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Il nuovo modello istituzionale discendente dalla legge 56/2014 Quale ruolo per i componenti delle assemblee elettive comunali? Claudia Tubertini Bologna, 30 maggio 2015

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Il nuovo modello istituzionale discendente dalla legge 56/2014

Quale ruolo per i componenti delle assemblee elettive comunali?

Claudia Tubertini

Bologna, 30 maggio 2015

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Il nuovo sistema di governo locale

La legge 56 del 2014 riprende:

Il riordino istituzionale delle Province

La razionalizzazione delle funzioni provinciali

L’istituzione delle città metropolitane

Si abbandona il riordino territoriale delle Province, non potendosi derogare all’art. 133 Cost. (iniziativa necessaria dei comuni per modificare i confini delle Province)

Nel frattempo, il progetto di riforma costituzionale di iniziativa governativa (C1543) propone di abolire OGNI RIFERIMENTO COSTITUZIONALE ALLE PROVINCE (confermando, invece, le città metropolitane come enti costitutivi della Repubblica)

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Le nuove Province: Definizioni a confronto

La nuova definizione delle Province «enti territoriali

di area vasta» (art. 1, comma 3) va confrontata

con la definizione dell’art. 3 del TUEL, secondo cui

“le comunità locali, ordinate in comuni e province”,

erano “autonome” e la Provincia, ente locale

intermedio tra comune e Regione, rappresentava

“la propria comunità”

ricercando, nella precedente legislazione, nella

legge 56/2014 e nella legislazione regionale di

attuazione elementi utili alla sua interpretazione

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Nozione di «area vasta»: i precedenti

Nella legislazione amministrativa l’espressione “Area

vasta” era già stata utilizzata:

- in senso oggettivo, come nozione legata all’esercizio

di determinate funzioni di programmazione,

regolazione, promozione implicanti un coordinamento

tra interessi dei comuni e dei diversi attori locali [area

vasta come ambito e come connotato delle funzioni].

- in senso soggettivo, per definire speciali forme di

coordinamento funzionale istituite dalle Regioni in

ambiti sovracomunali/sovraprovinciali, ad esempio,

per l’esercizio coordinato tra le Aziende sanitarie

regionali di una serie di attività [area vasta come

ambito ma anche come formula organizzativa di

cooperazione/coordinamento];

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«area vasta» nella legge 56

Entrambi i caratteri della nozione di «area vasta» (in

senso soggettivo ed oggettivo) della precedente

legislazione trovano conferma:

a) nella scelta, operata dalla legge 56/2014, di superare

la natura delle Province quali enti direttamente

rappresentativi [politicità attenuata]

b) nella volontà della legge 56 di superare la vocazione

della Provincia all’esercizio qualsivoglia funzione

amministrativa, limitando il suo intervento a funzioni che,

per loro natura, necessitano di essere svolte in un

ambito territoriale sovracomunale di dimensione tale da

non poter essere soddisfatto dalle tradizionali (sia pur

rafforzate) forme di coordinamento intermunicipale

[funzioni «di area vasta»: art. 1, comma 85]

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Il modello di governo «di area vasta» nella 56

Elementi di rappresentatività Limiti

presenza di un organo deputato alla

rappresentanza di tutti i comuni

(Assemblea dei Sindaci)

presenza al suo interno solo dell’esecutivo

(sindaci); poteri prevalentemente consultivi

e propositivi dell’Assemblea (vedi però sul

punto Corte Cost., sent. 50/2015)

decadenza automatica da consigliere

provinciale in caso di perdita della

rispettiva carica comunale (v. Corte

Cost.); frequente rinnovo del Consiglio

Provinciale (ogni 2 anni); carica gratuita

(l’eletto percepisce l’indennità in ragione

della sua appartenenza al comune)

Per il primo mandato, prevista l’eleggibilità

anche degli ex amministratori provinciali; la

gratuità disincentiva la effettiva

partecipazione alle attività del Consiglio,

specie degli amministratori provenienti dai

comuni più piccoli

il sistema di voto ponderato nella

formazione del Consiglio Provinciale,

che assicura ai rappresentanti (consiglieri

e sindaci) dei comuni aventi maggiore

popolazione un maggior peso nella scelta

dei componenti

Il Consiglio riflette le forze politiche dotate,

nell’ambito provinciale, del maggior

numero di eletti, ma non permette di

escludere a priori che interi territori restino

senza rappresentanza. Manca un sistema

di formazione delle liste che garantisca la

presenza di candidati da tutto il territorio

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L’orientamento della Corte Costituzionale (sent.

50/2015)

• la sovranità popolare non si esprime solo nelle forme

della democrazia diretta;

• il riconoscimento dell’autonomia costituzionale di

comuni, province e città metropolitane non comporta

la loro totale equiparazione quanto a regime giuridico;

• il meccanismo dell’elezione di secondo grado è

compatibile con il principio democratico ed

autonomistico, purché siano previsti meccanismi

alternativi all’elezione diretta che comunque

permettano di assicurare una reale partecipazione dei

soggetti portatori degli interessi coinvolti [come la

sostituzione necessaria di coloro che sono eletti

«ratione muneris» in caso di perdita del collegamento

con il comune]

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L’orientamento della Corte Costituzionale (sent. 50/2015)

Fondando sull’accordo dell’11 settembre in Conferenza Unificata, e

la cessazione della materia del contendere relativa ai commi 89-95,

la Corte consolida quanto ivi convenuto dallo Stato e dalle Regioni:

• lo Stato può e deve provvedere al riordino delle sole funzioni

provinciali rientranti nelle materie di sua competenza esclusiva,

mentre è dovere delle Regioni provvedere al riordino di tutte le

altre

• anche per le funzioni fondamentali rientranti in materie di

competenza regionale si prende atto che sono differenziate nel

contenuto e che quindi possano anche essere oggetto di

definizione/riordino

All’esito del riordino «la Provincia continuerà ad esistere come ente

territoriale «con funzioni di area vasta» che si riducono a quelle

fondamentali e a quelle meramente eventuali dei commi 88 e 90»

