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IL VALORE AGGIUNTO DELLE RETI CAPITOLO 4

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IL VALORE AGGIUNTO DELLE RETI

CAPITOLO 4

4. Il valore aggiunto delle reti

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QUADRO D’INSIEME

Le reti veicolano risorse, materiali e immateriali, di cui beneficiano sia gli individui sia la società; attraverso le reti di parenti, di amici o di altre persone con cui si entra in contatto, si può ricevere aiuto materiale o economico, si può chiedere sostegno emotivo, si può accedere a informazioni altrimenti precluse. I vantaggi delle risorse relazionali si estendono oltre i confini dell’individuo e della sua famiglia, stimolando il senso di appartenenza promuovono il senso civico e favoriscono la fiducia interpersonale e verso le istituzioni, con effetti importanti sulla società nel suo complesso.1

Le relazioni sociali caratterizzano i tempi della vita quotidiana: in un giorno medio settimanale2 il 61,5 per cento del tempo che si passa da svegli, in media 9h26’, si trascorre in presenza di qualcuno3 (Figura 4.1); di questo tempo, 5h35’ si passano con familiari coabitanti e 4h36’ con altre persone (di cui 45’ al giorno in cui è presente almeno una persona coabitante e una non coabitante). Il tempo che si trascorre in presenza di altre persone diminuisce al crescere dell’età: si passa dalle 11h39’ dei bambini di età compresa tra 6 e 13 anni alle 7h00’ degli anziani di 75 anni e più. Sono proprio coloro che già trascorrono più tempo in compagnia, cioè i ragazzi tra i 6 e i 13 anni, a esprimere in modo pressoché unanime (il 97,0 per cento) il desiderio di passare più tempo con altri, bisogno che poi declina con l’età, fino a raggiungere il minimo tra gli anziani, di cui solo il 54,0 per cento vorrebbe incrementare il tempo trascorso con altri.L’altra faccia della medaglia è il tempo da svegli che si trascorre da soli – mediamente quasi cinque ore al giorno – che cresce con l’età, sfiorando le sei ore e mezza tra gli anziani. Il tempo passato da soli non ha necessariamente un’accezione negativa: ritagliarsi spazi personali è un bisogno primario che ha l’effetto di aumentare la produttività e favorire relazioni sentimentali più forti.4 È ben diverso quindi dal concetto di solitudine o di isolamento, che sono legati a uno stato di sofferenza emotiva che può anche essere rischioso per la salute. Anche se non esiste una soglia che indichi la quota

Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo(a) La durata media generica misura il tempo medio trascorso da soli o con altri dall’insieme della popolazione oggetto

di studio.

Figura 4.1 Tempo trascorso da soli o con altre persone che si conoscono in un giorno medio settimanale dalla popolazione di 6 anni e più per classe di età - Anno 2014 (durata media generica (a) in ore e minuti)

4:581:52

4:20 4:28 5:29 6:19 6:27

9:26

11:3910:03 10:14 9:16 8:04 7:00

8:39 9:50 8:40 8:17 8:10 8:47 9:53

0:56 0:39 0:57 1:01 1:05 0:50 0:39

Totale 6-13 14-24 25-44 45-64 65-74 75 e più

Da solo Con altri A letto Non indica

Istat | Rapporto annuale 2018

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fisiologica di tempo da passare soli, è possibile individuare situazioni di eccessiva carenza o di eccessiva esposizione a tale condizione: è il caso dei bambini tra 6 e 13 anni, che in Italia crescono restando poco tempo da soli (1h52’ contro circa 8 ore passate sotto la supervisione di almeno un familiare coabitante) e che hanno pertanto un tempo molto limitato a disposizione per sperimentare la propria autonomia5 e, all’opposto, degli anziani soli sui quali la solitudine ha l’effetto di peggiorare la percezione dello stato di salute.L’elevata presenza degli adulti nelle vite dei bambini si ripercuote negativamente soprattutto sul tempo delle madri che – in presenza di figli di età inferiore ai 14 anni – trascorrono da sole 1h45’ in meno rispetto alle coetanee in coppia senza figli (da 5h16’ a 3h31’), quasi tre ore in più con i propri coabitanti (da 6h21’ a 9h18’) e circa un’ora in meno con le persone con cui non si hanno legami di parentela (da 4h02’ a 3h06’; Tavola 4.1). Assai diverso l’effetto sui padri, per i quali il tempo da soli si riduce di 39’ rispetto ai coetanei in coppia senza figli (da 4h36’ a 3h57’), ma aumenta solo di 10’ il tempo passato con i familiari coabitanti (da 6h17’ a 6h27’); il tempo passato con la rete di conoscenze esterne cresce invece di circa mezz’ora (da 4h50’ a 5h17’), a causa del maggior tempo trascorso con i colleghi di lavoro che aumenta di oltre un’ora (da 2h35’ a 3h44’).La carenza di relazioni con gli altri diventa invece isolamento per gli anziani che non vivono insieme ai propri familiari, che restano soli per il 70,0 per cento del tempo in cui sono svegli (10h17’) e interagiscono con altre persone solo per quattro ore al giorno; queste persone, da quanto si evince dai loro diari, sono soprattutto familiari non coabitanti (65,1 per cento), amici (31,0 per cento) e vicini (3,9 per cento). Per gli anziani soli si registrano condizioni di minore isolamento nei territori del disagio, in cui il tempo passato da soli scende a 8h20’ e quello con altri sale a 5h22’;

Totale Maschi Femmine

Tempo con altri Tempo con altri Tempo con altriDa

soloCon i propri

familiari convi- venti

Con persone

non convi- venti

Totale Da solo

Con i propri

familiari convi- venti

Con persone

non convi- venti

Totale Da solo

Con i propri

familiari convi- venti

Con persone

non convi- venti

Totale

Persone sole Totale 9:07 5:40 5:40 8:30 6:33 6:33 9:33 5:02 5:02Con meno di 65 anni 8:03 7:10 7:10 7:44 7:31 7:31 8:29 6:42 6:42Con 65 anni e più 10:17 4:00 4:00 10:32 4:01 4:01 10:12 4:00 4:00

Coppie senza figli

Totale 4:43 7:19 3:14 9:36 4:20 7:16 3:31 9:50 5:05 7:21 2:56 9:21Entrambi meno di 65 anni 4:56 6:19 4:26 9:49 4:36 6:17 4:50 10:10 5:16 6:21 4:02 9:28Uno di 65 anni e più 5:04 7:37 2:51 9:27 4:56 7:34 2:56 9:28 5:12 7:40 2:46 9:25entrambi di 65 anni e più 4:26 8:02 2:22 9:27 3:58 8:00 2:37 9:40 4:55 8:03 2:06 9:13

Coppia con figliGenitore 4:21 7:24 3:53 10:25 4:19 6:30 4:45 10:29 4:22 8:17 3:02 10:21Figlio 3:38 5:18 6:04 10:31 3:38 5:07 6:14 10:31 3:39 5:32 5:51 10:33

Coppia con almeno un bambino con meno di 14 anni

Genitore 3:44 7:53 4:12 11:10 3:57 6:27 5:17 10:59 3:31 9:18 3:06 11:20

Figlio 2:21 7:02 5:30 11:20 2:26 6:55 5:31 11:14 2:16 7:11 5:29 11:28

Genitori soliGenitore 5:45 5:00 4:27 8:28 5:59 4:07 5:13 8:20 5:42 5:12 4:18 8:30Figlio 4:07 4:46 6:15 10:03 4:05 4:29 6:27 10:05 4:08 5:06 6:01 10:01

Genitori soli con almeno un bambino con meno di 14 anni

Genitore 4:24 6:54 5:29 10:31 4:15 4:58 8:32 11:25 4:25 7:02 5:15 10:28

Figlio 2:22 6:16 6:50 11:32 2:15 6:11 6:56 11:37 2:28 6:21 6:44 11:28

Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo(a) La durata media generica misura il tempo medio trascorso da soli o con altre persone dall’insieme della popolazione oggetto di studio.

Tavola 4.1 Tempo trascorso da soli o con altre persone che si conoscono in un giorno medio settimanale dalla popolazione di 6 anni e più per sesso, tipologia familiare e ruolo in famiglia - Anno 2014 (durata media generica (a) in ore e minuti)

4. Il valore aggiunto delle reti

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utilizzando, infatti, la classificazione sperimentale dei sistemi locali per caratteri socio-demografici e dell’insediamento residenziale introdotta nel Rapporto annuale 2015,6 è possibile verificare come il territorio in cui si vive influisca sulla quantità di tempo trascorso da soli o in compagnia. Anche considerando il complesso della popolazione, sono sempre i territori del disagio quelli che si caratterizzano per un aumento del tempo passato in compagnia (9h53’ contro una media di 9h26’). In particolare ad aumentare è la quota di tempo trascorsa con i propri familiari conviventi, che qui raggiunge il 44,2 per cento del tempo passato con altri contro una media del 38,8 per cento calcolata su base nazionale, in virtù sia della maggiore dimensione delle famiglie (2,7 componenti contro una media di 2,3) sia dei più bassi tassi di occupazione che caratterizzano questi territori, che lasciano più tempo libero da trascorrere con i propri familiari. Rispetto al tempo trascorso da soli o con altri non si registrano particolari differenze nel resto dei territori; a cambiare è soprattutto la composizione del tempo dedicato alle relazioni esterne: nelle grandi aree urbane7 si trascorre più tempo con i propri amici (la rete d’elezione) rispetto ai centri più piccoli (il 59,5 per cento contro il 51,8 delle piccole aree urbane e il 51,1 delle aree rurali), dove invece cresce il tempo dedicato a familiari e parenti non coabitanti. Queste differenze fanno sì che la città diffusa e il cuore verde emergano come i territori in cui si trascorre più tempo con i propri parenti non conviventi, mentre all’opposto i centri urbani meridionali e i territori del disagio (che comprendono Napoli e Palermo) si caratterizzino per il tempo dedicato ai contatti con gli amici (Figura 4.2).Passare del tempo con gli altri fa aumentare la piacevolezza della giornata, misurata su una scala da -3 a +3, dove -3 significa “per niente piacevole” e +3 “molto piacevole”.8 Il punteggio medio dato al proprio tempo dalla popolazione di 11 anni e più è di 1,55: questo scende a 1,29 per la parte trascorsa in solitudine e sale a 1,75 punti per quella passata in compagnia (1,83 nel caso di familiari coabitanti, 1,79 in caso di altri non coabitanti; Figura 4.3). Per gli anziani uscire dalla condizione di isolamento significa migliorare il giudizio sul tempo passato con gli altri, che vivano soli (2,04 punti) o in coppia senza figli (2,09 punti).Per tutti il massimo del punteggio sulla piacevolezza del tempo viene raggiunto nei momenti passati con gli amici (in media 2,32 punti), a conferma che riuscire ad avere contatti diretti con la propria rete elettiva è un indiscusso fattore di benessere.

Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo

Figura 4.2 Tempo trascorso con parenti, amici o vicini in un giorno medio settimanale dalla popolazione di 6 anni e più per raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2014 (composizione percentuale)

43,451,4 46,4

37,6 40,9 42,5 44,9 44,7

55,447,3 52,4

61,4 58,0 55,2 53,9 54,1

Le città delCentro-nord

La cittàdiffusa

Il cuoreverde

I centri urbanimeridionali

I territori del disagio

IlMezzogiorno

interno

L'altro Sud Italia

Parenti Amici Vicini

Istat | Rapporto annuale 2018

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È soddisfatto della quantità di tempo che si trascorre con gli amici il 52,9 per cento delle persone di 15 anni e più, mentre il 37,0 per cento lamenta di non avere abbastanza tempo da dedicare a tali relazioni. Sono più frequentemente i giovani e le persone tra 65 e 74 anni a dichiararsi soddisfatti per questo aspetto (rispettivamente 67,1 e 63,6 per cento), mentre quelli che ne lamentano più la carenza sono gli adulti in età compresa tra 25 e 44 anni (44,3 per cento), in particolare se occupati (49,7 per cento) o genitori di figli fino a 13 anni, siano essi soli (51,9 per cento) o in coppia (51,7 per cento). A rendere così piacevole il tempo trascorso con gli amici è il fatto che con loro si condivide soprattutto il tempo libero. Delle 5h35’ al giorno passate con propri familiari conviventi, il 23,3 per cento è destinato ai pasti in famiglia, il 22,5 per cento al lavoro familiare e il 37,5 per cento ad attività di tempo libero; quando si passa alle relazioni con gli amici quest’ultimo sale al 65,3 per cento.Si tratta di un tempo privo dei vincoli delle relazioni familiari e degli impegni legati alla cura e all’organizzazione domestica: la porzione di tempo che si dedica ai propri amici assume centralità e procura benessere, proprio in quanto frutto della libera scelta dell’individuo, che può decidere tempi e modi con cui mantenere queste relazioni. Le relazioni con gli amici non presentano elementi di esclusività né di costrizione e rappresentano a tutti gli effetti relazioni affettive privilegiate.9 I tempi, i luoghi e i contenuti di queste relazioni sono molteplici e si trasformano in base all’età, al tempo che si ha a disposizione, alla fase del ciclo di vita degli individui (par. 4.1 Le reti di amici: i tempi, i luoghi e le caratteristiche degli incontri). La possibilità per gli individui di restare sempre in contatto con le persone vicine e lontane ha inoltre moltiplicato le forme di queste relazioni: le nuove tecnologie rendono sempre meno necessarie la compresenza e la prossimità fisica tra le persone; i confini delle relazioni sociali sono sempre più permeabili. Le relazioni d’amicizia e gli stessi legami primari sono inseriti sempre più spesso in un sistema di relazioni “virtualizzato”, spazialmente non definito (par 4.2 Le reti nella Rete).La maggior parte delle persone di 6 anni e più (il 66,3 per cento) incontra gli amici almeno una volta a settimana; tra questi il 18,3 per cento li vede tutti i giorni, il 48,0 per cento una o più volte a settimana. La frequentazione più assidua riguarda soprattutto i più giovani – tra i 14 e i 24 anni circa il 90 per cento incontra gli amici tutti i giorni o almeno una volta a settimana – e decresce all’aumentare dell’età, fino a raggiungere la quota più bassa (47,7 per cento) tra le persone di 75 anni e più (Figura 4.4).

Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo

Figura 4.3 Persone di 11 anni e più per livello di benessere soggettivo puntuale espresso in un giorno medio settimanale e persone presenti - Anno 2014 (valori medi)

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

Da solo Con altri Con familiariconviventi

Con altrinon conviventi

Punteggio piacevolezza Totale Familiari non conviventi Amici

4. Il valore aggiunto delle reti

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Sono soprattutto gli uomini a vedere con maggiore frequenza gli amici (70,2 rispetto al 62,4 per cento delle donne) e il divario, che è comunque presente in tutte le fasce di età, si accentua soprattutto dopo i 25 anni in corrispondenza con l’aumento degli impegni legati al lavoro dentro e fuori casa. Il contesto familiare di appartenenza e il ruolo ricoperto in famiglia possono favorire o ostacolare le frequentazioni con gli amici (Tavola 4.2). Chi vive in famiglia nel ruolo di figlio, anche per la più giovane età, vede gli amici più assiduamente (oltre l’80 per cento almeno una volta a settimana); la quota di genitori che incontrano gli amici con una frequenza almeno settimanale è del 57,8 per cento quando sono in coppia (si attesta al 52,1 per cento nel caso di genitori soli). L’assenza di responsabilità di cura fa crescere le occasioni di socialità tra le persone con meno di 65 anni in coppia senza figli: il 64,2 per cento vede gli amici nel tempo libero almeno una volta a settimana. Tuttavia sono i loro coetanei single quelli che, dopo i figli, vedono più di frequente gli amici (75,2 per cento).

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero

Figura 4.4 Persone di 6 anni e più per frequenza con cui incontrano gli amici nel tempo libero e classe di età - Anno 2015 (composizione percentuale)

 

 

 

0

20

40

60

80

100

6-13 14-24 25-44 45-64 65-74 75 e più Totale

Tutti i giorni Almeno una voltaa settimana

Qualche volta al mese

Raramente o mai Non ha amicio non indica

Tavola 4.2 Persone di 6 anni e più che frequentano amici nel tempo libero almeno una volta a settimana, per tipologia familiare e ruolo in famiglia- Anno 2015 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

Almeno una volta a settimana

Tutti i giorni Una o più volte a settimana

Totale

Persone sole Totale 15,8 49,2 65,0Con meno di 65 anni 17,6 57,6 75,2Con 65 anni e più 13,8 40,7 54,5

Coppia senza figli

Totale 12,4 46,6 59,0Entrambi meno di 65 anni 11,5 52,7 64,2Uno di 65 anni e più 10,0 47,7 57,8Entrambi di 65 anni e più 13,8 41,5 55,3

Coppia con figli Genitore 9,0 48,8 57,8Figlio 37,0 50,0 87,0

Coppia con almeno un bambino con meno di 14 anni

Genitore 8,4 51,3 59,7Figlio 36,6 47,3 83,9

Genitori soli Genitore 9,5 42,6 52,1Figlio 32,2 48,3 80,5

Totale 18,3 48,0 66,3

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero

Istat | Rapporto annuale 2018

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Frequenta più assiduamente gli amici soprattutto chi vive nel Mezzogiorno interno, nell’altro Sud e nei centri urbani meridionali. Il 73,0, il 69,1 e il 68,4 per cento della popolazione che risiede, rispettivamente, in questi territori vede gli amici almeno una volta a settimana; in questi territori sono più elevate anche le quote di quanti li incontrano quotidianamente. Viceversa, chi vive nelle città del Centro-nord, nella città diffusa e nel cuore verde incontra gli amici meno spesso (Figura 4.5). Anche se queste differenze appaiono associate soprattutto al tasso di disoccupazione, emergono comunque differenze che richiamano le grandi dicotomie tra Nord e Sud, tra diversi contesti urbani e rurali, tra centri di differente dimensione demografica e densità.Le relazioni sociali non hanno una valenza esclusivamente affettiva. La condivisione di finalità comuni, orientate dai valori della solidarietà, del mutuo aiuto e della partecipazione alla società civile, dà vita a una rete di collaborazioni, dinamica e attiva, ricca di relazioni interpersonali. L’impegno civile e sociale attraverso gruppi organizzati crea relazioni di solidarietà e cooperazione e, allo stesso tempo, rappresenta un’occasione di socialità e condivisione, con il duplice vantaggio di accrescere il benessere in due direzioni: verso i beneficiari delle attività dell’associazione e verso i volontari stessi.Nel 2016 le persone che hanno svolto almeno un’attività gratuita in forma organizzata sono il 13,2 per cento della popolazione di 14 anni e più. In questa quota sono comprese le persone che nel corso dell’anno hanno fornito il loro contributo in associazioni o gruppi di volontariato (10,7 per cento), in altro tipo di associazioni (3,5 per cento), in partiti o sindacati (1,1 e 0,8 per cento, rispettivamente).Dedicare il proprio tempo a qualche forma di attività sociale coinvolge il 14,8 per cento dei giovani tra 14 e 24 anni: la quota scende nella fascia d’età successiva, per molti caratterizzata dalla presenza di figli piccoli. Tocca il massimo tra i 45 e i 64 anni (15,2 per cento), per poi decrescere fino al minimo dopo i 74 anni (6,3 per cento). La partecipazione degli uomini ad attività gratuite è in generale maggiore di quella delle donne (14,1 contro 12,3 per cento), ma presenta un andamento molto legato alle fasi del ciclo di vita: le giovani donne tra i 14 e i 24 anni sono più attive rispetto ai coetanei (17,0 contro 12,7 per cento), ma a partire dai 35 anni sono invece gli uomini a impegnarsi di più, con una differenza di 3,2 punti percentuali (16,8 contro 13,6 per cento) tra i 45 e i 64 anni.

