in ottanta giorni la newsletter di franco pistoia corigliano 28... · re del popolo italiano”, ma...
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Nuova Corigliano - Fondato da Mimmo Longo Responsabile Don Vincenzo Longo - Autorizzazione Tribunale Rossano N° 64 del 28.06.1995
Anno III, N. 36, 28 Maggio 2018
In Ottanta Giorni
di Giulio Iudicissa Se fossero partiti insieme, insieme sarebbero arrivati a
destinazione, dopo ottanta giorni: da Londra, l‟inglese
Phileas Fogg, per compiere il giro del mondo, stante il
romanzo di Jules Verne, da Roma, le forze politiche per
comporre il nuovo governo del nostro paese, secondo le
cronache di queste settimane.
L‟eroe di Verne, rimesso piede in terra patria, dopo ottan-
ta giorni appunto, può ritenersi più che soddisfatto: ha
ultimato il suo viaggio nel tempo stabilito e, cosa non pre-
vista, ha trovato l‟amore, una indiana, la bella Auda. Non
possono cantare vittoria, invece, le forze approdate al
Quirinale, le quali, dopo ottanta giorni, non hanno potuto
o saputo formare il nuovo Governo.
Non sfugga, dunque, la differenza di fondo. Il viaggio di
Verne finisce lì, il viaggio delle nostre rappresentanze,
M5S e Lega, ricomincia, con passo faticoso, in un conte-
sto per nulla chiaro, con risorse non facilmente quantifi-
cabili e prospettive quanto meno difficili.
A fronte del nuovo scenario c‟è chi plaude, chi disappro-
va e chi si pone in prudente attesa. Confronto e dibattito
servono a niente: in casi del genere allontanano le posi-
zioni e inaspriscono gli animi. Forse, sarebbe opportuna
una pausa di tollerante, reciproca comprensione tra
quanti si ritengono vincitori, vinti e mediani. Un auspicio,
però, di difficile, impossibile attuazione, considerato che
siamo uomini e noi uomini siamo fatti così, tranne rari ca-
si di sempre più rara saggezza.
Di certo, sarebbe piaciuta una maggiore linearità nel cor-
so delle trattative, nonché una coerenza effettiva rispetto
all‟area di provenienza. Non è bello che, chi vota in una
direzione, poi, si trovi in un settore imprevisto, né che, chi
ha a cuore il sentimento della patria e della giustizia, si
trovi, poi, in un ambito di sovranismo e di giustizialismo.
Ma di acqua ormai sotto il ponte ne è passata tanta.
Ci conforti la speranza, dimenticati i curricula, che partiti,
movimenti e forze d‟ogni area vogliano mantenere una so-
stanziale aderenza alla Carta costituzionale e che il futu-
ro Capo del Governo non voglia fare “l‟avvocato difenso-
re del popolo italiano”, ma si preoccupi di dirigere “la poli-
tica generale del Governo” del paese.
La Newsletter di Franco Pistoia
La vita ‘contro’ di un uomo libero
L’aquila e la cetra
Sette quaderni, abbandonati e dimenticati in un vecchio magazzino, ritrovati
per caso. “Sembravano la traduzione in italiano di un antico manoscritto …
Mi chiesi chi potesse essere l‟autore e mi accontentai di pensare che fosse-
ro opera di qualche paziente frate di una delle ultime comunità monastiche
vissute nella gloriosa abbazia” della Sambucina. Il frate–copista, uomo di fi-
ducia, sconsolato per la condanna inflitta al “venerabile abate” dal Concilio
Lateranense IV per elementi di eresia e “triteismo” riscontrati in un opuscolo
giovanile, affida ai quaderni appunti e ricordi. Anche “se non sono un‟aquila
né so suonare bene la cetra, proverò lo stesso a raccontare delle sue sta-
gioni rudi e delle sue visioni robuste”.
Il paesaggio di Calabria con le sue montagne e i suoi boschi, con la neve, le
piogge anche torrenziali, il sole, con la magia della Sila “luogo di grazia”, coi
profumi inconfondibili, con gli autunni ricchi di funghi e di castagne … è lo
sfondo in cui si muovono i personaggi del Romanzo di Gioacchino da Fiore,
(L’aquila e la cetra, EMP) che il cosentino Rocco Giuseppe Greco elabora
con rigore di storico e con passione: con l‟intento di studiare l‟eremita,
l‟abate, l‟esegeta, il profeta, il fondatore dell‟Ordine Florense, il viandante …
Tornato da un viaggio in Palestina, Gioacchino incontra il padre, contrario
alle sue scelte. Un incontro drammatico: “E vero, tu mi hai introdotto presso
la corte reale, ma ora io voglio servire il re di tutti i re”.
