesso con le conseguenze, ben no· te, del giurisdizionalismo di Stato.

Nell'accordo di modificazione concordataria invece la libertas Ecclesiae non e piit realizzata quale forma di concessione, ma diret­ta conseguenza della nuova considerazione che lo Stato ha della Chiesa come «altro ente», del tutto da sé distinto, che e sovrano in

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un campo nel quale lo Stato non vuole avere alcuna competenza, lasciandolo quindi totalmente al potere ecclesiastíco. La norma car­dine -come gia rilevato sopra- del Concordato revisionato, quel­la alla quale tutte le altre possono e debbono essere ricondotte, e l'art. 1, che sancisce l'impegno reciproco di rispettare l'indipenden­za e sovranita nel rispettivo ordine ed a collaborare per la promo­zione dell'uomo ed il bene del Paese. Sembra inutile sottolineare, essendo cosa evidente, che questa impostazione e nuova, in verita, solo per lo Stato, poíché per la Chiesa essa non puo non rispecchia­re la tradizione canonistíca, che, da S. Tommaso a Bellarmino, ai piu recenti atti del magistero ecclesiastíco, continua a ripetere che i rapporti tra Chiesa e Stato devono essere disciplinati dal princi­pio dualistíco della reciproca sovranita e autonomia. Appunto per­ché si tratta di antíchi concetti irrinunciabili per quella parte del diritto canoníco che si occupa dei rapporti della Chiesa con lo Sta­to (ius publicum ecclesiasticum externum), es si continuano ad esse­re rivendícati pure dalla Chiesa postconciliare. Di cio era traccia un signifícativo mutamento (avutosi non senza resistenze da parte governativa) nella dizione letterale della IV bozza di revisione, do­ve, con una díchiarazione di principio assai signifícativa sia in sede di politíca legislativa sia in sede interpretativa, era detto che la San­ta Sede tiene presenti i principi «riaffermati» dál Concilio Ecume­níco Vatícano 11 in materia di liberta religiosa e di rapporti tra la Chiesa e la comunita politíca: «riaffermati», dunque, e percio ri­presi da un patrimonio antecedente il Concilio ed in parte gia pre­senti, ma con motivazioni statuali diverse, nel Concordato late­ranense.

Nel testo definitivo non vi e piu questa locuzione esplicita, ma tuttavia essa puo vedersi implicita nel ríchiamo che il Preambolo fa alle díchiarazioni del Vatícano 11, nelle quali il legame con la tradizione del passato e piu volte esplicitato (specie in Gaudium et spes nonché in Dignitatis humanae).

In questo quadro si comprendono le innovazioni avutesi nella delicatissima materia delle nomine.

Anzitutto e soppresso il giuramento dei Vescovi nelle mani del Presidente della Repubblica: vien meno una cerimonia certamen­te suggestiva, e che qualcuno forse rimpiangera quanto a dignitosa solennita, ma che e indubbiamente un residuo di istituti giurisdi­zionalisti in aperto contrasto con la nuova temperie di liberta.

Inoltre nelle nomine degli Arcivescovi, Vescovi e parroci la libertas Ecclesiae e piena e non piu condizionata da gravi ragioni <>pponibili dall'autorita governativa. Se nel sistema del 1929 l'obbli­go della S. Sede di comunícare il nome della persona prescelta

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all'autorita governativa era dovuto all'esigenza del Governo di assi­curarsi che non vi fossero ragioni contrarie di carattere politico per i Vescovi o comunque piu generiche «gravi ragioni» per i parro­ci, oggi e invece pienamente libero (art. 3 n. 2). La «comunicazione» alle autorita civili della nomina non e residuo giurisdizionalista, bensI effetto della considerazione dei due ordinamenti come entram­bi sovrani, ma collegati almeno dal dovere di reciproca informa­zione; dovere poi reso necessario anche da considerazioni d'or­dine pratico dal momento che le leggi dello Stato italiano annetto­no alla qualifica di Vescovo o parroco precise conseguenze (tra le quali ricordo ad esempio il dovere del parroco di trasmettere all'uffi­ciale di stato civile l'originale dell'atto di matrimonio), cosI che e necessario per lo Stato conoscere il nome di colui che rivesta tali qualifiche.