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero

Figura 4.5 Persone di 6 anni e più che incontrano gli amici nel tempo libero almeno una volta a settimana e raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2015 (per 100 persone dello stesso territorio)

50

55

60

65

70

75

Il Mezzogiornointerno

L'altro Sud I centri urbanimeridionali

I territori deldisagio

Il cuore verde La città diffusa Le città delCentro-nord

Italia

4. Il valore aggiunto delle reti

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Come per la frequentazione degli amici nel tempo libero, anche nel caso dell’impegno civico e sociale il calo della partecipazione delle donne coincide con la presenza di figli piccoli – solo l’11,6 per cento delle madri di bambini fino a 13 anni è attiva in qualche forma di associazione – confermando che l’aumentare degli impegni familiari incide sulle loro scelte.La caratteristica che più incide sulla partecipazione ad associazioni è il titolo di studio: tra i laureati la quota di volontari è più che doppia rispetto a quella di chi ha al massimo la licenza media (23,3 contro 10,3 per cento; par. 4.4 Associazionismo e benessere).Negli anni l’associazionismo ha visto crescere l’impegno, in particolare nei segmenti di popolazione generalmente meno attivi: i più giovani e, soprattutto, i più anziani. I livelli di partecipazione della generazione del millennio raggiungono quelli caratteristici delle classi di età centrali (16,0 per cento tra i 20 e i 24 anni). Ma è soprattutto dopo i 60 anni che è più evidente la differenza con le generazioni precedenti: è la generazione dell’impegno, che ha sostituito all’impegno politico forme di partecipazione meno ideologizzate e che, anche con l’avanzare dell’età, mantiene costantemente tassi di partecipazione più alti rispetto alle altre.10

L’impegno sociale non è uniforme sul territorio italiano: il tasso di partecipazione è più elevato nella città diffusa (17,1 per cento) e nel cuore verde (16,0 per cento), rimane sopra la media nelle città del Centro-nord (13,8), tutte aree accomunate da livelli di reddito medio-alti e da una maggiore presenza di associazioni del non-profit (Capitolo 5 Quadro d’insieme). È più basso invece nel Mezzogiorno interno (10,2 per cento), nell’altro Sud (9,3 per cento) e nei centri urbani meridionali (8,3 per cento), arrivando a livelli molto bassi nei territori del disagio (7,8 per cento), che sono caratterizzati da una consolidata condizione di svantaggio economico e dalla persistenza di forti diseguaglianze sociali (Figura 4.6). Le persone dunque possono essere coinvolte in una pluralità di sistemi di relazione e reti di diversa natura, cui partecipano con intensità variabile, anche in corrispondenza delle diverse fasi della vita, della struttura familiare, della condizione sociale, dell’attività lavorativa, del reddito. Quando alle reti familiari e di sostegno (par. 3.1 La consistenza e la composizione delle reti informali) si affiancano quelle degli amici o dei volontari con cui si condivide un impegno sociale, il ventaglio di vantaggi e opportunità si

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.6 Persone di 14 anni e più che hanno svolto almeno un’attività gratuita per raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2016 (per 100 persone dello stesso territorio)

0

4

8

12

16

20

La città diffusa Il cuore verde Le città delCentro-nord

Il Mezzogiornointerno

L'altro Sud I centri urbanimeridionali

I territori deldisagio

Italia

Istat | Rapporto annuale 2018

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amplia. L’effetto trainante dell’appartenere a reti di diversa natura è particolarmente evidente sulle dinamiche della partecipazione culturale, che aumenta quando si moltiplicano le relazioni e aumentano gli scambi con cerchie sociali differenti (par. 4.5 La partecipazione culturale degli adulti e l’appartenenza a reti).In Italia circa 3 milioni di persone di 14 anni e più (il 5,8 per cento) dichiarano di non avere alcuna rete di relazioni esterna alla famiglia,11 cioè non hanno relazioni con amici, non hanno rete di sostegno, cioè parenti, amici o vicini su cui contare, non partecipano a reti di associazioni (Figura 4.7). La quota aumenta considerando le persone che vivono da sole (7,7 per cento) ed è massima tra gli anziani di 75 anni e più (15,6 per cento). Nei territori la quota di persone isolate, senza considerare la cerchia dei familiari più vicini, è massima nei centri urbani meridionali (8,0 per cento). Tra i gruppi sociali si caratterizzano, per la presenza di una quota elevata di persone isolate, come del resto prevedibile, le famiglie degli operai in pensione (9,6 per cento) e delle anziane sole e giovani disoccupati (8,7 per cento; Figura 4.8).12

Circa il 20 per cento della popolazione può contare su una sola rete di relazioni: il 10,4 per cento ha contatti con amici, ma nessuno su cui poter contare in caso di bisogno; l’8,8 per cento dichiara di avere solo la rete di sostegno, che si attiva in caso di necessità, ma è privo di relazioni con amici (Figura 4.7). Entrambe queste condizioni delineano segmenti di popolazione più fragili: nella prima si hanno a disposizione solo legami atti a condividere i momenti legati al tempo libero, ma che lasciano in balia degli eventi in caso di difficoltà; nella seconda ricadono situazioni di semi-isolamento e non a caso sono di nuovo molto frequenti tra gli anziani di 75 anni e più (20,1 per cento). Sono i territori del disagio e ancora una volta i centri urbani meridionali quelli che presentano la quota maggiore di persone che hanno solo la rete di amici, mentre la quota di quanti hanno solo rete di sostegno è distribuita piuttosto uniformemente nel Paese. Tra i gruppi sociali l’incidenza di persone che hanno solo la rete di sostegno è massima nelle famiglie degli operai in pensione (12,9 per cento) e fra le anziane sole e giovani disoccupati (11,4 per cento), mentre avere solo una rete di amici caratterizza maggiormente le persone che vivono in famiglie a basso reddito con stranieri (par. 3.1 La consistenza e la composizione delle reti informali).Quasi il 60 per cento della popolazione ha a disposizione sia una rete di amici sia una rete di sostegno esterna alla famiglia. Chi si trova in tale condizione appare

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.7 Persone di 14 anni e più per profilo relazionale - Anno 2016 (valori percentuali)

Senza retiesterne

5,8

Solo amici10,4

Solo sostegno8,8

Amici e sostegno59,2

Amici, sostegno e associazioni

11,2

Nonindicato

4,7

4. Il valore aggiunto delle reti

199

abbastanza protetto sia dalla solitudine sia nelle situazioni di bisogno. Sono soprattutto i giovani a trovarsi in tale condizione (il 70,0 per cento di quelli tra i 14 e i 24 anni), come conferma anche l’analisi per gruppi sociali, che mette in luce le caratteristiche relazionali dei giovani blue collar (65,8 per cento) seguiti dalle famiglie di impiegati (64,0 per cento). Sul territorio questo profilo relazionale è diffuso in modo abbastanza omogeneo (solo l’altro Sud, con il 63,0 per cento, è poco al di sopra della media). Quasi 6 milioni di italiani di 14 anni e più partecipano all’intera gamma di reti e relazioni (l’11,2 per cento), comprese quelle che si creano tra chi fa attività in associazioni, e godono quindi di tutte le opportunità che queste offrono in termini di benessere individuale. La quota è più elevata tra chi risiede nella città diffusa (14,7 per cento) e nel cuore verde (13,5 per cento). Tra gli appartenenti alla classe dirigente (Figura 4.8) la quota di chi ha accesso a reti e relazioni “piene e ricche” è quasi doppia rispetto alla media nazionale (21,0 per cento); le quote sono consistenti anche tra le famiglie di impiegati (16,5 per cento) e quelle delle pensioni d’argento (15,8 per cento). L’analisi per gruppi sociali conferma, quindi, che le condizioni di maggiore benessere oggettivo consolidano la rete sociale, consentendo di aprirla oltre i confini della famiglia e degli aiuti. Essere parte di una o più reti sociali porta innegabili vantaggi in termini di benessere individuale,13 soprattutto alle persone più vulnerabili. I legami sociali proteggono da condizioni di solitudine e isolamento, nelle quali spesso si ritrovano le persone anziane; sostengono le famiglie nelle necessità quotidiane e nelle emergenze; stimolano la condivisione di interessi nel tempo libero, favorendo una partecipazione più attiva alla vita culturale e sociale del Paese. La valutazione del benessere individuale, che tipicamente viene fatta esprimendo un livello di soddisfazione per diversi aspetti della vita, necessariamente incorpora anche le aspettative, i desideri, il sistema di valori e le esperienze passate. Anche le relazioni sociali giocano un ruolo rilevante: la famiglia, gli amici e i vicini di casa, l’impegno civico individuale e collettivo appaiono solidamente legati alla soddisfazione della vita nelle sue diverse dimensioni.14

Chi vive con i familiari è più soddisfatto della propria vita.15 La percentuale di quanti si dichiarano molto soddisfatti tra le persone che vivono in famiglia è del 42,4 per cento (punteggio medio espresso: 7,1) rispetto al 33,5 per cento di chi è solo (punteggio 6,7).Il vivere da soli ha un effetto negativo sulla soddisfazione per le relazioni familiari (Figura 4.9): soltanto il 29,5 per cento le giudica molto soddisfacenti, rispetto al 33,9 di chi vive

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.8 Persone di 14 anni e più per profilo relazionale e gruppi sociali - Anno 2016 (valori percentuali)

0

10

20

30

40

50

60

70

Persone senza retiesterne

Persone che hannosolo amici

Persone che hannosolo sostegno

Persone con amici esostegno

Persone con amici,sostegno e

associazioni

Famiglie a basso reddito con stranieri Famiglie degli operai in pensioneBlue-collar Famiglie di impiegatiClasse dirigente

Istat | Rapporto annuale 2018

200

in famiglia. Soprattutto, raddoppia la quota di chi si dice poco o per niente soddisfatto (il 14,6 contro il 6,9 per cento di chi vive con qualcuno). La coabitazione ha sempre un effetto positivo sulla valutazione delle relazioni familiari, tranne per le persone di 75 anni e più, che sono leggermente più soddisfatte quando vivono da sole. Tra le persone nella classe d’età 45-64 anni è più evidente l’effetto negativo della vita da single: solo il 22,1 per cento si dice molto soddisfatto per le relazioni familiari, a fronte del 30,1 per cento dei coetanei che vivono con qualcuno. A partire dai 24 anni i single sono invece sempre la categoria più soddisfatta per le relazioni con gli amici e per il tempo libero, a conferma del fatto che vivere in famiglia può rappresentare una risorsa ma anche un vincolo, soprattutto in termini di riduzione del tempo libero conseguente all’aumento dei carichi di lavoro familiare (par. 4.3 Reti di aiuto e divisione dei ruoli nel lavoro domestico). Il contesto familiare nel quale si vive non sembra avere invece particolari implicazioni sulla fiducia verso gli altri.16

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.9 Persone di 14 anni e più molto soddisfatte per alcuni aspetti della propria vita, fiducia verso gli altri e presenza di familiari conviventi - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0 10 20 30 40 50 60

Molto soddisfatti per la vita nel complesso

Molto soddisfatti per le relazioni familiari

Molto soddisfatti per le relazioni con gli amici

Molto soddisfatti per il tempo libero

Hanno fiducia negli altri

Vive con familiari Vive da solo

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.10 Persone di 14 anni e più molto soddisfatte per alcuni aspetti della propria vita, fiducia verso gli altri e presenza di rete di sostegno - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0 10 20 30 40 50 60

Molto soddisfatti per la vita nel complesso

Molto soddisfattiper le relazioni familiari

Molto soddisfatti per le relazioni con gli amici

Molto soddisfatti per il tempo libero

Hanno fiducia negli altri

Ha rete di sostegno Non ha rete di sostegno

4. Il valore aggiunto delle reti

201

La consapevolezza di poter contare sull’aiuto di parenti, amici o vicini favorisce l’espressione di un giudizio positivo su tutti gli aspetti della propria vita. Le persone che in caso di necessità non possono attivare nessuna rete hanno livelli di soddisfazione per la vita nel complesso molto inferiori rispetto a chi dichiara di avere almeno un parente, un amico o un vicino su cui poter contare: solo il 31,4 per cento indica livelli di punteggio alti (8-10) mentre la quota è del 43,2 per cento tra quanti dispongono di una rete di sostegno (con un voto medio che passa da 6,6 a 7,1).Ancor più evidente è l’effetto sul gradimento per i rapporti con gli amici: tra quanti non possono contare su una rete di sostegno, solo il 13,1 per cento risulta molto soddisfatto, contro il 26,0 per cento di chi può contare su qualcuno. Sono invece meno nette le differenze per quello che riguarda le relazioni familiari: sono molto soddisfatti il 26,9 per cento di quanti non hanno reti di sostegno rispetto al 34,7 per cento degli altri. La consapevolezza di avere qualcuno su cui contare aumenta in generale anche la fiducia verso il prossimo: la quota di quanti dichiarano di fidarsi del prossimo sale al 21,2 per cento rispetto al 13,3 per cento di quanti non hanno una rete di sostegno (Figura 4.10). La frequentazione di amici favorisce una visione più positiva della vita. Il 42,9 per cento di quelli che incontrano assiduamente gli amici si dichiara molto soddisfatto della propria vita, con un voto medio pari a 7,1 a fronte del 31,9 per cento di chi vede gli amici molto raramente – o che addirittura dichiara di non averne – e che esprime un voto medio di 6,5. La mancanza di amici diventa più gravosa al crescere dell’età. Tra i più giovani la quota di quelli che indicano livelli di punteggio più alti (8-10) non varia in base alla frequenza degli incontri. Con l’avanzare dell’età si genera invece una differenza crescente che vede tra le persone di 75 anni e più, che hanno incontri più diradati con gli amici, una percentuale di chi afferma di essere molto soddisfatto della propria vita di circa 15 punti percentuali inferiore rispetto a chi ha frequentazioni più assidue (il 25,9 e il 40,5 per cento, rispettivamente).Esiste una relazione molto stretta tra la frequenza degli incontri, la soddisfazione per le relazioni con gli amici e per il tempo libero. La relazione positiva si mantiene – e questo è meno scontato, dal momento che qui gli amici non entrano direttamente in gioco – anche per la soddisfazione per le relazioni familiari (34,0 per cento di molto soddisfatti

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.11 Persone di 14 anni e più molto soddisfatte per alcuni aspetti della propria vita, fiducia verso gli altri e relazioni con gli amici - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0 10 20 30 40 50 60

Molto soddisfatti per la vita nel complesso

Molto soddisfatti per le relazioni familiari

Molto soddisfatti per le relazioni con gli amici

Molto soddisfatti per il tempo libero

Hanno fiducia negli altri

Ha relazioni con amici Non ha relazioni con amici

Istat | Rapporto annuale 2018

202

tra coloro che vedono spesso gli amici contro il 29,5 di quanti li vedono solo poche volte all’anno). Avere una vita sociale attiva ha inoltre una ricaduta forte e positiva sulla fiducia interpersonale: la quota di quanti esprimono fiducia nel prossimo passa dal 13,3 per cento di chi incontra molto raramente gli amici al 21,0 di chi ha frequentazioni più assidue (Figura 4.11).La partecipazione ad attività di associazioni e organizzazioni della società civile è sempre associata a livelli più elevati di benessere percepito. Chi si impegna in attività per gruppi di volontariato, partiti, sindacati ne trae grande beneficio: oltre la metà delle persone attive in associazioni o gruppi di volontariato si dichiara molto soddisfatta, con un voto medio di 7,3 (Figura 4.12). La relazione positiva tra impegno civile e relazioni con gli altri si mantiene per tutte le dimensioni analizzate: è più alta la quota di soddisfatti per i rapporti con familiari e amici e uno su tre si dice fiducioso verso il prossimo (par. 4.4 Associazionismo e benessere). L’apertura e l’eterogeneità delle reti in cui si è inseriti hanno un effetto positivo sul benessere percepito. Maggiori sono le occasioni di contatto con cerchie di persone differenti, migliore è la percezione della qualità della propria vita. Le persone sole e isolate sono le più insoddisfatte della vita, delle relazioni, del tempo libero e ripongono meno fiducia negli altri rispetto a quelle che abitano con qualcuno della propria famiglia. In assenza di familiari coabitanti, anche solo sapere di poter contare sul sostegno di qualcuno in caso di necessità migliora il senso di benessere. È soprattutto ampliando gli spazi della socialità che le persone sole riescono ad aumentare il proprio benessere percepito: la percentuale di chi afferma di essere molto soddisfatto per la vita nel complesso supera il 35 per cento quando, oltre alla protezione, la rete veicola anche contenuti ludici e ricreativi, come nel caso delle relazioni con gli amici. È quando le relazioni si estendono a tutti i possibili ambiti della socialità che è più visibile il valore aggiunto delle reti: quando si ha qualcuno su cui poter contare, amici con cui trascorrere il tempo libero e si fanno attività di impegno civico condivise con altri volontari, i livelli di benessere percepiti dalle persone sole superano i valori medi per tutte le dimensioni. L’appartenenza a reti così estese colma la mancanza di persone conviventi: la percentuale di persone sole che si dichiara molto soddisfatta per le relazioni con gli amici e per il tempo libero supera di oltre dieci punti i valori medi, migliora in generale la

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.12 Persone di 14 anni e più molto soddisfatte per alcuni aspetti della propria vita, fiducia verso gli altri e presenza di rete di associazioni - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0 10 20 30 40 50 60

Molto soddisfatti per la vita nel complesso

Molto soddisfatti per le relazioni familiari

Molto soddisfatti per le relazioni con gli amici

Molto soddisfatti per il tempo libero

Hanno fiducia negli altri

Ha rete di associazioni Non ha rete di associazioni

4. Il valore aggiunto delle reti

203

soddisfazione per la vita nel complesso e per le relazioni familiari (rispettivamente, +6,2 e +5,2 punti percentuali rispetto alla media) e porta la percentuale di quanti esprimono fiducia verso il prossimo ai valori più alti tra i profili analizzati (34,5 per cento).Le persone che vivono in famiglia esprimono livelli di benessere generalmente più alti, ad eccezione della dimensione del tempo libero su cui pesano le responsabilità legate alla cura della casa e dei familiari (Tavola 4.3). I benefici veicolati dalle reti fanno sì che la quota di quanti esprimono piena soddisfazione per la vita superi il 50 per cento tra chi ha la rete in assoluto più estesa, cioè è attivo in associazioni e ha, nella quasi totalità dei casi, sia relazioni con amici sia una rete di sostegno.Le relazioni sociali giocano dunque un ruolo rilevante: la famiglia, gli amici e i vicini di casa e l’impegno civico individuale e collettivo appaiano solidamente legati alla soddisfazione per la vita e per le relazioni interpersonali. Sottolineare l’importanza delle relazioni sociali sul benessere individuale non significa far passare in secondo piano il peso dei fattori oggettivi. L’appartenenza a una o più reti, e in generale i legami sociali che si instaurano con le persone al di fuori della propria cerchia familiare, sono fortemente influenzati sia da caratteristiche individuali (sesso, età, titolo di studio, condizione occupazionale), sia familiari (appartenere a una famiglia numerosa o vivere da soli), sia da variabili di contesto, come l’offerta di servizi ricreativi o più semplicemente la rigidità del clima del territorio in cui si vive. Sono molti gli aspetti oggettivi che condizionano la soddisfazione per la vita; tra questi, lo stato di salute, il reddito e le condizioni materiali rappresentano aspetti determinanti per il benessere.17 Soltanto dopo aver soddisfatto i propri bisogni primari, infatti, ci si può dedicare al tempo libero, coltivare interessi, dedicarsi agli altri. L’analisi per gruppi sociali, che segmenta le famiglie secondo i livelli di reddito e altre caratteristiche socio-economiche (quali il titolo di studio e la condizione professionale del principale percettore di reddito, il numero di componenti della famiglia, la presenza di stranieri), mette bene in evidenza come la percezione del proprio benessere sia influenzata anche da aspetti strutturali.I gruppi sociali più benestanti sono quelli che esprimono una maggiore soddisfazione per la vita nel complesso. Nella classe dirigente, nelle famiglie di impiegati e in quelle delle pensioni d’argento la quota di persone molto soddisfatte supera il 45 per cento. Le famiglie appartenenti a questi gruppi sono più concentrate

