il pavimento e le opere musive della cattedrale di salerno
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Nicola Severino
IL PAVIMENTO COSMATESCO
DEL DUOMO DI A SALERNO
Alla luce di nuove ipotesi storiche ed analisi stilistiche
Cassino 2011
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Prefazione
Largomento che vado a t ra t tare r iguarda l ar tecosmatesca1 la quale pu essere considerata, seppurenel suo lungo sviluppo occorso in pi di due secoli dispazio temporale, solo una piccola f inestradel l immenso patr imonio de l la stor ia de l l ar te per laquale l It a l ia uno dei paesi p i im port ant i a l mondo.Questo studio sul pavimento cosmatesco del Duomo diSalerno, quindi , non al t ro che un dettagl io, sebbeneimportante, de l la stor ia re la t iva a l la produzione d iopere musive quale nuova espressione art ist ica del larennovat io cr ist iana avvenut a t ra la f ine del l XI e i l XI Isecolo. Tale r innovamento scatur dal l esigenzacomune di abbandonare uno status quo pecul iare chesi era raggiunto con la secolarizzazione del clero, dove
troppo spesso molt i esponenti avevano smarri to lastrada del l evangel izzazione e del la cura del le animedei propr i fedel i , d ivenendo di fat to dei s ignor i local i ocapi mi l i tar i . Dal che nacquero mol t i moviment ir i formist i dedi t i a l la r icerca del l ant ico sent imentorel ig ioso spir i tuale. E lo facevano predicando i l r i tornoad un comportamento d i purezza e pover t . E fuor i
luogo esaminare qui i det t agl i degl i avveniment i st or ic iche produssero ta le r inasci ta cul turale, cr ist iana eart ist ica e a noi basti sapere che al l interno di essa siebbe i l f erm ent o art ist ico grazie al quale si pr odusserole m eravigl ie che oggi andiamo r accont ando. Dal punt odi v is ta arch i te t ton ico e decorat ivo la rennovat io cr ist iana ebbe i suoi fondamental i svi luppi , comeanel lo di congiunzione tra la cul tura art ist ica del
1Per un approfondimento degli argomenti e della materia in generale, si
vedano le pubblicazioni dellautore indicate nelle referenze bibliografiche
al termine di questo libro.
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mondo antico e quel la che si andava svi luppando,proprio nel la r icostruzione e consacrazione nel 1071del la chiesa del l abbazia di Montecassino, voluta
dal l abate Desider io. Da quel l avvenimento, e dal lascuola di arte quadratar ia et musivar ia, i s t i t u i taaf f inch non andasse pi perduta la cul tura del l ar temusiva nel l I ta l ia centrale dal lo stesso abate aMontecassino, approf i t tando del la presenza dei maestr idecorator i che aveva fa t to veni re d i re t tamente daCostantinopol i , si ebbe in seguito quel la straordinariaf ior i t ura che denominerem o gener icamente ar t ecosmat esca , pr oponendoci , t ra poco, d i d i st inguernele f asi e le def inizioni con pi preci sione.Dicevo del l anello di congiunzione t ra l ar t e musivadel mondo ant ico, f ino a l la tarda et b izant ina, e lar inasci ta voluta dal l abate Desider io a part i re dal 1060nel m onast ero benedet t ino di Mont ecassino. Bisogna,in fat t i , tenere conto che l ar te cosmatesca, come
scriveva Claussen, ripreso poi da Creti 2 non puessere consider at a un Rinascim ent o ante l i t te ram , masolo una Rennovatio, poich in essa appare evidentel interesse pecul iare al la tradizione cr ist iana e mancaino l t re i l nesso del la f ra t tura con l Ant ico; l indipendenza del pensiero archi tettonico edecorat ivo dei marmorar i romani s i d imostra tu t tavia
ne l recupero de l le fo rme de l le suppe l le t t i l i de l l A l to Medioevo e nel l invenzione di t ip i assolut ament e nuovie strettamente funzionali al le complesse esigenzesimbol ico- l i turgiche del la tarda et di mezzo . I npoche parole i maestr i Cosmati non inventarono nul lache non fosse gi esist i to nel l ant ico, certamente perseppero re inventare, re in terpretare ed arr icch i re ,come nessuno aveva saputo fare f ino ad al lora, ci cheavevano eredi ta to da l l ant ico. Quasi tu t to i l reper tor iomusivo del l opus secti le e del l opus tessellatum
2Luca Creti,I Cosmati a Roma e nel Lazio, Edilazio, Roma, 2002, p. 58
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cosmatesco deriva da quel lo del la classici t edel l epoca romana, f ino agl i svi luppi b izant in i . Imaestr i romani seppero solo r icol locar l i in un ambito
pi preciso, arr icchendol i d i s igni f icat i s imbol ic i er id isegnandol i , in var iant i p i complesse, miniatur iz-zando tut t i i mot iv i geometr ic i e raggiungendo unatecnica elevat issima nel l intarsio marmoreo chepoteva quasi gareggiare di ret tamente con la f inezzadel l opus alexandrinum mosaicale in paste vi t ree chevedevano gi al lor o t em po splend ere di luce r i f lessanel le ant iche absidi : opere degl i ant ichi mosaicist ib izant in i che avevano decorato le pr ime basi l ichepaleocrist iane di Roma. Misero in prat ica con grandeperizia ci che era stato loro t ramandato dai propr ipadr i che sicuramente avevano partecipato al la scuoladarte del l abate Desider io e seppero appl icare gl iinsegnamenti al le nuove esigenze del la rennovat io cr ist iana. Ci lo si pu constatare soprat tut to nel la
nuova concezione del l assetto l i turgico, nel la strut turacompleta de l l ar redo presbi ter ia le che cost i tu iva unsistema composi t ivo uni tar io, come ci spiega l arch.Cret i ne l l opera c i ta ta in nota, fo rmato da l la Scholacantorum con gl i amboni del la lettura del Vangelo edel l Epistola a cui era accostato i l candelabro per i l cero pasquale. Questo spazio, suddiviso dalle
t ransenne, era co l legato d i ret tamente a l presbi ter io dove l a l tare maggiore era protet to dal c ibor io edaveva dietro di s una cattedra vescovile . Tut t o c i ,fo rmava una sor ta d i ed if i c io nel l ed i f i c io ,cost i tuendo tut to lo spazio pr incipale ant istante lanavata centrale al quale si accedeva camminandolentamente sul pavimento che fungeva da raccordot ra l ingresso e i var i set tor i l i turg ic i de l la fabbr ica,sottol ineandone l asse centrale e le singole parti conuna var iazione del disegno d insi eme .E questa una del le ragioni che spiegher nei puntisal ient i del le mie nuove ipotesi e che mi porta a
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credere che i l pavimento del Duomo di Salerno nonfosse una mera r icostruzione dei pannel l i ant ichisopravvissuti che r iguarda solo i l presbiterio ed i l coro,
ma che in origine dovesse estendersi su tutto i ll i t ost rat o del la chiesa.I meri t i dei Cosmati non r iguardano, ovviamente, soloquesta nuova interpretazione degl i arredi re l ig iosi , maanche tu t to c i che stato def in i to in tempi modern i microarchi te t tura b id imensionale , con r i f e r iment oal la creazione d i por t ic i , por ta l i , ch iost r i , campani l i(anche se in questul t imo caso, pensando alfenomenale campani le del Duomo di Gaeta, non si pucer t o par la re di so la microarch i te t t u ra ) .Ma, venendo pi speci f icamente al nostro argomento:chi erano i Cosmati? E perch tutt i i pavimenti musivivengono ancora oggi denominati genericamente cosm at eschi , anche se quest i si t rovano Sici l ia? Inrea l t , l agget t i vo cosmat esco e tu t te le sue var iant i ,
der iva da un pr imo stud io speci f ico ef fe t tuato daCami l lo Boi to, pubbl icato nel 1860, dal t i to loArchitettura Cosmatesca grazie al la quale si svi luppuna corrente speci f ica di studi epigraf ic i , stor ic i edarcheologici che r iguardarono pr incipalmente laproduzione archi tet tonica e musiva del le botteghemarmorar ie romane, la cui genealogia e le cui opere
venivano d i vo l ta in vo l ta in terpretate, s tud iate epubbl icate.Ma se lo splendore degl i intarsi musivi ci mostra lagrandezza del la loro abi l i t d i ar t ist i , nul la ci pervieneaff inch si possa avere una bench minima idea deivol t i e del le stor ie personal i d i quegl i ar tef ic i chefurono protagonist i de l l ar te ne l medioevo normanno.Solo grazie al la non faci le interpretazione del le lastreepigraf iche che si vedono nei loro monument i , meri todei lavor i di Gust avo Giovannoni , G. Bat t ist a De Rossi,Forcel la, Frothingham, f ino al la def in i t ivapubbl icazione di Bessone-Aurel i nel 1935, stato
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in izia con un Vassal letto capostipi te e continua con i lf ig l io Pietro e i l n ipote denominato Vassal let to I I f ig l iodi Piet ro, non essendo conosciut o i l suo vero nom e.
