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Il libro è disponibile all’ http://www.scribd.com/doc/26512906/ ICT-Evoluzione-Settore-Bancario Aprile 2010

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cesare sfondrini

il settore bancario e la suaevoluzione in italia

saggio

Il libro è disponibile all’urlhttp://www.scribd.com/doc/26512906/

ICT-Evoluzione-Settore-Bancario

Aprile 2010

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Cesare Sfondrini: Il Settore Bancario e la sua Evoluzione in Italia, Saggio,© aprile 2010.

sito web:http://www.cesaresfondrini.net/

e-mail:[email protected]

Nel frontespizio è riprodotta un’incisione di Maurits C. Escher, daltitolo Tassellazione del piano con Uccelli (l’immagine è tratta da http://www.mcescher.com/).

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S O M M A R I O

È a tutti intuitivamente nota l’importanza del Sistema Bancario qualemotore essenziale di crescita e sviluppo nei paesi occidentali.

A partire dai primi anni ’80 i Sistemi Bancari Europei sono statioggetto di modificazioni significative dettate da importanti cambia-menti normativi. Il paradigma fondante di questi cambiamenti dettatidagli organi regolatori consiste nel ritenere il mercato deregolamenta-to il naturale strumento di regolazione e controllo di un sistema eco-nomico comunque complesso che sia volto a massimizzare efficienzae competitivà.

Per chi ha interazioni con le Banche quale fornitore di sistemi com-plessi che impattano sui meccanismi di funzionamento operativo del-la banca, la conoscenza dei cambiamenti del Sistema Bancario è rile-vante. D’altro canto la letteratura esistente è o troppo specialistica eutile, quindi, agli operatori e manager del settore, o più interessata afornire consigli ai lettori su come investire attraverso il sistema bancar-io i propri denari: in entrambi i casi siamo lontani dalle esigenze di chivuole capire le relazioni tra funzionamento delle Banche e fabbisognitecnologici.

Il lavoro si articola in cinque capitoli e un’appendice:

primo capitolo Ripercorre l’evoluzione del quadro normativo in Italiamettendo in evidenza i cambiamenti più significativi, tra i qualiil passaggio delle Banche da entità con valenza sociale ad attoricompetitivi in un sistema di libero mercato: il Gruppo Bancar-io e/o la Banca Universale costituiscono le principali istanze arisultato dei cambiamenti qui descritti

secondo capitolo Spiega in modo semplice ma ragionevolmentepreciso le principali funzioni delle Banche — la funzione cred-itizia e la funzione monetaria. Nelle ultime decadi si è spessoripetuto che l’evoluzione del Sistema Banche non poteva esseredisgiunta dalla crescita dei servizi offerti: ho ritenuto quindi op-portuno dedicare uno spazio specifico al tratteggiare i servizi piùdiffusi su cui le Banche inevitabilmente competono

terzo capitolo Un importante fenomeno che ha caratterizzato il mon-do Bancario Europeo nelle ultime decadi è l’incremento del liv-ello di concentrazione del sistema. Ad un primo veloce sguar-do questo sembra essere una normale risposta alla ricerca dieconomie di scala a fronte delle nuove pressioni competitive im-poste dal quadro normativo rafforzata dalla Globalizzazione acui stiamo assistendo in tutti i settori produttivi. Nel capitolosi cerca di quantificare il fenomeno e di osservarlo criticamenteanche dal punto di vista della sua valenza strategica

quarto capitolo Chi scrive ritiene che il successo in qualsiasi attiv-ità economica e produttiva sia in ultima analisi una sfida per lecapacità di tutte le donne e gli uomini che la affrontano: è il

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fattore umano il vero fattore critico di successo in ogni impre-sa economica. L’organizzazione allora è elemento chiave tantopiù rilevante quanto più coerente con le strategie che si voglionouitlizzare per competere. Si è cercato di dare concretezza al temaorganizzativo identificando le evoluzioni in relazione ai segmentidi clientela gestiti

quinto capitolo La capacità di innovare i propri processi e, con-seguentemente, il coordinamento dello sviluppo e del manteni-mento dei propri sistemi ict, sono così importante da essere allabase della sopravvivenza stessa delle banche. Il capitolo mettein evidenza dati significativi disponibili attraverso importantis-sime istituzioni Italiane quali la Banca d’Italia e l’AssociazioneBancaria Italiana

appendice Per chi lavora qule fornitore nel settore bancario non èsempre agevole avere sott’occhio alcuni dati dimensionali dellenostre Banche: nella breve appendice sono riportati alcuni datipatrimoniali delle principali Banche Italiane e la dinamica deglisportelli bancari in Italia

Una considerazione generale: il mio obiettivo non era quello di pre-disporre un testo di riferimento con grande quantità di dettagli e riccodi spunti richiamanti la dottrina e il suo sviluppo, quanto piuttostodi proporre un quadro organico e di alto livello su quanto è accadu-to/sta accadendo nel settore Bancario, mantenendo però sempre inevidenza gli impatti operativi — organizzazione, clienti e sistemi —che l’evoluzione delineata comporta.

A B S T R A C T

Everyone has an intuitive feeling of the importance of the Bank-ing System as a fundamental driving force for the growth and devel-opemnt of western countries.

Since the Eighties the regulatory authorities in European Union havepushed the Banking System to become progressively near to a compet-itive market. The paradigm behind that regulatory intervention is con-sidering a competitive market with limited interference from externalentities on the normal behaviour of the market itself the natural arenato obtain maximum efficiency and benefit for the customers.

It means that important changes were forced on the Banks and thechanging process is still running. For every player which “does busi-ness” with Banking Institutions as a technological supplier, a knowl-edge of the evolution of the system is important to have a closer exam-ination of their needs.

I have used a systemic approach aimed to show up the main cause-effect relationship between context changes and implied impacts onBanks strategies: nevertheless, I have carefully attempted to identifysystematically the practical consequences on the operations of a typicalbanking. Only you could evaluate if I was able to be really concrete.

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R I N G R A Z I A M E N T I

Le ragioni che mi hanno spinto alla produzione di questo lavorosono molteplici. Il primo motivo è che, dopo alcuni anni di lavoroin una primaria azienda italiana quale esperto ict, mi sono reso con-to di come non esistesse un saggio che sinteticamente proponessel’evoluzione del settore bancario in Italia con particolare riferimentoall’impatto sull’utilizzo delle tecnologie dell’information technology edelle telecomunicazioni. Ho potuto constatare che l’analisi strategicadel settore è spesso focalizzata sulle dinamiche di business immedi-ate e/o su esigenze operative molto specifiche come le definizioni deibudget assegnati su specifici temi dal settore in esame.

Il secondo motivo è dato dalla personale insoddisfazione nata conla lettura di vari report e documenti di settore, sia focalizzati sull’ict

sia sul settore bancario; la sensazione che ho provato è stata simile allapercezione che si ha quando si inizia la visione di un film giallo iniziatoda una buona mezzora, parte iniziale in cui, come noto, compaiono glielementi determinanti che ti consentono di comprendere pienamentealcune rilevanti sfumature degli avvenimenti che seguono: mi manca-vano importanti informazioni per il corretto framing di quanto andavoleggendo. Ho iniziato quindi a interessarmi ai vari aspetti importantidel settore Bancario e sono emersi alcuni temi rilevanti: l’evoluzionedel quadro normativo che, conducendo le Banche a divenire impreseed eliminando forti vincoli alla loro operatività ha, di fatto, pesan-temente modificato il “fare banca” nel contesto Italiano ed Europeo;questo ha impattato anche sulle funzioni tipiche del mondo Bancario e,rendendo possibile il modello di Banca Universale, ha consentito di de-linearne i nuovi servizi erogabili incontrando le esigenze del mercato;indipendentemente dall’assetto istituzionale scelto (Banca universalevs. Gruppo) diventava chiaro che le grandi dimensioni, unite alla in-ternazionalizzazione delle attività, andavano costituendo un elementostrategicamente importante per le banche italiane, a tal punto da es-sere costantemente incitato dall’organo di gorverno, la Banca d’Italia;d’altro canto è ben noto che in situazioni di forte discontinuità la strate-gia gioca un ruolo fondamentale per incontrare le nuove esigenze delmercato e, in ambito Corporate e retail banking, una delle sue leve è ladefinizione di un’organizzazione adatta agli scopi che ci si prefiggono.A questo punto i dati specifici sull’evoluzione del settore e le relazionicon le tecnologie della comunicazione e dell’informazione potevanoessere inseriti in un contesto più ricco e strutturato, come un ulterioreelemento di evoluzione “visto” rilevando gli eventi dell’ultimo anno.

L’ultima ragione che mi ha portato a lavorare secondo questa logicaè stata il fatto che ritengo che l’Information Technology è oggi più chemai tecnologia per abilitare nuovi processi e incrementare l’efficienzadi quelli esistenti: punti essenziali nelle strategie di tutte le banche acavallo della prima decade del terzo millennio.

Mentre il risultato del mio lavoro diventava progressivamente piùarticolato e complesso, mi è venuta la curiosità di verificare con alcuni

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amici e colleghi se il documento potesse avere utilità anche per la frontline che opera a stretto contatto con i Clienti. Il feedback da loro ricevu-to è stato decisamente positivo tanto da suggerirmi di pubblicarlo. Hoquindi deciso di dare origine a due output distinti: una pubblicazioneclassica — il libro che state ora leggendo — e un documento di lavoroseparato, da “vivere” con i colleghi, ovvero qualcosa in evoluzione con-tinua perché possa diventare in futuro un giornale di bordo colmo diidee, iniziative e ipotesi d’offerte per i Clienti del settore.

Sicuramente ci sono parecchi temi che non sono qui approfonditiquali i servizi bancari per l’estero, i nuovi servizi di pagamento comeil Mobile payment, l’accentramento e sviluppo della funzione MKTGnelle Banche e il coordinamento e l’integrazione delle attività multi-canale sui Clienti: la loro trattazione avrebbe portato il libro ben oltrel’originale obiettivo di costituire un breve saggio sulle evoluzioni delsettore bancario in Italia.

Desidero ringraziare alcuni amici e colleghi che hanno letto inter-amente il documento, dedicandogli tempo durante i fine settimana:Milena Pulvirenti, Alberto Lo Paro, Vincenzo Vozza, Federico Morena,Elena Penna, Nadia Temperini; devo un riconoscimento particolaread Alessandro Odorico e Paolo Casnati che hanno rivisto minuziosa-mente il saggio dandomi indicazioni precise e pertinenti. Una men-zione a parte merita il Dr. Paternesi che, con la sua quarantennaleesperienza in ambito bancario, mi ha confortato sulla solidità dell’in-frastruttura complessiva dell’opera. Tutti gli errori sono ovviamentedi mia responsabilità.

Milano, 13 giugno 2011

Cesare Sfondrini

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I N D I C E

Elenco delle Figure ix

Elenco delle Tabelle xi

1 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategiedi business 1

1.1 I vincoli imposti alle Banche dalla legge del 1936 1

1.2 L’influenza delle direttive Europee 2

1.2.1 1985: la Banca diventa “Attività d’Impresa” 2

1.2.2 Direttive CEE: il principio del mutuo riconosci-mento e la sfida della Banca Universale 3

1.3 Gli interventi normativi degli anni ’90 3

1.4 La banca come intermediario mobiliare 6

1.4.1 1991: la nascita delle SIM e l’esclusione delleBanche 6

1.4.2 1996: l’apertura del mercato mobiliare alle banche 8

1.5 Le sfide (im)poste dal nuovo quadro normativo 9

2 le funzioni della banca 15

2.1 La banca: definizione e funzioni 15

2.2 La funzione di intermediazione creditizia 18

2.3 La funzione monetaria 19

2.3.1 Tendenze nel mercato dei servizi di pagamentoal dettaglio 21

2.3.2 Il processo di integrazione in Europa dei servizie dei sistemi di pagamento al dettaglio 23

2.4 La funzione dei servizi 24

2.5 Breve Descrizione dei Servizi Bancari 26

2.5.1 I Servizi di Pagamento 27

2.5.2 I Servizi di Custodia 30

2.5.3 I Servizi su Titoli e la raccolta Indiretta 30

2.5.4 Tipici Servizi alle imprese 36

3 processi aggregativi e concorrenza 41

3.1 Modalita di crescità: interna ed esterna 41

3.2 Il processo di concentrazione del sistema bancario 42

3.2.1 I benefici della concentrazione . . . 43

3.2.2 . . . e l’importanza dell’essere locali 44

3.3 I risultati del processo 46

3.3.1 La proprietà dei gruppi bancari e delle banche 48

3.3.2 Le operazioni di aggregazione 49

3.3.3 Il grado di concentrazione del sistema 49

3.3.4 I costi dei conti correnti 51

3.3.5 Il grado di internazionalizzazione del sistema. 51

3.3.6 Il problema dell’espansione internazionale 52

4 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche 55

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viii Indice

4.1 La Banca come Azienda di produzione 55

4.1.1 Interdipendenza tra attività: la complessità dadominare 56

4.2 Strategia di diversificazione e assetto istituzionale 58

4.2.1 Modello di Gruppo 58

4.2.2 Modello di Banca Universale 59

4.3 Segmentazione, aree di attività e strategie competitive60

4.3.1 La definizione delle aree di attività 60

4.3.2 Aree di attività e organizzazione: lo schema del-l’analisi 61

4.4 Il retail banking 62

4.4.1 Definizione dell’attività e sua importanza eco-nomica per la Banca 62

4.4.2 Fattori critici di successo 63

4.4.3 Focus sulla diversificazione produttiva 66

4.4.4 Evoluzione dei modelli organizzativi nel retailbanking 68

4.4.5 Le future sfide per il retail banking 73

4.5 Il corporate banking 74

4.5.1 Definizione dell’attività 74

4.5.2 L’evoluzione dei modelli organizzativi del corpo-rate banking 75

4.5.3 L’orientamento strategico alle relazioni 76

4.5.4 Il ruolo di corporate banker 78

4.5.5 I compiti del corporate banker 79

4.5.6 Processi gestiti dal corporate banker 81

4.6 Il caso UniCredit Group 82

4.6.1 Elementi del suo sviluppo 82

4.6.2 Elementi della sua progettazione organizzativa 83

4.6.3 La struttura 84

4.6.4 La fusione di Capitalia in Unicredit 85

4.6.5 Il Modello di Business 87

5 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10 89

5.1 La spesa in ICT delle Banche Italiane 89

5.2 Spesa ICT: la vista per processi 90

5.2.1 Processi Direzionali 91

5.2.2 Processi Marketing, Commerciali e Customer Ser-vice 93

5.2.3 Processi fondamentali (Operations) 94

5.2.4 Processi a supporto 99

5.3 Le priorità ICT per il 2009 105

5.3.1 La prima sintesi 106

a appendice: alcuni dati dimensionali delle banche ital-iane 109

b glossario 113

c lista acronimi 117

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indice ix

Bibliografia 119

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E L E N C O D E L L E F I G U R E

Figura 1 Fusioni, incorporazioni e trasferimenti di con-trollo (fonte Banca d’Italia 2005) 47

Figura 2 Struttura del sistema finanziario Italiano (fonteBanca d’Italia 2008) 47

Figura 3 Indice di Concentrazione del Sistema BancarioItaliano 50

Figura 4 Dinamica del Grado di Concentrazione del Sis-tema Bancario Italiano 50

Figura 5 Il modello più complesso di corporate relation-ship 80

Figura 6 UniCredit: l’esito delle acquisizioni/accordi 85

Figura 7 UniCredit: Schema logico delle Divisioni 85

Figura 8 UniCredit: Organigramma della Capogruppo 86

Figura 9 UniCredit: Segmentazione e organizzazione 88

Figura 10 Modello funzionale: le macroaree tipiche in am-bito Bancario (fonte abilab, ©abi lab) 91

Figura 11 Valore totale prelievi e versamenti e percentualeutilizzo cassa vs. atm 102

Figura 12 Distribuzione prelevamenti e versamenti per set-tore in Italia (Fonte Banca d’Italia) 103

Figura 13 Indagine Priorità di investimento ict per le banche(abi lab, 9 rispondenti) 106

Figura 14 Dinamica Numero Sportelli Bancari (fonte: plus

24 il Sole 24 ore, 10 ottobre 2009) 109

Figura 15 Stato Patrimoniale: totale attivo principali banche 110

Figura 16 Dinamica 2008–2009 numero sportelli per banca(fonte: plus 24 il Sole 24 ore, 10 ottobre 2009) 111

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E L E N C O D E L L E TA B E L L E

Tabella 1 Strumenti di Pagamento e loro utilizzo 22

Tabella 2 Lista dei conglomerati italiani 48

Tabella 3 Presenza del Sistema Bancario Italiano all’estero 52

Tabella 4 Segmentazione per il customer relationship bank-ing 78

Tabella 5 Scomposizione spesa ict (fonte abilab) 89

Tabella 6 Scomposizione della spesa per processi (fonte abilab) 91

Tabella 7 Ripartizione della spesa sulle differenti voci dicompliance (fonte abilab) 91

Tabella 8 Ripartizione costi ict per grandi Aree operative(abi-cipa, 2007, dati di 20 gruppi) 94

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1 E V O L U Z I O N E D E L L A N O R M AT I -VA E D I M PAT TO S U L L E S T R AT E G I E D IB U S I N E S S

indice1.1 I vincoli imposti alle Banche dalla legge del 1936 11.2 L’influenza delle direttive Europee 2

1.2.1 1985: la Banca diventa “Attività d’Impresa” 2

1.2.2 Direttive CEE: il principio del mutuo riconoscimento ela sfida della Banca Universale 3

1.3 Gli interventi normativi degli anni ’90 31.4 La banca come intermediario mobiliare 6

1.4.1 1991: la nascita delle SIM e l’esclusione delle Banche 6

1.4.2 1996: l’apertura del mercato mobiliare alle banche 8

1.5 Le sfide (im)poste dal nuovo quadro normativo 9

Il sistema finanziario italiano ha negli ultimi lustri attraversato unafase di profondi mutamenti quali la globalizzazione dei mercati fi-nanziari, il progresso tecnologico, la disintermediazione dell’attivitàbancaria, la creazione di un mercato unico europeo a livello sia di at-tività creditizia che di servizi di investimento; le inevitabili spinte diarmonizzazione dei diversi sistemi normativi nazionali, unite ad unacontinua evoluzione della precedente legge Italiana del 1936, sono iprincipali fattori che hanno reso necessario modificare il modus operan-di degli intermediari finanziari intervenendo sull’assetto normativoNazionale.

1.1 i vincoli imposti alle banche dallalegge del 1936

Uno degli aspetti di maggiore interesse di questo intenso processo ditrasformazione è senza dubbio rappresentato dal superamento defini-tivo dei principi posti dalla legge bancaria del 1936 (RD. 12 marzo L1936, n. 375), che è stata uno dei pilastri su cui per decenni si è fondatoil nostro ordinamento bancario, principi rappresentati da:

• la natura pubblica dell’attività bancaria, desumibile dall’art. 1

della suddetta legge, secondo cui “. . . la raccolta del risparmiotra il pubblico e l’esercizio del credito sono funzioni di interessepubblico”;

• la specializzazione temporale, tendente a realizzare una segmen-tazione funzionale, settoriale e territoriale nello svolgimento del-l’attività creditizia, distinguendo e separando il credito ordinario

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2 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategie di business

dal credito speciale al fine di evitare il ripetersi di commistionidi interessi tra banche ed imprese;

• elasticità della legge, che prevedeva un massiccio ricorso alla re-golamentazione secondaria, consentendo un adattamento contin-uo dell’ordinamento bancario alle mutevoli condizioni del sis-tema creditizio senza dover ricorrere a modifiche della normaprimaria.

L’esplicito obiettivo della legge bancaria del ’36 era stato quello diprevenire il ripetersi della profonda e diffusa instabilità sperimentataall’inizio di quel decennio dovuta essenzialmente a:

• presenza di aziende bancarie a vocazione commerciale, che as-sistevano la finanza di impresa in ogni sua forma, come cred-ito a breve, credito a medio-lungo termine o partecipazione alcapitale;

• rapporti proprietari fortemente intrecciati, nel senso che le banchedetenevano quote nelle imprese e queste a loro volta potevanopartecipare al capitale delle banche: si configurava il modello del-la banca mista. Per questo motivo, la crisi industriale dei primianni ’30 trascinò con sé una serie di dissesti di vaste proporzionianche all’interno del settore bancario e l’elemento di trasmissionefurono proprio i rapporti di partecipazione delle banche in imp-rese coinvolte in profonde crisi dovute alla necessità di operareuna rapida conversione della produzione bellica in quella civile.

ll disegno concepito dal legislatore del 1936 mirava a:

1. escludere la possibilità e la necessità che gli intermediari op-erassero una significativa “trasformazione delle scadenze” i.e.utilizzassero forme di raccolta tipicamente a breve, quali i de-positi, per fornire crediti a lungo alle imprese

2. normare la natura delle relazioni tra banche imprese.

La normativa in oggetto sia per la sua natura flessibile, sia per ladefinizione di una regia forte attuata attraverso la Banca d’Italia, haconsentito di guidare il sistema Bancario Italiano per mezzo secolo.

A causa dell’insufficienza del sistema dei crediti speciali di frontealla grande espansione della domanda di credito a protratta scaden-za e della progressiva dissociazione qualitativa fra l’offerta di creditoe la domanda di finanziamenti, si verificò una progressiva aperturadelle banche di credito ordinario al medio termine che comportò, me-diante l’utilizzo della flessibilità normativa sopra citata, il graduale al-lentamento del vincolo inerente l’erogazione dei prestiti a medio-lungoverificatosi tra la fine degli anni ’50 e la fine degli anni ’80.

1.2 l’influenza delle direttive europee1.2.1 1985: la Banca diventa “Attività d’Impresa”

È solo con il tardivo recepimento della prima direttiva cee sullebanche (Dir. N. 77/780/cee) avvenuto con Decreto del Presidente

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1.3 gli interventi normativi degli anni ’90 3

Repubblica n. 350 del 27 giugno 1985 che formalmente l’attività credi-tizia cessa di essere in Italia funzione di interesse pubblico per divenireattività d’impresa.

1.2.2 Direttive CEE: il principio del mutuo riconoscimento e la sfidadella Banca Universale

Parallelamente nello stesso Giugno 1985 la cee introduce una nuo-va direttiva contenente i principi di mutuo riconoscimento, autoriz-zazione unica e home country control.

ln base a tali principi, una banca autorizzata in qualsiasi paese mem-bro della cee poteva esercitare una gamma molto vasta di attività1:

• in tutti gli stati membri della comunità (mutuo riconoscimento eautorizzazione unica)

• secondo la normativa e la supervisione del paese d’origine (homecountry control).

Si introduceva così formalmente, almeno a livello comunitario, la ban-ca universale che, nelle intenzioni del legislatore, avrebbe dovuto rapp-resentare il modello organizzativo di riferimento per tutte quelle bancheche avessero voluto proiettarsi in uno scenario europeo; soprattutto di-ventava chiara l’evoluzione del mercato in ottica concorrenziale con op-portunità e minacce ben oltre il solo mercato nazionale. Emergeva cosìla pressante necessità, avvertita dalle stesse autorità monetarie, di ag-giornare rapidamente l’intero sistema normativo interno onde evitarepossibili forme di discriminazione a danno dei nostri intermediari: siapriva il filone delle riforme che ha permeato gli anni ’90.

1.3 gli interventi normativi degli anni’90

Le tappe fondamentali di tale processo sono state:

1. 1990 : la Legge n. 218 del 30 luglio 1990, nota come “LeggeAmato–Carli”;

2. 1992 : il D.lgs. n. 481 del 14 dicembre 1992, di recepimento dellall Direttiva Comunitaria sugli enti creditizi (Dir. n. 89/6415/cee);

3. 1993 : il D.lgs. n. 385 del 1 settembre 1993, noto come TestoUnico delle leggi in materia bancaria e creditizia (tub).

Con la Legge “Amato-Carli” del 1990 si è cercato di ovviare adalcune peculiari carenze del nostro sistema creditizio e di sfruttare ibenefici derivanti dalle nuove istanze comunitarie. I punti qualificantidi tale legge possono essere cosi sintetizzati:

1. trasformazione degli enti creditizi pubblici in S.p.A.;

1 Purché contemplate fra quelle contenute nella lista allegata alla direttiva stessa

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4 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategie di business

2. aumento della patrimonializzazione delle banche attraverso in-centivi fiscali alla rivalutazione dei cespiti aziendali;

3. stimolo ad un aumento della concentrazione del sistema bancar-io;

4. regolamentazione di gruppi bancari polifunzionali, in grado diampliare la gamma dei servizi offerti senza disperdere i beneficidella specializzazione.

In pratica si prendeva atto che l’attività bancaria era diventata piùcomplessa e richiedeva l’ampliamento dell’offerta verso una gammadi prodotti/servizi sempre più ampia ed articolata; pur permanendoi principi di specializzazione temporale dell’attività creditizia e di sep-aratezza tra banca e impresa, si ribadiva il carattere imprenditorialedell’attività bancaria, già affermato con il recepimento della Direttivan. 77/780/cee, migliorando la configurazione strutturale e dimension-ale del sistema creditizio ed accrescendone notevolmente la capacitàconcorrenziale.

Attribuendo agli istituti di credito di diritto pubblico la facoltà di as-sumere la forma giuridica della società per azioni si mirava a connotarel’attività creditizia con un modello giuridico organizzativo disciplinatodal diritto comune.

Il contributo che la legge “Amato-Carli” ha fornito al processo didespecializzazione dell’attività creditizia in Italia è stato notevole:

• l’adozione generalizzata del modello societario ha condotto al-l’omogeneizzazione normativa ed alla rimozione di gran partedelle discipline speciali caratterizzanti gli operatori creditizi siaa breve, sia a medio-lungo termine (si parla al riguardo di despe-cializzazione istituzionale)

• l’introduzione del concetto di ente creditizio polisettoriale oper-ante nel medio lungo termine ha anticipato concettualmente unafunzione creditizia non vincolata dalle scadenze

Con il D.lgs n. 481 del 14 dicembre 1992 avviene il definitivo supera-mento del discrimine temporale tra aziende ed istituti speciali di credi-to e si realizza una profonda riforma del sistema creditizio, eliminandogran parte delle segmentazioni e delle barriere operative che ancora locaratterizzavano. Il superamento del principio della specializzazionesollecita l’assunzione di regole di comportamento rigorosamente final-izzate al perseguimento del reddito, innescando in tal modo meccan-ismi concorrenziali in grado di elevare l’efficienza allocativa ed oper-ativa del sistema; contemporaneamente cerca di evitare il potenzialesvantaggio competitivo cui avrebbero potuto essere soggette le nos-tre Banche rispetto alle concorrenti europee prive dei nostri vincolistoricamente determinati.

Quali ulteriori punti essenziali messi in evidenza dalla legge in ogget-to troviamo:

• l’eliminazione delle precedenti categorie giuridico-istituzionaliattraverso:

– unificazione dei modelli statutari delle aziende di credito inquello di società per azioni

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1.3 gli interventi normativi degli anni ’90 5

– accorpamento degli intermediari stessi nell’unica categoriadegli “enti creditizi”

• l’introduzione di una effettiva despecializzazione operativa raf-forzata dalla facoltà concessa agli enti creditizi di esercitare diret-tamente, in aggiunta all’attività bancaria a loro riservata dall’art.2 del D.lgs. n. 48l/1992

2, “una o più delle altre attività ammesseal beneficio del mutuo riconoscimento”. Questa estensione haconsentito alle imprese bancarie italiane di entrare nel campodei finanziamenti non tradizionali e di servizi quali:

– factoring, forfaiting, leasing,

– servizi di negoziazione,

– servizi di consulenza

– gestione dell’intermediazione mobiliare

Di fatto si permette così alle realtà creditizie italiane di poter svolgere,se desiderato, il ruolo di Banca Universale: ciascun ente può offrire di-rettamente al mercato l’intera gamma dei prodotti finanziari che bene-ficiano del mutuo riconoscimento, senza più doversi necessariamentearticolare in una pluralità di soggetti con distinta personalità giuridica.

Poiché la formula del gruppo polifunzionale non viene superata, marimane praticabile, si può affermare che la scelta dell’ambito operativoe dell’assetto organizzativo è stata in definitiva rimessa alla libertà eco-nomica dei singoli imprenditori bancari e alla loro valutazione delleopportunità di mercato.

Dopo oltre mezzo secolo di legislazione bancaria, la specializzazionecreditizia ha dunque assunto una connotazione del tutto nuova, per-dendo il carattere di vincolo normativo e configurandosi come la risul-tante di una scelta imprenditoriale.

È importante sottolineare che tale decreto di recepimento della II Di-rettiva Comunitaria rappresenta l’asse portante su cui è stato costruitoil successivo Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

Con il D.lgs. n. 385/1993 (o tub — Testo Unico Bancario), entratoin vigore dal gennaio 1994, si ultima il quadro normativo arrivando alcompleto rinnovamento della precedente legge del 1936 e successivemodificazioni.

I principi fondamentali alla base del tub, ereditati dai precedentiDecreti legislativi, sono:

• la natura imprenditoriale dell’attività bancaria3

• la despecializzazione istituzionale, temporale ed operativa;

• la concorrenzialità quale requisito di efficienza per il sistemacreditizio nel suo complesso;

• la neutralità della vigilanza.

2 L’Art 2 del decreto recita semplicemente: “Attività Bancaria 1 . La raccolta di risparmiotra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria. 2 . L’eserciziodell’attività bancaria è riservato alle imprese autorizzate, denominate enti creditizi.”

3 Con il tub il termine “Ente Creditizio” viene sostituito da “Banca”

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6 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategie di business

1.4 la banca come intermediario mobil-iare

1.4.1 1991: la nascita delle SIM e l’esclusione delle Banche

Con la Legge n. 1/1991 è stata introdotta nel mercato italiano unanuova tipologia di intermediario, la sim (Società di IntermediazioneMobiliare) che, a differenza dell’agente di cambio, può operare sia inproprio che per conto terzi, e si configura pertanto come un operatorepolifunzionale in grado di “fare mercato” e di assicurare, grazie alleproprie capacità operative e risorse finanziarie, spessore e liquidità almercato. Con l’introduzione della sim quale market maker il nostroordinamento si è allineato, in termini di operatori borsistici, alle figurepreviste dalla normativa cee ed alle riforme realizzate da altri Paesieuropei, quali Gran Bretagna, Francia, Belgio e Spagna.

La Legge n. 1/1991 rappresenta un elemento cardine dell’evo1uzionenormativa del nostro mercato borsistico, poiché oltre ad introdurre lesim prevedeva ulteriori disposizioni molto importanti:

1. gli agenti di cambio diventavano una categoria “ad esaurimento”,nel senso che potevano o costituire una sim, oppure, qualora nonavessero voluto o potuto costituirne una, avevano la possibilità dicontinuare ad operare, con gli stessi limiti precedenti all’entratain vigore della legge in esame, fino al raggiungimento del limitedi età, dopo di che la categoria sarebbe scomparsa di fatto, vistoche non sarebbero più stati banditi concorsi per agenti di cambio;

2. le banche potevano svolgere tutte le attività previste per ogni tipodi società di intermediazione, con esclusione della negoziazionesia per conto proprio che per conto terzi, di valori mobiliari di-versi dai titoli di Stato o garantiti da esso, quotati in Borsa onegoziati nel mercato ristretto, dal momento che l’esercizio pro-fessionale e nei confronti del pubblico di tale attività era riservatain via esclusiva alle sim;

3. tutte le negoziazioni dovevano essere fatte in Borsa; l’unica dero-ga si aveva nel caso in cui l’operazione si fosse potuta realizzaread un prezzo migliore per il cliente, che comunque doveva essereesplicitamente autorizzata

Si evince, cosi, che la Legge n, 1/1991 ha il grande merito di aver dis-ciplinato nel nostro mercato mobiliare i soggetti coinvolti e le attivitàdi:

• negoziazione,

• brokerage (quando le transazioni avvengono per conto di altri),

• dealer (compravendita per conto proprio con o senza l’interventodi broker),

• market making (quando si vende e si compra per proprio contocon regolarità)

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1.4 la banca come intermediario mobiliare 7

• underwriting (quando l’intermediario si impegna a collocare sulmercato i valori emessi da terzi).

In tal modo, risulta individuato lo stesso concetto di intermediazionemobiliare, il che ha consentito un salto di qualità nella tutela dei piccolirisparmiatori.

Ulteriori disposizioni ritraibili dal dettato normativo della Legge n.1/1991 riguardavano:

• l’istituzione di un Consiglio di Borsa presso ogni Borsa Valori;

• l’istituzione di un albo dei promotori finanziari, regolando cosile reti di vendita dei prodotti finanziari;

• l’estensione alle società di intermediazione dell’obbligo del con-trollo contabile e della certificazione dei bilanci;

• la previsione, per quanto riguarda la vigilanza, del principio del-la divisione dei poteri secondo i soggetti e le finalità, per cui, invia generale, la Consob era destinata al controllo delle sim e laBanca d’ltalia a quello delle banche.

In particolare le banche potevano quindi svolgere tutte le attività di in-termediazione mobiliare, ad eccezione, come già sottolineato in prece-denza, della negoziazione di valori mobiliari diversi dai titoli di Stato ogarantiti dallo Stato, quotati in borsa o nel mercato ristretto, in quantoattività riservata alle sim, senza possibilità di intervento diretto dellabanca.

Per cogliere l’opportunità di questo peculiare business le banche siattrezzarono, in un’ottica di gruppo polifunzionale, con la costituzionedi sim “di emanazione bancaria”4 a livello consolidato ciò consentivadi attrarre nella sfera di competenza del gruppo con holding bancariai ricavi derivanti dall’accesso diretto al trading di tutti gli strumenti fi-nanziari sui mercati regolamentati. Inoltre le banche per poter svolgerele attività di intermediazione mobiliare dovevano avere la preventivaautorizzazione da parte della Banca d’Italia e si dovevano impegnareal rispetto delle norme stabilite per le sim relative sia a regole di com-portamento generali, sia a disposizioni dettate per le singole attività diintermediazione mobiliare.

Lo svolgimento di tali attività di intermediazione doveva avvenire inmodo tale da garantire la separatezza organizzativa e contabile non so-lo fra le stesse, ma anche dalle altre attività tipiche della banca. Infatti,gli istituti di credito potevano operare nel campo dell’intermediazionemobiliare secondo due alterative:

• costituendo una sim

• organizzando al proprio interno una struttura separata dedicataa tale attività.

Alla Banca d’Italia spettava il compito di verificare il rispetto degliobblighi di informazione, correttezza, regolarità delle negoziazioni,nonché l’osservanza delle regole di vigilanza prudenziale da partedelle banche nell’esercizio dell’attività in titoli.

4 Cioè controllate dalle banche stesse

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8 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategie di business

Un ultimo importante punto dettato dalla normativa consiste nelladisposizione dell’obbligo della concentrazione degli scambi, volta adincrementare la trasparenza in tutte le fasi dell’intermediazione mo-biliare. Il conseguente impatto per le banche era significativo: infatti,visto che veniva posto l’obbligo di concentrare, quindi di “far passare”attraverso i mercati regolamentati la totalità degli scambi, si andavaa limitare fortemente l’operatività delle banche, impedendo loro di“sposare in casa” i flussi di domanda ed offerta, cioè di compensarliall’interno senza farli transitare sul mercato, pratica che determina-va differenze di prezzo non giustificate dalle effettive condizioni dinegoziazione.

Inoltre, la separazione organizzativa ed amministrativa tra il portafogliotitoli di proprietà ed il portafoglio della clientela impediva il formarsidi ulteriori scambi a condizioni fuori mercato, nei quali era fin troppochiaro il conflitto di interessi tra ente creditizio, proprietario dei titoli,e la sua posizione di mandatario del cliente sul medesimo contratto.

1.4.2 1996: l’apertura del mercato mobiliare alle banche

Con il 1ºsettembre 1996, data di entrata in vigore del D.lgs. n. 415

del 23 luglio 1996, noto come decreto Eurosim, si assiste ad una mod-ifica importante del quadro normativo relativo agli intermediari ban-cari, rappresentata dalla caduta della riserva di legge che la Legge n.1/1991 aveva posto a favore delle sim relativamente alla possibilità dinegoziare direttamente sui mercati regolamentati tutte le tipologie distrumenti finanziari quotati.

