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IL VALORE DEL LAVORO DOMESTICO IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DELLE FAMIGLIE DATORI DI LAVORO Reati penali verificabili nel lavoro domestico

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IL VALORE DEL LAVORO DOMESTICO

IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DELLE FAMIGLIE DATORI DI LAVORO

Reati penali verificabili nel lavoro domestico

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IL VALORE DEL LAVORO DOMESTICO

IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DELLE FAMIGLIE DATORI DI LAVORO

Dossier 7

Reati penali verificabili nel lavoro domestico

Responsabile scientifico

(DOMINA - Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico)

Avv. Massimo De Luca

Gruppo di lavoro (FONDAZIONE LEONE MORESSA)

Prof. Stefano Solari

Dott.ssa Chiara Tronchin

Dott. Enrico Di Pasquale

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I contenuti di questo dossier e dell’intera ricerca sono rilasciati sotto Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia - www.creativecommons.org

Finito di stampare nel mese di maggio 2017 dalla Scuola Tipografica S. Pio X

Via degli Etruschi, 7 – 00185 Roma

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INDICE

Presentazione a cura di Lorenzo Gasparrini

p.

3

Infografica riassuntiva p. 5

Obiettivi e metodologia p. 6

L’esperienza delle famiglie italiane p. 8

Descrizione di alcuni esempi di reato p. 14

È possibile tutelarsi? p. 25

La parola ai lavoratori domestici p. 27

Conclusioni a cura di Massimo De Luca p. 29

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Presentazione

a cura di Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale DOMINA

Il panorama dei reati compiuti nell’ambito domestico è variegato e

annovera vari livelli di gravità. Si spazia, infatti, dai più comuni furti di

beni preziosi (soldi, gioielli, pellicce), generi alimentari e detersivi. Fino

ad arrivare, decisamente più gravi, a danneggiamenti, maltrattamenti e

stalking.

I reati legati ai rapporti di lavoro con assistenti familiari e collaboratori domestici non sono una

novità. Si tratta di fattispecie già esistenti nel contesto penalistico che nel passato vedevano

coinvolti consanguinei o affini. L’ingresso in casa di persone esterne al nucleo familiare dovuto

per necessità personali ha fatto si che i reati penali, tipici delle mura domestiche, si

estendessero anche al rapporto di lavoro domestico. Quindi stesso ambiente, stesse

dinamiche, ma soggetti diversi.

Nel nostro progetto di ricerca, volto a studiare il settore del lavoro domestico, non potevamo

non prendere in esame questo fenomeno che, seppur non predominante, rappresenta un

elemento significativo ai fini dell’analisi delle problematiche della categoria.

Come si evince dai fatti di cronaca, riportati sulle testate nazionali e internazionali, i reati

penali avvengono sia nei confronti del datore di lavoro sia nei confronti del lavoratore. Nello

studio del fenomeno, per la nostra specificità professionale e per la naturale rete di contatti

instaurata negli anni con i datori di lavoro domestico, abbiamo cercato di approfondire il punto

di vista delle famiglie, attingendo al nostro patrimonio informativo e attuando una ricerca su

un campione di famiglie che hanno assunto colf, badanti o baby-sitter.

Per comprendere appieno il fenomeno dei reati, sono state raccolte anche le testimonianze di

lavoratori domestici, in modo da dar voce ad entrambe le parti coinvolte.

Il lato positivo di questa attività di analisi è che molte delle famiglie associate a DOMINA ci

hanno assicurato di non aver vissuto esperienze negative con i propri lavoratori domestici.

Questo significa che, al di là delle difficoltà economiche e logistiche venute alla luce durante il

percorso di ricerca, molti rapporti di lavoro domestico sono caratterizzati dalla serenità e dal

rispetto reciproco delle parti, in assenza di reati. Possiamo anche affermare, riportando le

esperienze di molti, che il rapporto di lavoro con il lavoratore è stato nel tempo arricchente.

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Come Associazione ci teniamo a sottolineare che l’obiettivo del Dossier non è quello di

demonizzare il rapporto di lavoro domestico o il lavoratore come fonte di misfatti ai danni della

famiglia; il fine è di introdurre un ulteriore elemento di studio e di analisi nel settore.

Per questo, vorrei ribadire che il lavoro domestico non è sinonimo di maltrattamenti, estorsioni

o raggiri ai danni dei più deboli. Il lavoro domestico è emblema dello sforzo delle famiglie

nell’adoperarsi per un sereno e proficuo svolgimento dell’attività familiare, grazie al supporto

esterno di assistenti e collaboratori domestici che, giorno dopo giorno, si rivelano importanti

nella risoluzione di molti problemi.

Come vedremo nel lavoro di elaborazione dei dati svolto dalla Fondazione Leone Moressa,

l’obiettivo del Dossier è quello di indagare le tipologie di reato più comuni nel settore, capirne

la successiva evoluzione, individuare forme di tutela cui ricorrere per cercare di prevenire gli

eventi criminosi e sensibilizzare sull’importanza di denunciare scorrettezze nel rapporto di

lavoro.

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IL VALORE DEL LAVORO DOMESTICO

IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DELLE FAMIGLIE DATORI DI LAVORO

Ricerca DOMINA realizzat a d a Fond azione Leone Moressa

DOSSIER 7

Reat i penali

ver if icabili nel lavoro dom est ico

ha subit o f ur t i

com m essi dal

lavorat ore

dom est ico

56%ha subit o reat i

com m essi dal

lavorat ore

dom est ico

14%Poche denunce

perché?

1) Fat t i poco gravi

2) Mancanza di prove

3) Dat ore r icat t abile

4) Minacce

5) Inesper ienza

Circonvenzione

d’incapace

Art 643 c.p.

Reat o di

abbandono

Art 591 c.p.

Occupazione

della casa

Art 633 c.p.

Fur t i

in casa

Art 624 c.p.

Solo il 19%

denuncia

Solo il 6%

denuncia

• Tut ore o am m inist rat ore

per la gest ione del

pat r im onio

• Visit e e t e lef onat e

f requent i

• Cont at t i con vicini di casa

• Copia delle chiavi di casa

• Videosorveglianza (nei

lim it i della pr ivacy)

Com e

prevenire?

i n d a g i n e a c a m p i o n e ( 4 0 0 f a m i g l i e )

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Obiettivi e metodologia

Come emerso più volte nell’arco della ricerca DOMINA sul ruolo economico e sociale delle

famiglie datori di lavoro domestico, queste ultime presentano caratteristiche molto diverse

rispetto ai datori di qualsiasi altro settore. In primo luogo non si tratta di “imprenditori”, né

hanno l’obiettivo del profitto: si tratta di famiglie (spesso lavoratori dipendenti) che

ricorrono al lavoratore domestico per coprire un bisogno primario come la cura della casa o

delle persone non autosufficienti. Questa sottolineatura è importante per comprendere che,

nel rapporto di lavoro domestico, il datore di lavoro non si trova in una posizione di forza

rispetto al lavoratore e, anzi, ne condivide la necessità e le difficoltà. Inoltre, proprio per la

peculiarità di svolgersi dentro le mura di casa, il lavoro domestico si basa – più di altri – su

un rapporto di fiducia molto profondo tra il lavoratore e la famiglia datore di lavoro: il

lavoratore passa molto tempo nella casa del datore (spesso convive), conosce abitudini e

oggetti di famiglia, si prende cura della casa o delle persone.