Se vero che per le botteghe dei marmorar i romani stato possibi le a lmeno r icostrui re una at tendibi legenealogia degl i art ist i ed una cronologia del le loroopere, non s i pu d i re a l t re t tanto, pur t roppo, perquanto r iguarda i l pur immenso patr imonio d ar temusiva che si trova in Campania, e nel meridioned I ta l ia per i l quale, le in formazion i ar r ivateci t rami telast re epigraf iche sono t ropp o scarse.Cos, nul la sappiamo dei maestr i che real izzarono inumerosi paviment i musivi der ivat i da quel lo diMontecassino e che oggi si vedono nelle chiese di SanVincenzo al Volt urno, Sessa Aurunca, Cari nola, Capua,Caserta Vecchia, Aversa, SantAngelo in Formis,SantAgata dei Goti , San Liberatore al la maiel la aSerramonacesca, o a San Demetrio Corone e via
dicendo.E quindi una fortuna che almeno nel Duomo di Salernosia r imasta la f i rma del commit tente de l l operapavimenta le , Romualdus, ma sfor tunatamente non r imasta (seppure cera) quel la del maestro che loreal izz.La cul tura del l ar te musiva che r iguard quasi
esclusivamente le opere di decorazione del le chieseromaniche, come i paviment i , le microarch i te ture de ipor ta l i , ch iost r i e campani l i , f ino ag l i ar red i in tern i(coro, rec inzione presbi ter ia le , t r ibune, c ibor io ,amboni , candelabr i per i l cero pasquale, a l tar i e t ronovescovi le) , stor icamente t rova i l suo punto dii r rad iazione e r innovamento nel l I ta l ia centra le ne l lascuola ist i tui ta dal l abate Desiderio a Montecassino. Einevi tabi le credere che diversi ar t ist i format is i a quel lascuola, t ra cui mol to probabi lmente lo stesso MagisterPaulus romano, come anche Tebaldo marmoraro eGiovanni marmoraro del la famigl ia dei Ranuccio,
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abbiano poi dato vi ta al le propr ie botteghe, cos comegl i ar t is t i campani e de l mer id ione. Tut te questescuole, probabi lmente fecero propr ie le tecn iche
musive insegnate al la scuola di Desiderio, ma ognunapoi svi lupp le propr ie component i local i inf luenzatedal le propr ie t radizioni st i l ist iche: classica quel larom ana, siculo-araba quel la del mer id ione norm anno.
In un simi le quadro stor ico, r isul ta quanto menoerrat o, par lare gener icamente d i paviment icosm at eschi , r i f erendosi ad opere che fur onoreal izzate nei primi decenni del XII secolo nel le regionim erid ional i del l I ta l ia. Per t a le ragione ho propost o neimie i l ib r i la fondamenta le d ist inz ione t ra paviment i cosm at eschi , come quel l i real izzat i esclusivament eda ta l i maestr i o ad essi at t r ibui t i che vanno da unperiodo che ho st imato iniziare dal 1185 - epoca in cuii l giovane Iacopo iniziava la sua col laborazione con i l
padre Lorenzo, come test imoniato in una lastraepigraf ica f i rmata dagl i ar tef ic i e conservata oggi nelMuseo Archeologico di Segni - f ino al la met del XIIIsecolo, ovvero f ino al 1247, anno in cui vennereal izzato i l pavimento, che io ho at t r ibu i to a l lafamigl ia di Lorenzo con i probabi l i autori Cosma eLuca, nel l Orator io dei Sant i Quattro Coronat i a Roma
e a part i re dal quale sembra si perdano, in seguito,t u t t e le t racce degl i ar t ist i d i quest a famigl ia .Per i l periodo che va dal 1071, anno di consacrazionedel la basi l ica di Montecassino, f ino al 1185, ho r i tenutooppor t uno def in i re precosmat eschi i paviment irea l izzat i dagl i ar t is t i d i tu t te le famig l ie d i marmorar iv issut i f ino a quel l epoca.Tutto ci, o l t re che per una maggiore chiarezza, haanche i l preciso scopo di dist inguere st i l ist icamente ledue produzioni pavimental i musive. I paviment iprecosmateschi sono r iconoscibi l i per le alcunepecul iar i carat ter ist iche legate al la tecnica (ut i l izzo di
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tessere marmoree sovradimensionate) e nei disegniun i tar i che gener icamente prevedevano tu t t i lareal izzazione di un grande quinconce al centro del la
navat a. I paviment i cosm at eschi , sono una reint er-p re tazione de i loro precedent i e , m o l toprobabi lm ent e, f urono int esi solo come un rest auro cher iguarda pr incipalmente la fascia centrale del la navatamaggiore del la chiesa. Scompare i l grande quinconcecentrale in favore di una lunga successione diquinconce (Anagni, Oratorio Santi Quattro Coronati) dipiccole dimensioni, in al ternanza a serie di gui l loche(San Clemente, Civi ta Castel lana) che r ispondano pidiret tamente ad una esigenza di t racciare un percorsodi accompagnamento spir i tuale del fedele dal la portadel la chiesa f ino al l a l tare. Le tessere impiegate sonopi piccole e i l commesso marmoreo pi raf f inatotecnicamente, mentre ne l le fasce p i important i s iraggiunge i l m assim o del l a t ecnica del l int arsio in opus
tessel latum con mot iv i geometr ic i decorat iv i checontemplano la pi raf f inata tecnica musiva,raggiungendo i l massimo del la miniaturizzazione deipa t te rn .Tut to c i , lo s i vede faci lmente soprat tu t to ne ipaviment i del le basi l iche romane, dove convivonopaci f icamente da sempre grandi l i tostrat i dei qual i una
parte si presenta a noi in maniera evidentissima nel lost i le precosmat esco, specie nel le navate lat eral i , e unaparte, quasi sempre quel la del la fascia centrale, la sir iconosce nel lo st i le cosmatesco. Tale connubioscompare quasi del tut to quando si t rat t i dei paviment imusivi campani e del l I ta l ia merid ionale, dove faci ler iconoscere quel l i che sono r imasti esclusivamente diepoca precosmatesca (come quel l i a Capua, exmonastero di San Benedetto, Duomo, ecc.) e quel l ireali zzat i nel XIII secol o (com e a Caser t a Vecchi a).Tuttavia, questo del Duomo di Salerno, come dir t rapoco, anchesso un pavimento che r isul ta dai lavori
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ef fe t tuat i in epoche d iverse e, come quel l i romani ,presenta entrambe le carat ter is t iche det te sopra.Tut tavia , i r i fer iment i s tor ic i r icavabi l i da l le ep igraf i ,
of f rono una cronologia, confermata anche dal l anal is ist i l ist ica, che raf f rontabi le solo al per iodopr ecosm at esco, ci o ent ro i l 1180 cir ca.Lanal is i del pavimento ef fet tuata solo basandomi suidet tag l i de l le numerose fo tograf ie che ho potutoeseguir e per sonalm ent e grazie al l a gent i l e concessionedel Capi t o lo del la Cat t edrale e al parr oco, Don Ant onioQuaranta, mi ha permesso di dist inguere varie fasicronologiche e st i l ist iche del pavimento cos come oggilo si vede, e di formulare alcune important i ipotesi delt u t t o nuove nel la le t t eratura speci f ica.Desidero r ingraziare i l dot t . Antonio Braca,sopr intendente per i Beni Stor ic i , Art ist ic i edEtnoatropologici per le Province di Salerno e Avel l ino,per averm i gent i lm ent e forni t o i l suo prezioso art icolo I
mosaici dei pavimenti del transetto e del coro nel Duomo di Salerno, che stato i l mio pal insesto del lef ont i st or iche per scr ivere quest o l ibro.
Ni col a Severi no, novembr e 2011
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IL PAVIMENTO PRECOSMATESCO DEL
DUOMODI SALERNO
I mosaici pavimentali e degli arredi liturgici presenti nel
Duomo di San Matteo a Salerno, rappresentano, nella loro
unitariet, nelle loro cospicue dimensioni e per qualit
artistica, uno dei pi importanti monumenti musivi del tipo
cosmatesco presenti in Italia. Nonostante ci, singolare
constatare che pochi sono gli autori, dal passato ad oggi, che
hanno preso a cuore lo studio artistico e lanalisi storico-critica di tali monumenti. Fra tutti, allo stato attuale, lo studio
pi importante stato pubblicato solo nel 2004 da Antonio
Braca3
di cui ho avuto una copia per gentile concessione
dellautore. Lanalisi di Braca pi completa di quanto si
possa immaginare, dal punto di vista storico-documentale.
Le conclusioni, ipotesi e tesi riportate dallautore, invece,
possono essere condivisibili o meno, a seconda di come si
impostano le osservazioni personali, come vedremo tra poco.Gli altri autori che si sono occupati del mosaico pavimentale
del duomo sono Demetrio Salazaro nel 1871, Toesca nel
1927, con un breve accenno a cui segue la Cochetti Pratesi e
una nota di Anna Carotti negli aggiornamenti allopera di
Bertaux (il quale stranamente non parla del pavimento). Dagli
anni Settanta sembra esserci stato un lungo silenzio interrotto
solo da un primo studio moderno a cura di Arturo Carucci equindi di Antonella DAniello.