Il D.lgs. n. 415/1996, che ha recepito e ha dato attuazione allenorme contenute nelle direttive n.93/22/cee e n. 93/6/cee, ha infattiintrodotto novità di grande rilevanza per quanto concerne la disciplinadei mercati mobiliari e degli intermediari in essi operanti, novità chespesso costituiscono una diretta attuazione delle previsioni comuni-tarie, quali:

1. la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi in base alprincipio del mutuo riconoscimento;

2. l’accesso diretto delle banche ai mercati regolamentati;

3. la trasformazione in senso privatistico dei mercati esistenti.

In particolare, per il nostro ordinamento una delle novità più impor-tanti introdotta dalla direttiva Eurosim ha riguardato la possibilità con-cessa alle banche di accedere direttamente ai mercati mobiliari, in con-trasto con il precedente limite posto dalla Legge n. 1/1991 all’accessodiretto da parte dei nostri istituti di credito all’attività di negoziazionesui mercati regolamentati di tutti gli strumenti finanziari quotati.

In pratica, le banche vengono equiparate alle imprese di investimen-to nella possibilità di accedere, purché in possesso dei requisiti richiestiper la relativa autorizzazione, all’esercizio di tutti i servizi di investi-mento, senza più esclusioni, laddove la nozione di “servizi di investi-mento” si sostituisce a quella di “attività di intermediazione mobiliare”prevista e disciplinata dalla Legge n. 1/1991. Oltre al mutamento ter-minologico (viene infatti ripresa la dizione utilizzata nella direttiva

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1.5 le sfide (im)poste dal nuovo quadro normativo 9

Eurosim n.93/22), si assiste ad una riduzione numerica delle attivitàriservate e ad un miglioramento qualitativo delle singole definizioni.

Alla luce del decreto Eurosim, i servizi di investimento tipici sono:

1. negoziazione per conto proprio;

2. negoziazione per conto terzi;

3. collocamento di strumenti finanziari (nelle sue diverse forme);

4. gestione su base individuale di portafogli di investimento perconto terzi;

5. ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione.

Occorre poi sottolineare come la direttiva Eurosim, oltre ad occupar-si dell’accesso degli intermediari mobiliari al mercato unico europeo,pone le norme relative alla loro disciplina prudenziale.

A quest’ultimo proposito, è la direttiva n. 93/6/cee che integrae completa l’insieme delle misure di vigilanza prudenziale stabilitea livello europeo nei confronti, rispettivamente, delle banche e delleimprese di investimento. La normativa dettata rappresenta un tenta-tivo per riavvicinare le regole in vigore in materia di vigilanza sulleimprese di investimento e quelle relative agli enti creditizi, in mododa garantire una uniformità di trattamento tra le diverse istituzionioperanti sui mercati mobiliari.

In particolare, accanto al requisito patrimoniale a copertura del ris-chio di credito (coefficiente di solvibilità), con la direttiva n. 93/6/cee

sono stati disposti analoghi requisiti a copertura dei rischi di mercato,collegati all’eventualità di subire perdite in relazione a sfavorevoli vari-azioni dei prezzi di mercato quali tassi di interesse, tassi di cambio ocorsi azionari. Per ogni tipologia di rischio, poi, sono previsti singoli especifici requisiti patrimoniali.

ll principale effetto della nuova disciplina comunitaria è stato quin-di quello di creare un vero e proprio mercato unico dei servizi di in-termediazione mobiliare a livello europeo, con il conseguente nettoincremento del grado di concorrenza al suo interno.

1.5 le sfide (im)poste dal nuovo quadronormativo

In sostanza, le norme del tub hanno abbandonato definitivamentel’orientamento che considerava gli enti creditizi più come istituzionial servizio della politica economica che come imprese, recependo ap-pieno una filosofia di mercato. In particolare, è stata definitivamentesuperata la logica delle specializzazioni (settoriale, temporale, istituzionale),costituente ormai un fattore penalizzante per i nostri intermediari neiconfronti dei concorrenti internazionali, introducendo per le istituzionicreditizie la facoltà, non certo l’obbligo, di adottare il modello dellabanca universale.

Le singole banche, quindi, risultano abilitate ad operare direttamentesia a breve che a lungo termine, con la possibilità di offrire, nel rispetto

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10 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategie di business

di appropriati coefficienti di liquidità, finanziamenti regolati da leggispeciali o riservati in precedenza agli istituti di credito speciale. Inoltre,possono assumere, seppur entro limiti ben definiti, partecipazioni nelleimprese industriali, svolgendo direttamente attività parabancaria an-che in quei settori dove in precedenza potevano operare solo attraversospecifiche società controllate.

Di fatto, in termini di scelte strategiche il tub ha costituito un puntodi partenza per le nostre banche che sono state poste di fronte ad unaserie di scelte di grande rilievo.

• Gruppo polifunzionale vs. Gruppo e soluzioni “miste”In primo luogo, l’apertura dell’ordinamento finanziario al model-lo di banca universale attuata con il recepimento della II Direttivacee, prima, e confermata dal tub poi, ha posto i nostri enti cred-itizi, chiamati ad ampliare il proprio grado di diversificazione,di fronte al problema strategico di scegliere tra l’opportunità dimantenere od adottare la struttura del gruppo polifunzionale equella di optare per il modello di banca universale, sostenendogli eventuali costi di trasformazione. Le nuove disposizioni han-no garantito, infatti, un’ampia libertà di scelta circa le strategie edi modelli istituzionali ed organizzativi da adottare da parte deglienti creditizi, con una conseguente valorizzazione dell’autono-mia imprenditoriale delle banche, chiamate a scegliere in fun-zione non solo del posizionamento strategico da esse program-mato, ma anche del proprio assetto proprietario e dimension-ale, nonché in relazione alle competenze professionali disponibili.È bene ribadire che la previsione nel tub di un modello di in-termediazione despecializzato non implica l’adozione obbligatadel modello organizzativo della “banca universale”, costituendoquesto un’alternativa alla formula del gruppo polifunzionale, chenon viene superata, bensì arricchita da una maggiore flessibilitàoperativa ed organizzativa.

Dall’analisi comparativa dei suddetti due modelli non è statofinora possibile stabilire a priori la superiorità di un modello sul-l’altro: pertanto, la scelta è stata effettuata dalle singole impresebancarie sulla base delle caratteristiche operative e dimension-ali che le contraddistinguono e del posizionamento strategicoprescelto.

Il processo di revisione ha portato spesso all’adozione di un mod-ello “misto”, nel senso che nella grande banca multidivisionalesi è concentrata l’attività bancaria tradizionale e quelle più con-tigue, come l’intermediazione a medio-lungo termine ed il credi-to al consumo, mentre per le attività finanziarie, più lontane dalbusiness tipicamente bancario (merchant banking, trading, ges-tioni fiduciarie ecc.), oltre che per quelle soggette a riserva dilegge, opererano intermediari specializzati distinti ma control-lati dalla banca stessa. In tal modo, lo schema del gruppo po-lifunzionale viene ad innestarsi su quello già multidivisionaledella banca ad ampia operatività, rappresentandone non l’alter-nativa, ma una sorta di possibile estensione verso ulteriori spazidi attività.

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1.5 le sfide (im)poste dal nuovo quadro normativo 11

• Acquisizione di partecipazioni al capitale di imprese industrialiCon il tub si sancisce la possibilità per le banche di acquisire, adate condizioni, partecipazioni al capitale di imprese industriali.Dal momento che si può rilevare come le nuove regole fissatedalle autorità monetarie in tema di partecipazioni, pur amplian-do le possibilità operative delle istituzioni bancarie, siano decisa-mente più severe rispetto a quelle previste nella seconda diretti-va, si evince che le cautele italiane, comprensibili se si pensa algrado di novità della normativa esaminata, sono tali da garan-tire da ogni possibile rischio di un nuovo rapporto perverso frabanca e industria

• Opportunità di reimpostare il rapporto Banca-impresaL’estensione dell’operatività delle banche al settore delle parteci-pazioni industriali, oltre a fornire alle istituzioni creditizie la pos-sibilità di svolgere un ruolo importante nella ricapitalizzazionedell’apparato produttivo e nello sviluppo del mercato dei cap-itali, dà loro la grande opportunità di reimpostare il rapportobanca-impresa secondo modalità più vicine a quelle tipiche delmodelli europei. Si tratta, per le banche italiane, di compiereun salto culturale: ferma restando la validità del principio secon-do il quale il banchiere non può sostituirsi all’imprenditore nellescelte strategiche, occorre passare dalla cultura dello sconto edelle garanzie alla valutazione dei progetti di investimento, mod-ificando e affinando i criteri di selezione e riducendo la prassi dei“fidi multipli” in modo da poter seguire meglio l’evoluzione delrapporto creditizio. Un possibile modello a tendere potrebbe es-sere quello della hausbank tedesca, “banca di riferimento” checonosce profondamente il cliente e lo assiste in tutta la gammadelle sue necessità finanziarie in un rapporto esclusivo e diretto:il modello “una sola banca per ciascuna impresa” è molto lon-tano dalla prassi corrente del frazionamento dei rischi, ma l’obi-ettivo deve essere quello di ridurre il numero dei rapporti di affi-damento se si vuole divenire interlocutori più validi dell’impresasoprattutto nei momenti di difficoltà5

• L’incremento del rischioLe nuove attività e i nuovi modelli cui sono chiamate le BancheItaliane implicano un potenziale incremento del rischio cui sidovrà rispondere con un duplice sforzo: crescita patrimonialee dimensionale e sviluppo di tutte le competenze necessarie peraffrontare le nuove sfide

• Il sistema di vigilanzaUn’operatività a 360 gradi, quale è quella tipica di una ban-ca universale, comporta necessariamente un ampliamento deglispazi di autonomia dell’impresa bancaria. Da qui l’esigenza diun’ampia verifica dell’intero sistema dei controlli da parte delleautorità creditizie, con la revisione e l’aggiornamento delle is-tituzioni di vigilanza, in modo da eliminare strumenti ritenuti

5 Si veda anche all’interno della sezione “Le dinamiche evolutive dell’organizzazione dellebanche” la parte sul Corporate Banking

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12 evoluzione della normativa ed impatto sulle strategie di business

obsoleti ed introdurne di nuovi, più adeguati alla mutata situ-azione dei mercati creditizi e delle imprese che in tali ambiti op-erano. Ecco quindi che l’obiettivo prioritario diviene quello dellacompetitività all’interno del sistema finanziario, laddove in pas-sato era quello della stabilità ad essere privilegiato. Ovviamente,questo non significa minor interesse da parte delle nostre au-torità creditizie verso quest’ultimo obiettivo, ma semplicementeun cambiamento negli strumenti con i quali perseguirlo, inseritiin un ambito di vigilanza prudenziale. La moderna formula diprevenzione dei dissesti bancari deve fondarsi, in ottica preven-tiva, sul presidio dell’equilibrio patrimoniale e finanziario dellabanca e collega la possibilità operativa alla struttura dell’attivo edel passivo della stessa.

La nuova normativa prevede, infatti, che la Banca d’ltalia accerti“che le modificazioni degli statuti delle banche non contrastinocon una sana e prudente gestione” (art, 56 del tub), sicché spet-terà a quest’ultima verificare, caso per caso, la presenza all’in-terno degli stessi enti creditizi di condizioni sufficienti affinchéi maggiori rischi connessi alla despecializzazione per scadenzeed alla partecipazione al capitale delle imprese siano circoscrittein modo da non inficiare la loro stabilità ed il mantenimentodell’equilibrio finanziario, economico e patrimoniale a valere neltempo. In altre parole, gli enti creditizi potranno scegliere lib-eramente le proprie combinazioni produttive, a patto di averesufficienti requisiti patrimoniali ed organizzativi, in relazioneall’ambito delle nuove attività in cui si intende entrare.

Parallelamente, con il recepimento della direttiva Eurosim e con l’e-manazione del Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria(tuf - approvato in via definitiva nel Febbraio 1998), ciascuna banca siè trovata di fronte all’esigenza di effettuare una scelta strategica tra duediverse possibilità: esercitare tali servizi di investimento direttamenteoppure affidarsi ad altri soggetti, tipicamente le SlM di emanazionebancaria partecipate in via totalitaria o comunque controllate dalla ban-ca stessa, che erano state in precedenza costituite vista l’impossibilitàper le banche di accedere direttamente in Borsa al fine di far rientrarei proventi del business mobiliare nell’area consolidata dei risultati eco-nomici di gruppo. Ovviamente, la scelta di un’operatività in ambitomobiliare diretta dipenderà dal fatto che la banca ritenga più proficuoportare al proprio interno l’offerta dei servizi di investimento e, in talcaso, la banca non potrà che decidere la dismissione della propria sim,qualora già presente.

In pratica, i rapporti tra banche e sim possono svilupparsi in mododifforme a seconda delle scelte che le banche possono effettuare tradiverse opzioni strategiche, che possono essere così sintetizzate:

1. la banca può decidere di svolgere direttamente i seivizi di inves-timento ritenuti interessanti dal punto di vista reddituale e coer-enti con l’attività creditizia e gli altri servizi svolti; in tal caso lesim che scelgono di svolgere i medesimi servizi di investimentosi pongono come soggetti concorrenti;

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1.5 le sfide (im)poste dal nuovo quadro normativo 13

2. la banca può decidere di operare nel segmento della interme-diazione mobiliare continuando ad avvalersi della propria sim

(partecipata in via totalitaria o comunque controllata dalla ban-ca stessa); in tal caso la sim “di gruppo” opera avendo comeconcorrenti le altre sim che svolgono i medesimi servizi;

3. la banca può decidere di concentrare la propria attenzione nelsegmento dell’intermediazione creditizia, ma non volendo trascu-rare del tutto l’attività di intermediazione mobiliare, può o parte-cipare in via minoritaria al capitale di una sim controllata da al-tri soggetti o caratterizzata da una struttura societaria “diffusa”,oppure stipulare con essa un accordo di tipo commerciale: nelprimo caso la banca otterrà, sulla base di accordi preventivi, unaparte del ricavo da commissione (si parla in questo caso di “retro-cessione”’) e parteciperà agli utili della sim in proporzione alcapitale detenuto; nel secondo caso, la banca otterrà solo la retro-cessione di parte dei ricavi da commissione che la sim incasseràdalla clientela della banca richiedente servizi di investimento

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2 L E F U N Z I O N I D E L L A B A N C A

indice2.1 La banca: definizione e funzioni 152.2 La funzione di intermediazione creditizia 182.3 La funzione monetaria 19

2.3.1 Tendenze nel mercato dei servizi di pagamento al det-taglio 21

2.3.2 Il processo di integrazione in Europa dei servizi e deisistemi di pagamento al dettaglio 23

2.4 La funzione dei servizi 242.5 Breve Descrizione dei Servizi Bancari 26

2.5.1 I Servizi di Pagamento 27

2.5.2 I Servizi di Custodia 30

2.5.3 I Servizi su Titoli e la raccolta Indiretta 30

2.5.4 Tipici Servizi alle imprese 36

2.1 la banca: definizione e funzioniLa banca viene concepita come un’azienda di produzione che opera

sistematicamente, istituzionalmente e a proprio rischio nel campo del-l’intermediazione finanziaria, raccogliendo risorse finanziarie presso ilpubblico — nella forma di depositi rimborsabili a vista — ed erogandorisorse finanziarie a titolo di credito.

Pertanto la banca svolge in modo coordinato e congiunto:

• una funzione di mobilizzazione delle risorse finanziarie, rilevan-do le disponibilità finanziarie che si formano nelle aziende deivari settori dell’economia;

• una funzione creditizia, trasferendo risorse finanziarie a titolo dicredito, tipicamente nella forma tecnica del prestito, alle aziendela cui gestione è caratterizzata da disavanzi finanziari;

• una funzione monetaria, contribuendo all’offerta e alla circolazionedella moneta con propri debiti particolari, accettati come mezzodi pagamento.

Accanto alle citate funzioni principali, la banca offre una vasta gammadi servizi, detti accessori o collaterali, che contribuiscono a migliorareil regolamento degli scambi e, più in generale, a sviluppare il sistemaeconomico nel suo complesso.

Da quanto detto si evince che la peculiarità fondamentale dell’attiv-ità bancaria risiede nell’esercizio congiunto della funzione creditizia edella funzione monetaria, svolta dalle proprie passività (depositi) chevengono comunemente accettate quali mezzi di pagamento.

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16 le funzioni della banca

Ciò non esclude, ovviamente, che la banca cosi intesa possa rac-cogliere il risparmio presso il pubblico ed esercitare il credito mediantealtre forme tecniche anche molto diversificate e a più protratta scaden-za, come evidenziato dalle recenti evoluzioni del quadro normativo.

Il Testo Unico Bancario definisce la banca come l’unico operatoreabilitato all’esercizio congiunto del credito e della raccolta di fondidirettamente presso il pubblico, senza alcuna limitazione in ordinealla durata ed alla natura degli strumenti finanziari attivi e passivinegoziati.

Conformemente al dettato della seconda direttiva comunitaria in ma-teria bancaria (direttiva n. 89/646/cee), le banche possono svolgeretutte le attività ammesse al mutuo riconoscimento così definite:

• raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione

• operazioni di prestito (compreso il credito al consumo, il factor-ing, etc.)

• leasing finanziario

• servizi di pagamento

• emissione e gestione di mezzi di pagamento

• rilascio di garanzie e di impegni di firma

• operazioni per proprio conto o per conto della clientela in: stru-menti di mercato monetario, cambi, strumenti finanziari a ter-mine e opzioni, contratti su tassi di cambio e tassi d’interesse,valori mobiliari

• partecipazioni alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi con-nessi

• consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, distrategia industriale, etc.

• servizi di intermediazione finanziaria del tipo money broking

• gestione o consulenza nella gestione dei patrimoni

• custodia e amministrazione di valori mobiliari

• servizi di informazione commerciale

• locazione di cassette di sicurezza;

La lista di cui sopra facendo riferimento al mutuo riconoscimento noncompleta tutte le attività possibili per la Banca1 sia perché la normativaEuropea è in continua evoluzione sia perché la Banca d‘Italia può con-sentire l’esercizio di attività non ammesse al mutuo riconoscimento,purché disciplinate appositamente.

Di fatto la normativa vigente consente alla banca di optare tra combi-nazioni di attività molto diversificate che vanno dall’attività minimale

1 La lista costituisce comunque una indicazione significativa delle potenzialità di “BancaUniversale” insite nelle decisioni cee in ambito bancario.

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2.1 la banca: definizione e funzioni 17

di raccolta di risparmio/offerta di credito, alla combinazione massi-ma identificabile nella fattispecie organizzativa della banca universale,passando attraverso combinazioni intermedie con vario grado di spe-cializzazione, lungo le dimensioni di tipo di prodotto, segmento diclientela, tecnologia utilizzata.

Gli effetti immediati dei nuovi assetti normativi sono stati:

• l’incremento della scala dimensionale perseguito negli anni piùrecenti dagli intermediari bancari mediante aggregazioni di variotipo

• l’evidenza di molteplici scelte di diversificazione produttiva edistributiva.

In base alla combinazione segmento di clientela, bisogni/servizi earee di intermediazione vengono definite le seguenti principali areedi attività:

1. retail bankingSi riferisce ad un modello di attività al dettaglio, rivolta a seg-menti di clientela — famiglia, impresa, altro — classificati qualiminori relativamente alla dimensione dello scambio, incentratosulla raccolta di depositi e sulla concessione di prestiti in svari-ate forme tecniche. Trattasi di servizi scarsamente personalizz-abili, offerti con modalità distributive di tipo standardizzato sumercati altamente competitivi;

2. private bankingvolta al soddisfacimento dei bisogni della gestione finanziaria— secondo criteri di personal financial planning —di personefisiche individuali e famiglie contraddistinte da livelli elevati direddito e/o di ricchezza personale. I servizi in questione, generi-camente riferibili all’attività di gestione, consulenza e distribuzionedei prodotti del risparmio gestito, presentano elevato valore ag-giunto e un forte grado di personalizzazione e di interazione nelrapporto banca-cliente;

3. corporate & investment bankingdedicata all’assistenza finanziaria alle imprese di dimensione ril-evante e con forma giuridica di società. Si tratta di un’area parti-colarmente ampia e complessa di attività che comprendono sia ilreperimento e la gestione dei finanziamenti (corporate finance),sia le operazioni che incidono sulla composizione e sulla titolar-ità del capitale, proprio o di terzi, delle imprese. Come è intuibile,anche in questo caso la banca offre prodotti altamente personal-izzati, che richiedono una buona dose di consulenza, secondologiche di relationship banking.

Non trascurabile appare il crescente peso che sta assumendo nel-l’ambito dell’intermediazione finanziaria l’offerta congiunta di prodot-ti bancari e prodotti assicurativi, in specie del ramo vita, che va sottoil norme di bancassicurazione, e che nasce dal rapporto sinergico, vari-amente declinato a livello organizzativo e produttivo, tra intermediaribancari e assicurativi.

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18 le funzioni della banca

In tale ambito, l’innovazione e la sofisticazione del prodotto, spin-ta dalle richieste del mercato, ha permesso di offrire alla clientelanon solo prodotti vita tradizionali, bensì anche polizze con caratter-istiche marcatamente finanziarie all’interno della gamma di prodottidel risparmio gestito e mediante lo sfruttamento comune tra bancae compagnia di assicurazione delle infrastrutture tecnologiche e deicanali di distribuzione.

2.2 la funzione di intermediazione cred-itizia

La funzione creditizia e la funzione monetaria devono considerarsicondizioni necessarie e sufficienti affinché ci si possa riferire all’attiv-ità bancaria nell’accezione tradizionalmente riconosciuta; queste fun-zioni vengono esaminate distintamente ma risultano strettamente in-terdipendenti ed inscindibili nell’ambito dell’attività delle istituzionibancarie.

La banca svolge una funzione di intermediazione creditizia quando,nell’ambito della propria attività, trasferisce risorse finanziarie — atitolo di credito — dalle unità in surplus monetario alle unità in deficit.

Alcune importanti considerazioni permettono di caratterizzare megliola funzione in oggetto:

1. la banca deve considerarsi un’azienda di produzione che operasistematicamente nel campo del credito. In effetti, nell’ambito delciclo produttivo della banca, i fondi raccolti dalle unità in avanzoa determinate condizioni contrattuali vengono trasferiti a titolodi credito alle unità in deficit, mediante un processo di trasfor-mazione economica delle condizioni e di assunzione a propriocarico dei rischi connessi2

2. la banca stringe rapporti di credito passivo quando scambia conle unità in surplus proprie passività contro moneta (figurandocome debitrice). In altre parole all’atto di apertura di un depos-ito da parte di un Cliente, la quantità di denaro appoggiata sulConto Corrente dal cliente si configura come una passività nellostato patrimoniale della banca

3. la Banca stringe rapporti di credito attivo ogniqualvolta impiegain attività finanziarie, in nome e per conto proprio, le risorse ac-quisite (figurando come creditrice). Quando per esempio la Ban-ca accorda una linea di credito ad un’impresa il denaro prestatocostituisce attività nello stato patrimoniale della banca

4. dai punti 2 e 3 di cui sopra è evidente che la banca si inserisceattivamente nello scambio creditizio interponendosi tra le unitàin surplus e le unità in deficit nel trasferimento delle risorsefinanziarie

2 È forse pleonastico osservare che trattasi quindi di attività ben diversa dall’intermediariopuro: se così fosse essa metterebbe direttamente in relazione chi dispone di fondi ineccedenza e chi invece tali fondi vuole utilizzare, lucrando una semplice provvigione oduna commissione per il servizio reso

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2.3 la funzione monetaria 19

5. la necessità del ruolo attivo di un terzo attore nella transazione3,esercitato dalla Banca, è reso praticamente necessario per diversifattori riconducibili a:

a) sensazione di rischio che l’investitore prova nei confrontidell’investimento diretto. Più in particolare, si fa riferimen-to alla difficoltà del soggetto investitore a reperire elementidi valutazione teorici ed empirici della solvibilità del deb-itore e/o a sostenere i relativi costi di informazione.

b) difficoltà connesse alle dimensioni contenute degli avanzifinanziari delle unità in surplus, che non consentono unaidonea diversificazione di tipo quantitativo e settoriale del-l’investimento

c) asimmetrie esistenti circa le diverse esigenze finanziarie espressedalle controparti, che comportano inevitabilmente difetto diaccordo circa le condizioni contrattuali relative a

i. quantità dei capitali offerti e domandantiii. i tempi e le modalità di restituzione

iii. l’entità del prezzo negoziatod) riduzione strutturale del rischio complessivo dovuta alla

naturale diversificazione delle transazioni operate dalla ban-ca rispetto a quelle percorribili direttamente tra unità disurplus e di deficit.

In definitiva la Banca si configura così come azienda di produzione inquanto la materia prima — segnatamente i fondi raccolti — subisceuna trasformazione economica a livello di condizioni negoziate (quan-tità, forma giuridica, scadenze, tassi di interesse etc.)

2.3 la funzione monetariaLa banca esercita, accanto alla funzione di intermediazione credi-

tizia, e strettamente correlata a questa, una funzione di natura mone-taria.

Questa è resa possibile dalla circostanza che i debiti bancari — seg-natamente depositi — si sono affermati come mezzi di pagamento nelregolamento degli scambi, fungendo da surrogati della moneta legale4

in circolazione.Nei tempi moderni la funzione monetaria esercitata dalla banca con-

siste, in primo luogo, nell’intervento attivo nel campo degli scambimonetari, per facilitare il meccanismo dei pagamenti. Questo avvienetramite l’offerta di svariati servizi quali, per esempio, i servizi d’incas-so e di pagamento e la trasmissione di fondi a distanza.

L’aspetto più rilevante della funzione monetaria si collega tuttaviaalla peculiare facoltà della banca di surrogare, nel regolamento degliscambi, la moneta legale con propri segni di debito.

3 Si sta intendendo qui la necessità dell’esistenza della Banca vedendola come attore delsistema economico, in particolare come “terzo” attore all’interno di un rapporto tra unitàdi surplus e unità di deficit che, potenzialmente, potrebbe essere diretto

4 Valuta a corso legale (currency): in senso stretto indica i mezzi di pagamento con potereliberatorio in circolazione in un dato paese, ossia banconote e monete metalliche.

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20 le funzioni della banca

La cosiddetta “moneta di banca” si afferma come un nuovo generemonetario, fungendo da surrogato di quella a potere liberatorio, inquanto risulta un mezzo di pagamento particolarmente efficace, piùcomodo e più sicuro della moneta legale.

L’uso della moneta bancaria o scritturale, che si presenta sotto varieforme — assegni circolari, assegni bancari, bonifici, trasferimenti elet-tronici dei fondi, etc. — assume così un ruolo preminente nei sis-temi economicamente evoluti, poiché meglio si adatta alle moltepliciesigenze di pagamento.

Nell’ambito dello schema di funzionamento della banca si noti chel’esercizio della funzione monetaria, oltre a consentire alla banca diinserirsi attivamente nel tessuto economico mediante la creazione dipropri mezzi monetari, le permette di acquisire attività in contropartitadi proprie passività, segnatamente depositi5.

La banca può così offrire propri debiti con funzione monetaria indiretta contropartita dell’acquisizione di attività patrimoniali, nella fat-tispecie, con la negoziazione di prestiti. Infatti la banca, senza dovernecessariamente attendere il preliminare riafflusso di depositi, è in gra-do di anticipare il momento della negoziazione del prestito che vieneerogato mediante emissione di moneta bancaria; tale circostanza fa siche le passività a vista della banca vengano a loro volta generate (o siaccrescano) per effetto della concessione di prestiti in conto corrente6,cioè mediante il credito avente funzione monetaria.

Ciò permette alle banche, nei limiti consentiti dalle disponibilità diriserve di contante e dai vincoli di equilibrio economico, di assumereuna posizione attiva ed autonoma nel campo del credito.

Tale evento si spiega per il fatto che nelle transazioni correnti mer-cantili e finanziarie raramente le imprese affidate utilizzano le linee dicredito concesse mediante prelevamenti di moneta legale, ricorrendodi preferenza all’uso della moneta bancaria o scritturale.

È raro, d’altra parte, che il beneficiario che accetta il pagamento sot-to queste ultime forme richieda la conversione in moneta legale delproprio credito, preferendo trasferire il titolo ricevuto alla banca ne-goziatrice, con ordine di accreditamento in conto. Quest’ultima oper-azione, se iscritta in un conto passivo della banca, genera un accresci-mento della raccolta (al lordo dei rapporti interbancari); al contrario,se l’accreditamento avviene su un conto attivo per la banca, si riduce,sempre per pari ammontare, il volume dei prestiti.

L’ampliarsi della funzione monetaria esercitata dai passivi bancarifa si che possa diminuire l’entità delle scorte di base monetaria. Ciò èpossibile perché risulta ridotta la richiesta di rimborsi e la conversionein biglietti dei depositi che, anzi, tendono all’aumento per il contin-uo diffondersi della moneta bancaria quale sostituto di quella di tipocartaceo.

5 Spesso il credito richiesto da un Cliente viene realizzato attraverso “caricamento” delConto Corrente posseduto presso la Banca: in questo modo la Banca incrementa il pro-prio attivo del valore dell’incremento del conto: le risorse per farlo, in senso lato, sonoi depositi presso la banca stessa (le passività acquisite dalla banca nella gestione delleunità in surplus) e il grado di fiducia che il sistema ripone nella banca stessa

6 Il prestito può servire per esempio per acquistare macchinari, e diventa qualcosa chetipicamente va ad incrementare il deposito del fornitore del macchinario

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2.3 la funzione monetaria 21

La funzione monetaria e la funzione creditizia risultino strettamenteinterdipendenti, traendo l’una impulso dall’altra ed esaltandosi recip-rocamente:

• la funzione monetaria influisce direttamente sulla capacità cred-itizia della banca: quanto più infatti la moneta bancaria sosti-tuisce la moneta legale nelle preferenze del pubblico, tanto piùl’azienda bancaria potrà dilatare il volume dei prestiti7

• La funzione creditizia, d’altro canto, è possibile per la presenzadei depositi che sono “consentiti” dalla fiducia che il pubblicoripone nella banca riguardo alla capacità di quest’ultima di as-solvere, in qualsiasi momento, i propri obblighi, ossia di trasfor-mare, su richiesta del creditore, le proprie passività a vista inmoneta a potere liberatorio. Se, al contrario, venisse meno lafiducia da parte del pubblico, l’attività creditizia risulterebbe in-teramente condizionata dalla circolazione di mezzi di pagamen-to emessi da altre istituzioni, con grave danno all’espansionedell’attività creditizia.

La banca, quindi, deve tendere costantemente a creare “consensi dicredito”, di modo che il pubblico sia disposto ad accettare debiti ban-cari come mezzo di pagamento, senza ricorrere alla conversione deimedesimi.

In ultima analisi la circolazione fiduciaria di debiti bancari con fun-zione monetaria può essere assimilata ad una concessione di creditoda parte del mercato nei confronti del sistema bancario.

Perché ciò accada, è necessario che ricorrano talune condizioni cheattengono direttamente alla composizione quali-quantitativa degli at-tivi bancari e riferibili, in particolare, alla presenza di sufficienti riservedi liquidità, nonché alle caratteristiche qualitative delle altre attività dibilancio in grado di garantire funzionali correlazioni tra entrate eduscite8.

Non si può tralasciare, inoltre, che il comportamento del pubbli-co in ordine alla richiesta di conversione in moneta a potere liber-atorio dei crediti vantati nei confronti delle banche dipende diretta-mente anche dalla cultura finanziaria diffusa in un determinato con-testo socio-economico, nonché dal grado di efficienza dei sistemi dicompensazione tra banche, tali da garantire il regolamento delle re-ciproche posizioni debitorie e creditorie in tempi veloci e secondostandard qualitativamente elevati.

2.3.1 Tendenze nel mercato dei servizi di pagamento al dettaglio

In Italia l’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi al contantepermane assai contenuto nel confronto internazionale:

• il numero medio di operazioni per abitante è risultato pari a 64

nel 2008, contro 161 operazioni per l’Eurosistema nel 2007 (cfr.Figura 1);

7 Potendo aprire linee di credito appoggiate su Conto Corrente8 È questa una delle attività più rilevanti in capo al sistema di vigilanza e, in particolare

alla Banca D’Italia

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22 le funzioni della banca

• fra le operazioni con carte bancarie (inclusi gli acquisti su pos)è oltretutto elevata, dell’ordine del 60 per cento, la quota deiprelievi di contante da sportelli automatici;

• in linea con la media europea risulta invece la dotazione infras-trutturale in termini di carte e pos, rispettivamente 1,3 carte perabitante e circa 20 pos ogni mille abitanti9.

Tabella 1: Strumenti di Pagamento e loro utilizzo

Con riferimento ai prodotti e ai canali innovativi, nel 2008 sonoancora significativamente aumentate le operazioni di pagamento viaInternet con carte di credito e bonifici:

• il numero di bonifici effettuati online ammonta a 70 milioni, increscita del 16,5 per cento sul 2007;

• le operazioni sul web con carte di credito sono risultate oltre 30

milioni nel 2008, in aumento del 12,6 per cento in ragione d’anno.

È risultato sostenuto l’aumento degli strumenti di pagamento postaliautomatizzati:

• in termini di numero di operazioni

– 19 per cento per bonifici e disposizioni di incasso

– 15 per cento per le operazioni con carte di debito e prepa-gate

• Carte di pagamento postali

– Alla fine del 2008 fra i 5,4 milioni di correntisti postali, so-prattutto famiglie, circolavano oltre 11 milioni di carte dipagamento postali, quasi il 19 per cento in più rispetto a unanno prima.

9 In sintesi il mantenimento di un alto utilizzo di contanti nella regolazione ditransazioni non è dovuto ad impedimenti di natura strutturale: si ritiene che sia legatoprincipalmente a evitare la rintracciabilità della transazione e a fattori culturali

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2.3 la funzione monetaria 23

Un impulso all’utilizzo di strumenti diversi da quelli cartacei potrebbevenire dalla diffusione di modalità di pagamento proposte da opera-tori che entreranno nel mercato cogliendo le opportunità offerte dallanuova normativa europea. Si tratta in primo luogo di operatori com-merciali che dispongono di una rete diffusa di vendita, come le catenedi supermercati, o di un canale di contatto capillare con la clientela,come le società di telefonia. Conferme sull’interesse di tali soggetti asvolgere un ruolo di rilievo nell’offerta di servizi di pagamento innova-tivi provengono da un’iniziativa ricognitiva in via di svolgimento sulfenomeno dei mobile payments.

Le tendenze verso un crescente utilizzo delle nuove tecnologie del-l’informazione e della comunicazione (ict) nei pagamenti e, più ingenerale, nelle attività in rete trovano conferma nella terza indaginecondotta dalla Banca d’Italia sulle imprese dei servizi, che nel 2008 èstata estesa anche alle imprese manifatturiere. Risulta che

• la quasi totalità delle imprese utilizza la rete per effettuare incassie pagamenti.

• Tra le imprese più innovative, si evidenzia una tendenziale polar-izzazione fra due modelli di diffusione delle tecnologie:

– quello delle aziende che si servono delle innovazioni in prevalen-za per migliorare l’efficienza gestionale (filiera produttiva)

– quelle che le adottano soprattutto per i vantaggi che pos-sono offrire per la commercializzazione dei beni e servizi.

In entrambi i casi, le procedure di incasso e pagamento in rete, inte-grate con i servizi di fatturazione elettronica, offrono nuove opportu-nità per la razionalizzazione dei processi interni e l’accesso ai mercatiesteri, in linea con l’ottica della sepa (Single Euro Payments Area).

I risultati dell’indagine, rivolta a un campione rappresentativo di im-prese di servizi e manifatturiere con fatturato superiore ai 2,5 milionidi euro, mostrano che:

• i servizi bancari di incasso e pagamento sono ampiamente utiliz-zati (da oltre il 90 per cento del campione di imprese intervistate)

• Oltre il 45 per cento delle imprese intervistate dichiara di averregolato in rete più del 60 per cento dei propri acquisti.

• Percentuali minori si registrano per le vendite, per le quali soloil 27 per cento delle imprese dei servizi dichiara di aver regolatoin rete oltre il 60 per cento delle proprie vendite; nel caso delleimprese manifatturiere questa percentuale sale a quasi il 36 percento.

