il trattato di orchestrazione di berlioz. appunti inediti di dallapiccola

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Berlioz/Dallapiccola

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    146 HORTUS MUSICUS N 21 GENNAIO-MARZO 2005

    Il trattato di orchestrazione di Berlioz: appunti inediti di Luigi Dallapiccola*

    di Roberto Illiano

    I. Nella sua attivit di compositore, Luigi Dallapiccola afanc le ricerche sulle potenzialit espressive insite nelle serie dodecafoniche allo studio della strumen-tazione orchestrale, tenendo in particolar modo presente il Trait dinstrumenta-tion di Berlioz, unopera di preveggenza che egli poneva sullo stesso livello della Harmonielehre di Arnold Schnberg:1

    Mi ha fatto particolarmente piacere leg-gere che Ella ha rilevato il lato umano della Harmonielehre di Schnberg. In que-sto senso considero che tale lavoro abbia un solo fratello a me noto : il Trattato di Strumentazione e dOrchestrazione moderna di Berlioz; altro Grande su cui non ci si ancora messi daccordo: cos grande che sfugge a ogni catalogazione.2

    Dallapiccola considerava il lavoro di Berlioz fratello di quello di Schnberg, in quanto entrambi avendo in comune lil-limitato bisogno di ricerca, il desiderio di vedere il fondo delle cose e la spinta fon-damentale verso il futuro hanno aperto una nuova strada nella teorizzazione del-lorchestrazione moderna.3

    Nel 1842, due anni prima della pubbli-cazione del Trait di Berlioz, il Teatro alla Scala di Milano ospita la prima rappresen-tazione di Nabucco e, un anno dopo, Der iegende Hollnder viene allestito al Teatro di Corte di Dresda: Ognuno sa cosa sia accaduto nel mondo strumentale dopo due eventi di tale portata.4 Berlioz cosciente di essere il primo a parlare diffusamente di strumentazione legata al timbro degli stru-menti e al loro carattere espressivo5 e sente il peso di questa responsabilit.6 Sotto que-sto aspetto Dallapiccola accomuna Berlioz a Busoni, che nella sua Relazione sui terzi di tono scrive:

    Sono passati circa sedici anni da quando ssai teoricamente il principio di un pos-sibile sistema basato sui terzi di tono e no ad oggi non mi sono deciso ad annunciarlo in modo denitivo. Perch? Perch il com-pito di porne le prime basi mi addossa una responsabilit di cui mi rendo ben conto.7

    LOp. 10 di Berlioz ha un elemento che

    la rende diversa e superiore a tutti gli altri trattati: lattenzione per lorchestrazione come composizione. Il frontespizio ori-ginale, infatti, riporta Grande trattato di Strumentazione e Orchestrazione moderna contenente lindicazione esatta delle esten-sioni, unesposizione del meccanismo, e lo studio del timbro e del carattere espres-sivo dei diversi strumenti.8 Dallapic-cola reputa il Trait di Berlioz un lavoro di creazione9 al quale ogni valido metodo di orchestrazione successivo debitore. Egli esamina essenzialmente quattro trat-tati quelli di Franois-August Gevaert, Charles-Marie Widor, Richard Strauss e Egon Wellesz e con il primo, il Trait gnral dinstrumentation di Gevaert,10 molto severo:

    Questa prima edizione [1863], a parte un numero rilevante di bellissimi esempi tratti da Rossini (e in modo speciale dal Guglielmo Tell), a parte alcune interessanti considerazioni sulle leggi acustiche che pre-siedono alla costruzione degli strumenti, mi sembra quanto mai pedestre. Quando commenta passi musicali gi commentati dal Berlioz incolore e sbaglia regolar-mente il bersaglio.11

    Con tono ironico, Dallapiccola sot-tolinea che lunica grande originalit del Gevaert aver ignorato totalmente ledi-zione del trattato di Berlioz e, soprattutto, della sua musica:

    Non vi si trova un solo esempio di musiche del Berlioz. Ma, in compenso, ce n uno insignicante quanto mai del Cherubini. Lodio c[h]erubiniano per Berlioz pass direttamente al Gevaert.12

    Al 1904 risale la Technique de lorches-tre moderne di Charles-Marie Widor,13 lo stesso anno in cui Richard Strauss rma la prefazione al suo trattato. A sessantanni dalla prima edizione si avvertiva lesigenza di un aggiornamento dellopera di Berlioz, perch nel frattempo erano stati costruiti nuovi strumenti e altri erano stati aggior-nati. Widor si pone con un atteggiamento molto umile di fronte al trattato di Ber-lioz, considerando la propria Technique un post-scriptum a esso. Un post-scriptum di 298 pagine, fa notare Dallapiccola:

    Egli sentiva che il Trattato di Berlioz opera di genio quindi irripetibile, e che la sua era unintelligente, onesta e coscien-ziosa opera di ricerca e compilazione.14

    Diverso il risultato ottenuto da Richard Strauss,15 n ci pu meravigliare dato che, sia o non sia di nostro gusto, rimane una delle gure imprescindibili del nostro secolo.16 Strauss cerca di integrare il Trait delle necessarie aggiunte tecniche sugli strumenti, ponendo laccento sulle novit nel campo dellorchestrazione e si riferisce in primo luogo a Wagner, che nella Tetralogia aveva richiesto strumenti con maggiore estensione, come la tromba bassa. Ma la differenza fra orchestrazione e strumentazione, gi presente in Berlioz e indicata, come abbiamo visto, nellinte-stazione del suo trattato, non viene chia-rita nelledizione di Strauss. Sar invece Busoni, nel novembre del 1905, a spiegare la vera differenza fra questi due concetti:

    * Nel 1970 Dallapiccola registr 5 trasmissioni radiofoniche da titolo Centenario di Hector Berlioz: Grande trattato di strumentazione e orchestra-zione moderne di Hector Berlioz, utilizzandole lanno successivo per un seminario che il compositore tenne allAccademia Chigiana di Siena. Datate 18 e 25 marzo, 1, 8 e 15 aprile, le puntate furono trasmesse in prima serata dal III programma radiofonico nazionale, fra le 21.30 e le 22.30. Il presente contributo costruito basandosi sui seguenti manoscritti inediti conservati al Fondo Dallapiccola del Gabinetto Vieusseux di Firenze: LD. LII. 1 (Il Grande trattato di strumentazione e di orchestrazione moderne di Hector Berlioz, 9 marzo 1970, copia fotostatica dellautografo contenente il testo del programma radiofonico, con correzioni a penna verde e a matita), LD. LI. 16 (testo manoscritto delle lezioni tenute a Siena con correzioni per le lezioni del Musicus Concentus di Firenze e per le trasmissioni radiofoniche, 1970-1974), LD. LII. 2 (testo dattiloscritto e ciclostilato del seminario tenuto allAccademia Chigiana di Siena, 2-6 agosto 1971). Cfr. Fondo Luigi Dallapiccola. Autogra, scritti a stampa, bibliograa critica con un elenco dei corri-spondenti, a cura di Mila De Santis, Edizioni Polistampa, Firenze 1995 (Gabinetto G.P. Vieusseux, Archivio Contemporaneo A. Bonsanti. Inventari, 5), nn. 554, 556, 563, pp. 139-141. Si ringrazia Anna Libera Dallapiccola e la direzione del Gabinetto G.B. Vieusseux di Firenze per aver consentito la consultazione e la parziale pubblicazione del materiale autografo di Luigi Dallapiccola presentato in questa sede.

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    Non occorre insistere sul fatto che, nono-stante le riserve cui ho fatto cenno, il lavoro dello Strauss meriti il pi grande rispetto e la pi grande ammirazione. La sua gran-dezza di compositore spesso lo port a commenti geniali, la sua grandezza di diret-tore dorchestra gli permise di notare parti-colari di inverosimile sottigliezza17

    In un suo breve scritto intitolato Qual-che appunto sulla strumentazione, Busoni distingue tra orchestrazione assoluta e strumentazione.18 La prima, lorchestra-zione assoluta, considerata un procedi-mento creativo e in questo senso il solo da considerarsi autentico fra i compo-sitori citati da Busoni come autentici vi sono Mozart, Weber, Wagner e Berlioz. La strumentazione, invece, riguarda pro-

    priamente larrangiamento, ossia la trascri-zione orchestrale di ci che in origine era pensato per un altro strumento.