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La provincia come snodo e sede di

coordinamento/rappresentanza comunale

Il sistema di elezione indiretta come strumento

per eliminare la conflittualità politica tra comuni e

provincia

per assicurare il coordinamento paritario tra funzioni

comunali e tra queste e le funzioni provinciali

Improntato a una visione funzionale «più ad una

razionale e coerente organizzazione dell’attività dei

comuni insistenti sul territorio che non a un livello di

democrazia locale» (così la relazione al ddl)

può permettere di superare i dubbi relativi alla scarsa

rappresentatività della provincia come livello territoriale

distinto e autonomo (art. 114), a patto che assicuri la

effettiva rappresentanza dei territori

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Il profilo delle Province nelle leggi regionali

In alcuni disegni di legge in corso di discussione

emergono alcuni significativi spunti nella direzione della

valorizzazione del profilo delle province come:

• sede di coordinamento e di rappresentanza degli

interessi comunali

• ente di assistenza e supporto ai comuni nell’esercizio

di funzioni complesse o che richiedono ambiti

territoriali adeguati (in questa direzione cfr. anche art.

1 comma 4 l.r. Umbria), anche mediante forme di

convenzione, delega o avvalimento (esercizio di

funzioni comunali in ambito provinciale o addirittura

sovraprovinciale)

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Alcune prime conclusioni

Il significato e le implicazioni della nuova denominazione

delle Province quali enti di area vasta e con funzioni di

area vasta potranno essere meglio compresi quando il

legislatore (soprattutto regionale) avrà completato il

processo di riordino. Solo in quel momento, infatti, si

potrà verificare l’alternativa tra:

un rilevante ridimensionamento del ruolo provinciale,

in vista (anche) della sua possibile soppressione

una sua trasformazione in una funzione di “snodo” e

“rete” del sistema dei comuni

la conservazione alla provincia di un certo tasso di

politicità = indirizzo politico-amministrativo autonomo

rispetto ai comuni in essa ricadenti

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Il riflesso del progetto di revisione costituzionale

La scomparsa di qualsiasi riferimento costituzionale alle Province

secondo la dottrina non determinerebbe la loro soppressione

automatica, che dovrebbe semmai essere compiuta dal legislatore

ordinario (una volta venuta meno la loro garanzia costituzionale)

La disposizione finale del ddl sembra addirittura consolidare la

necessaria presenza della nuova categoria degli «enti di area

vasta», la cui disciplina sarebbe ripartita tra Stato e Regioni

MA il contesto politico e addirittura la lettura data del progetto

dalla Corte Costituzionale nella sentenza 50 sembrano portare ad

una loro futura soppressione, ALMENO in quanto enti autonomi

Enti di area vasta POST Riforma costituzionale

enti associativi sovracomunali o enti dipendenti

dalla Regione???

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I rapporti con gli altri livelli di governo

Solo il completamento del processo di riordino potrà

permettere di definire con chiarezza i rapporti della Provincia

con gli altri livelli di governo (in specie, Regione e comuni),

che la legge 56 sembra aver immaginato, con riferimento alla

prima, di (almeno proclamata) autonomia, con riferimento ai

secondi, in forma aperta a possibili diverse interpretazioni

(coordinamento orizzontale, strumentalità, autonomia)

Da considerare gli effetti derivanti da:

L’accentuata dipendenza finanziaria delle Province dalla

Regione (per effetto dei nuovi obblighi di concorso delle

Province al risanamento del debito pubblico)

Il rafforzamento del profilo della Regione come ente di

amministrazione (e anche di gestione di risorse) per effetto

del riaccentramento di varie funzioni provinciali

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Le Città metropolitane: Definizione

La nuova definizione delle Città metropolitane come «enti

territoriali di area vasta» con specifiche «finalità istituzionali

generali» (art. 1, comma 2) va interpretata :

• cercando chiavi di lettura nella precedente legislazione, nella

legge 56/2014 e nella legislazione regionale di attuazione

• Evidenziando analogie e differenze rispetto alla parallela

definizione delle Province, anch’esse «enti territoriali di area

vasta» (art. 1, comma 3)

• Tenendo conto degli elementi fissi e di quelli variabili,

rispettivamente, della forma di governo e delle funzioni,

dipendenti da:

– Variabili dettate direttamente dalla legge

– Variabili derivanti dall’esercizio dell’autonomia statutaria

del nuovo ente

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Relazioni istituzionali

Dalla definizione del nuovo ente dipende anche il tipo di relazioni

istituzionali che esso può instaurare con gli altri livelli di governo,

che possono essere, a seconda dei casi, di :

- Autonomia/subordinazione

- Indirizzo e coordinamento «verticale»

- Rappresentanza, coordinamento «orizzontale»

- Collaborazione, assistenza, «servizio»

Questi modelli non sempre sono necessariamente alternativi,

potendo convivere in rapporto a determinate funzioni o livelli di

governo. Si tratta quindi di identificare, in relazione a ciascuno

degli altri livelli istituzionali (Regione, Comuni, Unioni), il modello

prevalente

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Il sistema di governo di secondo grado Elementi di collegamento con i comuni Limiti

Coincidenza tra Sindaco metropolitano e

Sindaco del comune capoluogo;

decadenza del Consiglio metropolitano in

caso di rinnovo del consiglio del comune

capoluogo

L’organo esecutivo è individuato ex lege e non in

base ad un meccanismo di elezione indiretta di

secondo grado, non coinvolgendo quindi (a

differenza che per il Presidente della provincia) nella

scelta i rappresentanti degli altri comuni

presenza di un organo deputato alla

rappresentanza di tutti i comuni

(Conferenza metropolitana)

presenza al suo interno solo dell’esecutivo (sindaci);

poteri consultivi e propositivi, salva l’approvazione

dello statuto (v. però Corte Cost., sent. 50/2015)

decadenza automatica da consigliere

metropolitano in caso di perdita della

rispettiva carica comunale (v. Corte Cost.);

carica gratuita (l’eletto percepisce

l’indennità in ragione della sua

appartenenza al comune)

