il tempo sospeso3

25
Relazione di Mandelli Giacomo Tam. Argomento: Il tempo sospeso Di Dan Diner

Upload: noramanbates

Post on 04-Oct-2015

19 views

Category:

Documents


5 download

DESCRIPTION

Islam

TRANSCRIPT

Relazione di Mandelli Giacomo Tam. Argomento:

Il tempo sospesoDi

Dan Diner

Nome: Giacomo Tam

Cognome: Mandelli

Anno scolastico: 2009-2010

Data di consegna: 30 marzo 2010

Titolo: Il tempo sospeso

Autore: Dan Diner

Edizione: Garzanti

Data di prima pubblicazione: 2007

Numero pagine: 269

Ho considerato le pagine 1-134 e 213-243

Introduzione

Ho considerato questo saggio perch ho precedentemente avuto modo di affrontare, seppur

non approfonditamente questa tematica. Mi piacerebbe informarmi, per acquisire maggiore consapevolezza circa un tema che in un periodo di globalizzazione di massa diverr sempre pi cruciale; inoltre mi aspetto che il saggio confuti alcuni luoghi comuni e alcune idee distorte dellislam, che vengono proposte da alcuni occidentali, ma che dipendono solo da ignoranza reciproca. Ricerco lobiettivit.

Considerer solo i capitoli 1,2,3,6, perch quelli intermedi trattano delle origini dellislam, ma ci non di mio interesse; inoltre il saggio deve trattare il Novecento, quindi tali capitoli non sono inerenti alle richieste date.Indice tematico:

1. SAPERE E SVILUPPO. SULLA CONDIZIONE DELLA NAZIONE ARABAa. Storia e responsabilit

b. Lorientalismo e i suoi oppositori

c. Arab Human Developement Reportd. Lingua e istruzione

e. Tecnica e ricerca

f. Libert e benessere

g. Stato e societ

h. Militari e politica

i. Rendite fondiarie e produttivit

j. Ricchezza del petrolio e stagnazione

2. GEOPOLITICA E MONDO DELLA FEDE. RADICALIZZAZIONE NELLORIENTE ISLAMICO

a. Tra Palestina e Kashmir

b. Guerra fredda e modernizzazione

c. Inghilterra e Russia

d. Gladstone e Disraeli

e. Califfato e panislm

f. Ind e musulmani

g. Colonialismo e alienazione

h. Arabismo e islamismo

i. Teologia politica e guerra civile3. SCRITTURA E LINGUA. SUL RIFIUTO SACRALE DELLA STAMPAa. Oralit e tradizione

b. Un solo Dio, un solo libro

c. Riproduzione meccanica e profanazione

d. Consonanti e vocali

e. Arabo e ebraico

f. Latinizzazione e secolarizzazione

g. Recitazione e rivoluzione del sapere

h. Patrimonio linguistico e diglossia

i. Fusha e ammiya

4. LA STORIA E LA LEGGE. SULLA TRASFORMAZIONE DEL TEMPO SACRO IN TEMPO PROFANO

a. Diritto sigillato e storia in movimentob. Ciclo e linea

c. Ibn Khaldun e Gianbattista Vico

d. Descrivere e spiegare

e. Sviluppo e progresso

f. Origine e utopia Causalit e affinit

g. Islam e ebraismo

Sintesi

Capitolo 1 . SAPERE E SVILUPPO.

SULLA CONDIZIONE DELLA NAZIONE ARABA

Nel 2002 il magazine americano Time si discot dalla prassi comune di scegliere il libro dellanno e premi il rapporto Arab Human Developement Report (AHDR), curato dalle Nazioni Unite. Fu un vero successo. In esso si tratta della condizione miserevole degli stati arabi: economia cronicamente stagnante, libert limitata in tutti i sensi, livello distruzione in discesa, sviluppo tecnico-scientifico bloccato e drammatica condizione della donna. Limmagine che vi scorge poco accettabile, ma affrontarla difficile: il senso del proprio valore, basato su una supposta superiorit religiosa e civilizzatrice, si scontra con la sua perenne smentita a opera di una societ inalterabile. Il rapporto un appello allautocritica.