Tavola 4.3 Persone di 14 anni e più molto soddisfatte per alcuni aspetti della propria vita, fiducia verso gli altri e profilo relazionale - Anno 2016 (valori percentuali)

Fiducia negli altriPROFILO RELAZIONALE

Molto soddisfatti

per la vita nel

complesso

per le relazioni

familiari

per le relazioni

con gli amici

per il tempo libero

Persone sole isolate 20,7 25,0 4,6 7,4 10,9Persone sole con amici 28,2 25,6 13,8 13,5 13,1Persone sole con rete di sostegno 23,3 30,3 8,0 9,4 12,8Persone sole con amici e rete di sostegno 34,8 28,7 25,3 15,4 20,2Persone sole attive in associazioni 48,2 38,4 39,1 28,1 34,5Persone con familiari conviventi isolate 28,0 26,3 5,4 8,2 11,4Persone con familiari e amici 34,6 27,4 17,3 11,9 13,8Persone con familiari e rete di sostegno 37,4 31,6 11,4 9,2 14,6Persone con familiari, amici e rete di sostegno 44,8 35,5 27,5 15,4 20,2Persone con familiari attive in associazioni 52,0 40,5 31,6 19,3 31,5

Totale 41,0 33,2 23,6 14,6 19,7

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Istat | Rapporto annuale 2018

204

nelle regioni del Centro-nord, hanno redditi e titoli di studio relativamente più alti e un’età media piuttosto elevata che, sebbene sia generalmente legata a livelli di soddisfazione più bassi,18 non sembra essere qui un fattore rilevante. Il gruppo della classe dirigente non presenta solo una maggiore soddisfazione per la vita nel complesso e per il lavoro: un ambiente benestante e molto istruito raddoppia la fiducia negli altri dal 19,7 per cento rilevato per il totale della popolazione al 34,7 per le persone appartenenti a questo gruppo. Anche la fiducia nelle istituzioni è relativamente alta, ma senza un distacco netto. In particolare, la classe dirigente ripone una fiducia relativamente maggiore nel Parlamento e nel sistema giudiziario. Le persone che fanno parte del gruppo delle pensioni d’argento, seppure con un’età media di quasi 65 anni, mostrano una soddisfazione per la salute del 17,4 per cento. In questo caso le difficoltà dell’età sono parzialmente compensate da reddito, livello d’istruzione e relazioni sociali. Sono infatti il gruppo più soddisfatto del proprio tempo libero. Reddito, livelli d’istruzione e relazioni sociali rendono possibile godere maggiormente del proprio tempo libero di cui, del resto, si ha maggiore disponibilità data la condizione di ritirato dal lavoro. Le persone appartenenti alle famiglie di impiegati e alla classe dirigente, a parità di reddito e istruzione, pur avendo reti più robuste (soprattutto per quanto riguarda la frequenza con cui vedono gli amici), sono molto meno soddisfatte del proprio tempo libero (14,3 e 14,4 per cento, rispettivamente).Le persone appartenenti al gruppo di anziane sole e giovani disoccupati presentano il livello più basso di soddisfazione (30,1 per cento di molto soddisfatti). Per le prime pesano l’età media elevata e il maggiore isolamento, per i secondi la mancanza di occupazione. Ad ogni modo, nei gruppi sociali economicamente più svantaggiati le quote di soddisfatti sono più basse: 33,4 per cento per le famiglie a basso reddito con stranieri e 41,6 per cento per le famiglie a basso reddito di soli italiani. In questi casi, oltre al reddito, pesa anche una componente importante di disoccupazione o inattività. L’età media elevata è invece il fattore determinante (assieme ai bassi titoli di studio) per spiegare gli esigui livelli di soddisfazione (38,8 per cento) delle persone appartenenti alle famiglie di operai in pensione. I due gruppi di età più avanzata, famiglie degli operai in pensione e anziane sole e giovani disoccupati, sono caratterizzati da bassi livelli di soddisfazione legati all’età; in particolare la soddisfazione per le condizioni di salute è più bassa rispetto a tutti gli altri gruppi (9,8 e 12,4 per cento, rispettivamente). Le persone appartenenti a questi ultimi due gruppi sono inoltre più svantaggiate anche per quanto riguarda la soddisfazione per le relazioni con familiari e amici e sono quelle che ripongono meno fiducia negli altri. La fiducia nelle istituzioni, calcolata come media dei punteggi espressi su una scala da 0 a 10,19 assume il valore più basso tra gli appartenenti alle famiglie a basso reddito di soli italiani (punteggio medio di 4,3) e quello più alto nelle famiglie a basso reddito con stranieri (con un punteggio medio di 5,1). Chi ha scelto l’Italia come posto in cui vivere, nonostante le più difficili condizioni economiche e la bassa soddisfazione per i diversi aspetti della vita considerati, ritiene le nostre istituzioni più degne di fiducia di chi in Italia è nato.

4. Il valore aggiunto delle reti

205

1 Il legame tra relazioni sociali e capitale sociale, inteso come l’insieme delle “risorse attuali o potenziali che derivano dall’appartenenza a una rete stabile di relazioni sociali o dall’essere membri di un gruppo” (Bourdieu, 1980), ha trovato ampio spazio in letteratura. Per una disamina degli approcci teorici si vedano tra gli altri: Bourdieu (1980), Coleman (1990), Piselli (1999), Pizzorno (1999) che adottano un approccio micro, fondando il capitale sociale nelle reti e nelle relazioni tra gli individui; Putnam (1993, 2000) identifica il capitale sociale con il senso civico e lo mette in relazione con la performance economico-istituzionale.

2 Si veda Glossario.3 Nei diari giornalieri dell’indagine Uso del tempo è inserito un quesito precodificato che permette di rilevare quanta parte della

giornata è trascorsa da soli e quanta in presenza di altre persone che si conoscono, distinguendo tra familiari conviventi e altri non conviventi. Il quesito non permette di distinguere i non conviventi (vicini, amici, parenti, colleghi o semplici conoscenti); tuttavia se nella descrizione delle attività svolte è riportata la tipologia di persone presenti, l’informazione viene conservata, permettendo di avere qualche informazione anche su tali relazioni. Il quesito esclude le parti della giornata che si trascorrono a letto.

4 Buchholz (1997); Marano (2003).5 Shaw, Bicket et al. (2015); Renzi et al. (2014).6 Si veda Glossario.7 Il riferimento è alla classificazione relativa al grado di urbanizzazione che distingue tra Aree densamente popolate (città o grandi

aree urbane), Aree con un livello di densità intermedio (o piccole aree urbane) e Aree scarsamente popolate (o aree rurali); Eurostat (2011).

8 Nei diari giornalieri dell’indagine Uso del tempo 2014 è stata per la prima volta rilevata la componente affettiva del benessere, attraverso un quesito sulla piacevolezza dei momenti della giornata (“Questo è un momento piacevole?”) cui i rispondenti di 11 anni e più devono rispondere valutando non solo le attività svolte ma anche elementi di contesto quali le persone presenti e i luoghi frequentati. Il quesito esclude le parti della giornata che si trascorrono a letto.

9 Bellotti (2008).10 Il riferimento è alla classificazione sperimentale delle generazioni introdotta nel Rapporto annuale 2016.11 In base al grado di apertura degli individui a reti esterne alla famiglia sono stati individuati i seguenti profili relazionali: 1) persone

senza reti esterne: dichiarano di non avere relazioni con amici, di non poter contare su alcuna rete di sostegno (parenti, amici o vicini su cui contare) e non partecipano ad alcuna forma di associazionismo; 2) persone con solo amici: hanno amici che frequentano almeno qualche volta al mese, non possono contare su una rete di sostegno e non partecipano ad alcuna forma di associazionismo o organizzazione politica; 3) persone con solo rete di sostegno: possono contare su una rete di sostegno, non frequentano assiduamente amici e non partecipano ad alcuna forma di associazionismo; 4) persone con amici e rete di sostegno: frequentano amici e possono contare su una rete di sostegno, ma non partecipano ad alcuna forma di associazionismo; 5) persone con amici, sostegno e attive in associazioni. Nella rilevazione Aspetti della vita quotidiana, la rete di sostegno riguarda soltanto la presenza di parenti, amici o vicini su cui contare, senza la possibilità di distinguere i familiari non conviventi (quella che nel Capitolo 3 è definita “rete stretta”). Inoltre non si dispone di alcuna informazione sulla dimensione delle reti (numero di amici, di parenti, di vicini).

12 Il riferimento è alla classificazione sperimentale dei gruppi sociali introdotta nel Rapporto annuale 2017.13 Il benessere è un concetto composito, formato da due componenti distinte ma interrelate, una cognitiva e una affettiva. La

componente cognitiva rappresenta il processo attraverso il quale ciascun individuo valuta in modo retrospettivo la propria vita, vista nel suo complesso. La componente affettiva, composta dall’insieme delle emozioni che gli individui provano, è invece legata alla piacevolezza dei momenti della giornata, monitora cioè l’impatto immediato che le circostanze determinano sul benessere delle persone.

14 Helliwell e Putnam (2004); Montecolle et al. (2012).15 L’indicatore più diffusamente utilizzato in letteratura come misura di sintesi del benessere soggettivo è la soddisfazione per la vita

nel complesso. Esso prevede che le persone valutino su una scala da 0 a 10 quanto attualmente siano soddisfatti per la propria vita nel complesso; si definiscono molto soddisfatte le persone che hanno dato un punteggio 8-10, mediamente soddisfatte quelle con punteggio 6-7, insoddisfatte quelle con punteggio 0-5.

16 La fiducia interpersonale è valutata attraverso la domanda se si ritenga che “gran parte della gente è degna di fiducia” o se invece “bisogna stare molto attenti”.

17 Istat (2012), Oecd (2013), Helliwell (2003), Boarini et al. (2012).18 Istat (2018).19 L’indicatore di fiducia nelle istituzioni è calcolato come media dei punteggi espressi dalle persone di 14 anni e più per: Parlamento

italiano, sistema giudiziario, istituzioni locali, forze dell’ordine e vigili del fuoco.

4. Il valore aggiunto delle reti

207207

APPROFONDIMENTI E ANALISI

4.1 Le reti di amici: i tempi, i luoghi e le caratteristiche degli incontri

Incontrare gli amici e passare del tempo insieme costituisce prevalentemente un momento di svago, di stacco dalle attività quotidiane di studio, lavoro, gestione della casa e cura dei figli. La disponibilità di questo tempo dipende, naturalmente, dalla possibilità di conciliare tutte le ne-cessità della vita quotidiana che, a sua volta, è fortemente condizionata da aspetti quali il genere, l’età e, soprattutto, la fase del ciclo di vita in cui ci si trova. Gli impegni quotidiani impongono diversi limiti alla possibilità di coltivare le relazioni, ma offrono anche molteplici occasioni per ampliare la propria cerchia di amici. Il lavoro e la scuola sottraggono tempo, ma rappresentano importanti agenzie di socializzazione. I genitori, per il tramite dei figli, intessono relazioni tra loro e anche i rapporti di vicinato possono evolversi in un legame affettivo. I contenuti delle

Figura 4.13 Persone di 6 anni e più che vedono gli amici almeno qualche volta al mese per caratteristiche degli incontri e come si sono conosciuti - Anno 2015 (valori percentuali, valore massimo per sesso e classe di età)

14-24

50+

35-44

M

M

M

F 6-17

14-19

20-34

F 14-19

F 14-19

11-19

75+

6-24

25-64

35-54

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Solo nei fine settimana

Sia nei giorni lavorativiche nei fine settimana

Quando capita

A casa propria o di amici

Locali pubblici

Luoghi all'aperto

Al centro commerciale

In palestra/al circolo sportivo

A scuola o all'università

Sul lavoro

Nel mio quartiere

Negli ambientifrequentati dai figli

Nei luoghi dello sport

Su social network

Qua

ndo

Dove

Com

e li h

a co

nosc

iuti

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero

Istat | Rapporto annuale 2018

208

relazioni sono numerosi e vanno dall’aspetto ludico e ricreativo, alla condivisione di passioni e hobby, al confronto di idee, opinioni o problemi personali. In Italia, nel 2015 quasi un terzo degli incontri avviene esclusivamente nel fine settimana (32,8 per cento); la gran parte di coloro che frequentano gli amici almeno una volta al mese li incontra quando capita, senza avere un momento prestabilito (63,7 per cento), gli altri incon-trano gli amici o solamente nei giorni feriali o sia nel fine settimana sia nei giorni feriali. L’età influenza notevolmente le modalità con cui si incontrano i propri amici (Figura 4.13). Sono soprattutto le persone di 50 anni e più a non aver bisogno di momenti prestabiliti per incontra-re gli amici (più del 60 per cento dichiara di vederli quando capita), mentre la quota di chi li vede solo nel fine settimana è particolarmente elevata nelle classi di età centrali, con un picco massimo del 44,4 per cento tra i 35 e i 44 anni. Infine, sono soprattutto i più giovani, tra i 14 e i 24 anni, che vedono gli amici anche a scuola o durante la pratica sportiva, a incontrarli sia nei giorni feriali sia nel fine settimana (16,0 per cento).Con gli amici ci si vede soprattutto a casa propria o a casa loro (69,8 per cento), ma anche in locali pubblici come bar, ristoranti, pub e birrerie (50,9 per cento). Leggermente inferiore la quota di persone che si incontra in luoghi all’aperto come piazze, strade, parchi e giardini (39,4 per cento). Meno diffusa l’abitudine di incontrarsi in centri commerciali, palestre, discoteche e centri sociali o centri anziani. La scelta dei luoghi di incontro è molto differenziata in base al genere. Tra le donne è più diffusa la tendenza a incontrare gli amici a casa propria o di altri (77,1 per cento) e nei centri commerciali (14,4 per cento); gli uomini scelgono più spesso di incontrarsi nei locali (57,6 per cento), in luoghi all’aperto (41,8 per cento) e nei centri sportivi (10,9 per cento). Si osservano anche forti differenze legate all’età. Come era lecito aspettarsi, tra i bambini e i ragazzi prevale l’abitudine di incontrare gli amici a casa propria o di altri (oltre il 70 per cento) e in spazi all’aperto, che vengono scelti come luogo di incontro privilegiato da oltre i due terzi dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Con l’arrivo della maggiore età comincia a crescere l’abitudine a incontrare gli amici in bar, pub, pizzerie o altri tipi di locali pubblici, abitudine che arriva a interessare oltre il 70 per cento delle persone tra i 20 e i 34 anni. La preferenza per questi luoghi, seppure in misura più ridotta al crescere dell’età, si mantiene alta anche tra gli adulti: fino a 60 anni, oltre il 50 per cento incontra gli amici al bar o in altri luoghi dedicati alla ristorazione. Oltre il 20 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni incontra gli amici al centro commerciale (percentuale che raggiunge il 26,5 per cento tra le ragazze tra i 14 e i 19 anni) e in discoteca (dove i diciottenni raggiungono il 27,2 per cento), mentre circoli sportivi e palestre sono luogo di incontro privilegiato per bambini e ragazzi. Una persona su tre ha conosciuto gli amici, che frequenta con una certa regolarità, nel quar-tiere di residenza (37,6 per cento). Sono soprattutto le persone più grandi a intessere relazioni di amicizia nella zona in cui vivono; per i più giovani, fino a 24 anni, anche scuola e università, insieme ai luoghi in cui si pratica sport (indicati nel 14,0 per cento dei casi dai ragazzi tra gli 11 e i 19 anni) e ai social network (indicati nel 6,5 per cento dalle ragazze nella classe 14-19 anni) sono canali utili a fare nuove conoscenze. A partire dai 25 anni, con l’uscita dal sistema scola-stico e la transizione a una nuova fase della vita, il luogo di lavoro e gli ambienti frequentati dai figli cominciano a diventare un canale preferenziale per conoscere degli amici. L’analisi terri-toriale mostra marcate differenze, che possono essere ricondotte a caratteri socio-demografici e ambientali dei territori stessi (Figura 4.14). Nei territori del Mezzogiorno interno, dell’altro Sud e dei centri urbani meridionali è nettamente più elevata la quota di persone che incontra gli amici quando capita (rispettivamente il 73,5, il 71,0 e il 67,2 per cento); nei territori della città diffusa e delle città del Centro-nord, invece, è superiore rispetto alle altre zone la quota di persone che incontra gli amici solo nel fine settimana (rispettivamente 36,9 e 36,0 per cento).20

20 Il riferimento è alla classificazione sperimentale dei sistemi locali per caratteri socio-demografici e dell’insedia-mento residenziale introdotta nel Rapporto annuale 2015.

Quando si incontrano gli amici

I luoghi in cui si incontrano gli amici

Dove si sono conosciuti gli amici

4. Il valore aggiunto delle reti

209

Anche la scelta dei luoghi per la socialità è condizionata dalle caratteristiche del territorio e, in particolare, dall’offerta di strutture ricreative. Nei territori delle città del Centro-nord, della città diffusa e del cuore verde si osservano percentuali più elevate di chi incontra gli amici nei locali, nelle palestre, in discoteca o nei centri anziani. Chi vive invece nel Mezzogiorno interno, nell’altro Sud, nei centri urbani meridionali e nei territori del disagio, complice probabil-mente la mitezza del clima, sceglie più spesso di incontrarsi in luoghi all’aperto. La prossimità abitativa favorisce la conoscenza di nuovi amici soprattutto per le persone che risiedono nel Mezzogiorno interno (46,8 per cento), nei territori del disagio (46,7 per cen-to), nell’altro Sud (45,0 per cento) e nei centri urbani meridionali (41,4 per cento); negli altri territori è invece più alta rispetto alla media la percentuale di quanti hanno stretto re-lazioni sul luogo di lavoro, negli ambienti frequentati dai figli, in vacanza o facendo sport.Chiacchierare del più e del meno è per tutti, esclusi i bambini, l’attività più svolta insieme agli amici, con quote che superano l’80 per cento a partire dai 14 anni. Per i più giovani – secondo le attese – il tempo passato con gli amici è soprattutto tempo dedicato al gioco (oltre l’80 per cento dei bambini tra i 6 e i 10 anni dedica a questa attività gli incontri con gli amici) e alla pratica sportiva (43,9 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni incontrano gli amici per fare sport). Per le donne gli incontri hanno più spesso carattere confidenziale (il 46,6 per cento parla con gli amici dei propri problemi) mentre per gli uomini è più frequente l’aspetto conviviale: oltre il 50 per cento incontra gli amici per mangiare e bere insieme. Le altre attività, che hanno frequenze mediamente più basse, caratterizzano il tempo libero di specifici segmenti della popolazione. Andare al cinema, al teatro, ai concerti, alle mostre e ai musei, oppure organizzare gite e viaggi insieme agli amici, sono attività che si trovano spesso associate tra loro.21 La probabilità di pra

21 È stata applicata un’analisi delle corrispondenze multiple utilizzando come variabili attive le 20 modalità di tra-scorrere il tempo libero con gli amici. I primi tre fattori estratti (che riproducono il 33,5 per cento della variabilità della matrice di partenza) hanno identificato tre principali modalità di trascorrere il tempo con gli amici: il fattore culturale, il fattore dinamico-ricreativo e il fattore disimpegnato. Questi fattori sono stati successivamente utilizzati come variabili risposta in modelli di regressione logistica. Le variabili indipendenti utilizzate nei modelli sono il sesso, l’età, il titolo di studio e il raggruppamento socio-demografico di sistemi locali.