• La fatturazione elettronica svolge un ruolo cruciale per la real-izzazione di processi automatizzati e integrati fra le imprese ele banche nel trattamento dei flussi commerciali e finanziari. Irisultati dell’indagine mettono in evidenza segnali positivi nel-l’utilizzo della fattura elettronica, visto che il 36 per cento delleimprese dei servizi e il 31 di quelle manifatturiere dichiara diessere in grado di ricevere fatture in rete.

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24 le funzioni della banca

2.3.2 Il processo di integrazione in Europa dei servizi e dei sistemidi pagamento al dettaglio

Da gennaio del 2008 l’area unica dei pagamenti in euro (Single EuroPayments Area, sepa) è passata dalla fase progettuale a quella di realiz-zazione: si è avviato l’utilizzo del bonifico paneuropeo ed è entrato invigore il quadro di riferimento formulato dall’Eurosistema per le cartedi pagamento che prevede, tra l’altro, la migrazione di carte e dispos-itivi alla tecnologia del microcircuito. Per il 1ºnovembre 2009, in coin-cidenza con l’entrata in vigore della direttiva sui servizi di pagamento(direttiva ce 13 novembre 2007, n. 64, Payment Services Directive,psd), è previsto l’inizio dell’offerta degli addebiti diretti rispondenti airequisiti della sepa.

In tutto l’Eurosistema la migrazione alla sepa procede tuttavia a rit-mo lento per i bonifici e incontra seri ostacoli in vista del prospettatoavvio degli addebiti diretti.

Nel settore delle carte di pagamento, invece, è in fase avanzata ladiffusione dei nuovi standard di sicurezza e sono in corso iniziativevolte alla costituzione di schemi di carte paneuropei che si affianchinoa quelli già operanti a livello internazionale.

Nel secondo semestre del 2008 i bonifici effettuati con standard sepa

sono stati, nell’intera area, mediamente pari all’1,8 per cento di quellicomplessivi; in Italia l’analoga percentuale si è collocata sullo 0,7 percento, valore superiore a quelli osservati in Francia e in Germania.

Con riguardo alle carte di pagamento, alla fine del 2008 in Italiarisultavano conformi agli standard di sicurezza

• il 60% delle carte in circolazione,

• il 70% degli atm

• l’80% dei terminali pos

si va colmando il ritardo rispetto ai principali paesi europei ma è nec-essario uno specifico impegno per quanto riguarda, in particolare, lecarte di debito.

Oltre alle banche, chiamate ad adeguare i servizi offerti agli standardpaneuropei, il processo di migrazione riguarda i sistemi di compen-sazione e regolamento dei pagamenti al dettaglio (i cosiddetti Clear-ing and Settlement Mechanisms, csm), che devono essere in grado digestire gli strumenti della sepa. Nel mercato europeo sono presentidue modelli di sviluppo delle infrastrutture per il colloquio fra tutte lebanche: quello basato sulla partecipazione diretta degli intermediari aun sistema centralizzato (al momento rappresentato dal sistema gestitodalla Euro Banking Association, step2), e il modello elaborato dalla Eu-ropean Automated Clearing House Association (eacha), che richiedelo sviluppo di collegamenti fra sistemi (“accordi di interoperabilità”).

Le difficoltà con le quali procede la migrazione su base volontariaalla sepa sono state analizzate dall’Eurosistema nel sesto rapporto sul-lo stato di avanzamento della sepa pubblicato nel novembre 2008; iltema è stato oggetto di ripetuti interventi anche da parte delle au-torità europee (Parlamento, Commissione e Consiglio) e si stanno in-tensificando i lavori per il recepimento della direttiva sui servizi dipagamento.

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2.4 la funzione dei servizi 25

2.4 la funzione dei serviziAccanto alle funzioni “tradizionali” creditizia e monetaria, la ban-

ca di deposito svolge un’attività incentrata sull’offerta di una gammapiuttosto eterogenea di servizi.

Per Servizi Bancari intendiamo ogni attività bancaria che non siastrettamente connessa all’intermediazione creditizia, vale a dire chenon rientri fra le operazioni tipiche ed istituzionali della banca di de-posito, ma che sia volta comunque a dare un contributo positivo intermini di reddito alla gestione aziendale.

Pertanto, secondo una ripartizione funzionale dell’attività bancaria,si è soliti definire operazioni fondamentali quelle che riguardano leattività di intermediazione, mentre le operazioni che non sono attinentidirettamente alle negoziazioni di credito per cassa — attivo e passivo —, ivi compresi i crediti di firma10, vengono classificate come accessorie.

Secondo invece una concezione economico/contabile, le operazionifondamentali sono quelle per le quali la banca paga o riceve un prezzosotto forma di saggio di interesse, mentre quelle accessorie sono carat-terizzate dalla circostanza di essere offerte gratuitamente al cliente odi essere pagate da quest’ultimo mediante il versamento alla banca diuna provvigione o di una commissione.

È evidente come la distinzione tra operazioni principali e operazioniaccessorie risulti comunque valida esclusivamente ai fini classificatori;di fatto, l’attività non creditizia delle banche comprende l’offerta di uninsieme eterogeneo e composito di prestazioni11.

La funzione connessa all’offerta dei servizi che esulano dall’attivitàdi intermediazione creditizia si è andata affermando in tempi relati-vamente recenti. La banca ha sempre svolto, accanto alle operazionitipiche, una serie di operazioni complementari: queste tuttavia han-no assunto un ruolo decisamente innovativo solo negli ultimi lustri,quando i rapidi mutamenti intervenuti nel sistema economico, ed inparticolare nel mercato del credito, hanno avuto ripercussioni rilevantianche sulle condizioni operative delle aziende bancarie.

In particolare alcuni fattori esogeni, come il processo di disinterme-diazione, l’aumentata concorrenza anche da parte di istituzioni nonbancarie, le mutate esigenze economiche degli operatori, i bisogni diun mercato in continua evoluzione, hanno costretto le banche ad af-frontare problematiche precedentemente impensabili tra cui la conser-vazione della propria quota di mercato nell’ottica del mantenimentodi profitti adeguati.

È evidente che la funzione dei servizi assume al riguardo un ruo-lo determinante sia come variabile di marketing e fattore di influenzasull’immagine aziendale, sia quale variabile strategica volta alla stabi-lizzazione di profitti decrescenti ed al contenimento, ceteris paribus,del divario tra le medie ponderate dei saggi attivi e passivi negoziati.

Grazie alla vendita dei servizi accessori12 l’azienda bancaria può, inprimo luogo, incrementare i volumi operativi mediante l’offerta di un“’prodotto” più completo: la banca ha l’opportunità, così, di entrare

10 Il credito di firma è un’operazione di prestito con cui la banca si impegna ad assumereo a garantire l’obbligazione di un terzo soggetto.

11 Cfr. paragrafo “Breve Descrizione dei Servizi Bancari” per maggiori dettagli12 Ricavi rappresentati principalmente da commissioni e provvigioni

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26 le funzioni della banca

su nuovi mercati, consolidare la propria posizione su segmenti chegià occupa, procurarsi la fedeltà e la simpatia del pubblico, anche inrelazione all’utilizzo di prodotti tradizionali. Non è raro, infatti, cheun operatore, attratto da un determinato servizio offerto dalla banca,ne diventi in seguito cliente abituale, intrattenendo con essa ancherapporti di natura creditizia.

Non vanno comunque trascurati i ricavi strettamente correlati allavendita dei servizi accessori che contribuiscono al mantenimento delmargine di intermediazione su livelli adeguati e aiutano a sostenere lariduzione del margine di interesse.

In definitiva tramite l’aumento dei ricavi da servizi la banca per-tanto è in grado di dare maggiore elasticità al conto economico e dimigliorare la propria efficienza.

I ricavi in questione possono essere incrementati mediante l’amplia-mento del numero dei servizi venduti e/o per mezzo di una maggiorerazionalizzazione nella fissazione dei loro prezzi.

Per agire sulla variabile relativa alla quantità, la banca deve cercaredi produrre e quindi di vendere servizi al passo con i cambiamentiin atto, operando politiche di diversificazione e di innovazione dellagamma di operazioni accessorie offerte alla clientela. Naturalmentetali servizi devono essere “progettati” ed offerti sul mercato secondocriteri di marketing, attuando nel settore bancario le politiche di mer-cato che le aziende industriali e commerciali in genere già attuano datempo.

Si rende pertanto indispensabile, anche per la banca, una gestionemarket oriented, in grado cioè di prevedere e di contrastare i cambia-menti dell’ambiente al fine di sfruttarne tempestivamente le eventualipossibilità.

È auspicabile, d’altra parte, che le banche adottino adeguate politichedi offerta, e soprattutto di pricing, per l’intera gamma dei servizi in-novativi, data la loro crescente importanza nell’ambito delle gestionibancarie anche e soprattutto dal punto di vista reddituale.

Si consideri inoltre che, data l’incapacità della domanda di valutareappieno il servizio offerto a causa dell’immaterialità dello stesso, lavariabile del prezzo è un elemento rilevante nell’ambito del meccan-ismo di formazione delle preferenze ed è essenziale per indirizzare ilgiudizio e la scelta del consumatore.

La determinazione di un prezzo adeguato al servizio offerto è co-munque compito non facile, dal momento che l’unico elemento ogget-tivo e quantificabile che lo determina — il costo — è caratterizzato, inambito bancario, da gravi incertezze.

Sono numerosi intatti i fattori che complicano la determinazione delprezzo dei servizi bancari, soprattutto per la difficile valutazione dellastruttura dei costi, nell’ambito della quale rilevante è la presenza diquelli comuni.

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 27

2.5 breve descrizione dei servizi ban-cari

Abbiamo visto che i servizi bancari costituiscono un’importante di-rezione di sviluppo per i Gruppi Bancari in quanto leva per recuper-are marginalità complessive soddisfacenti a fronte della riduzione delmargine di intermediazione. I principali servizi offerti alla clientelasono qui distinti in:

• servizi di pagamento

• servizi di custodia

• servizi di gestione del risparmio

• servizi specifici per le imprese quali il “cash management” e ilregolamento dei crediti commerciali.

2.5.1 I Servizi di Pagamento

Profonde innovazioni hanno caratterizzato i sistemi di pagamentodurante gli ultimi anni, determinando, da un lato, significativi muta-menti nell’utilizzo degli strumenti tradizionali e contribuendo, dall’al-tro, alla creazione di nuovi mezzi di regolamento delle transazioni. Inentrambi i casi gli obiettivi di tali cambiamenti sono riconducibili al-la riduzione dei supporti cartacei e dei “tempi di lavorazione” delleinformazioni in essi contenute, e alla diminuzione degli oneri legatiall’utilizzo di determinati strumenti di pagamento.

Tre sono le direttrici lungo le quali le banche hanno operato per ilperseguimento degli scopi sopra indicati:

• la completa automazione dei processi di lavorazione degli stru-menti cartacei;

• il miglioramento delle procedure interbancarie e delle infrastrut-ture telematiche del sistema dei pagamenti;

• la diffusione capillare di punti di contatto con la clientela intera-mente automatizzati, destinati all’espletamento di operazioni ditipo standardizzato, nonché lo sviluppo di strumenti di regola-mento basati su ordini di addebito e di accredito preautorizzati.

Anche ai servizi bancari si applicano le disposizioni normative e re-golamentari previste per incrementare la trasparenza contrattuale. Unulteriore impegno per le istituzioni creditizie italiane è poi venuto conl’elaborazione del Codice di comportamento del settore bancario e fi-nanziario, da parte dell’Associazione Bancaria Italiana nel 1996. Inforza di esso, le banche aderenti al codice devono adoperarsi per illus-trare in modo completo e comprensibile i rischi connessi alla specificatipologia dei servizi e degli strumenti di incasso e pagamento, eviden-ziare le responsabilità del cliente connesse all’utilizzo, allo smarrimen-to e alla sottrazione degli strumenti di pagamento, e comunicare contempestività l’eventuale impossibilità ad eseguire l’ordine impartitodal cliente.

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28 le funzioni della banca

La funzione monetaria svolta dalle banche prevede la creazione dinumerosi mezzi di pagamento, in larga parte ricollegabili ai conti cor-renti di corrispondenza intrattenuti dalla clientela ordinaria. Partico-lare attenzione sarà dedicata in questa sede ad alcuni tra i più diffusiservizi di pagamento al dettaglio e che hanno perciò come tradizionale,ancorché non esclusiva, controparte soggetti appartenenti al segmentodelle famiglie. Ecco una lista dei principali servizi di pagamento:

• Gli assegni circolariL’assegno circolare e un titolo di credito all’ordine emesso daun ente creditizio, a ciò appositamente autorizzato, il quale siassume l’obbligo incondizionato di pagare a vista ad una deter-minata persona una certa somma di denaro disponibile all’attodell’emissione. L’emissione di assegni circolari rappresenta inprimo luogo un servizio che la banca mette gratuitamente a dis-posizione, sia della propria clientela, sia di tutti quei soggetti che,pur richiedendone 1’emissione, non intrattengono alcun rappor-to con la banca: avendo come debitore una banca, il titolo dicredito in oggetto viene spesso assimilato al denaro contante ma,rispetto a questo, ha il pregio di essere più “maneggevole” e si-curo, soprattutto per importi di rilevante ammontare. Si notiche l’emissione di assegni circolari può inoltre essere consideratauna forma, sia pure “minore”, di raccolta fondi: la banca infattiottiene la piena disponibilità di un determinato quantitativo difondi, sia pure per un limitato periodo di tempo, compreso trala data in cui viene emesso l’assegno circolare e quella in cui lostesso viene presentato per l’incasso.

• I servizi di riscossione e pagamentoTra i servizi più noti

– la riscossione delle retribuzioni e delle pensioni,

– il pagamento delle utenze domestiche

– l’esazione dei tributi.

In generale trattasi di servizi completamente gratuiti per i ben-eficiari e che possono consentire alla banca, con rischio pratica-mente nullo, di incrementare la propria clientela, ampliare la rac-colta di risparmio, creare opportunità per la concessione di cred-iti al consumo, ricevere nuovi incarichi connessi a pagamenti pe-riodici; nel caso del pagamento delle utenze domestiche spessogli accordi tra la banca e l’azienda di erogazione prevedono chel’accredito delle somme incassate da parte della banca avvengadopo un certo numero di giorni dalla data di scadenza previstacon la conseguente disponibilità liquida per la banca stessa.

• Le carte di creditoLa carta di credito nasce come strumento per il regolamentodelle transazioni commerciali in quanto normalmente utilizza-ta per l’acquisto di beni o servizi presso esercizi convenzionati,senza l’esborso di moneta legale o l’emissione di assegni bancari,ma semplicemente attraverso l’apposizione di una firma su undocumento di vendita (voucher).

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 29

Tipicamente consente anche di prelevare contanti tramite sportel-li bancari convenzionati o atm (Aulomaled Teller Machine) ader-enti ad un circuito internazionale, e l’addebito in estratto contodell’importo prelevato è posticipato, come nel caso di regolamen-to di transazioni relative all’acquisto di beni e servizi — per taleragione questa funzionalità è spesso definita “anticipo contante”anziché prelievo.

La carta di credito viene così ad assolvere una duplice funzione:la prima, di natura monetaria, si riconnette alla sua possibilitàdi utilizzo al posto della moneta legale, mentre la seconda, ditipo creditizio, consente al titolare di usufruire appunto di uncredito per il periodo di tempo compreso tra la data dell’acquisto(o dell’anticipo) e quella in cui avviene l’effettivo addebito dellestesso: tale periodo può essere ulteriormente dilazionato qualoral’emittente della carta di credito consenta al titolare il rimborsorateale (solitamente non oltre i dodici mesi) della somma dovuta.

Le carte di credito sono spesso classificate sulla base dell’enteemittente in:

– Carte Travel&EnterteinmentLe carte T&E, emesse da alcune società specializzate (ad es-empio American Express e Diners Club), si rivolgono a par-ticolari fasce di clientela, con un potere di acquisto piuttostoelevato, più sensibili alla qualità del servizio che al costodello stesso, che risulta essere abbastanza consistente. Talegenere di carte offre ai propri titolari livelli massimi di spesapiuttosto elevati e, in molti casi, la possibilità di rateizzareil pagamento delle somme dovute; riconoscono al portatoreuno status sociale di tipo elitario.

– Carte BancarieLe carte bancarie prevedono invece una relazione tra la ban-ca emittente e il titolare della carta stessa; solo nel caso in cuil’ente creditizio non assuma la natura di emittente, il rappor-to diventa trilaterale tra il soggetto emittente, rappresentatoda una società appositamente costituita per la gestione del-la carta di credito (in Italia, il sistema più importante è Car-taSì), la banca e il titolare della carta. In quest’ultimo caso,mentre alla società emittente viene affidata la gestione tecni-ca del rapporto, alle banche compete la fase distributiva ve-ra e propria presso la clientela, nonché la definizione dei cri-teri di utilizzo dello strumento (determinazione dei plafondmensili di spesa, possibilità di rateizzazione degli importi,tasso applicato, ecc.). Le istituzioni creditizie spesso per-sonalizzano ulteriormente il rapporto con la propria clien-tela attraverso l’accorpamento in un’unica tessera anche difunzioni di carta di debito.

– Carte commercialiLe carte commerciali vengono emesse da società commer-ciali e di servizi e, proprio attraverso l’opportunità offertadi regolare in modo dilazionato i propri acquisti, costituis-cono uno strumento per incrementare le vendite e per fi-

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30 le funzioni della banca

delizzare la clientela, La fidelity card conferisce un creditospendibile esclusivamente all’interno della rete distributivadella società emittente e l’intervento della banca, o di unaltro intermediario finanziario, riguarda prevalentemente lafase di gestione dei pagamenti.

– Le carte di debitoLa carta di debito, fisicamente del tutto simile alla cartadi credito, è caratterizzata dal fatto che consente al deten-tore di attivare il collegamento con un terminale elettroni-co per effettuare una serie di operazioni autorizzate medi-ante l’inserimento di un codice (pin, Personal IdentificationNumber).

Nell’utilizzo attraverso i pos (Point of Sale) la sua funzioneè invece propriamente monetaria: in questo caso essa con-sente di regolare una transazione commerciale in tutta si-curezza, senza l’utilizzo di moneta legale o di strumentisuccedanei, attraverso l’addebito del conto dell’acquirenteed il contestuale accredito del conto del venditore.

– Carte prepagateI continui miglioramenti tecnologici avvenuti nel sistemadei pagamenti hanno condotto alla creazione di carte prep-agate, per agevolare l’acquisto di beni e di servizi sia pressola rete commerciale tradizionale, dove gli esercenti, dotati diappositi supporti tecnologici, “scaricano” dalla tessera l’im-porto corrispondente all’acquisto, sia attraverso la rete inter-net, mediante la digitazione del numero della tessera e del-l’importo corrispondente, effettuata direttamente da partedell’acquirente.

2.5.2 I Servizi di Custodia

I contratti di deposito a custodia prevedono la consegna ad un’isti-tuzione creditizia di beni (valori, titoli di credito o altre cose mobili)per i quali essa si assume l’obbligo di conservarli e di restituirli, dietroun compenso proporzionato al valore dei beni ricevuti.

Il servizio viene abitualmente richiesto da quei soggetti che già risul-tano clienti della banca, mentre più raramente accade il contrario:questa seconda ipotesi rappresenta comunque un’opportunità per ac-quisire nuova clientela, poiché la banca richiede sempre l’apertura diun conto sul quale far transitare i movimenti di denaro originati daldeposito stesso.

Due sono le fattispecie che il deposito può assumere:

• aperto, quando la banca riceve in consegna beni chiaramenteidentificati ed elencati in appositi documenti (ricevuta o polizzadi deposito),

• chiuso, qualora il contenuto sia ignorato: in questo caso la bancariceve un pacco sigillato per il quale si impegna unicamente agarantire l’integrità dei sigilli stessi, a condizione naturalmenteche il plico non contenga cose infiammabili o pericolose, tali darecare danno o pregiudizio alle persone o alle cose.

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 31

Il servizio di custodia per eccellenza è la cassetta di sicurezza.

2.5.3 I Servizi su Titoli e la raccolta Indiretta

A partire dagli anni Ottanta le banche hanno iniziato a definire rac-colta, qualificandola come “indiretta”, anche una serie di servizi con-nessi ai valori mobiliari e di gestione del risparmio effettuati per contodella clientela.

Da molti anni il termine raccolta “indiretta” è utilizzato nella prassibancaria per riferirsi ad un insieme di servizi su titoli, talvolta carat-terizzati da alcune disomogeneità tra banche differenti. A differenzadella raccolta diretta, infatti, per tale tipologia di intermediazione ban-caria non esiste un’indicazione univoca delle forme tecniche che nefanno parte: Banca d’Italia si è limitata a fornire, nel glossario in ap-pendice alle relazioni annuali, una definizione generale dell’attività,qualificandola come “titoli e altri valori di terzi, non emessi dalla ban-ca segnalante, ricevuti in deposito a custodia, in amministrazione oin connessione con l’attività di gestione di patrimoni mobiliari”. Pertale ragione, le banche hanno cercato di configurare autonomamentele caratteristiche di questa tipologia di servizi, ma in modo spessoeterogeneo. L’unico elemento comune agli istituti è quello di sintetiz-zare l’attività della banca, nelle relazioni che accompagnano il bilan-cio, articolandola in raccolta diretta e indiretta e utilizzando il termine“raccolta totale” per riferirsi alla somma dei due aggregati.

L’uso dell’espressione “raccolta indiretta” appare improprio in quan-to tali servizi non configurano un’effettiva forma di raccolta: infatti sela raccolta è intesa come momento strumentale del ciclo produttivo del-la banca, ovvero la provvista genera dei flussi di liquidità disponibilia finanziare l’attività di impiego della banca, non è corretto definire laraccolta indiretta una vera forma di raccolta. Tali transazioni, infatti, siconfigurano più come servizi rientranti nell’attività di intermediazionefinanziaria piuttosto che come vere forme di provvista destinate adalimentare l’attività di prestito.

L’art. 1 del testo unico bancario (tub), nell’elencare le attività ammesseal mutuo riconoscimento distingue chiaramente:

• la “raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione”

• le “operazioni per conto della clientela in valori mobiliari”

• la “gestione o consulenza nella gestione dei patrimoni”

• la “custodia e amministrazione di valori mobiliari”.

In ogni caso, intrecciando la definizione proposta da Banca d’Italia conle strutture di offerta degli intermediari bancari, è possibile identificarealcune caratteristiche di base che si trovano con una certa regolaritànell’ambito della raccolta indiretta:

• gli strumenti finanziari, oggetto di amministrazione o di ges-tione, sono emessi da organismi diversi dalla banca anche se,eventualmente, ad essa variamente legati

• la banca non ha la possibilità di ottenere, attraverso

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32 le funzioni della banca

• tali operazioni, risorse finanziarie con le quali alimentare

• l’attività di concessione di prestiti

• il rischio di liquidità associato alle operazioni risulta trasferitosul cliente

• la contabilizzazione dell’attività non avviene nel corpo principaledello stato patrimoniale

• i ricavi generati dalle operazioni alimentano il margine di inter-mediazione, e non il margine di interesse.

Occorre precisare, infine, che i servizi su titoli offerti dalle banchenon si esauriscono nell’attività di raccolta indiretta, benché risultinoprevalentemente riferiti ad essa. In particolare, il servizio di custodia eamministrazione dei valori mobiliari viene offerto anche su strumentifinanziari emessi dalla stessa banca, tipicamente le obbligazioni ban-carie e i certificati di deposito, che non generano raccolta indiretta,bensì diretta.

I servizi principali in questo ambito sono:

• I servizi di compravendita, di custodia e amministrazioneAll’interno dei servizi su titoli vengono abitualmente ricomprese,in primo luogo, le operazioni di compravendita di valori mobil-iari effettuate per conto della clientela. Queste transazioni pos-sono risultare dallo svolgimento di differenti servizi di investi-mento:

– la negoziazione per conto proprio: in questo caso la ban-ca entra nel contratto quale diretta controparte dell’investi-tore nella vendita o nel successivo riacquisto di strumentifinanziari, sulla base di ordini impartiti dal cliente; l’inter-mediario, quindi, trasferisce titoli situati nel portafoglio diproprietà;

– l’esecuzione di ordini per conto dei clienti: questa attività siriferisce al complesso delle transazioni realizzate sulla basedi una indicazione di compravendita da parte dell’investi-tore e comprende, in particolare, l’esecuzione di ordini suimercati regolamentati (ad esempio, la borsa valori);

– il collocamento: tale operazione si sostanzia nell’utilizzodella rete di distribuzione dell’intermediario bancario al finedi proporre alla clientela la sottoscrizione o l’acquisto distrumenti finanziari, sulla base di un incarico conferito dal-l’emittente (che può essere la stessa banca o un soggettoterzo) o dal proprietario degli stessi;

– la ricezione e trasmissione ordini: questo servizio consistenella ricezione degli ordini dalla clientela e nella loro succes-siva trasmissione ad un intermediario autorizzato alla loroesecuzione (se gli ordini hanno ad oggetto strumenti scam-biati su un mercato) o al collocamento (se la disposizione èrelativa a titoli in corso di collocamento presso il pubblico).

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 33

Attraverso una delle quattro modalità indicate il cliente acqui-sisce la proprietà dei titoli, che tradizionalmente affida poi allabanca ricorrendo al servizio di custodia ed amministrazione deititoli stessi13.

Con i servizi di compravendita di strumenti finanziari e di cus-todia e di amministrazione degli stessi, la banca incrementa lagamma di offerta a favore della propria clientela, al fine di di-venire il principale e, in molti casi, esclusivo interlocutore per leoperazioni di investimento. Tali servizi, inoltre, consentono allabanca di disporre di un notevole patrimonio informativo sulle at-titudini e sulle preferenze manifestate dalla clientela in materiadi risparmio e di investimenti finanziari, che potrà essere utiliz-zato per operazioni successive. Appare tuttavia evidente che, intermini di ricavi lordi, per la banca è più conveniente trasformarei valori mobiliari a custodia e in amministrazione in “raccoltaindiretta” gestita.

• I servizi di gestione del risparmioCon l’espressione “servizi di gestione del risparmio” si fa riferi-mento a tutti gli investimenti finanziari posti in essere dalla clien-tela che implicano un’effettiva gestione delle sue disponibilitàmonetarie attuata direttamente dalla banca o da un altro inter-mediario da essa partecipato o con il quale sussistono accordidistributivi.

Il risparmio gestito comprende, prevalentemente, le gestioni pat-rimoniali, le polizze assicurative, i fondi pensione, i fondi comunidi investimento, le sicav

14 e i piani di accumulo attuati a valeresu tali strumenti.

– La gestione di patrimoni, in primo luogo, consiste nel manda-to rilasciato dal cliente alla banca di attuare per suo con-to operazioni di investimento e di disinvestimento in val-ori mobiliari (gestione di patrimoni mobiliari - GPM) o inquote di organismi di investimento collettivo del risparmio(fondi comuni di investimento e sicav - gpf) al fine di in-crementare il valore del patrimonio conferito. Il gestore sioccuperà di scegliere gli strumenti finanziari da inserire inportafoglio, di modificarne la composizione e di negoziar-li al momento opportuno per conto del cliente. Quest’ulti-mo, a sua volta, dovrà fornire al gestore tutti gli elementiinformativi necessari per consentirgli di impostare una lin-ea di gestione effettivamente personalizzata e conforme alladisciplina dell’adeguatezza dell’operazione.

13 Il processo di dematerializzazione degli strumenti finanziari quotati e diffusi tra il pub-blico, introdotto con il d.lgs. 513/98, ha reso desueto il servizio di deposito a semplicecustodia: attualmente, infatti, la maggioranza dei titoli in circolazione, detenuti dai cli-enti per finalità di investimento, è rappresentata da strumenti dematerializzati (cioè nonstampati fisicamente) ed oggetto di amministrazione accentrata presso la societa MonteTitoli

14 sicav è l’acronimo di Società di Investimento a Capitale Variabile. Trattasi di Societàper azioni che hanno per oggetto esclusivo l’investimento collettivo in valori mobiliaridel patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico, in via continuativa, di proprieazioni. Il loro capitale sociale, pertanto, può variare senza dover ricorrere alle specialiprocedure contenute nel Codice Civile.

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34 le funzioni della banca

La definizione della politica di investimento si traduce spes-so nella scelta di una linea di gestione proposta dall’inter-mediario in relazione alle preferenze riscontrate. Tali lineedi gestione possono essere classificate in:

* monetarie, se l’obiettivo prevalente è quello di conser-vazione del capitale e di un rendimento minimo, inlinea con le attività finanziarie risk free

* obbligazionarie, se il cliente vuole ottenere, in un oriz-zonte temporale di medio periodo, rendimenti superi-ori a quelli dei titoli di Stato a breve termine (linea ob-bligazionaria area Euro), anche assumendosi, in certamisura, il rischio di cambio (linea obbligazionaria sutitoli esteri);

* azionarie, qualora l’investitore intenda conseguire nelmedio/lungo termine, un risultato economico marcata-mente superiore a quello dei titoli di Stato, tollerandoanche rendimenti negativi nel breve periodo.

Sebbene il servizio in esame venga spesso definito gestioneindividuale dei patrimoni, di fatto il grado di personaliz-zazione è elevato soprattutto per clienti con cospicui pat-rimoni; tende ad essere più contenuto per gli altri clien-ti che vengono tipicamente inseriti in “linee di gestione”caratterizzate da un certo grado di standardizzazione.

– Le polizze assicurative del ramo vita collocate tramite ban-ca configurano anch’esse una forma di risparmio gestito inquanto la compagnia di assicurazione investirà le sommeincassate a titolo di premio e dai risultati della gestione delfondo dipenderà, in base a una certa percentuale di retro-cessione, il rendimento netto per l’assicurato. Quest’ultimonon conosce con certezza il rendimento che potrà ritrarredall’investimento effettuato.

– Fondi pensione: contenuti più strettamente previdenzialicontraddistinguono invece i fondi pensione, che eroganoun trattamento previdenziale integrativo a quello offerto dalsistema previdenziale pubblico, basato sulla corresponsionedi una rendita vitalizia. Esistono due tipologie di fondipensione:

* negoziali o chiusi, riservati in via esclusiva ai lavoratoriappartenenti ad una determinata categoria profession-ale o settoriale, alimentati dai contributi versati da partedei lavoratori stessi e dei datori di lavoro:

* aperti, creati su iniziativa di intermediari finanziari (banche,compagnie di assicurazione, società di gestione del risparmio,società di intermediazione mobiliare), ai quali è possi-bile aderire sia individualmente, sia informa collettiva.L’adesione individuale deriva dalla scelta autonoma delsingolo lavoratore, mentre l’adesione collettiva originadalla decisione, in sede di accordo collettivo di lavoro,di ricorrere ad un fondo aperto per realizzare l’obietti-

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 35

vo previdenziale, anziché istituire uno specifico fondonegoziale.

– sicav: è una forma di risparmio gestito simile ai fondi co-muni aperti ed è rappresentata dalle società di investimentoa capitale variabile — comunemente note come “sicav”. Sitratta di società che hanno come oggetto esclusivo di attivitàl’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediantel’offerta al pubblico di proprie azioni. Analogamente ai fon-di comuni di investimento, esse rientrano negli organismidi investimento collettivo del risparmio, poiché ne condivi-dono la finalità di incrementare il patrimonio attraverso lagestione “in monte” delle risorse raccolte. Le sicav, tuttavia,si differenziano dai fondi comuni perché l’investitore nonrisulta titolare di una quota del fondo stesso, bensì possiedetitoli azionari della società a capitale variabile, il cui patri-monio coincide con la massa gestita. In questo caso, per-tanto, non esiste separazione patrimoniale, come accade trasocietà di gestione e fondo comune.

– Fondi mobiliari chiusi. Sono legate all’acquisto da partedegli investitori di quote dei fondi mobiliari chiusi, che preve-dono la sottoscrizione di titoli di piccole e medie imprese alfine di potenziarle e favorirne lo sviluppo e le cui quotenon si smobilizzano mediante richiesta alla società di ges-tione ma attraverso la negoziazione sul mercato di borsa, edei fondi immobiliari che investono, tipicamente, in titolidi società immobiliari esistenti e, nel contempo, ricercanoautonomamente opportunità di investimento in terreni efabbricati.

Le adesioni a tutte le tipologie di fondi fin qui citate possonoavvenire in un’unica soluzione o mediante Piani di Accumulazionepluriennale Capitale(PAC) in base ai quali l’investitore frazionanel tempo la sottoscrizione di quote del fondo attraverso versa-menti periodici, solitamente di ammontare contenuto. L’obiet-tivo, da un lato, è quello di agevolare l’accesso a tali forme diinvestimento anche a soggetti con limitate disponibilità; d’altrolato, la citata , modalità di partecipazione al fondo consente di ac-quistare quote con sistematicità, riducendo pertanto il rischio diinvestire in fasi congiunturali in cui la quotazione del fondo risul-ta particolarmente elevata. I piani di accumulo in questione con-figurano tipicamente un risparmio gestito alimentato da risorsepresenti sul conto corrente o che andrebbero probabilmente adalimentare i depositi bancari.

Tutte le tipologie di risparmio gestito, globalmente considerate, permolte banche rappresentano comunque una componente meno rile-vante dal punto di vista quantitativo rispetto alle masse amministrate,cioè soggette ai servizi di custodia e amministrazione di valori mobil-iari; nel contempo peraltro tale componente è quella che offre mag-giori potenzialità di ricavo e, quindi, il contributo più sostanzioso almargine di intermediazione della banca. Quest’ultima del resto, inuna fase di progressiva riduzione della “forbice” tra tassi attivi e tassi

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36 le funzioni della banca

passivi è incentivata a preservare il proprio risultato economico me-diante la crescita dei ricavi da commissioni ’ e provvigioni connessiall’offerta degli strumenti in esame che, inoltre, ben si combina conl’esigenza di diversificazione degli investimenti finanziari manifestatadalla clientela. Per poter offrire in modo adeguato tali attività di in-termediazione, tuttavia, la banca deve sostenere oneri spesso ingentilegati all’acquisizione delle risorse umane e tecniche necessarie e, piùin generale, all’approntamento di una struttura organizzativa idonea.

La tendenza attuale è verso un’espansione del risparmio gestito perse-guita, soprattutto, mediante trasformazione in essa di parte delle risorseche la clientela normalmente investe, per cosi dire staticamente, in val-ori mobiliari; non a caso, nei budget dei direttori di filiale, compaionoormai tipicamente specifici obiettivi da raggiungere in termini di col-locamento di fondi comuni e polizze assicurative o di stipulazione digestioni patrimoniali.

2.5.4 Tipici Servizi alle imprese

Alcuni servizi bancari sono indirizzati in modo specifico o preva-lente alla clientela imprenditoriale e al soddisfacimento delle sue pecu-liari esigenze di gestione, ad esempio dei flussi di liquidità generati oassorbiti dall’attività tipica, e transazionali, come il regolamento di uncredito commerciale.

La rilevanza dell’offerta di servizi all’impresa è assolutamente pre-minente per la banca in quanto le consente di intrattenere rapportipiù stretti con una tipologia di clientela che, tipicamente, opera conun numero piuttosto elevato di intermediari. Proprio l’ampia offertadi servizi qualificati può permettere alla banca, se non di attenuare lapratica del multibanking, almeno di diventare la banca di riferimen-to per un’impresa, quella a cui viene appoggiata la parte più consis-tente di lavoro, che è in grado di conoscere più a fondo i suoi specificibisogni e di proporsi anche in veste consulenziale.

• Corporate Management: il cash managementIn questi ultimi anni ha ricevuto un certo impulso un serviziodestinato alle imprese, talora denominato corporate management,tramite il quale l’impresa, mediante collegamenti telematici conla banca, ha la possibilità di effettuare operazioni bancarie diret-tamente dalle proprie sedi.

– CBI (Corporate Banking Interbancario): All’interno del cor-porate banking un’importanza crescente sta assumendo ilcosiddetto corporate banking interbancario, un servizio checonsente ad un’impresa cliente di una pluralità di banchedi scambiare, mediante un collegamento telematico con unadi esse (detta banca proponente), i flussi elettronici relativia disposizioni di incasso e pagamento, le informazioni suimovimenti e sui saldi dei conti correnti riguardanti alcune otutte le banche con cui intrattiene rapporti, in questo modo,di fatto, vengono centralizzati in un unico punto i rappor-ti di un’impresa nei confronti dell’intero sistema bancario.Il corporate banking interbancario può essere integrato conle procedure aziendali, è suscettibile di personalizzazioni

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 37

in base alle specifiche esigenze della controparte imprendi-toriale e fornisce una vasta gamma di funzioni finanziarie,informative e commerciali.