    Busoni era per davvero in anticipo sul suo tempo: Strauss, nellappendice al Berlioz, lo deve aver deluso. Strauss non ha guar-dato al futuro e, fra i suoi contemporanei, se ha fatto un paio di volte il nome di Mah-ler, non ne ha citato nemmeno un esempio. Debussy, vi totalmente ignorato.19

    Busoni avrebbe desiderato pure che Strauss insegnasse quella necessaria disposizione che nellorchestra assume la funzione del pedale nel pianoforte.20 Egli parla di un espediente orchestrale atto a riempire e legare il suono proprio come il pedale destro nel pianoforte. Dallapiccola

    recepisce questa lezione e la mette in pra-tica, per esempio, nelle sue Variazioni del 1954, versione orchestrale del Quaderno musicale di Annalibera per pianoforte. Nellorchestrare il n. I delle Variazioni, infatti, la viola, invece di eseguire ottavi come era indicato nel relativo brano pia-nistico del Quaderno (Simbolo), reca degli ottavi puntati, per suggerire un leggero prolungamento del suono pari a quello del pedale del pianoforte (Es. 1).

    Negli anni 30 Luigi Dallapiccola tra-duce in italiano il libro di Wellesz Die neue Instrumentation (Berlino 1928/29) insieme alla moglie Laura. Esso doveva essere pubblicato in Italia presso leditore Tumminelli (Milano), ma lavvento delle leggi razziali del 38 fa naufragare il pro-getto. Nelle parole introduttive, Wellesz mette in rilievo che la sua strumentazione riprende l dove il trattato di Berlioz, con le aggiunte di Richard Strauss, si conclude, e che nel 1929 il testo di Berlioz era ancora un modello insuperato.

    II. Nellanalisi dei singoli strumenti del-lorchestra condotta da Berlioz, Dallapic-cola sottolinea che il compositore francese vive la vita dei propri strumenti, in quanto li contestualizza sempre allinterno dei problemi estetici della tecnica orchestrale. Lautore offre la descrizione di ogni stru-mento, senza incorrere nei luoghi comuni secondo i quali uno strumento ha un carat-tere eroico piuttosto che pastorale.

    Dallapiccola cita pi volte la Symphonie fantastique di Berlioz, poich costitui-sce il primo gradino di quel processo di aumento dellorganico orchestrale (e della sonorit che ne deriva) che continuer per ottantanni: sino al 1910 cio sino allOt-tava Sinfonia di Gustav Mahler. In due parole: con la Sinfonia fantastica Berlioz passato dallorchestra classica alla grande orchestra.21

    Daniel Halry, in una pagina della com-mossa e commovente biograa di Friedrich Nietzche, esclama: In quante cose stato inferiore al suo compito! e le enumera, e le giustica.Su Berlioz quante volte stato scritto e detto (talora persino pensato) che non sapeva La musica; frase, questa, di note-vole oscurit perch La musica cosa assai vasta e le sue ramicazioni sono senza ne [] Di fronte a opere come la Sinfonia fantastica o come Romeo e Giulietta per limitare al minimo lesemplicazione si tentati di rispondere che, se non sapeva La musica, la inventava; inventava, cio, la sua musica, che non somiglia a nessunaltra.22

    Durante la trattazione relativa alla fami-glia dei clarinetti, Berlioz afferma che il clarinetto in Mif stato impiegato in una

    Es. 1: Luigi Dallapiccola, Variazioni per orchestra, I - Quasi lento, misterioso, miss. 7-12.

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    sinfonia moderna per parodiare, degradare, incanagliare [] una melodia; egli tace il nome dellautore e il titolo della sinfo-nia (la sua Op. 14), cos come evita di dichiarare di essere stato il primo a introdurre questo strumento nellorchestra sinfonica:

    Nella Fantastica, il cosiddetto tema dellidea ssa che rappresenta la donna amata appare per la prima volta nellAllegro del primo tempo, e far capolino pi o meno trasformato in ciascuno degli altri movimenti della Sinfonia: cos nella scena della festa da ballo, come nella scena in campagna. [] nel quarto tempo [], sotto linusso delloppio, il composi-tore sogna di aver ucciso la donna amata [] nel quinto movimento la donna gli riappare, in mezzo a streghe e a mostri di ogni genere, radunatisi per assistere al funerale del compositore. Il tema lidea ssa qui deformato e reso spregevole. Berlioz lo ha afdato al Clarinetto in Mi bemolle, servendosi del timbro stridulo e triviale di questo strumento per dare lidea dellabbiezione.23

    Es. 2: Hector Berlioz, Symphonie fantastique, I. Allegro agitato e appassionato assai, miss. 72-80.

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    Es. 3: Hector Berlioz, Symphonie fantastique, V. Songe dune Nuit du Sabbat, miss. 40-46.

