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IL PICCIONE DI CITTÀ. STRATEGIE PER LA G E S T I O N E Documenti per la conservazione della natura

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Page 1: IL PICCIONE DI CITTÀ. STRATEGIE PER LA GESTIONE

IL PICCIONE DI CITTÀ.STRATEGIE PER LAG E S T I O N E

Documenti per laconservazioned e l l a n a t u r a

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Il Piccione di città. Strategie per la gestione è stato redatto da Marco Dinetti, Responsabile Ecologia urbanadella Lipu.

Versione rivista e aggiornata del documento redatto dalla Lipu nel 1998.

Hanno collaborato:Veronica Burresi, Centro recupero fauna selvatica Lipu “La Fagiana” (Mi)Daniela Burrini, Lipu FirenzeLuca Calcagno, Lipu AstiClaudio Celada, Direttore Dipartimento Conservazione della natura LipuRenato Ceccherelli, Cruma - Centro recupero uccelli marini e acquatici Lipu di LivornoRoberto Cocchi, IspraIvano De Marco, Lipu CuneoCarlotta Fassina, Coordinamento regionale Lipu VenetoRiccardo Ferrari, Lipu TorinoGiorgia Gaibani, Responsabile Iba e Rete Natura 2000 LipuGiovanni Giardina, Centro recupero fauna selvatica Lipu di Ficuzza (Pa)Marco Gustin, Responsabile Specie e ricerca LipuProf. Daniel Haag-Wackernagel, Università di Basilea (Svizzera)Federica Luoni, Dipartimento Conservazione della natura LipuFrancesca Manzia, Centro recupero fauna selvatica Lipu di RomaGianpaolo Pamio, Lipu VeneziaAldo Verner, Lipu Genova

Supervisione di Danilo Selvaggi, Direttore generale Lipu

Citazione consigliata: Dinetti M. (red.), 2016. Il Piccione di città Columba livia forma domestica. Strategie per la ge-stione. Lipu, Parma.

Hanno collaborato alla prima versione del documento:Lipu Genova, Oscar Del Vecchio, Maurizio Fraissinet, Umberto Gallo-Orsi, Alessio Rivola.

Foto di copertina di Franco Borsi

© Lipu 2016

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INDICE

1. INTRODUZIONE. UN CONCITTADINO “SPECIALE” 4

2. ASPETTI BIOLOGICI 52.1. Origine e nomenclatura 52.2. Esigenze ecologiche 62.2.1. Dimensioni e tendenze delle popolazioni 7

3. INQUADRAMENTO NORMATIVO 8

4. PROBLEMATICHE DI CONVIVENZA 94.1. Aspetti sanitari 9

5. TECNICHE DI GESTIONE E LINEE DI INTERVENTO 115.1. Metodi consigliati 135.1.1. Riduzione della capacità portante dell’ambiente: 13limitazione delle risorse (cibo e siti di nidificazione)5.1.1.1. Interventi sulle strutture 135.1.1.1.1. Progettazione architettonica consapevole 135.1.1.1.2. Dissuasori di appoggio 135.1.1.1.2.1. Possibili problemi dovuti all’uso di alcuni dissuasori 145.1.1.1.3. Reti antintrusione e chiusura selettiva delle cavità riproduttive 145.1.1.2. Gestione dell’alimentazione 155.1.2. Colombaie gestite 165.1.3. Censimenti e monitoraggi 165.1.4. Rapporti con i cittadini 175.1.4.1. Sondaggi di opinione per la cittadinanza 175.1.4.2. Informazione e sensibilizzazione dei cittadini 185.1.5. Igiene pubblica 195.2. Metodi impiegabili in determinate circostanze e/o con precauzioni 205.2.1. Deterrenti 205.2.2. Incremento predatori naturali 205.2.3. Gestione delle uova 215.2.4. Sterilizzazione chirurgica 215.3. Metodi non consigliati 225.3.1. Catture e abbattimenti 225.3.2. Cattura e trasferimento 225.3.3. Sterilizzazione chimica 235.3.4. Falconeria 24

6. MATRICE DI SINTESI DEI METODI DI GESTIONE 25

7. CENTRI RECUPERO FAUNA SELVATICA E IMMISSIONI 26

8. CONCLUSIONI: GESTIRE L’AVIFAUNA URBANA PER CONTRIBUIRE 27AD UNA CITTÁ SOSTENIBILE

APPENDICE I. DATI DI CENSIMENTI 28

APPENDICE II. ORDINANZE COMUNALI E PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI 30

APPENDICE III. REPORT DISSUASORI APPOGGIO PUNTALI METALLICI 32Commenti e proposte 33

BIBLIOGRAFIA 34

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Negli ultimi decenni, la presenza dei piccioni(colombi) nelle città fa discutere cittadini e am-ministratori pubblici circa le interazioni tra que-sta specie e l’ambiente urbano. Le personesono divise tra chi vede favorevolmente la pre-senza dei piccioni (anche talvolta aiutandoli at-tivamente) e quanti lamentano problemi diconvivenza tra cui potenziali rischi di natura sa-nitaria e danni ai manufatti (di particolare rile-vanza se trattasi di monumenti e opere storicoartistiche). Per questa ragione, il piccione è co-munemente definito una “specie problematica”,ovvero una di quelle specie che interferisconoin modo critico con attività e interessi umani.Numerose sono le richieste di collaborazione in-dirizzate dagli enti locali alla Lipu, e ancor più lerichieste dei cittadini finalizzate a ottenere infor-mazioni gestionali o relative al soccorso degli in-dividui in difficoltà.Già a fine anni Novanta del secolo scorso, laLipu definì una propria posizione sull’argo-mento, anche finalizzata alla stesura di linee-guida ad uso degli operatori e dei volontaridell’Associazione. Le razze domestiche del Pic-cione selvatico, benché non costituiscano unaspecie rara, occupano in effetti un posto rile-vante nella cultura umana e negli ecosistemi ur-bani. Le persone e in particolare i bambini, chesempre più numerosi vivono nelle aree urbane,trovano uno dei pochi contatti con il mondodella natura e degli animali proprio attraverso ipiccioni, come ben sottolinea l’articolo di Dunnet al. (2006) sul “paradosso del piccione” (Pi-geon paradox). Diventa quindi importante lo svi-luppo di una corretta percezione e di un giustorapporto con la biodiversità urbana, e per que-sto occorre mettere a punto strategie di ge-stione delle specie problematiche (quali adesempio proprio il piccione), che includano

anche la fornitura di informazioni idonee ed effi-caci ai cittadini che necessitano di supporto.Questa linea di condotta tende a migliorare laconvivenza con gli animali, prevenendo com-portamenti da parte dei cittadini dettati da esa-sperazione e intolleranza (ad esempio lospargimento di veleni o altri atti cruenti) e in ge-nerale mitigando i problemi.Negli ultimi anni si è resa disponibile una granmole di informazioni ed esperienze gestionali,realizzate in tutto il mondo, e anche il quadro nor-mativo è cambiato. I punti di forza e di debolezzadelle diverse tecniche, così come le caratteristi-che etologiche dei piccioni, sono ormai note,anche se troppo spesso non vi è una adeguataconoscenza e divulgazione, in riferimento sia agliamministratori pubblici quanto ai tecnici e allastessa cittadinanza. Occorre partire dalle basi co-noscitive, evitando di ripetere all’infinito i soliti er-rori, e al tempo stesso continuare la ricerca disoluzioni nuove ed efficaci, per migliorare il rap-porto di convivenza tra persone e animali.Occorre anche essere consapevoli della com-plessità della questione legata alla gestione delPiccione di città, che vede un intrecciarsi diaspetti tecnici, ecologici, normativi, culturali edetici, ed una pluralità di stakeholders con perce-zioni e sensibilità spesso contrapposte.Anche per queste ragioni, la Lipu ha ritenutoopportuno redigere e diffondere il presente do-cumento, integrando il documento sulla ge-stione del Piccione di città del 1998, qualecontributo alla migliore gestione delle popola-zioni di questo nostro speciale “concittadino”.

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1INTRODUZIONEUn concittadino“speciale”

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2.1. Origine e nomenclaturaIl Piccione di città è un’entità faunistica originataa seguito di un lungo processo di domestica-zione, iniziato tra 5 e 10 mila anni fa, nella FertileMezzaluna, dove gli esseri umani diventaronoagricoltori sedentari, cominciando ad allevaregiovani del Piccione selvatico Columba livia(Johnston e Janiga, 1995; Dinetti e Gallo-Orsi,1998; Giunchi et al., 2012). Nel corso dei mil-lenni, l’uomo ha allevato i piccioni, operandouna selezione artificiale per alcuni caratteri pre-feriti, quali le dimensioni, la prolificità, le carat-teristiche delle carni, la capacità diorientamento, la bellezza del piumaggio, por-tando all’origine di numerose razze. Tra esse, dirilievo per la cultura e l’economia delle societàumane, vi è il Piccione viaggiatore, utilizzatocome efficace e fondamentale mezzo di comu-nicazione fino ai due eventi bellici mondiali delsecolo scorso (Marchisio e Morei, 2009).Le attuali popolazioni di Piccione di città hannoavuto origine da soggetti sfuggiti al controllo(fuggiti o abbandonati da colombaie, ex colombiviaggiatori, piccioni rilasciati nel corso di mani-festazioni, piccioni scampati ai tiri a volo untempo esistenti, ecc.) e quindi appartenenti aforme domestiche di Piccione selvatico (Ballariniet al., 1989; Johnston e Janiga, 1995).Da un punto di vista zoologico, il Piccione dicittà rappresenta un’entità particolare, che nonsarebbe da assimilare né alla forma selvatica, néa quella domestica. Si tratta infatti di un animaledomestico inselvatichito, che attualmente sicomporta come un selvatico, avendo però le ori-gini più prossime nella sfera domestica. Unavolta tornati liberi, in una condizione di “ran-dagi”, la sinantropia dei piccioni è stata favoritadalla disponibilità alimentare garantita dallo svi-luppo dell’agricoltura e dall’espansione urbani-

stica, che mette a disposizione cibo e un am-biente vicariante rispetto alle pareti rocciose chesono l’habitat originario del Piccione selvatico(Giunchi et al., 2012).Di sicuro, i ricercatori sono concordi nel ritenereche le popolazioni urbane dei piccioni sianostate originate da individui di provenienza do-mestica, riconvertiti ad una libertà randagia(Johnston e Janiga, 1995; Baldaccini e Giunchi,2006). L’apporto dei piccioni selvatici (inclusi itorraioli) alla formazione delle attuali popolazioniurbane è da ritenere minoritario, sebbene siapresumibile un certo scambio genetico, feno-meno che attualmente costituisce un problemadi inquinamento genetico per le relitte popola-zioni di Piccione selvatico che sopravvivono so-prattutto in Sardegna e in alcune zoneappenniniche.Riguardo agli aspetti morfologici del Piccione dicittà, esistono tanti tipi di piumaggio, con formeche spesso differiscono nettamente dal Pic-cione selvatico. La specie originaria oggi è con-siderata DD (data deficient) essendogravemente minacciata dall’inquinamento gene-tico dovuto all’ampia distribuzione della formadomestica o della forma ibrida (Brichetti e Fra-casso, 2006; Peronace et al., 2012).Un’ulteriore difficoltà che riguarda le attività con-nesse allo studio e gestione dei piccioni è la ter-minologia con cui vengono definiti individui epopolazioni. In altre parole, colombo o piccione?Nelle pubblicazioni recenti sono state impiegate25 combinazioni diverse tra nomi in italiano enome scientifico, tra cui “Piccione urbano”, “Pic-cione torraiolo”, “Colombo urbano”, eccetera.La nomenclatura ritenuta più valida dai ricerca-tori negli ultimi decenni è stata Colombo di cittàColumba livia forma domestica (Baldaccini,1985), mentre recentemente, dopo attenta ana-lisi della letteratura ornitologica e dei modernicriteri tassonomici, si è giunti alla conclusioneche la definizione più corretta è Piccione di cittàColumba livia forma domestica (Battisti e Zap-paroli, 2011).Il documento presente, conformemente, utilizzaquest’ultima denominazione.

Di seguito, dettagliamo le definizioni delle di-verse categorie di piccioni.

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2ASPETTIBIOLOGICI

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Piccione selvatico: specie selvatica rinvenibilein natura, capostipite di tutte le razze addome-sticate ed allevate. L’areale originario interes-sava i Paesi europei ed africani circostanti ilMediterraneo e l’Asia Minore. Attualmente il Pic-cione è cosmopolita, essendo stato introdottoin America, Australia e Sud Africa.

Piccione torraiolo: si tratta di un Piccione sel-vatico che si è inurbato spontaneamente, situa-zione ancora presente fino all’inizio del 1900, maoggi praticamente scomparsa.

Piccione domestico: allevato dall’uomo findall’antichità (8000-3000 a.C.) a partire dai pic-cioni selvatici. Ne sono state selezionate molterazze, per scopi alimentari, ornamentali e di co-municazione. Viene mantenuto in condizioni dicattività o semi-cattività, con riproduzione e ali-mentazione controllate dall’uomo, che ne èanche proprietario.

Piccione viaggiatore: razza di Piccione dome-stico, selezionata per compiere viaggi lunghi e perla sua abilità a tornare alla colombaia (homing).