LArab Human Developement Report ricorda il diario di Tahtawi, pubblicato al Cairo nel 1834. LAutore musulmano, dopo una lunga visita in Francia, paese leader nel progresso tecnologico, invita i musulmani a imitare i modelli di progresso degli occidentali, sia per circoscriverli, che per allontanarli. Il diario gett le basi di ci che, nel tardo XIX secolo, sarebbe diventato noto come il rinascimento arabo, la Nahda.Il cambiamento deve avvenire allinterno e deve essere realizzato dallelite dominante, alla quale lArab Human Developement Report indirizzato; ci comporterebbe cambiamenti ancora pi grandi: per questo pu essere considerato un manifesto rivoluzionario.

Il rapporto nuovo per la sua schiettezza autocritica: non indivudua le cause dellarretratezza del mondo arabo nela dominazione occidentale, ma analizza le cause intrinseche in essi, da tempo trascurate. LOriente era stato fatto passare come una semplice immaginazione, una distorsione con la quale sarebbe stato pi facile sottomettere i popoli islamici, preparandoli alla loro immagine occidentale.

Nessuno nega che lOriente sia stato lasciato in preda alle mire dell occidente. Nel XIX secolo, ma soprattutto nella prima met del XX secolo, gli arabi e altri musulmani erano esposti alle mire occidentali. Si tratt di un trauma collettivo, unumiliazione ancora presente nella memoria, tramandata di generazione in generazione.Ma gi prima dellet coloniale esisteva questa disparit: il trauma del colonialismo serve solo a prolungare il vizio dellinterdizione, invece di curarla.Gli autori dell AHDR cercano di rafforzare la percezione araba della loro responsabilit per la stagnazione e il sottosviluppo. Gli arabi, nellimmagine distorta che hanno di s, per contrastare il deplorato presente, prendono in considerazione il grande periodo della civilt araba del medioevo, come se i molti secoli passati nel frattempo non fossero mai esistiti. Contrapponendo lalta cultura arabo-islamica del medioevo e il miserevole stato di oggi, questa interpretazione storiografica delle omissioni suscita limpressione che la dominazione ottomana nei paesi cuore dellIslam, durata circa quattrocento anni, sia stata una dominazione straniera, musulmana s, ma respinta.Secondo questa visione, la causa dei raggiri lo stato di Israele, trapiantato nel cuore del mondo arabo per mano degli occidentali. In parte vero che tale conflitto centenario assorbe enormi energie e consuma considerevoli risorse sociali: la questione palestinese evidentemente ostacola lo sviluppo.

LAHDR si interessa del presente. Evita di parlare della secolarizzazione della religione, se non in modo velato.

La sezione dedicata alla fede rimanda al pluralismo religioso interno allIslam, alle differenze fra le singole scuole giuridiche e al loro atteggiamento pubblico su questioni di scienza, societ e cultura, senza risparmiare il problematico effetto di posizioni della esegesi che vanno dal conservatorismo al radicalismo. Per secolarizzazione si intende anche la penetrazione cognitiva e lassimilazione di ambiti di vita che altrimenti agli uomini restano estranei e incomprensibili. Il deficit di sviluppo anche da intendersi come un deficit di secolarizzazione.La questione delle cause storiche dellattuale situazione non viene citata espressamente nellinventario. Lo sviluppo auspicato dagli autori orientato verso ai criteri dellOccidente.LAHDR del 2003 si occupa dei limiti dei limiti del sapere in ambito arabo: il futuro di una societ si decide in base alle sue capacit di seguire le esigenze di una cultura sviluppata sul sapere. Essi valutano il sapere sia in termini qualitativi che quantitativi. Lalfabetizzazione primaria pessima.

La traduzione in arabo di testi stranieri quasi nulla: negli anni Settanta in tutto il mondo arabo stato tradotto circa un quinto dei libri che sono stati tradotti nella lingua madre di un piccolo stato come la Grecia. E per quanto riguarda la produzione libraria le cose non vanno certo meglio: Nel 1996 nellinsieme di tutti i paesi arabi non furono stampati pi di 1945 libri, lo 0,8 per cento di tutta la produzione mondiale. ; la maggior parte di questi a tematica religiosa. Le tirature sono estremamente basse. Una tiratura da 5000 libri sarebbe gi considerato un best seller.A differenza degli altri paesi arabi nati dallImpero ottomano, la Turchia uneccezione: si dichiara apertamente laica e a partire dallabolizione dei caratteri arabi, nel 1928, la lingua nazionale turca viene scritta e stampata in lettere latine.