Rispondono alla logica di libertas Ecclesiae i primi tre arti­coli degli accordi di Villa Madama, la cui impostazione generale non deve essere confusa con una sorta di genericita di direttive, che una lettura distratta potrebbe indurre ad avanzare: al con­trario l'asserzione dettagliata di tUtte le libertates Ecclesiae, ivi sancite, e corollario diretto di una impostazione che vuole dare alla Chiesa ed alla sua struttura organizzativa (art. 2) e territoria­-e (art. 3) una definizione tecnicamente minuziosa ed in tutti i dettagli di rilievo sociale. Ma, certo, vi sono profili che rivesto­no una preminenza in considerazione delle conseguenze che, in vari settori, possono avere. Tra essi porrei anzitutto la liberta garantita ai cattolici e loro organizzazioni (art. 2 n. 3), assai piu ampia di quella limitata nel 1929 -e tutti · ben ricordano con qua­li conflitti anche di applicazione! - alla sola Azione Cattolica. In secondo luogo la liberta della Chiesa di svolgere la propria mis­sione «pastorale, educativa e caritativa», nonché di «evangelizza­zione e santificazione» (art. 2 n. 2), e riconoscimento che va cer­tamente al di la della pur solenne dichiarazione di principio: in una interpretazione sistematica, che coordini i vari punti della nuova normativa, queste dichiarazioni di liberta non potranno non animare i vari settori nei quali la missione della Chiesa trova pe­culiarita di manifestazioni scaturenti dal proprium del messaggio cristiano, quale da sempre interpretato dalla tradizione cattolica, di essere un messaggio che non si manifesta soltanto in interiore homine, ma altresI nelle manifestazioni esterne della vita. Se fi­des sine operibus mortua est, se il valore delle «buone opere» so­no una proiezione dell'amore del prossimo, del yero essere cri­stiani -come e dimostrato nel fondamentale discorso escatologico del nuovo Testamento- allora e evidente che i principi di líber.,.

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ta, sanciti dall'art. 2. n. 1, finiscono con l'essere guide interpreta­tive dell'intero nuovo accordo. In particolare la liberta della Chie­sa di svolgere la propria missione «pastorale, educativa e carita­tiva» nonché di «evangelizzazione e santificazione» sara principio direttivo vincolante per l'elaborazione in materia di enti e come taje legittimante una . normativa differente dalla disciplina comune a tutti gli enti. Se la reglamentazione delle attivita diverse da quelle di religione e di culto deve rispettare «struttura e finalita» propria agli enti ecc1esiastici (art. 7 n. 3 c. 2, e infatti evidente che la doppia delegazione, incaricata (art. 7 n. 6) di stendere norme definitive su enti e beni ecc1esiastici, non potra non te­nere conto dell'essenziale raccordo con la tutela della liberta della Chiesa di svolgere l'azione caritativa sancita dal n. 2 dell'art. 2. Parimenti la liberta di svolgere la «missione educati­va», corrispondente al canonistico munus docendi, pure tutelata dal medesimo articolo, dovra essere principio direttivo della inter­pretazione dell'art. 9. Nel medesimo spazio di tutela delle liber­tates Ecclesiae rientrano poi le statuzioni dell'art. 10 n. 1 (le scuo­le per la formazione nelle discipline ecc1esiastiche «continueran­no a dipendere unicamente dalla auto rita ecc1esiastica») e dell'art. 10 n. 3 relativo alle nomine dei docenti dell'Universita Cattolica del Sacro Cuore, a proposito delle quali, con tecnica forse discu­tibile ma certo realistica, si e per cosi dire internazionalizzato, con il richiamo inserito nel protocollo addizionale, il contenuto di una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 195 del 1976).