Piccione di città: costituisce le composite po-polazioni che troviamo oggi allo stato libero nellearee urbane e nelle campagne circostanti. Gli in-dividui sono caratterizzati da una elevata varia-bilità morfologica, che include anche lacolorazione del piumaggio, e da processi di for-mazione e irradiamento delle popolazionispesso indipendenti.

2.2. Esigenze ecologicheIl Piccione di città depone due uova per covata,sebbene la stagione riproduttiva si estenda pertutto l’anno, con un picco in primavera-estate,da marzo a luglio (Giunchi et al., 2007a). Il con-tributo delle deposizioni invernali al numero dinidiacei involati può essere consistente, arri-vando al 41% (ad esempio Rassati, 2000). Ladurata della vita è abbastanza breve, e rara-mente supera tre anni (cfr. Giunchi et al., 2012).Per maggiori informazioni sulla biologia e l’ecologiadel Piccione di città, si rimanda ai testi di approfon-dimento (Ballarini et al., 1989; Johnston e Janiga,1995; Dinetti e Gallo-Orsi, 1998; Dinetti, 2010).

Negli ultimi 30 anni sono state realizzate nume-rose ricerche sulla biologia, l’etologia e il rapportotra piccioni ed ambiente urbano, sia in Italia cheall’estero. Di seguito vengono riportati i risultatidegli studi ritenuti maggiormente significativi.A Roma è stata condotta una indagine in trepiazze (Navona, S. Pietro, S. Maria Maggiore),marcando individualmente i piccioni con micro-chip. In particolare, a Piazza Navona è stata in-stallata una mangiatoia elettronica, in grado diregistrare le visite dei piccioni. La frequenza dellevisite alla mangiatoia è stata suddivisa in visitatoriregolari, irregolari e sporadici. I movimenti dei pic-cioni tra le diverse piazze sono limitati, ed i censi-menti hanno stimato da 195 a 335 piccioni/piazza.Le piazze che offrono una maggiore disponibilitàdi cibo sono frequentate da un numero maggioredi piccioni non residenti (Mercurio et al., 2001).Un altro studio, effettuato a Villa Borghese dal2003 al 2008, ha mostrato un andamento so-stanzialmente stabile della popolazione, ed il nu-mero medio mensile dei visitatori del parco ècorrelato positivamente al numero medio deipiccioni osservati mensilmente, supportandol’ipotesi che la disponibilità di cibo antropico (di-retta o indiretta) influisce sulla frequentazionedel parco da parte dei piccioni (Fraticelli, 2010).Del resto, era già noto che in uno stesso gruppodi piccioni vi sono individui che si comportanoin maniera differente, con alcuni punti di alimen-tazione visitati regolarmente ed in comune aglialtri piccioni e altri siti utilizzati in maniera più oc-casionale; quindi, piuttosto che mantenere unacoesione di gruppo, i piccioni si ritrovano perchéusano la stessa area limitata (Lefebvre e Giral-deau, 1984; Sol e Senar, 1995).Le indagini più recenti e sofisticate, condotte congps da Rose et al. (2006a), rivelano che il rangedelle sotto-popolazioni varia tra 33 e 306 ettari,mentre quello dei singoli individui tra 3 e 150 ettari.I piccioni di una colombaia hanno uno o due sitiprincipali di alimentazione e fino a 33 altri siti chevengono usati occasionalmente per la ricerca delcibo e il riposo, con marcate variazioni individuali.La distanza massima raggiunta è di 5,29 chilometrie più del 32% dei piccioni resta entro 300 metridalla colombaia, mentre solo il 7,5% vola su di-stanze maggiori di 2 chilometri (Rose et al., 2006b).Nelle città italiane, i voli di foraggiamento con i

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quali i piccioni si recano nelle campagne per re-perire parte del cibo sono regolari, sebbene esi-stano differenze locali e stagionali in base allecaratteristiche ambientali, sia delle città che deidintorni. Ad esempio, a Venezia gran parte dellerisorse alimentari vengono reperite in città, con-siderando la posizione geografica e l’elevato nu-mero di turisti, mentre a Parma e Lucca vi è unamaggiore presenza di coltivazioni agricole nelleperiferie, e quindi le uscite sono più frequenti(Soldatini et al., 2006).I piccioni si distribuiscono tra i diversi siti in basealla quantità di cibo di origine antropica che vi èdisponibile (Cignini et al., 1995; Sorace et al.,1998; Morand-Ferron et al., 2009) e sono ingrado di riconoscere le persone anche da carat-teristiche individuali (diverse dall’abbigliamento),reagendo in base al loro atteggiamento, che puòessere neutrale, ostile oppure benevolo con of-ferta di cibo (Belguermi et al., 2011).Il numero di piccioni per ettaro mostra forti cor-relazioni positive con la densità della popolazioneumana, con il numero di edifici a uso abitativo econ la produzione annua di rifiuti organici (Buijse van Vijnen, 2001). La dimensione dei centri sto-rici, le tipologie costruttive degli edifici (presenzadi fori pontai, tetti con coppi, solai) condizionanola presenza dei piccioni, e inoltre vi è una corri-spondenza tra numero di abitanti e numero dipiccioni (Barbieri e De Andreis, 1991) così cometra numero di piccioni e abbondanza di edifici co-struiti prima del 1936 (Sacchi et al., 2002).Dati del genere sono molto utili anche a fini ge-stionali, ad esempio per programmare interventiche riguardano il controllo dell’alimentazione,oppure per determinare i limiti dei programmi disterilizzazione.

2.2.1. Dimensioni e tendenze delle popolazioniI piccioni convivono con gli insediamenti del-l’uomo “da sempre”, vale a dire dall’avvento del-l’agricoltura, e costituiscono uno degli elementidel paesaggio urbano. Oggi è la specie orniticamaggiormente inurbata e mostra un adatta-mento completo all’ambiente urbano, sfruttandoogni risorsa (Kelcey e Rheinwald, 2005). Ab-biamo circa un piccione ogni 10-30 abitanti diaree urbane (Haag-Wackernagel, 2012; Dinettiet al., 2013) e la popolazione mondiale dei pic-

cioni dovrebbe essere compresa tra 170 e 340milioni di individui (Haag-Wackernagel, 2012).In Italia il Piccione di città abita e nidifica prati-camente in tutte le aree urbane, a partire da vil-laggi e paesi di piccole dimensioni, fino adarrivare alle grandi città e alle aree metropoli-tane. Di norma, le densità maggiori si ritrovanonei centri storici, soprattutto se di tipo monu-mentale, ma anche presso contesti dove vi siauna notevole disponibilità alimentare, quali silos,aree portuali, mangimifici.I nuclei di piccioni che frequentano le città supe-rano spesso i confini cittadini, estendendo le lorointerazioni nelle aree contigue (zone agricole,aree industriali, insediamenti produttivi, ecc.).Benché la convivenza tra uomo e piccione siperda nell’antichità, è solo dall’ultimo dopoguerrache si sono verificati rapidi incrementi demogra-fici in molte città del mondo (Johnston e Janiga,1995), a causa dell’aumentato consumismo, condispersione di cibo e rifiuti nell’ambiente, del-l’espansione urbanistica e della crescente culturazoofila. Si tratta pertanto di una demografia ano-mala, a fronte di un’altrettanta squilibrata realtàambientale, sovrabbondante di risorse.Generalmente parlando, si può ipotizzare chegran parte delle popolazioni urbane e periur-bane abbia ormai raggiunto la capacità portantedell’ambiente, e di conseguenza il livello si siaassestato, dopo una fase di crescita avvenutatra il 1940 ed il 1970 (Baldaccini e Giunchi, 2006;Giunchi et al., 2012).Le popolazioni dei piccioni hanno parametri de-mografici densità-dipendenti: successo ripro-duttivo, intervallo tra covate, mortalità degliadulti, immigrazione, si mantengono alti quandola densità dei piccioni è bassa, mentre il contra-rio avviene quando la densità è alta. Ciò portale popolazioni ad avere un elevato potenziale dicompensazione (cfr. Giunchi et al., 2012).Secondo le indicazioni di Ballarini et al. (1989)una densità può essere considerata sovrabbon-dante e causa di stress ambientale quando rag-giunge o supera 300-400 individui/km2. Occorreperò considerare che, nella realtà, tale situa-zione viene spesso abbondantemente superata.I dati sulla consistenza delle popolazioni in 33città italiane di medie e grandi dimensioni sonoriportati in Appendice I.

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3INQUADRAMENTONORMATIVO

L’inquadramento normativo del Piccione di città,e in particolare la questione se esso sia o menoda considerare una specie selvatica, è una que-stione controversa, come documentano le con-clusioni diametralmente opposte a cui, neglianni, sono giunte pubblicazioni scientifiche, pa-reri ufficiali e sentenze dei tribunali (cfr. Pezza etal., 1995).Nel tempo, tuttavia, la disciplina di merito ap-pare sempre più univoca in difesa dei piccioni,anche a seguito dell’entrata in vigore della legge189 del 2004 a tutela degli animali, che inseriscenel secondo libro del codice penale il capo IXbis “Dei delitti contro il sentimento per gli ani-mali” (Campanaro, 2009).Anche i pareri di Ispra, diversamente da quellidel passato, si sono adeguati al mutato quadronormativo di riferimento, prescindendo da valu-tazioni inerenti l’origine e la corretta classifica-zione dell’entità faunistica in oggetto.In particolare, viene fatto riferimento alla sen-tenza n. 2598 della Corte di Cassazione, Se-zione III Penale, del 26 gennaio 2004, la quale,atteso che, secondo l’articolo 2 della legge157/92, fanno parte della fauna selvatica og-getto di tutela le specie di mammiferi e uccellicon popolazioni in stato di libertà naturale nelterritorio nazionale, stabilisce che anche il Pic-cione di città va assimilato agli animali selvatici.Le possibilità di controllo ordinario per le popo-lazioni di animali selvatici che arrecano danni,anche nell’ambito urbano, si inseriscono all’ar-ticolo 19 della legge 157/92, con compiti attri-buiti alle regioni e per delega alle province.A tal proposito, viene fatto notare dagli esperti inmateria legale che una sentenza della Cassa-zione non costituisce legge, ma solo giurispru-denza. Pertanto, il vuoto sull’inquadramentonormativo del Piccione di città e sull’attribuzione

delle competenze è perdurante, o comunque nondel tutto colmato. Appare quindi opportuno che,in una futura revisione della legge nazionale157/92, venga chiarito definitivamente lo statusgiuridico del Piccione di città, nonché gli enti chene sono preposti alla gestione.Alcune puntualizzazioni possono già esisterenella normativa regionale, come ad esempio lalegge regionale Emilia-Romagna 17 febbraio2005, n. 5 “Norme a tutela del benessere ani-male” che all’articolo 11 modificato dall’articolo6 L.R. 29 marzo 2013, n. 3, prevede che leAziende Usl, anche in collaborazione con asso-ciazioni animaliste e zoofile, implementino pro-grammi di studio, predisposti dalle province eattivati dai comuni.Riepilogando: allo stato attuale la competenzasulla gestione dei piccioni investirebbe in primisle province, che si dovranno coordinare con icomuni, cui rimane la competenza in materiaigienico-sanitaria. Resta il fatto che, con il nuovodecreto di eliminazione delle province, sarà daindividuare ulteriormente l’ente che ha compe-tenza su questa materia.

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4PROBLEMATICHEDI CONVIVENZA

Il Piccione di città è considerato la principalespecie ornitica “problematica” (Baldaccini,1999). Nel dettaglio, le interazioni con gli inte-ressi umani e con l’ambiente sono i seguenti:- implicazioni per l’igiene urbana: si tratta del

problema principale connesso alla presenzadei piccioni nelle città, tanto da farli definire daqualcuno “ratti con le ali” (Jerolmack, 2008);

- corrosione del patrimonio artistico e monu-mentale, a causa delle deiezioni (Nomisma,2003);

- potenziali rischi sanitari, per esseri umani eanimali domestici (Sbragia et al., 2001);

- interferenze con il traffico aeroportuale (bir-dstrike);

- danni alle produzioni agricole, causati dai mo-vimenti dei piccioni nelle campagne circo-stanti le città;

- inquinamento genetico delle popolazioni relittedi Piccione selvatico (Fraticelli, 2001).

Una valutazione dei costi di pulizia ordinaria estraordinaria, il restauro dei monumenti, i censi-menti, le campagne di sensibilizzazione e l’in-stallazione di dissuasori, tutto ciò ha portato auna stima della spesa media di 132.000-189.000 euro per anno, per ciascuna città (No-misma, 2003).Occorre peraltro rilevare che gli inconvenienti re-lativi agli aspetti igienici e alla tutela del patrimo-nio monumentale possono essere - almeno inparte - considerati pretestuosi, ovvero ridimen-sionati, se si pensa che gli autoveicoli che tran-sitano nei centri urbani causano danni alla saluteed ai monumenti di gran lunga superiori.La sinantropia del piccione lo porta a frequen-tare alcuni edifici urbani (case di riposo, scuole,ospedali) per i quali occorre una particolare at-tenzione, mettendo in atto interventi puntuali di

gestione e dissuasione.Definire quale sia il livello di densità dei piccionioltre il quale occorre intervenire non è semplice,tanto più che in tale valutazione rientrano sia lapercezione della questione piccioni che i singoliinteressi dei diversi stakeholders.L’opinione pubblica è spesso divisa tra “de-trattori” e “sostenitori” dei piccioni, mentre èda rilevare con preoccupazione che i mediatalvolta speculano su queste vicende, pubbli-cando articoli con titoli eccessivi e irrazional-mente allarmistici, quali, ad esempio “Il fucilecontro l’invasione dei piccioni”; “Portatori disalmonella”; “Guerra totale ai piccioni”; “I sin-daci: troppi colombi, abbatteteli”; “Brutti, spor-chi e nocivi”.