Tuttavia, ad un simile coinvolgimento emotivo corrisponde, dall’altro lato, una enorme

delusione nel caso in cui il rapporto fiduciario si incrini. Saranno dunque affrontati in questo

capitolo alcuni casi in cui il lavoratore commette reati o fatti gravi, tali da precludere il

rapporto fiduciario con la famiglia. Naturalmente i problemi che possono nascere nell’ambito

del lavoro domestico possono essere letti sia dal lato del lavoratore che del datore di lavoro:

il presente dossier non intende essere esaustivo su tutte le possibili circostanze, quanto

invece offrire alle famiglie datori di lavoro alcuni elementi per capire e affrontare meglio le

diverse situazioni. Precisiamo inoltre che non si intende in alcun modo generalizzare rispetto

ai comportamenti negativi presentati: la categoria dei lavoratori domestici, come qualsiasi

altra categoria di lavoratori, presenta al suo interno componenti positive e negative, che

vanno analizzate e combattute. La conoscenza dei fenomeni rappresenta invece un

elemento di consapevolezza e sicurezza da parte dei datori di lavoro, e pertanto va diffusa il

più possibile nell’interesse di entrambe le parti.

La letteratura finora disponibile relativa ai potenziali reati riscontrabili nell’ambito del lavoro

domestico generalmente pone grande attenzione alla regolarizzazione del rapporto di

lavoro. Anche le associazioni sindacali offrono assistenza e forniscono informazioni in merito

all’emersione o alla corretta assunzione dei lavoratori domestici, anche attraverso

vademecum informativi rivolti sia al lavoratore che al datore. Molta meno attenzione,

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invece, viene rivolta a quei reati che possono verificarsi durante lo svolgimento del rapporto

di lavoro e che compromettono la correttezza stessa del lavoro.

L’aumento del numero di lavoratori domestici (cfr. Dossier 1) registrato negli ultimi anni – a

causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’inclusione delle donne nel mercato del

lavoro – ha portato inevitabilmente anche un aumento delle controversie tra lavoratore e

famiglia. Secondo il Censis, già oggi “una famiglia su dieci è badante-dipendente” e “senza

di loro molti sarebbero costretti a ricorrere ad ancor più costosi ricoveri che in tempi di crisi

diventano proibitivi”. Si afferma quindi sempre di più la badante come parte integrante della

pianificazione familiare, anche se affidare ad uno sconosciuto la gestione dell'abitazione e

dei beni (oltre che della propria persona) rimane una decisione sofferta.

In questo dossier saranno presentati i risultati di un’indagine a campione condotta tra le

famiglie datori di lavoro, proprio per analizzare le esperienze concrete riportate dalle

famiglie. L’indagine è stata condotta attraverso un questionario on line diffuso alle famiglie

associate con DOMINA, rivolto principalmente alle famiglie che hanno ricevuto un danno nel

corso del rapporto di lavoro domestico.

Inoltre, saranno affrontati alcuni casi specifici, cercando di capire cosa prevede la legge e

come eventualmente la famiglia può tutelarsi o addirittura prevenire. La scelta di tali casi

nasce dall’esperienza quotidiana di DOMINA, ovvero dai racconti delle famiglie associate e

dalle richieste di supporto che quotidianamente giungono telefonicamente. Alcuni casi si

riferiscono solo alla badante e sono legati alla fragilità della persona assistita. Si tratta, ad

esempio, del caso in cui l’anziano assistito (generalmente uomo) sposi la badante prima di

morire, a volte ad insaputa dei familiari. Vedremo in quali casi questa pratica costituisce

reato, e come eventualmente la famiglia può tutelarsi. Un secondo caso, sempre legato al

ruolo della badante, è quello dell’abbandono della persona anziana: si tratta di uno dei

timori più grandi per una famiglia che affida ad un estraneo la persona cara in difficoltà.

Anche qui, vedremo come tutelarsi e come prevenire. Altro caso particolare riguarda

l’occupazione della casa dopo la morte dell’assistito, ovvero il rifiuto dell'ex lavoratore ad

abbandonare l’abitazione al termine del rapporto di lavoro. Infine, il caso di furti in casa,

possibili dato che il lavoratore domestico spesso opera da solo in casa.

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L’esperienza delle famiglie italiane

Per meglio comprendere le problematiche delle famiglie italiane legate alle esperienze di furti

o reati commessi dai lavoratori domestici, la Fondazione Leone Moressa ha condotto

un’indagine a campione rivolta alle famiglie associate con DOMINA. Il questionario è stato

diffuso attraverso posta elettronica e messaggi sui social network alle famiglie associate,

chiedendo la partecipazione di chi avesse avuto esperienza di torti durante il rapporto di

lavoro domestico. Il campione comprende circa 400 famiglie che hanno o hanno avuto un

lavoratore domestico: il campione si concentra prevalentemente al Centro-Nord. Sei

rispondenti su dieci hanno avuto esperienze con una badante, mentre il 30% ha assunto una

Colf e il 9% una baby sitter. Nel caso di assunzioni di badanti, il 54% ha a che fare con

persone non autosufficienti. La maggior parte del campione ha un’esperienza molto recente:

oltre 6 su 10 hanno cominciato il rapporto di lavoro da meno di 2 anni.

Composizione del campione analizzato

Area geografica Mansione del lavoratore

Caratteristiche dell'assistito (nel caso di badanti)

Da quanti anni utilizza il lavoratore domestico

Nord 41,7% Badante 61,0% Autosufficiente 45,9% Meno di 2 anni 64,9%

Centro 42,3% Colf 30,0% NON autosuff. 54,1% 3-7 anni 27,2%

Sud e Isole 16,0% Baby sitter 9,0% Oltre 8 anni 7,8%

Totale 100,0% Totale 100,0% Totale 100,0% Totale 100,0%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su campione DOMINA

Entrando nel merito della questione legale, oltre la metà dei rispondenti (56%) dichiara di

aver subito furti da parte dei lavoratori domestici. Si tratta prevalentemente di generi

alimentari (41,1%) o vestiario e biancheria (37,2%). Meno frequente invece il caso di furto di

denaro o oggetti preziosi (21,7%).