Gli autori del rapporto parlano di una crisi della lingua araba alla base della quale ci sarebbe la divisione dellarabo in lingua letteraria e lingue colloquiali, dialetti vari. La lingua letteraria poco mobile, perch rigorosamente regolamentata e pertanto non rispecchia i cambiamenti della societ.

Presupposto di un efficace utilizzo dellarabo nella scienza sarebbe un radicale rinnovamento ed essenziale modernizzazione della lingua: semplificazione della grammatica, apertura formale alle lingue colloquiali, elaborazione di un apparato linguistico utilizzabile, oltre che lincremento dei lavori di traduzione di testi stranieri. Ma come lingua del Corano, larabo ha il sigillo del sacro. La richiesta di una riforma della lingua araba tocca quindi questioni fondamentali della concezione di s arabo islamica.La carenza linguistica solo unespressione del calo della capacit scientifica della regione. In settori del futuro come linformatica e la biologia molecolare, nel mondo arabo non sono annunciate ricerche di alcun genere. Il 90 per cento di tutte le ricerche pubblicate nei paesi arabi ascrivibile alle scienze applicate. Gli investimenti solo ridicoli: mentre i paesi sviluppati investono il 5 per cento del PIL, quelli del mondo arabo si limitano allo 0,2 per cento. Gli autori fanno inoltre notare come un pensiero scientifico fosse molto fiorente e allavanguardia nel mondo durante la fase pi alta del califfato degli Abbasidi, dallVIII al X secolo; in tale periodo inoltre la traduzione dal greco era in grande scala: non sempre il mondo arabo stato come oggi, perch esisteva una cultura del sapere.Mehmed Ali, nella prima met del XIX secolo, aveva attuato un modello di modernizzazione della cultura, ma questo non si basava su una autogenerazione del sapere, bens nellapprendimento della cultura francese. Poco port al complesso sociale della comunit.

Gli autori informano il lettore che la ricerca sociologica ha fatto il suo ingresso nel mondo arabo solo negli anni Sessanta. Fino a questo momento le conoscienze sullOccidente erano poco diffuse e ci era alla base di idee che sfociano nellimmaginazione di complotti e interpretazioni fantasiose della storia.

E un fenomeno di grande portata la fuga dei cervelli; inoltre, mentre individualmente lo studio proficuo, manca uno sviluppo costante del sapere, una cultura basata su una formazione comune di idee condivise. Manca collettivit. La libert, come forza produttiva, ostacolata in ogni modo, causandone il blocco. Gli investitori non sono tutelati, perch la situazione politica instabile. Il potere tende a intervenire in ciascun ambito della comunit. La scienza e luniversit non sono libere di operare secondo criteri professionali e con gli annessi vantaggi qualitativi. Gli accademici e gli intellettuali sono tenuti a soddisfare le richieste del potere.

Manca del tutto una sfera pubblica che rifletta la societ e perci controlli il potere.

Negli stati arabi, la libert, concessa al cittadino, minima nel mondo. Lo stesso concetto di libert europeo e nessuna parola araba lo pu rendere adeguatamente. Esistono tuttal pi i concetti di giustizia, buon governo e imparzialit, ma tutte sono concesse dal sovrano. Nel patrimonio linguistico arabo la giustizia considerata pi importante della libert, anche se alcune indagini dellAHDR dimostrano che i concetti di libert e democrazia, intesi in senso moderno, raggiungono alti livelli di consenso.

I paesi arabi devono essere considerati poveri. La causa potrebbe essere attribuibile al petrolio, origine di ricchezza, ma che non genera competitivit produttiva. La disponibilit di un gran numero di fondi ha portato ha un benessere facile, riducendo le attivit convenzionali, in primis la cultura. Si formata una struttura di rendita fondiaria. La maggior parte dei paesi arabi un rendier state. Cos il potere diventa fonte di ricchezza: spetta allo stato decidere come e a che scopo disporre del patrimonio che scaturisce dal terreno. Arbitrariamente: il potere e la ricchezza si trovano in ununica mano; la politica non differente dalleconomia. Il fenomeno che ne deriva la corruzione.I problemi del Medio Oriente non sono nuovi, ma oggi in clima di globalizzazione sono pi urgenti: bisogna dare una spiegazione alle chiare differenze. 2. GEOPOLITICA E MONDO DELLA FEDE.