4.1. Aspetti sanitariNell’opinione pubblica si è diffusa la convinzioneche i piccioni portino malattie. In realtà, la que-stione deve essere ricondotta ad un contesto dirazionalità, considerando che qualsiasi animalepuò essere portatore di patologie, sebbene nelconcreto la possibilità di trasmissione dipendada un insieme piuttosto complesso di fattori, incui si sommano circostanze ambientali più omeno favorevoli alla diffusione, caratteri propridell’agente infettante e fattori predisponentidell’ospite.Spesso la richiesta di limitare il numero di pic-cioni si fonda sulla base dei presunti problemisanitari, in particolare la salmonellosi. In merito,è da rilevare che i testi scientifici non ascrivonoai piccioni un ruolo di possibile trasmettitore disalmonellosi, mentre spesso il semplice rilievodi salmonellosi, anche se determinato sulla basedella sola diagnosi sierologica che di per sé nonimplica necessariamente la malattia, viene usatocome pretesto per giustificare l’uccisione di pic-cioni. La presenza della patologia nelle colonienon giustifica allarmismo, poiché il contagio conl’uomo avviene ingerendo cibo contaminato, ri-schio facilmente evitabile tramite l’adozionedelle normali precauzioni igieniche, quali il la-vaggio delle mani e dei cibi (Moriconi, 2007).Le più ampie disamine sulle interazioni sanitarietra piccioni ed esseri umani sono state pubbli-cate da Haag-Wackernagel e Moch (2004) e daHaag-Wackernagel (2006, 2012) che hanno

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consultato la letteratura medica e i report epi-demiologici dal 1941 al 2004. Anche se i piccioniospitano 111 diversi organismi patogeni perl’uomo, solo 8 di essi sono stati trasmessi, ri-guardanti 230 casi, di cui uno solo di salmonella.Le persone con difese immunitarie compro-messe sono decisamente più esposte al rischiodi ammalarsi.Il principale problema sanitario riguardante i pic-cioni può essere ricondotto all’ornitosi-psittacosi

Chlamydophila psittaci (Magnino et al., 2009) ealla presenza di ectoparassiti, quali l’acaro rossodel pollo Dermanyssus gallinae e la zecca Argasreflexus (Haag-Wackernagel, 2005).Ricapitolando, occorre quindi una corretta infor-mazione, basata su dati aggiornati e scientifici,tenendo presente che le alte densità di piccionipossono aumentare i rischi e causare l’insorgeredei problemi di convivenza.

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5TECNICHEDI GESTIONE E LINEEDI INTERVENTO

La “gestione delle specie problematiche” (wil-dlife damage management) è una branca dellagestione faunistica che ha lo scopo di risolverei problemi causati da alcune specie di animali,incrementando in questo modo il valore nettodella fauna, tramite la riduzione dei valori nega-tivi (Conover, 2002). Nell’ambito tecnico e scien-tifico, questo tema viene indicato anche con iltermine di pest management, vale a dire ge-stione delle specie “problematiche” che cau-sano danni o sono ritenute infestanti.Per quanto riguarda in particolare gli uccelli, inItalia vi è un documento generale di riferimento:“Presupposti per le strategie di gestione dellespecie ornitiche problematiche” adottato al 2°Convegno nazionale sulla fauna urbana dal ti-tolo ”Specie ornitiche problematiche: biologia egestione nelle città e nel territorio” tenutosi a Fi-renze il 10 giugno 2000 (Dinetti, 2002).A livello di linee-guida, vi è invece il Documentotecnico dell’Infs - Istituto nazionale fauna selva-tica (oggi Ispra - Istituto superiore per la prote-zione e la ricerca ambientale) “Colombi in città.Aspetti biologici, sanitari e giuridici. Metodologiedi controllo” (Ballarini et al., 1989) che costitui-sce un punto di riferimento, anche se alcuniaspetti in esso descritti sono ormai datati.Sono state inoltre prodotte alcune linee-guidaregionali, quali le “Linee guida per la gestionedel Colombo di città della Regione Piemonte”(giugno 2006) e la Deliberazione G.R. Umbria“Contenimento dei piccioni in ambiente urbanoe extraurbano. Linee di indirizzo non vincolanti”(dicembre 2000). Esistono anche diversi piani digestione a livello provinciale e comunale.Per aggiornare il documento presente (la ver-sione precedente è del 1998) sono state quindiconsiderate le modifiche che sono subentrate,sia a livello normativo che rispetto ad alcune

tecniche di gestione.La strada più corretta per approcciare e gestirele problematiche legate alla presenza dei pic-cioni va individuata in una “strategia integrata digestione”, o Integrated Pest Management (IPM),che deve risultare ecologica, selettiva rispettoalla specie target, a norma di legge, etica, so-stenibile sotto il profilo economico, sicura perl’ambiente e le catene alimentari, integrando unapluralità di metodi (AA.VV., 1996; Matthews,1998; Dinetti, 2006, 2010). La strategia è anchela via per uscire dal consueto clima d’emer-genza con cui di solito si affrontano i problemi,andando a delineare una vera e propria politicaad ampio respiro e di lungo termine.Un pilastro delle strategie per la gestione degliuccelli problematici è la conoscenza della dina-mica delle popolazioni, considerando che in na-tura (città comprese) le popolazioni sono“aperte” (Feare, 2004) e vengono governatedalla seguente equazione: nati + immigrati –morti – emigrati. Se si desidera ridurre una po-polazione, è necessario ridurre la capacità por-tante dell’ambiente, puntando in primo luogo alcontenimento delle risorse, costituite soprat-tutto dal cibo e dai siti riproduttivi. Ciò compor-terà una diminuzione di nascite e diimmigrazioni, aumentando i fattori di mortalità edi emigrazione.La riduzione della capacità portante, attraversomodifiche ambientali, è l’unica strada per capi-talizzare i risultati, e quindi la via più efficace perottenere una riduzione durevole delle popola-zioni di piccioni (Giunchi et al., 2012).Deve risultare chiaro che l’obiettivo generalenon è quello di eliminare i piccioni dalle città (ir-realizzabile tecnicamente, contrario ai principietici ed ai disposti di legge, ma anche molto di-spendioso dal punto di vista economico), bensìridurne la densità ad un livello accettabile dallagran parte della gente.

Una strategia di gestione si articola nelle se-guenti fasi:- studi preliminari di base: censimento con me-

todologia standardizzata; individuazione delle“zone a rischio”;

- monitoraggio sanitario;- valutazione degli impatti e dei problemi evi-

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denziati dalle categorie di stakeholder (citta-dini, operatori, agricoltori, enti pubblici) non-ché della “percezione” della presenza deipiccioni e dell’avifauna urbana più in generale(sondaggi di opinione);

- definizione degli obiettivi gestionali;- pianificazione della strategia: individuazione

delle metodologie da impiegare, valutazionecosti/benefici, eventuali problemi collaterali;

- implementazione della strategia;- azioni educative, di sensibilizzazione e infor-

mazione della cittadinanza;- programmi di formazione e aggiornamento pro-

fessionale, rivolti ai progettisti ed agli operatori;- pulizia e disinfestazione periodica di marcia-

piedi, monumenti e manufatti;- controllo/riduzione delle situazioni facilmente

utilizzabili dal Piccione di città, anche nellearee urbane di piccole dimensioni;

- monitoraggio e valutazione dei risultati, constudi ex-post (censimenti, valutazione dell’en-tità della riduzione del danno).

I programmi gestionali devono essere modulatisulla base del contesto locale, andando a con-siderare le caratteristiche urbanistiche, le tipo-logie di ambienti circostanti alla città, lapercezione e le attitudini dei cittadini, i parametridella popolazione dei piccioni (ad esempio, seessa è più “aperta” oppure “chiusa”), l’entità deivoli di foraggiamento eccetera. I piccioni sonouccelli adattabili e, nei contesti opportuni, com-piono spostamenti giornalieri che portano unaparte della popolazione a sfruttare l’area urbanaper la nidificazione ed il riposo notturno, e lezone rurali limitrofe per la ricerca del cibo. I mo-vimenti sono condizionati dalla disponibilità e di-stribuzione spazio-temporale delle risorsealimentari. Una strategia di gestione efficacedeve quindi operare a scala di comprensorio (ur-bano e rurale) e deve risultare flessibile e modi-ficabile nel tempo, in base alle informazioni divolta in volta acquisite.Occorre invece rilevare che gli interventi di ge-stione messi in campo da amministrazioni pub-bliche e da cittadini privati spesso si sonocontraddistinti per episodicità e scarsa efficacia,con carenze in fase di valutazione e quantifica-zione dei problemi. Per tali motivi, di solito i pro-blemi restano non risolti (Baldaccini et al., 2005;

Baldaccini e Giunchi, 2006), anche a causa delricambio degli amministratori pubblici, che nonattingono alle esperienze passate. Vi è inoltrecarenza di percorsi formativi adeguati per i tec-nici e i progettisti, oltre che di una capillare in-formazione e sensibilizzazione dellacittadinanza. Un apposito Ufficio per la tutela ela gestione degli Animali, che ciascuna ammini-strazione comunale dovrebbe prevedere nellapropria organizzazione, costituisce il miglior or-gano di coordinamento per queste attività,senza peraltro tralasciare un tavolo di confrontoe collaborazione con le associazioni ambienta-liste ed animaliste.Quando si opera in ambiente urbano, sono datenere presenti gli aspetti di sicurezza e la mag-giore attenzione che deriva da parte dell’opi-nione pubblica (Baldaccini e Giunchi, 2006).Nell’ambito delle tecniche di gestione, vi sonoquelle denominate di “difesa passiva” (dissua-sori e deterrenti) che non richiedono autorizza-zioni e possono essere applicate liberamenteanche dai privati (Baldaccini e Giunchi, 2006),ammesso che i sistemi siano incruenti e non in-terferiscano negativamente con gli uccelli. Tuttele altre operazioni che intervengono diretta-mente sugli individui (ad esempio catture), sullariproduzione (ad esempio sterilizzazione) o sugliecosistemi (ad esempio immissione di preda-tori), riguardano comprensori ampi e quindi re-stano di competenza esclusiva degli entipubblici, essendo inoltre regolamentate dallanormativa e soggette ad autorizzazioni da partedi regioni e province, sentito Ispra. A tal proposito, l’articolo 19 della legge 157/92prevede l’applicazione di metodi ecologici e in-cruenti di prevenzione/dissuasione, su indica-zione di Ispra. Solo qualora i metodi ecologicicorrettamente applicati non si dimostrino effi-caci, la legge consente alle amministrazionipubbliche competenti di prevedere il ricorso apiani di abbattimento con impiego di tecnicheche assicurino la massima selettività d’azione.Di seguito vi è una rassegna sintetica delle di-verse tecniche di gestione, raggruppate traquelle consigliate dalla Lipu e quelle non racco-mandate. Tale valutazione è avvenuta dopoun’ampia ed attenta lettura della bibliografiascientifica e tecnica (nazionale ed internazio-

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nale) nonché sulla base della partecipazione aconvegni di settore e della consultazione diesperienze dirette sviluppate da ricercatori edenti pubblici. La prima valutazione che abbiamosvolto è quindi di carattere tecnico (efficacia erapporto costi/benefici), sebbene il giudizio fi-nale sia stato integrato da considerazioni di ca-rattere etico, che trovano naturale fondamentonella visione e nella missione della Lipu, ovveronella sua filosofia. Come indirizzo generale, laLipu ritiene opportuno ricorrere esclusivamentea tecniche ecologiche e incruente, che agiscanoprevalentemente attraverso il riequilibrio am-bientale per ottenere il controllo delle popola-zioni cittadine del Piccione di città.A questo proposito, di seguito si evidenzianometodi consigliati, metodi da utilizzare con pre-cauzione o in determinate circostanze, e metodinon consigliati e da escludere.