Non si considera cessato dalla carica il consigliere

metropolitano eletto o rieletto sindaco o consigliere in

altro comune della stessa città metropolitana; la

gratuità disincentiva la effettiva partecipazione specie

degli amministratori provenienti dai comuni più piccoli

il sistema di voto ponderato nella

formazione del Consiglio, che assicura ai

rappresentanti (consiglieri e sindaci) dei

comuni aventi maggiore popolazione un

maggior peso nella scelta dei componenti

Il Consiglio riflette le forze politiche dotate,

nell’ambito provinciale, del maggior numero di eletti,

ma manca un sistema di formazione delle liste che

garantisca la presenza di candidati da tutto il territorio

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La forma di governo metropolitana secondo la Corte

Costituzionale (sent. 50/2015)

• il riconoscimento dell’autonomia costituzionale di comuni,

province e città metropolitane non comporta la loro totale

equiparazione quanto a regime giuridico;

• la sovranità popolare non si esprime solo nelle forme della

democrazia diretta;

• il meccanismo dell’elezione di secondo grado è compatibile

con il principio democratico ed autonomistico, purché siano

previsti meccanismi alternativi all’elezione diretta che

comunque permettano di assicurare una reale

partecipazione dei soggetti portatori degli interessi coinvolti

[come la sostituzione necessaria di coloro che sono eletti

«ratione muneris» in caso di perdita del collegamento con il

comune]

• In ogni caso, lo Statuto può introdurre la forma di elezione

diretta

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La città metropolitana come sede di

coordinamento/rappresentanza comunale

Il sistema di elezione indiretta come strumento

per eliminare la conflittualità politica tra comuni

per assicurare il coordinamento paritario tra funzioni

comunali e tra queste e le funzioni metropolitane

Improntato a una visione funzionale «più ad una

razionale e coerente organizzazione dell’attività dei

comuni insistenti sul territorio che non a un livello di

democrazia locale» (così la relazione al ddl)

Funziona a patto che assicuri la effettiva rappresentanza

dei territori

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La forma di governo elettiva: condizioni

Città metropolitane<3 mln abitanti Città metropolitane> 3 mln abitanti

Previsione nello Statuto Previsione nello Statuto

Proposta del Comune capoluogo di

suddivisione in più comuni

Suddivisione del comune capoluogo in

zone dotate di autonomia amministrativa in

coerenza con lo statuto metropolitano

Sottoposizione della proposta a tutti i

cittadini del territorio metropolitano da

parte della maggioranza dei votanti

Previsione nello statuto di zone omogenee

Approvazione legge regionale di istituzione

dei nuovi comuni

Intesa della Regione sulla costituzione

delle zone omogee

Compiuta disciplina del nuovo sistema

elettorale da parte della legge statale

Compiuta disciplina del nuovo sistema

elettorale da parte della legge statale

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La città metropolitana come ente

politico/rappresentativo autonomo

La concreta configurazione della Città metro, ad elezione

diretta del Sindaco e del Consiglio, come ente politico

rappresentativo autonomo (distinto dai comuni) viene

attenuata da alcuni elementi di forte connessione con i

comuni che comunque sono presenti, e che quindi non

escludono la necessità che la CM resti sede di snodo e

raccordo degli interessi comunali:

- Le finalità istituzionali generali dell’ente, comunque

connesse alla promozione, coordinamento e sviluppo

dell’area metropolitana

- La presenza della Conferenza metropolitana

- La presenza delle zone omogenee come sedi anche di

rappresentanza degli interessi dei comuni di cui la CM è

composta

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Alcune prime conclusioni

• I caratteri delle Città metropolitane potranno essere meglio compresi quando

l’insieme delle funzioni metropolitane sarà stato delineato e quando sarà

stato completato l’insieme degli atti attuativi necessari a rendere

concretamente possibile l’opzione per il modello elettivo.

• Le scelte delineate dagli statuti dovrebbero orientare il legislatore regionale

nella definizione della tipologia e del contenuto delle funzioni metropolitane,

a seconda che lo statuto abbia scelto:

- Una città metro (a prevalente) coordinamento e rappresentanza dei

comuni

- Una città metro (prevalentemente) ente politico autonomo

• Nel rivendicare nuove funzioni o specifici contenuti delle funzioni

metropolitane, ciascuna città metro dovrebbe tener conto del modello attuale

– e soprattutto futuro – che ha inteso scegliere, tra i due sopra indicati

• Problema per le città metropolitane che hanno optato per il modello elettivo,

sottoposto a «condizione sospensiva»

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Le città metropolitane nelle leggi regionali

Nell’esaminare il contenuto delle prime leggi regionali di

riordino (Toscana, Liguria) occorre tener conto in via

prioritaria del contesto in cui sono state approvate,

caratterizzato da:

• imminente scadenza del termine per l’adozione delle

leggi regionali, pena intervento sostitutivo statale;

• imminenza della scadenza della legislatura regionale;

• difficoltà di ordine finanziario di molte alcune città

metropolitane/ obblighi di concorso al risanamento della

spesa pubblica;

• pendenza in Parlamento di importanti processi di riforma di

settori di interesse provinciale/metropolitano

• imposizioni della legge di stabilità relative alla riduzione del

costo per il personale, con tempistiche non coincidenti con

il processo di riordino delle funzioni

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La situazione nelle altre Regioni

- Tutte le altre regioni a statuto ordinario hanno approvato in Giunta il progetto

di legge regionale di attuazione della l.r. 56/2014 e tutte (salvo la Regione

Emilia-Romagna) avviato l’iter in Consiglio regionale

Ritardo dovuto a:

- Elevata complessità dell’analisi dei costi delle funzioni provinciali da

riordinare e della ricognizione del relativo personale

- Necessità di procedere secondo un percorso condiviso (vedi protocolli

d’intesa siglati da numerose regioni con UPI ANCI e sindacati)

- Questione finanziaria e problema mobilità obbligata del personale (cfr.