Il CBI viene cosi a configurarsi come una forma di CashManagement, vale a dire un servizio finalizzato a informarel’impresa sulla situazione dei rapporti da essa intrattenuticon gli intermediari finanziari. In sostanza, il Cash Manage-ment è un servizio di gestione dei flussi di cassa medianteil quale ogni impresa, collegata alla banca da specifici stru-menti informatici, e in grado di conoscere con esattezza inogni momento il saldo dei propri conti correnti aperti pres-so le diverse banche con cui e in rapporto e può ricevereavvisi di incasso, effettuare disposizioni di pagamento e, ingenerale, attuare trasferimenti di fondi.

Il servizio di Cash Management è offerto tipicamente dallabanca di riferimento, da quella cioè a cui è appoggiata laparte più consistente di lavoro. In questa situazione l’im-presa, mediante teleprocessing, fa pervenire alla banca lespecifiche di ogni movimento effettuato con gli altri istitu-ti, che vengono elaborate in tempo reale presso un centrodi calcolo, consentendo in ogni istante di disporre delle po-sizioni aggiornate con le operazioni registrate, La tempes-tività con cui vengono messe a disposizione dell’impresale informazioni riguardanti i movimenti bancari consentel’ottimizzazione dei flussi di cassa.

I destinatari del servizio in esame sono solo raramente pic-cole imprese; normalmente si tratta di imprese di media ogrande dimensione che dispongono di un’organizzazionedistributiva ripartita in diverse zone geografiche.

• Corporate Management: il pool accountUna particolare tipologia di servizio destinato ai gruppi azien-dali, che rappresenta una focalizzazione sul citato segmento diclientela del cash management, è il pool account che perme-tte una gestione accentrata e bilanciata dei flussi finanziari chepromanano dalle imprese in esse inserite.

L’obiettivo e quello di consentire ad una società di un gruppodi svolgere in via continuativa un’azione di coordinamento delleattività finanziarie delle altre società che lo compongono. Il fun-zionamento del pool account prevede l’accentramento in via au-tomatica su un unico conto corrente delle transazioni contabiliz-zate sui singoli conti correnti intestati a società controllate.

Naturalmente l’operazione, per essere legalmente ineccepibile,presuppone che ogni azienda coinvolta fornisca alla banca istruzionipermanenti per lo svolgimento del servizio e le presenti la delib-erazione degli organi competenti mediante la quale si manifestala decisione di richiedere il servizio accentrato di tesoreria e siconferisce un apposito mandato all’azienda incaricata del ruolodi gestione della tesoreria.

Il servizio in esame funziona a valere su due tipi di conti correnti:

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38 le funzioni della banca

– il conto corrente principale o pool, che è intestato all’azien-da che svolge le funzioni di gestore della tesoreria del grup-po;

– i conti correnti secondari od ordinari, che sono intestati allediverse società del gruppo.

Le operazioni che ogni giorno vengono contabilizzate sui contisecondari delle società controllate sono automaticamente trasferiteed accentrate sul conto pool intestato al gestore della tesoreriache può attuare le necessarie sistemazioni.

Un meccanismo parzialmente difforme si riscontra qualora labanca si impegni a fornire all’azienda cui è demandata la ges-tione della tesoreria del gruppo le informazioni necessarie a mon-itorare quotidianamente le condizioni di liquidità del gruppo. Inquesto caso la gestione accentrata è finalizzata all’ottenimento diun flusso informativo e non comporta effettivi movimenti con-tabili dai conti secondari al conto pool. Non si procederà, quindi,ad alcuna operazione di giroconto dai conti secondari al contopool, ma alla ricostruzione a fine giornata della situazione diliquidità dei gruppo.

Dall’angolo visuale degli utenti del servizio sussiste il vantaggiodi disporre tempestivamente di una base informativa con cui nonsolo conoscere il saldo dei conti delle società che compongonoil gruppo, ma soprattutto accentrare le diverse posizioni apertepresso le dipendenze della banca rendendo quindi disponibileuna posizione complessiva.

• L’incasso di effetti per conto terzi e la procedura RIBAUn significativo numero di imprese non procede autonomamenteall’incasso dei propri crediti cambiari, bensì dà mandato allabanca di incassarli per ridurre i tempi della transazione.

Le operazioni in questione, peraltro, oltre alla gestione dei titolicambiari, ormai residuale, hanno per oggetto ricevute bancarie.La ricevuta bancaria non è un titolo di credito, ma semplicementeun’attestazione di ricevuto pagamento emessa dal creditore econsegnata alla banca con l’indicazione del debitore dal quale sideve incassare un credito relativo alla fornitura di beni e servizicon pagamento dilazionato. La ricevuta bancaria deve indicareuna serie di requisiti tra i quali nome e indirizzo del debitore, de-nominazione dell’emittente, estremi della fattura cui si riferisce ilcredito, importo, scadenza, banca che effettua il pagamento perconto del debitore e che lo riceve per conto dell’emittente.

La banca che è entrata in possesso della ricevuta bancaria, utiliz-zata come forma di regolamento di un credito commerciale, in-oltra al debitore un avviso nel quale è indicato lo sportello pressoil quale procedere al pagamento. Quando il debitore provvede,la banca gli consegna la ricevuta sulla quale è apposta preventi-vamente la quietanza da parte del creditore; qualora, invece, ildebitore non effettuasse il pagamento, la ricevuta dovrebbe es-

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2.5 breve descrizione dei servizi bancari 39

sere restituita al creditore che, peraltro, non potrebbe utilizzarlaper elevare il protesto15.

L’incasso di effetti per conto terzi è un servizio che la bancasvolge non solo a motivo della commissione corrisposta dall’im-presa beneficiaria. Ma, e soprattutto per il contenuto informativoche ritrae da questa attività. Infatti, lo svolgimento continuati-vo di tale servizio consente alla banca di acquisire informazionipreziose sull’impresa che presenta gli effetti all’incasso, sulla suaclientela, sull’evolversi delle condizioni di pagamento; mediantetale servizio si perfeziona ed integra così quell’azione di monitor-aggio nei confronti dell’impresa cliente che si rivela fondamen-tale per la riduzione dei rischi legati all’affidamento dell’impresastessa16.

• Il regolamento dei crediti commerciali: rapporti interbancari di-retti (rid), rapporti interbancari accentrati (ria) e bollettini ban-cari

– rid: Il servizio rid consente alle imprese di attuare in mo-do quasi automatico il regolamento di un credito commer-ciale con l’ausilio della rete interbancaria e grazie a un pre-ciso accordo raggiunto tra cliente e fornitore. Tale accordoconsente un’agevole gestione degli incassi commerciali cheavviene secondo le seguenti modalità. Il debitore sottoscriveun modello con cui autorizza la sua banca ad addebitare ilproprio conto corrente al ricevimento di una “segnalazionedi addebito” da parte della banca di uno specifico fornitore.

Il rid viene utilizzato come uno strumento di pagamento,ad esempio per acquisti con pagamento rateizzato, canonidi leasing, utenze e, in genere, per regolare rapporti com-merciali che, anche se non sono continuativi, si ripetono ci-clicamente nel tempo e il cui importo può essere non costantenel tempo (.caso classico il pagamento delle utenze)

– ria (rapporti interbancari accentrati). È procedura inter-bancaria per la gestione delle disposizioni di incasso cheprevede che queste ultime siano presentate da parte dellebanche creditrici presso un unico ente gestore che ne cu-ra la trasmissione alle banche interessate, Nel caso dei rid,invece, le disposizioni di incasso sono inviate direttamentedall’impresa presentatrice alla propria banca e sono scam-biate tra le banche mediante l’utilizzo della rete nazionale

15 Attualmente la grande maggioranza delle ricevute bancarie non circola più material-mente, ma su supporti elettronici, secondo una procedura definita RIBA (ricevuta ban-caria elettronica); ciò è stato consentito da accordi assunti dalla quasi totalità dellebanche italiane che hanno dato vita ad una sorta di “cassa di compensazione elettroni-ca” valida per tutta l’Italia. La procedura consente la consegna in forma elettronica dellaricevuta dal creditore alla banca, l’automatica predisposizione degli avvisi di scadenza,la stampa delle ricevute direttamente presso la banca destinataria e la restituzione informa elettronica al creditore delle ricevute non pagate

16 Si consideri, inoltre, che l’incasso degli effetti implica per la banca, sebbene solitamenteper brevi periodi, un incremento della raccolta diretta in quanto tali somme vengononormalmente accreditate sul conto corrente del creditore.

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40 le funzioni della banca

interbancaria; il regolamento avverrà, invece, attraverso ilsottosistema al dettaglio della compensazione17.

– bollettino bancario “Freccia”: strumento utilizzato per il re-golamento dei rapporti commerciali, il bollettino bancario“Freccia”, analogo a quello di conto corrente postale, può es-sere utilizzato dalle aziende per richiedere pagamenti di pic-colo importo presso qualunque sportello bancario su tuttoil territorio nazionale. Prestampato e precompilato dal cred-itore (imprese, erogatori di servizi come Enel, Telecom, Rai,condomini, aziende municipalizzate, associazioni, enti vari)il bollettino viene inviato dall’impresa al proprio debitore,che può effettuare il pagamento in contanti o per addebitosul suo Conto corrente Bancario.

Grazie ad un sistema di codifica elettronica l’impresa cred-itrice può avere dalla propria banca, in tempi molto rapidi(2 giorni lavorativi), una rendicontazione di ogni accredi-to e le informazioni relative al soggetto che ha effettuato ilpagamento.

17 Per la banca i servizi in questione consentono tempi ridottissimi per la lavorazione el’invio all’incasso rispetto agli strumenti di pagamento tradizionali; inoltre produconoricavi generati dall’applicazione di commissioni per il servizio di incasso/pagamentoe l’applicazione di giorni di valuta. Per l’impresa, viceversa, tali strumenti di paga-mento presentano un costo molto contenuto a fronte della pressoché totale certezzadell’adempimento di quanto dovuto

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3 P R O C E S S I A G G R E G AT I V I E C O N -C O R R E N Z A

indice3.1 Modalita di crescità: interna ed esterna 413.2 Il processo di concentrazione del sistema bancario 42

3.2.1 I benefici della concentrazione . . . 43

3.2.2 . . . e l’importanza dell’essere locali 44

3.3 I risultati del processo 463.3.1 La proprietà dei gruppi bancari e delle banche 48

3.3.2 Le operazioni di aggregazione 49

3.3.3 Il grado di concentrazione del sistema 49

3.3.4 I costi dei conti correnti 51

3.3.5 Il grado di internazionalizzazione del sistema. 51

3.3.6 Il problema dell’espansione internazionale 52

3.1 modalita di crescità: interna ed es-terna

Le imprese bancarie possono optare per politiche di crescita inter-na, attuabili per esempio attraverso l’estensione della rete di sportelli,oppure per forme di crescita esterna, quali l’acquisizione di parteci-pazioni, la fusione e l’incorporazione, nonché la costituzione di unaholding. Per quanto attiene la crescita esterna di seguito evidenziamole principali differenze:

• Acquisizione di Partecipazioni: in questo caso una banca as-sume il controllo di un’altra impresa bancaria mediante l’acquis-to della partecipazione totalitaria, di controllo o anche minori-taria, ma tale da conferire un potere di indirizzo nelle scelte ges-tionali della partecipata. In questo modo si viene a costituire ungruppo creditizio nell’ambito del quale le singole aziende parte-cipanti, pur facendo riferimento ad un unico disegno imprendito-riale, conservano la propria autonomia patrimoniale e la propriapersonalità giuridica.

• Fusione: sia che questa dia luogo alla costituzione di una nuovasocietà (fusione pura), sia che essa si realizzi tramite l’incorpo-razione di una o più imprese da parte di un’altra (fusione perincorporazione), la banca acquisita perde l’autonomia patrimo-niale e la personalità giuridica e dall’operazione risulta un’uni-ca società nella quale convergono tutti gli elementi patrimoni-ali precedentemente facenti capo alle diverse partecipanti allafusione.

41

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42 processi aggregativi e concorrenza

• Holding: si ha la creazione di una holding quando i propri-etari di una o più aziende bancarie apportano partecipazioni to-talitarie o di maggioranza delle stesse banche in contropartitadi azioni della holding. Quest’ultima, in genere, si contraddis-tingue per un’elevata dimensione e per una comprovata solid-ità, caratteristiche che, almeno sul piano teorico, paiono in gra-do di assicurare il conseguimento di significativi benefici, specieper quanto concerne la razionalizzazione della struttura dei costi.Le singole aziende partecipanti conservano la propria autonomiapatrimoniale e la propria personalità giuridica.

Trattasi in tutti i casi di scelte complesse e il cui onere è in generalerilevante per la banca.

L’apertura di nuovi sportelli se, da un lato, consente un certo gradodi libertà circa la definizione della specifica area di insediamento, dal-l’altro implica l’intervento in segmenti di mercato già presidiati da in-termediari concorrenti. Anche se l’approccio appare oggi decisamentesemplificato dal punto di vista normativo, certamente non è realizz-abile in tempi rapidi e a basso costo, nella misura in cui esso si basasull’attrarre la clientela servita da altri operatori, ai quali è legata da re-lazioni più o meno consolidate. Osservazioni queste supportate ancheda un’analisi condotta da Banca d’ltalia in cui emerge che:

• i nuovi sportelli generano risultati operativi corrispondenti soload un terzo di quelli prodotti dagli sportelli già esistenti

• qualora l’apertura del nuovo sportello avvenga al di fuori del-l’area tradizionale della banca, non riesce a conseguire livelli diredditività adeguati.

D’altra parte, le forme di concentrazione implicano elevati oneri con-seguenti alla necessità di giungere ad un’apprezzabile armonizzazioneed integrazione — sotto i profili organizzativo, tecnologico, culturale edi servizio — tra le unità interessate dal processo di aggregazione.

3.2 il processo di concentrazione delsistema bancario

A partire dagli anni ’90 sono stati molteplici i fattori che hanno fa-vorito il processo di concentrazione del sistema bancario italiano. Inparticolare:

• La trasformazione delle banche in SpA e il corrispondente proces-so di privatizzazione come effetto del recepimento delle direttivecee (Legge n. 218/90, cosiddetta “Amato-Carli”)

• La crisi della redditività bancaria, dovuta in gran parte alla dimi-nuita capacità del margine di interesse1 di sostenere da solol’economicità aziendale

1 Il margine di interesse è sostanzialmente legato alla differenza tra gli interessiriconosciuti sui depositi e gli interessi richiesti a fronte delle varie operazioni creditizie

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3.2 il processo di concentrazione del sistema bancario 43

• l’esigenza di diversificare l’offerta, quale risposta ad un mercatosempre più aperto e competitivo

• la maggiore articolazione della domanda di prodotti e servizifinanziari da parte della clientela

• la più accentuata complessità della gestione bancaria

• l’importanza per le istituzioni bancarie di mantenere il vantaggiocompetitivo della presenza locale.

La gestione di questa nuova complessità ha dunque richiamato l’at-tenzione sulla necessità di mutare le strategie aziendali e le struttureorganizzative.

Ciò si è tradotto in un progressivo interesse dei vertici bancari perla valenza strategica delle operazioni di concentrazione viste comeleva importante per il rafforzamento della redditività, dell’efficienzae del posizionamento competitivo della banca: atteggiamento questoperaltro ampiamente supportato dalla Banca d’Italia.

L’approccio verso la crescita dimensionale è stato sostenuto anchedalle autorità di vigilanza europee che, sensibili al problema del sot-todimensionamento di alcuni sistemi bancari, tra cui il nostro, han-no invitato ad accrescerne il grado di concentrazione, quale concre-ta via per il riallineamento delle diverse realtà Europee sull’aspettoconcorrenziale.

Dalla metà degli anni ’90 in poi il sistema creditizio italiano è di-venuto protagonista di un processo di crescita indispensabile per farfronte ad un contesto operativo sempre più complesso.

3.2.1 I benefici della concentrazione . . .

Le operazioni di concentrazione vengono tradizionalmente associateal conseguimento di obiettivi di diversa natura, quale la realizzazionedi economie di scala e di scopo.

• Economie di scala: l’esistenza delle economie di scala — spie-gabile in virtù della presenza nella produzione bancaria di costifissi e di costi variabili, per cui all’incremento dei volumi pro-duttivi la prima classe di componenti negative di reddito crescein misura meno che proporzionale — risulta pressoché unanime-mente condivisa, almeno fino al raggiungimento di determinatedimensioni, superate le quali i più alti costi della burocraziaaziendale porterebbero all’annullamento dei vantaggi attesi. L’op-portunità di beneficiare di determinati risparmi di costo puòessere riferita in modo particolare:

– alla variabile tecnologica: si ritiene che l’elevato costo diapprovvigionamento di tale fattore produttivo risulti menogravoso a fronte di maggiori dimensioni, a cui di norma siaccompagna un più cospicuo numero delle operazioni postein essere. Questa fonte di economie di scala costituisce unadelle principali motivazioni addotte dagli intermediari ban-cari che intendono procedere alle fusioni in quanto i mezzitecnologici ed il corrispondente onere assumono un peso

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44 processi aggregativi e concorrenza

sempre più rilevante, rispettivamente, nelle loro attività enel loro conto economico.

– Alla variabile informativa: per le informazioni è naturaleconstatare che, qualora esse presentino carattere generale,la loro acquisizione e la loro elaborazione diventano menoonerose a mano a mano che aumenta il volume di attività acui è possibile riferirle

• Economie di scopo: le economie di scopo, sono dovute alle sin-ergie ottenibili nel processo di ampliamento dell’offerta e di di-versificazione dell’attività; ampliamento e diversificazione che,in questo caso, costituiscono la ragion d’essere della crescita di-mensionale. In effetti, un intermediario presente in differentisegmenti di mercato sostiene un costo nominalmente inferiorealla somma di quelli sopportati da più produttori specializzati,riuscendo così a sfruttare le possibili sinergie operative, con in-dubbi effetti positivi in termini reddituali. I vantaggi, non solodi costo, possono riguardare:

– il reperimento ed il trattamento delle informazioni relativeai clienti sono più efficaci ed efficienti dal momento chela banca può ripartire il corrispondente onere su un estesonumero di prodotti e servizi

– la possibilità di accedere a segmenti di mercato per i quali ladimensione rappresenta un elemento cruciale; si pensi all’at-tività sui mercati internazionali, dove il successo dell’inter-mediario dipende anche dalla sua capacità di mantenere unportafoglio diversificato e di operare con un rischio globalecontrollato

– l’opportunità, attraverso una gamma di prodotti e servizimaggiormente articolata, di rafforzare il controllo della clien-tela servita, accrescendone il grado di fidelizzazione, in quan-to, se soddisfatta del rapporto con l’intermediario, difficil-mente decide di rivolgersi ad un concorrente, anche in con-siderazione del maggiore costo che il cambiamento compor-ta aumentando i servizi fruiti.

In definitiva il processo di consolidamento in ambito bancario haquindi tratto impulso da:

• necessità di abbattere i costi di produzione

• migliorare la qualità dell’offerta, attraverso:

– l’arricchimento del ventaglio di prodotti e servizi a più ele-vato valore aggiunto

– lo sviluppo di competenze qualificate nelle attività di con-sulenza e assistenza della clientela al fine di assumere ap-prezzabili posizioni concorrenziali specie su scala internazionale

è evidente come la dimensione di mercato, legata al miglioramentodell’offerta in senso complessivo, è particolarmente rilevante in uncontesto di concorrenza globale chiaramente voluto dalle autorità at-traverso l’emanazione delle direttive europee.

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3.2 il processo di concentrazione del sistema bancario 45

Infatti la grande dimensione si associa ad un’operatività a livello in-ternazionale, all’intrattenimento di rapporti con le imprese maggiori eal sostegno della clientela nella prestazione di una più vasta gammadi prodotti e servizi finanziari e, allargandosi lo spettro delle relazionicreditizie e finanziarie, può condurre per effetti statistici all’abbatti-mento della rischiosità.

3.2.2 . . . e l’importanza dell’essere locali

Molti interrogativi sono sorti in merito agli intermediari locali che,secondo le proiezioni dei primi anni ’90, parevano destinati a scom-parire dal mercato del credito, in quanto sicure prede di istituzionimaggiori nazionali o, nei casi peggiori, stranieri.

Il sistema creditizio italiano si caratterizza per una molteplicità dimercati bancari locali presidiati da operatori di contenute dimensioni,la cui clientela è tipicamente costituita da imprenditori attivi in unospecifico ambito territoriale. Si tratta in sostanza di unità produttivedi piccole e medie dimensioni — peraltro componente rilevante del-l’economia del paese — con le quali questa categoria di banche localiintrattiene stretti legami. Di qui il vantaggio, specie di carattere infor-mativo, di cui le banche locali godono nei confronti delle concorrentidi maggiori dimensioni e che spesso ha permesso di raggiungere ap-prezzabili risultati reddituali e non solo, dando luogo a delle vere eproprie posizioni di leader in determinati segmenti di mercato.

In effetti, il forte radicamento nel territorio di insediamento e l’ap-profondita conoscenza della realtà economica paiono favorire una piùaccurata selezione del merito di credito dei richiedenti fondi, un piùattento monitoraggio del credito erogato, nonché una più rispondenteofferta rispetto ai bisogni che progressivamente si manifestano nellosvolgimento della vita d’azienda.

Nel corso del tempo, in altri termini, le banche locali hanno confer-mato un’attività caratterizzata da buoni risultati in ordine al profiloeconomico e competitivo, grazie appunto al marcato radicamento ter-ritoriale e alle conseguenti strette e proficue relazioni con il pubblico2.

A conferma si consideri l’analisi Bankitalia sui dati relativi al perio-do 1995?2005

3, dalla quale si evince che circa la metà dei nuovi finanzi-amenti al settore privato è stata erogata dalle banche piccole e minori,la cui quota di mercato è aumentata nel segmento delle imprese (dal20 al 32 per cento) e in quello delle famiglie (dal 22 al 39 per cento).

L’incremento della quota di mercato delle banche piccole ha interes-sato diverse classi di intermediari:

• le banche locali (banche di credito cooperativo, ex casse di risparmioe banche popolari), che hanno ampliato in misura considerevolei prestiti a favore delle imprese, non solo di minori dimensioni;

• le banche specializzate nel credito alle famiglie, tra le quali hannoassunto un ruolo rilevante

– gli intermediari nati in seguito alla trasformazione di societàfinanziarie in banche

2 In effetti il fenomeno può essere visto come una forma naturale di relationship banking3 Cfr. Banca d’Italia, Relazione per l’anno 2005, Roma, 3l maggio 2006

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46 processi aggregativi e concorrenza

– le filiali e le filiazioni di banche estere.

Ciò ovviamente non significa che si possano ritenere completati glisforzi di questa categoria di banche nella difesa/crescita delle pro-prie quote di mercato e soprattutto superate le minacce derivanti dallaglobalizzazione degli intermediari finanziari.

3.3 i risultati del processoIl nostro sistema bancario si presenta notevolmente mutato in quan-

to negli ultimi quindici anni l’assetto proprietario e il grado di concen-trazione hanno segnato una svolta radicale, testimoniata da:

• passaggio del controllo dal soggetto pubblico a protagonisti di-versi, come i gruppi bancari stranieri, gli investitori istituzionalie il mercato in genere, che affiancando le ancora presenti fon-dazioni definiscono l’attuale compagine azionaria delle banche

• deciso indirizzo ad allineare il nostro livello di concentrazioneagli standard delle principali realtà europee Più in particolare, al-l’inizio del 2005

4 partecipavano in misura superiore al 5 per centodel capitale delle banche italiane 33 soggetti esteri, rappresentatiper lo più da banche e finanziarie dell’ue, con interessenze in 40

banche; le fondazioni bancarie detenevano quote di maggioranzain 20 banche e partecipazioni comprese tra il 5 e il 50 per centoin 32 intermediari.

Come si desume dalla tabella seguente, nel decennio 1996–2005 le oper-azioni di concentrazione sono state 439. Nel periodo 2001–2005 è dimi-nuita l’importanza delle iniziative in ambito nazionale: la quota delleattività del sistema bancario del nostro paese facente capo alle bancheitaliane incorporate o acquisite da altre banche domestiche è diminuitaall’8% (dalla tabella 10,66%+0,39%-2,6%), dal 37 (32,12%+5,99% - 1,2%)del periodo 1996-2000. Per contro, è cresciuto il peso delle acquisizionitransnazionali: la quota delle banche italiane acquisite da soggetti es-teri e quella di banche estere acquisite da intermediari italiani sono au-mentate nel complesso dal 3% (1,88+1,2) al 27% (23,92+2,6) per centodell’attivo del sistema bancario domestico.

Per quanto attiene l’attuale struttura del sistema finanziario alla finedel 2008:

• operavano in Italia 799 banche, 7 in meno rispetto al 2007 (cfr.Figura 3).

• Nel corso dell’anno sono state costituite 28 nuove banche, di cui21 hanno effettivamente iniziato a operare; tra queste, 11 sononate a seguito di operazioni di ristrutturazione infragruppo.

• Sono fuoriusciti dal mercato bancario 28 intermediari, princi-palmente banche di credito cooperativo e istituti non inclusi ingruppi bancari

4 I dati presentati, tranne quando esplicitamente indicato, sono ripresi dalle RelazioniAnnuali della Banca d’Italia

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3.3 i risultati del processo 47

Figura 1: Fusioni, incorporazioni e trasferimenti di controllo (fonte Bancad’Italia 2005)

• Sono attivi nove conglomerati finanziari; per i sei che svolgo-no in modo prevalente attività bancaria sul territorio nazionalela Banca d’Italia è responsabile del coordinamento della vigilan-za supplementare che si aggiunge a quella “settoriale” esercitatadalle rispettive autorità di vigilanza bancaria e assicurativa (cfr.Figura 4)

• Nel 2008 erano quotate in borsa 26 banche, 3 in meno rispettoall’anno precedente; la riduzione riflette il perfezionamento diofferte pubbliche di acquisto totalitarie.

• Tra i primi 20 gruppi per attivo consolidato, 7 non erano quotatiin borsa. I gruppi e le banche quotate rappresentavano il 63,1per cento dell’attivo del sistema (64,3 per cento nel 2007); traqueste, 7 capogruppo sono banche popolari, cui fa capo circal’80 per cento delle attività complessive di questa categoria diintermediari.

Tabella 2: Lista dei conglomerati italiani

Il numero di sportelli è:

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48 processi aggregativi e concorrenza

Figura 2: Struttura del sistema finanziario Italiano (fonte Banca d’Italia 2008)

• cresciuto in valore assoluto, da 33.229 a 34.146

• cresciuto in rapporto alla popolazione (da 5,6 alla fine del 2007 a5,7 sportelli per 10.000 abitanti).

L’aumento degli sportelli è però localizzato principalmente nel Norddel Paese. Alla fine del 2008 in 2.182 comuni (in cui risiede il 3,6 percento della popolazione italiana) non erano presenti sportelli bancari;in 1.814 di questi vi era almeno uno sportello postale.

3.3.1 La proprietà dei gruppi bancari e delle banche

I principali azionisti dei gruppi bancari italiani hanno natura fi-nanziaria; le fondazioni bancarie continuano a detenere quote di capi-tale significative, mentre la presenza di investitori istituzionali è ancoralimitata.

Alla fine del 2008, partecipazioni superiori al 2 per cento delle azioniordinarie nei primi dieci gruppi bancari erano detenute da 14 interme-diari finanziari, 11 fondazioni bancarie, 5 compagnie di assicurazione,5 società non finanziarie e 3 fondi comuni di investimento.

Quattro gruppi tra i maggiori dieci (Intesa Sanpaolo, UniCredit,Mediobanca e UBI Banca) presentavano relazioni partecipative incro-ciate (mediamente pari a circa il 6 per cento del capitale) o quote dicapitale riferibili ad azionisti comuni (in media pari a circa il 3 percento).

Le operazioni di concentrazione e ristrutturazione realizzate negliultimi otto anni hanno prodotto effetti rilevanti sotto il profilo degliassetti proprietari delle principali capogruppo bancarie. Nel 2008 duetra i primi cinque gruppi facevano capo a banche popolari quotate conazionariato diffuso(nel 2000 comprendevano solo società per azioni).

Le aggregazioni che hanno interessato i gruppi più grandi alla finedel 2000 (Intesa, SanpaoloIMI, UniCredit e Capitalia) non hanno invece

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3.3 i risultati del processo 49

comportato un mutamento significativo della compagine societaria; gliazionisti di riferimento sono rimasti sostanzialmente stabili.

Alla fine del 2008 erano 21 le filiazioni di società e banche estere, duedelle quali figuravano nei primi dieci gruppi bancari. Nel capitale di 41

banche erano presenti 33 azionisti esteri — in prevalenza comunitari— con quote superiori al 5 per cento.

3.3.2 Le operazioni di aggregazione

Nel 2008 non sono state realizzate operazioni di aggregazione trabanche di medio-grandi dimensioni; è proseguita la razionalizzazionedella struttura dei gruppi bancari a seguito delle concentrazioni realiz-zate in passato.

L’integrazione tra i gruppi Banco Popolare di Verona e Novara e Ban-ca Popolare Italiana ha comportato la riorganizzazione della rete ter-ritoriale, il riassetto delle partecipazioni e l’accentramento dell’attivitàdi private banking di gruppo.

Il gruppo UBI Banca, nato dall’aggregazione tra Banche PopolariUnite e Banca Lombarda e Piemontese, ha avviato un piano industrialedi integrazione nei comparti della gestione del risparmio, del creditoal consumo, del leasing e della promozione finanziaria.

Nel 2008 le cessioni di sportelli tra banche hanno coinvolto 5.725

succursali (1.375 nel 2007), pari al 16,8 per cento del totale. Oltre il90 per cento delle operazioni è stato realizzato all’interno dello stessogruppo bancario, riflettendo soprattutto la ristrutturazione del gruppoUniCredit successiva all’acquisizione di Capitalia. Delle 482 rimanenticessioni, l’80 per cento ha riguardato i due maggiori gruppi nazionaliin attuazione di provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenzae del mercato.

Nei primi mesi del 2009 il gruppo Banca Popolare dell’Emilia Ro-magna ha acquisito il controllo del gruppo Meliorbanca, con l’obietti-vo di accrescere la propria offerta nei servizi specialistici a favore dellepiccole e medie imprese e nel private banking.

A causa del deterioramento della situazione tecnica di Banca Italease,nel maggio di quest’anno è stata promossa un’offerta pubblica di ac-quisto da parte del Banco Popolare.

3.3.3 Il grado di concentrazione del sistema

Le numerose operazioni di fusione e acquisizione effettuate negli ul-timi anni hanno comportato un aumento del grado di concentrazionedel sistema bancario: tra il 2000 e il 2008 l’indice di Herfindahl-Hirschman(HH)5 in base 10.000, calcolato sull’attivo totale delle unità operanti in

5 Indice di concentrazione di Herfindahl-Hirschman (HHI) È un indicatore di concen-trazione usato soprattutto per misurare il grado di concorrenza presente in un determi-nato mercato. L’indice è dato dalla somma dei quadrati delle quote di mercato (espressein percentuale) detenute da ciascun agente.HHI =

∑ni=0(qi ∗ 100)

2

dove qi è la quota di mercato dell’agente i-esimo. Il valore di HHI è sempre positivo eal massimo pari a 10.000, nel caso vi sia un solo agente nel mercato.Un valore di HHI compreso tra 1.000 e 1.800 indica che il mercato è moderatamenteconcentrato. Un valore dell’indice superiore a 1.800 si registra in mercati concentrati.

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50 processi aggregativi e concorrenza

Italia, è salito da 600 a 771. Durante lo stesso periodo il grado diconcentrazione dei mercati locali del credito è invece diminuito, anchegrazie alla crescita del numero medio di banche per provincia (da 25

alla fine del 2000 a circa 28 alla fine del 2008).

Figura 3: Indice di Concentrazione del Sistema Bancario Italiano

Classificando gli intermediari in base alla dimensione e all’apparte-nenza a un gruppo, è possibile identificare

1. una prima categoria composta da due gruppi di grande dimen-sione (UniCredit e Intesa Sanpaolo) cui fa capo il 34,8 per centodelle attività totali del sistema (Figura 6).

2. A essi si affiancano 3 gruppi di dimensione medio-grande, conoperatività prevalentemente nazionale e una quota dell’attivopari al 17,3 per cento

3. La terza categoria è composta da 58 gruppi e banche individualidi dimensioni medio piccole (tra cui banche specializzate e fili-azioni di gruppi esteri), cui fa capo il 36,3 per cento del totaleattivo;

4. l’ultima classe include 594 piccoli intermediari con operativitàprevalentemente locale.

La crescita dei gruppi bancari più grandi, realizzata per vie esterneattraverso operazioni di fusione e acquisizione, ha comportato proces-si di ristrutturazione che si sono riflessi in forti perdite di quote dimercato.

Negli ultimi otto anni, tenendo costante la composizione dei gruppial 2008, la quota di mercato dei prestiti a famiglie e imprese dei primicinque gruppi bancari è calata di circa 13 punti percentuali. A frontedi tale riduzione si è verificato un incremento delle quote di mercatodelle banche estere e di minore dimensione.

I primi cinque gruppi bancari offrono una più ampia gamma diservizi e si avvalgono di una più diffusa rete di distribuzione sul terri-torio. Nei mercati dei servizi di home banking e delle carte di debito,anche grazie alla possibilità di sfruttare economie di scala, i cinque

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3.3 i risultati del processo 51

Figura 4: Dinamica del Grado di Concentrazione del Sistema Bancario Italiano

gruppi bancari più grandi hanno quote di mercato, misurate in terminidi numero di clienti, superiori alla rispettiva quota di depositi raccoltidalle famiglie; tali gruppi accentrano anche la maggior parte dell’oper-atività nel comparto dei servizi di corporate banking e di gestione dicassa per le imprese.

3.3.4 I costi dei conti correnti

Secondo i risultati di un’indagine condotta dalla Banca d’Italia, nel2008:

• il costo medio annuo sostenuto dalle famiglie per la tenuta diconti correnti è stato pari a circa 114 euro.

• I costi variano in funzione della tipologia di intermediari pressocui il conto è attivo: non si discostano dalla media per le banchedi credito cooperativo, risultano inferiori per le banche apparte-nenti ai cinque gruppi più grandi (3,7 per cento in meno rispettoalla media), maggiori per il resto degli intermediari (5 per centoin più).

• I contratti sottoscritti negli ultimi anni offrono mediamente aicorrentisti condizioni più vantaggiose: quelli aperti a partire dal2006 presentano costi inferiori del 20 per cento rispetto alla me-dia.

• Quasi il 75 per cento dei costi è rappresentato da componenti dinatura fissa (tra cui canoni e spese di comunicazione). I clientiche hanno effettuato nell’anno oltre 200 operazioni (ad esempiobonifici e prelievi) hanno sostenuto una spesa complessiva pari acirca il doppio di quella dei clienti che ne hanno effettuate menodi 50.

3.3.5 Il grado di internazionalizzazione del sistema.

Nel 2008 l’incidenza media dell’operatività nei confronti di soggettiesteri da parte dei primi cinque gruppi bancari sul totale delle attività

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52 processi aggregativi e concorrenza

finanziarie (crediti e titoli) è stata del 35,6 per cento (35,3 nel 2007); perla totalità dei gruppi bancari la quota è stata del 27,1 per cento (25,7per cento nel 2007).

I paesi dell’Europa centro orientale rappresentavano, a fine 2008, unimportante mercato estero per le banche italiane (Figura 7). La quotadi attività presso questi paesi è pari al 5,4 per cento del totale (4,8per cento nel 2007), quasi interamente concentrata sui due maggiorigruppi bancari. Per questi ultimi, l’esposizione verso soggetti residentinell’area rappresenta in media una quota superiore al 9,2 per cento deltotale, in crescita rispetto all’8,0 per cento dello scorso anno.