5.1. Metodi consigliati

5.1.1. Riduzione della capacità portante del-l’ambiente: limitazione delle risorse (cibo esiti di nidificazione)

5.1.1.1. Interventi sulle strutture

5.1.1.1.1. Progettazione architettonicaconsapevoleIl primo punto da considerare, tra gli aspetti strut-turali, è quello di realizzare edifici e altre struttureche non incentivino la presenza e la nidificazionedei piccioni. È quello che tecnicamente viene de-finito “esclusione”. Si tratta quindi di approcciarealla progettazione urbanistica ed edilizia consi-derando anche i diversi aspetti legati alla conser-vazione e gestione della biodiversità urbana(Dinetti, 2009a; Piras e Fassina 2011).Dal punto di vista tecnico, sono disponibili le ca-ratteristiche strutturali necessarie per escludere ipiccioni, quali altezza e larghezza massima di aper-ture, larghezza massima di cornicioni, angolo di in-clinazione in base ai diversi materiali da costruzione(Haag-Wackernagel e Geigenfeind, 2008).Considerando che la progettazione “bird friendly”è fin troppo trascurata in Italia, la Lipu promuoveiniziative (convegni, corsi, seminari) rivolteespressamente alla formazione e all’aggiorna-

mento di progettisti e tecnici (architetti, ingegneri,geometri eccetera), compresi gli addetti al servi-zio qualità di catene della grande distribuzione.Sarebbe opportuno inserire un apposito artico-lato nei regolamenti edilizi e/o di igiene dei co-muni, prevedendo l’obbligo per i proprietari diedifici di occlusione selettiva dei siti di nidifica-zione dei piccioni, riguardante sia la fase di rea-lizzazione di nuovi edifici che quella dimanutenzione, restauro e ristrutturazione deifabbricati esistenti. Come esempio, citiamo il re-golamento edilizio del Comune di Pisa (novem-bre 2012) che prevede l’obbligo di installazionedi dissuasori e la chiusura delle aperture nellamuratura. Purtroppo in esso si parla di “chiusuracompleta per sfavorire la nidificazione di vola-tili”, mentre sarebbe stato più corretto specifi-care che l’intervento riguarda i soli piccioni,prevedendo chiusure soltanto parziali delle ca-vità, in modo da agire selettivamente e non in-terferire negativamente su altre specienon-target, quali rondoni comuni e pallidi, pas-seri, rapaci diurni e notturni, pipistrelli.

Limiti: tempi medio-lunghi di attivazione.Potenzialità: metodo ecologico, in quanto insistesulle risorse ambientali.

5.1.1.1.2. Dissuasori di appoggioL’utilizzo dei dissuasori di appoggio, meccanicie con azione incruenta, viene raccomandatoquale sistema di “difesa passiva” per vari ambiti,compresi edifici di civile abitazione, monumenti,palazzi storici, fabbricati rurali, complessi com-merciali e altre strutture tra cui gli edifici di per-tinenza degli aeroporti (Haag-Wackernagel,2000; Seamans, 2007).Il punto di forza di questo approccio è che se siscelgono materiali e tecnologie adatte, si pro-duce un effetto duraturo, con costi ammortizza-bili in un periodo di diversi anni.Se l’uso dei dissuasori è localizzato, può nellamigliore ipotesi “proteggere” il singolo edificio,ma potrebbe spostare altrove il problema, men-tre un effetto complessivo sull’intera popola-zione dei piccioni (e quindi una riduzione dellacapacità portante dell’ambiente) può essere rag-giunto solamente con un’azione coordinata e diampio respiro. In tal senso, sono da accogliere

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con interesse i bandi per la concessione di con-tributi per interventi tesi all’allontanamento deipiccioni sugli edifici dei centri storici (ad esempiobandi del Comune di Colle di Val d’Elsa del 2003e del Comune di Siena del 2010).Per ulteriori aspetti connessi con le ordinanzecomunali, si rimanda all’Appendice II.

Qui di seguito l’elenco dei dissuasori di appog-gio che possono essere utilizzati:- puntali: è il più usato e conosciuto tra i dissua-

sori. Deve risultare incruento, e quindi con ele-menti flessibili, teste piatte e arrotondate. Sisegnalano in particolare i puntali in plastica(vedere anche 5.1.1.1.2.1);

- filo (filo ballerino o bird wire): di particolare in-teresse, sarebbe da usare più spesso, anchecome alternativa ai classici puntali (Andelt eBurnham, 1993);

- spirale;- cuneo (the slope, birdslide);- ombrello (daddy long legs).

Altre tipologie di dissuasori di appoggio ven-gono periodicamente proposte sul mercatodalle aziende specializzate. Occorre tuttavia va-lutarne di volta in volta l’efficacia, la compatibi-lità con il benessere animale e le situazioniottimali di applicabilità.Per ciascuna situazione e dettaglio architetto-nico, è necessario scegliere la tipologia di dis-suasore di appoggio più adatta, da installare aregola d’arte, interessando l’intera superficie daproteggere. Questo per ragioni di efficacia, eco-nomicità, estetica, ma anche per garantire il be-nessere degli animali, che talvolta va di paripasso con la stessa efficacia dell’intervento pro-posto. In proposito, per fare un esempio, Haag-Wackernagel (2000) ha dimostrato che idissuasori cruenti (needle e claw systems) nonhanno efficacia maggiore rispetto a quelli in-cruenti (wire-spikes, birdwire system).

Limiti: efficacia circoscritta all’immobile inte-ressato.Potenzialità: si tratta di un intervento perma-nente, ed è una delle poche azioni implementa-bili direttamente dal privato o dai singoli enti nelcaso di edifici pubblici.

5.1.1.1.2.1. Possibili problemi dovuti all’uso dialcuni dissuasoriL’utilizzo dei dissuasori ad azione elettrostaticapuò essere presa in considerazione, sebbene sitratti di un sistema più costoso, da usare in ma-niera circostanziata e con precauzione. Tecnica-mente parlando, tutte le parti da proteggeredevono essere interessate dallo stimolo, che ilPiccione di città deve sperimentare affinché nonsi posi, senza che insorga assuefazione (Sea-mans e Blackwell, 2011).Le eventuali installazioni devono avvenire a re-gola d’arte e da personale specializzato, preve-dendo una manutenzione periodica che evitimalfunzionamenti. Si sono infatti verificati casidi cattivo funzionamento di dissuasori elettro-statici, che hanno portato alla morte per folgo-razione di uccelli, specie di piccole dimensioni,quali Rondone comune Apus apus, Rondine Hi-rundo rustica, Balestruccio Delichon urbicum,Rondine montana Ptyonoprogne rupestris.Una nota particolare riguarda i dissuasori a pun-tali metallici: secondo i riscontri dei responsabilidei principali Centri recupero fauna selvatica(Crfs) della Lipu, i casi di piccioni con lesioni ri-conducibili a dissuasori a puntali sono assenti omolto rari (Ceccherelli, com. pers.; Manzia, com.pers.). Inoltre, è dimostrabile come sia improba-bile trafiggere un piccione con un dissuasore apuntali con teste piatte (carcassa di esemplaregià deceduto).Il report prodotto dalla Lipu sui dissuasori a pun-tali metallici è riportato in Appendice III.

5.1.1.1.3. Reti antintrusione e chiusura selet-tiva delle cavità riproduttiveLe reti antintrusione, in polietilene a maglia 5 x5 cm, oppure metalliche con maglia elettrosal-data (per piccoli spazi), costituiscono il sistemapiù efficace per impedire l’accesso dei piccioniin spazi ampi, quali possono essere balconi, ca-pannoni, cortili interni, loggiati, porticati, torricampanarie.L’installazione deve procedere a regola d’arte,usando materiale idoneo ed evitando di lasciarepassaggi che potrebbero provocare l’intrappo-lamento dei piccioni o di altri uccelli. Questaprecauzione deve essere verificata anche attra-verso una adeguata manutenzione. Per spazi

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ampi possono rendersi opportune idonee mar-cature di segnalazione dell’ostacolo.Analogamente, si può procedere con interventialle cavità usate per la riproduzione (fori pontai,sottotetti, cavità in pareti di edifici), che sono ingrado di ridurre la popolazione (ad esempio, del23% a Perugia, Montefameglio et al., 1992).

Questo intervento deve:- essere effettuato quando non vi sono nidifica-

zioni attive, in modo da non intrappolare i ni-diacei;

- risultare selettivo, trattandosi di una chiusuraparziale e non totale, in maniera da consentireil passaggio a specie più piccole e non-target,quali rondoni, passeri, codirossi, pipistrelli. Inproposito, esistono diversi casi di ristruttura-zioni di edifici storici e monumenti con occlu-sione parziale dei fori, per escludere i piccionie mantenere la nidificazione dei rondoni (cfr.Luini e Viganò, 1995; Imperiale, 2010; Piras eFassina, 2011). Negli edifici che ospitano co-lonie di pipistrelli (chirotteri) possono essereadottate soluzioni tecniche che escludonol’accesso ai piccioni (mantenendolo per imammiferi volatori) quali la riduzione delle di-mensioni, i passaggi a sifone e l’oscuramento(Debernardi e Patriarca, senza data). Per lespecie con dimensioni simili ai piccioni (adesempio rapaci diurni e notturni, Taccola Cor-vus monedula), è necessario allestire nidi arti-ficiali idonei, allo scopo di offrire siti alternativi.

Limiti: efficacia circoscritta all’immobile interes-sato.Potenzialità: metodo ecologico, perché insistesulle risorse ambientali.

5.1.1.2. Gestione dell’alimentazioneI più importanti studiosi di piccioni - e di altre spe-cie ornitiche problematiche - hanno varie volteaffermato che le popolazioni vengono regolatedalla disponibilità di cibo, in maniera densità-di-pendente. La risorsa alimentare è quindi il fattorelimitante principale, e una sua riduzione rivesteun ruolo centrale nelle strategie di gestione, insi-stendo su tutti e quattro i fattori che agisconosulla dinamica della popolazione, vale a dire na-talità, mortalità, immigrazione ed emigrazione

(Feare, 2004; Haag-Wackernagel, 2012; Schrei-ber et al., 2015). Oltre al cibo, anche l’acqua puòessere un fattore limitante, su cui intervenire inmaniera opportuna (Calandri et al., 2013).La disponibilità alimentare in un determinato sitoporta alla concentrazione dei piccioni, e l’offertadiretta di cibo da parte dei cittadini ne è la causapiù frequente (Fraticelli, 2008). I piccioni hannonotevoli possibilità di reperire cibo, sia in am-biente urbano che nelle aree circostanti, cosic-ché fornire cibo aggiuntivo risulta poco utile senon addirittura nocivo per la salute dei piccioni.Ciò, soprattutto se effettuato con cibi poveri divitamine e sali minerali (quali pane e pasta) op-pure in maniera abbondante e incontrollata, fe-nomeno che genera concentrazioni e stressnelle popolazioni dei piccioni, stimolandone ec-cessivamente i ritmi riproduttivi.Allo scopo di limitare la disponibilità di cibo per ipiccioni, è importante migliorare l’igiene pub-blica, la produzione e lo smaltimento dei rifiuti, eparallelamente svolgere un’intensa e regolareopera di informazione e sensibilizzazione, siaverso i cittadini che nei confronti degli operatori.Un progetto pilota che ha valutato gli effetti dellariduzione della disponibilità alimentare è statocondotto a Barcellona, Spagna, dal 2009 al 2010(Agència de Salud Pública de Barcelona, senzadata). La parte principale del programma ha ri-guardato l’informazione e sensibilizzazione deicittadini, e ciò ha inciso soprattutto sugli alimen-tatori occasionali, mentre per quelli abituali ha in-fluito su alcune abitudini (orario, quantità di cibosomministrato). Come risultato, la popolazionedei piccioni nei quartieri coinvolti si è ridotta del40%, e il progetto ha permesso anche di deter-minare il “profilo dell’alimentatore” e di analizzarela percezione della gente verso i piccioni.Anche a Venezia è stato ottenuto un buon risul-tato, vietando la distribuzione di cibo in PiazzaSan Marco, così che da una concentrazione>10.000 individui in 1,3 ettari si è scesi a circa1000 piccioni (Giunchi et al., 2012).La strada più volte praticata dalle amministrazionicomunali per tentare di limitare la disponibilità dicibo per i piccioni, è quella di emanare una ap-posita ordinanza, azione peraltro messa in attofin dai primi decenni del secolo scorso. Non sem-pre, tuttavia, l'iniziativa porta i risultati auspicati,

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e ciò per varie ragioni: scarsa sensibilizzazione,assenza di controlli, mancato coordinamento conaltre azioni, terminologie non comunicative, am-biti territoriali e divieti troppo generici, assenza dialternative per i cittadini zoofili. Il futuro è un approccio moderno, che prevedeuna regolamentazione delle forniture (anziché unrigido divieto), indicazioni su tipologie e quantitàdi cibo, luoghi e periodi, ad uso delle personeche desiderano alimentare i piccioni. In altre pa-role, una vasta e puntuale azione di informa-zione e sensibilizzazione per la cittadinanza,prevedendo l’installazione di mangiatoie dedi-cate in aree pubbliche. Un’iniziativa in tal sensoè stata avviata nel 2009 dalla Lipu con il Co-mune di Firenze. Inoltre, è molto utile adottarela proposta dell’associazione franceseA.E.R.H.O. che ha formulato uno “statuto delnutritore di piccioni”. Per altri aspetti connessi con le ordinanze co-munali, si rimanda all’Appendice II.

Limiti: potrebbero essere erroneamente addotteragioni etiche (“si affamano i colombi”; “non ègiusto vietare questo comportamento benevoloverso i volatili”). In aree urbane circondate dacoltivi, ad una riduzione del cibo in città alcunipiccioni potrebbero effettuare più visite nellearee rurali, aumentando le problematiche neiconfronti degli agricoltori.Potenzialità: molto efficace, in quanto il primoelemento che influisce sulle popolazioni è costi-tuito dalla sovrabbondanza di cibo indotta arti-ficialmente dall’uomo.