Per quanto riguarda i reati penali, solo il 14,5% del campione dice di aver subito episodi di

questo tipo. Si tratta, per citarne alcuni, di violazione di domicilio da parte di terzi, stalking o

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minacce, truffa ai beni di famiglia (circonvenzione d'incapace - testamenti viziati -

intestazione di beni di famiglia - depauperazione del patrimonio di famiglia), ricatti per

segreti personali o di famiglia, prelievo non autorizzato con il bancomat o con la carta di

credito.

Di nuovo abbastanza frequente (48,9%), invece, il verificarsi di altri fatti gravi quali:

abbandono dell’assistito, maltrattamenti fisici, segregazione della persona non

autosufficiente, tentato omicidio, molestie.

Percentuale di famiglie che dichiarano di aver subito furti / reati penali / altri fatti gravi

FURTI

56,0%REATI PENALI

14,5%ALTRI FATTI GRAVI

48,9%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su campione DOMINA

Tipologia di furti subiti dalle famiglie

Generi alimentari

41,1%

Vestiario/Biancheria/

Piccoli oggetti37,2%

Denaro/Preziosi21,7%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su campione DOMINA

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Curioso a questo punto analizzare il comportamento delle famiglie in risposta a questo tipo di

eventi. La percentuale di denunce è molto bassa nel caso dei furti (6,3%), mentre sale per i

reati (18,9%) e gli altri fatti gravi (40,8%). Rimane comunque una quota minoritaria per

tutte le tipologie di evento criminoso. Piuttosto consistente (dal 30 al 50%) la quota di

licenziamenti a seguito di evento criminoso. Significativa invece la percentuale di famiglie che

non prende alcun provvedimento: circa una su due nel caso dei furti e una su tre nel caso dei

reati.

Comportamento della famiglia in risposta all’evento subito1

FURTI

NESSUN PROVVEDIMENTO

LICENZIAMENTO

DENUNCIA

55,6%

38,0%

6,3%

1 In alcuni casi si sono verificati contemporaneamente licenziamento e denuncia.

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REATI

32,1%

49,1%

18,9%

NESSUN PROVVEDIMENTO

LICENZIAMENTO

DENUNCIA

ALTRI FATTI GRAVI

27,9%

31,3%

40,8%

NESSUN PROVVEDIMENTO

LICENZIAMENTO

DENUNCIA

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su campione DOMINA

Vista la bassa percentuale di denunce, è interessante chiedere alle famiglie quali siano i

fattori principali che spingono il datore di lavoro a non procedere. La risposta più frequente

(46,9% dei casi) è “non ne vale la pena”: si tratta infatti di importi poco cospicui (nel caso di

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furto) o fatti non così rilevanti. Tuttavia, al di là del valore economico, va sottolineato come il

gesto criminoso compiuto dal lavoratore domestico sia particolarmente spiacevole sul piano

emotivo, sia perché compiuto da una persona che vive “in casa” e con cui si instaura un

rapporto fiduciario intimo, sia perché spesso i beni rubati hanno un valore affettivo ben

superiore rispetto a quello economico.

Un altro fattore deterrente è rappresentato dalla mancanza di prove (25,4%). Una quota

significativa di datori di lavoro non ha denunciato il furto o il reato per timore di essere

ricattato per irregolarità relative al rapporto di lavoro: si tratta in primo luogo di lavoratori

domestici irregolari o della cosiddetta “zona grigia”, in cui oltre alla componente regolare

esiste una integrazione non dichiarata. La frequenza di questa situazione richiama

all’importanza della messa in regola del rapporto di lavoro, fin dalle fasi iniziali.

Tra i casi di “non denuncia”, è diffusa anche la componente della paura (minacce o

intimidazioni): va tenuto conto, in questo senso, della presenza di datori di lavoro anziani che

vivono soli con il lavoratore.

Infine, significativo anche il fattore “inesperienza”: in molti casi le famiglie non hanno mai

avuto a che fare con la giustizia e si sentono intimoriti dal dover avviare una pratica in

questo senso, per cui alla lunga preferiscono lasciar perdere.

Motivi che spingono le famiglie a NON denunciare

6,4%

9,9%

11,4%

25,4%

46,9%

INESPERIENZA

HA RICEVUTO MINACCE

DATORE RICATTABILE

MANCANZA DI PROVE

FATTI POCO RILEVANTI

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Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su campione DOMINA

Infine, è importante riconoscere come anche tra i lavoratori domestici sia possibile subire atti

criminosi o inappropriati. In questo caso riportiamo la percentuale di famiglie che sono a

conoscenza di episodi subiti dai loro lavoratori. Ovviamente si tratta di una percentuale di

risposte piuttosto bassa (12%), visto che la domanda non è stata posta direttamente al

lavoratore. In ogni caso, il reato più frequentemente subito dai lavoratori domestici è quello

delle molestie (29,5%): risultato prevedibile vista la numerosa presenza femminile. Diffusi

anche fenomeni di aggressività verbale (insulti, diffamazione, ecc.) e discriminazioni. Meno

diffusi invece i casi di violenza fisica ai danni dei lavoratori domestici.

Reati e comportamenti gravi subiti dai lavoratori domestici

Famiglie che dichiarano di essere a conoscenza di episodi subiti dai lavoratori domestici

Tipologia diepisodi dichiaratidal lavoratore domestico

Sì12,0%

No88,0% ALTRO

8,2%

PERCOSSE11,5%

DISCRIMINAZIONE

23,0%

AGGRESSIVITA' VERBALE

27,9%

MOLESTIE29,5%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su campione DOMINA

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Descrizione di alcuni esempi di reato

A seguito dei risultati dell’indagine a campione, è interessante osservare alcuni esempi dei

reati verificabili in ambito di lavoro domestico, selezionando alcuni articoli pubblicati sugli

organi di informazione. L’elenco dei reati descritti non pretende certamente di essere

esaustivo rispetto alle possibili situazioni verificabili, ma consente di avere un'ampia

panoramica sulla questione.

Particolare attenzione viene data al fatto che tali reati non vedono solo il datore di lavoro

come vittima, ma possono essere perpetrati anche ai danni del lavoratore. Per quanto

possibile, per ciascun reato verranno presentate le due diverse situazioni.

Nel capitolo successivo saranno forniti alcuni suggerimenti pratici di prevenzione di tali

situazioni: si tratta chiaramente di indicazioni generali, che poi andranno esaminate caso per

caso, ma che possono rivelarsi utili per le famiglie datori di lavoro.

1. Furti in casa

Furto (Art. 624 c.p.); Appropriazione indebita (Art. 646); Ricettazione (Art. 648)

ANSA, 12 Agosto 2017

La Nuova Venezia, 13 Aprile 2018

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L’indagine a campione illustrata in questo capitolo ha dimostrato come la maggior parte delle

famiglie (56%) abbia subito almeno una volta un furto da parte del lavoratore domestico. Il

rischio è naturalmente molto alto, dato che il lavoratore domestico (in questo caso non solo

badante) lavora in casa, generalmente in assenza del proprietario. Il fatto che in casa vi siano

molti oggetti di valore, anche di piccole dimensioni, porta in molti casi il datore a non

accorgersi subito della mancanza, per cui in molti casi è difficile poter accusare proprio il

lavoratore. Va detto, per correttezza, che per lo stesso motivo alcune volte il lavoratore

diventa il capro espiatorio per lo smarrimento di oggetti da parte del proprietario.

