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Il Tempio della Concordia
“Il tempio miracoloso, detto della Concordia, quasi ancora intatto con tutte le sue
colonne, i suoi frontoni, le sue scalinate, solenne, pieno di grazia e di forza e di
bellezza, nella sua magnifica ossatura e nel suo stile dorico”
Così lo scrittore Giuseppe Longo descrive il tempio greco più famoso della Sicilia.
1 Appunti di Storia dell'Arte - prof. Arch. Antonio Maio
Appunti di Storia Dell’arte – ISTITUTO MAGISTRALE STATALE “C. ALVARO” – Palmi
* Disegno e Storia Dell’arte *
Prof. Antonio MAIO
Scheda di lettura: l’architettura greca nelle colonie della Magna Grecia
Il Tempio della Concordia
Che sia un miracolo è fuori da ogni dubbio! Ha resistito per oltre 2400 anni ad
ogni cambiamento. Ha visto passare davanti alle sue pietre Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi. Ha sentito le bombe degli alleati cadere poco distante, ad Agrigento,
nel luglio del ’43.
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Certo, non era così ai tempi della Magna Grecia. Quella tinta dorata della pietra, un
calcare conchiglifero che si integra armoniosamente col paesaggio, è
lontanissima dalla sua immagine originale.
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Si stenta a crederci, ma il tempio della Concordia era dipinto con intonaco bianco candido ad
eccezione del fregio e del timpano, colorati di rosso e blu.
L’ipotesi cromatica fatta dagli esperti e stampata sulle impalcature dell’ultimo restauro è davvero
sconvolgente! È un pop-art ante litteram! Warhol non avrebbe saputo fare di meglio… Ma
non è una prerogativa solo del tempio della Concordia. Tutti i templi greci erano così…
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… pure il coevo Partenone. Il Partenone (447-438 a.C.) fu eretto per volere di Pericle
sull’Acropoli a simbolo della vittoria dell’unione e che segna il passaggio dalle vecchie tradizioni religiose delle singole comunità a
quella che potremmo chiamare l’ideologia religiosa della Grecia unita. Dopo l’imperatore Teodosio il Partenone fu trasformato in
chiesa cristiana, dedicata alla Divina Sapienza e poi alla Madonna. Dopo la conquista turca fu adattato a moschea. Nel 1687, usato dai Turchi come polveriera, fu colpito dai cannoni della flotta veneta e gravemente danneggiato dall’esplosione. Nel 1801 l’ambasciatore
britannico fece rimuovere, con molto danno, gran parte delle sculture. Ora si trovano a Londra nel British museum.
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Come il grande tempio ateniese, anche quello della Concordia sorse come dimostrazione di potenza,
piuttosto che espressione di religiosità. Gli abitanti dell’antica Akràgas, oggi Agrigento, edificarono, infatti,
ben 10 templi nel corso del V secolo a.C. in un’accanita sfida contro Siracusa.
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Il tempio della Concordia, in particolare, fu innalzato nel 430 a.C. ed è un esempio di dorico maturo. Non si sa a
quale divinità fosse dedicato. Il nome Concordia con cui è universalmente conosciuto è, in realtà, frutto di
un’interpretazione fantasiosa dello storico del XVI secolo Tommaso Fazello che trovò presso l’edificio
un’iscrizione latina con questa parola.
Il tempio è del tipo perìptero esàstilo, cioè con un giro di colonne attorno alla cella e sei colonne in facciata. Le
colonne sui lati lunghi (come vuole la regola classica del doppio + 1 rispetto al fronte) sono 13.
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Il naos è un’unica stanza vuota, preceduta da due scale a chiocciola che portano al sottotetto.
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Analizzando il fronte del Partenone l’altezza massima del timpano costituisce la misura di un lato del quadrato ABCD. Dividendo verticalmente in due questo quadrato con il segmento EF, si fa
centro in F e si traccia un arco (il cui raggio è pari a FC) che interseca in G il prolungamento di AD. Si costruisce così il rettangolo ABHG
aureo, secondo il quale è misurato il fronte del Partenone. La base AD del quadrato (che è pari all’altezza del Partenone) è in sezione
aurea, ossia è la media proporzionale fra AG e DG.