Il territorio e le caratteristiche degli incontri con gli amici

Cosa si fa con gli amici

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero

0

20

40

60

80Le città del Centro-nord

La città diffusa

Il cuore verde

I centri urbani meridionaliI territori del disagio

Il Mezzogiorno interno

L'altro Sud

Si incontranoquando capita

Si incontranoin locali pubblici

Si conoscononel quartiere

Figura 4.14 Persone di 6 anni e più che vedono gli amici almeno qualche volta al mese per caratteristiche degli incontri, come si sono conosciuti e raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2015 (valori percentuali)

Istat | Rapporto annuale 2018

210

ticare con gli amici queste attività di stampo culturale è maggiore tra le donne e tra i più giova-ni, soprattutto quelli tra 14 e 24 anni. È più probabile inoltre che siano le persone con un titolo di studio medio-alto e che risiedono nelle città del Centro-nord, ma anche della città diffusa e del cuore verde (prendendo come riferimento chi vive nei territori del disagio) a condividere con gli amici questo tipo di interessi (Figura 4.15; per la presenza sul territorio di istituzioni museali si veda par. 5.7.2 La rete in costruzione: verso il Sistema museale nazionale).

Una seconda modalità di trascorrere il tempo libero con gli amici può essere definita di tipo dinamico-ricreativo e comprende attività ludiche (giochi di carte, da tavolo, videogiochi, ecce-tera) o sportive, sia come pratica attiva sia come spettatore di eventi e manifestazioni sportive. La probabilità di passare il tempo libero con gli amici in questo modo è più elevata tra gli uomini, tra i giovani e giovani adulti fino a 44 anni, tra chi ha un titolo di studio basso e, sempre prendendo come riferimento chi vive nei territori del disagio, tra chi vive nelle città del Centro-nord e nel cuore verde e meno nei centri urbani meridionali e nel Mezzogiorno interno (Figura 4.16).

Le attività culturali con gli amici

Le attività ludiche e sportive con gli

amici

Figura 4.15 Effetti netti delle variabili sullo svolgimento di attività inerenti al fattore culturale per le persone di 14-74 anni che frequentano gli amici almeno qualche volta al mese - Anno 2015 (odds ratio (a) e intervalli di confidenza)

2,26

2,19

2,09

1,38

1,14

1,175,83

3,21

1,79

3,47

1,32

1,06

1,27

0 1 2 3 4 5 6 7

Le Città del Centro-nord vs I territori del disagio

La città diffusa vs I territori del disagio

Il cuore verde vs I territori del disagio

I centri urbani meridionali vs I territori del disagio

Il Mezzogiorno interno vs I territori del disagio

L'altro Sud vs I territori del disagio

Laurea vs Licenza elementare

Diploma superiore vs Licenza elementare

Licenza media vs Licenza elementare

14-24 vs 65-74 anni

25-44 vs 65-74 anni

45-64 vs 65-74 anni

Femmine vs Maschi

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero(a) L’odds ratio indica l’associazione tra svolgimento di attività inerenti al fattore culturale e le singole modalità considerate delle variabili indipendenti. Valori maggiori di uno indicano una associazione positiva (rispetto alla modalità di riferimento), valori minori di uno una associazione negativa.

4. Il valore aggiunto delle reti

211

Infine, la probabilità di fare insieme ad amici attività maggiormente disimpegnate (come fare shopping, andare a ballare, passeggiare, mangiare e bere, ascoltare musica) è più elevata tra le donne, tra i giovani, tra chi possiede titoli di studio alti e, rispetto ai territori del disagio, in tutti gli altri contesti territoriali (Figura 4.17).I dati confermano, documentano e misurano, dunque, quanto era lecito attendersi. L’età e la fase del ciclo di vita determinano modi diversi di trascorrere il proprio tempo con gli amici, più orientato agli aspetti ludici e ricreativi per i più giovani, più incentrato sulla condivisione di interessi per gli adulti. Anche il territorio, offrendo occasioni e spazi per la socialità diversificati, contribuisce a definire modalità diverse di vivere le relazioni di amicizia.

Le attività disimpegnate con gli amici

Figura 4.16 Effetti netti delle variabili sullo svolgimento di attività inerenti al fattore dinamico-ricreativo per le persone di 14-74 anni che frequentano gli amici almeno qualche volta al mese - Anno 2015 (odds ratio (a) e intervalli di confidenza)

1,12

1,01

1,15

0,75

0,84

0,91

1,08

1,07

1,262,72

1,10

0,90

2,28

0 1 2 3

Le Città del Centro-nord vs I territori deldisagio

La città diffusa vs I territori del disagio

Il cuore verde vs I territori del disagio

I centri urbani meridionali vs I territori deldisagio

Il Mezzogiorno interno vs I territori deldisagio

L'altro Sud vs I territori del disagio

Diploma superiore vs Laurea

Licenza media vs Laurea

Licenza elementare vs Laurea

14-24 vs 65-74 anni

25-44 vs 65-74 anni

45-64 vs 65-74 anni

Maschi vs Femmine

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero(a) L’odds ratio indica l’associazione tra svolgimento di attività inerenti al fattore dinamico-ricreativo e le singole modalità

considerate delle variabili indipendenti. Valori maggiori di uno indicano una associazione positiva (rispetto alla modalità di riferimento), valori minori di uno una associazione negativa

Istat | Rapporto annuale 2018

212

4.2 Le reti nella Rete

Internet e le tecnologie digitali hanno trasformato i diversi ambiti della vita quotidiana, crean-do nuovi modi di comunicare, relazionarsi e ragionare. È la società stessa, sempre più incentra-ta sull’interattività e sullo scambio tra nodi interconnessi, ad aver assunto la forma della rete.22 La possibilità per gli individui di essere sempre connessi, di restare in contatto (quanto meno in potenza) con altre persone vicine o lontane, conosciute o meno, contribuisce a disegnare nuove reti di relazioni che si affiancano, si intersecano o si sovrappongono a quelle già esistenti. La forma, la densità e la consistenza di queste reti dipendono strettamente dalle capacità degli utenti di usare la Rete23 e dall’uso che ne fanno per allargare gli spazi di socialità. Nel 2016, in Italia il 69,0 per cento della popolazione in età compresa tra 16 e 74 anni naviga in Rete regolarmente,24 circa 13 punti percentuali in meno rispetto alla media europea, valori che la collocano agli ultimi posti, seguita soltanto da Romania e Bulgaria (Figura 4.18). L’Italia è quindi ancora caratterizzata da un ampio divario digitale di primo livello, legato all’accesso,

22 Castells (2002).23 Qui il termine è denotato dalla iniziale maiuscola per fare riferimento al web, e più in generale a internet.24 Per uso regolare di internet si intende quello delle persone che hanno navigato negli ultimi 3 mesi.

Figura 4.17 Effetti netti delle variabili sullo svolgimento di attività inerenti al fattore disimpegnato per le persone di 14-74 anni che frequentano gli amici almeno qualche volta al mese - Anno 2015 (odds ratio (a) e intervalli di confidenza)

1,25

1,32

1,26

1,26

1,10

1,13

1,10

1,45

1,344,12

2,13

1,34

1,45

0 1 2 3 4 5

Le Città del Centro-nord vs I territoridel disagio

La città diffusa vs I territori del disagio

Il cuore verde vs I territori del disagio

I centri urbani meridionali vs I territoridel disagio

Il Mezzogiorno interno vs I territori deldisagio

L'altro Sud vs I territori del disagio

Laurea vs Licenza elementare

Diploma superiore vs Licenzaelementare

Licenza media vs Licenza elementare

14-24 vs 65-74 anni

25-44 vs 65-74 anni

45-64 vs 65-74 anni

Femmine vs Maschi

Fonte: Istat, Indagine I cittadini e il tempo libero(a) L’odds ratio indica l’associazione tra svolgimento di attività inerenti al fattore disimpegnato e le singole modalità

considerate delle variabili indipendenti. Valori maggiori di uno indicano una associazione positiva (rispetto alla modalità di riferimento), valori minori di uno una associazione negativa

L’uso della Rete…

4. Il valore aggiunto delle reti

213

mentre in molti degli altri paesi europei il fattore determinante nella misurazione del digital divide si è spostato dal navigare in Rete all’avere le competenze digitali appropriate per poter utilizzare appieno le opportunità offerte dalle Ict (tecnologie dell’informazione e della comu-nicazione). Nella maggior parte dei paesi Ue, l’uso regolare della Rete raggiunge il 90 per cento per le persone fino ai 54 anni e diminuisce al 70 per quelle tra i 55 e i 64 anni; nel nostro Paese invece i livelli prossimi alla saturazione si registrano solo per la generazione delle reti, i nati dopo il 1996 (90,3 per cento).25 Tuttavia nell’ultimo decennio la quota di utilizzatori è quasi raddoppiata e la generazione della transizione ha fatto registrare incrementi tali da ridurre il divario con le generazioni cresciute nell’era del digitale (Tavola 4.4).26

Tavola 4.4 Persone di 14 anni e più che hanno utilizzato internet negli ultimi tre mesi per generazione - Anni 2006, 2011, 2016 (valori percentuali)

2006 2011 2016

Generazione della ricostruzione (1926-1945) 5,1 7,7 10,4Generazioni dell’impegno e dell’identità (1946-1965) 31,9 42,3 51,9Generazione di transizione (1966-1980) 48,2 67,4 79,6Generazione del millennio (1981-1995) 63,2 81,4 86,1Generazione delle reti (1996-2016) - 84,2 90,3Totale 33,0 49,2 61,5

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Il confronto tra generazioni rispetto al titolo di studio conferma come il livello d’istruzione continui a essere l’altro fattore determinante per l’utilizzo di internet. I laureati fino a 54 anni registrano tassi superiori al 90 per cento e tra le persone di 65 anni e più laureate l’utilizzo della rete presenta valori pari a quelli registrati per la media italiana (61,3 per cento).

25 Boyd (2014).26 Il riferimento é alla classificazione sperimentale delle generazioni introdotta nel Rapporto annuale 2016.

…per generazione, titolo di studio e territorio

Figura 4.18 Persone di 16-74 anni che usano internet regolarmente per classe di età e paese europeo - Anno 2016 (valori percentuali)

0

20

40

60

80

100

Dan

imar

ca

Luss

embu

rgo

Reg

no U

nito

Finl

andi

a

Pae

si B

assi

Sve

zia

Ger

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onia

Fran

cia

Aus

tria

Rep

ubbl

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da

Spa

gna

Letto

nia

Slo

vacc

hia

Ung

heria

Mal

ta

Cip

ro

Slo

veni

a

Litu

ania

Cro

azia

Pol

onia

Por

toga

llo

Gre

cia

Italia

Rom

ania

Bul

garia

Totale 16-74 anni 25-54 anni 55-64 anni Ue28

Fonte: Eurostat, Ict usage in the households and by individuals

Istat | Rapporto annuale 2018

214

Nel nostro Paese l’uso della Rete è caratterizzato anche da forti differenze legate al territorio. Le persone che vivono nel Centro-nord presentano tassi di utilizzo molto più elevati che nel Mezzo-giorno. Il Centro-nord però non è una realtà omogenea: nelle città del Centro-nord gli utenti regolari sono il 68,6 per cento, nella città diffusa il 66,8, nel cuore verde il 59,3 per cento.27 Una maggiore omogeneità caratterizza i territori meridionali dove la presenza di utilizzatori si attesta poco sopra al 55 per cento, tranne che nel Mezzogiorno interno dove si attesta al 49,6 per cento.Le nuove tecnologie non sono semplici strumenti di fruizione, ma chi le usa contribuisce spesso al loro stesso sviluppo. La Rete dunque è un’ambiente che si caratterizza per una comunica-zione orizzontale in cui i diversi utenti interconnessi tra loro si scambiano informazioni, dive-nendo oltre che fruitori anche produttori di contenuti.28 Nel 2016, il 60,1 per cento degli utenti regolari ha partecipato a un social network; il 52,5 per cento ha inviato messaggi in chat, ha scritto su un blog, è intervenuto su un forum di discussione; il 32,4 per cento ha caricato testi, fotografie, musica per poterli condividere. I giovani fino a 34 anni sono più attivi in questi am-biti; nelle fasce di età successive l’uso dei social network, dei blog e la condivisione di contenuti di propria creazione declina rapidamente.

27 Il riferimento è alla classificazione sperimentale dei sistemi locali per caratteri socio-demografici e dell’insedia-mento residenziale introdotta nel Rapporto annuale 2015.

28 Castells (2002).

L’uso social della Rete

Figura 4.19 Utenti regolari di internet di 14 anni e più per attività svolte su internet, sesso e classe di età - Anno 2016 (valori percentuali)

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

14-19

20-24

25-34

35-44

45-54

55-64

65 e più

14-19

20-24

25-34

35-44

45-54

55-64

65 e più

14-19

20-24

25-34

35-44

45-54

55-64

65 e più

Invi

are

mes

sagg

isu

cha

t, bl

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Par

teci

pare

aso

cial

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wor

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cont

enut

i

Totale Maschi Femmine

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

4. Il valore aggiunto delle reti

215

Le donne presentano una leggera prevalenza rispetto agli uomini nell’uso dei social network (62,1 contro 58,4 per cento degli uomini), nell’inviare messaggi e scrivere testi (53,5 contro 51,6 per cento), nel caricare contenuti di propria creazione (33,3 contro 31,6 per cento). Questo vantaggio si registra per tutte le fasce d’età con un picco tra le ragazze tra i 20 e i 24 anni, ma le distanze si accorciano per gli uomini tra i 35 e i 44 anni, che sono anzi più attivi nel caricare contenuti di propria creazione (Figura 4.19).Negli ultimi cinque anni la partecipazione ai social network è aumentata di dieci punti percen-tuali, facendo registrare gli incrementi più consistenti tra le generazioni più anziane. La quota di utilizzatori appartenenti alla generazione della ricostruzione che partecipa ai social network è raddoppiata (passando dall’11,0 al 21,6 per cento), anche se il divario con la media rimane stabile. Per la generazione dell’impegno e quella dell’identità invece gli incre-menti registrati consentono di ridurre le distanze (passano dal 24,8 nel 2011 al 39,0 per cento nel 2016). Andamento analogo si registra per la generazione di transizione, i nati tra il 1966 e il 1980, con comportamenti che si avvicinano a quelli delle generazioni più giovani, i nati nell’era del digitale (Figura 4.20).

L’immediatezza dell’uso delle piattaforme social fa sì che, a differenza delle altre attività svolte in Rete, all’interno delle diverse fasce di età, non si registrino differenze associate al titolo di studio. Gli utenti tra 45 e 64 anni laureati presentano tassi di utilizzo analoghi a quelli della stessa classe di età con la licenza media (circa 46 per cento); la stessa tendenza si riscontra tra gli utenti tra 25 e 44 anni diplomati (69,1 per cento) e quelli in possesso della licenza elemen-tare (68,6 per cento). L’uso della Rete per inviare messaggi, scrivere testi, intervenire su blog o forum di discussione è un’attività maggiormente diffusa nelle città del Centro-nord (55,0 per cento), seguite dall’altro Sud (53,3 per cento); i territori del disagio (64,2 per cento) e il Mezzogiorno interno (63,1 per cento) presentano invece percentuali più alte di utenti di social network rispetto alla media.

Generazioni e social network

Territorio e uso social della Rete

Figura 4.20 Utenti regolari di internet di 14 anni e più che partecipano a social network per generazione - Anni 2011 e 2016 (valori percentuali)

0

20

40

60

80

100

Generazione dellaricostruzione(1926-1945)

Generazionedell'impegno e

dell'identità (1946-1965)

Generazione ditransizione

(1966-1980)

Generazione delmillennio

(1981-1995)

Generazione delle reti

(1996-2016)

Totale

2011 2016

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Istat | Rapporto annuale 2018

216

La Rete si pone come uno strumento di potenziamento delle proprie relazioni sociali. L’analisi congiunta della frequentazione di amici offline e l’uso dei social network mostra che entrambe le relazioni seguono un andamento analogo: sono più diffuse tra i giovani per poi decrescere nelle fasce di età successive, anche per l’aumento dei carichi lavorativi e familiari. L’utilizzo crescente dei social network non rappresenta dunque una modalità sostitutiva delle relazioni sociali non virtuali che restano la forma di interazione più appagante. La piacevolezza, misura-ta come media dei punteggi espressi su una scala da -3 a +3,29 per le attività di socialità con la famiglia è 1,95, per la socialità con gli amici 2,22 mentre per la socialità online è 1,88. Per i più giovani però fare attività online è più piacevole che stare con la propria famiglia (1,98 contro 1,82) mentre anche per loro frequentare gli amici è l’attività più piacevole (2,47).30 Anche le donne di 65 anni e più che navigano in Rete preferiscono stare online o con gli amici rispetto alla socialità con le persone con cui vivono (rispettivamente 1,97 e 2,15 contro 1,65).