Documento Conferenza delle Regioni del 2 aprile 2015)

Molti dei progetti di legge sono stati elaborati prima dell’entrata in vigore della

legge finanziaria per il 2015 e sono destinati a profondi rimaneggiamenti in

corso di approvazione. Non ci sono quindi gli elementi per valutare i loro

contenuti con sufficiente grado di attendibilità

Da valutare quindi con cautela le censure mosse dalla Corte dei Conti, sez.

autonomie, sul contenuto dei citati progetti (del. 17/2015)

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Per concludere

Solo il completamento del processo di riordino permetterà di definire

con chiarezza le relazioni della Città metropolitana con la Regione,

che la legge 56 sembra aver implicitamente immaginato di (almeno

proclamata) autonomia (con necessario coordinamento nelle funzioni)

Da considerare comunque gli effetti derivanti da:

-L’accentuata dipendenza finanziaria dalla Regione («soccorso» dei

trasferimenti regionali reso necessario per la continuità delle funzioni)

-Il rafforzamento del profilo della Regione come ente di

amministrazione (e anche di gestione di risorse) per effetto

dell’inevitabile riaccentramento a livello regionale di varie funzioni

provinciali

Solo con l’adeguamento della legislazione regionale si chiarirà il

contenuto di alcune funzioni metropolitane determinanti nella

interpretazione dei rapporti della CM con la Regione e con i comuni

(piano strategico; piano territoriale generale)

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Le scelte degli statuti sul modello elettivo

Elezione diretta (dopo fase transitoria): Roma, Napoli (testo

approvato dal Consiglio, in attesa di approvazione della

Conferenza), Milano

Elezione di secondo grado: Torino, Genova, Firenze,

Bologna, Bari

Riferimento espresso ad una «verifica dell’adeguatezza» delle

scelte statutarie dopo due anni dall’entrata in vigore dello

Statuto: Bologna

Mero riferimento ad eventualità di elezione diretta futura:

Genova

[Ancora non approvati gli statuti di Venezia e Reggio Calabria]

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Definizione, preambolo, principi

e rapporto con i comuni

• Dalla definizione dell’ente contenuta negli statuti, ma

soprattutto nel preambolo e nei principi possono desumersi

alcuni elementi interpretativi delle relazioni che ciascuna città

metropolitana ha inteso darsi rispetto ai comuni che la

compongono e alle loro forme associative:

• Modello «a prevalenza federativa» in cui sembra prevalere il

coordinamento orizzontale dei comuni e appare in modo

evidente il rilievo dato ai comuni stessi e alle Unioni (specie

nelle città a elezione di secondo grado)

• Modello «ente territoriale intermedio» rappresentativo di una

«comunità metropolitana», somma delle comunità locali più

che dei comuni come enti territoriali (nelle città che hanno

optato per l’elezione diretta, specie Milano e Napoli)

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Ruolo del Consiglio metropolitano

L’attribuzione di competenze ulteriori al Consiglio può in certa misura

considerarsi indice della volontà di valorizzare la partecipazione dei

rappresentanti dei comuni al governo del nuovo ente

Solo in alcuni limitati casi alcune competenze aggiuntive, rispetto a

quelle di indirizzo e controllo già desumibili dal sistema del TUEL:

approvazione del PEG (Roma, art. 18.3, lett.b) o del regolamento degli

uffici e dei servizi (Bari, art. 16.2, lett.d); parere obbligatorio sulle

nomine (Roma, art. 26); previa deliberazione per nomina direttore

(Roma, art. 44.3).

Ad eccezione di Bari, tutti gli statuti hanno optato per l’attribuzione

della competenza generale residuale al Sindaco

Il Sindaco può in molti casi esercitare anche, in via d’urgenza, le

funzioni del Consiglio

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Ruolo dei Consiglieri delegati

In qualche statuto si precisa che la delega è conferita “per

materia, per territorio o per singoli progetti o questioni” e che può

comprendere l’adozione di veri e propri provvedimenti a rilevanza

esterna (Bologna; cfr. Bari; Torino).

Particolare attenzione alla individuazione di momenti di

collegialità («coordinamento dei delegati», «conferenza dei

consiglieri delegati», riunioni collegiali, riunioni periodiche, gruppi

di lavoro…)

Si attenua così la concentrazione del potere esecutivo in capo al

Sindaco Metropolitano, ampliando la partecipazione dei

rappresentanti dei comuni all’esercizio della funzione esecutiva

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Ruolo della Conferenza metropolitana: pareri

Pareri obbligatori della conferenza sono previsti ovunque in relazione

al piano strategico; diffusamente in relazione al piano territoriale

(Roma, Bologna, Firenze, Milano); piano rifiuti, al piano della mobilità,

convenzioni con Comuni, agli atti di indirizzo, linee programmatiche

presentate dal sindaco, alla istituzione di nuovi enti (Roma), adozione

dello stemma e del gonfalone (Bari,) conferimento o delega di funzioni

ai Comuni o alle Unioni (Roma; Bari, Firenze).

Il parere vincolante in ordine all’adozione del piano strategico e del

piano territoriale generale (Torino, ove si richiede che il parere sia

adottato con i voti che rappresentino almeno la maggioranza assoluta

dei presenti), oppure alla costituzione delle zone omogenee (Roma,

art. 28.2, lett. c).