5.1.2. Colombaie gestiteL’allestimento di colombaie nei parchi urbani ein altri ambiti, gestite direttamente dai comuni,è stata proposta come una delle soluzioni piùavanzate ed efficaci per affrontare la problema-ticità dei piccioni, così come è effettivamenteavvenuto in alcune città in Svizzera e Francia(Haag-Wackernagel, 1995).

I punti a favore dell’istituzione di una colombaiagestita sono:- la prevenzione e la cura delle malattie e di in-

festazioni parassitarie, grazie alla collabora-zione dei veterinari;

- il contributo al controllo della popolazione,mediante eliminazione o sostituzione delleuova (vedere anche più avanti, alla sezione5.2.3 sulla gestione delle uova);

- la creazione di un luogo di aggregazione perla cittadinanza;

- la creazione di uno strumento per attività dieducazione ambientale;

- la raccolta delle feci, da utilizzare come ferti-lizzante.

Si deve ad ogni modo considerare che anchel’allestimento di una colombaia debba rientrarein una strategia integrata di gestione, perché senon coordinato con altri interventi (chiusura deisiti di nidificazione ed altri disincentivi nelle zoneproblematiche, controlli sanitari, sensibilizza-zione dei cittadini), potrebbe portare ad effetticontroproducenti, aumentando la capacità por-tante dell’ambiente, a causa di una maggiore di-sponibilità di siti di nidificazione.In Italia, alcune prime iniziative in questo sensosono state attivate a Pandino (Cr) e Peccioli (Pi),ma molto resta ancora da fare per standardiz-zare metodologie e procedure, renderle dispo-nibili sul mercato in maniera adeguata evalutarne i risultati.

Limiti: complessità organizzativa, rischio di au-mentare la capacità portante dell’ambiente (senon coordinata con altre azioni).Potenzialità: offre un contributo importante almiglioramento dello stato sanitario e alla limita-zione delle nascite. Capacità di coinvolgimentodella gente.

5.1.3. Censimenti e monitoraggiLa disponibilità di dati aggiornati sulla consistenzae la dinamica delle popolazioni dei piccioni di cittàè fondamentale per motivare e guidare una stra-tegia gestionale, potendone anche valutare i risul-tati, così come per fornire informazioni attendibilie obiettive alla cittadinanza.I dati dei censimenti effettuati in diverse città ita-liane sono stati pubblicati in varie forme, seb-bene occorra attenzione nell’effettuareconfronti, a causa dell’eterogeneità delle meto-dologie di conteggio e di calcolo di volta in voltaadoperate (Baldaccini e Ragionieri, 1993; Dinetti

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e Gallo-Orsi, 1998; Dinetti, 2001a). Ciò pre-messo, i risultati espressi in numero di individuie di densità sono riportati in Appendice I.La valutazione dell’abbondanza dei piccioni puòprocedere attraverso conteggi completi (censi-menti a “massima copertura”) oppure per mezzodi conteggi parziali (transetti, quadrati eccetera). E’ utile precisare che per censimento si intendeil numero di piccioni effettivamente contati dalrilevatore durante i sopralluoghi, mentre perstima si intende il numero di piccioni che si pre-sume frequentino l’area di studio. In questocaso, il censimento è la base di partenza, a cuisi applicano “fattori di correzione” per ottenereuna proiezione della realtà. In ogni caso, contat-tare tutti i piccioni presenti nell’area di studio èdifficile, a causa della complessità degli ecosi-stemi urbani e del comportamento degli stessipiccioni (nascosti in cavità e nidi, celati alla vistadel rilevatore dietro palazzi, trasferiti tempora-neamente nelle campagne periurbane).Recentemente è stata proposta e utilizzata in al-cune città la metodologia del Distance sampling(Ds) applicata al transetto lineare (Baldaccini etal., 2005; Giunchi et al., 2007b; Calvini e Boano,2013) che dovrebbe essere in grado di produrrequantificazioni più verosimili delle popolazionidei piccioni. Deve essere considerato che, tragli assunti del Ds, vi è che tutti gli individui a di-stanza 0 dal transetto siano contattati, e che ledistanze vengano misurate senza errore.Le caratteristiche dell’ambiente urbano (tridi-mensionale, eterogeneo, “impermeabile” per lapresenza degli edifici) e una serie di problema-tiche nel calcolare le distanze e nell’uso del soft-ware, gettano però diverse ombresull’opportunità di utilizzare questo metodo peril censimento dei piccioni e degli altri uccellinegli ecosistemi urbani (Dinetti, 2008; Dinetti eVignoli, 2012).Sarebbe in ogni caso utile giungere alla standar-dizzazione di un metodo di censimento dei pic-cioni di città nelle aree urbane, che produca datiil più possibile attendibili e replicabili, ma altempo stesso utilizzi una metodologia sufficien-temente agile per essere applicata sul campo edelaborata da ornitologi, enti pubblici, veterinari,operatori di gestione faunistica. Al tempostesso, è necessario che le pubblicazioni e i re-

port tecnici descrivano accuratamente il metodousato e il procedimento di calcolo, vale a dire sei numeri riportati riguardano i conteggi (censi-menti) oppure le stime (applicazione del coeffi-ciente di correzione).Si ritiene che almeno per i centri storici, per sin-goli quartieri e/o in città di piccole/medie dimen-sioni, il metodo più valido sia il conteggiodiretto, con il riporto dei dati su cartografia(massima copertura). Proponiamo quindi diusare una versione semplificata del mappaggio,applicabile anche agli atlanti urbani quali-quan-titativi (Dinetti, 2005), pur tenendo a mente chenel caso del Piccione di città non verranno indi-viduati i territori riproduttivi, considerando le abi-tudini gregarie della specie.Una volta individuato il metodo più idoneo alcontesto, è opportuno mantenerlo nelle replichesuccessive, al fine di non introdurre ulteriori va-riabili quando si effettuano confronti tra serie didati. Ciò appare indispensabile allo scopo di in-dividuare il trend della popolazione, ma ancheper valutare l’efficacia dei piani di gestione chesono stati adottati.

Limiti: assenza ad oggi di metodologie standar-dizzate.Potenzialità: essenziale per tutte le valutazioni ela comunicazione.

5.1.4. Rapporti con i cittadini

5.1.4.1. Sondaggi di opinione per la cittadi-nanzaUn altro ambito di indagine è quello che analizzail contesto sociale e l’approccio psicologicodella questione, e consiste nell’acquisizionedelle informazioni sulla percezione della genterispetto ai piccioni, sulle problematiche lamen-tate, le tecniche gestionali ritenute più oppor-tune e il grado di conoscenza in generale dellabiodiversità urbana (Giovacchini, 2016).Le opinioni dei cittadini sono quanto di più mul-tiforme sì possa immaginare, passando dalle po-sizioni estreme di odio a quelle di amore(espresse anche attivamente, vale a dire ucci-sione vs. fornitura di alimentazione). Numerosesono le richieste circostanziate per interventi dilimitazione espresse nei confronti degli enti locali,

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ma vi sono anche posizioni di indifferenza. Tal-volta persone diverse, sulla base di una stessamotivazione etica o pratica, forniscono rispostein palese contrasto, così come di frequenteemerge una conflittualità interna nella stessa per-sona, che da una parte afferma di non tollerare ipiccioni, mentre dall’altra fornisce loro cibo (adesempio quando è in un parco con i figli).

Quale esempio di sondaggio, si riporta lo studioeffettuato dalla Sezione Lipu di Reggio Emilianel 2001, con i seguenti risultati:- la percezione del problema da parte dei citta-

dini è direttamente proporzionale alla vici-nanza dei posatoi e dei siti di nidificazione;

- l’aspetto che preoccupa maggiormente èquello sanitario e, in percentuale minore, idanni agli edifici;

- buona parte degli intervistati (82%) desiderauna riduzione del numero dei piccioni;

- poco più della metà (62%) li considera unapresenza indesiderata vicino a casa;

- il metodo di intervento più auspicato è la limi-tazione del cibo e dei luoghi di cova.

Altre indagini del genere sono state realizzatedalla Lipu a Nichelino (To), Trieste, Volterra (Pi),Lamporecchio (Pt), Calatafimi (Tp) e mostranoche esiste un sostanziale equilibrio tra chi au-spica e chi non desidera interventi limitativi, cheesiste una relazione diretta tra insofferenza neicittadini e densità dei piccioni, che la maggiorparte delle persone che chiede interventi di con-trollo auspica solamente l’uso di metodi in-cruenti ed ecologici, e infine che le fasce d’etàpiù “amiche” dei colombi sono i bambini e tal-volta gli anziani.Generalizzando, nessuna persona “ragione-vole” desidera città prive di piccioni; ciò che in-vece appare un sentimento diffuso è ottenereun contenimento delle popolazioni, agendosulle cause riconducibili a squilibri ambientaliindotti dall’uomo.

Limiti: necessitano di una impegnativa azione dicampo. Potenzialità: molto utili a conoscere le opinionie le aspettative dei cittadini.

5.1.4.2. Informazione e sensibilizzazione deicittadiniIl “problema piccioni” è essenzialmente unaspetto sociale, più che un problema faunistico.Per questa ragione, occorre agire soprattuttosulle persone e sui relativi comportamenti. Ciòdiviene un’occasione per organizzare iniziativesociali, rivolte soprattutto alle categorie più di-sagiate, quali gli anziani e le persone sole.

Le campagne informative dovranno basarsi suiseguenti presupposti (cfr. Moriconi, 2004):- contenuti etici, quali quelli espressi dalle as-

sociazioni ambientaliste e animaliste, incen-trati sul rispetto e la tolleranza verso tutti gliesseri viventi;

- dati scientifici, che mostrino in maniera obiet-tiva e razionale l’impatto dei piccioni sull’am-biente, soprattutto sotto il profilo dei rischisanitari;

- aspetti positivi legati alla presenza degli ani-mali in città, e “storia” dei piccioni rispetto alpercorso di allevamento da parte dell’uomo;

- panorama delle tecniche di gestione, applica-bilità alle diverse situazioni e loro valutazioneanche sotto il profilo costi/benefici.

Appare opportuno spiegare ai cittadini (soprat-tutto a coloro che alimentano regolarmente ipiccioni) che con alte densità e concentrazioniil successo riproduttivo si riduce, i giovani sonotrascurati, le condizioni igienico-sanitarie peg-giorano e possono scoppiare più facilmente leepidemie. Inoltre, si inasprisce il disagio socialetra la cittadinanza, e possono essere infranti i re-golamenti comunali, tutti elementi che concor-rono a costruire un’immagine negativa deipiccioni, che invece andrebbe evitata.In poche parole, troppo cibo significa una peg-giore qualità della vita per gli stessi piccioni.Sono quindi necessarie delle azioni culturali eeducative, allo scopo di sensibilizzare questepersone a spostare l’abitudine di nutrire i pic-cioni verso specie non problematiche (quali ipiccoli passeriformi selvatici) tramite l’incentiva-zione dell’uso di mangiatoie nei parchi pubblicie nei giardini privati.Più in generale, a nostro avviso occorre promuo-vere posizioni e strategie razionali ed equilibrate,

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che incontrino il favore della maggior parte del-l’opinione pubblica, divulgando approcci tecni-camente percorribili ed eticamente accettabili.Le posizioni rigide non risolvono il problema e ir-rigidiscono le parti, creando involontariamentele condizioni per le azioni più cruente ed antie-cologiche (abbattimenti, catture).

Limiti: tempi lunghi per far cambiare le abitudinialla gente.Potenzialità: molto efficace per la crescita cultu-rale e lo sviluppo di comportamenti corretti neicittadini.

5.1.5. Igiene pubblicaIl miglioramento dell’igiene pubblica resta un ca-pitolo fondamentale per contribuire a risolvere iproblemi di convivenza con i piccioni ed altrespecie problematiche, quali non da ultimo topi eratti. In questo quadro, un’importanza particolare

è rivestita dall’intera filiera che va dalla produ-zione al trasporto e commercializzazione dellederrate alimentari, per finire con la raccolta, iltrattamento e lo smaltimento dei rifiuti.Mentre è fuorviante temere di contrarre pato-logie dai piccioni svolgendo una “normale” vitaall’aperto, attenzioni particolari devono essereassunte dalle categorie a rischio, quali gli im-munodepressi, e da operai e costruttori che sitrovano a lavorare in edifici particolarmente fre-quentati dai piccioni, dove si è accumulatomolto guano (soprattutto in situazioni interne),circostanze che richiedono l’uso di idonei DPI- Dispositivi di Protezione Individuale (Magninoet al., 2009).

Limiti: costi e necessità di interventi puntuali eripetuti.Potenzialità: miglioramento dell’ambiente ur-bano e della convivenza con i cittadini.

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5.2. Metodi impiegabili in determinate circo-stanze e/o con precauzioniIn questa sezione si descrivono i sistemi che of-frono un’efficacia limitata e quelli che possonoessere applicati solo in certi ambiti, oppure ri-spettando attenzioni particolari.