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La stessa analisi si è fatta sul Tempio della Concordia dimostrando che anche questo rispetta i cosiddetti canoni classici. Le colonne
non sono né troppo massicce, né troppo slanciate: hanno le proporzioni giuste per dare al tempio un senso di solidità
e perfezione eterna.
A F
B E C
D
H
G
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Una perfezione che sta soprattutto nei dettagli.
Qui, ad esempio c’è una soluzione molto raffinata del famoso conflitto angolare, un problema di allineamento
tra triglifi e colonne che faceva diventare matti gli architetti greci.
Nel fregio dorico, infatti, un triglifo ogni due è in asse con la colonna sottostante ma, arrivati all’angolo del tempio,
dovendo l’ultimo triglifo coincidere con la fine della trabeazione, si viene a formare una metopa più larga
delle altre. Una cosa assolutamente inaccettabile in una struttura logica e rigorosa come un tempio greco!
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Triglifo
Metopa
Epistilio
Cornice
Abaco
Echino
Fusto
Fregio
Timpano
Capitello
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La soluzione adottata in questo caso è una via di mezzo tra la quarta e la quinta (che è quella del Partenone) dell’elenco che segue. Gli ultimi due interassi tra le colonne sono stati contratti, ma sono state anche
allargate leggermente metope e triglifi per riuscire a centrare con precisione gli elementi.
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Ma non è questa perfezione ciò che ha salvato il tempio dall’abbandono e dalla distruzione. La sua fortuna è
stata la trasformazione in chiesa cristiana dedicata ai Santi Pietro e Paolo nel 597 d.C. Grazie a questo cambio
d’uso il tempio è stato sottratto al destino di cava di materiale da costruzione, com’era solito per gli edifici
pagani dal Medioevo in poi.
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Naturalmente ci sono state delle alterazioni anche pesanti. Nella conversione in chiesa il tempio fu orientato
in senso opposto (le chiese hanno la facciata ad ovest, invece che ad est come i templi) per cui fu abbattuta la
parete dell’opistòdomo, sul fondo della cella, per creare la navata centrale. Gli spazi tra le colonne furono chiusi con un muro mentre nelle pareti del naos furono aperti
sei archi per lato (ancora oggi visibili).
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Solo nel 1748 il tempio torna alle sue forme antiche, con la riapertura del colonnato, e smette di essere utilizzato
per il culto.
È un periodo in cui in tutta Europa si comincia a riscoprire l’arte greca e si diffonde la moda del Grand Tour, un
viaggio tra le bellezze italiane. Il tempio della Concordia, naturalmente, era una tappa obbligatoria. Da questo
momento l’immagine del tempio è nelle mani di pittori e incisori provenienti da tutt’Europa.
Nel 1759 il tempio è visitato dal Winkelmann, il teorico del Neoclassicismo, che lo ha descritto con un paziente lavoro di osservazione e un confronto puntuale con le
regole dettate da Vitruvio.
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Meno di trent’anni dopo, il 25 aprile 1787, Goethe è a Girgenti e del tempio della Concordia scrive “…ha resistito
ai secoli; la sua linea snella lo approssima al nostro concetto del bello e del gradevole, e a paragone dei
templi di Paestum lo si direbbe la figura di un dio di fronte all’apparizione di un gigante”.
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L’emozione di Goethe è palpabile: aveva di fronte uno degli unici tre templi rimasti in piedi in tutto il mondo
greco (assieme al Theseion di Atene e al tempio di Poseidone di Paestum). Altri templi apparentemente
integri, come il tempio E di Selinunte, sono stati in realtà rimontati con le loro stesse pietre (un’operazione
chiamata anastilosi).
Tempio di Hera (E) – Selinunte, Trapani
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