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    La prima volta che Dallapiccola cita lOp. 14 di Berlioz a pro-posito del corno inglese. Nella chiusa della Scena in campagna, il compositore afda al corno inglese frammenti della frase iniziale del pezzo, accompagnati unicamente da quattro timpani:

    I sentimenti di assenza, di oblio, di doloroso isolamento che levo-cazione di questa melodia abbandonata suscita nellanimo di certi ascoltatori non avrebbero la quarta parte della loro efcacia se fosse cantata da uno strumento che non fosse il Corno Inglese.24

    Es. 4: Hector Berlioz, Symphonie fantastique, III. Scne aux Champs, miss. 179-192.

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    Inne, ne parla ancora a proposito delle campane, e questa volta citando una sua esperienza come ascoltatore:

    Una volta sola ho avuto la fortuna di sentire la Fantastica di Ber-lioz coi Do-Sol eseguiti su campane a calotta sferica: Charles Munch dirigeva lorchestra sinfonica di Boston. Tale fortuna mi tocc or sono ventanni: leffetto risultante da campane inimmaginabile e indimenticabile. Non si tratta di un particolare, credetemi: bastano quelle poche note a conferire a tutta lesecuzione un livello inde-scrivibile. In poche parole: leffetto realizza nalmente quello che il musicista pu immaginare e sentire leggendo la partitura!25

    Dallapiccola attribuisce a Berlioz molte invenzioni nel campo dellorchestrazione moderna. Una di queste si riferisce ai cosid-detti suoni-pedale. Il Kastner, nel Supplment del 1844 al suo Trait gnral dinstrumentation, riferisce della possibilit di ottenere dal trombone tenore quattro suoni nel registro pi grave (suoni-pedale) e sostiene che Berlioz fu il primo a impiegarli nel suo Requiem. Diversamente, il Gavaert ne attribuisce la pater-nit a Louis Joseph Ferdinand Hrold, che nella sua opera Zampa (ou La ance de marbre, 1831) fa scendere il trombone no al Sif basso:

    Ho gi detto, parlando del Trattato del Gavaert, che costui aveva ereditato da Luigi Cherubini lodio pi implacabile per Berlioz. [] Desiderava il Gavaert con cos diligente musicologica precisazione far presente alla posterit che non era stato Berlioz a scoprire i suoni-Pedale? Sembrerebbe di s. Lodio favorisce lingenuit, i suoi frutti non giungono a maturazione. Voler parlare di posterit del Gavaert sarebbe ridicolo, in quanto non lha avuta. Su Berlioz si discute ancora e ancora oggi sfugge ad ogni catalogazione; segno questo della sua perenne vitalit. Lasciamo senza rimpianto dietro di noi le mise-rie dei compositori mancati26

    A proposito di questi suoni, Dallapiccola porta ad esempio il Requiem di Berlioz, e pi precisamente lHostias, dove il com-positore utilizza otto tromboni allunisono che eseguono tre suoni-pedale, mentre i auti, nel silenzio generale dellorchestra, rispondono nel registro acuto: Un effetto del tutto inventato e unico nella storia dellorchestra.27 (Es. 5)

    Dallapiccola ci racconta anche la prima prova del Requiem con-dotta dallo stesso Berlioz; egli attinge dal materiale autobiograco del compositore francese e lo arricchisce di valutazioni sulla per-sonalit dello stesso:

    Eccolo sul podio: d lattacco sul Si agli otto Tromboni Tenori; gli risponde il silenzio generale. Ipersensibile e certo sofferente di mania di persecuzione, domanda con ira che stia succedendo. Non abbiamo queste note gli rispondono alcuni dei suonatori. Come? tuona Berlioz. Il vostro strumento dispone di una colonna daria di 2 m e 75 cm. E deve poter produrre questo suono: lho calcolato. Intanto un suonatore ammette che, una volta, sofando a caso nello strumento, nera uscito un suono molto basso, che non si era curato di controllare. Provi.Dopo di che Berlioz, facile come tutti gli ipersensibili a passare da uno stato danimo depresso a uno del tutto opposto, ci descrive in termini superlativi la perfetta intonazione raggiunta il memorabile giorno della prima esecuzione, lo stupore e lintensa commozione del pubblico.28

    Nella sezione dedicata ai timpani, Dallapiccola cita il Tuba mirum del Requiem, che prevede ben sedici timpani afdati a dieci esecutori, da aggiungersi a unorchestra molto ampia e a quattro complessi di ottoni da collocarsi ai punti cardinali. (Es. 6)

    Dallapiccola sostiene che solo unesecuzione dal vivo dellHo-stias pu restituire leffetto desiderato dallautore; la sua analisi, anche in questo caso, si spinge oltre il lato meramente estetico:

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    Soltanto qualora alleffetto sonoro si aggiunga quello visivo, soltanto qualora si consideri che, per Berlioz, i concetti tradi-zionali di bello e di brutto non sono i soli determinati, ci si render conto che il suo ideale, ci che aveva cercato durante tutta la sua vita quanto Iacopone da Todi aveva denominato smisuranza.29

    Predisporre i gruppi di ottoni a nord, sud, est e ovest della massa corale e orche-strale un esempio di gestualit, una sorta di teatro senza palcoscenico che rappre-sentato, secondo Dallapiccola, anche dal monodramma Llio, ou Le retour la vie:

    Dal quinto tempo di questo monogramma [], Berlioz cita un effetto se non iden-tico almeno simile al canto di un Clari-netto. (Cos si esprime. Come aveva fatto per lepisodio citato30 del Corno Inglese accompagnato dai quattro Timpani, anche qui scrive canto, non suono! A tal punto come ho detto precedentemente gli

    strumenti diventano per Berlioz perso-naggi).31

    III. Nelle sue trasmissioni, Dallapiccola cita molti compositori che hanno dato ini-zio allorchestrazione moderna, partendo da quelli pi amati da Berlioz, ossia Christoph Willibald Gluck,32 Gasparo Spontini,33 Ludwig van Beethoven34 e Carl Maria von Weber.35 Ma correda la sua analisi arricchen-dola di esempi tratti da autori pi recenti in parte citati anche da Strauss e Wellesz. Gli esempi scelti da Dallapiccola non sorpas-sano il 1928 (anno del trattato di Wellesz) e includono pagine di Giuseppe Verdi, Richard Wagner, Gustav Mahler, Claude Debussy, Maurice Ravel e Igor Stravinsky.

    Verdi segnalato da Dallapiccola come uno dei maestri dellorchestrazione moderna, colui che ha rivalutato, ad esem-pio, il auto dopo che i compositori del-lOttocento successivi a Weber, lo avevano molto trascurato:

    N credo possa suonare paradosso laffer-mazione che il citato passo di Aida [L, tra foreste vergini di ori profumate, atto III, scena I] non sia astronomicamente lon-tano da quanto circa un quarto di secolo pi tardi noteremo nellAprs-midi dun faune. A Debussy era riservato di rivelarci aspetti che ancora erano sconosciuti.36

    Limportanza di Verdi rimarcata anche da Widor, che lo porta come esempio per aver utilizzato i suoni armonici del con-trabbasso nel III atto di Aida:

    notevole che uno straniero, e sopra tutto un francese, al principio del nostro secolo, abbia citato Verdi come compositore che abbia dato un contributo allo sviluppo dellorchestrazione! Agli albori del nove-cento Verdi era considerato, in generale, un melodista (qualora non lo si considerasse un sorpassato).37

    Dallapiccola considera Debussy un altro grande innovatore nel campo dellorche-strazione e deplora il fatto che il suo nome non compaia nellopera curata da Strauss:

    Pi che possibile che nel 1904 la sua musica e quella dei francesi in genere fosse poco conosciuta nei paesi dellEuropa centrale: lomissione del nome di Debussy a qualche anno dalla prima di Pelles et Mlisande comunque ingiusticabile.38

    Anche in unedizione italiana del trat-tato di Berlioz,39 curata da Ettore Panizza nel 1912, il nome di Debussy non pre-sente. Ci sono esempi verdiani, una decina di passi tratti da Salome di Strauss e ben 17 di Puccini. Ma Dallapiccola sorpreso nel vedere che Puccini seguito a ruota da Alberto Franchetti, che gura con ben 14 esempi. E con tono ironico, riporta un esempio di commento del Panizza riguardo a questo autore:

    Il Maestro Franchetti ha usato con risul-tato commoventissimo il glissato sullArpa sul nire dellopera Cristoforo Colombo: precisamente quando spira Colombo, la scala glissata ascendente d limpressione di unanima che vola in cielo.Su questa base da supporre che il giovane strumentatore sar portato a ritenere che un glissando discendente dellArpa rappre-senti il non plus ultra per dare limpressione di unanima che precipita allinferno40

    Lautore che Dallapiccola cita pi di frequente Maurice Ravel. E di Ravel unopera su tutte lo colp profondamente: lEnfant et les Sortilges, della quale cita, ad esempio, la scena della principessa, in cui il fagotto gareggia in agilit e leggerezza prima col clarinetto basso e poi coi clari-netti, e la scena del fox-trot delle teiere e della tazza cinese, dove Ravel non esita, nello scambio di botte e risposte fra il

    Es. 5: Hector Berlioz, Requiem, VIII. Hostias, Edition Eulenburg, London 1969, p. 93.

