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Alessandra Migliorato L’ASSUNTA DI GIOVAN ANGELO MONTORSOLI: UN FRAMMENTO RITROVATO Rispetto alle celeberrime imprese pubbliche eseguite da Giovan Angelo Montorsoli (1499-1563) 1 durante il suo soggiorno messinese (dal 1547 al 1 Sull’attività messinese di Giovan Angelo Montorsoli si vedano almeno: S. BOTTARI, Giovanni Angiolo Montorsoli a Messina, estratto da “L’Arte”, XXXI, 1928, pp. 1-12; S. BOSCARINO, L’opera di Giovanni Angelo Montorsoli a Messina, in “Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, 20/21, 1957, pp. 1-12; A. BILARDO, Taccuino d’Arte Messinese con un documento inedito riguardante lo scultore Antonello Freri, Messina 1967, pp. 35-42; K. MÖSENEDER, Montorsoli: Die Brunnen, Mittenwald 1979; E. NATOLI, Per la scultura a Messina nel secolo XVI, in “Quaderni dell’Istituto di storia dell’arte medievale e moderna. Facoltà di Lettere e Filosofia. Università di Messina”, 5-6, 1981-1982, pp. 5-10; tavv. I-XIII; S. FFOLLIOT, Civic Sculpture in the Renaissance Montorsoli’s fountains in Messina, Ann Marbor Michigan 1984; S. LA BARBERA BELLIA, Il restauro dell’antico in Montorsoli e la fontana di Orione, in “Argomenti di Storia dell’Arte”, I, pp. pp. 76-113; S. LA BARBERA BELLIA, La scultura della maniera in Sicilia, Palermo 1984, pp. 29-54; B. LASCHKE, Fra Giovan Angelo da Montorsoli. Ein Florentiner Bildhauser de 16 Jahrhunderts, Berlin 1993; EADEM, Le invenzioni dello scul- tore servita Giovan Angelo da Montorsoli: il confronto fra opere religiose e profane, in “Arte Cristiana”, 82, 1994, pp. 411-420; C. DI GIACOMO, Montorsoli e la città dello Stretto, in “Città e Territorio”, 8, 1999, 6, pp. 6-12; N. ARICÒ, Illimite Peloro. Interpretazioni del confine ter- racqueo, Messina 1999; B. LASCHKE, La Fontana di Nettuno a Messina: un modello per l’al- legorismo politico monumentale nel Cinquecento, in G. Barbera, a cura di, Aspetti della scul- tura a Messina dal XV al XX secolo, “Quaderni dell’attività didattica del Museo Regionale di Messina”, 13, 2003, pp. 99-108; N. ARICÒ, La Torre della Lanterna di Giovannangelo Montorsoli, Messina 2005; A. MIGLIORATO, La produzione scultorea di Giovanni Angelo Montorsoli a Messina, in “Messenion d’oro”, n. 12, aprile-giugno 2007, pp. 17-37; G. BARBERA, Su due sculture cinquecentesche del Museo Regionale di Messina, in L. Gaeta, a cura di, La scultura meridionale in età moderna nei suoi rapporti con la circolazione medi- terranea, atti del convegno internazionale di studi (Lecce 2004), Lavello 2007, pp. 373-386; A. BILARDO, scheda in Agata Santa. Storia arte e devozione, catalogo della mostra (Catania 2008), Firenze 2008, pp. 327-328; A. MIGLIORATO, Una maniera molto graziosa. Ricerche sulla scultura del Cinquecento nella Sicilia orientale e in Calabria, Messina 2010, pp. 133- 219; EADEM, Gli Apostoli del Duomo di Messina e Giovanni Angelo Montorsoli in Le catte- drali segni delle radici cristiane dell’Europa: il ciclo degli Apostoli e dell’Annunciazione nel Duomo di Orvieto, atti del Convegno di Studi, Orvieto 2010, pp. 289-314.