Tabella 3: Presenza del Sistema Bancario Italiano all’estero

Alla fine del 2008 le succursali di banche estere insediate nel territo-rio italiano erano 82 e detenevano l’11,7 per cento dell’attivo di sistema,un livello all’incirca pari a quello del 2007. Alla stessa data, alle 21 fil-iazioni di banche estere presenti in Italia faceva capo una quota parial 9,3 per cento dell’attivo di sistema. L’operatività delle succursalidi banche estere in Italia si è fatta nel tempo più articolata: accantoalla consolidata presenza nel comparto all’ingrosso, è cresciuta, a par-tire dalla metà degli anni novanta, l’attività nei mercati al dettaglio,in particolare in quelli dei mutui ipotecari e del credito al consumo.Analisi econometriche mostrano che l’ingresso delle banche estere haaccresciuto la concorrenza nei mercati locali del credito. Nel segmentodei mutui alle famiglie tale pressione competitiva si è accompagnataa una riduzione dei tassi medi e a un aumento dei finanziamenti inrapporto alle garanzie reali prestate.

3.3.6 Il problema dell’espansione internazionale

Anche se il processo di consolidamento del sistema Bancario Ital-iano sembra essersi concluso, resta ancora debole la presenza a liv-

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3.3 i risultati del processo 53

ello Internazionale6. Tra i fattori che finora hanno frenato queste in-iziative ricordiamo le differenze riscontrabili tra i vari paesi in termi-ni di regolamentazione e di cultura manageriale, la difficoltà di con-seguire economie di scala, le possibili reazioni negative da parte degliinvestitori e degli analisti.

I sostenitori delle operazioni transnazionali ritengono che un cer-to numero di grandi banche, avendo ormai già raggiunto una quotadi mercato rilevante nel paese d’origine, non avrebbe altra scelta diaumentare le proprie dimensioni se non spostando al di fuori dei con-fini nazionali il raggio d’azione. Per il sistema bancario italiano per-tanto si pone l’urgenza di definire le strategie più adeguate a garan-tire un ruolo attivo nelle operazioni di consolidamento a livello eu-ropeo. Si tratta di riuscire a porre in essere delle valide controffensiverispetto al grande interesse che il nostro mercato suscita negli inter-mediari stranieri, essenzialmente riconducibile all’ancora accentuatapropensione al risparmio da parte delle famiglie italiane.

Ecco che risultano spiegate le precedenti spinte da parte dei verticidi Bankitalia ad intensificare il processo di concentrazione entro i con-fini nazionali, confidando sulla capacità imprenditoriale delle banchenazionali di assumere le migliori decisioni. Ciò anche per ribadire chel’epoca della Banca Centrale “regista” delle strategie bancarie del paeseè conclusa, il che risulta rafforzato dal dettato della nuova legge sulrisparmio (la n. 262 del dicembre 2005), con la quale si è provvedutoa trasferire le funzioni antitrust all’Autortità garante della concorrenzae del mercato. La vigilanza sulla concorrenza bancaria per gli abusi diposizione dominante e per le intese restrittive della concorrenza è pas-sata da Banca d’Italia all’antitrust, avendo la legge cancellato i commidella norma istitutiva dell’Antitrust (Legge n. 287/90) che lasciavanoqueste competenze a Banca d’ltalia.

Resta il potere congiunto, condiviso fra Bankitalia (sana e prudentegestione) e Antitrust (valutazioni sull’assetto concorrenziale del mer-cato) per autorizzare/vietare operazioni di acquisizione e di concen-trazione nel settore bancario. I provvedimenti in tal senso sono em-anati con un unico atto che deve contenere le motivazioni sull’ap-provazione/rigetto delle due autorità.

La dimensione europea del fenomeno del consolidamento bancarioe il ruolo che le banche italiane giocheranno devono infine essere con-siderati in funzione della direttiva ue in materia di Opa (direttiva n.2004/25), che lascia la possibilità ai singoli stati di innalzare dispositividi protezione delle società attaccate o attraverso le norme o con mod-ifiche statutarie delle aziende. A fronte di una generale tendenza deipartner europei a non riconoscere una maggiore permissività all’Opaostile, occorre riflettere sull’opportunità di coordinare maggiormentela legislazione nazionale esistente che, contenuta nel tuf, si presentatra le più liberiste.

6 Il caso UniCredit (cfr paragrafo “Il caso UniCredit Group”) costituisce eccezione

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4 L E D I N A M I C H E E V O L U T I V E D E L-L’O R G A N I Z Z A Z I O N E D E L L E B A N C H E

indice4.1 La Banca come Azienda di produzione 55

4.1.1 Interdipendenza tra attività: la complessità da dom-inare 56

4.2 Strategia di diversificazione e assetto istituzionale 584.2.1 Modello di Gruppo 58

4.2.2 Modello di Banca Universale 59

4.3 Segmentazione, aree di attività e strategie competitive 604.3.1 La definizione delle aree di attività 60

4.3.2 Aree di attività e organizzazione: lo schema dell’anal-isi 61

4.4 Il retail banking 624.4.1 Definizione dell’attività e sua importanza economica

per la Banca 62

4.4.2 Fattori critici di successo 63

4.4.3 Focus sulla diversificazione produttiva 66

4.4.4 Evoluzione dei modelli organizzativi nel retail bank-ing 68

4.4.5 Le future sfide per il retail banking 73

4.5 Il corporate banking 744.5.1 Definizione dell’attività 74

4.5.2 L’evoluzione dei modelli organizzativi del corporatebanking 75

4.5.3 L’orientamento strategico alle relazioni 76

4.5.4 Il ruolo di corporate banker 78

4.5.5 I compiti del corporate banker 79

4.5.6 Processi gestiti dal corporate banker 81

4.6 Il caso UniCredit Group 824.6.1 Elementi del suo sviluppo 82

4.6.2 Elementi della sua progettazione organizzativa 83

4.6.3 La struttura 84

4.6.4 La fusione di Capitalia in Unicredit 85

4.6.5 Il Modello di Business 87

4.1 la banca come azienda di produzioneLa necessità del ruolo di intermediazione esercitato dalla Banca è

reso praticamente necessario per diversi fattori riconducibili a:

1. sensazione di rischio che l’investitore prova nei confronti dell’in-vestimento diretto. Più in particolare si fa riferimento alla diffi-coltà del soggetto investitore a reperire elementi di valutazione

55

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56 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

teorici ed empirici della solvibilità del debitore e/o a sostenere irelativi costi di informazione

2. difficoltà connesse alle dimensioni contenute degli avanzi finanziaridelle unità in surplus, che non consentono una idonea diversifi-cazione di tipo quantitativo e settoriale dell’investimento

3. asimmetrie esistenti circa le diverse esigenze finanziarie espressedalle controparti, che comportano inevitabilmente difetto di ac-cordo circa le condizioni contrattuali relative a

a) quantità dei capitali offerti e domandati

b) i tempi e le modalità di restituzione

c) l’entità del prezzo negoziato

4. riduzione strutturale del rischio complessivo dovuta alla natu-rale diversificazione delle transazioni operate dalla banca rispet-to a quelle percorribili direttamente tra unità di surplus e dideficit

5. maggiore efficienza dovuta alla specializzazione richiesta dalleattività di intermediazione riconducibile alle economie di scala,alle economie legate alla curva d’esperienza e alla ottimizzazionedi tutti i processi sottesi.

Come già osservato in definitiva la Banca si configura come aziendadi produzione in quanto la materia prima — segnatamente i fondi rac-colti — subisce una trasformazione economica a livello di condizioninegoziate (quantità, forma giuridica, scadenze, tassi di interesse etc.)

Questo significa che la giustificazione dell’esistenza degli intermedi-ari è strettamente legata alla strategia e all’organizzazione della banca.La convenienza sul piano economico dell’esercizio delle varie formedi intermediazione (in competizione con il mercato dei finanziamen-ti diretti) dipende dall’esistenza sia di opportunità di mercato, sia dicondizioni economiche di governo dei processi di intermediazione. Daquesto ultimo punto di vista il profilo organizzativo risulta determi-nante in quanto i modelli strutturali e di organizzazione del lavoroadottati dagli intermediari consentono di giustificare il conseguimen-to di economie interne di costo attribuite dalla teoria dell’intermedi-azione alle dimensioni aziendali e alla diversificazione (economie discala e di scopo).

Nel mondo industriale, interessato negli anni Novanta dal passaggiodalla produzione di massa alle produzioni flessibili e personalizzate, lagrande dimensione non rappresenta più, di per sé, un fattore di effi-cienza ma è spesso causa di fenomeni di burocratizzazione e di cresci-ta dei costi. Ciò che fa la differenza nell’efficienza produttiva sono laconfigurazione dei processi produttivi-distributivi, l’introduzione dinuove tecnologie e i modelli di organizzazione del lavoro e di gestionedelle risorse umane. Così il modello burocratico di stampo “fordista”ha mostrato i suoi limiti nel favorire lo sviluppo dimensionale e neglianni Novanta è stato progressivamente sostituito dai modello dellabanca snella e a rete1. Il cambiamento è dovuto alla trasformazione

1 Per una piacevole descrizione dei limiti del modello Fordista di veda “La macchina cheha cambiato il mondo” di James P. Womack, Daniel T. Jones, Daniel Roos

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4.1 la banca come azienda di produzione 57

dell’organizzazione del lavoro, che vede l’accrescersi dei processi au-tomatizzati e delle autonomie individuali nella gestione dei proces-si. L’evoluzione organizzativa consente l’ampliarsi delle combinazioniproduttive e nuove forme di intermediazione altrimenti non concre-tamente sperimentabili. L’evoluzione dell’intermediazione è resa cioèpossibile dall’innovazione tecnologica e organizzativa.

In quest’ottica lo sviluppo delle forme diversificate di intermedi-azione finanziaria resta giustificato dai vantaggi competitivi connessialle modalità di attuazione delle strategie di diversificazione.

I processi di diversificazione possono essere ricondotti all’eccessodi risorse e capacità (condizione necessaria) ma il perseguimento dieconomie di diversificazione non può prescindere dalle soluzioni orga-nizzative scelte per la gestione delle interrelazioni (sinergie) fra le at-tività. Le performance degli intermediari diversificati sono fortementelegate ai modelli organizzativi che favoriscono lo sfruttamento dellepotenziali economie2.

4.1.1 Interdipendenza tra attività: la complessità da dominare

Nello studio della strategia e dell’organizzazione degli intermediarifinanziari si è verificato che un fenomeno chiave è dato dalle inter-dipendenze/interrelazioni tra le attività3.

La conseguenza è che per gli intermediari, quali imprese di servizi,la divisione del lavoro per fasi non solo si presenta problematica, ma,quando possibile, non risulta cosi efficiente ed efficace come accadenelle imprese manifatturiere. L’esistenza di interdipendenze tra le fun-zioni aziendali ha implicazioni non solo per il lavoro operativo (mi-crostruttura), ma anche per il disegno degli assetti direzionali (macrostrut-tura): ne deriva la centralità della problematica del coordinamento traattività interdipendenti.

Nel modello degli intermediari a diversificazione universale (bancauniversale), il fenomeno delle interdipendenze si accentua in quantooccorre decidere se gestire o meno le interrelazioni e, in caso afferma-tivo, come gestirle. Infatti, la corretta gestione delle interrelazioni frai fattori della catena del valore delle varie attività consentono di con-seguire i vantaggi di costo e di differenziazione che stanno alla basedel vantaggio competitivo della diversificazione. La gestione delle in-terdipendenze implica l’identificazione di strategie orizzontali e l’in-troduzione di modelli di organizzazione orizzontale. Un esempio èdato dalle interdipendenze di clientela che suggeriscono la definizionedi strategie di segmento e la divisionalizzazione per segmenti. L’offer-ta di più servizi nei confronti dello stesso segmento tipicamente offrela possibilità di gestire fattori produttivi e distributivi comuni.

L’interesse per la gestione delle interrelazioni fra business — le sin-ergie — si è accresciuto alla fine degli anni Ottanta nel mondo indus-triale con la maturità dei mercati e l’esigenza di ricercare modelli di

2 In generale le performance degli intermediari sono anche influenzate dalle pressioni dimercato (secondo lo schema struttura del mercato→ condotta→ performance e dal tipodi assetto istituzionale (impresa unica, gruppo aziendale, accordi): la scelta dei modelliorganizzativi resta comunque determinante

3 Per l’importanza delle interdipendenze nella progettazione organizzativa si veda ilclassico “Organizations in Actions” di Thompson

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58 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

gestione e organizzazione più efficienti. In precedenza, in presenza dicondizioni di crescita dei singoli business molto favorevoli, i modellistrutturali delle grandi corporation avevano privilegiato lo sviluppodelle autonomie divisionali di prodotto4. Analogamente nel settore fi-nanziario lo sviluppo della diversificazione è avvenuto negli anni Set-tanta e Ottanta secondo logiche prevalentemente di tipo conglomerato,cioè garantendo elevata autonomia delle singole attività, anche perchési è realizzato, per motivi dovuti alla regolamentazione, soprattuttoattraverso la forma istituzionale del gruppo. La tendenza di tali isti-tuzioni ad adottare modelli divisionali decentrati per aree geografichee/o per divisioni di prodotto a elevata autonomia strategica e orga-nizzativa ha favorito lo sviluppo di duplicazioni funzionali e organiz-zative, confermando così un approccio non guidato dall’interesse perl’ottenimento di sinergie; è solo negli anni Novanta che tale interesseprende forma per via di:

• calo dei profitti dovuto alla maturità di alcuni settori del paraban-cario e delle attività più tradizionali dell’intermediazione credi-tizia e conseguente ricerca di risparmi di Costo

• ricerca della gestione unitaria delle relazioni con la clientela inrapporto alla necessità di nuovi orientamenti competitivi.

Ne consegue in modo definitivo che il profilo organizzativo risulta aquesto punto cruciale in quanto, come si è accennato, il conseguimen-to delle economie di scala e di scopo (livello dei costi) dipende dallaconfigurazione dei processi produttivi e distributivi. L’affermazionedell’esistenza o meno di economie di scala e di scopo non può esseredisgiunta dalla considerazione dei modelli strategici e organizzativiche possono dare più o meno rilevanza agli aspetti sinergici.

La conseguenza ultima è la necessità dell’unificazione fra la visionegestionale e organizzativa degli intermediari per una realistica com-prensione della loro condotta.

4.2 strategia di diversificazione e as-setto istituzionale

Il problema delle modalità di gestione della diversificazione ha fattosorgere in Italia un ampio dibattito sulle forme istituzionali più coer-enti, focalizzando l’attenzione sul modello del gruppo bancario e sulmodello della banca universale. Nella prospettiva delle autorità credi-tizie il problema veniva visto sul piano della stabilità, mentre a livelloaziendale se ne mettevano in luce gli aspetti di efficienza in rapportoal contenimento dei costi operativi, all’efficacia del coordinamento/-controllo delle attività e all’allocazione delle risorse.

La soluzione del problema della scelta di assetto istituzionale dellabanca deve essere ricercata nei rapporti di coerenza con la strategia. Ingenerale occorre verificare di volta in volta se la natura delle attività

4 In un contesto di crescita è difficile giustificare il maggior costo della ricerca dellepossibili sinergie rispetto ai vantaggi effettivamente conseguibili dalle sinergie stesse

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4.2 strategia di diversificazione e assetto istituzionale 59

consiglia la gestione “interna” o la gestione “esterna” tramite, appunto,società controllate.

4.2.1 Modello di Gruppo

Il ricorso al modello di gruppo appare coerente con la diversifi-cazione in aree di attività a bassa correlazione, in modo da salva-guardare il criterio della specializzazione produttiva nel contesto distrategie di diversificazione. L’assetto di gruppo consente, in lineadi principio, di mantenere un’elevata autonomia strategica e organiz-zativa delle singole attività gestite dalle controllate. In generale lascelta del modello di Gruppo corrisponde ad una decisione che nonritiene strategicamente rilevante la gestione dell’interdipendenza tra leattività su diversi “segmenti” di clientela.

Il sorgere dei gruppi bancari può essere visto come soluzione perridurre i fenomeni di burocratizzazione che si accompagnano all’in-tensificarsi della complessità gestionale e organizzativa. Il gruppo con-sente una crescita dimensionale e la diversificazione in condizioni dimaggiore flessibilità e decentramento, potendo contare sull’autonomiadelle controllate e il coordinamento e controllo esercitato dalla holding.

Il modello del gruppo consente alla capogruppo di assegnare ampieautonomie strategiche e operative alle società di prodotto, limitando icosti organizzativi interni.

L’attività di controllo da parte della capogruppo non richiede strut-ture complesse quando viene circoscritta all’andamento dei profittidelle società stesse, nel presupposto che l’orientamento all’efficienzasia stimolato soprattutto dal mercato.

La scelta del decentramento, per essere coerente, deve sottintenderele seguenti ipotesi:

• la diversificazione produttiva avvenga in aree a bassa correlazione(modello del conglomerato)

• esista una limitata convenienza a gestire le potenziali interre-lazioni (economie di scopo)

• i mercati di riferimento siano efficienti e ostacolino il comporta-mento opportunistico del management.

L’assetto del conglomerato può essere anche opportuno quando:

• la banca abbia intrapreso la gestione di attività innovative, perle quali è cruciale puntare sull’imprenditorialità delle controllate(trascurando in tale fase le potenziali sinergie)

• la banca opera in mercati fortemente segmentati.

Per i Gruppi Italiani il problema dell’integrazione/sinergia si è co-munque riproposto con la “disciplina dei gruppi bancari” che ha im-posto alla capogruppo l’esercizio di un controllo strategico e gestionaledelle controllate al fine del rispetto della vigilanza consolidata (con-trollo rischi, livello di patrimonializzazione). Ciò ha comportato che igruppi, a prescindere dall’effettiva esigenza di integrazione, si dotasserodi sistemi di controllo direzionale seguendo la logica di funzionamentodivisionale.

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60 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

L’integrazione all’interno del gruppo può comportare elevati costiorganizzativi di coordinamento (agency cost). Nel nostro paese la ca-pogruppo del gruppo bancario, pur avendo sostanzialmente la respon-sabilità dell’attività delle controllate, si trova a operare nel rispettodell’autonomia giuridica e patrimoniale di queste ultime. Ne derivauna pressione a optare per il modello della banca universale, del restorafforzata anche dall’evoluzione del ciclo vitale delle attività paraban-carie (factoring e leasing) che, entrate in una fase di maturità-declino,suggeriscono alla banca madre di procedere all’incorporazione dellestesse.

È bene sottolineare che la scelta del modello di gruppo può spessoessere attribuita a motivi non organizzativi: può essere la conseguenzadi strategie di acquisizione di intermediari per i quali si vogliono o sidevono mantenere delle partnership; può essere finalizzata alla ricercadi effetti finanziari e fiscali; può essere dovuta alla normativa che nonconsente l’esercizio di certe attività; può rispondere all’esigenza di re-alizzare in prospettiva dismissioni e cessioni; può derivare da esigenzedi immagine di mercato che inducono al mantenimento delle societàcontrollate.

Il considerare il gruppo un modello che risponde unicamente a es-igenze organizzative è quindi riduttivo e fuorviante. Il gruppo come“assetto giuridico istituzionale”, pur presentando al suo interno un’ar-ticolazione (holding, subholding, controllate), deve sempre affrontareil problema dell’assetto direzionale e degli strumenti di coordinamen-to e controllo. Per tale motivo è opportuno distinguere l’assetto isti-tuzionale dall’assetto organizzativo.

4.2.2 Modello di Banca Universale

In sintesi e a complemento del paragrafo precedente:

• il modello della banca universale offre l’opportunità di gestire alproprio interno attività fra loro “correlate” in modo da sfruttareal meglio le interdipendenze

• l’integrazione può essere sollecitata da fattori di mercato e dapolitiche aziendali, come la gestione unitaria delle relazioni diclientela, dirette a “sfruttare” le interrelazioni per migliorare lecondizioni di efficienza e di efficacia operativa

• Le economie di scopo sono maggiormente perseguibili nell’am-bito del modello della banca universale (impresa unica), doveil vertice aziendale dispone di un più equilibrato rapporto trapoteri e responsabilità.

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4.3 segmentazione, aree di attività e strategie competitive 61

4.3 segmentazione, aree di attività e strate-gie competitive

4.3.1 La definizione delle aree di attività

La segmentazione dell’attività di intermediazione finanziaria peraree di attività costituisce un momento importante per la formulazionedella strategia. Questa si articola su due livelli fondamentali — alivello di banca nel suo complesso e a livello di singola area di attività:

• A livello di banca la strategia riguarda la scelta delle aree in cuioperare e il modo di gestire a livello centrale il portafoglio di at-tività al fine di ottenere risultati superiori alla somma dei risultatidelle singole aree

• A livello di singola area di attività la strategia riguarda la prob-lematica della creazione e del mantenimento di un vantaggiocompetitivo (strategia competitiva).

L’elemento che qualifica una sbu5 è dato dalla dimensione esterna

(vale a dire i clienti e i mercati) in quanto strategia significa in primoluogo posizionamento del business in modo da soddisfare nel modomigliore le esigenze dei clienti, superando l’offerta della concorrenza.

Il concetto di SBU risulta rilevante anche nell’ambito dell’attività fi-nanziaria in quanto la diversificazione è un fenomeno che interessa lebanche e gli intermediari finanziari. La banca, a prescindere dalle di-mensioni, è sostanzialmente un’azienda multi business, in quanto offreprodotti creditizi e finanziari a categorie di clienti con caratteristicheeconomico-finanziarie difformi:

• le famiglie (dove si forma la preponderanza del risparmio)

• le imprese e la pubblica amministrazione (dove si forma la pre-ponderanza dei deficit finanziari).

L’operare con più segmenti di clientela implica strategie di diversifi-cazione delle combinazioni produttive. La diversità dei segmenti com-porta l’attivazione di strategie particolari di segmento che evidenzianoproblemi di direzione strategica e operativa differenziati. In Europa,e in particolare in Italia, la logica strategica per aree di business si èsviluppata in ritardo rispetto all’esperienza del mondo industriale.

Una tassonomia delle aree di business basata sulla segmentazionedei Clienti è la seguente:

• individual banking: si tratta della clientela costituita dalle per-sone fisiche (individui)

• corporate banking: i Clienti sono le imprese

• institutional banking: raggruppa la clientela istituzionale costi-tuita da pubblica amministrazione, enti governativi, Istituzionisenza fini di lucro

5 Una strategic Business Unit (sbu) è un’unita operativa o centro di pianificazione cheraggruppa una serie ben precisa di prodotti e servizi venduti a un gruppo uniforme diclienti e che deve competere con un gruppo di concorrenti ben definito. È chiaro che ilconcetto di sbu sottende tipicamente una qualche forma di segmentazione della clientela

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62 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

• financial institutional banking: riguardante l’attività indirizzataa banche, società e intermediari finanziari.

Alcune sottosegmentazioni sono tipiche:

• Nell’ambito dello individual (personal) banking si distingue:

– il private banking, che qualifica l’attività bancaria rivoltaai privati a maggiore ricchezza/reddito che è opportunogestire in modo personalizzato

• nel segmento delle imprese (corporate) è consueta la sottoseg-mentazione basata su settori merceologici di appartenenza e/osulle dimensioni.

In Italia si è ormai affermata la classificazione della clientela in tremacrosegmenti:

• corporate

• retail

• private

La tendenza alla divisionalizzazione implica che le banche che diversi-ficano le proprie aree di affari sono propense a divisionalizzare la pro-pria macrostruttura: ciò comporta non solo l’introduzione di direzionidi business ma anche la progettazione degli assetti operativi.

4.3.2 Aree di attività e organizzazione: lo schema dell’analisi

Analizzare la problematica organizzativa di specifiche aree di attiv-ità significa comprendere quali sono i relativi fattori di successo e inche misura essi siano rappresentati dai fattori organizzativi. È essen-ziale a tal fine entrare nella logica del funzionamento organizzativo eriferirsi ai processi; la logica dei processi, come anche si vede dagliattuali livelli di spesa nel settore in Business Process Reengineering6

(bpr), ha assunto anche nel mondo bancario e finanziario un peso rile-vante nella progettazione organizzativa, ed è proprio dai processi cheoccorre partire per ripensare l’organizzazione dei business. A livellodi business la logica strategica impone la sequenza:

bisogni di segmento → offerta → processi → struttura .

È dal quadro dei processi richiesti dalla logica competitiva che sipassa alla definizione della struttura. Lo studio dell’evoluzione deiprocessi e dell’impatto sui modelli organizzativi costituisce il cuore del-l’analisi delle implicazioni organizzative delle strategie competitive disegmento, consentendo di approfondire il profilo della microstrutturae dei modelli di organizzazione del lavoro.

Nella banca diversificata e divisionalizzata l’attenzione deve essereposta sulle modalità con cui le divisioni di segmento (corporate, re-tail e private) sono organizzate e sulle configurazioni che vengono adassumere i processi di business.

6 Per un’ottima introduzione alle logiche organizzative del Business Process Reengineer-ing si veda M. Hammer “Oltre il reengineering”

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4.4 il retail banking 63

4.4 il retail banking4.4.1 Definizione dell’attività e sua importanza economica per la

Banca

La nozione di retail banking nasce in contrapposizione a quella diwholesale banking per sottolineare come la gestione bancaria possaseguire due grandi modelli. Da un lato, l’attività al dettaglio, sostanzial-mente di raccolta e impiego fondi, è rivolta a una clientela piccolae molto numerosa, dall’altro lato l’attività è svolta con una clientelagrande, in particolare imprese, che alimenta operazioni di raccolta e diimpiego di taglio elevato (attività all’ingrosso).

La banca al dettaglio (retail bank) si posiziona come azienda di pro-duzione che alimenta la propria raccolta di fondi (depositi in c/c e dirisparmio) e svolge l’attività di credito (prestiti al consumo e prestitialla produzione) operando in modo specializzato con i segmenti dellefamiglie e delle microimprese.

La crescita della competizione nell’ambito delle attività tipiche diuna Banca retail è dovuta a molteplici fattori:

• la raccolta al dettaglio è una fonte importante, stabile e a bassocosto per finanziare l’attività di impiego — osservazione questaparticolarmente vera per il mercato italiano

• lo sviluppo di saldi finanziari negativi presso le imprese e lapubblica amministrazione ha accresciuto negli anni Ottanta eNovanta l’importanza dell’attività retail dal lato della provvista.Ne è derivato un aumento della concorrenza nella raccolta delrisparmio e dei fondi liquidi delle famiglie

• per le banche locali il retail banking rappresenta il business dom-inante

• per le banche nazionali l’area è di elevato interesse in quan-to fonte di provvista per finanziare la politica di impiego nelcorporate

• il calo della redditività del corporate, dovuto all’aumento deirischi e alla riduzione dei margini, ha reso il retail un businessfortemente attrattivo

• il retail offre interessanti prospettive dal lato degli impieghi (presti-ti personali, crediti al consumo) e dello sviluppo dei servizi dipagamento (carte di credito); può considerarsi un vero e propriobusiness da cui può derivare un margine di contribuzione posi-tivo qualora il costo per interessi pagati sulla raccolta sia ampia-mente compensato dai ricavi derivanti dalle commissioni per iservizi di pagamento.

L’attività creditizia nei confronti delle famiglie e delle microimprese7 siè sviluppata nei vari paesi per compensare sia il progressivo calo della

7 L’eccessivo uso di questa leva è stato uno degli elementi alla base dell’ultima pesantecrisi del mercato finanziario globale

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64 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

domanda di credito da parte del settore imprese8, sia la riduzione diredditività e il maggior rischio legato al finanziamento delle aziende.

4.4.2 Fattori critici di successo

La vista tradizionale del retail banking interpreta il target come mer-cato di massa —clienti piccoli e numerosi — e, nonostante la sua “pro-duzione” sia per commessa e non per il magazzino, pone particolareenfasi sull’obiettivo della standardizzazione dei prodotti e della “pro-duzione” in serie quali leve per la riduzione dei costi. La standardiz-zazione del servizio passa attraverso la standardizzazione dei processi,in quanto nella banca al dettaglio le attività produttiva e distributivapossone essere fortemente proceduralizzate e rientrare nella tipologiadella produzione di serie.

I fattori di successo tradizionalmente considerati nell’ambito del re-tail banking sono:

• Sviluppo dimensionale ed economie di scalaSi è andato consolidando il convincimento che alla base dellacompetizione al dettaglio vi sia:

– lo sfruttamento di economie di scala favorite dalla standard-izzazione;

– l’abbassamento dei costi che consente di operare con strate-gie di cost leadership.

Le economie di scala però tendono a indebolirsi quando l’aumen-to delle unità territoriali, diretto a favorire la crescita del numerodei clienti e dei volumi, determina capacità produttiva in eccesso.Anche limitando il costo fisso del nuovo sportello (sportello leg-gero), si osserva come la copertura di tale costo richieda un perio-do di tempo non breve (anche diversi anni) tenuto conto della dif-ficoltà di penetrare mercati spesso “affollati”. Questo comportaun andamento discontinuo delle economie di scala che risultanosignificative alla condizione che la crescita dei volumi/prodottinon comporti un aumento del numero delle unità territoriali.

L’elevata incidenza dei costi della rete territoriale, che costitu-isce il problema primario per le banche, ha portato allo sviluppodegli sportelli leggeri, dei canali automatici (atm, filiali innova-tive), delle forme di integrazione fra banche (sportelli comuni) edelle forme di collaborazione con la distribuzione commerciale.Parallelamente si è diffuso l’utilizzo dei canali on-line e telefoniciper ridurre l’accesso fisico allo sportello o il contatto con il frontoffice.

Lo sviluppo dimensionale nel retail banking ha in realtà costitu-ito sempre un obiettivo strategico legato alla stabilizzazione del-la raccolta e degli impieghi9; l’evoluzione delle tecnologie di dis-

8 Il ristagno dell’attività produttiva e il ricorso diretto al mercato finanziario da parte nonsolo delle grandi imprese, ma anche di quelle medio-grandi, hanno determinato un calodella tradizionale domanda di prestiti

9 le grandi dimensioni portano minori fluttuazioni statistiche favorendo sia la stabiliz-zazione della raccolta dei depositi sia la riduzione dei rischi derivanti da un portafoglioimpieghi ampiamente frazionato

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4.4 il retail banking 65

tribuzione e produzione dei servizi costituisce indubbiamente unpassaggio critico per conseguire realmente le economie di scala10.

• Relazioni fiduciarie e orientamento alle relazioniLa ricerca di crescita dimensionale e la crescente maturazionedel mercato hanno progressivamente portato le banche ad au-mentare significativamente il numero di prodotti offerti alla clien-tela.

Un fattore considerato determinante per difendere le quote dimercato e per la crescita dei ricavi per differenziazione prodottiè la costituzione di relazioni fiduciarie che si consolidano tra laclientela e il personale di sportello (orientamento alle relazioni).L’elevata frequenza con cui determinati clienti utilizzano lo sportel-lo favorisce lo sviluppo di rapporti personali, a prescindere dallivello di efficienza, ed è probabile che la clientela avverta uncosto di uscita di tipo psicologico; il passaggio a una banca piùefficiente impone di ricostruire un nuovo rapporto il cui “cos-to” è ritenuto dall’utente superiore al differenziale di efficienzaconseguibile11.

Ne deriva la criticità del mantenimento di “relazioni personali”anche se i servizi sono standardizzati. Si noti infatti che:

– Non tutta la clientela è particolarmente sensibile all’orienta-mento relazionale12.

– il mantenimento di relazioni personalizzate nel retail sig-nifica dedicare tempo al cliente da parte del front office disportello. Tale politica può risultare non conveniente, per-ché eccessivamente costosa per la banca, rispetto al ritornoeconomico della “relazione”, peraltro sempre difficilmentequantificabile.

Lo sviluppo di rapporti a bassa personalizzazione favorisce ilcontenimento dei costi operativi attraverso lo snellimento e l’au-tomazione dei processi e delle strutture.

• Comodità di accesso al servizioSeppur fatto scontato, la vicinanza della banca al cliente per fa-cilitare l’accesso al servizio è sempre considerato un importantefattore competitivo. La competizione da questo punto di vistasi è fatta sempre più intensa e lo sportello tradizionale sembradestinato a perdere di importanza, nel senso che questo fattorenella realtà risulta sempre più “pesato” dal Cliente attraverso laqualità dei servizi percepiti nel tempo13

10 Le evidenze empiriche sembrano, tuttavia, sfatare l’idea che nel retail banking le gran-di dimensioni comportino sistemicamente una maggiore efficienza; l’industria del re-tail in ogni paese è molto frammentata, convivendo banche di dimensioni diverse conperformance molto simili

11 In realtà l’approccio relationship oriented appare essenziale per il cross-selling efondamentale per le banche che diversificano la “produzione”

12 si pensi al successo di Bancoposta che si è avuto nonostante la non positiva opinione sulservizio normalmente erogato dagli operatori dei servizi postali

13 Per una disamina concreta dei fattori critici di successo per le aziende di servizi si veda“The Service Profit Chain” di James L. Heskett, W. Earl Sasser, e Leonard A. Schlesinger

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66 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

• Segmentazione e strategie di diversificazioneLa clientela retail può essere al suo interno ulteriormente seg-mentata:

– Mass market: costituito dalla clientela a limitata ricchezzae/o a basso reddito:

* Ha esigenze finanziarie relativamente semplici

* alimenta una domanda di servizi elementari e standard-izzabili

– Retail evoluto: costituito da una categoria di clienti superi-ore più abbiente

* Ha una cultura finanziaria più evoluta

* La gamma dei prodotti richiesta da questo segmentosi allarga proprio per la maggiore cultura finanziaria edella maggiore disponibilità di spesa .

Per differenziare l’offerta, la segmentazione tiene conto del-l’attività economica svolta: operai, impiegati, piccoli profes-sionisti, pensionati, studenti, artigiani, commercianti, agri-coltori.

Le strategie di differenziazione non sono di facile realiz-zazione perché:

* i prodotti al dettaglio tendono all’omogeneizzazione tec-nica in rapporto alla diffusione della tecnologia

* le innovazioni nel settore bancario sono facilmente im-itabili.

Una modalità di differenziazione consiste nell’offerta di combi-nazioni di servizi (pacchetti di servizi). Un’altra via seguita èquella delle “convenzioni” con associazioni di categoria (com-mercianti, artigiani, professionisti) o con singole imprese a favoredegli associati e dei dipendenti. Le convenzioni non prevedonosolo particolari tassi e condizioni ma anche specifici pacchettidi servizi. Queste forme di differenziazione (non-price compe-tition), che hanno anche lo scopo di realizzare una promozione“collettiva”, tendono, tuttavia, a perdere efficacia al crescere dellaloro diffusione, che ne fa venire meno la specificità.

4.4.3 Focus sulla diversificazione produttiva

Si è osservato che la diversificazione di prodotto, essendo la naturalerisposta all’evoluzione delle esigenze del mercato, costituisce un frontedove poter cogliere opportunità di vantaggio competitivo (fattore disuccesso potenziale): è una caratteristica evolutiva del retail bankingil progressivo allargamento della gamma dei prodotti/servizi con cuile banche cercano di accrescere le dimensioni e la redditività. L’offer-ta si è effettivamente nel tempo diversificata e arricchita: all’attivitàtradizionale di raccolta dei depositi e di gestione dei sistemi di paga-mento si è aggiunta l’offerta di carte di credito, di prestiti personali,di mutui ipotecari, di polizze assicurative di varia natura e di servizi

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4.4 il retail banking 67

di risparmio gestito. Lo sviluppo dell’offerta ha subito un forte incre-mento fin dagli anni Ottanta, quando la banca media offriva al clienteda 20 a 25 prodotti e servizi diversi: oggi non è infrequente che uncatalogo possa contenerne alcune centinaia. Poiché ogni prodotto pre-senta una propria curva di costo operativo in rapporto al crescere deivolumi e ogni banca possiede un proprio mix di prodotti, caratterizzatida livelli produttivi diversi, si giustificano diversi livelli di efficienza aparità di dimensioni complessive. Nell’ambito della stessa banca puòaccadere che alcune attività producano economie di scala mentre al-tre si accompagnino a diseconomie in rapporto a livelli produttivi nonadeguati14. In alcuni casi le differenze di costo possono essere impu-tate anche alla diversità dei modelli organizzativi adottati e al diversoimpiego dell’information technology. Alcune considerazioni appaionorilevanti:

• Diversificazione e (dis)economie di scopo15

L’ampliamento del ventaglio dei prodotti può comportare unpeggioramento della funzione di costo; non solo può non ali-mentare economie di scopo e di scala ma può determinare unaumento dei costi amministrativi a causa della maggiore com-plessità gestionale che eleva il fabbisogno di coordinamento econtrollo. La ricerca di economie di scopo, ricorrendo all’uni-co canale dello sportello, può comportare un intasamento daprodotti e un calo di produttività e di motivazione del person-ale di vendita, con effetti negativi sulla clientela. Lo “sfrutta-mento” dei contatti con il cliente implica un’elevata qualità dellacondotta del personale, in quanto il cliente può essere fidelizzatosolo se continua a mantenere una buona memoria storica delletransazioni. L’offerta di pacchetti è ormai un fatto consolidatodel retail banking e indubbiamente essa facilita il cross-selling.L’approccio orientato alle relazioni porta alla crescita del numerodei prodotti acquisiti aumentando il grado di fidelizzazione delcliente: si noti però che il retail banking relazionale, strumentaleallo sviluppo di un’ampia gamma di servizi, interessa la partepiù sofisticata della clientela retail (affluent e piccole imprese) enon è un modello applicabile al mass market.