Da un punto di vista territoriale, sono le persone residenti nel Mezzogiorno a usare maggior-mente entrambe le forme di comunicazione (offline e online) rispetto a quelle del Nord. In particolare, tra gli utenti regolari residenti nel Mezzogiorno interno, il 40,1 per cento vede gli amici più volte alla settimana e utilizza i social network, mentre nelle città del Centro-nord la corrispondente quota è del 29,0 per cento (Figura 4.21).Inoltre, la Rete allarga le possibilità di partecipazione alla vita civile del Paese. Nel 2016, il 18,3 per cento degli utenti regolari ha utilizzato una piattaforma social per esprimere la pro-pria opinione su temi politici o sociali e l’8,4 per cento ha partecipato a petizioni online. La partecipazione politica online, considerando congiuntamente entrambe le attività, coinvolge complessivamente il 20,8 per cento degli utenti di internet e, come per quella offline, in misura maggiore gli uomini e le persone con un titolo di studio più alto (Figura 4.22).31 Le donne partecipano alla politica più online che in presenza; nella classe 20-24 anni il tasso

29 Si veda nota 8.30 Boyd (2014).31 Istat (2017b).

La piacevolezza delle relazioni

online e offline

La partecipazione politica e sociale in

Rete

Figura 4.21 Utenti regolari di internet di 14 anni e più che usano social network e frequentano amici più di una volta a settimana per raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2016 (valori percentuali)

20

30

40

50Le città del Centro-nord

La città diffusa

Il cuore verde

I centri urbani meridionaliI territori del disagio

Il Mezzogiorno interno

L'altro Sud

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

4. Il valore aggiunto delle reti

217

Figura 4.22 Utenti regolari di internet di 14 anni e più per partecipazione politica sociale online e alcune caratteristiche socio-demografiche - Anno 2016 (valori percentuali)

Totale

0 5 10 15 20 25 30 35

Maschi

Femmine

14-19

20-24

25-34

35-44

45-54

55-64

65 e più

Laurea e post-laurea

Diploma superiore

Licenza media

Fino a licenza elementare

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.23 Utenti regolari di internet di 14 anni e più per partecipazione politico sociale online e raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2016 (valori percentuali)

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Italia

0

10

20

30

Le città delCentro-nord

La cittàdiffusa

Il cuoreverde

I centri urbanimeridionali

I territori deldisagio

Il Mezzogiornointerno

L'altroSud

Istat | Rapporto annuale 2018

218

di partecipazione femminile arriva a superare di cinque punti percentuali quello dei coetanei. A livello territoriale si rilevano valori superiori alla media soltanto nelle città del Centro-nord (22,1 per cento), nei territori del disagio (21,7 per cento) e nel cuore verde (21,4 per cento; Figura 4.23). L’uso di internet e dei più recenti strumenti di comunicazione può avere notevoli implicazioni anche sulle relazioni personali a elevato contenuto affettivo, come quelle tra genitori e figli. Gli strumenti di messaggistica istantanea (per la condivisione di testi o di contenuti audio o video) sono sempre più utilizzati, anche se non da tutta la popolazione. Nel 2016, poco meno di una persona su quattro tra gli adulti di 18 anni e più ha utilizzato almeno una volta a settimana un servizio di messaggistica per comunicare con la madre (23,2 per cento) o il padre (24,9 per cento) non coabitanti.32 Rispetto ai figli maschi, le figlie hanno contatti più frequenti sia con le madri, con cui il 25,6 per cento scambia messaggi almeno una volta a settimana, sia con i padri (26,1 per cento). I figli usano più spesso questi strumenti per tenersi in contatto con i padri (23,4 per cento) che con le madri; è inoltre più elevata la quota dei maschi che non usa mai questi mezzi per tenersi in contatto con la madre (74,1 a fronte del 70,3 per cento per le femmine).La frequenza di questi contatti tende a replicare le caratteristiche delle comunicazioni che usa-no canali più tradizionali: i contatti online, così come le comunicazioni telefoniche, ripro-pongono una maggiore frequenza dei contatti delle figlie con entrambi i genitori. I contatti figlio-madre seguono invece più spesso i canali tradizionali: il 78,6 per cento dei maschi sente la madre al telefono tutti i giorni o almeno una volta a settimana, ma solo il 20,6 per cento utilizza anche altri strumenti per comunicare con lei. La potenzialità di questi strumenti è ancora più evidente se messa in relazione alla crescente com-plessità della vita quotidiana, delle forme familiari e delle modalità residenziali. Chi ha la possibi-lità di incontrare i propri genitori tutti i giorni fa un uso limitato della messaggistica: solo poco più del 20 per cento la usa con una frequenza almeno settimanale (20,2 per comunicare con la madre e 21,4 per cento con il padre); la maggior parte non usa mai questi strumenti. Al diradarsi della possibilità degli incontri dal vivo aumenta la frequenza dei contatti online: tra quelli che vedono i genitori solo una volta all’anno, uno su quattro mantiene i contatti via internet con una frequen-za almeno settimanale (24,9 per cento con la madre e 25,9 con il padre).33 La possibilità di essere sempre connessi consente quindi di ridurre le distanze e mantenere un senso di prossimità. Nei casi di lontananza abitativa tra i membri della famiglia, quando la distanza dall’abitazione dei genitori supera i 50 km, infatti, i messaggi sono un buon mezzo di comunicazione per mantenere le relazioni; sono invece utilizzati al minimo quando la prossimità abitativa è elevata.L’attitudine all’uso di questi strumenti è legata, oltre alle caratteristiche pregresse delle relazio-ni stesse, anche alle competenze possedute da chi le utilizza.L’età dei figli gioca un ruolo importante: più sono giovani, maggiore è la frequenza dei contatti con i genitori tramite questi strumenti. La generazione del millennio e quella delle reti sono quelle che più delle altre li usano per comunicare sia con la madre (rispettivamente, 51,1 e 83,0 per cento), sia con il padre (44,1 e 56,1 per cento) con una frequenza almeno settimanale. Più moderato è l’uso che ne fa la generazione di transizione che con la stessa cadenza li usa nel 21,6 per cento dei casi per comunicare con la madre e nel 18,8 per cento con il padre. L’utilizzo è ovviamente legato all’età dei genitori, oltre che all’età dei figli. I genitori più giovani comunicano sempre più spesso con i propri figli attraverso messaggistica: circa la metà delle madri (55,2 per cento) e dei padri (47,3 per cento) della generazione della transizione, quella che ha fatto registrare i maggiori incrementi in termini di uso di internet nell’ultimo decennio

32 L’indicatore considera lo scambio di messaggi, quale che sia l’applicazione utilizzata. 33 Da queste analisi sono esclusi quanti dichiarano di non incontrare mai i genitori.

La comunicazione con i genitori

attraverso la Rete

Contatti online tra generazioni di

genitori e figli

4. Il valore aggiunto delle reti

219

(Tavola 4.4), usa assiduamente messaggi per tenersi in contatto con i figli. Un genitore su tre delle generazioni dell’impegno e dell’identità (senza differenze degne di nota tra madri e padri) scambia quotidianamente messaggi con i propri figli. Decisamente più elevata rispetto alla media è la quota di chi non ha mai contatti online con i figli per la generazione della ricostruzione (l’87,5 per cento delle madri e l’83,6 dei padri). L’analisi per territorio mostra che l’uso della rete internet per tenersi in contatto con i genitori è meno diffuso nel Mezzogiorno, dove è generalmente più basso l’uso della rete: i centri urbani meridionali, i territori del disagio, il Mezzogiorno interno e l’altro Sud presentano valori inferiori alla media nazionale per la diffusione dei contatti in Rete sia con la madre sia con il padre. Nello specifico, il Mezzogiorno interno presenta la quota più elevata di persone che non usano mai la Rete per tenersi in contatto con i genitori (82,2 per cento per la madre, 80,7 per cento per il padre). In questi territori, a fronte di un maggiore utilizzo dei social network, per mantenere i contatti con il nucleo centrale della propria rete familiare si privilegiano forme più tradizionali di comunicazione.

4.3 Reti di aiuto e divisione dei ruoli nel lavoro domestico

4.3.1 I tempi del lavoro familiare

Avere una famiglia comporta un investimento in tempo da dedicare alle attività necessarie al suo funzionamento e al benessere dei suoi componenti: fare la spesa, mantenere pulita la casa e gli spazi esterni, cucinare ogni giorno, lavare e stirare indumenti e biancheria sono solo alcune delle attività che compongono il lavoro domestico,34 cui si aggiunge il lavoro di cura in presenza di figli, di anziani o di persone non autosufficienti.L’entità dell’impegno elargito dalle donne nel lavoro familiare differenzia nettamente i paesi me-diterranei (Italia, Spagna e Grecia) e i paesi dell’Est Europa (Romania, Ungheria, Polonia) da altri paesi europei quali Francia, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi: sopra la soglia delle quat-tro ore al giorno tutti i paesi del primo gruppo, al di sotto tutti i secondi. Le italiane – con 4h36’ al giorno destinate al lavoro domestico e di cura – sono seconde alle rumene (4h43’). In tutta Europa gli uomini si dedicano meno a questa tipologia di lavoro, ma si scende sotto la soglia delle due ore al giorno solo in Grecia (1h29’), Italia (1h47’) e Spagna (1h58’). Queste caratteristiche fanno dell’Italia il paese europeo con le maggiori differenze di genere nel tempo dedicato al la-voro familiare: le donne vi dedicano quasi tre ore più degli uomini (Figura 4.24). Tale primato è solo in parte spiegato dalla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che nel 2014 vedeva l’Italia penultima tra i paesi europei per tasso di occupazione femminile (46,8 contro una media europea del 59,6 per cento, peggiore solo il dato della Grecia con il 41,1 per cento), posizio-ne peraltro rimasta immutata anche guardando agli ultimi dati disponibili per il 2017.Nel nostro Paese, infatti, il tempo dedicato dalle donne al lavoro familiare è sempre superiore a quello che vi dedicano gli uomini, anche a parità di condizione occupazionale e a prescindere dal contesto familiare in cui vivono, ma è proprio nelle situazioni in cui è possibile parlare di divisione del lavoro, ovvero nel contesto di coppia, che le differenze si acuiscono. Le donne sono impegnate nel lavoro familiare sempre più degli uomini: tra chi vive solo, lo scarto è di 1h18’; tra chi vive in coppia senza figli è di 2h49’; nelle coppie con figli di 4h12’ (Figura 4.25). L’organizzazione familiare, tuttavia, si basa sulla valutazione del complesso del lavoro necessa-

34 Secondo la classificazione armonizzata europea delle attività quotidiane dell’indagine Uso del tempo il lavoro domestico comprende: cucinare, lavare e riordinare le stoviglie, pulire e riordinare la casa, lavare, stirare e altra cura dei capi di abbigliamento, giardinaggio e cura degli animali, costruzione e riparazioni, acquisti di beni e servizi e altre attività di gestione della famiglia; si veda Glossario.

I tempi del lavoro familiare in Europa

I carichi di lavoro per ruolo in famiglia

Istat | Rapporto annuale 2018

220

Figura 4.24 Tempo dedicato al lavoro familiare dalla popolazione di 15 anni e più in alcuni paesi europei (a) per sesso - vari anni (b) (durata media generica (c) in ore e minuti)

0:00

1:00

2:00

3:00

4:00

5:00

6:00

Rom

ania

Italia

Ung

heria

Pol

onia

Spa

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Gre

cia

Est

onia

Fran

cia

Reg

no U

nito

Ger

man

ia

Finl

adia

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si B

assi

Femmine Maschi

Fonte: Eurostat, Indagine armonizzata europea sull’Uso del tempo - Edizione 2018(a) L’indagine Uso del tempo è condotta su base volontaria, è pertanto disponibile soltanto per alcuni paesi della Ue.(b) Estonia, Spagna, Francia, Ungheria, Finlandia 2009-2010; Paesi Bassi, Grecia 2011-2012; Romania 2010-2011;

Germania, Polonia 2012-2013; Italia 2013-2014; Regno Unito 2014-2015.(c) La durata media generica misura il tempo medio impiegato nello svolgere determinate attività dall’insieme della

popolazione oggetto di studio, considerando sia le persone che hanno svolto l’attività sia quelle che non l’hanno svolta.

Figura 4.25 Distribuzione dei carichi di lavoro familiare per sesso e tipologia familiare e di lavoro totale per sesso e condizione dei partner - Anno 2014 (durata media generica (a) in ore e minuti)

0:00

1:00

2:00

3:00

4:00

5:00

6:00

7:00

8:00

9:00

Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineEntrambi i

partner lavoranoLavora solo lui Lavora solo lei Entrambi

non lavorano

Lavoro totale (c)

0:00

1:00

2:00

3:00

4:00

5:00

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7:00

8:00

9:00

Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemminePersone sole Coppia senza figli Coppia con figli Genitori soli Altre tipologie familiari

Lavoro familiare (b)Occupati Non occupati

Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo(a) La durata media generica misura il tempo medio impiegato nello svolgere determinate attività dall’insieme della

popolazione oggetto di studio, considerando sia le persone che hanno svolto l’attività sia quelle che non l’hanno svolta.(b) Per la popolazione di 25-64 anni. (c) Per le persone in coppia con lei di 25-64 anni.

4. Il valore aggiunto delle reti

221

rio a soddisfare i bisogni della famiglia: la divisione del lavoro tra i partner cioè non riguarda solo il lavoro familiare, ma anche il lavoro retribuito. Il modello di divisione del lavoro più tradizionale è quello basato sulla specializzazione dei compiti e sulla rigida divisione dei ruoli, il modello male breadwinner, che assegna all’uomo quello di provvedere al reddito e alla donna quello di curare la casa e la famiglia. Questo mo-dello – prevalente nelle generazioni passate e legato a un contesto di esclusione della donna dal mercato del lavoro – nel nostro Paese è ancora oggi adottato dal 32,3 per cento delle coppie con la donna in età attiva. Le motivazioni per le quali sia così difficile abbandonare il modello tradizionale di divisione dei ruoli sono da ricercare, oltre che nei più bassi livelli di occupazio-ne femminile, nella persistenza dello stereotipo secondo cui sia meglio che l’uomo lavori e la donna curi la casa, condiviso dal 54,1 per cento degli uomini e dal 46,6 per cento delle donne. L’analisi dei carichi di lavoro totale fa, inoltre, emergere l’efficienza del modello male brea-dwinner: allo stato attuale, infatti, è l’unico che porti a una sostanziale parità nei carichi di lavoro totale, pari a circa 7h20’ al giorno per entrambi i partner. Quando, invece, le donne contribuiscono al reddito familiare, la resistenza culturale a condivi-dere equamente anche il lavoro familiare fa sì che si generino squilibri più o meno forti nei ca-richi di lavoro totale: il massimo si registra nel modello female breadwinner, nelle coppie cioè in cui la donna è la sola a contribuire al reddito familiare (+4h40’ al giorno di lavoro totale per le donne). Questa tipologia di coppia è peraltro cresciuta tra il 2003 e il 2014, passando dal 5,6 all’8,2 per cento, sia a causa della crisi economica, che ha colpito maggiormente l’occupazione maschile, sia in conseguenza dell’aumento dell’età pensionabile delle donne. Una situazione meno sbilanciata, ma ancora decisamente asimmetrica, si registra per le donne che vivono in coppie in cui entrambi i partner lavorano (modello dual earner). Questo model-lo di divisione del lavoro, adottato dalla maggioranza relativa delle coppie (40,1 per cento), fa registrare per le donne quasi un’ora di maggior carico di lavoro totale al giorno. Inoltre, anche in questo modello, la distribuzione dei carichi di lavoro tra i due partner vede l’uomo concen-trarsi più sul lavoro retribuito e la donna molto più sul lavoro familiare: lui svolge, infatti, il 58,9 per cento del lavoro retribuito svolto dalla coppia, mentre lei svolge il 69,5 per cento del lavoro familiare svolto dalla coppia. I progressi maggiori nella divisione più equilibrata dei compiti riguardano soprattutto la cura dei figli, attività in cui l’indice di asimmetria35 nei carichi di lavoro della coppia è pari al 67,5 per cento nel complesso delle coppie e scende al 62,7 per cento in caso di coppie dual earner. Il lavoro domestico resta invece l’attività meno condivisa: il 75,1 per cento del tempo dedicatovi dal complesso delle coppie è svolto dalle donne (il 71,6 per cento nel caso delle coppie di occupati). L’analisi territoriale affiancata a quella per tipologia di organizzazione familiare ci mostra un Paese profondamente disomogeneo: nelle città del Centro-nord la quota di coppie dual earner è più alta di oltre dieci punti percentuali (50,9 per cento), mentre è più bassa di quasi sei punti quella delle coppie che seguono il modello tradizionale (26,5 per cento; Tavola 4.5). Nelle coppie di occupati il divario di genere nel lavoro familiare si riduce di 25’ al giorno, facendo scendere di 3,5 punti l’indice di asimmetria in questa tipologia di lavoro (66,0 per cento). Situazioni simili, anche se non così paritarie, si registrano nel resto dei territori che caratterizzano maggiormente il Cen-tro-nord – il cuore verde e la città diffusa – dove le differenze nel carico di lavoro totale restano inferiori all’ora e l’asimmetria nel lavoro familiare è al di sotto del 70 per cento. Nettamente diver-sa la situazione che si registra in tutti i territori che formano il Mezzogiorno, dove il modello tra-

35 L’indice di asimmetria nei carichi di lavoro della coppia è la quota di lavoro (retribuito, familiare, domestico o di cura) svolto dalle donne sul totale di quello svolto da entrambi i partner. Tale indice assume valore 100 nei casi in cui il lavoro ricade esclusivamente sulla donna, è pari a 50 in caso di perfetta condivisione dei carichi di lavoro; i valori compresi tra 0 e 49 e quelli compresi tra 51 e 99 indicano un carico di lavoro, progressivamente più sbilanciato, rispettivamente sull’uomo o sulla donna.

I modelli di divisione del lavoro nelle coppie

L’asimmetria nei carichi di lavoro

Istat | Rapporto annuale 2018

222

dizionale è seguito da quote che vanno da un minimo del 38,4 per cento nel Mezzogiorno interno al 43,9 per cento dei territori del disagio, e anche tra le poche coppie in cui entrambi i partner lavorano i livelli di asimmetria nel lavoro familiare superano ancora ampiamente il 70 per cento, da un minimo del 74,5 per cento nell’altro Sud al 78,9 per cento dei centri urbani meridionali.

4.3.2 Reti di aiuto e divisione dei ruoli nel lavoro domestico

Alla maggiore quota di tempo dedicato al lavoro domestico dalle donne si accompagna la per-cezione diffusa che nelle coppie la divisione dei compiti non sia equa, ma il più delle volte sbilanciata a sfavore delle donne.36 Il core housework, cioè le attività domestiche quotidiane più ripetitive e improrogabili, sono svolte nella gran parte dei casi dalle donne.37 Tra le persone di 25-64 anni che vivono in coppia, la percentuale di quanti dichiarano che lavare e stirare il bucato sia appannaggio pressoché esclusivo delle donne sfiora l’80 per cento: è sempre o quasi sempre la partner a fare la lavatrice (78,3 per cento) e stirare (77,0 per cento); tipicamente femminile è anche pulire e riordinare la casa (69,9 per cento) e preparare i pasti (68,0 per cento). Il contributo maschile è invece mag-giore nelle attività che hanno carattere di occasionalità, come le piccole riparazioni domestiche che sono svolte prevalentemente dagli uomini (69,7 per cento) e la gestione della contabilità familiare (41,5 per cento). L’attività più paritaria è però certamente fare la spesa, un compito che il 32,8 per cento delle persone considera suddiviso equamente tra i partner (Tavola 4.6).

36 Nell’indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita è stato chiesto a tutte le persone in coppia di indicare, per ciascuna tra le più comuni attività domestiche, chi tra il rispondente e il suo/la sua partner la svolge solitamen-te, se viene divisa in parti uguali o delegata ad altri.

37 Hochschild (1989).

Tavola 4.5 Indicatori territoriali su modelli di divisione del lavoro nelle coppie e gestione dei carichi di lavoro nelle coppie di occupati - Anno 2014 (valori percentuali, durata media generica (a) in ore e minuti)

Coppie dual earner

RAGGRUPPAMENTO SOCIO-DEMOGRAFICO

Quota di coppie

dual earner

Quota di coppie

male breadwinner

Tempo di lavoro totale Tempo di lavoro familiare Asimmetria (b)

Maschi Femmine Divario di

genere (F-M)

Maschi Femmine Divario di

genere (F-M)

Del lavorototale

Del lavoro

retribuito

Del lavoro

familiare

Le città delCentro-nord 50,9 26,5 7:37 8:19 0:42 2:02 4:14 2:12 57,1 41,5 66,0La città diffusa 47,1 29,0 7:47 8:46 0:59 1:54 4:33 2:39 58,8 42,8 69,2Il cuore verde 49,7 26,6 8:00 8:51 0:51 1:50 4:33 2:43 57,6 41,4 69,9I centri urbani meridionali 21,9 43,6 7:00 8:31 1:31 1:21 4:45 3:24 62,7 38,7 78,9I territori del disagio 20,8 43,9 7:38 8:47 1:09 1:28 4:46 3:18 58,8 34,9 73,9Il Mezzogiornointerno 24,4 38,4 7:57 9:24 1:27 1:47 5:29 3:42 61,0 38,4 77,4L’altro Sud 23,2 41,8 7:45 8:50 1:05 1:36 4:24 2:48 59,3 40,9 74,5Italia 40,1 32,3 7:45 8:39 0:54 1:52 4:29 2:37 58,2 41,1 69,5

Fonte: Indagine Uso del tempo(a) La durata media generica misura il tempo medio impiegato nello svolgere determinate attività dall’insieme della popolazione oggetto di studio,

considerando sia le persone che hanno svolto l’attività sia quelle che non l’hanno svolta.(b) Indice di asimmetria nei carichi di lavoro della coppia: quota di lavoro (totale, retribuito, familiare) svolto dalle donne sul totale di quello svolto

da entrambi i partner. Tale indice assume valore 100 nei casi in cui il lavoro ricada esclusivamente sulla donna, è pari a 50 in caso di perfetta condivisione dei carichi di lavoro; i valori compresi tra 0 e 49 e quelli compresi tra 51 e 99 indicano un carico di lavoro, progressivamente più sbilanciato, rispettivamente sull’uomo o sulla donna.