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    trombone III e il controfagotto, a scrivere la nota pi grave dello strumento:

    La mia generazione ama il suo equilibrio, il suo senso della misura, il suo modo di affrontare i problemi e di risolverli col minimo di mezzi [], la sua possibilit di estrarre da una cellula [] tutto un mondo sonoro, il controllo che sa esercitare sul materiale impiegato. Se talora (come, per es., nella parte centrale della scena della Principessa ne LEnfant et les sortilges) la qualit dellinvenzione musicale non delle pi alte, tuttavia larditissima, sor-prendente realizzazione strumentale ci far rimanere colle orecchie tese. La mia generazione vede in lui il compositore che sta a mezza strada fra il mago e il gioco dazzardo. Sia detto che al gioco daz-zardo vince sempre. []Scomparso Gustav Mahler [], a Ravel che dobbiamo [] il pi grande sforzo che sia stato compiuto nella nostra epoca per raggiungere la purit di cuore.41

    Proprio come Ravel, nel corso della sua carriera compositiva Dallapiccola si orienta prevalentemente verso le piccole e medie formazioni. Dopo il 1955, infatti, nelle opere di Dallapiccola sempre pi frequente luso di alcuni intervalli a scapito di altri: vengono privilegiati intervalli di seconda, terza e tri-tono (con i loro rivolti) e sempre minore la presenza di quarte e quinte. Parallelamente, viene incrementato lutilizzo di tricordi, segmenti di tre suoni ricavati dalle serie impiegate, che divengono patterns inter-vallari ssi per molte sue opere. Lo stesso modus operandi si riscontra nella strumen-tazione; in alcuni casi il timbro orchestrale viene perno impiegato in contrasto con lo stato danimo dei personaggi, per aumen-tare il pathos della situazione drammatica. Anche nelle composizioni in cui impiega la grande orchestra, come nel Prigioniero, Dal-lapiccola preferisce spesso usare un orga-nico ridotto, di tipo cameristico, ponendo particolare attenzione al tessuto sonoro che fa risaltare attraverso il timbro delle diverse strumentazioni. Il piccolo organico permette al compositore di fare scelte coloristiche strumentali che interagiscono col signicato drammatico dei testi: Dopo i Canti di libe-razione scrive lautore nel 1963 non ho pi usato la grande orchestra [] era per me facile capire che giunto a questa fase della mia attivit creativa, avrei avuto ben poco o niente da comunicare con un secondo oboe o un secondo clarinetto.42

    Linteresse per il suono e per la strumen-tazione orchestrale, che Dallapiccola svi-luppa con la conoscenza dellopera dei tre grandi viennesi (e in particolare di Anton Webern), ha le sue radici nellaccurato studio delle partiture del passato. E nelle trasmissioni sul Trait di Berlioz, Dalla-piccola mostra spesso quelli che sono stati i suoi maestri. Parlando dellimpiego del-

    lottavino nel quarto tempo della Pastorale di Beethoven, per esempio, sottolinea che questo strumento viene impiegato per sole quindici note in tutta lopera, e sostiene: Non conosco, nella storia dellorchestra, lezione pi valida di questa, che potrebbe essere tradotta in una raccomandazione a limitarci allessenziale;43 a un monito che tutto quanto superuo dannoso; a una meditazione sulla breve durata degli effetti.44 Esortazioni che diventano caratteristiche peculiari dellorchestrazione dallapiccoliana. In una conversazione con Hans Nathan, infatti, Dallapiccola dichia-rer: pi i mezzi sono limitati, pi sono interessato ed una questione di econo-mia o addirittura di bravura, se posso usare questo termine.45

    1 Dallapiccola acquist lHarmonielehre il 30 agosto 1921 e gli ultimi due capitoli del trat-tato esercitarono una notevole inuenza su di lui. In particolare, nellultimo capitolo Schn-berg arriv a intravedere la possibilit che nel futuro fossero create melodie di timbri, anche se si astiene dalla possibilit di teorizzarle: cfr. Arnold Schnberg, Harmonielehre, Universal Edition, Wien 1911, 19222, ed. it. a cura di Luigi Rognoni, Manuale di armonia, trad. di Giacomo Manzoni, 2 voll., il Saggiatore, Milano 1963 (La cultura, 65).2 Lettera di Luigi Dallapiccola al Signor Roglio, Firenze 10 agosto 1971, cit. da Sergio Sablich, Luigi Dallapiccola. Un musicista europeo, LEpos, Palermo 2004 (Autori&Interpreti 1850-1950, 4), p. 217. 3 Luigi Dallapiccola, Presentazione della Har-moniehlere, in Parole e musica, a cura di Fiamma Nicolodi, il Saggiatore, Milano 1980

    Es. 6: Hector Berlioz, Requiem, VIII. Tuba mirum, Edition Eulenburg, London 1969, p. 19.