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Alessandra Migliorato

L’ASSUNTA DI GIOVAN ANGELO MONTORSOLI:UN FRAMMENTO RITROVATO

Rispetto alle celeberrime imprese pubbliche eseguite da Giovan AngeloMontorsoli (1499-1563)1 durante il suo soggiorno messinese (dal 1547 al

1 Sull’attività messinese di Giovan Angelo Montorsoli si vedano almeno: S. BOTTARI,Giovanni Angiolo Montorsoli a Messina, estratto da “L’Arte”, XXXI, 1928, pp. 1-12; S.BOSCARINO, L’opera di Giovanni Angelo Montorsoli a Messina, in “Quaderni dell’Istituto diStoria dell’Architettura”, 20/21, 1957, pp. 1-12; A. BILARDO, Taccuino d’Arte Messinese conun documento inedito riguardante lo scultore Antonello Freri, Messina 1967, pp. 35-42; K.MÖSENEDER, Montorsoli: Die Brunnen, Mittenwald 1979; E. NATOLI, Per la scultura a Messinanel secolo XVI, in “Quaderni dell’Istituto di storia dell’arte medievale e moderna. Facoltà diLettere e Filosofia. Università di Messina”, 5-6, 1981-1982, pp. 5-10; tavv. I-XIII; S. FFOLLIOT,Civic Sculpture in the Renaissance Montorsoli’s fountains in Messina, Ann Marbor Michigan1984; S. LA BARBERA BELLIA, Il restauro dell’antico in Montorsoli e la fontana di Orione, in“Argomenti di Storia dell’Arte”, I, pp. pp. 76-113; S. LA BARBERA BELLIA, La scultura dellamaniera in Sicilia, Palermo 1984, pp. 29-54; B. LASCHKE, Fra Giovan Angelo da Montorsoli.Ein Florentiner Bildhauser de 16 Jahrhunderts, Berlin 1993; EADEM, Le invenzioni dello scul-tore servita Giovan Angelo da Montorsoli: il confronto fra opere religiose e profane, in “ArteCristiana”, 82, 1994, pp. 411-420; C. DI GIACOMO, Montorsoli e la città dello Stretto, in “Cittàe Territorio”, 8, 1999, 6, pp. 6-12; N. ARICÒ, Illimite Peloro. Interpretazioni del confine ter-racqueo, Messina 1999; B. LASCHKE, La Fontana di Nettuno a Messina: un modello per l’al-legorismo politico monumentale nel Cinquecento, in G. Barbera, a cura di, Aspetti della scul-tura a Messina dal XV al XX secolo, “Quaderni dell’attività didattica del Museo Regionale diMessina”, 13, 2003, pp. 99-108; N. ARICÒ, La Torre della Lanterna di GiovannangeloMontorsoli, Messina 2005; A. MIGLIORATO, La produzione scultorea di Giovanni AngeloMontorsoli a Messina, in “Messenion d’oro”, n. 12, aprile-giugno 2007, pp. 17-37; G.BARBERA, Su due sculture cinquecentesche del Museo Regionale di Messina, in L. Gaeta, acura di, La scultura meridionale in età moderna nei suoi rapporti con la circolazione medi-terranea, atti del convegno internazionale di studi (Lecce 2004), Lavello 2007, pp. 373-386;A. BILARDO, scheda in Agata Santa. Storia arte e devozione, catalogo della mostra (Catania2008), Firenze 2008, pp. 327-328; A. MIGLIORATO, Una maniera molto graziosa. Ricerchesulla scultura del Cinquecento nella Sicilia orientale e in Calabria, Messina 2010, pp. 133-219; EADEM, Gli Apostoli del Duomo di Messina e Giovanni Angelo Montorsoli in Le catte-drali segni delle radici cristiane dell’Europa: il ciclo degli Apostoli e dell’Annunciazione nelDuomo di Orvieto, atti del Convegno di Studi, Orvieto 2010, pp. 289-314.

1557), piuttosto esiguo appare il suo impegno in commissioni private. In-dagare su questo versante riserva, tuttavia, qualche sorpresa, soprattutto sesi amplia lo sguardo sulle relazioni coltivate dallo scultore in questi anni.Dalla biografia di Giorgio Vasari si apprende, ad esempio che: «Furonoamici di fra’ Giovan Agnolo, mentre stette in Messina, il detto signor donFilippo Laroca e don Francesco della medesima famiglia, Messer BardoCorsi, Giovan Francesco Scali e Messer Lorenzo Borghini, tutti tre genti-luomini fiorentini allora in Messina»2.