4. Il valore aggiunto delle reti

223L’alta frequenza con cui fare la spesa viene considerata una attività condivisa, induce inoltre a ritenere che sia l’attività che più spesso i partner fanno insieme.Gli uomini si considerano molto più partecipi al ménage familiare di quanto le donne ricono-scano. Osservando come viene percepita la distribuzione dei compiti domestici in base al sesso del rispondente, risulta infatti che la quota di uomini che dichiara che nella propria coppia il core housework è svolto prevalentemente dalle donne, pur rimanendo maggioritaria, è più bassa di oltre 20 punti percentuali rispetto a quanto dichiarato dalle donne. È maggiore la percentuale di uomini che dichiara una distribuzione equa dei lavori domestici rispetto a quanto dichiarato dalle donne (oltre 5 punti percentuali in più per la preparazione dei pasti, la pulizia della casa). È più alta anche la quota di uomini che sostengono di con-tribuire al lavoro domestico in misura maggiore rispetto alle proprie mogli o conviventi: in particolare, il 20,2 per cento degli uomini ritiene di essere quello che solitamente si occupa di stirare o fare le lavatrici, rispetto all’1,8 per cento dichiarato dalle donne. Al contrario, la spe-cializzazione di genere in ambito familiare è più sentita dalle donne, che rispondono più spesso di occuparsi in via esclusiva delle principali faccende domestiche e dichiarano un minore con-tributo dei partner (Figura 4.26).

Il divario di genere nella percezione della divisione del lavoro domestico

Tavola 4.6 Persone che vivono in coppia per condizione dei partner e percezione della divisione dei lavori domestici - Anno 2016 (valori percentuali)

Totale Senza minori in famiglia Con minori in famiglia

TotaleEntram-

bioccupati

Lui occu-pato

Lei no

Lei occu-pata

Lui noTotale

Entram-bi

occupati

Lui occu-pato

Lei no

Lei occu-pata

Lui no

TotaleEntram-

bioccupati

Lui occu-pato

Lei no

Lei occu-pata

Lui no

Fare la spesa

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

Sempre/di solito LEIIn parti ugualiSempre/di solito LUIDi solito qualcun altro

49,2 46,9 57,2 34,5 47,9 45,4 58,7 32,5 50,9 48,5 55,7 41,732,8 36,0 27,2 34,4 33,5 37,4 25,9 34,1 31,9 34,6 28,5 35,315,5 15,1 12,9 28,9 15,9 15,1 12,4 30,7 14,9 15,2 13,3 22,1

0,4 0,4 0,3 - 0,4 0,4 - - 0,4 - - -

Preparare i pasti

68,0 62,3 77,7 48,0 67,5 62,6 76,8 47,2 68,8 62,0 78,6 51,115,4 20,2 8,4 26,8 15,6 20,4 8,1 27,6 15,1 20,0 8,8 23,813,5 14,8 10,8 22,2 13,8 14,4 11,8 22,5 13,0 15,2 9,8 21,3

1,0 1,3 0,7 - 0,8 1,1 0,7 - 1,3 1,5 0,7 -

Pulire la casa69,9 64,4 79,6 53,6 69,0 63,9 79,0 52,7 71,2 65,0 80,1 57,015,4 20,9 7,3 26,5 15,9 21,9 6,4 27,5 14,7 19,9 8,2 22,710,0 9,0 9,5 16,6 10,6 8,9 10,6 16,3 9,3 9,0 8,4 17,7

2,5 4,1 1,3 1,6 2,3 3,8 1,4 1,5 2,8 4,4 1,1 -

Fare la lavatrice

78,3 76,0 82,0 69,1 78,1 75,8 80,9 69,7 78,6 76,2 83,2 66,8

8,0 11,0 5,1 12,3 7,7 11,3 4,6 12,4 8,5 10,6 5,7 11,910,6 10,2 9,9 15,7 10,9 10,1 11,0 15,0 10,1 10,3 8,8 18,5

1,0 1,4 0,5 - 1,0 1,2 0,9 - 1,1 1,6 - -

Stirare77,0 72,6 82,4 71,2 78,1 74,7 82,3 72,3 75,5 70,4 82,5 67,0

5,5 7,2 3,5 8,0 5,0 6,9 2,6 7,6 6,1 7,5 4,5 9,410,6 10,0 9,9 15,9 10,9 10,1 10,7 15,2 10,1 9,9 9,1 18,8

4,7 8,4 1,8 2,8 3,6 6,4 1,8 2,5 6,3 10,5 1,7 -

Fare piccole riparazioni in casa

10,4 9,9 11,0 10,8 10,4 10,6 10,5 8,9 10,3 9,2 11,5 17,69,4 9,2 9,6 9,8 9,0 9,1 9,3 9,2 9,8 9,2 9,8 11,9

69,7 70,7 69,3 69,3 69,5 70,1 68,6 71,8 69,9 71,2 70,1 59,88,4 8,8 7,4 8,4 8,7 8,6 8,7 8,1 7,9 9,1 6,1 9,5

Pagare le bollettee tenere la con-tabilità

30,6 30,1 34,4 26,4 30,3 30,0 35,7 26,3 31,0 30,3 33,2 26,823,7 26,4 21,7 24,7 22,7 26,1 20,8 21,2 25,0 26,8 22,7 37,741,5 40,2 39,7 44,8 42,7 40,7 39,4 47,8 39,9 39,7 40,0 33,2

2,0 1,8 1,6 2,4 1,9 1,6 1,4 2,7 2,2 1,9 1,9 -

Fonte: Istat, Indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita

Istat | Rapporto annuale 2018

224

I fattori che concorrono maggiormente a determinare un sovraccarico di lavoro per le donne sono la fase del ciclo di vita e la loro partecipazione al mercato del lavoro. Nelle coppie dual earner, la percentuale di quelli che considerano divise in parti uguali attività quotidiane come preparare i pasti e riordinare la casa aumenta di circa cinque punti rispetto alla media, ma questo dipende più da una riduzione dell’impegno femminile, che da un maggiore carico per gli uomini. Resta infatti piuttosto stabile la quota di coloro che dichiarano che le principali attività domestiche sono svolte principal-mente dal partner maschile. Nelle coppie female breadwinner una persona su quattro dichiara che preparare i pasti e pulire la casa sono compiti svolti dai membri della coppia in parti eguali. In questa tipologia di coppia, inoltre, per tutte le attività considerate (a eccezione delle piccole riparazioni) è più alta la quota di quanti considerano maggioritario il contributo maschile: si occupa solitamente l’uomo di fare la spesa per il 28,9 per cento dei rispondenti e di preparare i pasti per il 22,2 per cento; mantengono invece una connotazione tipicamente femminile attività come pulire, fare la lavatrice e stirare che vengono svolte in via esclusiva dagli uomini soltanto nel 15 per cento circa dei casi (Tavola 4.6).La presenza di bambini38 comporta un aumento del lavoro familiare, che si manifesta non sol-tanto in un aumento del tempo dedicato alla cura, ma contribuisce a rafforzare un modello di divisione del lavoro domestico di stampo tradizionale. La percentuale di persone in coppia con bambini che sostiene che sia sempre o quasi sempre la donna a pulire la casa (71,2 per cento), fare la lavatrice (78,6 per cento), preparare i pasti (68,8 per cento), fare la spesa (50,9 per cento) è sempre superiore rispetto a quanto dichiarato dalle persone in coppia senza figli. Nelle coppie con bambini, inoltre, la percentuale di quelli che ritengono che i compiti siano divisi equa-mente o che sia l’uomo a occuparsi prevalentemente delle faccende domestiche è la più bassa. Coerentemente con quanto illustrato con i dati sull’uso del tempo, in presenza di figli l’impegno dei padri si concentra sulle attività di cura e il loro contributo al lavoro domestico diminuisce.L’ipotesi che la divisione del lavoro domestico nelle coppie sia regolata in base al tempo dispo-nibile di ciascuno dei partner è quindi suffragata solo in parte: è vero che il maggior carico femminile di lavoro domestico si verifica nelle coppie male breadwinner e che quando invece è la donna ad avere impegni lavorativi c’è una maggiore partecipazione dei partner al lavoro domestico, ma è anche vero che la percezione che siano principalmente le donne a svolgere le attività domestiche quotidiane resta la più diffusa sia tra gli uomini sia tra le donne.39

38 L’indicatore è stato costruito considerando la presenza di almeno un minore di 14 anni in famiglia, che non necessariamente è un figlio della coppia o di uno dei partner.

39 Ad eccezione del fare la spesa che gli uomini considerano più spesso un’attività condivisa.

La divisione del lavoro domestico

per condizione dei partner…

…e presenza di bambini

Figura 4.26 Il divario di genere nella percezione del lavoro domestico - Anno 2016 (valori percentuali)

59,029,4 9,0

38,2 36,5 22,6

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Fare la spesa

79,512,7 5,0

55,518,4 22,8

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Preparare i pasti

81,0

12,1 2,0

57,719,0 18,9

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Pulire la casa

89,26,0 1,8

66,2 10,320,2

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Fare la lavatrice

86,74,3 1,8

66,36,8 20,2

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Stirare

11,4 11,1 67,0

9,2 7,572,7

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Fare piccole riparazioni

34,2 23,7 38,0

26,6 23,645,5

Sempre/disolito Lei

In partiuguali

Sempre/disolito Lui

Pagare le bollette,tenere la contabilità

Le risposte della donnaLe risposte dell'uomo

Fonte: Istat, Indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita

4. Il valore aggiunto delle reti

225

Per fronteggiare il carico di lavoro dovuto all’effetto congiunto degli impegni lavorativi e dei maggiori carichi familiari si ricorre, quando possibile, a un aiuto esterno alla coppia. La per-centuale di persone che dichiara che alcune attività sono svolte solitamente da una persona esterna alla coppia, gratuitamente o a pagamento, è più alta infatti quando ci sono minori e nelle coppie in cui entrambi i partner sono occupati. Nelle coppie dual earner, l’8,4 per cento delle persone affida a qualcun altro il compito di stirare (la media riferita a tutte le coppie è del 4,7 per cento), l’8,8 per cento si rivolge all’esterno per le piccole riparazioni domestiche (8,4 per cento nella media; in presenza di bambini queste percentuali salgono, rispettivamente, a 10,5 e 9,1 per cento) e il 4,1 per cento delega la pulizia della casa (2,5 per cento in media). Le attività quotidiane e ripetitive sono più difficili da delegare: farsi preparare da altri i pasti è molto meno frequente.Non tutte le coppie, inoltre, hanno la stessa disponibilità di aiuti esterni o uguale possibilità di acquistare sul mercato privato beni e servizi per la famiglia (par. 3.1 La consistenza e la composizione delle reti informali). La quota di persone in coppia che riceve aiuti in forma gratuita da amici o parenti non coabitanti cresce con l’aumentare delle esigenze, quando cioè ci sono minori ed entrambi i partner sono occupati. Ha ricevuto almeno un aiuto una persona su quattro nelle famiglie con minori (25,1 per cento) e il 34,5 per cento nelle coppie in cui entrambi i partner sono occupati. Gli aiuti informali non sempre bastano ad alleviare i carichi di lavoro domestico. Chi ne ha l’esigenza ma soprattutto la possibilità – cioè le coppie a doppio reddito con bambini – ricorre più spesso (14,3 per cento) per la propria gestione domestica a servizi privati a pagamento (collaboratori domestici, baby sitter, persone che assistono anziani o disabili). Nelle coppie in cui la donna non ha un lavoro retribuito, la quota di quanti possono contare su di un aiuto esterno è minima: solo il 2,1 per cento riceve un aiuto domestico gratuito e il 2,7 per cento si serve di servizi a pagamento (Figura 4.27).

L’aiuto ricevuto dalle coppie

Figura 4.27 Persone che vivono in coppia per tipo di coppia, aiuti ricevuti in attività domestiche e servizi a pagamento - Anno 2016 (valori percentuali)

Fonte: Istat, Indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita(a) Il valore per i servizi privati a pagamento non è statisticamente significativo.

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Totale

Entrambi occupati

Lui occupato lei no

Lei occupata lui no

Totale

Entrambi occupati

Lui occupato lei no

Lei occupata lui no

Totale

Entrambi occupati

Lui occupato lei no

Lei occupata lui no (a)

Tota

leSe

nza

min

ori

in fa

mig

liaPr

esen

za d

i min

ori

in fa

mig

lia

Si serve di serviziprivati a pagamento

Riceve aiutidomestici gratuiti

Istat | Rapporto annuale 2018

226

Che effetto ha l’aiuto esterno sull’organizzazione del lavoro domestico? In altre parole, il con-testo di relazioni in cui le coppie sono inserite ha un impatto sulla ridefinizione dei ruoli di genere nelle famiglie?La percentuale di quanti dichiarano che sia sempre o quasi sempre la partner a svolgere i lavori domestici nelle coppie che ricevono almeno un aiuto gratuito è più bassa per tutte le attività con-siderate, sia rispetto alla media sia rispetto alle coppie che non beneficiano di aiuti. Le differenze maggiori si registrano in attività ordinarie come la preparazione dei pasti (dal 68,2 per cento nelle coppie che non beneficiano di aiuti al 63,2 per quelle che se ne avvalgono) e la pulizia della casa (dal 70,1 al 65,4 per cento). È soprattutto su un compito gravoso come stirare che l’effetto della delega è più evidente (dal 77,4 al 67,3 per cento); l’impatto degli aiuti è meno netto su compiti dalla durata più breve, come fare la lavatrice, o che si fanno fuori dalle mura domestiche, come fare la spesa (Figura 4.28). Gli aiuti informali consentono però anche di ridurre i casi in cui è l’uomo a svolgere il grosso del lavoro, in particolare nei compiti considerati tipicamente femmi-nili, come lavare e stirare il bucato. In questi casi la percentuale di quanti dichiarano che sono gli uomini a svolgere questa attività in misura prevalente cala: dal 10,7 al 6,0 per cento per fare la lavatrice, dal 10,7 al 7,3 per cento per stirare. Soprattutto, la rete di sostegno è più spesso associata a una più equa divisione dei carichi di lavoro domestico fra i partner, come mostra la percentuale più alta di persone che dichiara di condividere i compiti più quotidiani, come preparare i pasti, pulire la casa e fare la lavatrice.L’effetto degli aiuti è meno netto nelle coppie in cui entrambi i partner sono occupati: il carico sia per le donne sia per gli uomini diminuisce, anche se in misura minore rispetto alla media. Allo stesso tempo, però, la quota di coloro che dichiarano che le attività domestiche sono divise equamente non aumenta. In generale, quindi, la rete di sostegno informale favorisce una maggiore condivisione soprat-tutto dei compiti più di routine, consentendo una leggera attenuazione delle diseguaglianze tra i partner nel lavoro domestico.

Reti di aiuto e divisione del lavoro

domestico

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Sempre/di solito LEI

In parti uguali

Sempre/di solito LUI

Sempre/di solito LEI

In parti uguali

Sempre/di solito LUI

Sempre/di solito LEI

In parti uguali

Sempre/di solito LUI

Sempre/di solito LEI

In parti uguali

Sempre/di solito LUI

Sempre/di solito LEI

In parti uguali

Sempre/di solito LUI

Fare

la sp

esa

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e i pa

stiPu

lire la

casa

Fare

la

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irare

Totale Riceve aiuti domestici Si serve di servizi privati a pagamento

Figura 4.28 Persone che vivono in coppia per divisione del lavoro domestico, aiuti ricevuti in attività domestiche, servizi a pagamento - Anno 2016 (valori percentuali)

Fonte: Istat, Indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita

4. Il valore aggiunto delle reti

227

Il contributo maggiore alla riduzione del sovraccarico femminile nel lavoro domestico deriva dal ricorso a servizi a pagamento, di cui beneficia, però, soltanto l’8,4 per cento delle persone in coppia. La percentuale di quanti dichiarano che sia principalmente la donna a dedicarsi alla pulizia della casa è del 71,5 per cento nelle coppie che non ricorrono a servizi privati, e del 47,8 tra coloro che ricorrono a servizi per una parte del lavoro domestico; stirare è un compito esclu-sivamente della partner femminile “soltanto” per il 50,8 per cento delle persone in coppia che acquistano servizi sul mercato (rispetto al 78,8 per cento dichiarato da quanti non lo fanno). L’effetto degli aiuti a pagamento è meno netto per i compiti più difficilmente delegabili, come la preparazione dei pasti, fare la spesa, fare le lavatrici. Come per gli aiuti informali, anche gli aiu-ti a pagamento nelle coppie dual earner non hanno un effetto molto forte sulla redistribuzione del lavoro domestico. L’effetto perequativo svolto dai servizi privati a pagamento appare quindi legato non tanto a una effettiva redistribuzione dei compiti tra i partner (le variazioni nelle quote di quanti dichiarano che le attività sono svolte in parti uguali crescono relativamente di meno) quanto a una diminuzione del carico di lavoro da parte delle donne che delegano parte delle attività loro generalmente affidate. In sintesi, la rete familiare non ha un effetto unidirezionale sull’equilibrio tra i partner e sul-la gestione del quotidiano nella vita familiare. Da un lato la convivenza comporta maggiore lavoro domestico per le donne; dall’altro poter contare su una rete di sostegno significa per entrambi i partner delegare parte dei compiti e alleggerire il carico di lavoro.Il vantaggio di vivere in famiglia è percepibile soltanto per gli uomini, che beneficiano della condivisione del lavoro familiare con un guadagno netto in termini di carichi di lavoro com-plessivo, mentre per le donne, soprattutto se occupate, la vita di coppia comporta un aggravio di lavoro. In questo quadro, la disponibilità di aiuti favorisce l’eguaglianza di genere e la possi-bilità di accedere a servizi a pagamento riduce il sovraccarico di lavoro domestico per le donne. Alla luce del diradamento della rete familiare (par. 3.1 La consistenza e la composizione delle reti informali), rendere più accessibili i servizi di assistenza alle famiglie (Capitolo 5 Reti di servizi: offerta e diseguaglianze territoriali) diventa sempre più importante per la sostenibi-lità dei carichi di lavoro delle donne occupate.

4.4 Associazionismo e benessere

Nello studio delle reti emerge chiaramente l’importanza delle relazioni di solidarietà e cooperazio-ne, quelle che legano le persone per far fronte a determinati bisogni della comunità. L’associa-zionismo, inteso come la rete di persone che partecipano come volontari in associazioni, dise-gna uno spazio relazionale e sociale che contribuisce a far stare bene le persone, sia i beneficiari sia i volontari. È possibile leggere il rapporto tra associazionismo e benessere nella sua doppia natura. Da una parte, proprio coloro che esperiscono livelli più alti di benessere, e quindi stan-no meglio con sé stessi, decidono, più frequentemente di chi vive condizioni soggettivamente meno soddisfacenti, di impegnarsi in attività di volontariato.40 Dall’altra, chi si dedica ad attivi-tà volontarie soddisfa anche bisogni soggettivi, accrescendo così il proprio stato di benessere.41 In quest’ultima prospettiva, queste relazioni sono importanti perché offrono all’individuo che ne fa parte una grande varietà di informazioni e di contatti sociali, garantiscono quindi un maggior sostegno e stimolano i volontari a offrire il proprio sostegno agli altri. La dimensione di gruppo e la struttura associativa arricchiscono la rete di relazioni interpersonali e gli scambi sociali, offrendo occasioni per soddisfare il bisogno di socialità.