Generale obbligo di adeguata motivazione, in ogni caso in cui il

Consiglio si discosti dai pareri della conferenza (Roma, Torino).

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Ruolo della Conferenza metropolitana:

altre disposizioni di favore

• Apertura delle sedute a ulteriori soggetti, quali presidenti di Municipi o

Quartieri (Roma; Firenze) o sindaci di Comuni esterni con cui la Città

metropolitana abbia stipulato accordi (Bari)

• Specifica rappresentanza delle forme associative sovracomunali (Bologna:

Ufficio di Presidenza della Conferenza metropolitana composto dal

Sindaco e dai Presidenti delle Unioni, con il compito di raccordare con le

Unioni di Comuni le politiche e le azioni della Città metropolitana)

• obbligo di convocazione, su richiesta di una certa quota dei sindaci membri

(Bari; Torino)

• Conferimento di specifici incarichi, per l’elaborazione di proposte o progetti

di interesse metropolitano, da parte del Sindaco a singoli membri della

Conferenza (Roma)

• Al fine di agevolare il funzionamento della conferenza ed il conseguimento

del quorum previsto, in qualche caso si prevede la possibilità che i sindaci

possano partecipare tramite propri delegati (Bari), o il vicesindaco (Roma).

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Le funzioni «ai comuni» e «per i comuni»

• Grande attenzione di tutti gli statuti agli strumenti di natura pattizia tra CM,

comuni e loro forme associative (soprattutto accordi di programma e

convenzioni)

• “Rivitalizzazione” degli istituti dell’avvalimento e della delega dell’esercizio di

funzioni; previsioni specifiche per appalti, acquisti, gestione del personale,

funzioni anticorruzione (funzioni «per i comuni»)

• Previsione di specifiche ipotesi di attribuzione diretta ai comuni di funzioni,

con delibere del Consiglio metropolitano (accompagnate da convenzioni per

la disciplina degli aspetti organizzativi: Firenze)

• Favor per il conferimento alle Unioni (Bologna; Napoli)

• Accordi con comuni esterni (anche i quartieri e municipi: Firenze, Roma)

• In alcuni casi, maggioranza qualificata in Consiglio (Milano; solo per gli

accordi con comuni esterni: Firenze) o parere obbligatorio della Conferenza

metropolitana (Roma, Bari, Firenze). In alcuni statuti valorizzato il ruolo

propositivo del Sindaco (Milano)

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Per concludere

• Il coinvolgimento degli enti locali nell’esercizio delle

funzioni metropolitane sembra essere considerata

come esigenza necessaria (anche se in forme ed

intensità diverse) da parte di tutti gli statuti, anche in

quelli che prevedono come modello l’elezione diretta

• Istituzione della città metropolitana grande occasione

per una riorganizzazione delle funzioni e dei servizi

svolti da comuni, forme associative sovracomunali e

città metropolitana, alla luce dei principi di efficienza,

economicità, non sovrapposizione e duplicazione di

ruoli, valorizzazione delle risorse umane, realizzabile

da subito (salvo i settori in attesa di riordino) anche in

attesa dell’adeguamento della legislazione, specie

grazie alla flessibilità degli strumenti convenzionali

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La gestione associata obbligatoria

d.L. 78 DEL 2010, c. 28 ss. Come modificati nel 2012

Le funzioni fondamentali dei comuni sonoobbligatoriamente esercitate in forma associata, attraversoconvenzione o unione, da parte dei comuni con popolazionefino a 5.000 abitanti (o 3000, se appartenenti o giàappartenuti a Comunità montane)

Sono previsti interventi sostitutivi dello Stato per i comuni chenon adempiono all’obbligo (Intervento sostitutivo delPrefetto: art. 14, comma 31-quater)

I comuni non possono svolgere singolarmente le funzionifondamentali svolte in forma associata. La medesimafunzione non puo' essere svolta da piu' di una formaassociativa.

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Effetti dell’obbligo di gestione associata

a) dalla volontarietà all’obbligatorietà, sia nella scelta dellefunzioni che nella individuazione della dimensionedell’unione e dell’ambito territoriale per l’esercizioassociato (che cosa, in quanti, con chi)

b) dalla gradualità alla simultaneità dei conferimenti difunzioni alla forma associativa

c) dalla libertà alla definizione tassativa delle modalità dicollaborazione

d) dall’uniformità alla presenza di forti elementi didifferenziazione in base alla dimensione demografica delcomune

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I requisiti delle convenzioni (art. 30 TUEL)

o Le convenzioni sono stipulate tra comuni per svolgere in modocoordinato funzioni e servizi determinati

o Devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enticontraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.

o Le convenzioni possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni,che operano con personale degli enti partecipanti, ovvero la delega difunzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi,che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

o Le convenzioni hanno durata almeno triennale. Ove alla scadenza delpredetto periodo, non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, ilconseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nellagestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno,da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomielocali, i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzionifondamentali esclusivamente mediante unione di comuni.

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Il ruolo della legge regionale

1. La regione individua con propria legge, previaconcertazione con i comuni interessati la dimensioneterritoriale ottimale e omogenea per area geografica per losvolgimento, in forma obbligatoriamente associata da partedei comuni con dimensione territoriale inferiore a quellaottimale, delle funzioni fondamentali secondo i princìpi diefficacia, economicità, di efficienza e di riduzione dellespese.

2. La regione può prevedere una dimensione minima per leUnioni, diversa da quella (10.000 abitanti) prevista dallegislatore nazionale

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Le funzioni fondamentali dei comuni

a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente; d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché' la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale; e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi; g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione; h) edilizia scolastica (per la parte non attribuita alla competenza delle province), organizzazione e gestione dei servizi scolastici; i) polizia municipale e polizia amministrativa locale; l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale

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Unioni e fusioni

• La legge 56 riprende e conferma gli obblighi di gestione

associata per i piccoli comuni, dettando nuove

disposizioni in materia di Unioni

• Viene anche dato nuovo impulso alle fusioni ed

incorporazioni

• La trasformazione della Provincia in ente di secondo

grado si accompagna ad una visione nella quale i

comuni devono assicurare (anche in forma associata)

una dimensione adeguata

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Nuove norme sulle Unioni

• Gli organi sono obbligatoriamente il Presidente, la giunta e il

consiglio.