• Ruolo del cross-selling e il conflitto con i canali innovativiIl cross-selling rappresenta il beneficio ottenibile dalla diversifi-cazione vedendo il fenomeno dalla parte dell’aumento di ricavi.Non è però un approccio universalmente attrattivo in quanto:

– riguarda solo i segmenti (sottosegmenti) del retail interes-sati allo sviluppo di una relazione

– se la diversificazione produttiva sottende l’obiettivo dellabanca di attuare politiche di cross-selling nel momento del

14 Per ragioni strategiche può essere opportuno per la Banca mantenere, anche per lunghiperiodi, prodotti non remunerativi: in tal caso si assiste al fenomeno del sussidioincrociato

15 Si vuole evidenziare il fatto che il semplice aumento del numero di prodotti/serviziveicolati attraverso un unico canale non implica necessariamente il raggiungimento dieconomie di scopo che dipendono dalla corretta progettazione organizzativa del sistema“produttivo” della banca

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68 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

contatto con il cliente, il ricorso a canali alternativi allo sportel-lo riduce il ruolo della vendita incrociata normalmente at-tuata presso quest’ultimo.

Lo sviluppo di canali innovativi e telematici non significa chelo sportello tradizionale non possa mantenere un suo ruolo nel-l’ambito della diversificazione dei canali distributivi; esso apparein particolare funzionale all’attività di consulenza mobiliare e fi-nanziaria e per servizi che richiedono un contatto personalizzatoe diretto con l’utente16.

• Ruolo del marketingL’indebolimento delle opportunità di cross selling pone il proble-ma dell’attività promozionale dei singoli prodotti e impone laricerca di forme alternative di comunicazione con la clientela.Da questo punto di vista le banche italiane non hanno matura-to fino a oggi una particolare esperienza, essendo le politichepromozionali più centrate sull’immagine corporate della bancache sul singolo prodotto. D’altra parte per esaltare i vantaggicompetitivi del prodotto occorre che la banca sviluppi una polit-ica mirata; ne deriva la criticità della funzione di marketing delprodotto.

• Sviluppo e mantenimento della clientela: “relazione” e soddis-fazione per i servizi fruitiIl mantenimento e lo sviluppo della clientela sono un obiettivostrategico della banca retail. Una politica di mantenimento dellequote di mercato che sconta fenomeni di turnover della clien-tela non è economicamente conveniente; lo sviluppo di una re-lazione in profondità avrebbe, secondo alcune stime, un maggiorrendimento per la banca dell’acquisizione di nuovi clienti. Unelevato tasso di abbandono implica per la banca, come per qual-siasi azienda produttiva, una politica di ricerca e sostituzione cherisulta molto più costosa.

Le banche, pertanto, tendono a prestare attenzione al ruolo diassistente/addetto alla clientela come interfaccia con il cliente inquanto responsabile di momenti rilevanti quali l’apertura di unnuovo rapporto per presentare i servizi offerti dalla Banca.

Bisogna però ricordare che la qualità della relazione è valutatadal cliente attraverso l’uso dei servizi e lungo tutto l’arco del rap-porto; spesso il cliente dopo il primo contatto verifica di esseresostanzialmente “solo” se non abbandonato a se stesso e non dirado “un numero”, in quanto la preoccupazione vera della ban-ca si dimostra nei fatti essere più quella dell’efficienza produttiva(vendere) che assistere e seguire i clienti. A riguardo è stato ril-evato come la mancanza di comunicatività costituisca una delleprincipali cause di disagio avvertito dai clienti retail e di abban-dono della banca. Nell’attività retail l’elevatissimo numero diclienti che fanno capo a uno sportello non consente sempre agli

16 Si delinea in definitiva per le banche al dettaglio un quadro evolutivo di tipico com-promesso tra flessibilità competitiva ed efficienza: l’orientamento alla fidelizzazione eal cross selling si contrappone a una logica competitiva basata sulla gestione efficientedelle singole transazioni

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4.4 il retail banking 69

addetti alla clientela di personalizzare i rapporti e di seguire di-rettamente i clienti. Ne può risultare una contraddizione che fapercepire al cliente, all’inizio del rapporto, che il servizio è per-sonalizzato quando invece non è possibile realizzare e mantenerequesto standard qualitativo. D’altra parte, il mantenere una stret-ta relazione con il cliente offre alla banca la possibilità di identifi-care i mutamenti dei bisogni di quest’ultimo e i tempi della loromanifestazione, costituendo una politica sicuramente efficace: iltrade off efficacia/efficienza riemerge prepotentemente.

4.4.4 Evoluzione dei modelli organizzativi nel retail banking

Per le proprie caratteristiche, il retail banking risulta fortementeancorato a due esigenze:

• realizzare una rete distributiva capillare in grado di operare astretto contatto con l’utenza;

• approntare processi operativi capaci di:

– standardizzare i servizi

– contenere i costi operativi

– gestire routine17.

La diffusione degli sportelli quali principali unità operative territorialiha rappresentato tradizionalmente, e rappresenta ancora largamente,la soluzione per configurare il punto di contatto tra banca e cliente.Questo strumento tende a essere integrato dai sistemi di erogazioneautomatici e da canali di accesso alternativi.

Ciò che caratterizza la dinamica organizzativa del retail banking nonè, comunque, solo l’evoluzione dei canali distributivi e il loro mix,ma anche l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro. Lo sportellotradizionale appare funzionale ad attività ad alto valore aggiunto siaper le famiglie (gestione del risparmio/consulenza) sia per le imprese(crediti/consulenza). La costituzione di una rete per il corporate e peril private tende a ridimensionare l’attività della tradizionale rete terri-toriale, mettendo in discussione anche i ruoli direttivi di sportello. Nederiva una spinta alla specializzazione della rete: rete per le imprese(corporate); rete per privati ad alto reddito (private) e rete per il retail.Se quest’ultimo si sviluppa con gli sportelli automatici è evidente chesi riduce per tale business il ruolo della rete tradizionale.

Alcune considerazioni organizzative interessano le varie entità dellacatena produttiva e a supporto del retail banking:

• Il lavoro di sportello:

– Modello tradizionale:è stato organizzato sulla base di una forte specializzazionedelle mansioni in modo da favorire lo sviluppo delle com-petenze e standardizzare i processi e i servizi. Tale modello

17 Si intende qui la “routine organizzativa” quale patrimonio genetico di un’azienda, os-sia le procedure e le modalità operative che ne permettono il funzionamento (e.g. lagestione scorte, la politica delle risorse umane e le strategie di diversificazione e diinternazionalizzazione)

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70 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

prevede la distinzione fra ruoli di front office e ruoli di backoffice.

Per i ruoli di contatto il criterio prevalente è quello delleoperazioni bancarie (conti correnti e depositi di risparmio,titoli, estero e cambi, effetti allo sconto, operazioni speciali);per i ruoli di back office la specializzazione riguarda l’at-tività di contabilizzazione (terminalista) e tutte quelle fasiproduttive che non è possibile gestire nel momento in cuiil cliente richiede il servizio e che vengono pertanto rinvi-ate nell’esecuzione (bonifici, incasso assegni ed effetti, valu-tazione dei fidi, e così via). La frammentazione dei ruolie dei compiti porta a configurare assetti organizzativi ditipo gerarchico-funzionale: ogni sportello ha una direzionela quale si trova a rispondere alla direzione di sportello dirango superiore o a direzioni di area o, nei casi di banchedi limitate dimensioni, direttamente alla direzione generale.La “gerarchia di rete”, oltre a svolgere un ruolo di coordina-mento e controllo, assume anche ruoli decisionali nella con-cessione dei crediti, nella fissazione dei prezzi e nella ges-tione del personale. A livello di vertice l’assetto direzionaleè di tipo funzionale e per prodotto. Si tratta di un asset-to che tende ad appesantirsi con lo sviluppo dimensionaledella banca.

– Prima evoluzione del modello: job enlargement del frontofficeChiare pressioni al cambiamento derivano da tre obiettiviche contraddistinguono l’evoluzione del retail:

* contenere e ridurre i costi operativi;

* migliorare la qualità del servizio (velocizzazione delleoperazioni e riduzione delle code allo sportello);

* allargare la gamma dei sevizi offerti.

Queste esigenze hanno un forte impatto sia sulla rete ter-ritoriale sia sull’assetto strutturale centrale. Con riferimen-to all’esperienza italiana, verso la fine degli anni settantasi osservano alcuni primi cambiamenti radicali con l’intro-duzione della figura del terminalista-cassiere, detto ancheoperatore unico di sportello, che riunisce in sé le tre fig-ure tradizionali dell’addetto all’operazione, del terminalista(che contabilizza) e del cassiere, Si tratta di una forma dijob enlargement che consente di velocizzare le operazioni,di ridurre il back office e di ampliare il numero degli addet-ti alla clientela (linea commerciale). Il nuovo modello è ingrado di aumentare la produttività del lavoro.

Lo snellimento dell’operatività si realizza con lo sviluppodei sistemi di self-service (cash dispenser). Le operazioni dicassa tramite l’operatore unico tendono a diminuire con ilmaggior uso che la clientela fa dei sistemi di self-service.

– Seconda evoluzione del modello: consulente finanziario econsulente globale

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Lo sportello tradizionale subisce un’ulteriore semplificazionecon l’introduzione della figura del consulente finanziario,in grado di intervenire su un’ampia gamma di servizi. Sitratta di un cambiamento generato dal crescente rilievo che,dalla seconda meta degli anni Ottanta, assume nell’ambitodel retail banking l’attività in titoli per conto clienti (collo-camento di quote di fondi comuni, negoziazione titoli perconto clienti). Ne deriva l’esigenza di ricavare nell’ambitodello sportello, spazi dedicati per la gestione di un’attivitàpiù complessa e riservata.

La figura del consulente titoli tende a trasformarsi in quel-la di consulente globale nel momento in cui la banca per-cepisce l’opportunità di semplificare la gamma delle spe-cializzazioni operative e di realizzare il cross selling pun-tando sull’unificazione dell’attività di consulenza rivolta al-lo stesso tipo di cliente. La figura del consulente appareanche significativa per l’accoglimento della clientela che in-tende aprire con la banca un nuovo rapporto. In tal modoil numero degli specialisti di prodotto presso ogni sportel-lo si riduce, restando privilegiata la specializzazione persegmento.

Al consulente-privati si contrappone il consulente-aziende.La figura del consulente consente di ridurre il back officedello sportello nel momento in cui tale ruolo è in gradodi gestire i servizi dalla fase della loro richiesta al momen-to del loro perfezionamento (ciclo completo). Il consulentedispone di una workstation con un supporto informaticotramite la quale è in grado di gestire l’intera procedura delservizio. Si deve notare come queste figure professionali sitrovino a gestire portafogli molto numerosi di clienti, tenu-to conto che l’attivazione dei contatti è lasciata all’iniziativadel cliente e che i consulenti operano tipicamente all’inter-no dello sportello. La numerosità dei clienti non consentela personalizzazione e l’addetto cliente costituisce solo unpunto di riferimento.

Il futuro della rete tradizionale per il retail banking è legatoai servizi a maggiore valore aggiunto in rapporto ai mag-giori costi operativi della rete stessa. Ne deriva una mag-giore attenzione alla consulenza e ai servizi che richiedonouna maggiore personalizzazione nell’ambito, comunque, diuna definita gamma di prodotti. L’evoluzione dell’organiz-zazione degli sportelli evidenzia, dunque, il passaggio dalmodello della burocarazia meccanica a quello della buro-crazia professionale 18 con un effetto di snellimento, di con-

18 Secondo Mintzberg la burocrazia meccanica è un forma organizzativa in cui si trovanouna struttura direzionale e di supporto molto articolata, le tecnostruttura e gli staff disupporto sono focalizzati sul nucleo operativo; le unità sono di grandi dimensioni alivello operativo e di dimensioni minori nella linea intermedia. La Burocrazia profes-sionale è invece una soluzione organizzativa in cui si coniugano standardizzazione edecentramento, fondandosi su capacità e conoscenze dei professionisti del nucleo opera-tivo (standardizzazione delle capacità). Per approfondimenti si veda “La progettazionedell’organizzazione aziendale” di H. Mintzberg

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72 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

tenimento dei costi e di aumento della qualità del servizio.

• L’assetto direzionaleAnche a livello centrale la struttura è andata soggetta a sempli-ficazioni per effetto del decentramento delle attività operativee dell’assegnazione di maggiori autonomie decisionali presso larete territoriale. In tal modo i back office centrali si riducono, inparte assorbiti dalle posizioni di front office, in parte collocati inuna posizione intermedia (direzioni di area, sportelli, capogrup-po). A livello centrale un problema che deve essere affrontatoè quello del presidio dei sottosegmenti. L’area retail riguardasia le famiglie sia i piccoli operatori. Occorre quindi, definire“che cosa” è per la banca l’area retail e quali devono essere icriteri di sottosegmentazione. Una soluzione è quella di intro-durre la figura di responsabili di segmento con compiti di pre-sidio delle strategie di segmento. Tale approccio sottende unafilosofia di marketing differenziato. Indubbiamente la differenzi-azione è necessaria per affrontare, da un lato, le famiglie e, dal-l’altro, i piccoli operatori. I responsabili di segmento dipendonodirettamente dal capo della divisione retail. Nelle banche doveper le limitate dimensioni/diversificazione non è necessaria ladivisionalizzazione, la responsabilità della gestione dei segmentipuò essere assegnata alla direzione marketing.

I responsabili di segmento analizzano il mercato di riferimen-to, definiscono il portafoglio dei prodotti, gli approcci commer-ciali, le politiche di prezzo, quelle distributive e promozionali etengono sotto controllo l’andamento delle performance.

Ai responsabili di segmento può essere affidato il compito del co-ordinamento dei canali distributivi nel caso di una stretta corre-lazione canale-segmento. Qualora lo stesso segmento utilizzi piùcanali è probabile che sia necessario introdurre una logica matri-ciale che vede i responsabili di canale interagire con i responsabilidi segmento.

I responsabili di segmento possono avvalersi di product man-ager. Questi sono preposti all’attività di marketing di prodot-to (progettazione, implementazione e monitoring). L’aumentodella concorrenza e lo sviluppo di intermediari monoprodottoaccrescono l’attenzione delle banche universali al dettaglio nelpresidiare quei prodotti particolarmente significativi in terminidi margine di contribuzione. Il responsabile di prodotto deve sp-ingere l’innovazione, la differenziazione e la promozione, tenen-do sotto controllo l’efficacia e l’efficienza del canale o dei canalidistributivi.

• Le unità di produzione centraliL’accentramento di processi operativi al fine di realizzare economiedi scala determina la formazione di unità produttive collocabilisotto la supervisione dei responsabili di segmento o dei prod-uct manager: Ne deriva che la direzione retail tende a governaredirettamente taluni processi che vengono sottratti alla rete com-merciale. L’obiettivo dello snellimento dei processi spinge alla

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4.4 il retail banking 73

riduzione dei back office: la soluzione può essere o quella del-l’esternalizzazione (outsourcing) o quella dell’integrazione conil front office. La segmentazione della clientela-imprese tra pic-coli operatori e microimprese (retail) e grandi e medie imprese(corporate) spinge alla differenziazione dei processi di gestionedei rapporti, di valutazione dei rischi e di offerta dei prodotti.Nel caso dei piccoli operatori la valutazione dei crediti può es-sere affidata al credit scoring e alla valutazione delle garanzie(prestiti asset-based). Ne deriva una differenziazione tra chi va-luta il credito retail e chi valuta il credito corporate (basato sul-l’analisi strategico-finanziaria). Gli addetti alla clientela possonoavvalersi di nuclei di valutazione o affrontare essi stessi la valu-tazione. L’account officer deve essere messo in grado di svolgeredirettamente attività di consulenza ai piccoli operatori.

Ne deriva la necessità di disporre di supporti informativi alle de-cisioni, forniti con l’assistenza delle direzioni di segmento/prodot-to.

• La direzione di marketingParticolare criticità assume a livello centrale la funzione di mar-keting con riferimento alla gestione dei singoli prodotti. Lo svilup-po dei sistemi di self-service riduce i momenti di contatto conl’utenza: diventa di estrema importanza sviluppare canali dicomunicazione alternativi allo sportello per la promozione deinuovi servizi.

Essendo il retail banking essenzialmente un mercato di massa,anche se opportunamente segmentabile, gli strumenti classici dipromozione sono la pubblicità e il mailing. Nei confronti dicerti segmenti, come, per esempio, i commercianti o i profes-sionisti, che possono produrre significativi ritorni, può essereeconomicamente conveniente attivare azioni di personal selling(visite dirette) attraverso la figura dello sviluppatore. Nuclei disviluppo sono temporaneamente costituiti presso gli sportelli cherichiedono azioni di stimolo della propria clientela. Anche ilmarketing telefonico può essere uno strumento efficace.

L’ampia gamma dei prodotti che alimenta il retail banking, l’im-portanza della comunicazione di prodotto e della relativa pro-mozione, nonché la spinta alla differenziazione sono circostanzeche premono per l’introduzione della figura di product managerprima definita, la cui collocazione può avvenire nell’ambito delmarketing centrale o di direzioni di segmento in rapporto allacriticità che taluni segmenti possono assumere.

• Assetto di gruppoLo sviluppo del retail banking segue la strada del modello delgruppo bancario nel momento in cui la diversificazione produt-tiva avviene per linee esterne (acquisizione). Nell’ambito delmodello del gruppo (holding bancaria che controlla le società diprodotto), ogni società di prodotto (e.g. carta di credito, mutui,gestione titoli) può mantenere un’ampia autonomia dal punto divista del ciclo produttivo-distributivo e delle relazioni con l’uten-za. Per contro, la tendenza al decentramento operativo sulla rete

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74 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

degli sportelli provoca lo snellimento delle società di prodottoin rapporto alle attività decentrate (soprattutto distributive) sullarete degli sportelli della banca holding. La questione si pone intermini di rilevanza delle economie di scala e di scopo. A questoriguardo la figura del consulente globale consente di realizzarel’offerta unitaria dei servizi. Se l’orientamento strategico chepermea il retail banking è quello delle transazioni, trattandosidi prodotti standard, il modello della banca universale, basatosull’offerta coordinata e personalizzata dei servizi, non pare lasoluzione istituzionale più efficace: le economie di scopo pos-sono risultare strategicamente limitate. Di fatto nel retail bank-ing possano operare in modo competitivo intermediari special-izzati su singoli prodotti che fanno dello sviluppo delle dimen-sioni e delle competenze due armi molto forti nei confronti degliintermediari che gestiscono un dettaglio diversificato.

4.4.5 Le future sfide per il retail banking

La banca retail ha tradizionalmente basato la propria crescita sul-la diversificazione dei servizi e sull’utilizzo di una comune rete ter-ritoriale (sportelli tradizionali). Questo modello di fully integratedbank non ha prodotto risultati sempre soddisfacenti in quanto cias-cun prodotto non sempre riesce a sfruttare il potenziale di economiedi scala, mentre le economie di scopo, come si è accennato, risul-tano limitate. Vi sarebbero, quindi, elevate pressioni verso la ricercadi nuovi modelli strategici e organizzativi nell’area retail. Ne derivache la crescita dimensionale attraverso le concentrazione non sembracostituire una condizione sufficiente per migliorare l’efficienza19.

Le grandi banche italiane, che sono banche fondamentalmente al det-taglio, sono attualmente alle prese con il contenimento dei costi. La for-mazione di costi operativi in eccesso rispetto ai margini, che evidenziala necessità di procedere urgentemente a una riduzione degli organici,oltre a essere alimentata dallo sviluppo dell’automazione dei processi— che nel retail banking è un fattore non solo di efficienza ma anchedi qualità e di efficacia —, deriva da un restringimento del marginedi interesse a cui non si è accompagnato un adeguato aumento deiricavi da servizi. Il calo del margine di contribuzione complessivo ècorrelabile al fatto che l’attività retail ha registrato negli anni Novantauna profonda modificazione della domanda e dell’offerta di prodot-ti/servizi. La progressiva riduzione del fenomeno inflazionistico haelevato la propensione delle famiglie nei confronti del risparmio mobil-iare e ne è derivata una modificazione del comportamento finanziariodei risparmiatori, che hanno ridotto l’accumulazione del risparmio indepositi bancari e aumentato quella in valori mobiliari20. Ne è deriva-to un continuo e progressivo incremento della raccolta “indiretta” suquella “diretta” e, in particolare, del così detto “risparmio gestito” (ges-

19 I miglioramenti si possono produrre nei casi in cui la concentrazione riguardi bancheal dettaglio con reti di sportelli in buona parte sovrapponentisi con l’effetto, riducendoil numero degli sportelli, di poter produrre un aumento dei volumi intermediati persportello e un evidente risparmio di “costi di struttura” a livello direzionale

20 La continuità della validità di queste osservazioni sarà da verificarsi a valle dell’attualecrisi economica

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4.5 il corporate banking 75

tioni patrimoniali, fondi comuni, operazioni pronti contro termine).Negli anni Duemila la raccolta indiretta si è consolidata come un mul-tiplo della consistenza dei depositi bancari. Il nuovo mix produttivomodifica la struttura e il livello dei margini di contribuzione. L’attivitàdi intermediazione creditizia consente di beneficiare di un margine diinteresse unitario superiore ai ricavi unitari per commissioni prodottedai “servizi di investimento” e, in particolare, dai servizi di gestionedei portafogli mobiliari. Nel caso della clientela di massa i marginisono indubbiamente più alti delle medie ma le tendenze (tenuto con-to del mercato unico europeo) sono al ribasso. La rilevanza assuntadall’asset management mette in discussione le strategie competitive eorganizzative del retail banking. A parte il calo dell’attività di raccol-ta e impiego tradizionale, che implica l’adozione di modelli operativimeno costosi, il problema da affrontare è quello di gestire i “servizi diinvestimento” con riguardo sia alle politiche di offerta (quali servizi)sia alle logiche di segmentazione della clientela (quali clienti), sia aimodelli distributivi (come).

4.5 il corporate banking4.5.1 Definizione dell’attività

ll corporate banking riguarda l’offerta di servizi creditizi e finanziarialle imprese. Si tratta di un’area di affari che, alla luce dell’attuale fasedi trasformazione dell’economia e dei mercati, impone radicali cambi-amenti strategici. Lo scenario in cui le banche si trovano a operare ècaratterizzato da:

• un forte aumento del rischio di credito dovuto all’incrementodell’incertezza strutturale dell’economia;

• disintermediazione dell’attivo in seguito alla maggiore capacitàdi autofinanziamento delle imprese e alla possibilità di raccoglierefondi direttamente sul mercato dei capitali:

• aumento della sensibilità delle imprese per una finanza menocostosa, stabile e integrata con la strategia;

• richiesta di servizi innovativi di tipo non creditizio;

• forti pressioni competitive nei comparti più qualificati e rappre-sentati dal segmento delle imprese in crescita e più dinamiche

Dal lato delle banche si osserva un progressivo e preoccupante calodi performance del business e la difficoltà di fronteggiarlo nel breveperiodo. L’indebolimento dell’equilibrio economico è dovuto all’au-mento delle insolvenze, al calo del margine di interesse, alla presenzamarginale di ricavi da servizi. Si tratta di fattori che non possonoessere bilanciati facendo leva solo sulla riduzione dei costi (snellimen-ti operativi). Le banche devono, in realtà, intraprendere un processodi cambiamento basato sul ripensamento dell’offerta complessiva, delmodus operandi e dell’approccio al mercato.

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76 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

Ne deriva la conclusione che occorre un cambiamento radicale esoprattutto culturale che richiede tempi non brevi. Le banche che perprime affronteranno il processo di trasformazione saranno quelle chepotranno disporre alla fine di un vantaggio competitivo.

4.5.2 L’evoluzione dei modelli organizzativi del corporate banking

Possiamo distinguere 4 fasi caratterizzanti l’evoluzione del corpo-rate banker:

• Fase I: la funzione fidi21.Nelle strutture più semplici e poco diversificate la funzione diproduzione che opera nell’offerta dei servizi alle imprese è tipi-camente la “funzione fidi” che governa il sistema informativodi clientela a supporto della valutazione del rischio creditizio.La funzione di contatto si realizza presso le unità perifericheattraverso il ruolo dei direttori di filiale che svolgono compitipromozionali e di negoziazione.

• Fase II: delega della valutazione/controllo rischi alle filiali.Con il crescere delle dimensioni, la funzione fidi (Servizio crediti)delega alle filiali compiti di valutazione e di controllo dei rischi.In tal modo la filiale tende a diventare un’unita privilegiata nelrapporto con le imprese. Il servizio crediti si riserva la gestioneaccentrata dei grandi clienti e dei grandi fidi, con un effetto didifferenziazione organizzativa nel momento in cui i contatti ven-gono tenuti direttamente dal centro anche per quanto riguarda lecondizioni. Per i grandi clienti le filiali operano comunque comesupporto operativo-contabile.

• Fase IIIL’offerta di nuovi servizi alle imprese (fidi a medio termine, servizidi intermediazione mobiliare, leasing, factoring e cosi via) modi-fica la struttura organizzativa della banca, che si arricchisce dinuove unità di produzione. Queste nascono prevalentementecome unità centrali o come società controllate. A livello distribu-tivo i contatti vengono mantenuti essenzialmente dal direttore difiliale, che costituisce il tramite anche verso le nuove unità di pro-duzione. Queste, tuttavia, tendono a relazionarsi direttamentecon la clientela nel momento in cui si rende indispensabile il lorointervento a supporto delle filiali sia nell’attività promozionalesia in quella di assistenza/consulenza.

• Fase IVIn presenza di logiche competitive basate non solo sul prezzoma anche sulla qualità dei servizi e, soprattutto, sulla capacitàdi offrire un’assistenza integrata e personalizzata, la gestione deicontatti frazionata su più ruoli (centrali e periferici) si mostraincoerente.

Lo stesso ruolo di direttore di filiale può entrare in crisi, non es-sendo in grado, per il carico di lavoro complessivo, di gestire in

21 Detta anche funzione creditizia o servizio crediti

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4.5 il corporate banking 77

modo efficace la funzione “distributiva”. Il titolare di filiale haanche la responsabilità dell’amministrazione della propria unitàterritoriale e si trova a svolgere svariati compiti direttivi e opera-tivi.

La risposta a tale situazione è stata per molte Banche Americaneed Europee l’introduzione di ruoli di gestione della relazione.

Tra le soluzioni che prevedono la costituzione di un nuovo ruolotroviamo:

– Account executive: un solo funzionario, oppure un gruppocoordinato di funzionari, con il compito di seguire/gestireun singolo cliente.

– Corporate Banker: evoluzione dell’account executive, cheprevede l’unificazione di tutti i rapporti e una responsabilitàbasata sui risultati economici della relazione.

– Corporate Banker e Direttore filiale: soluzione intermediache implica il ricorso al corporate banker per i clienti direlazione “maggiori” e al direttore di filiale per i Clienticorporate più semplici

4.5.3 L’orientamento strategico alle relazioni

In Italia uno dei principali problemi nella gestione creditizia delcliente corporate è la prassi del pluriaffidamento 22 in quanto:

• l’eccessiva frammentazione dei fidi non favorisce da parte diogni banca finanziatrice la valutazione approfondita del meritocreditizio

• determina una sostanziale perdita del controllo del rischio dicredito

• il fenomeno è amplificato

Il superamento del multiaffidamento risiede nelle relazioni preferen-ziali, le quali implicano un più elevato rapporto tra fabbisogno fi-nanziario dell’impresa e credito concesso. L’offerta di un’assistenzaarticolata (mix di servizi creditizi e finanziari) basata su una relazioneconsulenziale e di lungo periodo, rende possibile una conoscenza ap-profondita dell’impresa da parte della banca con un effetto di maggiorcomprensione e compressione dei rischi.

L’orientamento della banca a sviluppare con le imprese clienti unarelazione di lungo periodo, imperniata sull’offerta di un’ampia gammadi servizi, rappresenta una strategia competitiva che punta sia alladifferenziazione sia al contenimento dei costi.

Il cliente si trova a beneficiare di un’assistenza globale e integra-ta con minori costi di transazione rispetto allo shopping around, che

22 Il pluriaffidamento è la pratica diffusa nelle aziende Italiane di utilizzare più intermedi-ari per la gestione aziendale: spesso il fine ultimo non è la riduzione del rischio ottenutodalla diversificazione degli intermediari “fornitori” ma il moltiplicare il numero degliaffidamenti potenzialmente richiedibili; in questo modo si riduce, a parità di fabbisognocomplessivo, il valor medio dell’affidamento richiesto al singolo intermediario che, per-cependo un minor rischio, tende a ridurre gli ostacoli all’erogazione del fido. L’effettoimmediato è l’aumento del rischio complessivo a livello di sistema.

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78 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

comporta una molteplicità di fornitori e maggiori oneri amministrativi.La relazione favorisce la personalizzazione dei servizi e la riduzionedel comportamento opportunistico dell’offerta, nel presupposto che labanca tenda a conservare e sviluppare nel tempo la relazione.

Il cliente viene a essere, in sostanza, garantito nell’acquisto di nuoviprodotti dalla “banca di relazione”, dal fatto che questa è interessata amantenere alta la customer satisfaction per favorire l’ulteriore sviluppodel cross selling.

L’approccio alle relazioni rappresenta un’efficace modalità compet-itiva se la clientela ne percepisce pienamente i vantaggi impliciti edè consapevole degli effetti positivi che ne discendono. Questo aspet-to non deve essere dato per scontato, tenuto conto della cultura fi-nanziaria delle imprese italiane, abituate a rapporti bancari qualificatida logiche di contrapposizione e orientati al breve. Si tratta di un ap-proccio che implica preliminarmente la segmentazione della domandaanche perché la relazione onde risultare vantaggiosa per la banca deveriguardare una clientela con una combinazione rendimento/rischioaccettabile.

L’orientamento alle relazioni sottende l’obiettivo della banca di pro-porsi alla clientela come main bank: questo permette alla banca dicontenere il costo informativo del Cliente se rapportato al numerodi prodotti offerti. In definitiva il customer relationship banking sibasa sulla fidelizzazione della clientela-imprese attraverso un’offertaglobale e integrata di servizi creditizi e finanziari che consente:

• economie informative

• maggiore trasparenza

• maggiore efficacia nella gestione dei rischi

L’offerta tipica di servizi è costituita da:

• cash management

• servizi di credito a breve e a medio/lungo termine

• servizi di gestione del capitale (capital market)

• assistenza nell’accesso diretto al mercato finanziario

• sostegno nei processi di capitalizzazione

La segmentazione della domanda avviene tipicamente su due criteri:

• dimensioni

• fase del ciclo di vita

Tabella 4: Segmentazione per il customer relationship banking

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4.5 il corporate banking 79

La matrice tipica si configura come nella tabella sottostante.In generale il rapporto di crb tende ad essere più interessante per

ambo le parti nella fase di sviluppo in quanto

• per la banca il rischio è relativamente alto ma esiste la possibilitàdi impostare una relazione profittevole di lungo periodo

• per il cliente c’è la necessità di potersi affidare ad un’unica entitàche salvaguardi le logiche strategiche dell’azienda e consenta difocalizzarsi sul core business

4.5.4 Il ruolo di corporate banker

Sul piano organizzativo le difficoltà maggiori risiedono nella real-izzazione della figura professionale di corporate banker come ruolopreposto alla gestione unitaria della relazione. Si tratta di una figuraessenziale della gestione delle relazioni da tempo diffusa nei sistemibancari esteri che assume denominazioni diverse che possono anchesottendere profili operativi difformi: responsabile di clientela-imprese,account imprese, client relationship manager. Si tratta di una figuraprofessionale innovativa per il sistema bancario italiano e la sua intro-duzione ha implicato significative modifiche non solo strutturali maanche di funzionamento dei processi operativi.

I vantaggi per le imprese sono evidenti:

• Unico riferimento all’interno della Banca

• Possibilità di fruire di servizi di credito personalizzati

• Avere accesso al credito a tassi di interesse mediamente inferiori

• Assistenza e accesso al credito anche in periodo di crisi

Per la Banca i vantaggi sono:

• Riduzione del rischio dovuto ad una migliore qualità e com-pletezza delle informazioni sul Cliente e sui suoi stakeholders

• Possibilità di cross selling

Il corporate banker è una figura professionale che assomma in sécompetenze tecniche di tipo finanziario, commerciale e relazionale:questo mix di competenze consente di rispondere all’esigenza dellagestione unitaria e globale del cliente.

Il corporate Banker deve saper padroneggiare le tecniche di anal-isi per esaminare la problematica finanziaria del cliente, per la valu-tazione dei crediti e dei rischi, per l’identificazione delle forme di as-sistenza più coerenti con i problemi del cliente e per la gestione dellecondizioni di prezzo.

Al crescere della complessità dei problemi finanziari che il corpo-rate banker si trova ad affrontare, si eleva il grado delle competenzerichieste. Il particolare ruolo che si trova a svolgere (conduttore, coor-dinatore, facilitatore, penetratore) evidenzia l’opportunità di realizzarequalche forma di specializzazione.

In particolare per la valutazione dei fidi si prospetta la possibilità diintrodurre la figura di analista finanziario. In tal modo, il corporate

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80 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

banker può prestare maggiore attenzione alle relazioni intensificandoi contatti con la clientela e l’azione commerciale.

Infatti le valutazioni strategiche e finanziarie richiedono un’istrut-toria articolata che è particolarmente impegnativa nella fase di elab-orazione e sistematizzazione delle informazioni; il lavoro in team fa-vorisce un confronto che stimola l’approfondimento dell’analisi e laqualità della valutazione.

Nell’attività consulenziale e di perfezionamento delle operazioni di-venta anche necessario l’intervento di specialisti di prodotto su te-mi quali finanza mobiliare, finanza straordinaria, forme innovative dicredito e strumenti di pagamento.

Il fatto fondamentale è che l’intervento degli specialisti rimane sem-pre mediato dal responsabile della relazione.

Figura 5: Il modello più complesso di corporate relationship

È facile intuire che il corporate banker, quale ruolo complesso, puòessere giocato con diverse sfumature sulla base della complessità delleesigenze del Cliente: gli estremi dello spettro sono rappresentati dalcorporate banker che da solo riesce a rispondere in autonomia allerichieste (semplici) del proprio Cliente e, all’estremo opposto, il Cor-porate Banker quale team leader e puro gestore della relazione.

4.5.5 I compiti del corporate banker

Si individuano cinque principali momenti:

• Valutazione del potenziale e acquisizione della relazione

– Visita presso l’impresa e azione di acquisizione

– Identificazione dei bisogni creditizi e finanziari del cliente

– Raccolta di informazioni su|l’azione della concorrenza eindividuazione del potenziale di sviluppo della relazione

– Presentazione e offerta dei servizi della banca

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4.5 il corporate banking 81

• Valutazione del merito creditizio

– Analisi del rischio di credito

– Valutazione del fido globale accordabile

• Definizione degli interventi di assistenza creditizia e finanziaria

– Progettazione delle modalità di assistenza finanziaria

– Coordinamento degli specialisti

– Simulazioni e definizione delle operazioni

• Gestione dei prezzi

– Negoziazione di prezzi e condizioni

• Monitoring della relazione

– Gestione della relazione e cross-selling

– Controllo e gestione della customer satisfaction

– Controllo del rischio creditizio

– Controllo della redditività della relazione

Nel complesso essi danno vita alla gestione unitaria della relazionela cui efficacia è influenzata dalla condotta del corporate banker neisingoli momenti.