40 Thoits e Hewitt (2001).41 Donald, Layard e Metcalfe (2011).

L’effetto degli aiuti a pagamento

Limiti e vantaggi delle reti sull’organizzazione familiare

Istat | Rapporto annuale 2018

228

Nel 2016, le persone che hanno svolto almeno una attività gratuita negli ultimi 12 mesi42 sono il 13,2 per cento della popolazione di 14 anni e più. La caratteristica che più incide sulla parte-cipazione ad associazioni è il titolo di studio dei volontari: il 5,1 per cento di chi ha una licenza elementare o nessun titolo svolge attività gratuite in associazioni, contro il 23,3 per cento dei laureati. Essere già coinvolto in altri contesti di socializzazione, come la scuola o l’ambiente di lavoro, favorisce un maggiore attivismo nelle associazioni: svolgono attività gratuite il 18,0 per cento degli studenti e il 16,0 per cento degli occupati, con un’azione di rinforzo che mette a disposizione più occasioni di coinvolgimento rispetto a casalinghe e ritirati, che trascorrono in casa gran parte del loro tempo (Figura 4.29).L’analisi per gruppi sociali mette bene in evidenza come il contesto familiare influisca sui livelli di partecipazione. La quota di volontari è massima nei gruppi con reddito medio alto e titoli di studio elevati, cioè tra gli appartenenti alla classe dirigente (23,5 per cento), seguiti da quelli delle famiglie di impiegati e delle pensioni d’argento (rispettivamente il 18,8 e il 18,1 per cento). Gli altri gruppi sociali hanno livelli di partecipazione decrescenti fino ad arrivare alle persone appartenenti alle famiglie a basso reddito con stranieri, per le quali il tasso di

42 Nel presente approfondimento, seguendo la definizione proposta dall’Ilo, si considerano volontari organizzati tutte le persone di 14 anni e più che hanno dichiarato di svolgere attività gratuite all’interno di associazioni di volontariato e altre tipologie di associazioni, compresi partiti e sindacati. Tuttavia utilizzando i dati disponibili annualmente dell’indagine Aspetti della vita quotidiana si utilizza il riferimento temporale dei 12 mesi piuttosto che quello raccomandato relativo alle ultime 4 settimane utilizzato nel modulo Ilo per la rilevazione del lavoro volontario i cui dati sono disponibili solo per il 2013; Ilo (2013); Istat (2014).

Chi sono i volontari

Figura 4.29 Persone di 14 anni e più che svolgono almeno un’attività gratuita per alcune caratte-ristiche socio-demografiche - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

Totale

0 5 10 15 20 25

Maschio

Femmina

14-24

25-34

35-44

45-54

55-64

65 e più

Laurea

Diploma

Media

Fino Elemen.

Occupato/a

In cerca

Casalinga

Studente

Ritirato

Altro

Ses

soC

lass

e di

età

Tito

lo d

i stu

dio

Con

dizi

one

occu

pazi

onal

e

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

4. Il valore aggiunto delle reti

229

partecipazione è del 4,3 per cento, quasi nove punti percentuali sotto la media (Figura 4.30).43

La scelta di dedicare il proprio tempo ad attività gratuite è molto legata alle fasi del ciclo di vita e al ruolo rivestito all’interno della famiglia, in particolare per le donne: le single in età attiva sono le persone che partecipano di più ad associazioni (19,0 per cento) e anche le figlie femmi-ne partecipano più dei figli maschi (Figura 4.31). Sono ancora una volta gli impegni familiari a ridurre la partecipazione femminile all’associazionismo: già tra le coppie senza figli in età attiva gli uomini superano le donne (18,3 contro 14,9 per cento) e la differenza si mantiene

43 Si vedano le analisi per gruppi sociali nel Quadro d’insieme. Si veda inoltre il paragrafo 3.2.2 La partecipazione in associazioni nel Capitolo 3 del Rapporto annuale 2017.

Figura 4.30 Persone di 14 anni e più che svolgono almeno un’attività gratuita e gruppi sociali - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

Totale

0

5

10

15

20

25

Famiglie abasso

reddito constranieri

Famiglie abasso

reddito disoli italiani

Famiglietradizionali

dellaprovincia

Anzianesole egiovani

disoccupati

Famigliedegli operaiin pensione

Giovaniblue-collar

Famiglie diimpiegati

Pensionid'argento

Classedirigente

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Figura 4.31 Persone di 14 anni e più che svolgono almeno un’attività gratuita per tipologia familiare e ruolo in famiglia - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0

4

8

12

16

20

Totale < 65 anni > 65 anni Entrambi< 65 anni

Uno> 65 anni

Entrambi > 65 anni

Genitore Figlio Genitore Figlio

Persone sole Coppia senza figli Coppia con figli Genitori soli

Maschi Femmine Totale

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Istat | Rapporto annuale 2018

230

anche quando l’impegno connesso con la presenza di figli abbassa le quote di partecipazione per entrambi i genitori (15,0 contro 11,9 per cento).

4.4.1 Impegnarsi in associazioni fa bene anche a sé stessi

Fare del bene agli altri fa bene a sé stessi per molteplici motivi:44 svolgere attività gratuite in gruppi o associazioni permette di sentirsi utili, di migliorarsi, di accrescere le proprie abilità e competenze; permette, inoltre, di instaurare rapporti interpersonali gratificanti e, di conseguen-za, di ampliare le proprie reti sociali. Dall’essere riconosciuti come volontari deriva quel positivo senso di sé che è alla base dell’equilibrio psicologico individuale.45 Va, inoltre, sottolineato che l’associazionismo, oltre a facilitare la socializzazione, ha anche una connotazione socialmente positiva; offre luoghi e momenti per identificarsi in una causa e perseguire i propri ideali. Come già anticipato nel Quadro d’insieme, chi si impegna in attività gratuite è più soddisfatto di chi non lo fa, sia considerando il giudizio espresso per la propria vita in generale, sia consi-derando quello indicato per specifici ambiti: la percentuale di volontari che si dichiara molto soddisfatta per le relazioni familiari è del 40,1 per cento contro il 32,7 (+7,4 punti percentuali) di chi non svolge attività gratuite; analogamente per le relazioni con gli amici il miglioramen-to è di 10,3 punti percentuali (32,8 contro 22,5 per cento), per il proprio tempo libero (20,7 contro 13,8 per cento, +6,9 punti) e anche per la salute (22,3 contro 16,8 per cento, +5,5 punti). Analizzando il giudizio per la vita nel complesso, la differenza tra i punteggi espressi dai volontari rispetto ai non volontari è netta: tra i primi oltre la metà ha espresso un punteggio di soddisfazione alto (tra 8 e 10), mentre la quota è del 40 per cento tra chi non svolge attività di volontariato. Chi si impegna manifesta, inoltre, una maggiore propensione all’ottimismo con una valutazione più rosea delle aspettative sul futuro: il 35,9 dei volontari crede che la sua situazione personale migliorerà, contro il 25,6 per cento dei non volontari (Figura 4.32).46 La relazione che intercorre tra alti livelli di soddisfazione globale di vita (punteggio 8-10) e

44 Mannarini et al. (2016).45 Son e Wilson (2012).46 Sheier e Carver (1993).

Impegno volontario e benessere

Figura 4.32 Persone di 14 anni e più per partecipazione ad associazioni e giudizio sulle aspettative future per la propria situazione personale - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0

10

20

30

40

Migliorerà Resterà la stessa Peggiorerà Non so

Volontari Non volontari

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

4. Il valore aggiunto delle reti

231

lo svolgere attività gratuita in associazioni (di volontariato, non di volontariato, in partiti e sindacati) è stata analizzata attraverso un modello di regressione logistica in cui le variabili di controllo utilizzate sono state: le caratteristiche individuali di natura demografica e sociale,47 il territorio di residenza e altri fattori che possono influenzare il benessere soggettivo (ad esempio i giudizi sulla soddisfazione relativa ai singoli ambiti di vita), la partecipazione religiosa e la propensione all’ottimismo. A parità di queste condizioni, impegnarsi in attività gratuite ha un effetto positivo sul benessere percepito dai volontari, che mostrano una probabilità più alta di assegnare un giudizio elevato alla soddisfazione per la propria vita. L’incremento di soddisfazione legato all’attività associativa cresce al crescere dell’età. Per la ge-nerazione delle reti fare volontariato non ha un impatto sul livello di soddisfazione per la vita, già sensibilmente più alto rispetto alle altre generazioni. Lo scarto nel benessere percepito tra chi fa o non fa volontariato comincia a superare i dieci punti percentuali per gli appartenenti alle generazioni dell’identità e dell’impegno (rispettivamente, 14,8 e 12,1 punti percentuali) e arriva al 20,8 punti percentuali nella generazione della ricostruzione (Figura 4.33).

Con l’avanzare dell’età, quindi, le persone attribuiscono un valore crescente all’associazioni-smo. In effetti, diversi studi confermano come l’impegno a favore degli altri sia in grado di con-trastare la percezione di solitudine,48 riduca i sintomi depressivi, migliori le prestazioni cogni-tive e incrementi il benessere mentale. In altre parole, impegnarsi nel volontariato promuove quello che viene definito “invecchiamento attivo”,49 contribuendo a migliorare la qualità della vita una volta che vengano a mancare dimensioni importanti della propria identità, come il ruolo genitoriale (indipendenza dei figli) o quello professionale (pensionamento).Oltre alla soddisfazione generale e per i vari ambiti della vita legati allo svolgimento dell’attivi-tà di volontariato, è possibile analizzare direttamente la valutazione che i volontari formulano sulla piacevolezza dell’attività che svolgono. Il volontariato è un’attività ambivalente: pur es-

47 Genere, classe di età, titolo di studio e condizione professionale.48 Pinquart e Sörensen (2001); Tabassum et al. (2016). 49 Innocenti e Vecchiato (2013).

L’effetto del lavoro volontario sulle generazioni

Figura 4.33 Persone di 14 anni e più molto soddisfatte per la vita nel complesso per partecipazione ad associazioni e generazione - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0

20

40

60

Generazionedelle reti

(1996-2016)

Generazionedel millennio(1981-1995)

Generazionedi transizione(1966-1980)

Generazionidell'identità(1956-1965)

Generazionidell'impegno(1946-1955)

Generazionedella ricostruzione

(1926-1945)

Volontari Non volontari

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Istat | Rapporto annuale 2018

232

sendo a pieno titolo una forma di lavoro,50 sebbene a titolo gratuito, che prevede lo svolgimento di attività del tutto simili a quelle svolte durante il lavoro retribuito o familiare, il fatto di essere un’attività liberamente scelta fa sì che i volontari esprimano un punteggio sulla piacevolezza addirittura superiore a quello dato alle attività di tempo libero (Figura 4.34). La piacevolezza assegnata ai momenti dedicati al volontariato, misurata come media dei punteggi espressi su una scala da -3 a +3, emerge per tutte le persone che dedicano il proprio tempo ad altri, ma gli effetti maggiori si riscontrano in particolare nei punteggi assegnati dalle persone con risorse economiche scarse o insufficienti (2,29), dalle casalinghe (2,25), dalle persone in cerca di lavo-ro (2,21) o con un basso titolo di studio (2,24), confermando come fare volontariato abbia ri-cadute positive soprattutto nelle persone a rischio di marginalità. La forza benefica dell’attività volontaria non si limita a rendere piacevoli i momenti in cui viene svolta. Essa, come accade per la propensione all’ottimismo, sembra pervadere anche la piacevolezza del resto della giornata: chi ha praticato volontariato durante la giornata dà un giudizio mediamente più alto a tutte le altre attività, anche al netto del giudizio espresso sull’attività di volontariato, attribuendo un punteggio di 1,61 per la giornata nel suo complesso.

4.4.2 L’effetto dell’associazionismo sulle reti dei volontari e sulla fiducia

A seconda delle finalità delle associazioni, la partecipazione può avere effetti sia di tipo bon-ding, ovvero creare legami associativi “esclusivi”, che rafforzano i vincoli comunitari tra i membri del gruppo con effetti di chiusura verso l’esterno, sia di tipo bridging, ovvero legami associativi “inclusivi”, che contribuiscono a creare ponti con l’esterno, generando rapporti di fiducia che vanno oltre i membri dell’associazione.51 Nello specifico, il volontariato favorisce il rafforzamento di un clima di fiducia interpersonale attraverso due canali: abituando gli asso-ciati a fidarsi vicendevolmente per il raggiungimento dei fini dell’organizzazione e stimolando

50 Ilo (2013).51 Putnam (2000).

La piacevolezza dell’attività di

volontariato

Figura 4.34 Persone di 14 anni e più per punteggio medio di benessere soggettivo espresso in un giorno medio settimanale - Anno 2014 (valori medi)

Totale

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

Studio Lavoro Lavorofamiliare

Curapersonale

Sposta-mento

Aiutidiretti

Mangiare Tempolibero

Volontariato

Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo

4. Il valore aggiunto delle reti

233

lo sviluppo di sentimenti positivi all’esterno del gruppo. Infatti, la percezione che in caso di bisogno ci siano persone disposte ad aiutarci rassicura circa la qualità dell’ambiente sociale e contribuisce ad attenuare la diffidenza verso gli altri.L’analisi delle altre reti sociali in cui sono inseriti i volontari conferma che le persone che par-tecipano alla vita sociale della comunità intrecciano relazioni sociali con una molteplicità di soggetti. Essi hanno pertanto una rete molto più aperta rispetto alla media della popolazione: la quasi totalità dei volontari dispone, infatti, sia di amici sia di una rete di sostegno (Figura 4.35). Evidente anche l’effetto bridging dell’attività volontaria sulla fiducia verso il prossimo: dichia-

ra che la maggior parte delle persone è degna di fiducia il 31,9 per cento di chi svolge attività gratuita contro il 18,1 per cento di chi non lo fa, anche a parità di alcune caratteristiche come il titolo di studio e la classe di età.52

Il nesso fra associazionismo e fiducia nelle istituzioni è più complesso. In Italia il livello di fiducia nelle istituzioni è decisamente basso: solo il 7,3 per cento della popolazione di 14 anni e più esprime un punteggio alto di fiducia (tra 8 e 10). La scarsa fiducia riposta nelle istituzioni è equamente distribuita tra i sessi (sia pure con una percezione leggermente peggiore per gli uo-mini) ma non investe in egual misura tutto il territorio: nei territori del disagio, la percentuale di chi ha fiducia è drasticamente più bassa (4,8 per cento) mentre è più alta nel cuore verde (9,1 per cento). Anche l’età influenza il livello di fiducia a vantaggio delle persone anziane: esprime fiducia il 6,1 per cento delle persone tra i 25 e i 44 anni e il 9,1 per cento delle persone di 65 anni e più. Nel rapporto tra associazionismo e attitudine ad accordare fiducia alle istituzioni la percentuale di coloro che hanno dichiarato un punteggio alto di fiducia non cambia tra chi ha compiuto attività gratuite attraverso gruppi o associazioni e chi non le ha svolte (7,4 per cento). Tuttavia se si restringe l’analisi alla fiducia nelle istituzioni locali (governo regionale, provinciale e comunale) aumenta la distanza tra volontari e non: il 6,9 per cento dei volontari esprime un alto livello di fiducia contro il 5,4 dei non volontari. In conclusione, svolgere attività gratuite ha un legame debole con la fiducia nelle istituzioni, quanto meno nel nostro Paese. Una possibile spiegazione è che il volontariato può essere inteso

52 Sciolla e Maraviglia (2016).

Associazionismo e fiducia

Figura 4.35 Persone di 14 anni e più per partecipazione ad associazioni e profilo relazionale - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0

20

40

60

80

100

Senza reti esterne Solo rete di amici Solo rete di sostegno Entrambe le reti

Volontari Non volontari

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Istat | Rapporto annuale 2018

234

come istanza volta a supplire alle carenze di altri sistemi – lo Stato in primo luogo, ma anche la famiglia, il quartiere, la comunità municipale.53 Questo conferisce al fenomeno una conno-tazione ambivalente: alcune organizzazioni non hanno alcun intento critico, altre dipendono dai flussi di risorse provenienti dalla pubblica amministrazione (e pertanto possono assumere un atteggiamento accondiscendente verso di essa), altre ancora hanno alla base motivazioni fortemente critiche nei confronti dell’ingiustizia sociale e dell’inefficienza delle istituzioni. È pertanto plausibile affermare che il volontariato non ha un effetto omogeneo nello stimolare attitudini di fiducia (o di sfiducia) nei confronti delle istituzioni.54

4.5 La partecipazione culturale degli adulti e l’appartenenza a reti

4.5.1 La partecipazione culturale in Italia

Nel 2016, il 66,3 per cento della popolazione di 6 anni e più ha dedicato il proprio tempo, alme-no una volta nei 12 mesi precedenti, a intrattenimenti e spettacoli fuori casa;55 il 40,5 per cento si è dedicato alla lettura di libri (per motivi non strettamente scolastici o professionali) e il 43,9 per cento ha letto quotidiani almeno una volta alla settimana.56 La quota di cittadini che, nello stesso periodo, non ha svolto alcuna attività culturale, neppure semplice e occasionale, è del 18,6 per cento (Figura 4.36). La quota di non partecipazione delle donne è più alta di quella degli uomini (21,5 contro 15,5 per cento). Il fenomeno è molto legato all’età: l’inattività cultu-rale totale, minima tra i giovani, è considerevolmente più frequente tra gli adulti, già a partire dai 25 anni, anche se il crollo della partecipazione avviene dopo i 75 anni, quando tocca il 43,5 per cento, in misura molto più elevata per le donne (49,7 per cento) che per gli uomini (34,0 per cento). Per una quota consistente di cittadini, dunque, arte, patrimonio e, in generale, cul-tura rappresentano un insieme di attività poco attraenti, che si praticano soprattutto quando si va a scuola o all’università, ma che non attecchiscono e che si abbandonano a mano a mano che avanza l’età. L’esclusione culturale colpisce soprattutto le famiglie a basso reddito con stranieri e quelle degli operai in pensione, tra le quali più della metà delle persone non svolge nessuna forma di attività culturale, per quanto limitata e occasionale. Altri gruppi sociali dove questi comportamenti sono pervasivi sono quelli in cui sono più presenti gli esclusi dal lavoro: anziane sole e giovani disoccupati e le famiglie a basso reddito di soli italiani. 57

Nel 2016, in Italia, solo il 28,3 per cento degli adulti di 25 anni e più ha espresso una partecipa-zione culturale forte58 (Tavola 4.7). Pratica e consumo culturale variano considerevolmente a seconda delle caratteristiche socio-demografiche della popolazione adulta,59 senza grandi diffe-renze di genere; i livelli di attività sono molto più alti tra le persone con titolo di studio elevato rispetto a quelle con titoli più bassi (dal 63,5 per cento di chi possiede un titolo universitario o post universitario, al 35,2 di chi ha un diploma superiore, fino al 10,7 per cento di chi ha conse-guito al massimo la licenza media). Anche il territorio in cui si vive influisce in modo evidente

53 Moro (2013).54 Sciolla (2013).55 Aver visitato musei, mostre, siti archeologici o monumenti, oppure essersi recati ad assistere a concerti di musica

classica o di altro genere, o spettacoli teatrali, avere frequentato cinema, eventi sportivi o luoghi di ballo.56 Istat (2017a).57 Istat (2017b).58 Misurata attraverso l’indicatore sintetico di partecipazione culturale; Istat (2012).59 Per gli adulti i dati riguardano solo le persone senza limitazioni gravi di tipo fisico o mentale, in modo da

escludere l’effetto della disabilità sui livelli di partecipazione, particolarmente pronunciato per la popolazione più anziana.