Infine la tutela del munus sanctificandi e di quanto attiene all'essenza di es so dovra essere tenuta presente nella interpretazio­ne delle nuove norme in materia matrimoniale (art. 8), dove quan­to e essenziale per l'ordinamento canonico non puo essere travolto dall'interpretazione della giurisdizione statale, se non disattenden­do proprio quell'impostazione pluralistica alla quale entrambe le Alte Parti contraenti hanno solennemente dichiarato impegno di fedelta.

6. c) Se le liberta della Chiesa e le liberta dello Stato sono profili in un certo senso tradizionali in ogni atto concordatario (salvo ad essere garantite con maggiore o minore ampiezza a se­conda di tempi storici e di modelli di politica istituzionale), vi e negli Accordi di Villa Madama un profilo innovativo, che solo l'eta democratica e 10 spirito conciliare potevanopermettere di accen­tuare: la tutela della liberta religiosa come liberta della persona. Alla sovranita di Stato e Chiesa si aggiunge oggi, dunque, la sovra­nita della persona nelle sue determinazioni e con essa la tutela della

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liberta religiosa come diritto del singolo, che deve scaturire anzi­tutto da una piena liberta di coscienza.

Alla innovazione portano insieme le linee costituzionali ita­liane, per quanto attiene allo Stato, e l'insegnamento del Vatica­no II, per quanto attiene alla Chiesa, con quella applicazione del­l'esigenza di duplice armonizzazione (costituzionale e conciliare) che ha rappresentato lo stimolo fondamentale dell'opera di revisione.

Non sembra necessario, al proposito, ricordare qui l'insieme dei diritti di liberta sanciti dalla carta costituzionale, tanto essi so­no noti, a cominciare dall'art. 21 che e certamente la norma cata­lizzatrice il complesso della tutela. Meno noto, forse, e l'aspetto canonistico. Di esso e essenziale ricordare il raccordo con Dignitatis humanae, che offre gli argomenti fondamentali per comprendere quel mutamento, che ha fatto scalpore e persino scandalizzato par­te del mondo cattolico piu legato a concezioni pre-conciliari. In un suo notissimo passo, questo documento conciliare afferma che il diritto individuale alla liberta religiosa e fondato «non su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura», e che e da riconoscersi l'immunita dalla coercizione es terna anche a «coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verita e di aderire ad essa». In breve, la liberta religiosa e da tutelare non sole per chi crede, ma anche per chi non crede.

Quanto lontana sia questa concezione da quella che non rico­nosceva alcundiritto all'errore e forse inutile sottolineare. Ma basti almeno ricordare come alla Chiesa del Sillabo di Pio IX, che, aven­do visto la liberta solo nell'ambito della verita, aveva conseguentemen­te negato ogni valore giuridico esterno alla coscienza soggettiva erro­nea, e succeduta una diversa impostazione della liberta religiosa, di grande rilievo anche quanto al tema dei rapporti tra Chiesa e comunita civile.

Cornee infatti stato sottolineato autorevolmente da P. A. D'Avack, le tappe pre-conciliari di questa evoluzione (che ha avuto quale base di partenza il pensiero di Leone XIII e la sua prassi di toleran tia al riguardo di Stati, nei quali fossero state ammesse fe­di e confessioni religiose diverse da quella cattolica, con la conse­guente tanto criticata dottrina della tesi e dell'ipotesi) possono rav­visarsi nel magistero di Pio XI (<<Non abbiamo bisogno» e "Mit brennender Sorge») , di Pio XII (specialmente nei suoi drammatici Radiomessaggi) e di Giovanni XXIII (Pacem in terris) con la de­cisiva distinzione tra errore e errante. Del resto gia il Codex iuris canonici aveva statuito nel can. 1351: «ad amplexandam fidem ca­tholicam nemo invitus cogatur», codificando fonti gia presenti an­che nel magistero del Pontificato Romano dei Sei e Settecento. Ed

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il nuovo Codex (can. 748 c.2), con termino logia differente, ribadisce il medesimo concetto: «Homines ad amplectendam fidem catholi­cam contra ipsorum conscientiam per coactionem adducere nemini numquam fas est».