La sequenza ideale implica una logica di tipo ricorsivo e circolare.L’attività di monitoring offre elementi per la gestione dei prezzi, la re-visione del fido accordato e la gestione dell’offerta dei servizi; ma ognisingola fase può generare indicazioni per le altre: dall’analisi del ris-chio creditizio, che comporta la valutazione strategica e finanziaria del-l’impresa cliente, derivano indicazioni utili per l’individuazione di pos-sibili interventi di finanza straordinaria e per l’attività di consulenzain materia fiscale e strategica. L’intervento degli specialisti di prodottonella fase di definizione degli interventi di assistenza finanziaria puòfavorire l’identificazione di nuove opportunità per lo sviluppo della re-lazione. La raccolta di informazioni sul comportamento delle bancheconcorrenti di cui l’impresa cliente si serve, ottenuta attraverso l’at-tività di relazione con il cliente, è un canale importante per il mon-itoraggio della customer satisfaction e per guidare la gestione dellarelazione

4.5.6 Processi gestiti dal corporate banker

L’analisi svolta evidenzia la centralità del ruolo del corporate bankernell’attuazione dell’orientamento strategico alle relazioni con la clien-tela delle imprese e l’importanza di una corretta progettazione di taleruolo. Se le banche italiane intendono perseguire tale orientamento,l’introduzione del corporate banker rappresenta un momento fonda-mentale per innescare il cambiamento e rendere possibile il nuovoapproccio.

Attorno a questa figura si sviluppano una serie di implicazioni cheimpongono una trasformazione organizzativa di più ampi portata chesi estende su diversi piani implicando la revisione della rete distributi-va, delle strutture specialistiche di supporto del sistema di valutazione

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82 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

dei rischi, del sistema informativo di marketing e del sistema di con-trollo di gestione.

Proprio perché il cambiamento interessa un’ampia serie di proces-si operativi, l’orientamento alle relazioni impone la differenziazionedell’organizzazione che presidia tale strategia; ne segue un impattoanche sulla macrostruttura della banca sollecitata ad assumere il mod-ello divisionale. Il cambiamento impone modifiche rilevanti dei ruolitradizionali sia periferici sia centrali in quanto:

• a livello periferico viene meno il ruolo di direttore di sportello edi settorista fidi nella gestione delle relazioni di clientela.

• a livello centrale l’attività complessiva deve essere guidata daun’apposita direzione preposta al coordinamento della rete deicorporate banker

I processi gestiti dal corporate banker e le maggiori differenze rispet-to ai modelli precedenti sono:

• Gestione della relazioneNei modelli tradizionali la relazione è tenuta da una pluralità diruoli: il titolare di filiale i settoristi, gli specialisti di prodotto, iresponsabili dei tassi e delle condizioni.

Ciò provoca il frazionamento dei contatti, difficoltà di coordina-mento della relazione, duplicazioni dei sistemi informativi sulcliente, un eccessivo carico di lavoro del titolare di filiale qualo-ra costituisca l’interlocutore privilegiato. Il ruolo di responsabiledi cliente favorisce l’unificazione della gestione della relazionemigliorandone la qualità e riducendo i costi operativi.

• ValutazioneNei modelli tradizionali una pluralità di interlocutori si osservaanche per quanto riguarda il processo di valutazione del credito.Ciò per effetto della differenziazione delle unità operative chepresidiano le varie linee di credito e delle autonomie deliberativeassegnate agli organi centrali e periferici. Ne deriva la moltipli-cazione dei processi di valutazione e uno scarso apprezzamen-to del rischio complessivo. Un’attenzione circoscritta al rischiocreditizio non favorisce la comprensione della potenzialità del-la domanda anche per quanto riguarda gli altri servizi offribili.Il ruolo di analista finanziario “globale” consente l’unificazionedella valutazione e la formazione di una base di dati comunesul cliente. Anche qui sono evidenti gli effetti sulla qualità dellarelazione e l’effetto riduttivo dei costi (economie informative)

• Offerta dei prodottiIn presenza di una pluralità di ruoli di contatto risulta difficileconfigurare un’offerta coordinata dei servizi e tende ad affermar-si l’orientamento al prodotto. Quest’ultimo risulta enfatizzatoqualora con il cliente si relazionino gli specialisti di back office(operatori di mercato). Ne può derivare un indebolimento del-l’azione commerciale: infatti una forte focalizzazione sugli as-petti tecnici rischia di risolversi in una penalizzazione dell’as-colto del cliente e della comprensione dei suoi bisogni comp-

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4.6 il caso unicredit group 83

lessivi. Il modello incentrato sul corporate banker che coordina i“consulenti di prodotto” consente di superare questi problemi.

• Controllo delle performanceUno dei punti di forza del nuovo modello centrato sulla figuradel responsabile di cliente come sua interfaccia unica è costituitodalla possibilità di attuare un controllo globale dell’andamentoeconomico della relazione. Ciò presuppone che il responsabiledi cliente disponga di un sistema informativo di controllo dellaperformance della relazione e di autonomia nella negoziazionedi tassi e condizioni. Il nuovo modello consente di superare iproblemi e le disfunzioni che si accompagnano al frazionamentodei controlli e all’assenza di un vero e proprio responsabile dellarelazione globale. L’asse portante del controllo è rappresentatodal sistema informativo “sul cliente” nel quale devono confluiretutte le informazioni necessarie per il monitoraggio.

4.6 il caso unicredit groupA conclusione degli elementi organizzativi delineati in questo capi-

tolo, riteniamo interessante proporre alcuni elementi significativi del-l’evoluzione di UniCredit negli ultimi anni.

4.6.1 Elementi del suo sviluppo

• UniCredit nasce dall’unione di 7 grandi realtà bancarie radicateprofondamente sul territorio italiano:

– Credito Italiano,

– Rolo Banca,

– Cariverona,

– Cassa di Risparmio di Torino,

– Cassamarca,

– Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto,

– Cassa di Risparmio di Trieste.

• Il percorso evolutivo in Italia si snoda lungo le seguenti tappestoriche:

– 1998: Credito Italiano e Rolo Banca 1473 si aggregano conCariverona, Cassa di Risparmio di Torino e Cassamarca

– 1999: Il Gruppo aggrega anche la Cassa di Risparmio diTrento e Rovereto e la Cassa di Risparmio di Trieste

– 2007: fusione di Capitalia in Unicredit

• Il percorso evolutivo in Europa Centrale e orientale si snodalungo le seguenti tappe storiche

– 1999: acquisizione del controllo di Bank Pekao.

– 2000: entrano

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84 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

* la slovacca Polnobanca ora UniBanka,

* la principale banca bulgara Bulbank,

* la croata Splitska Banka (ceduta a Bank Austria nel-l’aprile 2002)

* con l’acquisizione della divisione Global Investment Man-agement da parte della Pioneer di Boston, si costituiscePioneer Global Asset Management

* la più grande banca della Croazia Zagrebacka Banka

* Demirbank Romania ora UniCredit Romania: banca ru-mena focalizzata sul segmento corporate,

* una delle principali banche commerciali della Repubbli-ca Ceca, Zivnostenska banka

* raggiunto accordo con il Gruppo Koc in Turchia, unodei maggiori gruppi privati del paese, per una partner-ship paritetica nei servizi bancari e finanziari.

4.6.2 Elementi della sua progettazione organizzativa

• 2001: Nascono le 4 divisioni a seguito di un articolato proget-to di riorganizzazione approvato nel 2001 e denominato S3 (3segmenti) che ha portato all’assetto organizzativo strutturato in:

– Retail,

– Corporate,

– Private & Asset Management

– New Europe

Alle prime tre fanno capo rispettivamente le tre nuove banchespecializzate per segmento di clientela. In particolare:

– UniCredit Banca è rivolta alle famiglie e alle piccole imp-rese,

– UniCredit Banca d’Impresa alle medie e grandi aziende egli enti

– UniCredit Private Banking è dedicata a persone e famigliecon importanti patrimoni

• 2004: Istituzione delle quinta Divisione23, denominata GlobalBanking Services, con la responsabilità di ottimizzare le strut-ture di costo ed i processi interni al Gruppo garantendo ulteriorisinergie e risparmi

• 2005: Nascita del Gruppo UniCredit come effetto della fusionetra UniCredit e la banca Hypo-Vereinsbank (Hvb). La fusioneè strutturata attraverso uno scambio di azioni tra la banca mi-lanese e quella bavarese: 5 azioni per ognuna di Hvb. L’acquistodel 100% del gruppo di Monaco vale 15,4 miliardi. Il numerouno di Hvb, Dieter Rampl diventa il presidente del nuovo grup-po mentre Alessandro Profumo, giù amministratore delegato di

23 In seguito alla delibera del Consiglio di Amministrazione del 22 luglio 2004

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4.6 il caso unicredit group 85

Unicredit, ricopre il ruolo di ad del gruppo. Il nome del nuovoistituto bancario rimane Unicredit.

Unicredit e HVB insieme costituiscono una forza nuova nel set-tore bancario europeo, con

– 28 milioni di clienti in 19 paesi

– oltre 7.000 sportelli

– 140.000 dipendenti circa

Il Gruppo è posizionato al primo posto in Austria e al secondoin Italia e Germania. Il nuovo Gruppo è uno dei leader nell’Eu-ropa Centro-Orientale e l’impegno in questa regione permette aUniCredit di offrire un importante contributo alla nascita e allosviluppo dei mercati bancari qui presenti. E’ leader in Polonia,Bulgaria e Croazia, e si colloca tra i primi tre o i primi cinquegruppi bancari in Bosnia, Turchia, Slovacchia, Serbia, Romaniae Repubblica Ceca. Vanta inoltre una presenza significativa inRussia, Ucraina, Ungheria, Slovenia e nelle Repubbliche Baltiche

4.6.3 La struttura

Alla luce di quanto sopra esposto la configurazione complessiva puòessere così illustrata:

Figura 6: UniCredit: l’esito delle acquisizioni/accordi

Lo schema logico delle divisioni è quindi così configurato:La logica dell’organigramma della Capogruppo è la seguente:

4.6.4 La fusione di Capitalia in Unicredit

Il 1ºOttobre 2007 ha avuto efficacia la fusione di Capitalia in Uni-credit. L’operazione ha dato vita ad uno dei maggiori gruppi bancari

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86 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

Figura 7: UniCredit: Schema logico delle Divisioni

Figura 8: UniCredit: Organigramma della Capogruppo

del mondo con:

• 40 milioni di clienti,

• oltre 9000 filiali,

• presenza in 23 paesi

• 170.000 dipendenti.

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4.6 il caso unicredit group 87

Con la fusione di UniCredit-Capitalia è stata creata la più grandebanca dell’eurozona e l’ottava banca nel mondo per capitalizzazionedi mercato.

Unicredit Group può ora contare su:

• una rete di distribuzione capillare sul territorio nazionale conlimitate sovrapposizioni;

• un rafforzamento della presenza in aree ad elevato potenziale dicrescita nelle quali la penetrazione del Gruppo è stata in passatolimitata;

• una combinazione di brand ampiamente riconosciuti quali Uni-Credit Banca, Banca di Roma e Banco di Sicilia;

• un rafforzamento della posizione di UniCredit Group sul terri-torio nazionale in segmenti interessanti come il credito al con-sumo, il leasing, il factoring e l’asset gathering, incrementando ibusiness globali quali il risparmio gestito e l’investment banking

• la creazione di una banca Pan-Europea con una distribuzione ge-ografica ben bilanciata e 4 mercati core (Italia, Germania, Austriae cee);

Con la fusione di UniCredit-Capitalia è stata creata la più grandebanca dell’eurozona e l’ottava banca nel mondo per capitalizzazionedi mercato.

4.6.5 Il Modello di Business

UniCredit ha adottato un modello di business di tipo divisionale persfruttare al meglio le potenzialità offerte dalla propria struttura a retee per cogliere più efficacemente le opportunità di crescita. Il model-lo si fonda sulla segmentazione dei bisogni dei clienti e sullo svilup-po di prodotti globali per questi segmenti attribuendo alle banche lo-cali il fondamentale ruolo di costruzione della rete distributiva e dellemodalità di relazione con i clienti.

Gli elementi principali su cui si basa il modello sono rappresentatidalla:

• individuazione di chiare linee di business, quali retail, corporate,private, investment banking e asset management;

• realizzazione di fabbriche di prodotto specializzate, quali

• credito al consumo, mutui e leasing, in grado di sfruttare su

• scala globale le potenzialità insite in tali business;

• centralizzazione dei servizi di supporto, quali ict ed attività diback office, così da supportare al meglio l’operatività quotidianadi tutte le divisioni

• Il gruppo ha deciso di seguire un approccio multi-locale per es-sere riconosciuto come palyer domestico in ognuno dei mercatiin cui esso è presente, prestando grande attenzione al valore delradicamento nelle comunità locali

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88 le dinamiche evolutive dell’organizzazione delle banche

Figura 9: UniCredit: Segmentazione e organizzazione

• Al fine di migliorare il conseguimento di sinergie tra divisioni,aumentare la velocità di implementazione dei modelli di servizioe favorire la continua innovazione il Gruppo ha deciso di adottareuna struttura organizzativa espressa in tre aree gestionali, affi-date a 3 Deputy ceo, al cui interno sono state ricondotte le di-visioni che operano su business contigui. La scelta di questaarchitettura è finalizzata ad estendere ulteriormente il modellodivisionale e a favorire l’introduzione dei prodotti globali delGruppo in tutti i paesi in cui UniCredit opera, oltre a migliorareulteriormente l’armonizzazione dei servizi a supporto di tutte ledivisioni. In particolare le logiche delle nomine24 sono:

– un Deputy ceo con responsabilità sulle Divisioni Markets &Investment Banking, Corporate Banking e Private Banking

24 La comunicazione di Unicredit Group è del luglio 2007

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4.6 il caso unicredit group 89

– un Deputy ceo per le funzioni di Global Banking Services,così come per gli Affari Legali

– un Deputy ceo con responsabilità sulle Divisioni Retail, cee

e Poland Markets.

• I Deputy ceo hanno il compito di sostenere l’AD nell’attuazionedel modello divisionale attraverso le differenti aree geografiche enell’esecuzione della strategia di Gruppo per le diverse linee dibusiness.

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5 L A S P E S A I C T N E L S E T TO R EB A N C A R I O E L E P R I O R I TÀ 2 0 0 9 – 1 0

indice5.1 La spesa in ICT delle Banche Italiane 895.2 Spesa ICT: la vista per processi 90

5.2.1 Processi Direzionali 91

5.2.2 Processi Marketing, Commerciali e Customer Service 93

5.2.3 Processi fondamentali (Operations) 94

5.2.4 Processi a supporto 99

5.3 Le priorità ICT per il 2009 1055.3.1 La prima sintesi 106

5.1 la spesa in ict delle banche italianeLa tradizionale scomposizione di abilab1 della spesa ict del settore

bancario italiano si articola in2:

• Servizi di elaborazione da società del gruppo

• Banche dati e reti a valore aggiunto

• Spese telefoniche e trasmissione dati

• Servizi di elaborazione da società esterne al gruppo

• Servizi da terzi: servizi professionali

• Software

• Hardware

Alcune osservazioni (con riferimento alla dinamica 2006’2007):

1 Molti dei dati riportati in questo capitolo fanno riferimento al report 2009 intitolato “Sce-nario e trend del mercato ICT per il settore Bancario”. Dal sito www.abilab.it si rileva che“abi lab è il Centro di Ricerca e Sviluppo delle Tecnologie per la Banca promosso dal-l’Associazione Bancaria Italiana in un’ottica di cooperazione tra banche e intermediarifinanziari, partner tecnologici e Istituzioni. Inizialmente sviluppatosi come un progettonell’ambito del Settore Tecnologie e Sicurezza dell’abi, abi lab si è costituito nel 2002

sotto forma di Consorzio e si è affermato oggi come polo di ricerca e formazione sulletecnologie per la banca. Il Consorzio si propone come strumento operativo di supportoall’interpretazione dei vantaggi derivanti dall’uso delle tecnologie, per l’ottimizzazionedei processi interni e la predisposizione di nuovi prodotti e servizi per la clientela, dicui le banche possano avvalersi in autonomia, nella piena salvaguardia dell’ambito com-petitivo. Promuove e coordina diverse attività di ricerca, che si svolgono in un contestodi incontro e confronto tra 150 banche e 70 partner tecnologici consorziati.”

2 Spesa ict comprensiva degli investimenti effettuati nell’anno ma priva dei trascinamentidelle quote ammortamento sugli investimenti effettuati negli anni precedenti

91

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92 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

Tabella 5: Scomposizione spesa ict (fonte abilab)

• Gli incrementi registrati sui servizi di elaborazione sono legatialle operazioni di integrazione post fusione che hanno visto ilrafforzamento/costituzione di società strumentali di gruppo persostenere il processo di concentrazione

• La crescita della spesa nel comparto HW è legata a:

– Sostituzione degli attuali dispositivi con atm evoluti

– Investimenti per sostenere le basi informative richieste daidiversi interventi di compliance

• SW e TLC sono rimasti sostanzialmente stabili

Per quanto attiene il 2008 e il 2009 si riportano integralmente le ipotesie osservazioni di abi lab:

Per quanto riguarda il 2008, non si ritiene che gli effetti dellacrisi economica abbiano influenzato le implementazioni in corso,mantenendo pertanto invariate le stime di leggera crescita (+3%)dei budget ict formulate a inizio 2008. Viceversa, il 2009 vedràuna forte rifocalizzazione delle iniziative ict con un maggior pe-so dei progetti volti al conseguimento di efficienze e contenimen-to di costi. Da una rilevazione effettuata da abi lab a febbraio2009, emerge che il 65% delle banche rispondenti non prevedeuna riduzione del budget ict per il 2009, mentre il restante35% lavorerà a budget decrescente. È possibile affermare che lacrisi economica abbia portato ad adottare in questi mesi una con-cezione dell’ict come leva per conseguire in vari settori aziendaliriduzioni di costo e miglioramento dei processi in ottica di effi-cacia e quindi come ambito potenzialmente in grado di portarebenefici in linea con le esigenze del momento.

Vale la pena osservare che, alla luce degli andamenti macroeconomi-ci che hanno caratterizzato il 2008 e la prima metà del 2009, sembr-erebbe che gli effetti della crisi in corso siano stati ben più rilevanti diquanto ipotizzato da varie fonti alla fine del 2008: in altri termini leconclusioni sopra riportate sembrerebbero oltremodo ottimistiche. Inparticolare nel ns. comparto si sta assistendo ad un fenomeno sistem-atico di richiesta di rinegoziazione di contratti, anche di recente firma,con il solo obiettivo, ceteris paribus, di ridurne il costo.

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5.2 spesa ict: la vista per processi 93

5.2 spesa ict: la vista per processiCon riferimento alla classica scomposizione per processi in ambito

bancario, la tabella seguente esprime la ripartizione della spesa IT nel2007 rilevata dai dati relativi a 20 gruppi bancari

Tabella 6: Scomposizione della spesa per processi (fonte abilab)

La tassonomia qui utilizzata è quella definita da abi lab (©abi lab).Per il corrispondente modello funzionale, che evidenzia le macroareefunzionali e istanzia la tassonomia di primo livello di cui sopra, si puòfar riferimento alla figura seguente

Figura 10: Modello funzionale: le macroaree tipiche in ambito Bancario (fonteabilab, ©abi lab)

5.2.1 Processi Direzionali

In termini di contenuti:

• Tassonomia processi direzionali:

– Controllo di gestione, allocazione delle risorse, definizionedel budget, pianificazone strategica, gestione del rischio,gestione controlli interni, gestione compliance, comunicazioneinterna, relazioni verso l’esterno

• Priorità:

– Risk Management (driver normativo - compliance vs. Basilea,cosiddetto secondo “pilastro” del Nuovo Accordo sul Capi-tale)

* Misurazione e Aggregazione rischi

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94 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

Tabella 7: Ripartizione della spesa sulle differenti voci di compliance (fonteabilab)

* Pianificazione e gestione del Capitale

– Business Process Reengineering

* Mappatura dei processi aziendali

· Driver informativo/efficienza: miglioramento conoscen-za funzionamento aziendale per individuare azioniper rendere efficiente il sistema

· driver normativo:orientamento per processi imposto da leggi quali262/2005, cosiddetta Legge sul Risparmio3 , Nor-mativa sulla Business Continuity Istruzioni bancad’Italia sui controlli interni

– Compliance

* Implementazione organizzativa della nuova “funzionedi Compliance”4 (driver normativo, Disposizione di Ban-ca d’Italia del Luglio 2007)

• Opportunità

– Nell’ambito della gestione integrata del rischio una survayibm mostra l’importanza attribuita dai manager bancari al

3 La Legge sul Risparmio (n. 262/2005) ha un forte impatto sull’operato e sulle respon-sabilità del Dirigente Preposto (dp) al quale viene assegnato un ruolo importante nel-l’esercizio di controllo amministrativo e contabile e responsabilità più severe rispetto aquelle esistenti. Il terzo comma dell’art. 154-bis recita: “Il DP alla redazione dei docu-menti contabili societari predispone adeguate procedure amministrative e contabili perla formazione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonchédi ogni altra comunicazione di carattere finanziario” I processi di financial reporting(budget, chiusure e consolidamento dei dati) dovranno essere gestiti con il supporto disistemi informativi (erp e cpm) in cui definire le regole e i modelli, il set di report daprodurre, gli utenti coinvolti, i loro ruoli e i controlli ex-post sulle transazioni effettuatePer esemplificarne la complessità si tenga presente che il monitoring delle compliancerichieste richiede la gestione per ciascun step di processo il rischio associato, l’associ-azione delle procedure di controllo a ciascun rischio identificato, l’elaborazione del setdi report sui controlli effettuati, la gestione dello storico delle verifiche, la gestione delladocumentazione correlata ai controlli

4 La disciplina sulla compliance ha reso obbligatoria per tutte le banche l’istituzione diuna nuova funzione di controllo, che opera seguendo principi e tecniche proprie dellagestione dei rischi e contribuisce ad assicurare la conformità a tutte le normative rilevan-ti. Il maggiore impegno in tal senso è relativo alla strutturazione di tale funzione e allemodalità di integrazione nel complessivo sistema dei controlli.

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5.2 spesa ict: la vista per processi 95

tema “Infrastrutture e integrazione dei sistemi di gestionedell’informazione”

– bpr

* sistemi a supporto per l’analisi dei processi (tipicamentedipartimentali)

* Coinvolgimento parziale dei sistemi informativi5

5.2.2 Processi Marketing, Commerciali e Customer Service

I fenomeni di mercato e di Marketing6 maggiormente rilevanti perle Banche sono:

• Riduzione della fidelizzazione della Clientela

– Cause

* Maggiore competizione del sistema Bancario

* Maggiore disponibilità da parte del Cliente finale (retail(mass + affluent) e small business) a cambiare banca

* Riduzione della fiducia nel sistema bancario anche avalle di fenomeni eccezionali (Parmalat, Cirio, Argenti-na) o riconducibili alla crisi economica complessiva

– (Re)Azioni bancarie

* Miglioramento del rapporto con la clientela

* Utilizzo efficiente dei canali innovativi

* Qualità del servizio

* Rivisitazione listino prodotti

* Ricerca del contatto diretto con il Cliente. In partico-lare ben l’83% dei Call Center inbound sono utilizzatiper azioni di outbound, i.e. per contatti proattivi conla clientela (promozione commerciale, diffusione infor-mazioni, sondaggi, risveglio clientela inattiva, alerting7)

• Presenza di “nuovi” target rilevanti di mercato

– Giovani con considerevole attitudine all’utilizzo delle nuovetecnologie

– Immigrati

– Internet people

• Maggiore propensione al self-service specie se collegato ad unbasso pricing dei servizi

• Opportunità

5 possibile indicazione che ci sono spazi per forniture alternative6 Nella mappatura funzionale (cfr. Figura “Modello funzionale: le macroaree tipiche in

ambito Bancario”) è evidente che la funzione marketing si articola in una parte rilevantestrategica, facente parte dei processi direzionali, ed in una operativa focalizzata suldettaglio del prodotto Bancario.

7 Per le campagne commerciali si è verificata una efficacia di chiamata del 22%: la chiama-ta si intende efficace quando ha generato un appuntamento in filiale per approfondire iltema oggetto di conversazione

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– Innovazione dei canali

* Face2face

* A distanza: Internet8, Mobile Banking

– Focalizzazione del canale tradizionale (filiale) verso attivitàdi consulenza e vendita di prodotti finanziari

– Rinnovamento della filiale bancaria 9

5.2.3 Processi fondamentali (Operations)

Sono i processi di gestione dei servizi bancari tipici, quali la ges-tione conto corrente e la gestione deposito titoli, e accessori; in questacategoria sono anche ricompresi credito, finanza, incassi e pagamenti.La ripartizione dei costi sulle aree operative è descritta nella tabellaseguente

Tabella 8: Ripartizione costi ict per grandi Aree operative (abi-cipa, 2007, datidi 20 gruppi)

Seguono alcune considerazioni specifiche per Area

8 Internet Banking: diffusione del 92%, 12,2 Mln di conti nel 2007, 28% dei quali haeffettuato almeno 1 operazione. Dati che dimostrano l’accresciuta fiducia nel sistemaInternet: 43% dei conti hanno effettuato almeno 1 operazione di pagamento, il valormedio del bonifico è passato da 1500 e(dato 2006) a 1944 e(dato 2007). I dati vannovalutati anche sulla base di effetti normativi (e.g. obbligo pagamento via bonifico delmodello di tassazione F24)

9 L’attenzione delle Banche per questo tema è testimoniata dallo specifico Concorso Inter-nazionale di Design, organizzato nell’ambito del “Torino World Design Capital 2008”, icui risultati, integrati con le esperienze correnti in ambito Bancario, hanno evidenziato iseguenti bisogni da soddisfare

* la semplificazione dell’esperienza del cliente in filiale;

* la sua corretta e completa informazione attraverso diversi supporti e tecnologie;

* la soddisfazione delle sue diverse esigenze (velocità dell’operazione di routine opiena disponibilità e accuratezza nella consulenza) in un ambiente avvolgente econfortevole;

* la massimizzazione dell’interattività fra cliente ed operatore bancario;

* l’integrazione della filiale con l’ambiente esterno;

* attiva partecipazione della filiale alla vita della comunità di appartenenza

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5.2 spesa ict: la vista per processi 97

Clerical operations

• Gestione documentale10

I processi di lavoro delle banche sono tradizionalmente paperintensive, soprattutto per quanto riguarda le attività di sportello.L’elevata produzione di documenti cartacei impatta su numerosevoci di costo, come la gestione logistica della carta (dalle filialial back office ai centri di stoccaggio), la sua conservazione, laricerca di particolari documenti all’interno degli archivi e, infine,scaduti i termini di conservazione, la sua distruzione.

L’automatizzazione della gestione documentale e la progettazionedei flussi sottesi costituiscono ormai tema di fondamentale inter-esse per le Banche sia nell’ottica di una maggiore efficienza, siaper erogare un servizio migliore ai propri clienti.

• Intranet & Gestione DocumentaleNelle Intranet bancarie l’ambito del document management èin generale consolidato e maturo e il novero di informazioni eservizi disponibili è in continua crescita. Lo sviluppo delle In-tranet con un occhio di riguardo agli sviluppi Web 2.0 e allagestione documentale costituisce tema di interesse centrale perl’organizzazione del lavoro nelle settore alle soglie del 2010

Credito

• Nuovo Accordo sul Capitale di Basilea: I principali investimen-ti continuano ad essere collegati ai progetti di adeguamento alNuovo Accordo sul Capitale di Basilea. Infatti, accanto ai pro-getti conseguenti all’introduzione di sistemi di rating interni edesterni, si inseriscono le attività relative al percorso di attuazionedel secondo pilastro in materia di misurazione e aggregazionedei rischi.

• Gestione delle pratiche elettroniche di fido: proseguono gli in-terventi relativi agli strumenti per la gestione delle pratiche elet-troniche di fido, il cui utilizzo è in crescita. Dalla rilevazioneannuale condotta dall’Osservatorio Intranet Banche su un campi-one di 17 banche emerge l’adozione di tale pratica da parte del59% dei rispondenti, con un’introduzione prevista da un ulteri-ore 12% dei partecipanti all’indagine. Inoltre il grado di utilizzoe di fruizione delle informazioni relative alla pratica elettronicadi fido risulta medio-alto nella quasi totalità delle realtà in cui èstata introdotta

• Mutui on line: il mercato dei mutui nel biennio appena trascorsoè stato caratterizzato, da un lato, dagli effetti dell’entrata in vig-ore di numerosi provvedimenti in materia di surroga e rinegozi-azione (dal decreto Bersani al tetto per i mutui a tasso variabile)

10 È chiaro che la visione per processi complessivamente vantaggiosa per la comprensionedegli impatti sul Business delle analisi qui effettuate, male calza al tema gestione docu-mentale che coinvolge moltissimi processi all’interno della Banca. Dato che moltissimeattività che gestiscono producono documenti sono caratteristiche dell’operatività in fil-iale, sicuramente operations della Banca, mettiamo in questa parte del documento leriflessioni sulla gestione documentale

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98 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

che hanno portato a una considerevole richiesta di sostituzionie/o rinegoziazioni di mutui già accesi, dall’altro, dalla forte vari-azione dei tassi di interesse che dopo il picco di fine agosto sonotornati su valori più contenuti a seguito dei numerosi interven-ti delle Banche Centrali e della crisi del mercato immobiliareinternazionale. Tali avvenimenti hanno portato a una generalemaggior sensibilità della clientela che quindi sceglie in manierapiù consapevole l’offerta più adatta, valutando e confrontando levarie opportunità del mercato. Internet fornisce gli strumenti piùappropriati, rendendo possibile una panoramica costantementeaggiornata dell’offerta del mercato e, infatti, sono molti i siti natia questo scopo, veri e propri network di mediazione del creditoche mettono a confronto le varie offerte bancarie indirizzando ilcliente verso il prodotto più competitivo. Dal rapporto Digital-Finance, realizzato da Nielsen Online e CommStrategy, emergecome sia sempre più diffuso l’utilizzo di Internet da parte degliitaliani per la ricerca di prodotti finanziari (cresciuto del 20% rel-ativamente ai soli mutui on-line da dicembre 2007 a giugno 2008).L’attuale scenario vede quasi 12 milioni di italiani che utilizzanola rete a tale scopo, di cui il 10% visita i siti dedicati ai mutui,mentre i rimanenti navigano su siti dedicati al credito al consumo(4,6 milioni), alle carte di credito (3,3 milioni) e infine ai prestiti(1,5 milioni). Uno dei casi di maggior successo in tale panorama èrappresentato dal sito Mutui Online (www.mutuionline.it) ?tipi-co esempio di consumer mashup service ?che da solo raggiungeil 74% degli utenti in cerca dell’offerta di mutuo migliore.

Finanza e Tesoreria

Nel comparto della finanza il 2008 è trascorso all’insegna della mifid

11 : l’impegno sicuramente più gravoso che ha visto il forte coinvolgi-mento degli intermediari finanziari anche a livello periferico è statola somministrazione dei questionari al fine di profilare la clientela.Questo adempimento ha comportato oneri non solo tecnologici, maanche e soprattutto di formazione del personale di filiale e di tempoinvestito nella interazione con la clientela. Alcune stime indicano in40 minuti per cliente il tempo necessario per introdurre il tema dellaDirettiva e per la compilazione del questionario. Inoltre, a livello di sis-tema, è ancora in corso il completamento di questa fase; naturalmente,come da previsione normativa, i clienti non ancora classificati hanno inquesto momento l’operatività di trading bloccata. L’adeguamento allaDirettiva in vigore ha comportato ingenti costi a carico delle banche,quantificati nella Rilevazione abi-cipa nel 19,2% del cashout ict final-izzato a interventi evolutivi di compliance, una percentuale inferioreper il 2008 solo al cashout per l’adeguamento a Basilea II (22%).

11 Markets in Financial Instruments Directive, è la direttiva 2004/39/CE del ParlamentoEuropeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, che costituisce un passo importante ver-so la costruzione di un mercato finanziario integrato efficace e competitivo all’internodell’Unione Europea (ue)

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5.2 spesa ict: la vista per processi 99

Incassi e pagamenti

sepa (Single Euro Payment Area)e psd (Payments Service Directive):Prosegue il percorso di adozione da parte del sistema bancario eu-ropeo della normativa sepa; secondo le ultime rilevazioni della BancaCentrale Europea, a fine 2008 il numero di transazioni sepa compli-ant è stato pari all’1,8% del totale delle transazioni registrate a livelloeuropeo, ancora lontano dalla massa critica auspicata per la fine del2010.

• Mobile Financial ServicesUn ulteriore ambito di interesse nei sistemi di pagamento è rap-presentato dai Mobile Financial Services (mfs), ovvero l’insiemedei servizi bancari e finanziari offerti attraverso il canale mobile;vengono pertanto raggruppati in questa macrocategoria i servizidi mobile banking e quelli di mobile payment, accomunati dalmedesimo supporto tecnologico di fruizione, il cellulare, ma pro-fondamente diversi per tipologia e modalità di erogazione. Ilvalore aggiunto offerto dai Mobile Financial Services è la mo-bilità, ovvero la possibilità di usufruire da remoto di servizi in-formativi e/o dispositivi legati al mondo dei pagamenti: ticket,distributori automatici ma anche bonifici e ricariche telefoniche.La diffusione dei servizi mobile rappresenta un’opportunità peril settore bancario, in quanto l’elevata penetrazione del telefonocellulare in Italia, superiore al 100%, garantisce infatti un mercatopotenziale in sostanza pari all’intera popolazione. Pur essendoper semplicità analizzati in maniera intergrata, è possibile indi-viduare una relazione di consequenzialità tra i servizi di mobilebanking e quelli di mobile payment. In particolare, la diffusionedel mobile banking sembra essere il presupposto necessario alladiffusione dei servizi di pagamento attraverso il canale mobile;in questo senso, i dati relativi alla crescita del mobile bankingpotrebbero far ragionevolmente presagire nel breve periodo auna sempre maggiore diffusione di mfs evoluti. Tutti gli oper-atori di mercato sembrano concordi nell’individuare nel mobilepayment un mercato ad alto potenziale, sia in termini di pene-trazione che di redditività. Sussistono però una serie di fattoriche limitano la diffusione dei servizi di pagamento mobile, pri-mo fra tutti la percezione di un livello di sicurezza del canalenon adeguato. Secondo un’indagine svolta da Capgemini nel44% dei casi la sicurezza è definita come un fattore critico perl’utilizzo dei servizi mfs, in particolare di quelli legati al mon-do dei pagamenti. Il dato, associato alla scarsa penetrazione deiservizi di mobile payment, potrebbe indicare il fattore sicurez-za come principale inibitore. Un’adeguata e massiva attività diinformazione potrebbe ridurre l’incidenza di questo fattore, con-siderando il livello di sicurezza raggiunto dal canale mobile inmerito ai servizi di pagamento.Tra gli altri fattori limitanti la diffusione dei mfs, sia lato doman-da che lato offerta, rilevano la mancanza di uno standard tecno-logico riconosciuto a livello comunitario e la limitata espansionedegli strumenti di pagamento alternativi al contante, anche inpresenza di dati di trend confortanti in questo senso.

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100 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

La complessità di coinvolgere tutti i numerosi attori presenti lun-go la catena del valore di questo tipo di servizi — banche, op-eratori, emittenti, acquirenti, produttori di dispositivi portatili epos, esercenti — rappresenta un ulteriore fattore inibente la dif-fusione dei servizi finanziari in mobilità. D’altra parte è opinionediffusa che la maggiore auspicata penetrazione della tecnologianfc (Near Field Communication), ormai consolidata dal punto divista tecnico, in particolare a livello di diffusione degli apparatiper l’utilizzo dei servizi da parte del cliente finale, sia un fattoreincentivante alla diffusione dei servizi di m-payment. L’entratain vigore della normativa psd, di cui si è parlato in precedenza,potrebbe inoltre portare cambiamenti strutturali anche significa-tivi nel mercato dei pagamenti, grazie al probabile ingresso dinuovi operatori; è possibile prevedere un aumento della com-petizione e un conseguente miglioramento dell’offerta proprionell’ambito dei servizi di m-payment. Secondo un’indagine diCapgemini sulle prime 100 banche italiane, il 67% di esse offremfs; il 97% di essi è riconducibile a servizi di mobile banking,principalmente di tipo informativo. I servizi di mobile payment,intendendo in detta macro categoria sia i pagamenti remoti chequelli di prossimità, coprono soltanto il 3%.