I La Rocca, rappresentavano, appunto, da più di una generazione, ilcuore della vita culturale messinese: Antonio, nonno di Filippo (o meglioGiovan Filippo), console del mare, senatore, mercante e banchiere, eraentrato in contatto già alla fine del XV secolo con Domenico Gagini, alquale aveva concesso un prestito e, successivamente, era stato committentedel giovane Antonello Gagini; suo figlio Girolamo3 (padre di Filippo) era unrinomato scrittore di componimenti sacri, oltre che tra i primi committentidi Domenico e Andrea Calamecca a cui aveva allogato il sepolcro paterno.Infine Giovan Filippo, cavaliere di San Giacomo, senatore nel 1535-36,tesoriere del regno di Sicilia, appariva fra i principali protagonisti del cor-teo trionfale di Carlo V4. Coltissimo e appassionato di musica, sembra chepossa identificarsi con quel Giovanni La Rocca che nel testamento dettatonel 1571 disponeva il lascito di una ricca biblioteca, di vari strumenti musi-cali e addirittura di una stamperia privata5. Proprio in ossequio alla sua pas-sione per la musica, egli aveva commissionato nel 1544 a GiovanDomenico Mazzolo una fontana raffigurante Orfeo seduto che suona laLira6. Per il suo palazzo, come scriveva lo stesso Vasari, Montorsoli avevaeseguito una fontana con «un putto maggiore del naturale di una certa pie-tra che s’usa in Messina»7.

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2 G. VASARI., Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architetti, Firenze 1568; ed cons.a cura di P. Barocchi, Firenze 1966-1987, vol. V, p. 504.

3 Su Girolamo La Rocca cfr.: C. D. GALLO, Annali della Città di Messina capitale del Re-gno di Sicilia dal giorno di sua fondazione sino a tempi presenti, t. I, Messina 1756, t. II, l.VI, p. 446.

4 Ibidem, t. II, l. VII, pp. 503, 513-515.5 Parti del testamento di Giovanni La Rocca (ASM, notaio Giovanni Milanesi, anni 1571-

1572, 29 dicembre XV indizione, pp. 430-431) sono state pubblicate in due brevi note di G.ARENAPRIMO, Una stamperia privata del secolo XVI, in “Archivio Storico Messinese”, annoIII, 1903, p. 198; ibidem, Strumenti musicali del secolo XVI.

6 G. DI MARZO, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI. Memorie storiche edocumenti, vol. I p. 762; vol. II, p. 435 doc. CCCCLVIII.

7 G. VASARI, Le vite…, cit., vol. V. p. 504.

Per quanto riguarda i tre gentiluomini fiorentini – appartenenti a famigliedi spicco dell’oligarchia finanziaria e mercantile toscana –, almeno uno diessi, il Borghini, può essere effettivamente individuato nelle carte d’archi-vio messinesi in rapporto allo scultore, in quanto è da identificarsi comequel «Laurenczo Borgini fiorentino», che nel 1556 forniva i marmi da Pisaper l’esecuzione dei progetti montorsoliani relativi alla facciata del duomo8.Sposato con Alessandra Carnesecchi, figlia del banchiere e senatoreBartolomeo e sorella di Zanobi, egli appare citato nuovamente dal Vasari aproposito della vita di Giovan Francesco Rustici, di cui possedeva una tavo-la dipinta. Lorenzo era, inoltre, fratello del più celebre Vincenzo, prioredell’Ospedale degli Innocenti, letterato di corte nella Firenze medicea e inti-mo amico dello stesso Vasari, con il quale collaborò, peraltro, alla revisionedelle Vite nell’edizione giuntina.

La presenza di rapporti privilegiati da parte del frate con esponenti dellacomunità toscana appare testimoniata anche da altri elementi: di originetoscana erano infatti i Corvaja che commissionarono una statua di Sant’Aga-ta per l’antica fondazione di San Domenico a Taormina (eseguita dal Mon-tanini, ma probabilmente commissionata al frate)9, così come toscani erano