11 Concilio e andato, del resto, certamente piu in la del ma­gistero precedente, configurando il fondamentale diritto alla liber­ta religiosa quale diritto che, come afferma il passo sopra riferito, va oltre l'obbligo, pur ancora ben fermamente dichiarato, di cerca­re la verita e di aderire ad essa, essendo quel diritto riconosciuto anche a coloro che tale obbligo non soddisfino.

Quanto alla interpretazione di questo passo, esso, a mio avvi­so. da un lato si preoccupa di mettere in luce la colpa di colui che non cerca la verita o che addirittura, una volta trova tala, non vi aderisce (di chi cioe e in mala fede rispetto alla verita religiosa), e, dall'altro lato, es so ha cura di considerare questo problema nella realta della vita storica. In essa distinguere tra gli erran ti in mala fede e gli altri che sinceramente seguono l'errore, credendolo ve­rita, sarebbe -e purtroppo lo e stato molte volte- estremamente pericoloso. Chi puo distinguere infatti tra erran ti in mala o in buo­na fede se non una autorita estema? Autorita che sara, evidente­mente, quel potere (o ecclesiastico o statuale) che, secondo i casi, sara in grado di comprimere la liberta e con essa anche quella re­ligiosa. Ogni tipo di opinione religiosa deve invece essere, dice la Dichiarazione conciliare, immune da coercizione esterna.

Da questo passo emerge dunque il valore sul piano giuridico del nuovo modo di vedere la liberta religiosa: tutelada sempre ed in ogni caso come bene oggettivo} lasciando da parte ogni con­siderazione che si rivolga all'esame degli elementi soggettivi, che hanno portato alla espressione della scelta religiosa compiuta.

Ne deriva che il diritto alla liberta religiosa non riguarda plU tanto la istituzione Chiesa, anche se la liberta di questa riman e del tutto fondamentale, ma la persona umana, l'individuo nella sua realta di coscienza.

Questo volgersi della Chiesa conciliare alla difesa della «liber­ta di credere», ma anche di quella di «non credere», della persona spiega come la S. Sede abbia potuto accettare alcune modificazio­ni alla disciplina del '29, che solleveranno (come del resto hanno gia sollevato) critiche accese in quella parte dello schieramento cat­tolico piu «tradizionalista», che teme di provocare dannose con se­guenze nel lasciare (come gia invece l'antico testo dell'Ecclesiasti­co statuiva) l'uomo «in mano al consiglio suo».

Un tipico esempio di queste nuove norme e il regime degli ecclesiastici di fronte agli obblighi militari: es si non sono piu di-

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chiarati senz'altro esenti dal servlzIO militare (come era nel testo del 1929), ma hanno facoIta di ottenere, a loro richiesta, di essere esonerati oppure di essere assegnati al servizio civile sostitutivo: la sceIta tra il fare il servizio militare, il non farlo o il sostituirlo con il servizio civile, come e evidente, non puo non scaturire da con­siderazioni lasciate alla coscienza dell'individuo.