Da questa fotografia emerge come il mercato sia ancora in unafase iniziale; un dato interessante, che potrebbe far presagire unacrescita a breve nella penetrazione di questi servizi è il forte in-cremento registrato negli ultimi anni dalle operazioni di acquistotramite pagamenti elettronici in Italia. Il numero di transazioniè infatti passato dai 9 milioni nel 2004 ai 34 nel 2006 (fonte:Capgemini).

Monetica

L’utilizzo di modalità di pagamento diverse dal contante ha mostra-to una crescita apprezzabile in Italia negli ultimi anni, pur rimanendoil nostro Paese nelle ultime posizioni in Europa. Dall’annuale rappor-to Assofin-Crif-Eurisko emerge una crescita del numero di operazionieffettuate con strumenti di pagamento bancari e postali diversi dal con-tante pari al 3,5%. È inoltre possibile evidenziare la prosecuzione delprocesso di sostituzione degli assegni (il cui utilizzo si è ridotto del6%) con strumenti maggiormente automatizzati quali le carte di paga-mento (con un incremento del 6,1%) e le disposizioni di incasso e dipagamento elettroniche (+3,8%). In Italia, sono oltre 75 milioni le carteattualmente in circolazione 12 di cui 5,8 sono prepagate. Queste ultimehanno registrato un incremento del 30% rispetto all’anno precedentee ancora più significativa risulta la crescita del loro utilizzo, registran-do nel 2007 49,6 milioni di operazioni con una crescita pari al 46%.Le altre si suddividono in egual misura tra carte di debito e credi-to; a crescere sono soprattutto le seconde (+10,3%), mentre le primesegnano un incremento molto più contenuto (+1,6%).

12 Per ulteriori informazioni sulle caratteristiche di vari tipi di carte si faccia anche rifer-imento al paragrafo “I Servizi di Pagamento” della sezione “Breve Descrizione deiServizi Bancari”

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5.2 spesa ict: la vista per processi 101

In particolare crescono sensibilmente le carte opzione, che lascianola scelta di rimborsare in un’unica soluzione o rateizzare il creditodovuto: il 63% delle transazioni effettuate nel 2007 risulta, infatti, at-tribuibile alle carte multifunzione 13, contro il 37% di utilizzi fatti conle carte revolving 14 tradizionali. Subiscono quindi un rallentamentole carte revolving che, secondo stime Assofin, si ritiene avranno rag-giunto i 13,9 milioni di pezzi in circolazione al 31 dicembre 2008 e che,a fronte di un forte incremento nel 2004 e 2005, registrano un +7,7%nel 2007 e un +7% nel primo semestre 2008; tale ridimensionamentoè condizionato dalla diminuzione dell’11,6% delle nuove emissioni nelcorso del 2007.

Un elemento fondamentale per sostenere la diffusione e il crescenteutilizzo delle carte in Italia è anche la semplicità di fruizione del serviziograzie alla diffusione dei pos che hanno raggiunto quota 1,3 milioni (inaumento del 4% rispetto allo scorso anno) e alla possibilità di effettuareoperazioni presso gli sportelli automatici delle banche.

• Le carte a standard emv : in risposta ai principi generali di rifer-imento fissati dall’epc nel documento sepa Cards Framework,prosegue la diffusione delle nuove carte di pagamento basate sul-lo standard emv che dovrà essere completata entro il 31 dicembre2010.

Lo standard, creato per regolare i pagamenti elettronici con cartea microprocessore, in particolare Smart Card, permette alla car-ta e al terminale compatibile emv di operare insieme in modosicuro, stabilendo le regole per cui la Smart Card e il terminaleinteragiscono.

A fine 2008 in Italia, secondo i dati del Settore Sistemi e Servizi diPagamento Retail dell’abi, risultano migrati il 75% dei terminalipos, il 60% degli atm e il 50% delle carte di pagamento.

La concentrazione è rivolta in particolare alla conformità aglistandard tecnici, alle regole di “interchange fee” nonché agli sche-mi di governance, temi di grande attualità per le banche, ancheconsiderando il ruolo di traino ricoperto dalle carte rispetto allacrescita mondiale dei volumi dei pagamenti non-cash.

Infine, l’ultima frontiera del mondo delle carte è rappresentatadalla gestione dei cosiddetti “micro pagamenti”. In tal proposito,sono partite in questi giorni le prime sperimentazioni in Italiadi una soluzione che si propone di rendere più veloci e comodii piccoli pagamenti, attraverso l’utilizzo di carte contactless e diappositi che operano in modalità off-line.

13 Le carte multifunzione Possono funzionare da carte di credito o da bancomat e fastpay.Molti istitui di credito emettono tali carte per i loro clienti (e.g. fineco, sella e tanti altri)anche se molte banche invece preferiscono mantenere separate le funzioni bancomat ecarta di credito. La carta multifunzione all’occorrenza può quindi funzionare sui circuiticlassici delle carte di credito (visa, master card etc) e sui circuiti delle carte di debito(pagobancomat e bancomat).

14 Le carte di credito revolving sono normali carte di credito che consentono di rimborsarea rate il saldo di fine mese. L’importo delle rate puù essere spesso deciso dal cliente apartire da una rata minima (solitamente dal 5 al 10 %)

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102 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

5.2.4 Processi a supporto

La spesa ict per i processi a supporto è pari al 13,7% del totalee paragonabile alla spesa per processi direzionali e commerciali pari,rispettivamente, a 13,7% e 12,5%: non è da ritenersi categoria residualené in termini di valore né in termini di potenzialità che potrebbe offrireper Telecom Italia (sistemi dipartimentali).

Funzione Organizzazione

Forte impegno sulla mappatura dei processi

• La funzione risulta responsabile dell’attività nel 84% dei casi(nei casi restanti il lavoro è in capo a Risk Mgmt 15 e Ammin-istrazione)

• La fase di mappatura è da poco iniziata

• Soluzioni per il bpm: le banche intendono acquisire e fare proprigli strumenti metodologici e tecnologici necessari al bpr.

In tale contesto è diffuso l’utilizzo di tool informatici a supporto del-la mappatura in ottica di disegno di processi e di manutenzione e dif-fusione delle informazioni raccolte: sebbene sia prevalente l’adozionedi soluzioni dedicate (67%), risulta elevata la percentuale di bancheche preferisce estendere a tale ambito le funzionalità di applicativitradizionali (33%).

I principali criteri di selezione di una specifica soluzione tecnologi-ca sono riconducibili alla copertura funzionale che essa può offrire ealla facilità d’uso da parte degli analisti organizzativi (indicati entram-bi dal 60% dei rispondenti). Altri fattori considerati rilevanti in fasedi valutazione sono legati all’integrabilità con le tecnologie esistentie alla fruibilità degli output da parte degli utenti (50%), seguiti dallamodularità presentata dalla soluzione (40%). In misura più limitata,anche strategie di contenimento dei costi possono influire sulla scelta,inducendo le banche a preferire strumenti con un pricing più conve-niente o che siano già presenti in azienda (entrambi al 30%). Questesono generalmente le situazioni in cui, in fasi ancora iniziali del pro-getto, si sceglie di utilizzare strumenti di office automation. Infine nel20% dei casi è stato considerato come valore aggiunto per la sceltadello strumento anche il servizio di consulenza e assistenza integratonell’offerta.

Globalmente, il livello di soddisfazione rispetto a tali soluzioni risul-ta medio-alto per oltre il 60% del campione. Analizzando più in det-taglio i dati, è possibile evidenziare come i livelli più alti di gradimentofacciano riferimento alle funzionalità di knowledge distribution, ossiaalla capacità di distribuire in maniera profilata e con differenti modal-ità di visualizzazione le informazioni rilevanti ai diversi attori azien-dali, alla possibilità di passare facilmente da una modalità di visual-izzazione all’altra, etc. Anche le funzionalità di disegno e sviluppodei processi (rappresentazione grafica, architetture supportate, alberidecisionali, livelli di profondità, possibilità di attribuire metriche di

15 Si ricorda che un driver forte di questa attività è la compliance alle nuove direttiveeuropee, il cui rispetto comporta un monitoring per processi e non per funzioni

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5.2 spesa ict: la vista per processi 103

misurazione, controlli automatici sui diagrammi, possibilità di person-alizzazione, flessibilità per evoluzioni nell’utilizzo, formati grafici etc.)raggiungono buoni livelli di soddisfazione. L’aspetto più critico è ri-conducibile al supporto metodologico (in termini di disponibilità ditemplate di processi standard, wizard, supporto delle metodologie piùdiffuse, possibilità di seguire metodi customizzati, etc.) che in oltre lametà dei casi ottiene un basso gradimento.

Una volta concluso il progetto di mappatura dei processi, la divul-gazione delle informazioni relative riveste un ruolo importante per ladiffusione di una cultura della gestione per processi all’interno dellabanca. In tal senso, oltre la metà del campione prevede di rendere taliinformazioni accessibili tramite il portale aziendale. Più in dettaglionel 34% delle realtà analizzate tutti gli utenti potranno visualizzareil flowchart di processo, mentre nel 25% potranno accedere alla doc-umentazione descrittiva del processo. Nel 33% dei casi la mappa deiprocessi avrà una visibilità ristretta alle sole strutture coinvolte nel pro-getto e un esiguo 8% dei rispondenti prevede di selezionare solo alcuniutenti in grado di accedere a tali informazioni.

Con riferimento agli utenti che beneficiano della pubblicazione del-la mappatura, nella larga maggioranza del campione analizzato (89%)non esistono meccanismi di profilazione nell’accesso poiché tutti gliutenti hanno visibilità dell’intera mappa. Nel rimanente 11% dei casigli utenti possono accedere solo alle informazioni e alla documen-tazione relative ai processi afferenti la propria unità organizzativa. Perquanto riguarda infine le informazioni a corredo dei processi, la metàdelle banche ha previsto che solo le strutture coinvolte nel progetto ab-biano visibilità delle informazioni relative al processo. Tale possibilitàè estesa a tutti gli utenti nel 30% dei casi, mentre nel rimanente 20%sono stati definiti gruppi di utenti che hanno accesso alle informazionidi propria pertinenza.

• Gestione delle risorse umane

– Interesse per utilizzo ict sui processi core (amministrazionee gestione del personale, comunicazione interna)

– Interesse per il supporto ict ai processi di crescita (ges-tione della formazione, amministrazione delle competenze,definizione dei percorsi di sviluppo)

Funzione Sistemi informativi

• Tema organizzativo del Project Mgmt Office

– Tema della gestione cross country di progetti

Funzione sicurezza

• Problema organizzativo: definizione di un unico Responsabile

• Consapevolezza elevata dei rischi di sicurezza insiti nell’utilizzodei sistemi ict

• Tema rilevante del “furto di identità elettronica”

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104 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

• Sicurezza fisica: investimenti alti (2007 713 Meuro) ma non cisono opportunità per noi sia per la specializzazione richiestasia per la presenza di attori consolidati che offrono servizi inoutsourcing]

• Business continuity: lo abbiamo già affrontato e fornito in termi-ni di infrastruttura di rete. Ora il sistema bancario è più incentra-to sulla fase della definizione dei processi e sui test (simulazionidi catastrofi etc) ’Rilevante il tema del crisis mgmt.

Gestione Contanti e valori

• Dati di utilizzo sistemi atm

Alla fine del 2007 l’emissione netta delle banconote in euro inItalia era pari al 19% dell’intera circolazione dell’Eurosistema. Leprincipali motivazioni dell’elevato utilizzo delle banconote sonoidentificabili sia nella concezione diffusa del contante come stru-mento di pagamento più sicuro e con costo percepito minorerispetto agli altri strumenti, sia nella maggiore difficoltà nel trac-ciarne le movimentazioni, anche per i pagamenti legati al mondodell’economia sommersa.

Uno studio di settore condotto da abi lab e ossif, nell’ambito del-l’iniziativa di sistema dell’abi per il miglioramento delle infras-trutture e dei processi di gestione del cash, ha rilevato i macroflussi di contante relativi al mercato italiano negli anni 2006 e2007.

È stata riscontrata una immissione di denaro contante da partedella Banca d’Italia nel 2007 pari a circa 2,1 miliardi di ban-conote per un valore di quasi 84 miliardi di euro; il dato risultasostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente. L’entitàdel contante riaffluito dal mercato alla Banca d’Italia nel 2007

è stato pari a circa 2 miliardi di banconote per un valore dicirca 75,3 miliardi di euro; il confronto con il 2006 mostra unincremento pari all’8% per numero di pezzi e del 9% per valore.

Le stime riferite a dicembre 2007 indicano un circolante in Italiadi circa 131 miliardi di euro, di cui 128 miliardi di euro in ban-conote e 3 miliardi di euro di monete.

Si stima che la numerosità delle banconote in circolazione, sem-pre a dicembre 2007, sia pari a circa 2,2 miliardi, contro i 2,1 del2006. Il valore totale dei prelevamenti da strutture bancarie peril 2007 è stato stimato in 440 miliardi di euro; di questi, l’80% èrelativo a operazioni effettuate alla cassa, mentre il restante 20%è relativo ai prelevamenti da atm.

La ripartizione dei prelevamenti per settori di clientela eviden-zia che la maggioranza di operazioni effettuate tramite casse/s-portelli (71%) e la quasi totalità di quelle effettuate tramite atm

(92%) è concentrata sulle famiglie consumatrici, che lo destinanoessenzialmente alla compravendita diretta di beni e servizi. Il21% dei prelevamenti tramite cassa/ sportello è legato a soci-età non finanziarie, riconducibili essenzialmente a società di tipocommerciale/retail/GDO.

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5.2 spesa ict: la vista per processi 105

Figura 11: Valore totale prelievi e versamenti e percentuale utilizzo cassa vs.atm

Figura 12: Distribuzione prelevamenti e versamenti per settore in Italia (FonteBanca d’Italia)

In termini di versamenti di contante, è stato invece stimato in cir-ca 362,7 miliardi di euro il totale delle operazioni effettuate medi-ante strutture bancarie; la quasi totalità di tali versamenti è stataeffettuata tramite cassa, mentre la quota relativa agli atm è anco-ra poco consistente (565 milioni di euro, 0,2% del totale). La ri-partizione dei versamenti per settori di clientela evidenzia comela maggior parte di essi (57% per i versamenti di cassa e 64%dei versamenti tramite atm) sia riconducibile essenzialmente asocietà non finanziarie (commerciale, retail, GDO).

Emerge dunque l’elevato volume di utilizzo del contante comestrumento di pagamento tra le famiglie consumatrici (maggiorquota di prelevamento di contante) e le imprese commerciali(maggior quota di versamento di contante).

Un’analisi abi consente di stimare l’entità delle scorte di con-tante presso i singoli sportelli bancari al dicembre 2007 in circa8 miliardi di euro; il dato relativo a dicembre 2006 si aggiravaintorno ai 10 miliardi di euro. Si può pertanto rilevare una pro-gressiva riduzione del volume di contante in giacenza presso isingoli sportelli, fenomeno inquadrabile in un’azione di razional-izzazione e pianificazione degli stock di contante, unitamente auna sempre maggiore attenzione alla gestione della sicurezza e,in parte, all’aumento degli atm presenti sul territorio.

Lo studio ha anche permesso di valutare lo stock medio di con-tante gestito da un atm, evidenziando come tale ammontare variin funzione del modello (legato alla capacità di gestione dellebanconote) e della localizzazione geografica (in città in zona adelevata frequentazione, in città in zona a bassa frequentazione, inpaese, in luogo isolato).

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106 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

È possibile a tale proposito identificare due macro-segmenti diatm:

– atm a basso prelevamento: stock medio di circa 40.000 euro

– atm a elevato prelevamento: stock medio di circa 80.000

euro

Considerando un parco atm attivi pari a 43.840 unità a fine 2007

e una predominanza di atm a elevato prelevamento (circa il 70%del parco attivo), lo stock totale di contante gestito internamentealle apparecchiature risulta essere pari a circa 2,9 miliardi dieuro.

L’attività di ricircolo effettuato direttamente presso le banche hariguardato 772,5 milioni di pezzi per un controvalore di 34,7 mil-iardi di euro (31% del totale). Il ricircolo presso società di servizioha riguardato quasi 2 miliardi di pezzi per un controvalore di77,6 miliardi di euro (69% del totale). Il 35% del campione anal-izzato ha processato in autonomia le banconote, mentre nel 65%dei casi è emerso il ricorso ad operatori esterni, parziale (28%) ototale (37%).

La gestione del contante all’interno degli istituti bancari è un pro-cesso complesso, che presenta allo stato attuale numerose oppor-tunità di ottimizzazione, sia dal punto di vista della tracciabilitàdelle operazioni e del contante sia sotto il profilo delle modalitàdi gestione delle scorte a livello centralizzato e locale.

Le nuove tecnologie consentono infatti una copertura informa-tiva in tempo reale dell’intero ciclo di vita del cash all’internodella singola banca e a livello di sistema. Inoltre, la possibile es-tensione delle funzionalità di ricircolo del contante direttamentepresso gli atm consentirebbe di limitare i costi logistici di movi-mentazione e gestione del cash.

• Evoluzione atm :L’atm (Automated Teller Machine) rappresenta, accanto all’In-ternet banking e al tradizionale sportello bancario, un canale dicontatto privilegiato con la clientela in virtù dell’elevato utilizzoe della presenza capillare: a gennaio 2009 sono infatti oltre 44.800

gli atm in Italia. Anche attraverso la crescente integrazione con ilsistema informativo della banca, l’atm mette a disposizione deiclienti servizi sempre più evoluti sia di tipo informativo (saldo,movimenti . . . ) che di tipo dispositivo (prelevamento, pagamen-to utenze, ricarica cellulare. . . ). La crescita del grado di utilizzo,riscontrata in questi ultimi anni, unita all’opportunità di alleg-gerire il personale di sportello da attività a basso valore aggiun-to, hanno spinto le banche a indirizzare le operazioni di preleva-mento e di pagamento verso il canale self-service e a introdurreprogressivamente apparecchiature multifunzione.

Tali strumenti, oltre a garantire le funzionalità di un tradizionaleatm, integrano servizi a valore aggiunto già presenti su altricanali bancari (quali ad esempio l’home banking) con altri piùpeculiari quali il versamento di contanti e di assegni. In partico-lare, gli atm di nuova generazione consentono operazioni di ver-

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5.2 spesa ict: la vista per processi 107

samento, oltre che di prelevamento del contante; alcuni di questiapparecchi con funzionalità di Cash In/ Cash Out, possono es-sere dotati di un particolare meccanismo — Cash Recycling—che consente di rendere disponibili immediatamente per il prel-evamento, limitatamente ai tagli stabiliti come erogabili, le ban-conote versate di cui sia stata accertata l’idoneità in termini qual-itativi e di autenticità. Questo meccanismo offre l’opportunità,laddove si realizzi una apprezzabile correlazione in termini diimporti e di tagli tra versamenti e prelievi richiesti, di ridurre icosti legati al servizio di rifornimento e di scarico degli atm, conuna contemporanea riduzione dei costi i giacenza del contante ineccesso e del rischio rapina associato a detto deposito.

L’Osservatorio sulle carte di debito e di credito dell’e-Committeefornisce alcuni dati circa la diffusione delle funzionalità evoluterese disponibili da apparati atm multifunzione. Considerandocome base il numero di atm installati, lo studio rileva che afine 2007 il 28,4% di essi è Web based (con una crescita del 30%rispetto all’anno precedente), offrendo la possibilità di abilitareservizi informativi e dispositivi con le stesse logiche e la stessavelocità di aggiornamento dei canali di Internet banking. Perquanto riguarda l’abilitazione ai versamenti, è interessante no-tare che la diffusione del servizio è quasi raddoppiata rispetto al2006, pur facendo registrare un livello di penetrazione contenuto(10%). Con riferimento ai dati rilevati dal Consorzio Bancomat agennaio 2009, emerge che circa il 45% degli atm italiani risultadotato di un kit antifrode, sistema che ha come obiettivo quellodi prevenire la clonazione delle carte inserite; il 5% degli apparec-chi è inoltre dotato di un kit volto ad impedire l’applicazione difrontalini. Risulta stabile e pari al 20% la quota di atm accessibiliai portatori di handicap, mentre il 10% lo è per i non vedenti,percentuale questa quasi raddoppiata rispetto al 2007.

Lo studio condotto da abi lab e ossif sulla gestione del contantein Italia ha rilevato la situazione del mercato dei produttori diatm, che ad oggi risulta caratterizzato dalla presenza di quat-tro operatori principali che coprono la quasi totalità del parcomacchine installato in Italia (dati al 31 dicembre 2007); l’aziendaleader nel settore copre quasi il 50% delle installazioni. Il numerodi modelli diffusi conferma l’elevato grado di concentrazione diquesto mercato; il 25% degli atm è relativo a due modelli, men-tre il 50% è coperto da sei modelli complessivi. In considerazioneperò delle recenti disposizioni normative in ottica sepa riguardola tracciabilità delle operazioni effettuate e l’adeguamento delchip delle carte di pagamento utilizzate, la situazione riscontratapotrebbe evolvere rapidamente nel prossimo futuro. Secondo idati contenuti nella Rilevazione dello stato dell’automazione delsistema creditizio abi-cipa, la gestione del parco atm presentalivelli di esternalizzazione elevati; nel 63% dei casi le banche chegestiscono gli apparati internamente non manifestano l’interessea esternalizzare il servizio, mentre il 13% affiderebbe la gestionedegli atm a una società di servizi esterna al gruppo di apparte-nenza. Con il crescere del numero di atm installato nel territo-

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108 la spesa ict nel settore bancario e le priorità 2009–10

rio, cresce anche il numero complessivo di operazioni effettuatesul canale (quasi 800.000 nel 2007, secondo quanto rilevato dasia ssb). Le operazioni di prelevamento, garantite dagli apparatitradizionali, continuano tuttavia a rappresentare più dell’85% deltotale delle operazioni rilevate. Rispetto al valore totale dei prel-evamenti da strutture bancarie nel 2007, stimato intorno ai 345

miliardi di euro, la quota parte relativa a quelli effettuati pressoatm risulta in media del 25%, con punte del 28% nelle regionidel Nord Ovest. Dal punto di vista dei versamenti, la quota im-putabile agli atm è ancora molto ridotta (media nazionale dello0,1% sul totale).

5.3 le priorità ict per il 2009abi lab ha condotto una breve indagine volta a indagare le priorità

ict delle banche italiane in termini di:

• investimenti stanziati per l’anno in corso

• attività di indagine e scouting che saranno condotte nel 2009 perindirizzare eventuali investimenti futuri.

Questi alcuni parametri indicativi dell’indagine:

• effettuata nel Febbraio 2009

• universo di indagine:

– 22 banche/gruppi bancari

– Copertura equivalente al 62% degli sportelli

• Su un set di 30 progetti è stato chiesto di indicare quali sono iprimi 10 in ordine di priorità

• I progetti presentati come input dell’indagine sono stati classi-ficati e le priorità di investimento valutate come indicato nellatabella seguente:

5.3.1 La prima sintesi

La sintesi di abi lab viene qui riportata integralmente:

Complessivamente, rispetto ai risultati conseguiti lo scorso an-no, si rileva l’assenza di una categoria di investimenti nettamenteprevalente rispetto alle altre, come era stato per la compliance nel2008. Quest’anno, infatti, l’analisi evidenzia una maggiore dis-tribuzione delle priorità tra le differenti aree proposte, segno diuna minore concentrazione del sistema su una tematica specifica.

Sul Miglioramento o adeguamento dei sistemi Informativi e delle TLC:

Rispetto all’anno scorso, si osserva una generale maggiore cen-tralità dei progetti legati al miglioramento dei sistemi, in altre

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5.3 le priorità ict per il 2009 109

Figura 13: Indagine Priorità di investimento ict per le banche (abi lab, 9

rispondenti)

parole all’IT per l’IT: se infatti per le banche di maggiori dimen-sioni era pronosticabile la posizione di primissimo piano per l’in-tegrazione dei sistemi post fusione/ aggregazione, si osserva perl’intero campione una buona attenzione sia in termini di inves-timento che di indagine per progetti di consolidamento e virtu-alizzazione, anche in ottica cost-cutting, e di adeguamento deiposti di lavoro, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza individ-uale. Ancora con l’obiettivo di ridurre i costi di gestione, si osser-va una generale attenzione verso iniziative volte all’integrazionevoce-dati, in particolare tramite l’introduzione del VoIP; questiinvestimenti risultano più significativi nel segmento delle banchemaggiori, grandi e medie. Infine, in termini di architetture, sirileva l’interesse ad approfondire logiche service- oriented con l’o-biettivo di rendere il software più flessibile e collegato ai processiaziendali, nonché di favorirne il riuso.

Sui Canali:

L’innovazione e il miglioramento delle occasioni di contatto conla clientela vede anche per il 2009 i principali progetti attivi sulfronte del rinnovamento dello sportello e della progressiva sosti-tuzione del parco atm; il trend relativo allo sportello fisico interes-sa trasversalmente tutto il campione, mentre l’impegno sul frontedegli atm, come pure in generale del self-service, vede più attivele banche di maggiori dimensioni. In termini di indagine e di anal-isi svolte internamente dalle banche per indirizzare le evoluzioni

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dei prossimi anni, si nota una tendenza a mettere il cliente alcentro, focalizzando l’attenzione verso la personalizzazione delservizio: in tal senso, trovano spazio le tecnologie che possonoindirizzare il dialogo degli operatori della banca alle esigenze delsingolo cliente e ai nuovi strumenti di interazione evoluta tramiteil canale on-line, anche in ottica 2.0.

Sui processi:

La sempre più diffusa esigenza di ottimizzare le risorse, rag-giungere più elevati livelli di efficienza interna e offrire al clienteun servizio di qualità costituiscono i driver che stimolano inquesto momento una più elevata attenzione a progetti di reengi-neering dei processi e di attivazione di logiche di Business ProcessManagement. Un tema all’attenzione delle banche — soprattuttodi maggiori dimensioni — è l’accentramento dei back office, siaa seguito di consolidamenti fra realtà aziendali precedentementedistinte, sia conseguente il ridisegno del modello organizzativodi filiale, che porta ad accentrare maggiormente questo tipo diattività anche con l’obiettivo di conseguire economie di scala e at-tivare modalità più efficienti di gestione delle informazioni e delladocumentazione.

Sulla sicurezza:

L’orientamento alla multicanalità spinge le banche a consider-are tra le proprie priorità gli strumenti atti a garantire elevatilivelli di sicurezza ai clienti nell’accesso ai servizi bancari fruibiliattraverso i diversi canali disponibili. In questo contesto, si com-incia a valutare l’opportunità di introdurre tecnologie biometricheper gli accessi fisici e logici alle risorse della banca. Ancora unbuon livello di attenzione è rivolto alla business continuity, inparticolare nelle priorità del segmento delle banche piccole e mi-nori, a dimostrazione della volontà del sistema bancario di ac-crescere il proprio livello di resilienza agli eventi più critici, maanche di coordinamento e risposta in caso di incidenti rilevanti.

Sulla compliance:

“Rispetto allo scorso anno, le tematiche di adeguamento allenormative assumono un minore peso relativo, pur continuandoad assorbire in termini assoluti una quota considerevole del bud-get ict. In particolare la quasi totalità delle banche rispondentiha segnalato l’adeguamento a sepa come priorità di investimen-to, mentre la categoria delle banche di minori dimensioni è sig-nificativamente impegnata sul fronte delle novità in termini disegnalazioni (antiriciclaggio, vigilanza, etc.).”

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A A P P E N D I C E : A LC U N I DAT I D I -M E N S I O N A L I D E L L E B A N C H E I TA L I A N E

In questa appendice sono riportati alcuni dati dimensionali delle piùimportanti Banche Italiane.

Figura 14: Dinamica Numero Sportelli Bancari (fonte: plus 24 il Sole 24 ore,10 ottobre 2009)

Come ultimo dato rilevante si riporta la dinamica 2008–2009 deglisportelli per Banca: a parte le dovute eccezioni, si deduce una riduzionedel fenomeno di crescita per espansione interna.

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112 appendice: alcuni dati dimensionali delle banche italiane

Figura 15: Stato Patrimoniale: totale attivo principali banche

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appendice: alcuni dati dimensionali delle banche italiane 113

Figura 16: Dinamica 2008–2009 numero sportelli per banca (fonte: plus 24 ilSole 24 ore, 10 ottobre 2009)

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B G LO S S A R I O

attività bancarie definite dal testo unico bancario raccolta didepositi o di altri fonti con obbligo di restituzione -operazioni diprestito -leasing finanziario -servizi di pagamento -emissione egestione di mezzi di pagamento -rilascio di garanzie e di im-pegni di firma -operazioni per proprio conto o per conto dellaclientela in: strumenti di mercato monetario, cambi, valori mobil-iari, strumenti finanziari e azioni -partecipazioni alle emissioni dititoli e prestazioni di servizi connessi -consulenza alle imprese inmateria di struttura finanziaria, di strategia industriale -servizidi intermediazione finanziaria del tipo money broking -gestionee consulenza nella gestione di patrimoni -custodia e amminis-trazione di valori mobiiari -informazioni commerciali -cassettedi sicurezza -altre attività secondarie

banca universale Si ha quando la Banca decide di svolgere diret-tamente molte delle attività consentite dal nuovo Testo UnicoBancario

burocrazia meccanica Secondo H. Mintzberg la burocrazia mecca-nica è un forma organizzativa in cui si trovano una strutturadirezionale e di supporto molto articolata, la tecnostruttura e glistaff di supporto sono focalizzati sul nucleo operativo; le unitàsono di grandi dimensioni a livello operativo e di dimensioniminori nella linea intermedia

burocrazia professionale Secondo H. Mintzberg la Burocrazia pro-fessionale è una soluzione organizzativa in cui si coniugano stan-dardizzazione e decentramento, fondandosi su capacità e conoscen-ze dei professionisti del nucleo operativo (standardizzazione dellecapacità).

cash management Nell’ambito del panorama italiano dove le imp-rese tendono ad essere assistite da piú Banche, è il servizio of-ferto dalla Banca con cui l’impresa intrattiene il maggior volumed’affari che consiste nell’essere il punto di sintesi informativosullo stato complessivo dell’impresa in relazione a tutti i con-ti/depositi/linee di credito che l’mpresa intrattiene con tutte lebanche

funzione di intermediazione creditizia Unitamente alla funzionemonetaria costituisce la funzione principale della Banca qualeazienda di “produzione”: sulla base di una raccolta effettuataprincipalmente attraverso Depositi e cc, la Banca si fa carico dierogare crediti alle imprese e, in seconda battuta, ai consumatori

funzione monetaria Semplificando notevolmente trattasi della fun-zione svolta dagli intermediari Bancari che, sulla base della fidu-

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116 glossario

cia in loro riposta dal pubblico (imprese, privati, istituzioni), uti-lizzano operazioni e meccanismi di trasferimento denaro tra con-ti Bancari in sostituzione dello scambio effettivo di moneta legale

home country control Principio introdotto dalla Comunità Econom-ica Europea con la direttiva del 1985 sulla base del quale unabanca autorizzata in qualsiasi paese membro della cee poteva es-ercitare una gamma molto vasta di attività secondo la normativae la supervisione del paese d’origine

indice di concentrazione di herfindahl-hirschman (hhi) È unindicatore di concentrazione usato soprattutto per misurare ilgrado di concorrenza presente in un determinato mercato. L’indiceè dato dalla somma dei quadrati delle quote di mercato (espressein percentuale) detenute da ciascun agente.

HHI =∑n

i=0(qi ∗ 100)2

dove qi è la quota di mercato dell’agente i-esimo. Il valore diHHI è sempre positivo e al massimo pari a 10.000, nel caso vi siaun solo agente nel mercato.

Un valore di HHI compreso tra 1.000 e 1.800 indica che il mercatoè moderatamente concentrato. Un valore dell’indice superiore a1.800 si registra in mercati concentrati.

legge amato carli Legge n. 218 del 30 luglio 1990 famosa per averintrodotto la societarizzazione delle banche e la flessibilità nellaconcessione da parte loro ai Clienti di crediti a breve/medio/lun-go periodo

mifid Markets in Financial Instruments Directive, è la direttiva 2004/39/CEdel Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, checostituisce un passo importante verso la costruzione di un merca-to finanziario integrato efficace e competitivo all’interno dell’U-nione Europea (ue)

orientamento strategico alle relazioni Approccio strategico divendita nel quale la Banca definisce un unico punto di riferimen-to per il Cliente — Corporate Banker per la clientela delle im-prese e consulente finanziario per la private — con lo scopo dimassimizzare il patrimonio informativo sull’impresa, riducendocosì il rischio e/o massimizzando l’opportunità di cross selling(specialmente sul private)

pool account Servizio erogato a grandi imprese, tipicamente conassetto societario di Gruppo, volto ad armonizzare la gestionecomplessiva dei conti di tutte le imprese costituenti il Gruppo

principio del mutuo riconoscimento e autorizzazione unicaDirettiva cee del giugno 1985 che impone l’estensione alle al-tre nazioni della cee del riconoscimento già in essere in unasingola Nazione cee dell’attività Bancaria di un intermediario.Le relative autorizzazioni non devono essere nuovamente richi-este nei nuovi paesi — al d fuori del paese di origine — dovel’intermediario andrà eventualmente ad operare

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glossario 117

riba (procedura di ricevuta bancari) Procedura tipicamente uti-lizzata tra imprese, attraverso la quale la Banca si fa carico diincassare i crediti delle proprie imprese Clienti verso le impresedebitrici

servizi bancari Si intendono tutti i servizi che non sono ricompresinella normale attività di intermediazione creditizia svolti dallabanca e non riconducibili ad essa in termini di conto economico:sono tipicamente classificati in servizi di pagamento, di custodia,di gestione del risparmio e servizi per le imprese

sicav È l’acronimo di Società di Investimento a Capitale Variabile.Trattasi di Società per azioni che hanno per oggetto esclusivol’investimento collettivo in valori mobiliari del patrimonio rac-colto mediante l’offerta al pubblico, in via continuativa, di pro-prie azioni. Il loro capitale sociale, pertanto, può variare sen-za dover ricorrere alle speciali procedure contenute nel CodiceCivile

strumenti di pagamento Si intendono gli strumenti di pagamentodiversi dal contante quali assegni, bonifici, addebiti preautoriz-zati, operazioni con carte di pagamento

testo unico di intermediazione finanziaria Legge approvata defini-tivamente nel febbraio 1998 che definiva attori e attività nel cam-po dell’intemediazione

testo unico bancario D.lgs. n. 385 del 1 settembre 1993 che sis-tematizza e armonizza i cambiamenti progressivamente appor-tati alla legge del 1936 dalla legge Amato-Carli del 1990 e dalrecepimento delle direttive comunitarie avvenute nel 1992. Iprincipali cambiamenti consistono nella societarizzazione dellebanche (e conseguente abbandono della funzione pubblica) e nel-la despecializzazione delle Banche sulla base della tipologia dicrediti gestiti quale conseguenza dell’abbattimento dei relativivincoli (le banche da questo momento possono erogare crediti abreve/medio/lungo periodo)

trasformazione delle scadenze Parte fondamentale dell’attivitàproduttiva degli intermediari per cui si compone la differenzatra la disponibilità di capitali esigibili a breve, tipicamente i de-positi/cc e la necessità tipico delle imprese di capitali a mediolungo periodo

valuta a corso legale (currency) in senso stretto indica i mezzidi pagamento con potere liberatorio in circolazione in un datopaese, ossia banconote e monete metalliche

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C L I S TA A C R O N I M I

atm Automatic Teller Machine

bpm Business Process Management

bpo Business Process Outsourcing

bpr Business Process Reengineering

cio Chief Information Officer

crm Customer Relationship Management

cro Chief Risk Officer

cso Chief Security Officer

emv European Mastercard Visa

epc European Payments Council

hhi Herfindahl-Hirschman Index

m&a Merger ans Acquisition

mfs Mobile Financial Services

mifid Markets in Financial Instruments Directive

nfc Near Field Communication

pac Piano di accumulazione pluriennale

pmo Project Management Office

pos Point of Sale

psd Payment Services Directive

rfid Radio Frequency Identification

ria Rapporti Interbancari Accentrati

riba Ricevuta Bancaria

rid Rapporti Interbancari Diretti

saas Software as a service

sepa Single Euro Payments Area

sicav Società d’Investimento a Capitale Variabile

sla Service Level Agreement

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120 lista acronimi

sim Subscriber Identity Module

tco Total Cost of Ownership

tub Testo Unico Bancario

tuf Testo Unico in Materia di Intermediazione Finanziaria

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B I B L I O G R A F I A

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