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8 Messina Archivio del Duomo, quaderno di introito ed esito anno XV, ind. 1556, p. 118.Si legga in G. DI MARZO, I Gagini…, cit., vol. I, p. 762 nota 3 «A di 13 ditto (agosto XIVind. 1556) unzi 86.12 ali m.ci Laurenczo Borgini et Bernardo Pitti, fiorentini, per comanda-mento di lo mastro di opera per banco di Ansaloni. So’ li unzi 80 per la valuta di scuti 200cambiati di icquà di pagarisi in la cità di Pisa in scuti di oro alo no. Jo Dominico Mazolo,sculturi; et li unzi 6. 12 per lo interesse di ditto cambio. Et a ditto Jo. Dominico si donanoper la prima paga et in cunto di lo preczo dili carrati chento quaranta di marmori di mesurajuxta la forma di lo memoriali fatto per lo m.co Jo Angilo Montursulo, capomastro sculturidi la ecclesia, existenti in potiri di notar Francesco Calvo, comu li atti di ditto notar FrancescoCalvo die etc. Et ditto no. Joan Dominico li ditti scuti 200 cambiati a Pisa si li prindi per bonia suo risico et periculo. Quali marmori hanno di serviri al fruntera di la ecclesia. Unzi 86.12».Messina Archivio del Duomo, quaderno di introito ed esito anno XV, ind. 1556, p. 119. Silegga in ibidem pp. 762-763 nota 4: «A di 9 novembro unzi 63, pagati per comandamento dilo mastro di opera a mastro Jo Dominico Mazolo, marmoraro: unzi 53 per banco di Ansaloni;unzi 7 per banco di Balsamo; unzi 3 per banco di Ginigo, in conto di quelle havirà di haviriper lo preczo di li marmori, chi ha conducto in questa cità, juxta la forma di lo memoriali etcontracto fatto ali atti di notar Francesco Calvo. Unzi 63».

9 Per l’opera, oggi nel duomo della cittadina si veda: S. BOTTARI, Di Martino Montaniniscultore del sec. XVI, in “Arte Cristiana”, 130, 6, 162-71; S. LA BARBERA BELLIA, La Scultu-ra... cit., pp. 64-68; E. NATOLI, Nuove attribuzioni a Martino Montanini, in “Quadernidell’Istituto di Storia dell’Arte. Facoltà di Lettere e Filosofia. Università di Messina”, 1987,pp. 19-32; A. MIGLIORATO, La produzione scultorea…, cit., pp. 17-37; G. MUSOLINO, MartinoMontanini. Sant’Agata, in Agata santa..., cit., p. 328; A. MIGLIORATO, Una maniera…, cit.,pp. 240-252.

anche gli Arnone10, per i quali eseguiva il sepolcro di Bartolo Arnone nellachiesa di San Francesco a Cosenza.

Non meno solidi i contatti mantenuti a Messina con esponenti dell’aristo-crazia genovese: com’è stato ipotizzato dalla Laschke11, fu forse grazie alcardinale Innocenzo Cybo (il quale già gli aveva fatto ottenere una commis-sione a Genova) che il Nostro ottenne il prestigioso incarico della fontana diOrione. Al principale mecenate genovese di Montorsoli, il principe AndreaDoria, era legato, inoltre, Visconte Cicala12, committente dell’omonima cap-pella nella chiesa di San Domenico a Messina, così ricordata dal Vasari: «ementre che queste cose si tiravano innanzi, fece condurre in San Domenicoper il capitan Cicala una cappella, nella quale fece di marmo una NostraDonna grande quanto il naturale»13. Nato nel 1504 in una famiglia che gode-va di un notevole prestigio politico ed economico, Visconte aveva combattu-to agli ordini di Andrea Doria prima per la Francia e, dopo il cambiamentopolitico del Doria, per la Spagna. Presente all’impresa di Barberia nel 1530,aveva poi partecipato alla spedizione su Tunisi del 1535 con due galee sotto-poste al suo diretto comando e, seguendo Carlo V in Sicilia, decise di trasfe-rirsi a Messina. Fra gli episodi salienti che lo videro protagonista dopo il tra-sferimento a Messina, va ricordata soprattutto l’effimera conquista di Gerba(Djerba) nel 1560, che sarà poi rievocata nel monumento funebre.

Nel 1561 per opporsi ad un’ingiustizia subita dal viceré, Visconte deci-se di partire per la Spagna, assieme al figlio Scipione, con l’intenzione diprotestare direttamente con Filippo II. In quest’occasione, però, la sua navefu assalita dal corsaro Dragut e catturata, così Visconte fu imprigionato emorì in carcere nel 1564, mentre il figlio, abbracciata la fede islamica,divenne più tardi un famoso generale della flotta turca con il nome di SinanBassà. Dopo la morte di Visconte, il figlio Filippo commissionò il sepolcroa colui che doveva rappresentare agli occhi dei messinesi il continuatoreideale di Giovan Angelo: Andrea Calamecca14.