Ma e soprattutto nella materia matrimoniale che si potrebbero avere gli sviluppi piil profondi del nuovo concetto della liberta re­ligiosa (art. 8 n. 2). Ho volutamente usato l'espressione «si potrebbero», perché, sul punto, il testo concordatario non e chiaro. In es so e detto che, nel rendere efficaci nell'ordine italiano le sentenze eccle­siastiche di nullita matrimoniale, la Corte d'Appello dovra accer­tare che ricorrrano le condizioni richieste dalla legge italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere. Qualcuno po­tra allora argomentare dall'art. 797 c.p.c. per dire che la Corte d'Ap­pello deve accertare «che non e pendente davanti ad un giudice italiano un giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del passaggio in giudicato della sentenza stranie­ra», concludendo che sia da considerarsi cosI introdotto il princi­pio della alternativita tra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione italiana. Dei dubbi, in verita, circa la bonta di questa interpreta­zione debbono essere formulati: sottolineando anzitutto la confer­ma, come dispondente ad una impostazione logico-giuridica tutto­ra coerente, da parte della giurisprudenza costituzionale, anche piil recente, del principio di riserva di giurisdizione ed in secondo luo­go tenendo presente che il protocollo aggiuntivo, con riferimento al n. 2 dell'art. 8, dichiara che ai fini dell'applicazione degli artt. 796 e 797 «si dovra tener conto della specificita dell'ordinamento ca­nonico», dal quale e regolato i1 vinco 10 matrimoniale che in esso ha avuto origine. Ed in questa linea interpretativa dovra essere esclusa l'alternativita tra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile. Ma vi sara certamente, nella multiforme schiera delle posi­zioni interpretative, anche quella di chi tenacemente sosterra esse­re ormai definitivamente tramontato il principio della riserva di giurisdizione. E allora in questa linea (che la realta della vita giu­risprudenziale confermera o meno) si potra anche giungere a soste­nere che il testo revisionato preveda e tuteli un aspetto estremo della liberta religiosa: 10 ius poenitendi, il diritto di mutare cre­denza religiosa cosI che i1 soggetto, che per il suo matrimonio si sia rivolto originariamente all'ordinamento canonico contraen do nozze religiose, possa vedere riconosciuto, ad esempio avendo «per­duto la fede» nel frattempo, il suo diritto di cambiare ordinamento

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e di rivolgersi percib alla giurisdizione civile, non avendo piu inte­resse alla giustizia ecclesiastica (art. 9 n. 2).

Anche nella istruzione religiosa nella scuola pubblica la liber­ta di scelta religiosa e riconosciuta «nel pieno rispetto della liberta di coscienza e della responsabilita educativa dei genitori»: anzitut­to al singolo discente, con «il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi» del corso di religione, ed inoltre al docente delle scuole materne ed elementari, nelle quali il corso di religione fa parte del­l'insegnamento impartito dall'unico docente (Protocollo aggiunti­vo: 5, in relazione all'art. 9, a), che impartira detto insegnamento in quanto egli non solo sia «riconosciuto idoneo dalla autoritá eccle­siastica», ma, altresl, «sia disposto a svolgerlo».

Su questo tema, sul quale si sono avute le maggiori polemiche e, forse, le maggiori incomprensioni, occorre fare aleune precisa­zioni. Che cosa significa che il corso di religione e diventato, da obbligatorio, facoltativo? Quelera il regime previsto nel 1929? Quale differenza c'e con il testo revisionato?

Un equivoco almeno va segnalato. Anche con il Concordato la­teranense o meglio con le leggi di esecuzione di esso vi era una previ­sione di facoltativita, nel sen so che era pur sempre possibile chiedere all'inizio dell'anno scolastico la dispensa dalla frequenza (come fa­cevano gli appartenenti ad altre confessioni religiose). Nella polemi­cache ha accompagnato la revisione vi era chi chiedeva la assoluta facoltativita, nel senso che la' scuola non dovesse neppure conti­nuare ad assicurare l'insegnamento religioso (non facendone piu, cioe, una materia ordinaria o comune dei corsi), ma semplicemente dovesse rispondere, istituendo un corso, ad un'eventuale ed ipotetica domanda fatta dagli alunni o dai loro genitori.

La via che hanno seguito gli accordi del 1984 e mediana: la scuola continua ad assicurare il corso di religione ed e tuttavia salvo il diritto degli alunni (o dei loro genitori) di avvalersene o meno.