5.2.1. DeterrentiIl mondo della disinfestazione (pest manage-ment) mette in commercio una gamma di deter-renti ad azione visiva, olfattiva, acustica, tattile,integrata, il cui scopo è quello di allontanare gliuccelli indesiderati. Se per altre specie ed incontesti diversi (ad esempio le coltivazioni agri-cole) i deterrenti possono avere una certa effi-cacia (almeno a breve termine), si deveconsiderare che i piccioni sono ospiti perma-nenti delle città e la loro storia li ha portati a tol-lerare ogni sorta di disturbo antropico.Per questa ragione, i deterrenti hanno un’effica-cia da scarsa a nulla, poiché nella migliore ipo-tesi i piccioni si abituano entro qualche giorno(Johnston e Janiga, 1995). Questo include gli ul-trasuoni, inefficaci in quanto fuori dalla portatauditiva degli uccelli (Baldaccini e Giunchi, 2006).Anche i repellenti chimici e quelli in gel non sonoefficaci per allontanare i piccioni, e si possonoappiccicare al piumaggio (Stock e Haag-Wac-kernagel, 2014). Ciò sebbene siano stati recen-temente proposti sul mercato nuovi prodotti abase di sostanze vegetali, che stanno manife-stando alcune potenzialità e un’azione repel-lente che però è circoscritta ai soli punti trattati.In ambienti diversi dalle aree urbane, sono daprendere in considerazione alcuni deterrenti otticie integrati, quali il “falco robot” per gli aeroporti(Battistoni et al., 2008) e l’aquilone gonfiabile“Helikite“ per la prevenzione dei danni in agricol-tura (Santilli et al., 2004; Gorreri e Galardi, 2008).

Limiti: inefficaci in breve tempo, per l’insorgeredi assuefazione. Possibilità di causare fastidioad altri animali e all’uomo stesso. Applicabili so-lamente su superfici limitate.Potenzialità: i modelli più semplici hanno costilimitati. Flessibilità di utilizzo, possibilità di usoda parte dei privati (se incruenti).

5.2.2. Incremento predatori naturaliIl Piccione di città ha dei predatori naturali. Inteoria, si potrebbe quindi cercare di incremen-tare la presenza di predatori per contenere il nu-mero dei piccioni.Ad esempio, tra i predatori vi sono alcuni rapacidiurni e notturni, ma solo poche specie di rapacivivono negli ambienti urbani (tra i quali Falcopellegrino Falco peregrinus e Allocco Strixaluco). Inoltre, i loro territori sono ampi e quindila densità resta bassa, determinando un decisosquilibrio con il numero dei piccioni che può es-sere effettivamente predato.L’eventuale rilascio di rapaci in natura è sog-getto alla normativa e alle linee-guida sulle im-missioni faunistiche. È anche da verificarel’origine dei soggetti da rilasciare, considerandoche si tratta di fauna selvatica protetta.Questi elementi sconsigliano l’utilizzo della pre-sente tecnica.

Si può invece prendere in considerazione:- l’incremento indiretto dei rapaci diurni (Falco

pellegrino) e notturni (Allocco), tramite instal-lazione di nidi artificiali idonei;

- il rilascio di individui curati presso centri auto-rizzati al recupero di fauna selvatica, previoidoneo iter, che include l’allestimento e la ge-stione di voliere di ambientamento.

Un altro predatore da considerare è la Taccola,che occupa i siti di nidificazione dei piccioni ene preda le uova. Anche la sua azione però nonè tale da limitare in maniera decisiva quella deipiccioni. In proposito, si ricorda come le immis-sioni di taccole siano avvenute solo a Venezia eMantova, mentre per le altre città si tratta di co-lonizzazioni spontanee.

Limiti: tecnica complessa, con aspetti normativie conservazionistici da considerare. Efficacia li-mitata (rapporto preda-predatore sbilanciato).Potenzialità: possibilità di controllo ecologico,sulla base dei rapporti preda-predatore, con se-lezione naturale.

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5.2.3. Gestione delle uovaLo scopo di un’azione sulle uova è quello diagire sui nidi per limitare le nascite.Gli aspetti da considerare e le problematichecorrelate alla tecnica sono i seguenti: - necessità di richiesta agli enti preposti di au-

torizzazione a intervenire su uova e nidi, aisensi della normativa vigente;

- possibilità di intervenire sui nidi, spesso ubi-cati in contesti difficili da raggiungere;

- ripercussioni sulle condizioni dei piccioni: atale scopo Jacquin et al. (2010) hanno verifi-cato che la rimozione costante delle uovaporta ad un accorciamento dei cicli riproduttivi(da 11 a 4 settimane) e al peggioramento dellecondizioni fisiche delle femmine, stimolate aduna elevata produzione di uova, con conse-guenze che si possono ripercuotere negativa-mente sulla resistenza alle patologie e aiparassiti. Per queste ragioni, è preferibile lasostituzione con uova finte, piuttosto che la ri-mozione delle uova.

Limiti: difficoltà di raggiungere i nidi, covate disostituzione.Potenzialità: contributo al contenimento dellenascite.

5.2.4. Sterilizzazione chirurgicaCon questa tecnica si mira a impedire le nascite,agendo sui maschi tramite vasectomia. Il pro-gramma comporta la cattura, il riconoscimentodei sessi, un intervento chirurgico e la succes-siva liberazione in natura, azioni non sempreagevoli e che comportano una discreta invasi-vità sul benessere animale.

A favore vi è la selettività, in quanto si intervieneesclusivamente sulla specie target e la duratadegli effetti si mantiene per tutta la vita degli in-dividui trattati (Russo, 2001; Heiderich, 2014).Può essere definito un intervento etico, in quantonon interferisce con il comportamento - anchesessuale - delle coppie (Martignoni, 1992).Il limite principale di questo approccio (analoga-mente agli altri che agiscono direttamente suipiccioni) è che per ottenere dei risultati di rilievosarebbe necessario interessare una proporzionemolto elevata degli individui riproduttori, cosa chenella realtà è complessa e comunque porta ad unrapporto costi/benefici sfavorevole (Haag-Wac-kernagel, com. pers.). Questa azione presentaquindi diverse criticità di carattere sia economico(costi elevati imputabili alle operazioni di cattura,anestesia, intervento chirurgico, stabulazione) siaoperativo (difficoltà a riconoscere i sessi). L’effi-cacia di questo metodo appare quindi limitata epertanto il ricorso alla sterilizzazione chirurgicanon appare indicato quale strumento di controllodi massa dei piccioni.La sterilizzazione chirurgica può invece esserepresa in considerazione su individui che entranonella disponibilità di operatori specializzati pervarie cause, quali i piccioni ricoverati presso icentri recupero fauna selvatica.

Limiti: complessità operativa. Per avere efficaciaoccorre agire su gran parte della popolazione. In-tervento chirurgico invasivo, esistono problemi dicorretto sessaggio di una parte degli individui.Potenzialità: selettivo e non pericoloso per l’am-biente.

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5.3. Metodi non consigliati

5.3.1. Catture e abbattimentiUn sistema con il quale alcune amministrazionihanno inteso procedere al fine di limitare le po-polazioni dei piccioni, e gli inconvenienti ad essilegati, sono i piani di abbattimento. Nelle areeurbane le azioni hanno riguardato il posiziona-mento di gabbie-trappola o reti a prodina, conconseguente cattura e successiva eliminazionedei soggetti. Nelle aree rurali si è proceduto perlo più con ordinanze di autorizzazione all’abbat-timento con arma da fuoco.La letteratura scientifica internazionale (adesempio Feare, 2004) e le evidenze prodotte inItalia rivelano che i piani di abbattimento nonhanno mai portato ad una riduzione durevole delnumero dei piccioni. Ad esempio, a Firenze dal1989 al 1998 sono stati catturati e soppressicirca 120.000 piccioni, e la stessa amministra-zione comunale ha dichiarato che il risultato èstato nullo (Comune di Firenze, 2008). Pertanto,è molto difficile, se non impossibile, ridurre unapopolazione di piccioni attraverso l’innalza-mento del tasso di mortalità. Se poniamo untasso di natalità di 2 giovani/coppia/anno, si do-vrebbe eliminare più del 100% del contingentedi adulti per ottenere la riduzione della popola-zione, cosa impraticabile nella realtà per diversifattori (Haag-Wackernagel, 2012).In proposito esistono diverse ricerche realizzatein Paesi quali Spagna, Germania, Svizzera eRegno Unito (Murton et al., 1972; Haag, 1995;Johnston e Janiga, 1995), tra cui ricordiamo inparticolare l’esempio di Barcellona: a frontedella cattura e uccisione di 108.193 piccioni, ladensità non diminuì (948 ind./km2 nel 1983, con-tro 940 ind./km2 nel 1991 (Sol e Senar, 1992). Idati più recenti per la città spagnola mostranoche tra il 1991 ed il 2006 sono stati eliminati227.479 piccioni, senza che l’abbondanza abbiamostrato una diminuzione: 183.667 ind. nel1991 contro 256.663 ind. nel 2006 (Senar et al.,2009). A Basilea tra il 1961 ed il 1985 furono uc-cisi 100.014 piccioni utilizzando armi da fuocoe trappole, senza ottenere un calo durevole dellapopolazione (Haag-Wackernagel, 2012).Nonostante le quote significative di piccioni eli-minati, entro 4 giorni dalla cattura il livello della

popolazione torna al livello iniziale (Sol e Senar,1995) ed anche una riduzione dell’80% del nu-mero di alcuni gruppi fallisce nel giro di pochesettimane (Haag-Wackernagel, 1995; Feare,2004). In proposito esistono anche le simula-zioni dell’Università di Pisa, le quali dimostranoche la soppressione di un numero o una percen-tuale costante di animali porta a riduzioni signi-ficative solo con prelievi molto elevati(Baldaccini e Giunchi, 2006).Riguardo ai danni in ambiente agricolo, il Pianodi controllo del Colombo o Piccione di città dellaProvincia di Bologna (2013) riporta che, ad unaumento degli esemplari abbattuti (da 919 a25.147 in undici anni) il valore economico deidanni risarciti si sia mantenuto costante.Le ragioni di questi fallimenti sono indotte dallamobilità dei piccioni e dall’immigrazione di indi-vidui dalle zone circostanti, dalla riduzione dellamortalità naturale e l’aumento dei ritmi riprodut-tivi dei superstiti, che insieme concorrono ad unrapido recupero della popolazione (cfr. Rose etal., 2006).Si tratta quindi di un intervento cruento, inaccet-tabile sia sotto il profilo etico che tecnico, antie-conomico per la durata molto limitata nel tempo,a causa dell’elevata prolificità dei piccioni e deglispostamenti da altre zone (immigrazione). I pianidi abbattimento dei piccioni sono da scartarecon decisione, considerando peraltro anche leimplicazioni normative (si veda l’articolo 19 dellalegge 157/92) che prevedono anzitutto il ricorsoalle tecniche ecologiche.

5.3.2. Cattura e trasferimentoRispetto alla tecnica precedente (abbattimenti),con questo approccio cambia la destinazione fi-nale dei piccioni, che non vengono soppressibensì trasferiti altrove, sebbene gli effetti sullapopolazione restino analoghi: si toglie una partedegli individui, che vengono rapidamente com-pensati dall’aumento della sopravvivenza dei ri-manenti, dall’incremento della riproduzione el’immigrazione dal territorio circostante.Vi è poi il problema dei piccioni catturati, chedevono essere stabulati e mantenuti in cattivitàvita natural durante, mentre il rilascio a distanzapuò risultare inefficace per il rientro al luogo diorigine dei piccioni (homing), oppure compor-

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tare aspetti sanitari per la dispersione di patolo-gie, ed è comunque soggetto alla normativa intema di immissioni faunistiche.In proposito, esperienze passate e recenti con-dotte alla Spezia confermano che le catturenon sono in grado di abbassare le presenze deipiccioni nei quartieri cittadini (Baldaccini eMongini, 1985).

5.3.3. Sterilizzazione chimicaLa possibilità di controllare le popolazioni deipiccioni tramite sterilizzazione farmacologica èstata considerata in Italia già a partire dagli anni1960. Dapprima è stato registrato un prodottoormonale a base di progesterone, abbandonatoin seguito per le ripercussioni ambientali; più re-centemente è stato registrato, e tuttora usato inalcune città, un prodotto a base di nicarbazina(Dinetti, 2009b). Le misure di controllo dei piccioni che preve-dono la somministrazione di granaglie trattatecon nicarbazina pongono seri dubbi in meritoalla loro efficienza quali inibitori della riprodu-zione, e non paiono contraddistinte da un favo-revole rapporto costi/benefici. La sostanzaproduce un certo effetto sterilizzante, che tutta-via agisce solo durante il periodo di sommini-strazione. Per ottenere risultati rilevanti ènecessario che il prodotto venga assunto pertempi lunghi e senza soluzione di continuità, dagran parte degli individui riproduttori. Questocomporta la diffusione delle molecole nell’am-biente, con rischio di assunzione diretta o indi-retta da parte di altre specie, preoccupazionepiù volte espressa sia da Ispra che da noti ricer-catori internazionali.Nel concreto, il trattamento sterilizzante inte-ressa una parte limitata di soggetti. Pertanto, lanicarbazina non può rappresentare lo strumentod’intervento prioritario sul quale fondare piani dicontrollo dei piccioni in ambito urbano (da unparere Ispra del 2012).In proposito, sono stati condotti diversi studi daricercatori e istituti universitari, sia in Italia cheall’estero, compresi quelli del Dipartimento Agri-coltura degli Stati Uniti, i quali dimostranoquanto segue:- la nicarbazina non condiziona la produzione

delle uova, riducendo però la schiusa del 59%

di quelle deposte da femmine che hanno as-sunto il farmaco (Avery et al., 2008);

- a Bolzano è stata usata la nicarbazina per treanni consecutivi, senza ottenere risultati visibili(Baldaccini e Giunchi, 2006);

- un esperimento compiuto a Roma con nicar-bazina ha mostrato che solo il 55% dei pic-cioni assumeva il mangime trattato (Dell’Omoet al., 1998);

- le prove del Dipartimento di Clinica Veterinariadell’Università di Pisa dimostrano che la nicar-bazina (alla dose maggiore di 800 ppm) riduceil tasso di schiusa delle uova ad un livello in-feriore al 40% (Giunchi et al., 2007a). Dunque,l’effetto di diminuzione della produttività è daconsiderarsi limitato. Per avere un riscontro si-gnificativo in termini di controllo numericodelle popolazioni, è necessario un coinvolgi-mento pressoché totale della popolazione dipiccioni (vale a dire ottenere il 90% di ridu-zione della fertilità), risultato difficilmente otte-nibile nel concreto (Giunchi et al., 2007a;Baldaccini e Giunchi, 2006).