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10 C. MINICUCCI, Antiche famiglie fiorentine e genovesi in Calabria, in “Cronaca diCalabria”, XLIV, 1938, n. 36; e poi: IDEM, Biblioteche, Archivi, Musei della Calabria nell’o-pera di Cesare Minicucci, in P. Borzomati, G. Caridi, a cura di, Chiesa e Società nel Mez-zogiorno: Studi in onore di Maria Mariotti, pp. 1591-1640. L’opera è stata attribuita alla bot-tega del Montorsoli da chi scrive in: A. MIGLIORATO, La produzione scultorea…, cit. pp. 17-37.

11 Per l’ipotesi vedi B. LASCHKE, Fra Giovan Angelo…, cit., p. 91.12 G. BENZONI, Cicala Visconte, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25, Roma 1981,

pp. 340-346.13 G. VASARI, Le vite…, cit., V, 1984, p. 505. 14 Il problema è stato recentemente chiarito da chi scrive in: A. MIGLIORATO, Il monumen-

to a Visconte Cicala, corsaro e imprenditore, in “Karta”, II, n. 1, 2006, pp. 6-7.

Ricordata in tutte le fonti messinesi15, la cappella è così descritta dal LaFarina nel 1840: «entrando dalla porta maggiore in sulla destra è un bel sepol-cro, ricco d’intagli e delicati rabeschi, fatto da Andrea Calamech, a fine dionorare la memoria del Visconte Cicala ammiraglio di Carlo V, del Duca diCastro Filippo e del Cardinale Gio. Battista Cicala: di tutti e tre si vedono ibusti di tutto tondo, scolpiti con tal maestria che paiono vivi. Siegue l’altaredell’Immacolata, ov’è una statua della Vergine, che io credo del frateMontorsoli con l’autorità del Vasari, ch’era amico e condiscepolo di lui, e chelo rivide allorché il frate ritornava nel 1557 in Italia. Al di sopra dell’altare èuna Triade in bassorilievo. L’altare dell’Annunziata è adorno di una storiacondotta di bassorilievo. L’Annunciazione è quadro a olio di Tancredi»16.

Nel 1848, la chiesa venne danneggiata da un incendio e i frammentisuperstiti della cappella furono acquisiti dal Museo Civico, passando, dopoil terremoto del 1908, presso la spianata di San Salvatore dove sorse ilMuseo Nazionale, oggi Regionale17. Seppure a lungo misconosciuti, imarmi del monumento funebre si conservano quasi integralmente, mentrepurtroppo non tutto è sopravvissuto delle parti attribuibili al Montorsoli.

È comunque immediatamente individuabile il rilievo con la Triade, che ilLa Farina descriveva al sommo della statua dell’Assunta e che si riconoscenella Trinità (fig. 1) del Museo Regionale di Messina (cm 130x140x135).Possiamo osservare che anche nella resa del tema, l’opera è tutt’altro chebanale: per esprimere visivamente un concetto teorico come il dogma trini-tario, lo scultore ricorre alla specularità delle due figure di Dio Padre e diCristo, simili, ma non uguali. Inoltre, pur scegliendo una simmetrica bipar-tizione dello spazio, che conferisce all’opera un senso di rarefatta astrazio-ne, egli imprime un effetto di movimento al rilievo, sia mediante il moto cir-colare dei panneggi, sia tramite il gioco di incroci fra le braccia delle duefigure, il cui busto ruota in direzione opposta verso una profondità illusoria.Libere interpretazioni di questa tipologia si troveranno, poi, in sculture più

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15 G. BUONFIGLIO COSTANZO, Messina città nobilissima, Venezia 1606, (edizione consul-tata Messina 1985), p. 26; P. SAMPERI, Iconologia della Vergine Madre di Dio Maria, protet-trice di Messina, ristampa anastatica dell’edizione messinese del 1644, Messina 1990, II,cap. XIII, p. 229; C. D. GALLO, Apparato agli annali della città di Messina, Napoli 1755, pp.119-122; G. GROSSO CACOPARDO, Guida per la città di Messina, Messina 1826, p. 25; G. LA

FARINA, Messina e i suoi monumenti, Messina 1840, p. 65; G. DI MARZO, I Gagini..., cit., I,pp. 776-777.