Un lungo percorso: l‟abate raggiunge monasteri e ritiri (Corazzo, Casamari,
Pietralata), incontra papa Lucio III, che gli concede la licentia scribendi, tes-
se rapporti con pontefici e regnanti, scrive tanti libri, tutti su argomenti biblici
e storico-spirituali. Profondamente impegnato come filosofo-teologo dei tre
stati: la legge, la grazia, la pienezza della grazia: “Il primo è stato illuminato
dalla luce delle stelle, il secondo da quella dell‟aurora, nel terzo splenderà il
pieno giorno”. “Il primo stato appartiene “al Padre, che è autore di tutte le co-
se; il secondo al Figlio, che si è degnato di condividere il nostro fango; il ter-
zo allo Spirito Santo, di cui dice l‟apostolo: Dove c’è lo Spirito del Signore, ivi
è la libertà”. Gioacchino si concentra sul terzo stato, ma “come ogni profeta
intrecciava ogni sua ispirazione alla situazione storica”. E la situazione stori-
ca è dolorosa e lacerante: la corruzione dilaga nella società, nella Chiesa,
nei monasteri e nei conventi. Il Florense non è tenero, sono netti i suoi ac-
centi di condanna: e tutto questo produce ostilità. Ma il suo insegnamento è
limpido. Limpido il suo servizio alla Chiesa. Nella piena maturità raccoman-
da ai suoi collaboratori di raccogliere le sue opere e di sottoporle all‟esame
della sede apostolica (Da Avvenire 6 marzo 2018).
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Nel 70° anniversario dell‟entrata in vigore della Costituzione una breve guida
alla comprensione dei suoi primi 12 articoli relativi ai „Principi fondamentali‟
Art. 10: prendere sul serio i diritti umani
Gianfranco Macrì (Università di Salerno)
Una delle intuizioni più importanti
del costituente è stata quella di o-
rientare l’ordinamento italiano (e le
sorti politiche dello Stato) in dire-
zione delle norme di generale appro-
vazione a livello internazionale (art.
10, comma 1 Cost.). Non a caso si è
parlato di questo principio (il c.d.
“adattamento automatico”) come di
un “trasformatore permanen-
te” (Perassi) di quanto prodotto a li-
vello internazionale nelle norme na-
zionali. C’è tutto il desiderio, dun-
que, da parte dei padri fondatori, di
alimentare un fertile “scambio di
cromosomi” tra i diversi livelli di le-
galità (interno ed esterno) al fine di
assicurare la pacifica convivenza tra
gli stati. Mai lo stato potrà venire
meno a questo impegno (tranne nel
caso in cui la norma imperativa o
consuetudinaria prodotta in ambito
internazionale determini una viola-
zione dei principi fondamentali
dell’ordinamento italiano e dei dirit-
ti fondamentali della persona) anche
alla luce dell’ulteriore e più recente
obbligo di conformazio-
ne (rafforzata) agli ob-
blighi internazionali da
parte della legislazione
sub-statale (art. 117,
comma 1 Cost.). In que-
sto perimetro di ampia
convergenza auto -
a p p l i c a t i v a
dell’ordinamento italia-
no al diritto internazio-
nale generale si colloca
inoltre la previsione del-
la tutela giuridica dello
straniero (art. 10, com-
ma 2 Cost.), la cui con-
dizione viene messa sotto protezione
attraverso una riserva di legge rin-
forzata finalizzata a dare esecuzione
oltre che alle norme di diritto con-
suetudinario anche a quelle di natu-
ra convenzionale (pattizia). Secondo
la Corte costituzionale sussisterebbe
un circuito normativo invalicabile
(artt. 2-3 e 10, comma 2 Cost.)
all’interno del quale lo straniero vie-
ne preso in carica dall’ordinamento
innanzitutto in quanto “essere uma-
no”, qualunque sia la sua posizione
in relazione alle norme che regolano
l’ingresso e il soggiorno nello Stato.