Per la trattazione storico-documentale, prendo come
palinsesto lo studio di Braca che riassume anche tutti i lavori
precedenti, secondo una stesura organicamente ben studiata
che prevede una analisi delle fonti documentali ed
epigrafiche, la storia degli interventi conservativi e quindi le
proprie tesi sullorganizzazione spaziale, sulliconografica e
3Antonio Braca,I mosaici dei pavimenti del transetto e del coro nel
Duomo di Salerno, in Salerno nel XII secolo. Istituzioni, societ, cultura,Atti del Convegno Internazionale, Raito di Vietri sul Mare, 16/20 giugno
1999, a cura di Paolo Delogu e Paolo Peduto, Salerno, 2004, pp. 238-277.
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iconologia generale dei mosaici salernitani, la tecnica, il
programma decorativo, lanalisi stilistica e i rapporti dei
monumenti musivi con le altre scuole di marmorari operanti
nel Lazio, in Campania e in Sicilia.Questo articolo per solo una sintesi dei punti pi salienti
del lavoro di Braca a cui si sovrappongono le mie personali
tesi scaturite dallanalisi del mio forse insolito modusoperandi acquisito nellesperienza di studio dei pavimenticosmateschi del Lazio e della Campania.
Il tentativo di stabilire una cronologia storica significativa per
i mosaici pavimentali del Duomo di Salerno ruota tutto
intorno a due iscrizioni epigrafiche che da sempre sono state
messe in relazione alla costruzione dei monumenti di che
trattasi. Un ancoraggio per la cronologia, definisce Bracala prima scritta realizzata in mosaico che si vede davanti
allaltare maggiore nel presbiterio, e che recita il nome del
presunto committente ROMOALDUS ARCHIEPISCOPUS.
Dove non vi certezza lo storico deve inventare e cos, vienefuori il primo avverbio, probabilmente, sinonimo di
incertezze, che riferito a Romualdo I, arcivescovo di Salerno
dal 1121 al 1137. La scritta per non ci dice se si tratta di
Romualdo I o di Romualdo II Guarna, che fu invece
arcivescovo dal 1153 al 1118. Per questo, lavverbio pi che
giustificato, ma non vi alcuna certezza assoluta che si tratti
proprio di Romualdo I e ci fondamentale nelle ipotesi che
seguiranno.
Sul parapetto dellambone minore di sinistra vi unaltra
scritta, eseguita in due blocchi separati: Romoaldussecund(us) salernitan(us) Archi/ episcopus precepit fieri hocop(us). E qui la scritta riferisce chiaramente di Romualdo II,facendo pensare che la precedente epigrafe parli
effettivamente del primo Romualdo.
Tra le fonti pi significative vi quella di Gaspare Mosca chealla fine del Cinquecento scriveva del pavimento del Duomo
in modo da distinguere nettamente quello del transetto da
quello del coro e attribuiva il primo a Romualdo I e il secondo
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a Romualdo II. Questa distinzione potrebbe essere importante,
se fossimo certi che il pavimento originale sia stato concepito
esclusivamente tra il transetto e il coro, ma non vi alcuna
certezza che le cose andarono proprio cos. Anzi, come dirin seguito, mi resta assolutamente difficile credere che il
progetto del pavimento musivo in una chiesa cos importante
fosse stato concepito solo per il transetto e per il coro,
sebbene si trattasse di una superficie totale non trascurabile,
pari a circa 185 metri quadri. Ma di questo tratter in seguito.
Prima del Mosca non si sa nulla di cosa sia accaduto al
pavimento tra il XII e il XVI secolo! Quattro secoli di vuoto,
durante i quali potrebbe essere successo di tutto, e non
sappiamo nulla del pavimento.
Dopo lUghelli, che scriveva riprendendo il Mosca, vi un
altro autore che ha scritto qualcosa di molto interessante in
proposito, ed il Mazza, attento studioso di citazioni
epigrafiche, che parla di una seconda iscrizione, anche questa
sembra messa nel pavimento davanti allaltare, che purtroppo andata perduta da tempo, la quale attribuiva anche il
pavimento del transetto a Romualdo II. Lo Staibano che
scriveva nel 1871, riferiva tale scritta riprendendola da un
manoscritto del 1675, dicendo che sul pavimento del coro si
leggeva Hoc opus fieri fecit dnus praesul RomualdusSecundus. La stessa viene riportata in un altro manoscritto del1704, ma senza la distinzione di Secundus, facendo scrivereallautore non come falsamente tutti gli altri creduto chefosse stato il secondo Romualdo. La stessa iscrizione si leggeanche un altro manoscritto della met del Seicento di cui
riferisce Braca e che confermerebbe aggiungendo credibilit
lesistenza di questa seconda lapide andata perduta.
Una fonte storica, straordinariamente importante, sfuggita a
Braca il Muratori. Nel Rerum Italicarum Scriptores (1723-1738), nelledizione curata da Giosu Carducci e Vittorio
Fiorini, tomo settimo, parte 1, si legge (prefazione, XXII): ARomualdo spetta anche la pavimentazione a mosaico del
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andato distrutto o per calamit naturali, o per guerre, incendi e
incuria delluomo, o per trasformazioni architettoniche
interne. A tal proposito vorrei ricordare che lenorme
pavimentazione della chiesa di San Giovanni in Laterano, fuvoluta da Papa Martino V, agli inizi del 400, facendo
smantellare ci che di antico ancora si vedeva nella chiesa del
pavimento cosmatesco, e inviando i poveri resti ad abbellire
alcune chiese, tra cui quella di San Nicola a Genazzano. E
stiamo parlando degli inizi del 1400! Per questo ho
evidenziato prima che nulla sappiamo di cosa sia accaduto al
pavimento del Duomo di Salerno tra il XII e il XVI secolo!
Per questa ragione, sono propenso a credere che esso in
origine era stato realizzato su tutta la superficie della chiesa e
che in seguito a qualche terremoto o altra calamit fu
danneggiato o parzialmente distrutto.
Prima del XVI secolo, vennero recuperati i riquadri migliori
insieme ai frammenti e tessere singole, conservati e
reimpiegati per abbellire il coro e il transetto durante lacostruzione del nuovo pavimento. Questo spiegherebbe come
mai ognuno che osservi il pavimento dallalto in modo
unitario, sia colto da quel senso di assenza
dellorganizzazione spaziale dellattuale pavimento di
mosaico, rispetto agli assetti tradizionali cosmateschi, anche a
partire da quello della chiesa di Montecassino. Ci stato ben
rappresentato da Paolo Orsi, citato da Braca, che nel 1929
individuava nella disposizione dei mosaici del pavimento deltransetto, lassenza di unorganizzazione spaziale,paragonando leffetto dinsieme ad una distesa di tappetiorientali. Anche io sono stato colto dalla stessa sensazionequando ho visto una immagine dellintero pavimento allalto.
Tale assetto, non ha nulla a che vedere con lo stile
tradizionale dei pavimenti precosmateschi del XII e di quelli
cosmateschi del XIII secolo. Si rende fortemente visibile adocchio che si tratta di una disposizione dei migliori pannelli
salvati dallantico litostrato, disposti alla meglio, secondo un
gusto personale, da chi li assembl nel coro e nel transetto
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modo di vedere, i cui pavimenti sono tutti stati rifatti
totalmente nel XVII-XVIII secolo.
La mancanza, o lesiguit, di elementi partizionali con i
motivi geometrici semplici nel pavimento del transetto e nelcoro, comuni invece a tutti i pavimenti precosmateschi dei
primi decenni del XII secolo, un altro elemento che
conferma la mia tesi, e si pu semplicemente spiegare
ipotizzando che nellepoca barocca vennero prelevati i
migliori riquadri dellantico pavimento per poi reimpiegarli
nella decorazione del coro e del transetto quando fu realizzato
lintero pavimento della chiesa. Parte dei riquadri laterali delle
navate furono reimpiegati per coprire gli spazi rimanenti che
si vedono oggi.
Il pavimento del duomo, come tutti gli altri nel Lazio, in
Campania e altrove, ha subito la stessa sorte di essere
smantellato, ricomposto, restaurato, ricostruito e manomesso.
Nessuno pu dire quante volte e in che periodo, se non nei
casi documentati. Considerando che quattro secoli, non sono
proprio un periodo temporale corto, possono essere accadutecose impensabili gi dal 1200 in poi. Come testimoniano le
epigrafi, il pavimento deve essere stato costruito sotto uno o
entrambi i Romualdo, ma a ben analizzarlo nei suoi riquadri
migliori, difficile credere che il lavoro di precisione musiva
che si vede in diversi pannelli e la concezione di
pavimentazione di tipo cosmatesca, anche se di stile medio-
bizantino, sia lopera di marmorari del 1126 che operavano a
soli quaranta, cinquantanni dalla consacrazione della chiesa
di Montecassino.