Quanto alla organizzazione concreta del corso, il Protocollo addi­zionale precisa che saranno determinati di intesa tra le competenti autorita scolastiche e la CEI i programmi, le modalita di organizza­zione (anche in relazione alla collocazione dell'orario), i criteri di scelta per i libri di testo, nonche i profili di qualificazione professio­nale degli insegnanti, restando invece di esclusiva competenza della autorita ecclesiastica la dichiarazione di idoneita all'insegnamento.

7. Un aspetto, forse, e sfuggito alla attenzione dei primi com­mentatori degli accordi di Villa Madama: la ampiezza che la liberta del signolo trova nella tutela, oggi allargata rispetto al 1929, riservata

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alla competenza della giurisdizione sta tale con la conseguente com­pressione della competenza della giurisdizione ecclesiastica.

In un modello di societa, come quello italiano, fortemente do­minato da un potere giudiziario in espansione -talvolta forzata e percio illegittima, ma spesso consentita dagli spazi dal legislatore lasciati da colmare all'applicazione giudiziaria-, questa novita (peral­tro non sorprendente essendo stata preparata da una giurisprudenza evolutiva di discreta diffusione) e di rilievo da non trascurare. Essa attiene a due settori di importanza fondamentale per la vitadei rap­porti tra societa religiosa e societa civile: la materia matrimoniale e quella spirituale e disciplinare circa persone ecclesiastiche o religiose (Protocollo addizionale in relazione all'art. 4). In entrambi i settori all'automatismo della efficacia nell'ordine italiano della giurisdizione ecclesiastica, quale era previsto nel sistema del 1929, subentra la pre­visione di filtri di controllo ad opera del giudice italiano. Per quanto attiene ai profili ' di liberta, oggetto diretto della presente riflessione, la liberta religiosa della singola persona potrebbe essere invocata proprio per allargare ulteriormente la competenza della giurisdizione statuale.

Vediamo secondo quali possibili linee. Quanto alla materia matrimoniale, ho gia detto sopra d~lla even­

tualita (a mio avviso da respingersi con argomentazioni tecniche) che la alternativita della giurisdizione civile rispetto alla giurisdizione ecclesistica sia sostenuta sulla base di un aspetto estremo della liberta religiosa: 10 ius poenitendi, il diritto cioe di rivolgersi (ad esempio una ' voIta perduta la fede religiosa) non piu al giudice ecclesiastico, ma al giudice civile per la dichiarazione di nullita di un matrimonio origina­riamente canonico e trascritto. 11 testo degli accordi di revisione non ha dichiarato chiaramente l'abbandono del principio della riserva di giurisdizione ai tribunali ecclesiastici -ancora ritenuto conforme ai principi costituzionali dalla sentenza n. 18 del 1982 della Corte Costituzionale- ed anzi nel ribadire che si deve tener conto della specificita dell'ordinamento canonico, nell'applicare gli artt. 796 e 797 c.p.c., sembra offrire argomenti contrari alla alternativita tra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile. Ma, certo, l'ambiguita della lettera esiste -in questo settore non meno che in quello rela­tivo alla ampiezza di competenza delle Corti di Appello: art. 8 n. 2-,' cosi che viene scaricata sul giudice statuale una mancata chiara scelta in sede legislativa, con quelle conseguenze di incertezza nei rapporti giuridici che tutti ormai ben conosciamo.

Quanto alla materia spirituale e disciplinare circa ecclesiastici o religiosi, i diritti di liberta del singolo possono essere invocad da:vartti al giudice italiano per bloccare l'efficacia nell'ordine statuale di even-

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tuale provvedimento delI'autorita ecclesiastica? 11 ProtocolIo addizio­nale afferma che l'efficacia civile di detto provvedimento trova un duplice limite: l'assenza di «pregiudizio dell'ordinamertto canonico», da un lato, e, dall'altro, la «armonia con i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini italianÍ».