16 G. LA FARINA, Messina e i suoi monumenti…, cit., p. 67.17 Sul passaggio di questi frammenti al Museo cfr. G. BARBERA, Su due sculture…, cit.,

pp. 373-386.

corsive di bottega calamecchiana, come il portale della chiesa di SantaMaria di Basicò del 1583 (oggi rimontato nel cortile interno del museo) enella lunetta dell’altare con Abramo, Sara e i tre angeli della chiesa delRosario a Castanea delle Furie (Messina), databile poco prima del 1628.

Per quanto riguarda l’esecuzione, sebbene non unanimemente ritenutoautografo18, il rilievo presenta una notevole qualità nella resa dei dettagli, adesempio nella barba delle due figure, definita plasticamente ciocca per cioc-ca, ma anche nell’attenzione alla muscolatura, o al reticolo di vene cheaffiora dall’epidermide del braccio di Cristo. D’altro canto, nelle due figureprincipali manca quella caratteristica ammaccatura della pupilla, che appa-re come una tra le sigle stilistiche più evidenti del repertorio montorsoliano.Tuttavia, ciò si può spiegare se si considera che i due volti andavano vistirigorosamente di profilo e da una posizione molto ribassata. La caratteriz-zazione dello sguardo con le pupille segnate torna, infatti, in modo eviden-te nei cherubini posti frontalmente all’osservatore.

È stato inoltre obiettato19 che l’aggetto volumetrico appare meno enfa-tizzato rispetto ad altre opere del toscano. In questo caso, però, più che unascelta stilistica è probabile che tale limitazione sia dettata da una ragionepratica: ossia la necessità di alleggerire la parte superiore della cappella,avendo a disposizione un blocco di marmo meno profondo del necessario.In occasione del recente restauro20 è emerso, appunto, che il blocco vennescolpito secondo una direzione opposta rispetto a quella solitamente prefe-rita, con il risultato che la superficie tende oggi a sfaldarsi a scaglie quasiparallele. Una soluzione simile si giustifica quindi solo per la necessità diadoperare meno materiale possibile, forse avanzato da altri cantieri.

Tra i marmi del museo provenienti da San Domenico, vi è poi un rilievocon l’Annunciazione (fig. 2)21, che suscita grande interesse per l’intensitàdel muto dialogo fra le due figure all’interno di uno spazio vuoto. Appa-

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18 La LA BARBERA (La scultura della Maniera…cit., p. 52) considera l’opera autografa,mentre maggiori dubbi sono nutriti dalla Laschke (Fra Giovan Angelo…, cit., p. 102). Direcente G. BARBERA (Su due sculture…, cit., pp. 373-386) ha nuovamente riportato l’attenzio-ne sulla qualità dell’opera, assegnandola al Montorsoli, pur rilevandone la problematicità.

19 B. LASCHKE, Fra Giovan Angelo…, cit., p. 102. 20 Il restauro della Trinità è stato effettuato da Carmelo Geraci, mentre la pulitura del Noli

me tangere da una équipe di studenti del Centro Regionale Progettazione e Restauro di Paler-mo. Si veda su questo: A. MIGLIORATO, Sinergie siciliane. Stage di restauro manufatti lapidei, in“CRPR. Rivista semestrale del Centro Regionale Progettazione e Restauro”, n. 4, 2007, p. 11.

21 Il riferimento a Montorsoli per l’opera è stato avanzato da E. NATOLI, Per la sculturaa Messina…, cit., pp. 7-9.

rentemente l’opera sembrerebbe identificarsi con la «storia condotta di bas-sorilievo» menzionata dal La Farina presso l’altare dell’Annunziata, in real-tà, però, se confrontiamo questa descrizione con altre fonti, come la Guidadel Grosso Cacopardo22, ci accorgiamo che il rilievo cui si riferiva il LaFarina va identificato in un’altra scultura montorsoliana della stessa chiesa,il Noli me tangere. Molto probabilmente l’Annunciazione costituiva, quin-di, la predella dell’altare, cui si adatta abbastanza bene per le dimensioni(cm 105x29), per la forma rettangolare e per la congruità del soggetto, che,peraltro, viene adottato molto di frequente proprio nei basamenti delle sta-tue mariane. Anche dal punto di vista stilistico il marmo rientra pienamen-te nella cultura del nostro artista e si può raffrontare allo stesso soggetto rea-lizzato più tardi dallo scultore nell’altare dei Servi a Bologna.