Diversamente, i dati forniti da alcuni autori (adesempio Ferri et al., 2009) di una presunta ridu-zione dei piccioni del 28-71% a seguito dell’usodegli antifecondativi, non sono conformi ai pa-rametri demografici della specie, se si considerache la mortalità negli adulti varia tra 10 e 34%per anno (Johnston e Janiga, 1995; Giunchi etal., 2012).Le problematiche insite negli attuali programmidi sterilizzazione farmacologica - che la Lipusconsiglia - sono le seguenti (Feare, 1990; Di-netti, 2009):1) ciclo riproduttivo prolungato, che per alcune

coppie di piccioni interessa tutto l’anno;2) solo un terzo circa della popolazione si ripro-

duce e tali individui hanno accesso alle ri-sorse migliori e sono più difficilmente attirabilidal mangime trattato;

3) se ipoteticamente la riproduzione cessasse,la popolazione diminuirebbe secondo il tassodi mortalità naturale, facilmente compensatodall’immigrazione di altri individui;

4) difficoltà a raggiungere col farmaco granparte degli individui e a mantenere costante-mente nel tempo il dosaggio necessario;

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5) rapida reversibilità della fertilità, in caso di so-spensione dell’assunzione del farmaco (4-6giorni);

6) costi elevati del farmaco, con rapportocosti/benefici sfavorevole;

7) la nicarbazina potrebbe risultare tossica se in-gerita in maniera superiore al normale, in par-ticolare da soggetti giovani e voraci. È unasostanza con scarso margine di maneggevo-lezza, con dose efficace vicina a quella tos-sica, che può inserirsi nelle catene alimentari;

8) pertanto, vi è la possibilità di coinvolgerealtre specie non-target: commensali qualiGabbiano comune Chroicocephalus ridibun-dus, Tortora dal collare Streptopelia deca-octo, Taccola, nonché predatori qualiSparviere Accipiter nisus (per il quale inizianoa registrarsi casi di nidificazione in diversecittà del centro-nord), Falco pellegrino (pre-sente e nidificante in molte città), Allocco (dif-fuso e nidificante in molte città), GheppioFalco tinnunculus (comune in molte città).

Questi aspetti sfavorevoli sono stati più voltedocumentati dai maggiori esperti mondiali, daIspra e da linee-guida regionali (si vedano “Lineeguida per la gestione del Colombo di città” dellaRegione Piemonte e “Contenimento dei piccioniin ambiente urbano e extraurbano” della Re-gione Umbria).Infine, le simulazioni dell’Università di Pisa, utiliz-zando i dati demografici disponibili per i piccionie diversi scenari di riduzione della produttivitàche potrebbe essere indotta dall’assunzione delfarmaco, dimostrano che gli antifecondativi sonoinefficaci nel ridurre la popolazione iniziale (Bal-daccini e Giunchi, 2006).

5.3.4. FalconeriaAlcune amministrazioni comunali e alcune strut-ture private hanno inteso usare i rapaci dei fal-conieri quale “metodo più naturale ed efficaceper allontanare gli uccelli nocivi, in quanto il vo-latile infestante capirà che quel territorio è peri-coloso e non vi farà più ritorno”.In realtà, l’uso dei falchi come deterrente per ipiccioni ed altri uccelli è un “assurdo biologico”,poiché è normale che le potenziali “prede” abi-tino il territorio del predatore (se così non fosse,i predatori morirebbero di fame). Quindi, se è

evidente che una preda abbia paura e tenti dinascondersi alla vista del predatore, è fuoriluogo pensare che essa abbandoni definitiva-mente la zona e si spinga altrove, in particolarese ha il nido o altri rapporti sociali in essere. Ariprova di questo, basta osservare cosa avvienenelle molte città dove si è insediato spontanea-mente il Falco pellegrino (per il quale i piccionirappresentano la preda principale): nonostantela predazione operata dai falchi, i colombi con-tinuano a vivere ed a nidificare a poca distanzadal nido del rapace.Inoltre, deve essere considerato che i rapaci deifalconieri non possono essere impiegati in di-verse condizioni ambientali e meteoclimatiche(ad esempio pioggia, vento, nebbia), cosa chene limita la versatilità e le situazioni di utilizzo.Vi sono inoltre da considerare gli aspetti conser-vazionistici, quelli etici, normativi (provenienzadei rapaci) nonché economici, che sconsiglianol’uso della falconeria quale tecnica per la ge-stione degli uccelli “problematici”.A supporto di tutto ciò, si ricorda il parere auto-revole espresso con le “Considerazioni sull’uti-lizzo dei falchi negli aeroporti” della CircolareEnac (Ente nazionale per l’aviazione civile) APT-01B Allegato 3, che sconsiglia l’impiego dellafalconeria.

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Consigliato +

Applicabile con riserve +/-

Non Consigliato -

Tecnica di gestione Valutazione

Metodi consigliati

Metodi di esclusione:

dissuasori di appoggio meccanici (tipologie incruente e idonee) +

impianti elettrostatici +/-

reti antintrusione +

altri sistemi antintrusione +

Gestione del cibo +

Colombaie gestite +

Studi (censimenti, monitoraggi, sondaggi) +

Campagne informative e sensibilizzazione dei cittadini +

Pulizia ambientale +

Metodi applicabili con riserva

Deterrenti visivi, acustici, repellenti chimici, tattili, integrati +/-

Incremento predatori (solo tramite tecniche indirette) +

Gestione uova +/-

Sterilizzazione chirurgica (solo nei Centri recupero fauna selvatica) +/-

Metodi non consigliati

Cattura e soppressione -

Trasferimento a distanza -

Sterilizzazione farmacologica -

Tecniche falconeria -

6MATRICE DI SINTESIDEI METODI DI GESTIONE

Page 26: IL PICCIONE DI CITTÀ. STRATEGIE PER LA GESTIONE

Una delle domande connesse con le attività deiCentri per il recupero della fauna selvatica è sesia opportuno accogliere i piccioni feriti o malati,che i cittadini possano condurvi.A favore dell’accoglimento vi sono anzitutto mo-tivazioni etiche, ma ve ne possono essere anchedi educative e promozionali, poiché il rapportoche si genera tra le persone e l’impresa della tu-tela dell’ambiente risulta essere positivo.Di contro, si può obiettare che il Piccione di cittànon è una specie selvatica, il che comporta sot-trazione di risorse e spazio alle altre specie. Oc-corre però notare che l’orientamento normativo,a seguito della sentenza n. 2598 della Corte diCassazione Sezione III Penale del 26 gennaio2004, sta andando verso la direzione di consi-derare il Piccione di città a tutti gli effetti un uc-cello selvatico. Qualora l’orientamento prevalentedovesse essere questo, e il Piccione di città es-sere inserito formalmente tra la fauna selvatica, leresponsabilità in materia di soccorso sarannoconfermate alle amministrazioni regionali/provin-ciali (o altro ente preposto al tema della fauna sel-vatica) e quindi per delega ai Centri recupero.Esiste inoltre la possibilità che i piccioni di cittàtrasmettano agenti patogeni agli altri uccelli incura (rapaci, ecc.), preoccupazione talvoltaespressa in maniera formale da alcune Asl allaLipu. In proposito si può osservare che le pre-occupazioni di tipo sanitario, suggerite dalle Asl,sono spesso uno “strumento di gestione” sbri-gativo rispetto al tema della fauna problematica;infatti tutti i selvatici risultano potenzialmenteveicolo di zoonosi, e i trattamenti - nonché i ri-coveri - nei Centri recupero dovrebbero essereinseriti in tale ottica, come da protocolli sanitari.Sulla base di queste considerazioni, nonchédegli aspetti ecologici e conservazionistici con-nessi con il Piccione di città, la Lipu può ricove-

rare i piccioni esclusivamente presso quei Centridotati di strutture adeguate. La realizzazione edil mantenimento di tali strutture prevederà la ri-chiesta di supporto agli enti locali (amministra-zioni comunali) affinché collaborino a individuaree gestire apposite strutture rivolte unicamente aipiccioni, e quindi distinte fisicamente e gestio-nalmente dal resto del Centro recupero.Sotto il profilo delle immissioni, in occasione dicerimonie quali matrimoni, manifestazioni reli-giose, sportive ed altri eventi, vengono rilasciatecolombe bianche o altri piccioni “ornamentali”.Questa pratica sarebbe da vietare (ad esempionell’ambito dei regolamenti comunali sulla tuteladegli animali) poiché causa dell’aumento del nu-mero di soggetti, che andranno a ingrossare lepopolazioni randagie. In alcune circostanze,questi individui - poco avvezzi alla vita libera -verranno facilmente catturati da predatori, inparticolare quelli generalisti quali il Gabbianoreale e la Cornacchia grigia Corvus cornix.

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7CENTRI RECUPEROFAUNA SELVATICAE IMMISSIONI

Page 27: IL PICCIONE DI CITTÀ. STRATEGIE PER LA GESTIONE

Garantire la sostenibilità degli ecosistemi urbanicostituisce una tra le principali sfide ambientalidel nostro tempo. Le strategie per migliorare laqualità urbana sono ormai diffuse a livello inter-nazionale e locale (si vedano ad esempio laConvenzione sulla Diversità Biologica - Cbd, leAgende 21, le politiche dell’Unione Europea, laCarta di Aalborg).La problematica derivante dalla presenza delPiccione di città si deve quindi inserire in una piùampia panoramica di ecologia urbana, che pre-veda un’adeguata conoscenza, conservazionee gestione della biodiversità urbana.Una gestione durevole delle popolazioni dei pic-cioni può essere ottenuta solamente riducendola capacità portante dell’ecosistema urbano. Asua volta, essa viene determinata dall’ampia di-sponibilità di cibo e di siti per la nidificazione(Haag-Wackernagel, 1998; Dinetti, 1997).

In conclusione, la migliore gestione delle proble-matiche di convivenza con il Piccione di cittàdeve passare attraverso:- la conoscenza adeguata del fenomeno a scala

locale (censimenti, monitoraggi, sondaggi diopinione);

- la messa a punto di una strategia integrata digestione, basata sugli interventi indiretti (ridu-zione cibo e siti nidificazione) e non su quellidiretti;

- l’attenzione alla progettazione degli edifici edei manufatti, con interventi preventivi realiz-zati delle categorie professionali;

- la promulgazione di atti formali da parte delleamministrazioni pubbliche (ordinanze, articoliper regolamento edilizio);

- il coinvolgimento costante della cittadinanza,

attraverso programmi di informazione e sen-sibilizzazione a medio e lungo termine;

- il chiarimento normativo dello status del Pic-cione di città;

- la gestione dei piccioni di città nei Centri re-cupero fauna selvatica, laddove provvisti distrutture adeguate, finalizzata all’analisi appro-fondita delle problematiche e alla definizionee attuazione di protocolli condivisi e soluzionigestionali.

Queste sono le azioni che la politica, le ammi-nistrazioni pubbliche, le associazioni ambienta-liste e animaliste, gli organismi tecnici e lacittadinanza dovrebbero attuare, per la gestioneottimale della specie e per dare, a questo no-stro speciale concittadino quale è il Piccione dicittà, una cittadinanza più sostenibile, adeguatae ben accetta.

La Lipu - BirdLife Italia è disponibile a intra-prendere collaborazioni con Enti Pubblici esoggetti privati, per definire soluzioni ottimaliper la gestione del Piccione di città e di altrespecie ornitiche problematiche.