Veniamo dunque ad illustrare i casi più frequenti di furto da parte del lavoratore domestico.

L'art. 624 c.p. (Furto) prevede che chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui,

sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la

reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 154 euro a 516 euro. Il furto è punibile a

querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più circostanze aggravanti. Si configura

invece il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) quando taluno, per procurare a sé o

ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a

qualsiasi titolo, il possesso (da intendersi come mera detenzione). Questo reato è punito, a

querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032

euro. Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è

aumentata. Si procede d'ufficio, se ricorrono talune specifiche aggravanti. Diverso è ancora il

caso della ricettazione (art. 648 c.p.) che si configura quando taluno, al fine di procurare a sé

o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi

delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare. Questo reato è

punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da 516 euro a 10.329 euro. Il

reato di ricettazione si configura anche quando l'autore del delitto, da cui il denaro o le cose

provengono, non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manchi una condizione di

procedibilità riferita a tale delitto.

I due casi riportati presentano due situazioni diverse, una ad opera della badante e una della

colf. Nel primo caso, assistiamo al classico caso di sparizione di oggetti di valore, favorito dal

fatto che l’assistito non è autosufficiente.

Nel secondo caso assistiamo ad una vera e propria banda criminale che utilizza il (finto)

lavoratore domestico per entrare nelle case di ricchi cittadini e rubare quadri di valore. Non si

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tratta dunque propriamente di un reato compiuto dal lavoratore domestico, quanto di un

rapporto di lavoro avviato proprio al fine di compiere il reato.

2. Il matrimonio con la badante

Circonvenzione d’incapace, Art. 643 c.p.

Corriere della Sera, 15 Aprile 2015

Un altro caso piuttosto comune riguarda il matrimonio tra la badante e la persona assistita

(generalmente un uomo anziano con una donna più giovane). Partiamo da un caso

riportato dal Corriere della Sera nel 2015 per poter illustrare una fattispecie sempre più

attuale nei nostri giorni, in cui si racconta di un anziano di 102 anni che sposa la badante

per morire pochi mesi dopo. In quel caso il giudice condannò la donna, dopo due anni, per

circonvenzione d’incapace (Art. 643 c.p.), in quanto fu accertato che l’anziano non fosse

capace d’intendere e volere. Tuttavia, da un punto di vista formale la donna risultava essere

la legittima vedova, al quale il marito aveva lasciato tutto in eredità, per cui continuò a

percepire la pensione del marito per molti anni, accumulando circa 90 mila euro erogati da

Inps e Inpdap. Il paradosso giuridico, infatti, è che in base all’articolo 125 del codice civile

«l’azione di nullità non può essere promossa dal Pubblico Ministero dopo la morte di uno dei

coniugi». In questo caso, però, il giudice valuta, sulla base di una sentenza della Cassazione

del 2008, che l’accertamento del delitto di circonvenzione di incapace determini la nullità del

contratto stipulato dall’incapace. In particolare, il contratto stipulato è il matrimonio stesso,

«evento/prodotto (fra gli altri) del delitto di circonvenzione di incapace,

incontrovertibilmente concluso in violazione di norma penale».

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Di qui la dichiarazione di nullità assoluta e insanabile del matrimonio, a seguito della quale

la donna «non è e non è mai stata erede legittimaria» del centenario, «né ricompresa fra i

potenziali pretendenti la restituzione dei beni sottoposti a sequestro da 13 anni». Anzi, si

legge nell’articolo, il giudice trasmette la propria ordinanza agli enti previdenziali Inps e

Enasarco «per evitare un ulteriore danno erariale» e sollecitare «le azioni di recupero delle

somme individuate come indebitamente erogate dal 2004». In questo caso, dunque, la

situazione si è risolta con l’intervento della magistratura, diversi anni dopo la morte

dell’assistito.

Da segnalare inoltre la sentenza di cassazione Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza

14 ottobre 2016 – 11 maggio 2017, n. 11536: “i figli non possono impugnare il matrimonio

del padre ultra ottantenne, con amministratore di sostegno, con la badante di 40 anni se il

giudice tutelare non ha adottato nei confronti dell'uomo un provvedimento che vieti le

nozze”.

Inoltre, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 28 febbraio 2018, n. 4653, ha

confermato la condanna di una badante al risarcimento del danno materiale per

circonvenzione di incapace. Quest’ultima aveva indotto l’ultracentenario a nominarla erede

testamentaria, nonché a contrarre nozze qualche mese dopo.

3. Stalking

Delitto di atti persecutori, Art. 612-bis c.p.

Repubblica.it (Roma), 27 Febbraio 2017

Giornale di Sicilia, 26 Novembre 2016

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Il terzo caso in esame riguarda un reato introdotto nel 2009, ovvero lo stalking. si tratta di

un reato generalmente legato a violenza sessuale o di genere, ma che può avere anche

altre sfaccettature. Nei casi sopra riportati, ad esempio, lo stalking si concretizza dalle due

parti del rapporto di lavoro domestico.

Nel primo caso è la badante che, dopo il licenziamento, perseguita il datore di lavoro con

visite e telefonate finalizzate a riavere il proprio posto di lavoro. In questo caso, a portare

gli agenti sulle tracce della donna, è proprio la nuova badante dell'uomo.

Nel secondo caso, invece, è la badante a rivolgersi alle autorità, viste le continue richieste di

rapporti sessuali da parte dell’assistito, un pensionato di 65 anni.

Un altro caso che è stato ripreso dalla cronaca nazionale e locale, che ci può aiutare a capire

meglio la problematica, è accaduto nel 2016, a Roma, dove un disabile in carrozzella

perseguitato dall'ex badante, fu salvato dai carabinieri. L'anziano, esasperato, fu trovato

dall'Arma mentre si allontanava impaurito dalla sua abitazione su una carrozzella elettrica

mentre percorreva pericolosamente contromano una nota strada della Capitale. Le agenzie di

stampa del tempo riportarono che il lavoratore non aveva accettato il licenziamento da parte

del disabile per cui lavorava come badante e che, possedendo ancor le chiavi dell'abitazione,

aveva cominciato a perseguitarlo riuscendo comunque ad introdursi in casa sua. Atti

persecutori messi in atto per diversi giorni con il datore di lavoro vittima di continui dispetti

che gli hanno reso la vita difficile, cagionandogli un perdurante e grave stato di ansia e di

paura, ingenerandogli un fondato timore per la propria incolumità sino a costringerlo ad

alterare le proprie abitudini di vita

4. Ricatti, Estorsione

Art. 629 c.p.