Arriviamo, così, alla statua centrale della Cappella Cicala: la VergineAssunta. Dato il precoce smantellamento della cappella, non si possiedealcuna documentazione fotografica dell’opera, ma si può avere un’idea ab-bastanza precisa della tipologia adottata, attraverso un’opera successiva,eseguita sulla sua falsariga: si tratta dell’Assunta di Vincenzo Tedeschi nelduomo di Messina, anch’essa distrutta, ma visibile da testimonianze foto-grafiche (fig. 4). Nel contratto di commissione del 7 marzo 1624, vennerichiesto allo scultore di attenersi al modello della cappella Cicala: «fare unacappella con una sepoltura marmorea dentro la magior ecclesia di questaCittà di Messina a mano manca della tribona con la Imagine marmorea dinostra signora dell’Assumptione conforme alla cappella di spatafora exi-stenti in detta chiesa a lato de lo altare del s/mo sacramento con la imaginemarmorea conforme quella di Cigala existente dentro la chiesa di santodomenico di questa predetta città»23.

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22 Così scriveva infatti G. Grosso Cacopardo (Guida per la città di Messina, Messina1826, p. 25): «Siegue l’altare della Vergine Assunta colla statua di marmo al naturale, operade’ Calamech, insieme al bassorilievo rappresentante la SS. Trinità, superiormente collocatoal detto altare; il quadro dell’Annunziata, l’altro di San Pio sono di Filippo Tancredi messi-nese, il bassorilievo rappresentante G.C. con la Samaritana che adorna il fregio dell’altaresuddetto dell’Annunziata è opera del Gagino». Benché l’autore cada in numerosi errori neldescrivere la cappella Cicala, tra cui quello di scambiare il Noli me tangere con Gesù Cristoe la Samaritana, tuttavia la sua descrizione è utile per chiarire questo passaggio.

23 Il documento (ASM, notaio G. B. De Vincenzo, Minute degli anni indizionali 1623-27) è stato pubblicato da B SACCONE, Rinaldo Bonanno scultore e architetto messinese, in“Commentari”, XI, n. 2, aprile-giugno, Roma 1960, p. 138. Va notato che tra i committentidella cappella dell’Assunta nel Duomo, eredi di Girolamo Conte, figurava quel Giovan Bat-tista de Lazari, ben noto negli studiosi come committente della Resurrezione di Lazzaro diMichelangelo Merisi da Caravaggio nella chiesa dei Crociferi.

Dopo la distruzione della cappella nel 1848, la statua montorsolianadell’Assunta si riteneva completamente perduta, ma nel catalogo del MuseoCivico scritto dal La Corte Cailler24 nel 1901, si può individuare la presen-za di una testa proveniente da San Domenico, identificata dallo studiosocome Addolorata (cm 25). Di questo frammento non si ebbe poi più notiziadopo il terremoto del 1908, perché negli inventari non fu trascritta l’indica-zione di provenienza, ma esso si può riconoscere in un’opera inventariatacome testa di Madonna Addolorata del sec. XVI (fig. 3), che reca le mede-sime dimensioni.

Sia nello scatto laterale della testa, che nell’assetto del pesante velo, ilpezzo corrisponde esattamente alla tipologia della statua del Tedeschi e diconseguenza a quella del Montorsoli. Rispetto alla scultura del Tedeschirisulta, invece, diverso, lo stile, che è appunto tipicamente montorsoliano.Pur essendo in uno stato frammentario, il marmo rivela una qualità di fattu-ra piuttosto alta e mostra precisi riscontri con la produzione dello scultoretoscano, ove la si confronti ad esempio alle Naiadi della fontana di Orione(fig. 5). Anche qui il volto appare contratto in un’espressione di dolore chefa da contrappunto ai lineamenti classici, resi con disegno preciso ed ele-gante, così come corrisponde allo stile dello scultore il modo di contrasse-gnare le iridi mediante una rientranza tondeggiante e marcata.