Una mia ipotesi che porto avanti da diverso tempo, e che non
ha precedenti nella letteratura, dice che i pavimenti delle
chiese di Roma sono stati tutti sottoposti a restauri dagli stessi
artisti Cosmati. Tali edifici ebbero i loro pavimenti musivi al
tempo della loro consacrazione, ma quasi tutti furono poi
restaurati circa un secolo dopo dai Cosmati i quali operarono,per varie ragioni, solo nelle zone pi importanti: nelle fasce
centrali. Solo cos si spiega la differenza stilistica e di
materiali tra le zone delle navate laterali e le fasce centrali
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nelle chiese di Roma (come in S. Maria in Cosmedin, San
Clemente, ecc.).
Nel duomo di Salerno ci non ravvisabile perch manca la
cospicua parte del pavimento che and distrutta in qualchemodo ( da verificare se significative porzioni dei riquadri
delle navate laterali nel resto della chiesa furono trasportate in
altri monumenti nella citt e nelle zone limitrofe).
Ma io leggo unevidenza di questo fatto nellanalisi dei
pattern. Se ci si fa caso, negli stessi riquadri importanti del
transetto, si notano mescolati motivi precosmateschi, formati
da pattern geometrici semplici con tessere di pi grandi
dimensioni a sequenze di pattern (specie nelle fasce
decorative) di chiara tecnica pi raffinata, che pu riferirsi
solo almeno ad iniziare dalla met del XII secolo. Il
pavimento del transetto pieno di queste incongruenze, di
mescolanze, di rappezzi, ecc.
Quindi la perduta iscrizione di Romualdus secundus, citataanche dal Muratori, a mio avviso una eccellente
testimonianza di lavori pavimentali avvenuti nella chiesaattorno alla met del XII secolo, mentre le ravvisaglie di stile
romano, che pure sembrano riscontrarsi, possono anche essere
postume, seppur di poco.
La mia idea che il pavimento visibile oggi nel Duomo sia il
reimpiego delle parti migliori, o di quelle che si sono salvate
dalle distruzioni, di almeno due pavimentazioni musive di cui
una, la pi antica e semplice, realizzata sicuramente sotto
Romualdo I e laltra, pi raffinata considerato lavanzare della
tecnica musiva, quella realizzata a completamento o in
parziale rifacimento, o vuoi come restauro, sotto Romualdo II.
In questo modo si potrebbe spiegare la comune sensazione,
ravvisata anche da Braca, che al pavimento abbiano lavorato
almeno due botteghe marmorarie autonome. E dovevano per
forza essere autonome, visto che lavoravano con almenomezzo secolo di distanza luna dallaltra! E si spiega anche
come Braca ravvisi che da escludere la possibilit di unloro (delle botteghe) impiego contemporaneo in quanto non si
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individua il principale cemento unitario che viene da unprogetto unico. Anche se poi si contraddice affermando chela sostanziale incongruenza fra il lato meridionale e quello
settentrionale lascia emergere la mancanza di un progettounitario della decorazione e della divisione dello spazio, cheinvece sembra corrispondere alla convergenza diprogettualit distinte. Una simile considerazione lasciaintuire la possibilit dellintervento di almeno due botteghediverse, le quali possono aver operato contemporaneamenteovvero in tempi diversi, anche se non eccessivamente lontanitra loro.
Personalmente sarei dellavviso di ritrovare nei pannelli interi
e frammentari che mostrano le pi semplici decorazioni a
motivi geometrici con moduli base sviluppati in pattern
elementari, i riferimenti pi diretti al primo pavimento fatto
da Romualdo I, e nei pannelli con i meandri a ricche
decorazioni in cui la tecnica di intarsio minuta e molto pi
raffinata, i riferimenti al pavimento di Romualdo II. Negliangoli di rappezzo, sono stati utilizzati sia frammenti del
pavimento antico, provenienti dai riquadri rettangolari
dismessi, sia pannelli realizzati in tempi moderni con
materiali nuovi.
In molti punti il pavimento mostra analogie stilistiche e di
conservazione identiche ai pavimenti di Ferentino, Anagni e
coevi, cio rifatti in epoca barocca, mentre non escluso che
intere piccole porzioni di fasce decorative dei meandri, dei
dischi e dei motivi geometrici siano state letteralmente segate
e ricomposte nei luoghi idonei. Ci potrebbe corrispondere a
quei punti in cui non si nota con evidenza la fuoriuscita
dellallettamento della malta delle tessere, oppure della
inopportuna dimensione delle fughe negli intarsi delle stesse
che pure sono ben evidenti. In altre parole, ci potrebbe
corrispondere a quei pochi frammenti in cui il lavorocosmatesco sembra essere pi o meno originale.
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Quanto ho scritto finora non frutto solo della mia fantasia,
ma del reale confronto con le rare porzioni di pavimenti che
possono considerarsi con ogni probabilit originali, cio poco
ritoccati, restaurati e lasciati per vari motivi, o per fortuna,nello stato originale di come erano stati realizzati. Uno dei
rarissimi pavimenti che in varie porzioni forse arrivato a noi
come concepito in origine dai tempi dei Cosmati quello
della piccola chiesa di San Benedetto in Piscinula inTrastevere, a Roma. Un pavimento davvero poco conosciuto e
poco studiato che invece pu essere la chiave di svolta per le
nuove indagini sullargomento.
Fig. 1 Salerno. Duomo, dettaglio del quinconce nel riquadro centrale neltransetto prospiciente il lato nord dellaltare.
Riporto qui sotto alcune immagini di porzioni del pavimento
romano, che certamente cosmatesco forse della fine del XII
secolo e lo mettiamo a confronto con porzioni di pannelli
musivi del pavimento del Duomo di Salerno:
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Le figure 1 e 2 mostrano una porzione e un dettaglio nei
pressi di un disco che fa parte del quinconce asimmetrico del
riquadro prospiciente il lato nord dellaltare al centro deltransetto. Si tratta di unarea importante del pavimento,
eppure il dettaglio mostra almeno due elementi che vanno a
confermare tutto quanto ho detto nel testo precedente. Nella
figura 1 possibile vedere una mescolanza di fasce marmoree
bianche integre, pi moderne, e frammentarie pi antiche. La
maggior parte di esse non sembrano essere precedenti al XVI-
XVII secolo.
La fig. 2 mostra qualcosa di molto pi interessante: le tessere,
sebbene siano in buona parte quelle antiche reimpiegate, non
sono intarsiate secondo la tecnica mosaicale dellopustessellatum o dellopus sectile dei maestri marmorari Cosmati.Esse non risultano incastrate tra loro nelle celle realizzate
nella malta cementizia, ma sembrano esservi appoggiate,
con una larga fuga che mostra con evidenza lallettamentodella malta. Questa particolarit una caratteristica che si
riscontra in buona parte del pavimento del duomo di Salerno,
come in tutti quelli ricostruiti in epoca barocca nelle chiese di
Roma, del Lazio e della Campania. La differenza resa
immediatamente dal confronto con le immagini che
ritraggono il pavimento della chiesa di San Benedetto inPiscinula a Roma, nelle porzioni di litostrato che ritengoessere le pi vicine alloriginale.
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Fig. 4. Roma. San Benedetto in Piscinula, dettaglio della decorazione dellacampitura interna tra i dischi di un quinconce.
Le figure 3 e 4 mostrano con sufficiente precisione cosa sia
una porzione di pavimento veramente cosmatesco lavorato
nellopus tessellatum. Siamo a San Benedetto in Piscinula,
una delle rare chiese dove si trova una cospicua porzione dipavimento cosmatesco in buona parte originale. Uno dei
pochissimi di Roma, se non lunico, insieme forse a quello
della Basilica dei Santi Quattro Coronati che per risulta
molto restaurato.
In questo trasteverino sembra che il tempo si sia finalmente
fermato ai maestri Cosmati, mostrandoci per una volta il vero
volto dei loro lavori originali.La fig. 3 mostra una delle ruote di una serie di quinconce
comunicanti tra loro, nel perfetto stile di Cosma, figlio di
Iacopo di Lorenzo. Le fasce marmoree sono pi strette
rispetto a quelle impiegate a Salerno e sono quasi tutte
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originali, come mostra lo stato di conservazione, mediamente
buono. Questo stato, dovrebbe essere preso a modello in
ulteriori confronti in quanto credo che possa ritenersi uno
stato medio-buono di conservazione del pavimento originalecosmatesco e lusura delle tessere quella che dovrebbe
mostrare un pavimento musivo che abbia circa otto secoli di
storia. Anche il disco di porfido interno frammentario, come
dovrebbero essere la maggior parte di essi negli altri esempi
pavimentali, qualora fossero originali.
Fig. 5. Roma, San Benedetto in Piscinula. Riquadro pavimentale laterale.
In particolare la fig. 4 mostra il dettaglio di circa 10 cm di
superficie del pavimento in cui la gran parte delle tessere sonooriginali. Si vede chiaramente lintarsio sectile delle tessere,la fuga inesistente tra esse (se si considera che gli spazi sono
dovuti agli assestamenti, terremoti, allusura, ecc.),
lallettamento della malta invisibile, il vero stato conservativo
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delle tessere.