Facciamo qualehe esempio. Un parroco, capo dL una comunita ribelIe, contesta la legittima autorita ecclesiastica e viene rimos so dal Vescovo. Egli, che non e piu parroco secondo l'ordinamento cano­nico, puo ricorrere al giudice civile per essere dichiarato legittimo parroco secondo l'ordinamento delIo Stato, invocando diritti costitu­zionalmente garantiti, quali l'art. 19, o l'art. 21, o l'art. 17, o l'art. 18 Cost. it.?

Risponde di si chi si ferma alI'asserzione relativa alIa tutela dei diritti costituzionalmente garantiti. Ma la norma concordata non si ferma a detta tutela, poiché prevede un bilanciamento di essa con la assenza di «pregiudizio per l'ordinamento canonico».

AlIa domanda sopra esemplificata, alIora, occorre rispondere ne­gativamente. Prevale infatti l'esigenza che non sia pregiudicato un principio-cardine della trattativa concordataria, cioe il principio di sovranita delIa Chiesa nel proprio ordine. Se anche il giudice civile si persuades se infatti che il provvedimento vescovile di rimozione, avendo violato i diritti di riunione o di pensiero, costituzionalmente garantiti, debba essere dichiarato inefficace nell'ordinamento italiano (con la conseguenza, nell'esempio sopra accennato, del mantenimento del parroco, non piu tale per la Chiesa, nelsuo ufficio con tutti i suoi diritti, come la percezione dell'assegno di congrua), non solo sostitui­rebbe una sua regolamentazione aquella canonica, ma proprio in quelI'ambito, spirituale e disciplinare, che rientra certamente nelIa sovranita delIa Chiesa. Sarebbe, in questa direttiva, violato sia l'art. 7 delIa Costo it. sia l'art. 1 degli accordi di Villa Madama. Inutile aggiun­gere che tutto cio finirebbe col dare nelIe manidelIamagistratura italiana un potente strumento per innescare dissidi intemi alIa Chiesa e per sconvolgere la sua struttura costituzionale, basata rigidamente sopra il principio gerarchico.

In altri esempi invece i diritti costituzionalmente garantiti pre­varranno sopra l'esigenza di tutela delI'ordinamento canonico. Si pensi ad un provvedimento ecclesiastico in materia spirituale e di­sciplinare, che non tocchi la Chiesa nelle sue strutture o attivita: l'espulsione di un religioso senza che gli sia assicurata aleuna previ­denza di carattere economico, come la pensione o la liquidazione. Un simile provvedimento lede il diritto alla provvidenza ed alIa assicura­tione ex arto 38 Cost. it.; ed essendo tale materia del tutto temporale, :~ientra, quanto a regolamentazione, nelIa sovranita dello Stato. In un

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CélSO del genere il soggetto, oltre a ricorrere, quanto ad aspetti di tutela specificatamente canonistici, alla Sectio Altera del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ha diritto a ricorrere all'autorÍta giudi­ziaria civile per far valere i suoi diritti.

In breve: o il provvedimento ecclesiastico rimane nella sua caratteristica di atto attinente a materia disciplinare o spirituale circa ecclesiastici o religiosi ed allora non vi e possibilita di contrasto con l'ordinamento dello Stato, essendo la sovranita della Chiesa ribadita dall'art. 1 degli accordi del 1984 oltre che dall'art. 7 Cost. it.; oppure es so si riferisce, almeno in parte, a materia non strettamente disci­plinare né spirituale o a persone laiche, ed allora la efficacia imme­diata di cui all'art. 23 cpv. Trattato non pub essergli riconosciuta, essendo in tal caso competente il giudice civile.

Questo esempio dimostra con chiarezza come la liberta della Chiesa trovi un rafforzamento nel riconoscimento della sua sovranita nell'ordine spirituale: un'eventuale violazione di questi principi, protetti dalla norma costituzionale dell'art. 7 (oltre che ribaditi dagli accordi di Villa Madama) comporterebbe necessariamente un con­flitto davanti alla Corte costituzionale.