• Il Presidente va scelto tra i sindaci dei comuni associati; i

membri della giunta devono essere individuati tra i

componenti degli esecutivi comunali.

• Consiglio: nel 2012 la rappresentanza di tutti i comuni

membri era assicurata «ove possibile» e comunque entro il

limite numerico previsto per i componenti dei consigli

comunali con popolazione pari a quella complessiva

dell’unione; con la revisione del 2014, la determinazione del

numero dei consiglieri è affidata nuovamente allo statuto,

secondo criteri che tornino ad assicurare la rappresentanza

di ciascun comune oltre al rispetto delle minoranze.

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Potestà statutaria delle Unioni

• Si conferma l’approvazione dello statuto in sede di prima

adozione da parte di tutti i consigli comunali

• Al consiglio dell’unione viene invece attribuito il potere di

revisione, quasi a significare che, una volta consolidati i

rapporti tra i comuni associati in seno all’unione

medesima, è solo a quest’ultima che compete darsi

(modificandole) autonome norme di funzionamento e di

organizzazione

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Funzioni e organizzazione delle Unioni

• la l. 56 prescrive alcune modalità particolari circa la gestione associata delle

funzioni di polizia municipale, delle funzioni di protezione civile e, infine, di

quelle di polizia giudiziaria, per le quali si facevano avvertite esigenze di

coordinamento tra funzioni svolte dai sindaci e quelle deferite al presidente

dell’unione, ovvero di precisazione degli ambiti territoriali di competenza del

nuovo ente (art. 1 commi 111-113).

• art. 32, comma 5bis TUEL: la possibilità per i sindaci, previa apposita

convenzione, di delegare le funzioni di ufficiale dello stato civile e di

anagrafe a personale idoneo dell’unione stessa o di singoli comuni associati.

• Disposizioni sono previste anche per disciplinare il trasferimento di

personale e le relative risorse dai comuni stessi all’unione. Le norme vanno

lette congiuntamente all’art. 32 comma 5 TUEL

• nuovo comma 5ter dell’art. 32 il Presidente si avvale del segretario di un

comune membro, senza che tuttavia il nuovo incarico comporti ulteriori e

maggiori oneri per l’unione

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Incentivi e misure derogatorie di favore

• Possibilità per le regioni di individuare idonee misure di vantaggio per i

comuni che decidono di entrare in unioni, anche derogando al patto di

stabilità regionale verticale (comma 131).

• I progetti presentati dalle unioni per interventi infrastrutturali, di

manutenzione, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici

nonché di messa in sicurezza del territorio hanno priorità nell’accesso ai

contributi statali stanziati dal Primo Programma cd. “6.000 campanili”

(comma 134).

• l. n. 147/2013: esclusione dal patto di stabilità interno sia per i Comuni

con popolazione fino a 1.000 abitanti che per le stesse unioni di comuni.

Ulteriori incentivi finanziari per il processo di riordino e di semplificazione

(30 mln di euro annui per il 2014-2016), mentre una quota di pari importo

è destinata ai comuni istituiti a seguito di fusione. Rifinanziamento di 50

milioni di euro per il 2014 del Programma 6.000 Campanili.

• l. 190/2014 in favore delle unioni il contributo di 5 milioni di euro previsto

ad integrazione del Fondo di solidarietà comunale, destinato a finanziare

normalmente il bilancio dei comuni.

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Stato di attuazione

• l’ultima generazione di leggi regionali in materia ha preso il via

in seguito ai decreti legge del 2010-2012, in adempimento agli

specifici obblighi che il legislatore statale imponeva allora alle

regioni.

• Il rallentamento nell’ adeguamento alla stessa Legge Delrio ha

portato ad un ritardo anche nell’attuazione delle nuove norme

in materia di unioni

• problemi di attuazione in sede statutaria da parte delle singoli

unioni

• proroga del termine ultimo per l’adeguamento agli obblighi

della gestione associata al 31 dicembre 2015: d.l. n.

192/2014, convertito con modificazioni dalla l. 27 febbraio

2015, n. 11, c.d. Decreto Milleproroghe

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Legge 56: fusioni come obiettivo strategico

• L’ottica, ancora una volta, è quella di incoraggiare soprattutto i

piccoli o piccolissimi comuni a raggiungere una dimensione

adeguata, attraverso incentivi e misure di favore per la

associazione intercomunale e la fusione; ma non solo.

• l’obiettivo delle fusioni diviene una nuova priorità strategica

(v.il riferimento alle fusioni nel titolo stesso della legge) poiché il

legislatore punta sul rafforzamento del tessuto comunale,

attraverso l’intercomunalità e la spontanea aggregazione, a

compensazione del venir meno di un livello di rappresentanza

diretta di ambito provinciale e per predisporre le condizioni per

un possibile decentramento di funzioni provinciali

• Collegamento tra i tre assi della legge 56: riordino degli enti

intermedi mediante razionalizzazione (province) e

specializzazione funzionale (città metropolitane); riordino delle

funzioni di area vasta; «irrobustimento» del livello comunale

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Le nuove norme in materia di fusioni: oggetti

Ulteriori misure di incentivazione indiretta

Nuove disposizioni derogatorie e di maggior

favore per i comuni nati da fusione

Disciplina della fase successoria

Regime giuridico del comune nato da fusione

Tutela delle comunità di origine

Regole relative al procedimento di fusione (e

incorporazione)

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Le misure di incentivazione indiretta

• i progetti presentati dai comuni istituiti per fusione (insieme a quelli

presentati dalle unioni di comuni) hanno la priorità nell’accesso alle

risorse del Primo Programma c.d. «6.000 campanili» (di cui

all’articolo 18, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013).