Il Piacenza, 3 Febbraio 2017

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Corriere Salentino, 5 Novembre 2017

La Stampa, 25 Novembre 2016

Un altro caso molto comune riguarda ricatti ed estorsioni (o tentativi di estorsioni),

solitamente alla fine del rapporto di lavoro. Anche in questo caso proponiamo sia casi in cui

la vittima è il datore di lavoro, sia una caso in cui è il lavoratore (in questo caso una baby

sitter) a denunciare. Nei primi due casi è la badante a ricattare il datore di lavoro (in

entrambi i casi con ricatti a sfondo sessuale) in cambio di denaro. In particolare, in un caso

è addirittura il direttore della sua banca a convincere la vittima a denunciare, insospettito

dai continui prelievi di quest’ultima.

Nel terzo caso è un datore di lavoro di 42 anni ad essere accusato di estorsione e violenza

privata dalla baby sitter del figlio: con forza, e dietro minacce, la giovane sarebbe stata

obbligata a firmare un documento nel quale dichiarava di aver percepito il compenso

dovuto, 900 euro, pur non avendo visto nemmeno un centesimo. L'uomo, presentandosi

come un ex poliziotto, avrebbe millantato conoscenze importanti facendo credere alla

vittima che se lo avesse denunciato, nessuno l'avrebbe mai creduta.

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5. Occupazione della casa

Reato di invasione, Art. 633 c.p.

Corriere della Sera, 2 Aprile 2014

Un altro reato legato alla solitudine dell’anziano assistito riguarda l’occupazione dell’abitazione

da parte dell’assistente familiare, una volta morto il datore di lavoro. Molte volte è inevitabile

infatti che la badante abbia le chiavi di casa e gestisca in prima persona l’abitazione del

datore non autosufficiente. A volte, però, quello che è un servizio indispensabile può

diventare reato se il lavoratore non lascia l’abitazione alla conclusione del rapporto. Secondo

la sentenza della Cassazione n. 36546/2015, il reato di "invasione dell'altrui edificio" viene

commesso dalla badante che, una volta morto il datore di lavoro non lascia l'abitazione

presso la quale svolgeva la propria attività lavorativa. Il comportamento dell'assistente

familiare implica, pertanto, la condotta di invasione nel momento in cui si immette, senza

titolo, dopo la morte del suo datore di lavoro, nel possesso della cosa stessa, comportandosi

uti dominus. La Cassazione chiarisce questo punto sottolineando che il reato di invasione ex

art. 633 c.p. si intende commesso in quanto la lavoratrice domestica acquisisce in modo

illegittimo il vero e proprio possesso della casa dopo la morte del precedente inquilino

gestendola "come se ne fosse la proprietaria".

Naturalmente, considerando che il rapporto di lavoro si interrompe generalmente in maniera

improvvisa con la morte dell’assistito, gli eredi non possono chiedere alla badante di lasciare

immediatamente la casa, ma devono concederle un preavviso di “tempo congruo” per trovare

un’altra abitazione. Secondo quanto stabilito dal CCNL, il preavviso è di 15 giorni per le

badanti fino a 5 anni di anzianità e 30 giorni per chi ha lavorato oltre 5 anni di lavoro presso

lo stesso datore di lavoro.

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6. Abbandono e maltrattamenti

Reato di abbandono, Art. 591 c.p.

Ciociariaoggi, 30 Novembre 2017

Umbria 24, 19 Ottobre 2015

L’assistenza domiciliare espone al rischio di violenze e abusi. Specie se l’assistito non può

denunciare, i familiari non hanno modo di verificare se il lavoratore utilizza metodi violenti o

se non svolge diligentemente il proprio lavoro. Una sentenza della Corte di Cassazione del

2013 (sentenza della Corte di Cassazione sez. VI, 17 gennaio 2013 n. 127) ha sancito che

anche l’omissione di cure da parte della badante integra il delitto di maltrattamenti in

famiglia. Se invece la badante si ubriaca, tale situazione integra il reato di abbandono di

persona incapace (Art. 591 c.p.).

Si tratta infatti di aver assolto negligentemente il proprio compito, ponendo in essere un

comportamento in contrasto con il dovere giuridico di cura dal quale può derivare uno stato

di pericolo per l'incolumità della persona assistita. La sentenza n. 221/2015, ad esempio, ha

rigettato il ricorso di una donna ritenuta colpevole in primo grado del reato di cui all'art. 591

c.p., aggravato ai sensi dell'art. 36 della legge 104/1992, e condannata alla pena di mesi 9 di

reclusione con i doppi benefici di legge, oltre al risarcimento del danno in favore della parte

offesa liquidati in via equitativa in 2.500 euro.

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Nella vicenda, la donna, tornata a casa ubriaca, prima di coricarsi aveva acceso una stufa a

legna, caricandola in maniera esagerata, così surriscaldando e riempiendo di fumo la stanza

da letto dell'anziana assistita. Dopo di che era andata a dormire al piano superiore, lasciando

la vecchietta immobilizzata a letto e in preda al terrore, "salvata" dal figlio sopraggiunto

subito che aveva trovato la stanza piena di fumo e la madre piangente e disperata.

Per la Corte d'Appello, non c'è alcun dubbio sulla sussistenza del reato di abbandono,

integrato per costante giurisprudenza, "da qualunque azione od omissione contrastante con il

dovere giuridico di cura (o di custodia) che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno

stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto

passivo".

7. Sequestro (Art. 605 c.p.) e schiavitù (Art. 600 c.p.)

Il Messaggero, 20 Aprile 2018

GQ, 24 Novembre 2017

Il caso opposto rispetto all’abbandono di incapace è quello del sequestro di persona. In

questo caso riportiamo alcuni esempi in cui la vittima è il lavoratore domestico. In alcuni casi,

il sequestro di persona è legato ad una vera e propria riduzione in schiavitù del lavoratore.

Può sembrare incredibile, ma stiamo parlando di casi accaduti in Italia nell’ultimo anno.

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Nel primo caso, una nota modella italiana è stata condannata per sequestro di persona e

accusata di lesioni. Credendola responsabile del furto dei gioielli, la modella aveva segregato

in casa la colf filippina che, per liberarsi, si era calata con le lenzuola dal quarto piano,

rimanendo paralizzata.

Il secondo caso riguarda il caso limite di una badante di Catanzaro, trovata dai Carabinieri in

una baracca senza acqua né luce e legata al letto in un ambiente totalmente insalubre. Una

vera e propria storia da film horror: la donna era stata la badante della compagna del suo

aguzzino, poi deceduta; successivamente, lui la avrebbe ridotta in schiavitù.

Si tratta naturalmente di casi limite, ma interessanti per capire le degenerazioni che un

rapporto di lavoro può raggiungere.