    Pagina seguente: Ritratto di Hector Berlioz di Etienne Carjat, pubblicato nel 1863 su Le Boulevard

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    N 21 GENNAIO-MARZO 2005 HORTUS MUSICUS 151

    (La cultura. Saggi di arte e lettera-tura, 53), p. 240.4 LD. LII. 2, I lezione, p. 11. Secondo una sua testimonianza, fu proprio dopo aver assistito alla rappresentazione di Der iegende Hollnder nel 1917 che Dallapic-cola prese la decisione di dedicarsi alla carriera compositiva: cfr. Luigi Dallapiccola, Genesi dei Canti di Prigionia e del Prigioniero (1950-1953), in Parole e Musica, cit., p. 406.5 Lunico lavoro citato da Berlioz in riferimento alla strumentazione Georges Kastner, Trait gnral dinstrumentation, comprenant les proprit et lusage de chaque ins-trument, prcd dun rsum sur les voix, lusage des jeunes compo-siteurs, Prilipp et C.ie, Paris 1837. I due compositori divennero in seguito amici e sembra che Kastner sia stato molto vicino a Berlioz durante la stesura del Romo et Juliette. Quando Kastner, nel 39, pubblic un secondo volume, Cours dinstrumentation, Berlioz diede a entrambi i libri un caldo benvenuto nelle pagine del Jour-nal des dbats (2 ottobre 1839). Cfr. Hugh Macdonald, Berliozs Orchestration Treatise. A Transla-tion and Commentary, Cambridge University Press, Cambridge 2002 (Cambridge musical text and mon-ographs), p. xvii.6 Alla ne dellintroduzione al metodo, infatti, Berlioz scrive: Ci vuole molto tempo per sco-prire i Mediterranei della musica, e pi tempo ancora per apprenderne la navigazione (LD. LII. 2, I lezione, p. 8).7 Ibid. Questa e le successive sottolineature sono di Dallapiccola. Cfr. anche Luigi Dalla-piccola, Pensieri su Busoni, in Parole e musica, cit., pp. 297 s.: Artista moralmente completo, conscio della vastit di problemi dellarte. Come Giuseppe Verdi [], cos Busoni poteva ben affermare a me non fa paura la musica del-lavvenire. Paure del genere turbano i sonni di mediocri, che basano la loro momentanea for-tuna sulla formuletta accattata e camuffata per loccasione.8 LD. LII. 2, I lezione, p. 8. 9 Dallapiccola sottolinea: il solo caso in cui a un trattato di teoria musicale sia stato assegnato un numero dopera. Lavoro di creazione [] e come tale tappa insopprimibile []; pista di lancio di ogni valido Trattato di Strumentazione venuto alla luce pi tardi (LD. LII. 2, I lezione, p. 9).10 Franois-August Gevaert, Trait gnral dins-trumentation: expos mthodique des principes de cet art dans leur application a lorchestre, a la musique dharmonie et de fanfares, Gevaert, Gand 1863.11 LD. LII. 2, I lezione, p. 9. 12 Ibid. 13 Charles-Marie Widor, Technique de lorchestre moderne: faisant suite au Trait dinstrumen-tation et dorchestration de H. Berlioz, H. Lemoine, Paris-Bruxelles 1904.14 LD. LII. 2, I lezione, p. 11.