RADICALIZZAZIONE NELLORIENTE ISLAMICO

Lattentato alle torri gemelle del 2001 e la crisi del mondo islamico sembrano legati da un invisibile filo: lOccidente da punire perch lOccidente, causa dei mali degli arabi.LAHDR individua nella massiccia spinta produttiva internazionale e nel tramonto del comunismo e dell Unione sovietica i due elementi in grado di spiegare la crisi degli anni Novanta nel mondo arabo. Innovazione tecnologica, crescita e democratizzazione si intrecciavano ovunque, meno che in ambito musulmano. La situazione si aggrav e divenne evidente col crollo del comunismo: lUnione Sovietica aveva fino ad allora oscurato questa trista realt, perch aveva promesso uno sviluppo indirizzato alla modernit, alternativo a quello proposto dallOccidente. Ma col suo fallimento venne smentita unalternativa. Rimase solo lOccidente.Fin anche leffetto stabilizzatore in Medio Oriente della guerra fredda, esercitato per pi di quarantanni. Questo vale sia per il conflitto arabo-israeliano, sia per quello indo-pakistano-

La guerra fredda aveva convertito alle proprie logiche linfluenza britannica tra la Palestina e il Kashmir. Con la sua fine nel 1989, venne meno quel controllo. Nel 1990 Saddam Hussein invase il Kuwait. Negli anni Ottanta, inizi il conflitto in Afganistan e la guerra Iran-Iraq. La rivoluzione islamica in Iran del 1979 rimase estrania alle logiche della guerra fredda: Saddam sfrutt lisolamento internazionale dellIran dalle due superpotenze, per affrontare frontalmente il suo giurato nemico. Nello stesso anno Unione sovietiva intervenne in Afganistan; lintervento degli Stati Uniti nella terra neutrale scaten una guerra, le cui conseguenze si sentono ancora oggi.Il 1924 lanno chiave per comprendere la crisi del mondo islamico: grandi riforme avvennero in Turchia, fra i quali lintroduzione dellalfabeto latino (1928). Venne rotto il legame simbolico fra Dio e il mondo. Il califfo fu estromesso dal paese.Nel XIX secolo, Russia e Inghilterra si contendevano lAsia centrale e anteriore. La politica inglese era benevola nei confronti degli ottomani e aveva un solo obiettivo: la difesa dei suoi possedimenti indiani. Progressivamente, lInghilterra si era allontanata dai turchi, fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, col crollo dellimpero.Dopo la sconfitta di Santo Stefano del 1876 dei turchi, il premier Disraeli aveva dichiarato lInghilterra potenza musulmana ed era favorevole ai turchi; mentre i liberali di Gladstone fomentarono contro Disraeli una campagna che metteva in luce le efferatezze dei turchi in bulgaria. Con la guerra russo-turca del 1877-78 si dest il sentimento panislamico dei musulmani indiani, che entrarono nellorbita delle istituzioni islamiche dellimpero ottomano. Cos quando dopo la prima guerra mondiale divenne di pubblico dominio lintenzione delle potenze vincitrici di frazionare limpero ottomano, questo port un notevole disagio inglese in India. Le istituzioni islamiche di Istanbul si unirono alla lotta anticoloniale per lindipendenza indiana.