• I comuni istituiti a seguito di fusione possono utilizzare i margini di

indebitamento consentiti dalle norme vincolistiche in materia a uno

o più dei comuni originari e nei limiti degli stessi, anche nel caso

in cui dall’unificazione dei bilanci non risultino ulteriori possibili spazi

di indebitamento per il nuovo ente (comma 119);

• le Regioni, nella definizione del patto di stabilità interno verticale,

possono individuare, a favore dei comuni nati da fusione,

specifiche ed ulteriori misure di incentivazione (comma 131).

• Il nuovo comune subentra nei benefici, stabiliti dall’Unione

europea o da leggi statali, di cui godevano i comuni estinti, nonché

nel subentro della titolarità dei relativi beni mobili e immobili

senza oneri fiscali (comma 128).

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Nuove disposizioni derogatorie

e di maggior favore per i comuni nati da fusione

• Sino l’ultimo esercizio finanziario del primo mandato

amministrativo il nuovo comune può mantenere tributi e tariffe

differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla

fusione (purché siano stati istituiti municipi);

• i comuni sorti da fusione hanno tre anni per l’adeguamento alle

norme vigenti in materia di omogeneizzazione degli ambiti

territoriali ottimali di gestione e di razionalizzazione della

partecipazione a consorzi, aziende e società pubbliche di

gestione

• Ai comuni interessati da fusione si estendono tutte le norme

favorevoli, siano esse di natura derogatoria, di incentivazione o

di semplificazione, dettate a beneficio dei comuni con

popolazione inferiore ai 5000 abitanti e per le Unioni.

L’estensione richiede come condizione che tutti i comuni

partecipanti alla fusione abbiano meno di 5000 abitanti.

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Fusioni e obblighi di gestione associata

• La legge regionale può di fissare, per tutti i comuni nati da fusione,

una diversa decorrenza o una diversa modulazione (a seconda,

quindi, del tipo di funzioni) per adempiere agli obblighi di gestione

associata che riguardano, ai sensi della attuale disciplina statale,

tutti i comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti (3000, se

appartenenti o già appartenuti a Comunità montane).

• Per tutti i comuni nascenti da fusione aventi una popolazione

inferiore ai 3.000 abitanti (che si abbassano a 2000 in caso di

comuni appartenenti o già appartenuti a comunità montane), è

invece il legislatore statale a prevedere direttamente – salva diversa

disciplina regionale – la possibilità di avviare le gestioni associate

obbligatorie all’avvio del secondo mandato dei rispettivi organi

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Incentivi e dimensioni

• Un favor particolarmente accentuato riguarda le fusioni nate da

comuni di piccole dimensioni: scelta perfettamente giustificata, se

guardata dal punto di vista dell’obiettivo generale di

ridimensionamento del numero dei comuni, ma che forse avrebbe

dovuto accompagnarsi alla previsione di una dimensione minima da

realizzare attraverso le fusioni stesse.

• Già la legge 142 del 1990 aveva escluso, nel caso di fusione, che la

legge regionale fosse vincolata a rispettare il limite minimo dei

10.000 abitanti, dettato dalla stessa legge per le altre ipotesi di

revisione dei confini comunali.

• L’estrema varietà del tessuto comunale nelle diverse regioni porta a

ritenere che la soluzione ottimale sarebbe proprio quella di

differenziare tale soglia minima in ragione dei diversi contesti

regionali

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Disciplina fase successoria: statuto

• qualora la fusione nasca dell’iniziativa dei comuni gli

stessi possano già approvare, con conformi delibere, lo

statuto del nuovo ente nelle more della sua effettiva

costituzione, secondo una modalità simile a quella

adottata nel procedimento per l’istituzione di una Unione;

• Tale statuto è destinato comunque ad applicarsi al

nuovo Comune e a rimanere in vigore solo fino a che

non sia eventualmente modificato dal nuovo consiglio

comunale

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Disciplina fase successoria: organi

• Il commissario nominato per la gestione del comune sino

all’insediamento dei nuovi organi è coadiuvato dagli ex sindaci,

riuniti in un apposito comitato consultivo (istituito senz’oneri); il

quale deve anche corrispondere all’esigenza di assicurare, in

questa fase transitoria, una adeguata tutela delle rispettive

comunità, secondo il criterio di necessaria partecipazione delle

comunità stesse ai processi decisionali del nuovo comune, prevista,

a regime, dal nuovo comma 2 dell’art. 15 tuel, come modificato dal

comma 117 della legge n. 56.

• Il comitato deve essere obbligatoriamente sentito sia sullo schema

di bilancio, sia in caso di eventuale variazione degli strumenti

urbanistici, e periodicamente convocato e informato

• Di queste disposizioni, dalla natura cogente, dovranno tener conto i

comuni che assumano l’iniziativa di fusione, qualora intendano

avvalersi della facoltà, a loro riconosciuta dal comma 117, di

approvare lo statuto dell’Unione

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Disciplina fase successoria:

altre disposizioni

• nella determinazione della popolazione legale (nelle

more delle nuove rilevazioni statistiche) la popolazione

del nuovo comune corrisponde alla somma di quella dei

comuni estinti (comma 126);

• l’indicazione della residenza nei documenti dei cittadini e

delle imprese resta valida fino alla scadenza, anche se

successiva alla data di istituzione del nuovo comune

(comma 127);

• i codici di avviamento postale dei comuni preesistenti

possono essere conservati nel nuovo comune (comma

129).