8. Omicidio (Art. 575 c.p.)

La Gazzetta del Mezzogiorno, 22 Maggio 2018

La Stampa, 17 Febbraio 2018

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Il Messaggero, 5 Dicembre 2017

Concludiamo questa panoramica con l’ipotesi estrema di reato verificabile tra le mura

domestiche: l’omicidio (o il tentato omicidio).

Il primo caso, accaduto a Lecce, riguarda una badante ucraina arrestata dai carabinieri con

l'accusa del tentato omicidio di una donna di 92 anni che avrebbe cercato dapprima di

strangolare, e poi di soffocare con un lenzuolo.

Il secondo caso vede invece come vittima una badante, uccisa nel 2016 a Piacenza. Dopo

due anni viene arrestato, con l’accusa di omicidio premeditato, il suo assistito, un pensionato

64 enne.

Infine, un caso diverso dai precedenti, in cui il reato non è quello di omicidio bensì di

omissione di soccorso. Il caso, avvenuto a Pescara, vede un anziano pensionato (74 anni)

morire in ascensore: all’origine della tragedia sarebbe una lite tra l’uomo e la badante,

culminata con una ferita per l’uomo. A quel punto la badante, anziché chiamare i soccorsi,

avrebbe portato l’uomo in ascensore, dove sarebbe morto di lì a poco. In questo caso, la

donna era inizialmente accusata di omicidio preterintenzionale, ma in seguito il pm ha

modificato il capo d'imputazione.

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È possibile tutelarsi?

Abbiamo visto in questo Dossier come siano molteplici i casi di reato verificabile nell’ambito

del lavoro domestico, sia ai danni del datore che del lavoratore. Avendo elencato alcune

delle situazioni riscontrabili, sarebbe impossibile fornire suggerimenti specifici per ciascuna

di esse. E’ più interessante, invece, fornire alcuni elementi base per incanalare il rapporto di

lavoro verso una traiettoria di legalità e trasparenza, utili a prevenire gli eventi criminosi.

Nel caso di circonvenzione d’incapace, a norma di legge, gli eredi non possono chiedere

l’annullamento del matrimonio celebrato, in vita, da un loro congiunto incapace di intendere

e volere, se non legalmente interdetto. Dunque le denunce da parte dei parenti, per i reati

di appropriazione indebita, o di truffa, o di circonvenzione di incapace, raramente portano al

recupero di quanto sottratto. L’ordinamento giuridico predispone tuttavia adeguati mezzi di

protezione che possono essere prudenzialmente adottati in via preventiva per tutelare il

soggetto fragile di mente. Ad esempio, la nomina di un tutore, o più semplicemente di un

amministratore di sostegno. Si tratta di figure idonee ad evitare il compimento di atti

inconsulti e dannosi.

In particolare, la scelta tra amministrazione di sostegno e interdizione non si basa sul solo

grado d’infermità del soggetto incapace, ma il giudice deve compiere una valutazione

globale e complessiva della situazione personale e del patrimonio da gestire del soggetto.

L’amministrazione di sostegno sarà preferibile in tutti quei casi in cui sia necessaria

“un'attività di tutela minima, in relazione, tra le altre cose, alla scarsa consistenza del

patrimonio del soggetto debole, alla semplicità delle operazioni da svolgere, e all'attitudine

del beneficiario a non porre in discussione i risultati dell'attività svolta nel suo interesse”.

Nei casi di furto, maltrattamenti o più in generale comportamenti illeciti da parte del

lavoratore, il primo elemento di prevenzione è l’attenuazione dell’emarginazione sociale. In

un contesto caratterizzato dall’aumento dell’aspettativa di vita e dalla diffusa tendenza degli

ospedali a dimettere rapidamente gli anziani ricoverati, anche se malati cronici, si fa sempre

più urgente il bisogno di assistenza continua e permanente. L’emarginazione sociale

costituisce, purtroppo, un terreno particolarmente fertile per il diffondersi di episodi di

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abbandono o altre omissioni. Dunque, il primo fattore di prevenzione è quello di non far

sentire la persona accudita (e il suo assistente) definitivamente isolata dalla rete familiare e

sociale: visite e telefonate possono contribuire a responsabilizzare il lavoratore domestico

oltre che a far piacere all’assistito. Una semplice raccomandazione è di non lasciare

all’assistente l’unica copia delle chiavi. Tuttavia, se si viene a scoprire che la badante ha

cambiato la serratura, diventa necessario far intervenire le autorità.

Infine, è opportuno spendere un riferimento specifico al tema della videosorveglianza.

Considerando che si tratta della tutela della propria abitazione, verrebbe da pensare che sia

legittimo controllare chi vi lavora all’interno. In realtà, il diritto di disporre della propria

abitazione trova un limite nel rispetto e nella tutela della personalità e della libertà morale

delle persone. In altri termini, le telecamere o altri sistemi di controllo sono legittimi solo se

finalizzati alla difesa e alla prevenzione di illeciti, e non al controllo del lavoratore domestico.

Ad esempio, non si può filmare la badante nella propria stanza. Concretamente, è possibile

installare delle telecamere che puntino il cancello o una parte del giardino poco sicura, la

porta d’ingresso o gli accessi come finestre o terrazzi o porte finestre. Se poi, da queste

riprese si scopre che il lavoratore commette degli illeciti, è possibile procedere nei suoi

confronti con i provvedimenti del caso. Inoltre, è sempre opportuno informare il lavoratore

della presenza del sistema di videosorveglianza, chiedendo anche il suo consenso scritto.

Molto più rischioso, invece, il controllo occulto.

Complessivamente, l’indagine a campione e i casi sopra esposti hanno evidenziato come non

sia mai abbastanza l’attenzione rivolta ai possibili reati verificabili tra le mura domestiche. In

generale, è importante curare fin da subito il rapporto di fiducia tra lavoratore e datore di

lavoro, improntandolo sulla trasparenza e sulla lealtà. Inoltre, come detto, la rete familiare

svolge un ruolo di prevenzione molto importante. Allo stesso modo, il supporto da parte di

associazioni e consulenti può aiutare nella gestione dei singoli casi, condividendo esperienze

altrui e mettendo in comune le proprie necessità.

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La parola ai lavoratori domestici

Nel periodo in cui è stata condotta l’indagine rivolta ai datori di lavoro, sulla pagina Facebook

di DOMINA sono arrivati diversi commenti da parte di lavoratori domestici. Ne riproponiamo

alcuni in questo paragrafo, naturalmente senza riportare il nome dell’autore, raccogliendo le

principali istanze avanzate dai lavoratori. Leggiamo di seguito alcuni post.