8. Pub dirsi attuata anche con i nuovi accordi la funzione spiri­tualé del Concordato? Si pub continuare ad affermare, come gia disse Pio XI il 13 febbraio 1929, di fronte a professori e studenti della Universita Cattolica, che gli accordi di Villa Madama, come il Con­cordato lateranense, continuano a «dare Dio all'ltalia e l'ltalia a Dio»?

La novita introdotta con il principio di liberta di scelta religiosa in talune materie, pone in luce una prospettiva nuova rispetto al pás­sato. Mentre, infatti, per secoli e anche dopo l'irrompere nella nostra societa occidentale del principio di liberta in tutte le sue manifesta­zioni, a cominciare da quella religiosa, era il sistema politico-giuri­dico a concretizzarne i lineamenti, il nostro tempo vede l'attuazio:q.e della liberta religiosa affidata alla personale scelta del singolo. Con questo si e cancellata un'antica traccia di giurisdizionalismo, spesso annidatasi anche nei sistemi apparentemente piu liberali, poiché,nel tutelare la liberta religiosa, lo Stato manteneva fondamentalmente la proposizione della scelta nei termini da esso medesimo stabiliti stretti o larghi che essi fossero.

Questo rimettere la liberta di scelta religiosa nelle mani della persona, ed unicamente di essa, pub indubbiamente comportare il pericolo di un indifferentismo assoluto, di quello Stato «senz'anima», che gia Montalembert paventava e la cui immagine fatiscente e pur­troppo spesso davanti ai nostri occhi. Ma appunto · il nodo, che il

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nostro tempo deve risolvere, e attuare questo tipo di liberta di scelta religiosa ed insieme far si che la societa organizzata si senta respon­sabile del suo presente e del suo avvenire.

Certamente il «dare Dio all'ltalia e l'ltalia a Dio» in questo nostro momento storico va attuato con un richiamo alla responsabilita per­son ale di colui che debba esercitare la sua scelta in materia religiosa: il che da un lato spinge l'uomo a confrontarsi con la sua fede e, d'altro lato, da alla sua reaIta di coscienza il primo ed essenziale posto. Ma, proprio perché la fede non puo vivere veramente senza la Chiesa, nella revisione concordataria la tutela della liberta religiosa del singolo non esclude affatto, ma anzi implica quale suo sostegno fondamentale, la tutela della liberta della confessione religiosa, che e poi l'antico sempre rivendicato diritto alla libertas Bcclesiae.

Da questo punto di vista e da sottolineare, come dato storico altamente positivo, il fatto che le trattative per la revisione del Con­cordato lateranense siano state condotte parallelamente alle intese con le confessioni non cattoliche; le une e le altre, lungi dall'avallare una immagine di Stato indifferente di fronte al fenomeno sociale reli~ gioso, permettono di concludere che lo Stato italiano non prescinde, oggi al pari di ieri, dall'aspirazione dell'uomo a vivere individualmente ed associativamente il suo rapporto con il Dio in cui crede.

Per questo il bilancio finale della revisione puo dirsi sostanzial­mente positivo. In un momento come l'attuale, pericolosamente in­cline al disimpegno sui valori, esso mira a realizzare !'idea che una societa civile, se non vuole perdere del tutto i suoi connotati, deve tener conto delle manifestazioni concrete della vita dello spirito.

Spettera a coloro che dovranno vivere o applicare; nella realta dei fatti come nella realta del diritto, la nuova normativa essere fedeli allo spirito innovatore: senza nostalgie del passato ma neppure senza sleali fughe in avanti. L'equilibrio, che si sapra adottare, ancora una voIta -e si spera a lungo-, permettera alla pace religiosa di essere esempio e fermento di una piu ampia pacifica convivenza sociale.

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