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Regime giuridico del comune nato da fusione:

atti normativi e programmi

• salva diversa disciplina regionale, tutti gli atti normativi, i piani, i

regolamenti, gli strumenti urbanistici e i bilanci dei comuni oggetto

della fusione vigenti alla data di estinzione dei comuni restano in

vigore – nonostante la decadenza dei rispettivi consigli – con

riferimento agli ambiti territoriali e alla relativa popolazione dei

comuni che li hanno approvati, fino alla data di entrata in vigore dei

corrispondenti atti del commissario o degli organi del nuovo comune

(comma 124, lett. a)

• qualora i comuni non abbiamo optato per la facoltà, prevista dal

comma 121, di approvare uno statuto provvisorio, fino alla data di

entrata in vigore dello statuto e del regolamento di funzionamento

del consiglio comunale del nuovo comune si applicano, in quanto

compatibili, le disposizioni dello statuto e del regolamento di

funzionamento del consiglio comunale del comune di maggiore

dimensione demografica

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Regime giuridico del comune nato da fusione:

ordinamento contabile• i revisori dei conti dei comuni decadono al momento dell’istituzione

del nuovo comune, ma fino alla nomina del nuovo organo di

revisione contabile, quello in carica nel comune più popoloso svolge

tale funzione in via provvisoria per il nuovo comune (comma 124,

lett. b) e c)

• il bilancio di previsione del nuovo comune deve essere approvato

entro 90 giorni dall’istituzione dal nuovo consiglio comunale, fatta

salva l’eventuale proroga disposta con decreto del Ministro

del’interno (comma 125, lett. a)

• ai fini dell’esercizio provvisorio, si prende come riferimento la

sommatoria delle risorse stanziate nei bilanci definitivamente

approvati dai comuni estinti nell’anno precedente (comma 125, lett.

b);

• il nuovo comune approva il rendiconto di bilancio dei comuni estinti

e subentra negli adempimenti relativi alle certificazioni del patto di

stabilità e delle dichiarazioni fiscali (comma 125, lett. c))

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Tutela delle comunità di origine

• «forme particolari di collegamento» tra il nuovo comune e le

comunità che appartenevano ai preesistenti comuni possono essere

oggetto di disciplina statutaria; le quali – pur nell’inusitata

formulazione prescelta dal legislatore – non sembrano presentare

una vocazione gestionale, né necessariamente essere strutturate in

organi o uffici, e non sembrano certamente assurgere, a differenza

dei municipi, al rango di vere e proprie articolazioni territoriali

inframunicipali.

• Differenza tra la nuova previsione ed il riferimento, operato dall’art.

16 del Tuel, alla «organizzazione», alle «funzioni» e agli «organi»

(che possono anche essere eletti a suffragio universale e diretto) dei

municipi

• Allo statuto comunale spetta comunque l’introduzione di misure per

assicurare alle comunità dei comuni oggetto della fusione adeguate

forme di partecipazione e di decentramento dei servizi

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Le norme sull’incorporazione

• L’obiettivo: prevedere una forma di successione tra enti che eviti la

nascita di una nuova entità (con tutti gli effetti che ne conseguono in

termini successori, come sopra visto), lasciando in vita uno dei

comuni preesistenti, i cui confini vengono modificati al fine di

incorporare uno o più comuni contigui

• il comune incorporante mantiene la propria personalità e i propri

organi e succede a titolo universale al comune (o ai comuni)

incorporati, i cui organi, invece, decadono

• lo statuto del comune incorporante deve contenere adeguate misure

di partecipazione e di decentramento, mediante apposita revisione

da effettuarsi entri tre mesi dall’entrata in vigore della legge

regionale di incorporazione;

• la legge di incorporazione può anche modificare la denominazione

del comune, evidentemente, per dare un segno tangibile della

incorporazione nel suo territorio di una nuova comunità

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Incorporazione e referendum

• La legge prevede che il referendum per la consultazione

delle popolazioni interessate, necessario ai sensi dell’art.

133 Cost., debba svolgersi prima che i consigli comunali

«deliberino l’avvio della procedura di richiesta alla

regione di incorporazione».

• Il senso della disposizione non appare del tutto chiaro,

ma sembra presupporre che i consigli comunali

approvino una prima proposta di incorporazione da

sottoporre successivamente a referendum e che, solo ad

esito (favorevole) di quest’ultimo, sottopongano alla

regione una vera e propria proposta di incorporazione

• Possibili problemi di compatibilità con le attuali discipline

regionali

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Il disegno complessivo della legge Delrio sulle

fusioni: punti di forza

Attenzione alle fusioni sin dal titolo della legge

Incremento degli incentivi finanziari e delle

misure derogatorie e di maggior favore

«legificazione» di importanti aspetti successori e

relativi al primo avvio del comune nato da

fusione

Attenzione al tema cruciale della tutela delle

comunità originarie

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Il disegno complessivo della legge Delrio sulle

fusioni: punti di debolezza

• Connessione debole (o meglio solo implicita) con la

disciplina dell’esercizio associato obbligatorio

(fusione come «alternativa» piuttosto che come

naturale esito di una preventiva sperimentazione di

modelli aggregativi di natura funzionale o strutturale)

• Mancata connessione tra processi di fusione e

individuazione regionale degli ambiti territoriali

ottimali per l’esercizio delle funzioni comunali

• Mancata previsione di una soglia minima

dimensionale (almeno in via suppletiva in mancanza di

diversa previsione regionale) per i nuovi comuni nati da

fusione

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Ruolo delle Regioni

• Il ruolo di supporto (amministrativo e progettuale) e

finanziario (incentivi e misure derogatorie e di maggior

favore) appare cruciale ma tuttora condizionato da:

- Problematiche relative allo «spazio» della legislazione

regionale in materia di forme associative

- Problematiche relative allo «spazio» della legislazione

regionale in materia di ordinamento locale

- Problematiche di ordine finanziario (scarsezza di risorse)

e/o debolezza delle politiche istituzionali (relazioni con il

sistema delle autonomie)