Selezione dei messaggi pubblicati su Facebook da lavoratori domestici

Fate le stesse domande a quelle famiglie che trattano male la badante, approfittano e la

usano come una schiava. La maggior parte dei datori di lavoro non rispetta il contratto di

lavoro e la badante frustrata va nel suo Paese malata. Sarà bene fare le domande anche ai

datori di lavoro. [10.02.2018 – ore 22,31]

-----------------

Non ho mai sentito chiedere alle badanti “i vostri datori di lavoro rubano a voi?” Ve lo dico io,

ho avuto esperienze di questo tipo! [11.02.2018 – ore 22,29]

-----------------

Siamo in tanti che lavoriamo in nero, perché non fanno i controlli. Li devono obbligare a

metterci in regola: poveri noi che dobbiamo supportare tutti le loro schifezze, per una

miseria! [12.02.2018 – ore 16,11]

-----------------

Se il datore di lavoro paga correttamente le badanti non succederanno queste cosse. Prima le

sfruttate e dopo sono colpevoli loro? [13.02.2018 – ore 9,09]

-----------------

La maggior parte delle badanti ha avuto problemi con i datori di lavoro, non il contrario. Si

deve fare una associazione anche per loro! [16.02.2018 – ore 21,10]

Fonte: Facebook/ DOMINA - Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico

Da queste testimonianze si ribadisce che i problemi sollevati in questo dossier non sono solo

esclusivamente dei datori di lavoro domestici. In realtà la situazione è altresì molto grave se

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andiamo ad analizzarla dal punto di vista dei lavoratori, i quali sono esposti anch'essi a forme

di aggressione di vario genere, a reati verso la persona nonché soggetti a subire piccoli furti

dai propri datori.

In primo luogo, viene sottolineato che la questione dei reati all’interno del rapporto di lavoro

domestico non è unilaterale, anzi esistono diversi casi in cui è il lavoratore (generalmente la

badante, visto che passa molto tempo in casa con il datore) a subire violenze o altri reati. In

alcuni casi viene addirittura segnalato il furto di oggetti personali della badante, ad opera del

datore di lavoro.

Alcuni chiedono più tutela per i lavoratori domestici, anche sotto forma di associazioni di

categoria a loro dedicate. Associazioni che peraltro già esistono, ma che forse non riescono a

raggiungere molta visibilità.

Infine, la problematica più frequente – dal punto di vista dei lavoratori domestici – riguarda la

regolarizzazione stessa del contratto di lavoro. Molti denunciano il lavoro nero, che può

portare a sfruttamento e scarsa tutela. Si denuncia generalmente una mancanza di controlli

sulla regolarità dei contratti. Da qui derivano, in molti casi, vertenze sindacali tra lavoratore e

datore di lavoro, che verranno approfondite successivamente in uno dei Dossier di questa

stessa raccolta.

Per il momento, è importante sottolineare come effettivamente il tema della legalità non

riguardi solo il datore di lavoro, ma anche il lavoratore. Per entrambi, la prima tutela deriva

dalla presenza di un contratto regolare, chiaro e trasparente. La regolarizzazione del rapporto

di lavoro è, infatti, un elemento chiave per prevenire situazioni di disagio.

In secondo luogo, è essenziale che famiglie e datori di lavoro non siano lasciati soli nella

gestione del rapporto di lavoro: la presenza di associazioni di categoria, reti istituzionali e

organismi di controllo garantisce ad entrambe le parti – che spesso hanno poca familiarità

rispetto agli aspetti contrattuali e amministrativi – il sostegno e l’assistenza necessari.

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Conclusioni

a cura di Massimo De Luca, legale dell'Associazione DOMINA

All’interno del progetto di Ricerca, tra i Dossier pubblicati questo è stato probabilmente il più

difficile, sia per la messa a punto dell’analisi sia per la struttura finale del testo.

I reati nel settore domestico sono da sempre un tema spinoso e, come visto nel Dossier,

caratterizzato da una sistematica sottostima, dovuta alla tendenza delle vittime a non

esternalizzare le situazioni di abuso o danneggiamento occorrenti nell’ambito domestico.

La mancata denuncia di questi fatti è motivata spesso dalla vergogna o dalla paura di

ritorsioni o, in alcuni casi, paura delle conseguenze. Va anche detto che le situazioni di

maggior rischio, nella gran parte dei casi, sono legate ai rapporti di lavoro irregolari e, in

queste situazioni, spesso furti o maltrattamenti non vengono denunciati per paura di

incorrere in una vertenza sindacale da parte del lavoratore irregolare o senza permesso di

soggiorno. Di fatto, l’irregolarità del rapporto di lavoro viene usata come leva di ricatto da

parte del lavoratore.

Alla cospicua percentuale di mancata denuncia di questi eventi fa da contraltare la grande

risonanza data dai media a due temi che ritengo opportuno approfondire ulteriormente dal

punto di vista giuridico: il matrimonio dell’assistito con la badante e l’installazione di

telecamere di sorveglianza in casa. Sono proprio questi due temi, a causa dei loro risvolti

economici e sociali, ad aver monopolizzato gran parte del dibattito recente relativo al lavoro

domestico.

Alla luce di tutte le confidenze ricevute in questi anni, possiamo dire che il fenomeno dei

matrimoni per convenienza o per amore, con colf o badanti, oltre ad essere inarrestabile,

rasenta a volte scene dal sapore tragicomico. Lasciando da parte i matrimoni per amore o

per necessità di compagnia, pur non avendo personalmente dati completi a disposizione,

tuttavia, dai racconti dei clienti, negli anni, ho riscontrato che il rischio di una frode è

sempre dietro l'angolo.

Il fenomeno è conosciuto dall’opinione pubblica da tempo, tanto che era stato introdotto un

deterrente sul fronte previdenziale per i lavoratori/lavoratrici domestici, con conseguente

ricaduta sul piano sociale, per tutti quei matrimoni tra persone anziane (uomini o donne)

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con persone molto più giovani di loro. Le conseguenze economiche/sociali erano e sono di

notevole rilevanza. Solo in caso di morte del congiunto più anziano, la moglie o il marito più

giovane possono beneficiare della pensione di reversibilità per moltissimi anni, anche nel

proprio paese di origine, con le inevitabili ricadute sul sistema previdenziale. E non solo.

Notevoli sono anche gli effetti prodotti dalla “distrazione dei capitali” in caso di eredità.

Per arginare il fenomeno, nel 2011 è stato emanato il Decreto-legge n.98, che prevedeva, a

fronte di un matrimonio tra un ultrasettantenne e una persona con almeno vent'anni di

differenza, le pensioni di reversibilità liquidate dal 2012 in poi, avrebbero potuto essere

inferiori a quanto previste normalmente, cioè il 60% dell'assegno del defunto. La norma fu

subito battezzata "anti-badanti".

Successivamente, i Giudici costituzionali, con la Sentenza n.174 del 15 giugno 2016, ne

hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale perché la normativa ha

irragionevolmente sacrificato i diritti previdenziali del coniuge superstite, interferendo con

le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali.