Il fondamentalismo islamico ha due origini: lIndia e lEgitto. Sebbene in India fosse raccolto il pi alto numero di musulmani a livello mondiale, essi vivevano una diaspora musulmana: non esisteva un dominio musulmano in India e inoltre dovevano convivere con glind. Nacque lesigenza di uno stato musulmano in territorio indiano, che venne realizzato nel 1947: il Pakistan. In precedenza, i musulmani indiani avevano reagivano in base alla loro esperienza di minoranza: si erano dovuti difendere. Allo stesso modo ci si doveva opporre alloppressione occidentale: le istituzioni, la cultura scientifico-razionale, la sua potenza militare. Il teorico Mududi risolse facilmente ogni problema: escluse a priori ogni possibilit di confronto. LIslam era libero da ogni paragone umiliante, libero di costruirsi un modello esclusivamente autoreferenziale, perch garantiva alluomo di trovare rifugio in Dio. Rifiut in blocco lilluminismo: luomo non n autonomo, n libero; non prende le sue decisioni, ma Dio, che dispone della sua creatura per mezzo delle leggi dellIslam. Solo Dio sovrano e la legge divina perfetta, quindi immutabile. LIslam divenne un contesto onnicomprensivo, che intreccia fede e vita. Sottomissione a Dio, ma rivolta contro linfedele, ovvero loccidente.Analogamente, in Egitto, si form un movimento islamico indipendente di rinnovamento e autocoscienza, ma anche un movimento di rivendicazione sociale: la Fratellanza musulmana, fondata nel 1928. Paradossalmente non miravano a un futuro, ma al ritorno(salafiyya) a una condizione originaria di grazia, un ritorno alle origini. I musulmani che usavano le innovazioni tecnologiche delloccidente, come il battello a vapore, andavano contro al volere di Dio. LIslam si trasforma in movimento politico. La Fratellanza ebbe un grande riscontro sociale.Esponente di spicco Sayyid Qutb (9 ottobre190629 agosto1966): combatt il nazionalismo del regime di Nasser con atti violenti. Fin giustiziato. Secondo la sua visione dellIslam ogni nazionalismo adava contro alluniversalit dei musulmani, e come tale era espressione di paganesimo. Scrisse uninterpretazione del Corano in trenta volumi: lIslam rappresenterebbe una realt divina chiusa in s, che non pu confrontarsi con la visione occidentale del sapere, e nemmeno con la sua modernit. I musulmani vivrebbero in un tempo eterno impregnato di sacralit, per il quale ogni concezione storica del tempo e un anatema. Tutto sarebbe prescritto nel Corano e nella Sunna. Qualsiasi cambiamento equivarrebbe a uneresia. Ai compromessi i adattamenti di altre ideologie veniva dichiarata guerra. Sayyid Qutb rifiutava lassimilazione spirituale del patrimonio greco, soprattutto la filosofia neoplatonica. Trovava nellunit fra uomo e Dio il fondamento di ogni ordine e posizione. Il discorso di Cristo di dare a Dio ci che di Dio e a Cesare ci che di Cesare conterrebbe gi in s la scissione che avrebbe portato a quellalienazione caratteristica della modernit occidentale. In parte questanalisi giusta perch alla base dellOccidente stava una tensione istituzionale fra imperium e sacerdotium; da qua la libert del singolo di scegliere se seguire limperatore o il papa. La libert il frutto di questo dissidio interiore. LIslam invece parla di unit: unit di religione e potere, accolta in Dio e rappresentata in terra dal califfo, che ne lombra. Tutto accolto in uno: in Dio e nella sua legge.

Il peccato originale delloccidente dunque lalienazione di Dio dal mondo e poco importa che da questa tensione interiore sia una forte spinta culturale. Il modernismo un nemico da abbattere.

La condizione dei musulmani era misera e necessitava di una diagnosi e di una terapia. Perch erano in quella situazione? La risposta semplice: perch si erano allontanati dalla retta via. Solo il richiamo alle origini avrebbe potuto promettere un miglioramento. E lo sguardo allindietro indirizzato verso unutopia: lideale del primo Islam, il tempo dei profeti e dei califfi illuminati, il tempo sacro dellIslam.Negli anni Ottanta gli islmisti di tutto il mondo si riunirono in Afganistan.