Un confronto diretto di questa immagine con qualsiasi
porzione del pavimento del Duomo di Salerno dovrebbe far
riflettere molto su tutto quanto ho scritto in precedenza.La fig. 5, invece, mostra come anche in San Benedetto inPiscinula, qualche cosa non sia arrivata a noi come era inorigine. Si tratta di sporadici riquadri pavimentali che sono
stati ricostruiti probabilmente nel XVIII-XIX secolo. Si vede
chiaramente la differenza con la tecnica precedente e la
ricomparsa del letto di malta tra le tessere, la mescolanza di
tessere antiche e nuove, ecc. E in questo stato che si trova la
maggior parte dei pavimenti di questo genere a Roma, come
nel Lazio e in Campania.
Fig. 6. Salerno, zona pavimentale destra dellabside a nord dellaltare.
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Come si evince dalla fig. 6, il pavimento di Salerno non
esente da quegli schemi partizionali che costituiscono una
caratteristica imprescindibile dallo stile dei pavimenti musivi
realizzati a partire da quello della chiesa di Montecassino. Giin questa immagine se ne notano ben quattro che sono
certamente qui concepiti, nellintento di coloro che operarono
lintervento di rifacimento del pavimento reimpiegando il
materiale di risulta dellantico pavimento di Romualdo I e II,
come rifinitura degli angoli e rappezzi vari a completamento
del lavoro. Dalla parte opposta ne corrispondono altri quattro
allo stesso modo, ma con motivi geometrici diversi i quali
tutti si possono rapportare ai semplici moduli base del
repertorio dei pattern precosmateschi, comuni, comunque,
anche a quelli che generalmente furono utilizzati dai Cosmati
nel XIII secolo nelle zone delle navate laterali delle chiese.
Cos, troviamo gli esagoni, nei motivi ad triangulum esemplici collegati da triangoli; i quadrati in tessitura
ortogonale e diagonale, con le scomposizioni in triangoli esemplici; sul lato destro invece ritroviamo proprio il canonico
pattern precosmatesco degli esagoni intersecantisi (fig. 7),
esattamente identico nello stile, fattezze, dimensioni e
proporzioni a quelli che si vedono in alcune chiese con
pavimenti anteriori allepoca dei Cosmati; e ancora esagoni e
quadrati, semplici, del repertorio basilare dei pavimenti dei
primi decenni del XII secolo.
Al centro, invece, proprio in mezzo a tali riquadri cos
semplici, ci spiazza un bel riquadro (figg.8-9-10) di tuttaltra
fattezza, di stile bizantino nella figura centrale, di derivazione
certamente cassinese, una sorta di triplice guilloche con alcentro un quinconce nello stile della forma analogo a quelli
semplici di Montecassino, Sessa Aurunca e San Menna a
SantAgata dei Goti. Daltra parte le analogie del pavimentodi Salerno con quelli di derivazione cassinese citati sono
tuttaltro che poche. Le scomposizioni interne sono
minutissime, e lontanissime dalla concezione del vicino
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riquadro con motivi ad esagoni intersecantisi. Dimostrazione
di forte incongruenza sia stilistica che dintento artistico
nellaccostamento di queste due porzioni pavimentali che
conferma il reimpasto dellantico pavimento con il secondo.I dettagli delle fig. 9 e 10 mostrano parte delle decorazioni
interne a scomposizioni minutissime paragonabili solo a
quelle realizzate in paste vitree sugli amboni e plutei di
recinzioni.
Fig. 7. Esagoni intersecantisi. Pattern precosmatesco per le
caratteristiche sovradimensionate.
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Figg. 8-9-10
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Fig. 11 Il pavimento intero del transetto desunto dallopera di
Carucci.
Nella fig. 11, ho evidenziato in giallo i due riquadri che si
trovano nel transetto nord subito a sinistra dellaltare. Si trattadi due riquadri che non hanno alcuna corrispondenza
simmetrica nella zona. Inoltre i quadrati diagonali interni,
sono diversi tra loro mostrando che nemmeno questi hanno un
senso di simmetria tra loro. In effetti questi due disegni
sembrano solo una banale giustificazione del reimpiego di
tessere, quelle che allinterno vanno a decorare le campiture,
che diversamente provenivano forse da altre semplicipartizioni rettangolari dellantico pavimento e che qui sono
state reimpiegate cercando di formare tali motivi per
conformarli alle bizzarre forme degli altri riquadri.
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ripetuto ben quattro volte nello stesso spazio quadratico dove
nel suo simmetrico sinistro ve n uno solo! Una decorazione
questa che sembra essere scaturita direttamente dalla mente di
un artista abituato agli intarsi fitti degli arredi, o unmarmoraro che per competizione ha voluto dimostrare la sua
bravura rispetto ai precedenti lavori, quadruplicando la stella
nello stesso spazio.
Fig. 14 Rettangolo nel transetto nord subito a destra
dellaltare, primo disco, fasce decorative.
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Fig. 16. Dettaglio di porzione pavimentale, nel transetto sud,
del primo pannello a destra di quello grande prospiciente
laltare.
Si nota ad occhio la differenza con tutti gli altri pannelli, e
laccostamento dello stato conservativo e delle peculiarit in
cui si trovano le tessere con il pavimento della chiesa di San
Benedetto in Piscinula, mi pare abbastanza evidente. Comenei tratti del pavimento romano, anche qui scompare la
visione dellallettamento della malta e la fuga tra le tessere
bene incastrate tra loro. Lusura e lo stato conservativo sono
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Fig. 19
Tra laltro interessante osservare che proprio in questi due
rappezzi si vedono due motivi geometrici, o pattern,
assolutamente inconsueti, forse inediti nel repertorio deipavimenti musivi medievali in cui i listelli che formano rette
intrecciate, ricordano solo vagamente la caratteristica dei fasci
rettilinei intrecciati di stile arabo, ma sono sufficienti a
testimoniare che in questo luogo lavorarono marmorari sotto
la diretta influenza siculo-islamica. Nello stesso pannello
musivo, a poca distanza da questi due pattern si ritrova la
stella di David, a ricordare ancora una volta la matrice
islamica dellopera. Questi due piccoli frammentipavimentali, sembrano essere i soli di questo genere presenti
nel pavimento del Duomo di Salerno e potrebbero essere stati
recuperati ed inseriti in questo pannello musivo proprio per
tramandarne la memoria. Si deve osservare ancora che essi
sembrano non essere stati volutamente completati nelle
campiture da elementi simili facilmente ricostruibili con altre
tessere di listelli ed esagoni, contrapponendoli ad undiversissimo motivo geometrico di tessere piccole triangolari
in modo che essi possano risaltare ed essere visibili nella loro
integrit. Sembra che lartefice di questa zona pavimentale
abbia scelto di far risaltare tali due frammenti affinch si
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Fig. 24. Uno dei pattern nel pavimento del transetto
La fig. 24 mostra un pattern antico che nel pavimento del
Duomo viene ripetuto alcune volte. Non sempre comune nei
pavimenti cosmateschi romani, ma deriva dal propotito
cassinese dellAbate
Desiderio. Il motivo
derivato per
dallantichit perch
era comune nei
lavori in sectile dei
pavimenti delle villeromane imperiali. Il
motivo ornamentale
composto da rombi
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realizzate nello stile islamico. Quindi, questo pannello si trova
nel posto sbagliato!
A parte ci, il resto del disegno e delle decorazioni, sebbene
completamente ricostruito, come tutto il pavimento del resto,mostra lincomparabile bellezza dellarte musiva pavimentale
siculo-campana-cassinese. Perch ho aggiunto anche la scuola
di Cassino? Perch credo che il sincretismo culturale
avvenuto nel XII secolo abbia riguardato tutte le scuole di
marmorari e intarsiatori, a cominciare da quelle bizantine
istituite da Desiderio a Montecassino fino ai grandi scambi
culturali con il resto del meridione dItalia, sotto linfluenza
normanna e islamica.
In effetti questo straordinario pannello, mostra in modo
completo questo sincretismo artistico nei dettagli del suo
disegno e delle sue decorazioni, fino alla significativa
iconologia di ogni sua parte. E sorprendente che il disegno
centrale lo ritroviamo identico nel pavimento della chiesa di
San Menna e nella cattedrale di Sessa Aurunca, entrambe
sotto linfluenza religiosa ed artistica diretta dellabbazia diMontecassino. Il pannello stato ricostruito con perizia,
perch la visione a distanza di qualche metro lo rende
perfetto, ma lanalisi dettagliata mostra che lintarsio non
quello dellopus tessellatum cosmatesco, e che, sebbene benfatto, si evidenziano ovunque le stesse caratteristiche degli
altri pannelli visti in precedenza: le tessere sembrano adagiate
nel letto (fig. 28) della malta rendendo ben visibile le linee di
fuga. Daltra parte le fasce marmoree bianche non sembrano
avere pi di qualche secolo. I motivi decorativi interno sono
misti tra i modelli base del repertorio precosmatesco: le linee
zigzaganti, comuni dal pavimento di Montecassino a quello di
San Clemente a Roma, i triangoli raggianti e le stelle a quattro
punte; quelli interni pi piccoli, del repertorio dei
micromodelli utilizzati per gli intarsi degli arredi.