Possiamo quindi avere la certezza di aver recuperato un frammento diun’opera celebrata da tutte le fonti locali e ritenuta completamente perduta.Prima di concludere è bene, però, riflettere anche sull’importanza che la sta-tua dell’Assunta rivestì nel contesto cittadino: la maggior parte delle tipolo-gie scultoree adottate dal Montorsoli a Messina hanno, infatti, esercitatoun’influenza fortissima nella produzione scultorea locale, assurgendo alrango di prototipi. In questo senso l’Assunta non fa certo eccezione, comedimostra il fatto che dopo circa settant’anni essa non era ancora passata dimoda, venendo presa a modello dagli eredi di Girolamo Conte per la cap-pella del duomo. Quasi certamente aveva l’intenzione di emulare la cappel-la Cicala, magari superandola in grandiosità, anche il già citato amico delMontorsoli, Giovan Filippo La Rocca, che nel 1565, commissionava aPaolo Tasso e Giovan Domenico Mazzolo per la propria cappella nella chie-sa di San Francesco di Paola un’opera in stucco raffigurante la Vergine

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24 G. LA CORTE CAILLER, Il Museo Civico di Messina, (1901), Marina di Patti 1981, p.165. L’acquisizione dei marmi al Museo è anche descritta nei suoi diari. Si veda: IDEM, Il mioDiario, I, (1893- 1903), a cura di G. Molonia, Messina 1998, p. 219.

Assunta con i quattro Evangelisti e i quattro Santi Dottori della chiesa, daeseguire su disegno di Andrea Calamecca: «die 8 novembris XVIIIJ ind.1565 Ho ma.stri minicus mazzolus et paulus. tassus sculptores marmorum seobligaverunt et obligant spett. d. philippo la rocca farili tutto lo damuso dila sua cappella in la tribuna grandi di lo convento di sancto francisco dipaula di questo no. citade messina laborati de stucco in tutti partimenti etcon sei intagli et figuri videlicet in menzo la figura di nostra donna di laassunzioni che inchiana in chelo con li quatro angeli et quatro euangelisti etin li altri quatro partimenti li quatro doctori di la ecc.a conformi a lo dise-gno facto di lo nob. calamecca di lo quali uno resta in potiri di mi notaroquali opera di sti nobili mastri si obligano quilla dari complita et facta trimisi appresso di lo jiorno chi incominciaro. presentibus m.tro francisconicola et bernando giarritta la carpintieri»25.

La più immediata derivazione dal prototipo montorsoliano è però, a mioavviso, la cosiddetta Immacolata del santuario di Monte Stella a Pazzano(Reggio Calabria)26, caratterizzata da un pesante velo sul capo, mani giuntein preghiera, un morbido cuscino di cherubini e un basamento con una scenadell’Annunciazione in tutto simile a quella del bassorilievo della cappellaCicala. Datata 1562, l’opera è attribuibile al messinese Giuseppe Bottone,allievo di Martino Montanini, che fu il principale collaboratore diMontorsoli. Va concluso quindi che, una volta riconosciuto il modello diriferimento – in assenza degli attributi specifici dell’Immacolata – la statuaandrebbe anch’essa, più correttamente, identificata come Assunta.

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25 ASM, Atti del notaio Nicoletta de Celio, R. 1565-66, ff. 45-46. Il documento è pubbli-cato da chi scrive in: A. MIGLIORATO, Una maniera..., cit., pp. 240-241.

26 Per la bibliografia cfr. ibidem, p. 204, n. 146. Il primo contributo sull’opera si deve aG. LEONE, La grotta di S. Maria della Stella a Pazzano. Le testimonianze artistiche recenti:contributi storico-artistici e iconografici, in L’eremo di S. Maria della Stella nell’area bizan-tina dello Stilaro, atti del convegno (1996), Ardore Marina 2000, pp. 101-144, 136-134.

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Fig. 2. Giovan Angelo Montorsoli, Annunciazione. Messina, Museo Regionale.

Fig. 1. Giovan Angelo Montorsoli, Trinità. Messina, Museo Regionale.

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Fig. 3. Giovan Angelo Montorsoli, frammento con la testa dell’Assunta. Messina, MuseoRegionale.

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Fig. 5. Giovan Angelo Montorsoli,Fontana di Orione, particolare conle Naiadi. Messina, piazza Duomo.

Fig. 4. Vincenzo Tedeschi, Assunta.Messina, Cattedrale, foto preceden-te alla distruzione.