3. SCRITTURA E LINGUA. SUL RIFIUTO SACRALE DELLA STAMPA

Gli autori dellAHDR individuano allunanimit un ostacolo della modernit araba, ovvero lesistenza di due lingue: una letteraria scritta e una volgare. Questa separazione porta alla formazione di due sfere di comunicazione divise che si ostacolano a vicenda. In questo modo si sbarra la strada allo sviluppo.Il carattere sacro della lingua letteraria rimane tale anche quando esprime contenuti profani. Al contrario le esperienze di vita quotidiana realizzate nella lingua colloquiale non riescono ad attingere al serbatoio della lingua letteraria. Lostacolo che un fenomeno deve superare per diventare parola scritta in modo durevole alto. La lingua letteraria per la sua complessit ha un effetto frenante: la lingua sarebbe ermetica perch custode gelosa della sacralit. A differenza di altre lingue orientali, come il persiano, larabo non ha una seconda lignua scritta e questo un grave deficit.Il blocco rappresentato dal sacro evidente per quello che riguarda la stampa, che fu introdotta nei paesi arabi solo dopo trecento anni la sua effettiva invenzione. E questo port a un grande ritardo nella diffusione della cultura e quindi di sapere, che in Europa era ormai diventato un bene pubblico. La lettura individuale sostitu lascolto collettivo.Nellislam invece si continu a tramandare i testi attraverso la parola parlata e recitata, quindi tramite ludito. La quantit di sapere rimase limitata. Nel medioevo musulmano si dimostrava grande diffidenza nei confronti del testo scritto: solo il Corano andava riprodotto, tutto il resto creava diffusione nei fedeli. La distanza da ci che scritto porta a una generale diffidenza nei confronti dello scrivere: la scrittura porterebbe a un secondo libro. Ci ha dato vita a una lunga tradizione di oralit, memorizzazione e recitazione. La distruzione prima della morte di tutti gli scritti e i libri raccolti nel corso della propria vita era un elemento culturale del primo islam: non per una questione di privacy, ma per evitare che a causa di cattive interpretazioni potessero dare adito a eresie. Inoltre la lingua parlata considerata pi vicina alloggetto da rappresentare: pi viva, spontanea e immadiata. Non da ultimo loralit serve a mantenere il sapere in una stretta cerchia di eletti.La necessit della trasmissione orale del testo risiede anche nella complessa fonologia della lingua araba e nella struttura della scrittura: solo allatto di parlare le consonanti e le vocali vengono legate le une alle altre, poich in arabo i segni grafici rappresentano solamente i fonemi consonantici e le vocali lunghe. La giustezza dellenunciato dipende dalla giusta intonazione. Quindi il testo originario attraverso la forma scritta perde la sua religiosit pura; ma questo non avvenuto in Occidente, anzi si apr una nuova concezione del tempo: se prima il sacro era incatenato alleternit, ora la chiesa si riconcili con il concetto di tempo accelerato, perch fu solo grazie alla nuova tecnica che la grazia dellannuncio pot diffondersi illimitatamente..Il Corano fu pubblicato solo nel 1828, ma tramite litografia dei caratteri originali, non a caratteri mobili, per conservarne laurea sacra. La lingua letteraria non padroneggiata appieno da larga parte della popolazione. La stragrande maggioranza continua a usare la lingua volgare, rimanendo tagliata fuori dalla cultura.

4.LA STORIA E LA LEGGE. SULLA TRASFORMAZIONE DEL TEMPO SACRO IN TEMPO PROFANO

Il codice giuridico sempre sacro quando ignora il tempo o quando addirittura tenta di fermarlo. E il tempo pu essere fermato dal diritto intriso di sacralit, perch il diritto rappresenta praticamente tutto. Sembrerebbe che lislam non conosca la storia, il che un errore. La differenza con la cristianit sta nel fatto che in occidente si inizi a pensare la storia come un movimento, come un progresso. Non di qualcosa, ma storia in se e per s. La storia non fu pi pensata come provvidenza di Dio, ma come fatta dalluomo. Dio usc dalla storia. Il primo a formulare questa teoria fu G. Vico. Nel processo denominato secolarizzazione, si procedette alla trasformazione del divino in terreno; anche nella storia. La mano di Dio si trasform in mano invisibile. Lescatologia divenne storia; il progresso and in avanti.