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Fig. 28. Si nota bene la ricostruzione e il piano di
allettamento della malta ben visibile.
Fig. 29
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Fig. 31
La Stella di David
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Fig. 30
La fig. 29 mostra una delle campiture triangolari sferiche
prodotte dallandamento curvilineo delle fasce marmoree
bianche. Le tessere appaiono ben assemblate e intarsiate se
viste da almeno un metro di distanza.
La fig. 30, invece, mostra un dettaglio ingrandito di una
piccola porzione nella zona centrale della stessa campitura.
Ci che si vede parla chiaro. La ricostruzione, sebbene ben
fatta, mostra il letto di malta su cui sono pressate le tessere e
non vi traccia di intarsio marmoreo, come nel caso di San
Benedetto in Piscinula. Inoltre si nota anche la diversittipologica e cromatica delle tessere impiegate e quindi la
mancanza di simmetria dei colori. In ogni caso, tutte le tesserequi visibili, sono da ritenersi originali dellantico pavimento
della chiesa. La fig. 30, mostra ancora pi chiaramente la
ricostruzione su letto di malta delle tessere, nella stella di
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delle figure. Il suo disegno composto principalmente da tregrosse circonferenze uguali di cui le due estreme, riempite damosaici e dischi di porfido, e dalle quali si irradiano altre due
circonferenze minori, costituiscono i poli di unarticolazionesimmetrica e speculare. La circonferenza centrale, a suavolta, riempita solo da un grande disco di granito, memoriadella Rota porphyretica, il principale posto che fin dal primoCristianesimo veniva destinato allautorit regale durante lesolenni cerimonie. Anche la materia prescelta dal discomaggiore e centrale, il granito color cenere, indica unesplicito richiamo ai dischi della Basilica di San Pietro inVaticano.
Fig. 34 Il pannello rettangolare centrale del coro. Immagine
tratta da Carucci.
La storia della Rota porphyretica utilizzata quale luogo disosta per una funzione religiosa importante, potrebbe essere
vera, ma solo una ipotesi degli storici dellarte che glistudiosi di arte cosmatesca, invece, considerano con la dovuta
cautela. Ci lo possiamo evincere chiaramente da un passo
dellarchitetto Luca Creti, esperto di architettura cosmatesca,
che nel 2010 ha pubblicato uno dei pi importanti volumi
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sullargomento4. Dal testo di Creti possibile ricollegarsi alla
problematica che ho trattato in precedenza relativamente alla
mia ipotesi che il pavimento del Duomo di Salerno dovesse
essere concepito in origine per tutto il litostrato della chiesa enon limitato al solo coro e transetto.
I pavimenti cosmateschi sono strettamente connessi con ilportale maggiore, attraverso il quale realizzano la completafusione tra la chiesa e lambiente circostanteproducendouna felice continuit visiva nellitinerario simbolico del fedeleverso laltare. Questa funzione di guida esaltata dallamaggiore valenza cromatica della fascia centrale, che formata da cerchi concatenati o dalla successione diquinconce e contiene tessere musive pi piccole e di colorepi intenso rispetto a quelle inserite nei riquadri rettangolariposti lateralmente. La forma generale dei litostrati correlata alla cerimonia di consacrazione della chiesa: igrandi motivi centrali, in cui va forse individuata unacitazione della rota porfiretica del pavimento della basilica di
San Pietro, vanno probabilmente interpretati come dei luoghidi sosta, delle stazioni obbligate durante lo svolgimento deiriti religiosi. Da questo passo di Creti, mi pare non vi sianodubbi che i pavimenti di questo genere venissero concepiti
quale decorazione totale dellintero litostrato della chiesa in
quanto diversamente non avrebbero avuto alcun senso. Detto
questo, vediamo il pannello rettangolare. La prima
impressione che esso sia troppo piccolo, insieme al disco di
porfido grigio, per svolgere la funzione che doveva avere la
rota porfiretica. Infatti, in quel disco, due persone vi entranostando strette e non si capisce in che modo vi si sarebbe
potuta svolgere una delle cerimonie per le quali era concepita.
Devo per far notare che per rota porphyretica dovrebbe
intendersi probabilmente solo il disco di porfido il quale, per,
essendo decorato sempre da diverse fasce musive in stile
cosmatesco, non ci permette di essere certi che non si volesseintendere per rota porfiretica anche il disco di porfido pi le
4Luca reti,In Marmoris Arte Periti: la bottega cosmatesca di Lorenzo tra
il XII e il XIII secolo, Edizioni Quasar, Roma, 2010.
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Salerno il disegno unitario del pavimento avrebbe dovuto
scostarsi di molto dal prototipo cassinese che era preso a
modello in tutto il centro e meridione dItalia.
Fig. 35. Il pannello rettangolare, parzialmente coperto dai
banchi.
Il pannello mostrato in fig. 34 comunque molto bello, unico
in Italia e di una eleganza maestosa. Se non fosse per la
tipologia precosmatesca dei due quinconce realizzatiallinterno delle due ruote laterali, avrei pensato che potesse
trattarsi di una realizzazione della fine del XII secolo. Non
saprei spiegare perch, ma ho la sensazione che questo
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Fig. 37. Dettaglio della decorazione dei triangoli nella fascia
circolare intorno al disco di porfido.
Il resto dei pannelli del pavimento del coro, quattro in tutto,ricalcano di nuovo tre tipologie di quinconce e la ripetizione
del pannello di fig. 27. I tre quinconce sono uno normale con
le classiche annodature curvilinee dei dischi, il secondo del
tipo asimmetrico con i dischi esterni annodati ad un
quadrato diagonale al posto di un disco e al cui centro vi una
lastra di porfido rettangolare, il terzo simile al secondo ma al
posto del quadrato vi un rombo e nel rettangolo centrale vi
posto un disco di porfido. Il quarto pannello , come ho detto,la ripetizione di quello visto in fig. 27, comune ai pavimenti
della cattedrale di Sessa Aurunca e di San Menna.
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Considerazioni finali sul pavimento del Duomo di Salerno
Da quanto si potuto osservare prima, possibile formulare
ipotesi mai fatte fino ad oggi che cos vorrei brevementesintetizzare:
1) il pavimento del Duomo di Salerno doveva essere in
origine concepito su tutta larea dellintero litostrato della
chiesa. Il prototipo costituito dal pavimento della chiesa di
Montecassino non lascia dubbi in proposito. Non esistono
pavimenti cosmateschi o precedenti musivi che siano stati
intesi solo come una prerogativa delle decorazioni del coro e
del transetto. Dove si vede una simile soluzione attestato dai
miei studi trattarsi di una mera ricostruzione del materiale di
risulta delloriginaria pavimentazione.
2) Tutto il pavimento che oggi si vede , secondo le mie
deduzioni, completamente ricostruito in diverse fasi, da
collegarsi ad epoche differenti.
3) Le principali fasi cronologiche che interessano il
monumento musivo possono essere riconducibili alla stesura
del primo pavimento originale da parte di Romualdo I, come
testimoniato anche epigraficamente; e ad una seconda stesura,
probabilmente parziale o intesa solo come restauro e
rifacimento di parti danneggiate da eventi calamitosi o bellici,
da parte di Romualdo II, come anche sembra essere
testimoniato da documenti epigrafici, sebbene oggi scomparsi.
E per da notare che se il pavimento musivo risale a
Romualdo I, vescovo di Salerno dal 1121 al 1137, allora di
quale pavimento era dotata la chiesa dal momento della sua
consacrazione, nel 1085, fino al 1121? E possibile che a soli
quattordici anni dalla consacrazione della basilica di
Montecassino, il monumento salernitano non avesselopportunit di avere anchesso un pavimento musivo come
quello cassinese? E che per avere il primo fu necessario
attendere quasi quarantanni? E possibile che lo splendore
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dei mosaici cassinesi, che tanta meraviglia destarono nel
mondo della cristianit, non avesse influito su coloro che
fecero costruire il Duomo di Salerno? Esclusa limprobabile
questione economica della ingente spesa per un pavimento diquelle dimensioni, perch si dovrebbe credere che il Duomo
fosse in origine dotato di un semplice pavimento di
cocciopesto? Non solo nessun autore fino ad oggi si posto
queste domande, ma sembra che nulla si possa conoscere del
pavimento del Duomo prima delle notizie legate a Romualdo
I, cos da credere senza riserve che il primo pavimento musivo
della chiesa salerninata fosse realizzato solo nel vescovado di
Romualdo I. Non ho le prove per sostenere la mia tesi, ma
sono propenso a credere che prima di Romualdo I il Duomo di
Salerno fosse gi dotato di un pavimento musivo al tempo
della sua consacrazione.