Pratica e consumi culturali

Esclusione culturale e gruppi sociali

La pratica culturale degli adulti…

4. Il valore aggiunto delle reti

235

sui livelli di partecipazione: utilizzando la classificazione predisposta per il Rapporto annuale 2015, l’attività culturale più alta si raggiunge tra i residenti nelle città del Centro-nord (37,3 per cento), mentre i livelli più bassi si registrano per le persone che vivono nel Mezzogiorno interno (16,4 per cento; par 5.7 Le reti dei servizi culturali offerti da biblioteche e musei). Gli adulti con una pratica culturale saltuaria svolta fuori casa sono il 19,7 per cento, questa volta con una quota maggiore tra gli uomini rispetto alle donne (20,9 contro 18,7 per cento). Nella fascia di età 25-64 anni, la quota dei più attivi culturalmente raggiunge il 31,8 per cento, con una differenza di 3,5 punti percentuali a vantaggio delle donne. Aumentano al 22,4 per cento le persone di questo gruppo di età che, pur partecipando in modo saltuario, hanno scelto attività fuori casa e qui gli uomini sorpassano le donne (il 23,3 contro il 21,5 per cento). Tra gli adulti con titolo di studio più basso, la partecipazione culturale è lievemente più alta rispetto alla media: tra questi esprime infatti una partecipazione forte il 12,0 e saltuaria il 19,5 per cento (contro, rispettivamente, il 10,7 e il 16,1 per cento). I territori in cui le quote di partecipazione forte tra gli adulti si collocano sopra la media sono il cuore verde e le città del Centro-nord (rispettivamente +4,3 e +4,1 punti percentuali rispetto alla media delle persone tra i 25 e i 64 anni), mentre per l’attività saltuaria il vantaggio degli adulti di questa fascia di età si mantiene anche nei territori di solito più depressi sul piano della pratica culturale (+4,1 punti nel Mezzogiorno interno +3,2 nell’altro Sud), che raggiungono livelli simili a quelli medi nazionali.Tra le persone immediatamente più anziane (quelle tra 65 e 74 anni), la partecipazione cul-turale forte si riduce al 23,3 per cento, con i gli uomini che superano le donne di 3 punti. In controtendenza, il dato dei laureati si attesta al 68,0 per cento, plausibilmente in virtù del fatto che la loro abitudine a una maggiore attività culturale beneficia del tempo lasciato libero dal lavoro. Tra le persone di 65 anni e più, la quota di quanti svolgono attività culturale saltuaria fuori casa scende al 15,5 per cento e le caratteristiche del territorio tornano a differenziare le città del Centro-nord e la città diffusa dai territori del disagio e dall’altro Sud, con un distac-co che arriva fino a 10 punti percentuali. Dopo i 75 anni, la partecipazione si riduce ulteriormente: solo il 12,6 per cento degli anziani svolge attività in modo assiduo e meno del 9 per cento saltuariamente, ancora con un vantaggio per gli uomini, specie per la partecipazione forte (+3,3 punti). Nonostante ciò, la quota dei laureati che negli ultimi 12 mesi riferiscono di essersi dedicati ad almeno tre delle attività incluse nell’indicatore

… nelle diverse fasi della vita

Figura 4.36 Persone di 6 anni e più che non hanno fruito di spettacoli o intrattenimenti fuori casa o non hanno letto quotidiani (a) o libri negli ultimi 12 mesi per sesso e classe di età – Anno 2016 (valori percentuali)

0

10

20

30

40

50

60

6-10 11-14 15-17 18-19 20-24 25-34 35-44 45-54 55-59 60-64 65-74 75 e più Totale

Maschi Femmine Totale

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana(a) Almeno una volta a settimana.

Istat | Rapporto annuale 2018

236

si mantiene alta (57,3 per cento). Arti e cultura sono praticate da poco più di un quinto delle perso-ne di 65 anni e più delle città del Centro-nord, mentre nelle aree del cuore verde e della città diffu-sa si rilevano valori attorno al 12 per cento; tra il 7 e il 6 per cento circa nell’altro Sud, nei territori del disagio e nel Mezzogiorno interno; infine del 2,6 per cento nei centri urbani meridionali.

Le persone totalmente inattive sotto il profilo culturale sono il 38,8 per cento degli adulti. La loro distribuzione territoriale raggiunge un picco nel Mezzogiorno interno (56,6 per cento), quote superiori al 50 per cento nei territori del disagio, nei centri urbani meridionali e nell’altro Sud, percentuali al di sopra del 33 per cento nel cuore verde e nella città diffusa, per toccare il minimo nelle città del Centro-nord (28,9 per cento). L’assenza completa di pratica culturale varia considerevolmente per tipo di attività: musei e mostre e siti archeologici e monumenti, per esempio, sono disertati rispettivamente dal 69,2 e dal 74,0 per cento degli adulti, con quote che salgono all’82,0 e all’82,9 per cento tra gli abitanti del Mezzogiorno interno (Tavola 4.8). I concerti di musica classica, spettacoli non goduti dal 90,3 per cento degli italiani, nell’altro Sud lasciano indifferenti il 93,2 per cento dei residenti. Per i concerti di altro genere musicale, la quota nazionale dei non partecipanti si attesta sul 78,9 per cento e raggiunge l’84,5 per cento nei territori del disagio. Sempre nel 2016, quando l’80,0 per cento degli italiani non è mai stato a teatro, la percentuale di coloro che non hanno mai assistito a questo tipo di spettacolo nel Mezzogiorno interno è dell’87,9 per cento. Sebbene il cinema rappresenti il consumo culturale

Inattività culturale e territorio

Totale 25-64 65-74 75 e più

Parteci-pazione

forte (a)

Parteci-pazione saltuaria

fuori casa

(b)

Non parteci-pazione

totale

Parteci-pazione

forte (a)

Parteci-pazione saltuaria

fuori casa

(b)

Non parteci-pazione

totale

Parteci-pazione

forte (a)

Parteci-pazione saltuaria

fuori casa

(b)

Non parteci-pazione

totale

Parteci-pazione

forte (a)

Parteci-pazione saltuaria

fuori casa

(b)

Non parteci-pazione

totale

SESSOMaschi 27,7 20,9 37,0 30,0 23,3 35,7 24,8 16,3 36,1 14,6 9,1 47,8Femmine 28,8 18,7 40,4 33,5 21,5 35,0 21,9 14,8 46,7 11,3 8,1 62,1TITOLO DI STUDIOLaurea o più 63,5 18,4 9,8 63,4 19,2 9,9 68,0 14,0 7,4 57,3 10,7 11,7Diploma superiore 35,2 24,9 27,7 35,3 26,3 28,3 37,3 18,2 22,8 30,8 11,7 25,2Licenza elementare o media 10,7 16,1 57,4 12,0 19,5 56,1 11,5 14,7 53,6 6,2 7,7 64,9RAGGRUPPAMENTO SOCIO-DEMOGRAFICOLe città del Centro-nord 37,3 20,7 28,9 41,4 22,6 26,1 30,9 17,8 31,5 20,4 12,4 42,2La città diffusa 30,5 20,4 32,7 33,7 22,6 30,3 28,3 17,9 31,8 11,7 8,4 50,4Il cuore verde 27,4 19,5 35,2 31,7 23,4 31,4 22,3 14,0 35,3 12,6 7,3 53,0I centri urbani meridionali 19,0 18,8 52,5 22,8 21,3 46,5 12,4 16,0 63,0 2,6 6,3 78,5I territori del disagio 20,7 19,0 54,2 22,7 20,8 51,5 17,4 17,3 56,4 5,5 3,6 77,5Il Mezzogiorno interno 16,4 17,7 56,6 19,3 21,8 50,0 13,5 7,9 67,1 4,8 6,3 80,4L’altro Sud 20,2 18,9 50,4 23,6 22,1 45,8 11,1 11,1 60,9 6,9 5,0 70,6

Totale 28,3 19,7 38,8 31,8 22,4 35,3 23,3 15,5 41,6 12,6 8,5 56,2

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana(a) Percentuale di persone che, nei 12 mesi precedenti l’intervista, hanno svolto tre o più attività tra: recarsi almeno quattro volte al cinema; almeno

una volta rispettivamente a teatro, musei e/o mostre, siti archeologici, monumenti, concerti di musica classica, opera, concerti di altra musica; leggere il quotidiano almeno tre volte a settimana; leggere almeno quattro libri.

(b) Percentuale di persone che, nei 12 mesi precedenti l’intervista, hanno svolto una o due tra le seguenti attività svolte fuori casa: recarsi almeno quattro volte al cinema; almeno una volta rispettivamente a teatro, musei e/o mostre, siti archeologici, monumenti, concerti di musica classica, opera, concerti di altra musica.

Tavola 4.7 Persone di 25 anni e più per livelli di partecipazione culturale, classe di età, sesso, titolo di studio e raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

4. Il valore aggiunto delle reti

237

più popolare, il 51,6 per cento non ci è mai andato, e nel Mezzogiorno interno la quota sale, raggiungendo il 60,5 per cento. Quasi la metà degli italiani, il 48,7 per cento, non ha mai letto un quotidiano nell’arco di una settimana. I non lettori si concentrano ancora una volta fra gli abitanti del Mezzogiorno interno e nei territori del disagio (rispettivamente 64,8 e 62,6 per cento). Quanto ai libri, quasi sei italiani su dieci non ne hanno letto nemmeno uno in 12 mesi (58,7 per cento), con punte del 73,9 per cento nel Mezzogiorno interno.

4.5.2 Inserimento in reti e partecipazione culturale

I cittadini sono coinvolti in una pluralità di sistemi relazionali – reti di diversa natura, com-posizione, strutturazione – alle quali partecipano con intensità variabile, influenzata dalle di-verse fasi della vita, dalla struttura familiare, dalla condizione sociale, dal livello di istruzione, dell’attività lavorativa, dal reddito, eccetera. La maggiore familiarità con il patrimonio, le arti e le attività culturali è favorita dall’azione di rinforzo di reti formali e informali: la rete familiare per le abitudini di lettura o il cinema, la rete delle istituzioni scolastiche e universitarie per i luoghi del patrimonio, il teatro, la musica. A sua volta, ogni rete interagisce con altre reti, come ad esempio accade per le biblioteche (par 5.7.1 Le biblioteche: una rete di presidi culturali di base). Per mettere in luce come l’appartenenza a delle reti influenzi la partecipazione culturale degli adulti, si sono selezionati i profili relazionali60 delle persone che vivono da sole o in cop-pie senza figli (rispettivamente il 19,5 e il 20,5 per cento delle famiglie italiane), allo scopo di escludere l’effetto-traino della presenza di figli sull’attività culturale dei genitori.Il valore dell’indicatore di partecipazione culturale degli adulti che vivono da soli è di oltre due punti più alto della media del complesso degli adulti considerati (30,5 contro 28,1 per cento; Tavola 4.9). Tra i single, la differenza fra uomini e donne supera i sette punti percentuali a vantaggio degli uomini. Il profilo culturale delle persone che vivono sole cambia in misura sensibile a seconda del grado del loro inserimento in reti. Chi non appartiene a nessuna rete, perché non ha amici, né persone su cui contare, né partecipazione politica e sociale, esprime

60 Vedi nota 11.

RAGGRUPPAMENTO SOCIO-DEMOGRAFICO

Non hanno fruito di spettacoli fuori casa Non hanno letto

Musei, mostre

Siti archeolo-

gici e monu-

menti

Concerti di musica

classica

Altri concerti di

musica

Teatro Cinema Quotidiani Libri

Le città del Centro-nord 59,4 67,7 87,9 76,1 72,7 44,6 45,0 48,9La città diffusa 66,1 72,7 89,7 77,6 81,0 51,9 43,4 54,0Il cuore verde 69,9 74,7 90,4 79,5 83,0 56,6 41,1 56,1I centri urbani meridionali 79,9 80,4 92,0 84,0 83,9 53,1 59,8 72,2I territori del disagio 76,7 78,4 92,1 84,5 80,0 53,0 62,6 72,8Il Mezzogiorno interno 82,0 82,9 93,8 79,8 87,9 60,5 64,8 73,9L’altro Sud 79,8 80,0 93,2 80,2 85,8 54,6 53,4 69,5

Italia 69,2 74,0 90,3 78,9 80,0 51,6 48,7 58,7

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana(a) Almeno una volta a settimana.

Tavola 4.8 Persone di 25 anni e più che non hanno fruito di spettacoli, intrattenimenti fuori casa, non hanno letto quotidiani (a) o libri negli ultimi 12 mesi per raggruppamento socio demografico di sistemi locali - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

Istat | Rapporto annuale 2018

238

una percentuale di attività culturale molto bassa: solo il 5,0 per cento è attivo, con una quota nettamente superiore per gli uomini (il 10,8 contro il 2,4 per cento delle donne). Coloro che hanno persone su cui contare, parenti non coabitanti, amici o vicini sono culturalmente attivi nella misura del 9,4 per cento, con un effetto positivo soprattutto per le donne, che arrivano al 7,8 per cento (i maschi sfiorano tuttavia il 15 per cento). È però la frequentazione assidua di una rete di amici a far salire sensibilmente la pratica di attività culturali, che, rispetto ai single isolati, fa raddoppiare le quote di partecipanti tra gli uomini (20,1 per cento) e porta le donne al 14,5 per cento. I single che hanno a disposizione entrambe le reti raggiungono quote di partecipazione superiori a quelle rilevate nell’insieme degli adulti (30,4 contro 28,1 per cento). Il legame tra partecipazione culturale forte e inserimento in reti di tipo altruistico, cioè in asso-ciazioni con finalità politica o sociale, è evidente: il 62,8 per cento dei single attivi in queste reti lo è anche nei confronti del patrimonio, delle arti e della cultura.

La relazione positiva e crescente tra i single – tante più sono le reti a disposizione, tante più le opportunità di partecipazione – è confermata anche a parità di classe di età o di titolo di studio. I profili di relazionalità più aperti ed eterogenei, cioè quelli che fanno entrare in relazione le persone sole, non solo con amici e reti di sostegno, ma soprattutto con reti associative, ampli-ficano la partecipazione anche per gli individui più deboli, come le donne (62,0 per cento), gli anziani di 75 anni e più (43,5 per cento) e le persone con un basso titolo di studio (35,9 per cento), che superano tutte abbondantemente la soglia media del 28,1 per cento registrata per il complesso degli adulti.Il tasso di attività culturale delle coppie di adulti senza figli è in media più basso di quasi due punti rispetto a quello della popolazione adulta (26,3 contro 28,1 per cento) e anche dei sin-gle (30,5 per cento). Il vincolo familiare incide maggiormente sui livelli di partecipazione dei maschi e dei più giovani, che scontano, rispetto alla media, uno svantaggio rispettivamente di 3,8 e 3,4 punti. Anche per questa tipologia di famiglie di adulti, l’effetto di potenziamento della partecipazione culturale delle reti è confermato, con qualche particolarità: in totale assenza di

L’effetto trainante delle reti sulla

pratica culturale delle persone

sole…

… e delle persone in coppia

Tavola 4.9 Persone di 25 anni e più che vivono sole o in coppia senza figli per partecipazione culturale forte, profilo relazionale e alcune caratteristiche socio-demografiche - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

PROFILO RELAZIONALE

Sesso Classe di età Titolo di studio

TotaleMaschi Femmine 25-64 65-74 75 e più

Laurea o più

Diploma supe-riore

Fino a licenza elemen-

tare

Persone sole 34,8 27,2 41,1 25,9 12,1 72,0 41,5 10,0 30,5Persone sole isolate 10,8 2,4 10,6 5,8 2,2 33,4 13,2 1,6 5,0Persone sole con rete di sostegno 14,7 7,8 16,8 14,7 3,6 47,3 13,2 3,1 9,4Persone sole con amici 20,1 14,5 21,4 16,5 10,4 62,0 25,5 5,7 17,0Persone sole con amici e rete di sostegno 33,4 27,8 39,1 23,9 13,1 69,7 41,0 9,9 30,4Persone sole attive in associazioni 63,8 62,0 67,7 58,3 43,5 87,5 63,8 35,9 62,8Totale persone in coppia senza figli 25,1 27,5 33,9 22,8 14,9 66,3 39,4 11,5 26,3Persone in coppia senza figli isolate 11,4 4,8 12,3 8,5 2,6 26,4 16,9 4,3 7,7Persone in coppia senza figli con rete di sostegno 15,2 12,8 19,1 15,8 7,2 59,6 25,9 5,4 14,0Persone in coppia senza figli con amici 13,9 20,1 20,4 16,5 11,5 49,5 31,3 7,8 16,9Persone in coppia senza figli amici e rete di sostegno 24,4 29,5 34,0 22,3 15,8 65,3 39,3 11,4 27,0Persone in coppia senza figli attive in associazioni 49,6 57,8 58,3 45,9 46,9 81,1 56,4 34,6 53,1

Totale 28,9 27,3 37,3 23,7 13,5 69,1 40,4 10,9 28,1

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

4. Il valore aggiunto delle reti

239

reti, cioè in condizione di isolamento, le coppie senza figli esprimono un tasso di partecipazione culturale molto basso, del 7,7 per cento, ma il fatto di avere un partner migliora la partecipa-zione ad attività culturali rispetto ai single isolati, anche tenendo conto dell’età e del titolo di studio. Quando i contatti si allargano e includono le reti altruistiche associative, le persone in coppia senza figli raggiungono livelli di partecipazione culturale quasi sette volte superiori a quelli dei loro omologhi in condizione di isolamento.L’analisi della partecipazione per i profili relazionali, inseriti nei diversi contesti territoriali, conferma l’azione di rinforzo delle reti, che sono efficaci persino nelle aree in cui l’attività culturale dei cittadini è molto più bassa della media nazionale, come i centri urbani meri-dionali, dove si raggiungono i livelli minimi di popolazione culturalmente attiva (solo il 15,5 per cento, sia tra i single sia tra le persone in coppia senza figli): tra le persone che partecipano attivamente a reti associative, la distanza dalla media nazionale si annulla (Tavola 4.10).In conclusione, in un Paese la cui popolazione adulta è scarsamente dinamica sotto il profilo della pratica, della partecipazione e del consumo culturale, e dove variabili come il genere, l’età, il livello di istruzione e l’appartenenza territoriale definiscono profonde e permanenti diseguaglianze nel godimento del patrimonio, delle arti e della cultura, l’inserimento in reti di tipo associativo si accompagna con regolarità all’innalzamento dei livelli di attività culturale. Le reti, infatti, estendono alle componenti sociali più svantaggiate – donne, anziani, persone poco istruite e residenti in territori disagiati, tutti soggetti a una diffusa e progressiva esclusione culturale, che si intensifica con l’avanzare dell’età – un sostegno alla partecipazione culturale paragonabile al vantaggio derivante dal possesso dei livelli più elevati di istruzione e dalla resi-denza nelle aree più benestanti della penisola.

Il rinforzo delle reti sulla partecipazione culturale nei territori

Tavola 4.10 Persone di 25 anni e più che vivono sole o in coppia senza figli per partecipazione culturale forte, profili relazionali e raggruppamento socio-demografico di sistemi locali - Anno 2016 (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

Raggruppamento socio-demografico

Italia Le città del Cen-tro-nord

La città diffusa

Il cuore verde

I centri urbani

meridio-nali

I territori del disa-

gio

Il Mez-zogiorno

interno

L’altro Sud

Persone sole 30,5 37,7 35,7 29,7 15,5 25,4 16,1 23,1 con amici e rete di sostegno 30,4 40,4 31,8 27,4 17,3 27,0 15,5 23,4 attive in associazioni 62,8 70,3 63,7 57,6 31,4 59,8 55,8 60,6Persone in coppia senza figli 26,3 37,8 27,3 22,7 15,5 12,0 12,5 15,9 con amici e rete di sostegno 27,0 39,3 26,6 23,2 18,5 15,9 11,4 16,8 attive in associazioni 53,1 64,8 50,7 42,0 39,5 45,2 51,4 41,1

Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Istat | Rapporto annuale 2018

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