Limmagine storica occidentale eurocentrica: spazio e tempo si intrecciano. La periodizzazione della storia legata agli spazi che ospitavano queste fasi. E problematico il trasferimento di epoche storiche e nomenclature del tempo in altre civilt, per esempio parlare di medioevo islamico; ma evidente che le correlazioni fra i tempi non sono compatibili. Quindi storicamente errato considerare la storia europea come universale: lo sviluppo asimmetrico a seconda della civilt.Nellislam la successione dinastica va intesa come una sorta di periodizzazione storica. Le cronache e le descrizioni tengono conto di questa suddivisione per narrare avvenimenti ed eventi. Cos il potere che prende il nome della dinastia del momento considerato un cosmo in movimento storico chiuso in s. Secondo lo storico Ibn Khaldun, la storia segue un movimento circolare. Linsorgere di un pensiero progressista impostato linearmente impedito dalle esistenti e quasi immutabili realt. Questa visione dovuta alla scelta obbligata del potere centrale, per ragioni morfologiche, climatiche e geografiche del territorio arabo: il potere nasce e muore, cos costretta alla ripetizione in modo quasi naturale, la storia si muove circolarmente in una formale prigionia. Linfinitudine di questo processo compatibile con una concezione del tempo nella quale iscritto il senso di eternit.La rivelazione islamica si differenzia dalle altre religioni rivelate per quanto riguarda lorientamento temporale: la realt di vita ideale, a cui tendere, non si trova nel futuro, bens nel passato. I decenni ideali dallesodo del profeta dalla Mecca a Medina nel 622, fino alla fase, terminata nel 661, dei quattro califfi detti i ben guidati che successero il profeta. Bisogna ripristinare il tempo dorigine: paradossalmente tutte le innovazioni sono considerate regresso. L imitazione del passato avviene attraverso il rigoroso compimento della legge sacra, la Sunna: lagire umano non regolato dalla storia come movimento di spazio e tempo, il cui corso va interpretato, bens dalla legge divina.CommentoQuando ho deciso di leggere questo libro, la mia aspettativa era quella di leggere un saggio storico attuale, che mi facesse comprendere alcuni dei motivi per i quali la societ islamica evidentemente in crisi. Mi sono precedentemente scontrato con questo tema, trattando delle origini cristiane dellEuropa, nel libro Senza radici di J. Ratzinger e M. Pera; lidea di entrambe gli autori era che esistessero dei valori universali nellottica cristiana, imprescindibili per una comunit moderna, in assenza dei quali sarebbe impossibile una convivenza pacifica. Ma se chiaro che alcuni valori tipicamente occidentali, quali la libert, la democrazia, lidea di uno stato al servizio del cittadino, sono comunemente accettati in Europa, tanto da risultare, a torto, scontati, la nostra condizione, inevitabilmente, non per senso di superiorit o orgoglio, ci porta a confrontarci con una realt altra, unaltra dimensione speziale e temporale. Tutto il mondo stato, in questi ultimi decenni, influenzato sensibilmente dalloccidente, tutto tranne il mondo arabo, che sembra anacronisticamente ostinarsi a una repulsione acritica, cieca, insensibile a una condizione migliore. Ci si pu chiedere come possibile che dei paesi con una cultura cos antica rifiutino il progresso? Come possibile che, per conservare una distorta visione del tempo, fuggano un occasione di benessere per i propri cittadini? Non si tratta di rinnegare le proprie origini, bens di servirsi di strumenti allavanguardia per salvaguardare la persona umana, con i suoi diritti. Certo sono osservazioni un po superficiali, ma naturali. In effetti, la situazione non di facile risoluzione, anzi la sua complessit mi ha stupito. Non si tratta di decidere un cambiamento, bens tutta la societ: impossibile compiere riforme singole, perch ci comporterebbe una rivoluzione dagli effetti imprevedibili. Il pregio di questo libro che lautore cerca apertamente lobiettivit: non cerca una soluzione e non pensa di averla trovata; presenta dati, cause ed effetti, senza trascurare la storia, da un punto di vista complessivo, senza fossilizzarsi su particolari, senza mai perdere la globalit che la questione comporta. Gli elementi del puzzle si incastrano intelligentemente, gli eventi si concatenano in modo fluido, senza intoppi. Gli stessi capitoli del libro sono da considerarsi dei saggi brevi. Il difetto principale che spesso i fatti sono esposti disordinatamente: alcune lautore riprende un concetto gi trattato, altre volte accosta due idee sconnesse o usa periodi contorti. Incomprensibile la scelta di ripercorrere la storia dellislam, senza seguire lordine cronologico dei fatti. E invece positiva la scelta di porre frequenti domande dirette al lettore, aprendo un dialogo, quasi a interrogare linterlocutore, quasi a invitarlo a porsi dei problemi, a mettersi nei panni di un musulmano e cercare attivamente delle soluzioni.La situazione degli stati arabi apertamente disastrosa, ma lautore non punta lindice contro unistituzione, contro la religione o lo stato. Non accusa nemmeno loccidente: lislam si deve prendere le sue responsabilit, guardarsi allo specchio e trovare delle soluzioni. Una grande molteplicit di fattori hanno contribuito a questo tracollo, nessuno da escludere, tutti legati lun laltro; ed proprio questa interdipendenza di tutti i fattori a rendere la questione complessa. Credo sia evidente che queste circostanze siano state causate dalla grande presenza della religione, che poi coincide con lo stato: in ogni singolo capitolo del libro viene ripresa questa tematica. Pervade tutto: lorientamento del tempo, dello spazio, la diffusione del sapere, la lingua, la storia ecc.Particolarmente interessante il capitolo sulla scrittura. Oggi, con tutti i mezzi di comunicazione di cui disponiamo sembra assurdo non disporre a piacere della propria lingua; eppure la realt. Questa situazione, quasi paradossale, per la quale la lingua che determina la societ e non viceversa, apre una riflessione sullimportanza della lingua oggi. E possibile che un popolo si esprima con una lingua che non gli appartiene? O il pensiero stesso che a seconda del contesto storico nel quale si sviluppa richiede un modo diverso per essere comunicato, altrimenti perderebbe il proprio contenuto? Pu esistere una lingua eterna o la lingua uno strumento delluomo, al di fuori del quale non avrebbe senso?Il saggio rafforza la mia idea della necessit dellEuropa di mantenere le proprie origini cristiane. Il confronto, qualora sia attuabile, deve condurre a delle conclusioni; non si deve risolvere in un generico ma insipido rispetto reciproco, che comunque non deve mancare. Il dialogo porta naturalmente a una condizione per cui una civilt risulta migliore, non dico superiore, migliore di unaltra; e in base a queste differenze si pu attuare uninversione di tendenza. Credo nei piccoli cambiamenti, che conducano a un progresso lento, ma inesorabile, che forse sar anche attuato nellislam. Ma chi deve agire? LOccidente? Oppure necessaria una presa di coscienza da parte dellislam? Bisogna lasciare che questo processo avvenga naturalmente o bisogna incoraggiarlo? Come?Analisi epistemologica1. Il saggio non di carattere nomologico, infatti non si serve di leggi o generalizzazioni, si limita a spiegare i fatti concreti. Linterpretazione che viene data oggettiva e consapevole, tendo conto di vari elementi nella loro globalit.