4) Lipotesi del punto 3) viene avvalorata da alcuni elementi
significativi osservati nel pavimento odierno:
a) il pavimento del transetto sembra essere statovolutamente suddiviso in due sezioni stilisticamente diverse,
come per discernere la parte del primo pavimento dagli
interventi successivi;
b) ponendosi in direzione dellabside nel punto
dellaltare, la zona pavimentale a sinistra mostra chiaramente
una maggioranza di elementi stilistici riferibili alla scuola
cassinese-campana, quindi con forti legami al pavimento che
labate Desiderio fece costruire nella chiesa di Montecassino
nel 107, ravvisabile nelle analogie della classicit dei disegni
costituiti dai quinconce e da alcuni elementi comuni alle
chiese di derivazione cassinese come Sessa Aurunca e San
Menna;
c) la parte pavimentale a destra dellaltare mostra nella
maggioranza dei suoi pannelli un esplicito legame stilistico
alla scuola siculo-islamica, ravvisabile dagli elementi dicarattere bizantino-islamico presenti nei molteplici meandri
che annodano numerosi dischi di porfido, nelle linee spezzate
di alcuni disegni, nelle decorazioni minute, lontane dalle
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Secondo lo studio di Braca La strada siciliana, perintenderci quella dei grandi cicli musivi, non neppure daprendere in considerazione in quanto lapprofondimento
dedicato alle fonti e alla tecnica ha permesso di stabilireanche una cronologia certa, delimitata al massimo al secondoquarto del XI secolo. Ebbene a questa data non esiste ancoraalcun pavimento musivo in Sicilia, considerato che quellodella Palatina e della Martorana non sono precedenti al1140. A questa conclusione era arrivata anche la CochettiPratesi, la quale ha sottolineato la precedenza del pavimentosalernitano rivendicando contatti di artefici locali conambienti bizantini.Lo studioso continua proponendo un possibile intervento di
Ruggero II che avrebbe potuto in qualche modo completare il
pavimento facendo intervenire maestranze greco-siciliane, ma
colloca lavvenimento prima del 1140, conservando
lestraneit delle scuole siciliane nel duomo di Salerno.
Ravvisando che la gran parte del pavimento non
riconducibile ad una cultura strettamente bizantina, si ponela domanda di quanto possano entrare nellargomento i
cosiddetti Cosmati, oppure la possibilit dellesistenza diuna bottega autonoma campana.A tale scopo tira in ballo il salernitano Alfano, camerario di
Callisto II, che secondo il Crescimbeni fece realizzare il
pavimento musivo della chiesa di Santa Maria in Cosmedin a
Roma, nel 1123! Ma nel 1123 i Cosmati non esistevano!
Ovvero esisteva forse il loro capostipite, magister Paulus, dicui non sappiamo nulla eccetto la firma, non sua, sui plutei
della recinzione presbiteriale della cattedrale di Ferentino e
qualche altra traccia simile. Come ho pi volte detto nei miei
libri, i veri Cosmati sono da considerarsi i membri della
famiglia di Lorenzo e Iacopo, attestati insieme solo dal 1185.
Quindi, i Cosmati con Salerno non centrano un bel nulla. Il
pavimento fatto costruire nella chiesa di Santa Maria inCosmedin nel 1123 ovviamente quello precosmatesco, di
cui si riconoscono oggi solo alcune caratteristiche nei pannelli
delle navate laterali, al quale si sovrappone quello cosmatesco
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dei primi decenni del XIII secolo.
Lipotesi di Arturo Carucci, secondo il quale nel Duomo di
Salerno possa aver lavorato magister Paulus, nonno di quel
Nicola dAngelo che realizzer il campanile del duomo diGaeta, non da scartare perch, il maestro romano avrebbe
potuto certamente partecipare alla scuola musiva voluta
dallabate Desiderio di Montecassino dal 1070 al 1100 e da
allora egli avrebbe potuto lavorare, come attestato anche
archeologicamente, nel basso Lazio (cattedrale di Ferentino,
Chiesa di San Pietro a Villa Magna in Anagni, forse a
Terracina, ecc.) con qualche incursione anche in Campania.
Ci giustificherebbe i non trascurabili principi artistici
dellopus romanum che si osservano nel pavimento delDuomo salernitano.
Alla conclusione che i Cosmati non centrano con il Duomo,
Braca ci arriva prendendo in esame i pavimenti delle chiese di
Santa Maria in Cosmedin e di San Clemente, entrambi
precosmateschi, ma rifatti dai Cosmati nel XIII secolo.
Per quanto riguarda linfluenza siciliana, invece, vorreiriportare un passo dallimportante studio del 2009 a firma di
Ruggero Longo5:
Non possibile stabilire quanto tempo sia intercorso tra ilcantiere salernitano e quello palermitano. Ad una primaricognizione non sembra esservi tra i due pavimenti alcunarelazione. Il pavimento salernitano rivela componenti diascendenza campano-cassinese che alla Cappella Palatinasembrano svanire tra i meandri di intreccio geometrico dimatrice islamicaE possibile che nel cantiere del Duomoartigiani di origine musulmana abbiano collaborato allarealizzazione dellimpresa salernitana, rafforzando le filadelle maestranze campano-bizantine impegnate nelladecorazione del pavimento. Lipotesi viene formulata da
5
Ruggero Longo, Lopus sectile medievale in Sicilia e nel Meridionenormanno, dottorato di ricerca in memoria e materia dellopera darteattraverso i processi di produzione, storicizzazione, conservazione,
musealizzazione, XXI ciclo, Universit degli Studi della Tuscia di
Viterbo, 2009.
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Antonia DAniello6 la quale, recuperando le notizie forniterecuperando le notizie fornite da Amato di Montecassinonella sua Historia Normannorum, chiama in causa la
possibile presenza di artefici saraceni giunti aMontecassino da AlessandriaLa circolazione di musulmaninel meridione assicurata daltra parte dal fiorente centro diAmalfi che faceva da anello di congiunzione tra la costacampana, gli empori islamici nordafricani e il mediorientemusulmano e bizantino. Gli amalfitani trovarono terrenofertile a Salerno quando, a partire dallinizio del secolo XII,la citt raggiunse un notevole sviluppo economico, divenendoun centro fiorente plausibile che le maestranzebenedettine giunte nella fascia costiera della Campaniaabbiano accolto elementi della cultura islamica, rinnovandoil linguaggio artistico di matrice bizantina attraverso lapartecipazione diretta di artefici di origine musulmana,depositari di un linguaggio decorativo estraneo allatradizione occidentale. Un primo incontro tra la cultura
bizantino cassinese e quella islamica potrebbe essereavvenuto proprio a Salerno. Non bisogna sottovalutare inquesto contesto che Ruggero II frequentava abitualmenteSalerno e nel 1127 fu proclamato principe nel Duomo diquella citt. Qualche anno dopo lo stesso arcivescovoRomualdo sar presente alla cerimonia di incoronazione delre normanno, avvenuta a Palermo il 25 Dicembre del 1130.Gli intensi rapporti tra Palermo e Salerno potrebbero avergarantito linsediamento e la collaborazione di artigianisiciliani nel cantiere campano. Non da escludere inoltreche si sia verificato anche il caso contrario. Anzi probabileche Ruggero II, ammirando limpiantito del Duomo, abbiadisposto lesecuzione del pavimento palatino assumendoartigiani salernitani. Dal che si evince che le mie ipotesisulla possibile attestazione dei due pavimenti, a Romualdo I e
a Romualdo II, ampiamente giustificata.
6DAniello A.,Il pavimento musivo del duomo di Salerno, in Presenza
araba in Campania. Atti del convegno, Napoli-Caserta 22-25 novembre1989, Napoli, 1992.
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ALCUNI PATTERNS PARTICOLARI PRESENTI NEL
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Le immagini sopra riportate, dalla 01 alla 28, mostrano una
discreta parte di alcuni pattern particolari presenti nel Duomodi Salerno di cui un gran numero non sono presenti nel pur
completo repertorio pubblicato da Antonio Piazzesi e Vittorio
Mancini7
in un lavoro di statistica dei motivi cosmateschi. Ci
dimostra di quale ricchezza decorativa musiva la chiesa
salernitana era dotata nel XII secolo. Alcuni di questi motivi,
in effetti, difficilmente riscontrabili in altri edifici, sembrano
addirittura essere stati inventati appositamente per la fabbricadel Duomo! Il lavoro di catalogazione di Piazzesi e Mancini,
effettuato tra il 1951 e il 1953, riguard dodici chiese di
Roma, tra le pi importanti che conservano un pavimento
cosmatesco e produsse un elenco per un totale di 133 patterns,
tra i motivi riscontrati nelle partizioni reticolari, nei meandri,
nelle fasce decorative, nelle campiture e dei dischi centrali
delle ruote. Un repertorio, quindi, significativo nellambito
dei lavori cosmateschi che tuttavia non pu definirsi completoper quanto riguarda i pavimenti di scuola romana, ma
soprattutto per quelli al di fuori dellambito laziale, come
appunto i pavimenti realizzati dalle scuole siculo-campane. E
per questo motivo che nel pavimento del Duomo di Salerno,
nonostante si tratti solo della ricostruzione, nel transetto e nel
coro, di quanto si potuto recuperare nellarco dei secoli
dellantico litostrato dei Romualdo I e II, si riscontra una cos7 A. Piazzesi, V. Mancini, L. Benevolo, Una statistica del repertoriogeometrico dei Cosmati, in Quaderni dell'Istituto di storiadell'architettura, V, 1954.