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8CONCLUSIONI.GESTIRE L’AVIFAUNAURBANA PER CONTRIBUIREA UNA CITTÁ SOSTENIBILE

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Città Popolazione (individui) Densità (ind./km2) Autore

Aosta 550-1370 225-561 Lipu, 2004

Asti 897 343 Calcagno, 2013

Milano (comune) (area edificata)(centro)

103.650 (stimati)51.92719.787

570

2083

Barbieri et al., 2000 Sacchi et al., 2002

Varese (centro)(area urbana)

317-536974-1644

5196-8764 (stimati)

540-913102-171

Gagliardi e Luoni, 2007

Vigevano (Pv) (centro storico)(area urbana)

400-700 circa2200-6000 circa

986-1946 Gagliardi e Luoni, 2005

Bolzano 35005800

nel 2015 diminuzione di circa 2/3

440500

Baldaccini e Mongini, 1991Baldaccini et al., 2015

Trento 3592 (contati) 10.000 (stimati)

6021679

Barbieri et al., 1997

Venezia 13.000-15.000 15.940 (contati)110.000 (stimati)

3250 Manzi, 1988

Verona 22.000 Menini et al., 1994

Treviso 3620 Mezzavilla e Delvecchio, senza data

Padova (centro storico) 2817 616 Comune di Padova e Università degli Studi di Padova, 2013

Trieste (centro)(area urbana)

6.306-7.023 (stimati) 27.133-27.900 (stimati)

1.261-1.404847-871

Lipu, 2001a

Monfalcone (Go) 1.030-1.891 341-626 Lipu, 2001b

Bologna (centro storico) 4453-97502233-4850

76-165524-1138

Lipu, 2006

Parma 12.000 Baldaccini e Ragionieri, 1993

Reggio Emilia 3500 2600 (centro) Ragionieri et al., 1991

Modena (centro storico)(area urbanizzata)

997-284817.681-47.792

1000-2800 Lipu, 1997

Castelfranco Emilia (Mo) 235-610 117-305 Lipu, 2000a

Castel Maggiore (Bo) 161-1364 5,2-44,1 Lipu, 2000b

Dati sulle popolazioni di Piccione di città in Italia

APPENDICE I.DATI DI CENSIMENTI

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Sanremo (Im) (centro) 8000 871-1392 Dinetti, 2003

La Spezia 948-1514 1100 Baldaccini e Mongini, 1985

Firenze (comune)(centro storico)

11.820-19.207 (stimati)2614 (contati)

115-188327-728

Lipu, 2009

Carrara (Ms) (centro) 249-582 226-529 Dinetti, 2001

Livorno 37424708

580 (centro) Dinetti, 1994Dinetti et al., 2013

Pisa 13.000-20.000 6500-10.000 Baldaccini et al., 1995

Cascina (Pi) 800-1450 1800-2900 Baldaccini et al., 1996

Lamporecchio (Pt) 50-180 111-400 Dinetti, 1996

Siena 4043 Martinelli e Morimando, 1995

Castiglion Fiorentino (Ar) 300-1000 2252-3886 Dinetti, 1995

Perugia 1777-2729 1873-2877 Montefameglio et al., 1992

Roma (centro) 5761 252,7 Cignini et al., 1991

Caltagirone (Ct) 1352-3112 845-1945 Lipu, 2000c

Calatafimi (Tp) 800-3100 1666-6458 Lipu, 1996

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Vari Comuni italiani, nel corso del tempo, hannoutilizzato lo strumento dell’ordinanza contingi-bile e urgente per motivare piani di controllo deipiccioni, solitamente attuate in forma cruenta,vale a dire mediante abbattimenti con arma dafuoco, catture con reti o trappole e successivasoppressione, e in altri casi con trasferimento adistanza.In merito, è opportuno ricordare che il Consigliodi Stato ha chiarito che le ordinanze contingibilie urgenti hanno la funzione di far fronte a situa-zioni eccezionali e imprevedibili, per le quali nonsono disponibili gli strumenti tipici previsti dallalegge. Inoltre, tali ordinanze devono prevedere untermine di efficacia, limitato nel tempo (Campa-naro, 2009). Da ciò ne deriva che ordinanze delgenere non sono ammissibili per una gestionepermanente e prevedibile delle problematicheche ruotano attorno ai piccioni.Le sentenze dei Tribunali amministrativi regionalievidenziano quindi come le ordinanze di abbat-timento siano impiegabili solo con dimostratecondizioni di eccezionalità del pericolo igienico-sanitario (ad esempio Tar Piemonte, Sez. II, 16gennaio 2006, n. 1006). Analogamente, è oppor-tuno citare la sentenza del Tar per la Toscana del2010 sul ricorso (accolto) proposto dall’associa-zione Lav contro il Comune di Pontedera (Pi) perl’annullamento dell’ordinanza di intervento dicontenimento dei piccioni nei fondi agricoli. Imotivi di illegittimità dell’ordinanza annullatasono risultati essere: 1) la non sussistenza del-l’esercizio dei poteri contingibili e urgenti rico-nosciuti al sindaco dagli artt. 50 e 54 T.U.E.L.;2) il parere di Ispra “non sentito” ; 3) la contrad-dittorietà tra incolumità pubblica e uso del fucilein zone esterne all’abitato, dove non è configu-rabile un pericolo sanitario per la popolazione.Ancora, il Tar per la Toscana nel 2008 ha so-speso l’ordinanza del sindaco di Marradi (Fi) che

disponeva l’abbattimento di un numero impre-cisato di piccioni e di tortore dal collare, a causadi presunti rischi sanitari e danni all’agricoltura.

Diverso appare il discorso rispetto alle ordinanzecomunali che riguardano le prescrizioni in meritoalle forniture di cibo ai piccioni, e/o concernentigli interventi strutturali che i proprietari o affit-tuari degli edifici devono realizzare (dissuasori),al fine di ridurre la presenza dei piccioni.La tabella alla pagina seguente riporta esempidi ordinanze comunali.

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APPENDICE II.ORDINANZE COMUNALIE PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI

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Città Anno Prescrizioni

Novi Ligure(Al)

1995 Pulizia e disinfestazione.Apposizione reti e dissuasori.Tamponamento anfratti.Non alimentare i piccioni.

Milano 2008 Divieto alimentazione piccioni in tutto il territorio cittadino.Ripulitura guano in edifici in ambito urbano.Chiusura aperture con reti.Applicazione dissuasori in plastica non cruenti su terrazzi e davanzali.

Venezia 1997 Divieto somministrazione diretta e indiretta di cibo ai colombi in tutto il territorio comunale.Chiusura siti accesso in immobili sfitti o abbandonati.

Udine 2003 Divieto somministrazione cibo ai colombi.I proprietari di edifici devono tenere pulito, installando dissuasori e chiudendo spazi dinidificazione.

Bologna 1990 Divieto somministrazione alimenti ai piccioni nell’area cittadina.

Parma 1996 Divieto somministrazione alimenti ai piccioni nel territorio comunale.I proprietari di immobili devono pulire e chiudere accessi a luoghi di sosta e nidificazione.

CastelfrancoEmilia (Mo)

2000 Divieto somministrazione cibo ai colombi nel territorio comunale, ad eccezione dei punti dialimentazione autorizzati e controllati dal comune.I proprietari di edifici devono installare dispositivi per dissuadere la nidificazione dei colombi,cercando di non interferire sulle altre specie di uccelli e mammiferi

Firenze 2009 Divieto di somministrazione alimenti a uccelli selvatici e in particolare a piccioni. Il divieto nonsi applica: in aree private a condizione che la distribuzione degli alimenti avvenga in mangiatoie;in aree attrezzate dall’Amministrazione comunale dove è consentita solo la distribuzione digranaglie.

Firenze 2013 Divieto di somministrazione alimenti ai piccioni nel territorio comunale, in spazi privati.

Carrara(Ms)

2004 Divieto somministrazione cibo a colombi entro il perimetro urbano.I proprietari di edifici sono invitati a installare dissuasori.

Cascina (Pi) 2006 Allontanamento (scaccia non cruenta) o abbattimento con fucile in fondi agricoli da parte deiconduttori o tramite intervento guardie provinciali.

Grosseto 2008 Vietata somministrazione cibo ai colombi in tutto il territorio comunale.

Terni 1996 Divieto di somministrazione alimenti ai piccioni in tutta l’area della città.Proprietari di edifici devono pulire e ove necessario installare dissuasori.

Roma 2005 Regolamento comunale sulla tutela degli animali: divieto di somministrazione sistematica dialimenti ai piccioni nel territorio comunale.Alle persone che forniscono cibo stabilmente, il comune incentiva mangimi adatti in appositearee individuate.I proprietari di edifici devono evitare l’insediamento dei colombi.

Montefiascone(Vt)

2005 Inibizione somministrazione cibo ai piccioni e divieto di gettare al suolo sostanze alimentari intutto il centro storico.Schermatura con reti delle aperture ed installazione dissuasori negli immobili.Abbattimento mediante fucile o cattura del maggior numero possibile di piccioni torraioli sututto il territorio comunale.

Ancona 2002 Divieto fornitura cibo ai piccioni in tutto il territorio comunale.

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Tra gennaio e febbraio del 2013 è stata realizzata un’indagine tra le delegazioni e le strutturedella Lipu finalizzata a raccogliere informazioni sulla possibile pericolosità dei “dissuasori di ap-poggio” utilizzati per la gestione del Piccione di città, con particolare riferimento al modello a“puntali metallici”. Tali informazioni avrebbero potuto riguardare anche altre specie non-target.Nella tabella di seguito le informazioni raccolte.

Delegazione/Crfs Lipu SI problemi NO problemi Note

Delegazione Torino Segnalazione del Regolamento tutela animali del Comunedi Torino, che vieta dissuasori con punte metalliche.

Delegazione Asti X Svolto censimento piccioni in dicembre e gennaio.

Delegazione Biella-Vercelli Segnalazione di report di associazioni animaliste, cheevidenziano la pericolosità dei dissuasori con puntemetalliche.

Delegazione Cuneo X Osservato un caso di un piccione morto, rimasto infilzatonella punta.

Delegazione Milano X Segnalazioni provenienti dall'Ufficio Tutela Animali diuccelli crocefissi o mutilati dai dissuasori metallici (chesaranno vietati nel nuovo Regolamento del Comune perla tutela animali).

Delegazione Cremona X Piccioni si muovono e a volte nidificano tra gli spilloni.

Delegazione Venezia X

Delegazione Padova X X Osservati giovani piccioni morti infilzati sulle punte.Coppia di Gheppio nidifica in foro con dissuasori, esitocovate e involi positivi.

Cras Ferrara X

Crfs Roma X X A volte osservati piccioni rimasti appesi ai puntali.Ricoverati circa 700 piccioni/anno, di cui quasi nessunorimasto intrappolato.

Delegazione Gravina (Ba) X X Ferimento o morte di rondoni e grillai, in nicchie e posatoidove i dissuasori non dovevano essere installati.

Delegazione Palermo X Osservati piccioni che nidificano tranquillamente in mezzoai dissuasori a spillo.

Nota: quando la croce è presente in entrambe le voci relative ai “problemi”, significa che la testimonianza resa èsostanzialmente “assenza di problemi”, con osservazione di qualche caso sporadico positivo.

APPENDICE III.REPORT SUI DISSUASORIDI APPOGGIO PER PICCIONI

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Commenti e proposteI casi osservati di piccioni morti tra le punte deidissuasori di appoggio sono, nel complesso,molto limitati. Anche in queste circostanze nonè chiara la dinamica, vale a dire se realmente ilpiccione si sia ferito con i puntali, oppure se siamorto in quel luogo per cause diverse.

I Centri recupero fauna selvatica non riportanoricoveri imputabili ai dissuasori, se non in casiepisodici.

Alcune associazioni animaliste ritengono i dissua-sori metallici molto pericolosi, e alcune ammini-strazioni comunali ne vietano l’uso nell’ambito deiregolamenti per la tutela degli animali.

Per esperienza diretta della Lipu, in molti anni dicensimenti degli uccelli in città e in base ai contatticon ornitologi italiani e stranieri, non è mai statoriscontrato che i piccioni (o altri uccelli) atterrino osi feriscano sui dissuasori. Piuttosto, il loro com-portamento denota che il dissuasore venga per-cepito e quindi l’uccello voli altrove, oppure vi siposi accanto (se c’è abbastanza spazio).

Interpellato allo scopo, il Professor Daniel Haag-Wackernagel dell’Università di Basilea, uno deipiù noti studiosi europei di piccioni, ritiene nonpossibile che un piccione si infilzi su un dissua-sore di appoggio metallico “classico” (puntalecon testa piatta), anche se vi atterrasse in velo-cità: “I do not believe that a pigeon is able tospike itself on spike-systems (..) The plumage ofa pigeon is hard enough to resist non sharpenedspikes”.Gli esiti di tali ricerche per valutare le tipologiedi dissuasori di appoggio non cruenti e quellipericolosi sono stati pubblicati: Haag-Wacker-nagel D., 2000. Behavioural responses of theferal pigeon (Columbidae) to deterring systems.Folia Zoologica 9 (2): 101-114.

Stiamo tuttavia cercando ulteriori testimonianzee informazioni, per capire con maggiore dettaglioil fenomeno e individuare le tipologie di dissuasoridi appoggio più sicure per piccioni e altri uccelli.

In base al principio precauzionale si invita, da

adesso in avanti, a consigliare ai vari interlocu-tori dissuasori di appoggio a puntali interamentein plastica, oppure gli altri modelli (filo ballerino,spirale, reti antintrusione, ecc.), da preferire aidissuasori di appoggio con puntali metallici. Inogni caso, i dissuasori di appoggio e gli altri si-stemi antintrusione devono essere installati cor-rettamente e a regola d’arte, tali da risultareincruenti.

L’uso scorretto dei dissuasori e delle reti antin-trusione, in particolare se diretto ad interferire conla nidificazione di altre specie quali rondini, bale-strucci, rapaci notturni eccetera deve essere con-trastato sia con azioni educative che repressive.

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