    15 Hector Berlioz, Instrumentationslehre, ergnzt und revidiert von Richard Strauss, 2 Bde., C.F. Peters, Leipzig 1905.16 LD. LII. 2, I lezione, p. 11.17 Ivi, p. 13. 18 Cfr. Ferruccio Busoni, Scritti e pensieri sulla musica, trad. di Luigi Dallapiccola e Guido M. Gatti, con unintroduzione di Massimo Bon-tempelli, Le Monnier, Firenze 1941.19 LD. LII. 2, I lezione, p. 12. 20 Ibid. 21 LD. LII. 2, III lezione, p. 1.22 LD. LII. 2, V lezione, p. 1.23 LD. LII. 2, III lezione, p. 1. 24 LD. LII. 2, II lezione, p. 6. 25 LD. LII. 2, IV lezione, p. 8. 26 Ivi, p. 2. 27 Ivi, p. 3.28 Ibid. 29 Ivi, p. 5. 30 Vedi supra, la citazione relativa alla nota 24. 31 LD. LII. 2, II lezione, p. 7. 32 Il Cavaliere Gluck! Il primo e mai rinne-gato dei suoi amori []; quel Gluck che sta alla base della prima fra le tante diatribe tra Berlioz, ancora giovanissimo e il direttore del Conserva-torio di Parigi, Luigi Cherubini [] (LD. LII. 2, I lezione, p. 4). 33 Spontini che prima di ogni altro ha imma-ginato di unire un grido breve e penetrante di due Ottavini a un colpo di Piatti. La singolare simpatia che si stabilisce tra due strumenti tanto dissimili non era stata ancora intraveduta. Ci taglia e lacera di colpo, come una pugnalata (LD. LII. 2, II lezione, p. 3). 34 Il primo esempio che Berlioz propone al lettore [a proposito dei corni] il Trio dello

    Scherzo della Sinfonia eroica. N altrimenti avrebbe potuto essere: non dico soltanto per ragioni arti-stiche, ma per una ragione storica. NellEroica per la prima volta nellorchestra classica il numero dei Corni viene portato da due a tre (LD. LII. 2, III lezione, p. 5). E ancora parlando dei timpani: Ma, ecco Beethoven. Una volta di pi necessario fare il nome di Colui cui dobbiamo il passaggio della musica da uno stato geologico a un altro. [] Beethoven si spinge molto pi in l e afda ai Timpani lintervallo di quinta diminuita nellIntrodu-zione allatto secondo di Fidelio. la prima volta nella storia del-lorchestra che un intervallo dis-sonante viene imposto ai Timpani (LD. LII. 2, IV lezione, pp. 4-5).35 Weber scopre il carattere bosche-reccio del Corno [] Weber scopre anche il carattere magico del Corno (e basti ricordare le tre note che iniziano louverture di Oberon: un mondo di spiriti dellaria che si dischiude!) [] e questo carattere magico raggiunger lespressione pi straordinaria nella ripresa del Pre-stissimo nello Scherzo La regina Mab, ovvero la Fata dei sogni del Romeo e Giulietta di Berlioz (LD. LII. 2, III lezione, p. 5).36 LD. LII. 2, II lezione, p. 2. 37 LD. LII. 2, I lezione, p. 11. 38 Ivi, p. 13. 39 Hector Berlioz, Grande trattato

    di istrumentazione e dorchestrazione moderne, con unappendice di Ettore Panizza, 3 voll., Ricordi, Milano 1912.40 LD. LII. 2, I lezione, p. 13. 41 Luigi Dallapiccola, Risposta al Dibattito su Ravel, 20 anni dopo (1957), in Parole e musica, op. cit., pp. 281 e 284. Cfr. anche Id., Per unesecuzione de Lenfant et les sortilges, ivi, pp. 273-281. Il nale della breve opera rap-presenta il pi grande sforzo compiuto nella nostra epoca per raggiungere la purit di cuore. Scrissi cos or sono trentanni e oggi ancora sono daccordo con questa denizione (LD. LII. 2, II lezione, p. 5). singolare che, alludendo alla conclusione dei suoi Canti di liberazione, Dal-lapiccola scriver qualcosa che ricorda questa denizione: Pace, non nel senso abusato che i politici a tale parola attribuiscono, bens secondo la denizione datane da S. Bernardo: purit di mente, semplicit danimo, dolcezza di cuore, riposamento di vita, legamento damore (Id., Note per unanalisi dei Canti di liberazione (1974), in Parole e musica, cit., p. 484).42 Id., Requiescant, ivi, p. 500.43 Il corsivo aggiunto. 44 LD. LII. 2, II lezione, p. 3. 45 Hans Nathan, Luigi Dallapiccola: Fragments from Conversations, in The Music Review, XXVII/4, novembre 1966, pp. 294-312, cit. in it. da Pierre Michel, Timbro, ricerca sonora e scrittura nelle ultime opere di Dallapiccola, in Dallapiccola. Letture e prospettive. Atti del Convegno Internazionale di Studi: Empoli-Firenze, 16-19 febbraio 1995, a cura di Mila De Santis, Ricordi-Lim, Milano-Lucca 1997 (Le Sfere, 28), p. 159.