2. La spiegazione del presente saggio ellittica approfondendo diversi temi diversi nei vari capitoli, ma sempre attraverso contestualizzazioni pi ampie. Tuttavia, talvolta lautore sente lesigenza di ampliare la propria prospettiva inserendo degli excursus integrativi, che per non conpromettono la fluidit del saggio e nemmeno la sua coerenza logica.

3. Il saggio non ha la pretesa di trovare leggi: non teoretico, ma divulgativo.4. Le leggi universali dellislam circa il tempo, la storia e la ricerca di un passato ideale, servono allautore per spiegare la crisi odierna. Le leggi universali circolari dellislam vengono comparate a quelle europee di linearit e progresso, senza per raggiungere conclusioni definitive. Lautore sembra non volersi esporsi troppo.5. Il saggio non tratta di fatti bruti, ovvero astratti dalla realt, a se stanti, ma li mette in relazione con le cause, seguendo un filo logico preciso e fluido.6. Il passato si muove con noi e questo libro ne una dimostrazione evidente: mette in luce il riflesso dellepistemologia storica sacra islamica con il presente. 7. Il saggio selettivo, ma si permette degli excursus di carattere vario.

8. Il saggio stato scritto da una sola persona.

9. Il saggio non descrive alcuna causa assoluta, ma sempre una combinazione, della quale da una propria spiegazione circa la priorit delle cause.

10. La spiegazione stoica non definitiva, ma potrebbe essere falsificata e si basa su falsificazioni di altre interpretazioni storiografiche (lAHDR).