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alta percentuale di patterns non classificata nel lavoro di
Piazzesi e Mancini. Le immagini precedenti mostrano motivi
geometrici di semplice e di complessa costituzione e
dimostrano come gli artisti che lavorarono nella fabbrica delDuomo, riuscirono a creare complessi patterns partendo da
micromodelli composti da tessere dalla forma semplice, come
il n. 12 che alterna tessere quadrate uniformi a un modello
quadrato ma scomposto in ben 16 tessere triangolari. Altri
micromodelli semplici non si sono mai visti da nessunaltra
parte, come i nn. 8 e 20 che esibiscono al centro una minuta
tessera bianca, rotonda in uno e quadrata nellaltro.
Il pattern n. 01 particolare ed ha una storia a s, perch fu
utilizzato comunemente nei pavimenti precosmateschi dagli
marmorari laziali e quindi pu classificarsi come uno dei
pattern standards dei primi pavimenti musivi romanici. In
questo caso forse sarebbe meglio parlare di un pattern
realizzato da un macromodello costituito da nove quadrati,
come nel n. 29 qui riprodotto.Pattern n. 29
A parte le tessere uniformi, quelle
scomposte in elementi minori sono
formate da due tessere semicircolari,
o forse meglio dire oblunghe,
disposte al vertice e ai lati da due
triangoli, teoricamente sferici,
scomposti a loro volta quattro
elementi minori di cui quello al
centro in evidenza. Ebbene questo pattern, ripreso poi dai
Cosmati sostituendo le tessere oblunghe a quelle triangolari
normali, nei colori dei triangolini bianchi, produce
leffetto visivo della cosiddetta stella Cosmatesca,
caratteristica assoluta dei lavori dei marmorari
laziali, ereditata nel macromodulo dallopus sectile degliantichi romani e fortemente utilizzato in tutti i lavori del
genere da tutte le scuole di marmorari e intarsiatori. In questo
caso, il micromodulo potrebbe identificarsi nel quadrato
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scomposto in elementi minori e il motivo geometrico, o
pattern, generato dallinsieme disposto a croce di quattro
micromoduli, unitamente alle tessere uniformi, produce
leffetto visivo della stella ottagonale.
Il pattern n. 02 talmente semplice che non lho trovato nel
repertorio di Piazzesi-Mancini. Eppure il fondamento base del
motivo, ovvero la semplice scomposizione alternata in due
tessere di una uniforme quadrata, realizzata in tessitura
ortogonale, sembra costituisca un
procedimento comune nellopera
sectile del Duomo di Salerno.Infatti, tale sistema lo si ritrova in
diverse fasce decorative dei dischi
annodati a meandri nei pannelli
del transetto, come si vede dal
pattern n. 05.
Pattern n. 28
Il pattern n. 28, pure non mi pare di averlo visto nei pavimenti
cosmateschi, e neppure in quelli campani. Il macromodulo
della stella cosmateasca, quando applicato alle decorazioni sia
in opus tessellatum nei pavimenti che ad intarsio di pastevitree negli arredi liturgici, diviene gi di per s abbastanza
complesso. In questo caso eccezionale, sono riprodotti benquattro macromoduli, in parte sovrapposti tra loro, in un solo
quadrato per un totale di 61 tessere! Il risultato lo si vede nella
figura sopra in bianco e nero. E probabilmente il pattern con
il pi alto numero di tessere visti in un pavimento cosmatesco.
Questa scelta deriva sicuramente dal fatto che i marmorari
lavorarono per un cantiere prestigioso in cui erano
consapevoli di dover dare il meglio di loro stessi, affinch losfarzo delle decorazioni producesse la necessaria meraviglia
agli occhi dei grandi committenti. Nel pavimento vi sono altri
tratti, mescolati a pannelli di pi semplici motivi, che
nonostante la ricostruzione in tecniche pi semplici,
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dimostrano raffinate decorazioni di minutissime tessere. In
definitiva, si pu essere ampiamente daccordo che lintento
degli artisti nel Duomo fosse quello di produrre la pi alta
tecnica musiva della loro scuola.
Fig. 38
La fig. 38 mostra una striscia del pavimento nel pannello a
meandri di tipo islamico a destra dellaltare, in cui si
vedono simmetricamente opposti i due pattern. A sinistra il
macromodulo semplice che produce leffetto visivo di una
stella ad otto punte per ogni quadrato; a destra il
macromodulo formato da quattro stelle cosmatesche per ogniquadrato.
Vi sono altri patterns semplici, come i nn. 3, 20 e 27, che
tuttavia sono abbastanza inconsueti, mentre la maggior parte
sono tutti un p pi elaborati. Tra questi, alcuni sono di chiara
matrice siculo-islamica, come il n. 10 e il 16 e forse anche i
nn. 4, 11 e 24.
Il pattern n. 25 molto bello ed elegante, pur nella sua
semplicit base, ma di difficile realizzazione tecnica. Infatti le
quattro tessere oblunghe di porfido verde, formano intorno a
loro spazi triangolari curvilinei che dovevano essere riempiti
da triangoli con alcuni lati sferici. Nella ricostruzione (figg.
39-40), sebbene accurata, si nota qualcosa, ma la fig. 40
mostra anche lallettamento della malta tra le tessere che nelle
opere in opus sectile e in opus tessellatum non dovrebbe
comparire, in quanto lo strato superiore della malta traspare insuperficie solo quando le tessere non sono accostate luna
allaltra in maniera perfetta, ci che non corrisponde alla
regola di tale tecnica in cui le connessioni dovevano risultare
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invisibili per produrre quel tappeto di pietra che era
lintento del pavimento cosmatesco.
Leffetto della malta comunque, in questo singolo caso,
scompare quando si guarda il pavimento dalla distanzadellaltezza delluomo, mentre permane nei casi visti prima
(figg. 28-30-32-33) in cui tutto il lavoro realizzato in modo
troppo superficiale, tanto che tali difetti si scorgono benissimo
ad occhio anche da qualche metro di distanza. Anzi, proprio
tali difetti, quando riguardano una superficie significativa del
pavimento, possono aiutare lo studioso, a discernere le varie
zone del litostrato che subirono trattamenti diversi nel corso
del tempo. Una situazione particolarmente evidente
riconducibile, per esempio, alle molteplici e sconosciute
vicende che hanno trasformato il pavimento cosmatesco della
chiesa di San Pietro in Vineis ad Anagni8.
Fig. 39
8Nicola Severino,Il pavimento cosmatesco della chiesa di San Pietro in
Vineis ad Anagni: una nuova attribuzione alla bottega di Lorenzo.Edizioni ilmiolibro, per gruppo editoriale lEspresso, Cromografica,Roma, 2011.
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Referenze Bibliografiche
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Delogu e Paolo Peduto, Salerno, 2004, pp. 238-277.
Braca Antonio, Il Duomo di Salerno, Architetture e cultureartistiche del Medioevo e dellet Moderna, Nocera Inferiore,2003, pp. 127-148.
Longo Ruggero, Lopus sectile medievale in Sicilia e nelMeridione normanno, dottorato di ricerca in memoria emateria dellopera darte attraverso i processi di produzione,
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Staibano L. Guida del Duomo di Salerno, Salerno, 1871
Carucci Arturo, I Mosaici salernitani nella storia e nellarte,Cava dei Tirreni, 1983
Libri dellautore sullarte cosmatesca:
Nicola Severino,La Cattedrale di Ferentino.Serie Arte Cosmatesca vol. 1, ed. www.ilmiolibro.it, stampaCromografica, Roma, 2011
Nicola Severino,La Cattedrale di Anagni.Serie Arte Cosmatesca vol. 2, ed. www.ilmiolibro.it, stampa
Cromografica, Roma, 2011
Nicola SeverinoIl pavimento cosmatesco della chiesa di San Pietro in Vineisad Anagni.Serie Arte Cosmatesca vol. 3, ed. www.ilmiolibro.it, stampa
Cromografica, Roma, 2011
Nicola Severino
Le Luminarie della Fede, Itinerari precosmateschi nellaltaCampania.Serie Arte Cosmatesca vol. 4, ed. www.ilmiolibro.it, stampa
Cromografica, Roma, 2011
Nicola Severino, Le Luminarie della Fede. Itinerari dartecosmatesca nel basso Lazio.Serie Arte Cosmatesca vol. 4, ed. www.ilmiolibro.it, stampa
Cromografica, Roma, 2011
Nicola Severino, Il pavimento precosmatesco dellAbbazia diMontecassino. In fase di pubblicazione
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Nicola Severino, Il pavimento precosmatesco della chiesa diSan Vincenzo al Volturno. In fase di pubblicazione.
Nicola Severino, Pisa Cosmatesca, ed. www.ilmiolibro.it,stampa Cromografica, Roma, 2011
Nicola Severino, sito web internet www.cosmati.it
Nicola Severino Blog Cosmati:
http://cosmati.blogspot.com
http://www.cosmati.it/http://cosmati.blogspot.com/http://cosmati.blogspot.com/http://www.cosmati.it/