Nel testo di questa sentenza, i Giudici della Corte Costituzionale definiscono che

la disposizione impugnata “enfatizza la patologia del fenomeno” ... “partendo dal

presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo”. La norma

aveva l'obiettivo di ostacolare un fenomeno sociale ritenuto una forma di "truffa" alle

famiglie italiane che si affidavano ai collaboratori domestici per farsi aiutare in momento

particolar di difficoltà, per trovarsi successivamente con un nuovo componente in famiglia,

non solo poco desiderato ma anche desideroso di ricevere i beni familiari accumulati negli

anni. Il Governo dell'epoca pensò bene di ostacolare l'avanzare di questo fenomeno

ponendo l'attenzione sull'aspetto previdenziale, bloccando la strada almeno ad una tanto

ambita "reversibilità pensionistica" che avrebbe creato un danno anche al nostro erario

pubblico. La sentenza in oggetto evidenzia altresì il “valore fortemente dissonante” rispetto

all’evoluzione del costume sociale, sottolineando il “non trascurabile cambiamento di

abitudini e propensioni collegate a scelte personali, indipendenti dall’età”. “La piena libertà

di determinare la propria vita affettiva ben si collega all’allungamento dell’aspettativa di

vita”, notano i giudici, secondo i quali non si può dunque dare per scontato che i matrimoni

contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane traggano

origine dall’intento di frodare l’erario, in assenza di figli minori, studenti o inabili.

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Il tema del matrimonio con badanti e colf resta dunque tutt’altro che risolto, così come

restano ancora incertezze, soprattutto nell’opinione pubblica, sull’uso della

videosorveglianza.

Nel presente Dossier, nella parte relativa alla tutela si fa riferimento all'utilizzo delle

telecamere dentro casa come strumento deterrente nei confronti dei malintenzionati. Sono

molte le famiglie che mi chiedono un parere in merito alla possibilità di installare un

impianto di videosorveglianza all'interno della propria abitazione durante le ore di lavoro

dell'assistente familiare, della baby-sitter o della colf.

L’Ispettorato nazionale del lavoro, con nota n. 1004 del 08 febbraio 2017, ha fornito un

parere positivo sul tema: le telecamere si possono installare senza richiedere

l’autorizzazione dell’Ispettorato ma si deve informare e ottenere il consenso del lavoratore e

tutelare la sua privacy, soprattutto in caso di convivenza.

La nota parte da un presupposto fondamentale, divenuto nel tempo imprescindibile punto di

partenza per ogni ragionamento: il lavoro domestico è un'attività lavorativa prestata

esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro, che ha per oggetto

la prestazione di servizi di carattere domestico diretti al funzionamento della vita familiare.

Di fatto il collaboratore domestico svolge l’attività lavorativa nella casa abitata

esclusivamente dal datore di lavoro e dalla sua famiglia, in quanto il rapporto di lavoro

domestico non si svolge all’interno di un’impresa organizzata e strutturata, ma nell’ambito di

un nucleo ristretto ed omogeneo, di natura per lo più familiare e risponde alle esigenze

tipiche e comuni di ogni famiglia.

Inoltre, nella Sentenza n. 585 del 1987, la Corte Costituzionale ha affermato che “non v’è

dubbio che il rapporto di lavoro domestico per la sua particolare natura si differenzia, sia in

relazione all’oggetto, sia in relazione ai soggetti coinvolti, da ogni altro rapporto di lavoro.

Infatti, non è prestato a favore di un’impresa avente, nella prevalenza dei casi, un sistema

di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata, con possibilità di ricambio o di

sostituzione di soggetti, sebbene di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo, destinato,

quindi, a svolgersi nell’ambito della vita privata quotidiana di una limitata convivenza. In

ragione di tali caratteristiche, proprie al rapporto, la Corte ha già evidenziato, in via di

principio, la legittimità di una disciplina speciale anche derogatoria ad alcuni aspetti di quella

generale (Sentenza n. 27 del 1974)”.

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L’Ispettorato del lavoro con la suddetta nota, evidenzia come all’interno del perimetro

normativo delineato, il rapporto di lavoro domestico è sottratto alla tutela dello Statuto dei

lavoratori poiché in questo caso, il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzato in

forma di impresa. Nella nota si ricorda inoltre che, l’esclusione del lavoro domestico

dall’applicabilità dell’art. 4 della legge n.300/1970 non sottrae al rispetto dell’ordinaria

disciplina sul trattamento dei dati personali, essendo confermata la tutela del diritto del

lavoratore alla riservatezza, che dispone la necessità del consenso preventivo e del

connesso obbligo informativo degli interessati. Nell’ambito domestico, il datore di lavoro,

anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra

i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza.

Ovviamente questo discorso è valido se pensiamo all'utilizzo delle telecamere come

deterrente. Diversamente, se abbiamo anche il solo sospetto di violenze da parte del

lavoratore domestico nei confronti di un nostro caro, il primo passaggio è rivolgersi alle

Forze di Polizia, le quali saranno in grado di affiancarvi e darvi i consigli giusti per tutelare il

familiare.

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IL VALORE DEL LAVORO DOMESTICO

IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DELLE FAMIGLIE DATORI DI LAVORO

Ricerca DOMINA

Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico

realizzata dalla Fondazione Leone Moressa

DOSSIER 1. Il profilo del datore di lavoro domestico in Italia. Dimensioni del fenomeno, trend demografici, impatto economico e sociale.

DOSSIER 2. Il CCNL sulla disciplina del lavoro domestico e le sue prospettive future.

DOSSIER 3. L'impatto socio economico del lavoro domestico sulla famiglia.

DOSSIER 4. Le politiche sul lavoro domestico in Italia alla luce della Convenzione ILO

n. 189/2011. Situazione italiana e confronto internazionale.

DOSSIER 5. Le politiche di welfare a sostegno delle famiglie datori di lavoro: confronto europeo.

DOSSIER 6. Care economy: datori di lavoro come attori economici.

DOSSIER 7. Reati penali verificabili nel lavoro domestico.

DOSSIER 8. Lavoro domestico e disabilità.

DOSSIER 9. Il lavoro domestico in Italia: dettaglio regionale.

DOSSIER 10. Vertenze nel lavoro domestico: il confine tra legalità e necessità.

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IL VALORE DEL LAVORO DOMESTICO

IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DELLE FAMIGLIE DATORI DI LAVORO

Dossier 7

Reati penali verificabili nel lavoro domestico

DOMINA - Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, firmataria del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico, tutela e assiste le famiglie italiane che, assumendo una collaboratrice domestica o un’assistente familiare, diventano datore di lavoro.

L’Associazione è attiva su tutto il territorio nazionale con i propri Punti Operativi a supporto dei datori di lavoro domestico.

SEDE NAZIONALE

Viale Pasteur n. 77 – 00144 Roma

TEL. 06 50797673

FAX 06 5071124

[email protected]

www.associazionedomina.it