Sarà compito del legislatore ordina-
rio, invece, valutare, attraverso pon-
derate scelte contingenti (e opportu-
ni criteri di ragionevolezza)
l’adozione di trattamenti differenti
tra cittadini e stranieri in ragione di
effettive diversità di situazioni sca-
turenti dal mancato possesso della
cittadinanza. Restano comunque in-
tatti, nella loro configurazione costi-
tuzionale, le ragioni della indivisibi-
lità dei diritti fondamentali (di liber-
tà e soprattutto sociali). La forza
precettiva dei primi due commi
dell’art. 10 Cost. si manifesta poi “a
cascata” nel terzo dove il “diritto di
asilo” si configura come un diritto
soggettivo perfetto, che travalica la
già ampia tutela riconosciuta allo
straniero in quanto persona umana.
Qui la Costituzione si incarica di ri-
spondere alle domande dello stra-
niero quando, nel suo paese di origi-
ne, qualunque soggettività attenti al-
le “libertà democratiche” che il no-
stro ordinamento riconosce come
fondamentali. Il legislatore può solo
precisare le modalità procedimentali
o i requisiti soggettivi del richieden-
te, ma nessuna limitazione al diritto
d’asilo potrà essere posta in ragione
di valutazioni di opportunità o con-
venienza politico-diplomatica. La
“chiosa” al diritto d’asilo è rappre-
sentata infine dal (logico) divieto di
estradizione dello straniero per reati
politici (art. 10, comma 4 Cost.).
L’ampiezza della fattispecie (“reato
politico”) si mantiene sempre
all’interno del circuito
valoriale inveterato
dalla Costituzione, la-
sciando fuori dal siste-
ma “multilivello” di
protezione dei diritti
fondamentali alcuni
delitti, come il terrori-
smo e il genocidio.
C o m p i t o
dell’ordinamento sarà
comunque sempre
quello di valutare at-
tentamente “cosa ri-
schia” l’estradando
nello stato richiedente.
Art. 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge
in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo e-
sercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzio-
ne italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica,
secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
3
La Porta del Sogno
Verso luoghi interiori
di Gerardina Laudato de Leonardis
Da sempre il ‘viaggio’ è dimensione fisica e spirituale carica di me-
tafore e di simboli. Non c’è tempo della storia e della cultura in cui
l’uomo non abbia avvertito la profonda analogia tra il camminare
nel mondo ed il viaggio nella dimensione interiore dell’esistenza u-
mana. Esplorare il mondo e la propria interiorità è prerogativa che,
prendendo le mosse dal mito e dall’immaginazione fabulosa, pervie-
ne agli altipiani luminosi della filosofia. Le prime parole che danno
inizio alla Metafisica di Aristotele recitano. “Tutti gli uomini sono
protesi per natura alla conoscenza”. La concezione del mondo e
della vita non può essere che l’urgenza di conoscere e comprendere.
Comprendere significa stabilire un tratto d’unione tra il mondo e
l’io, socchiudere passaggi oltre cui intravvedere lucori capaci di sol-
levare il velo oscuro della solitudine e delle paure, di deporre il pun-
golo della nostalgia, di intuire percorsi che, pur tra innumerevoli tra-
versie, conducono a deliziose radure dove la foresta del nostro esse-
re placa i moti selvaggi, avverte i mormorii di mille e mille felicità
illuminate dalla speranza di pacificazione della mente e del cuore.
Come ogni viaggio anche quello interiore comporta un trasferirsi da
un luogo all’altro, un assoggettarsi a itinerari e tappe fatti di parten-
ze, soste e nuovi inizi. Così, nel nostro viaggio interiore, accade che
le soffocanti sicurezze che, fino a quel momento, pur ci confortava-
no con l’insenatura tranquilla del noto, diventano miraggi che distol-
gono lo sguardo da possibilità nuove, da spazi aperti attraversati dai
venti dell’ignoto. Ansia dell’ignoto e nostalgia del già noto, struggi-
mento per un’assenza che ferisce il nostro essere con la sua presen-
za. Finalmente, varcate le frontiere dell’alterità, lanciato il cuore ol-
tre il muro delle paure e delle attese, plachiamo ogni ansia perché
siamo finalmente giunti alla meta che ci aveva chiamati, al luogo
che aveva innescato l’inarrestabile processo del viaggio. Qui, di
fronte al compimento della ricerca, rischiamo di trovarci ancora e
ancora davanti ad un bivio. “Valeva la pena? - si chiede Fernando
Pessoa- Tutto vale la pena se l’anima non è angusta.” Ritrovare il
centro, ovvero la dimensione del mondo, di noi stessi e dell’altro as-
sume un valore fondante e sacrale, vale cioè come recuperare
l’innocenza perduta, l’incanto del mito, del sogno e del mistero che
diventa stupore.
Alla radice della filosofia sta lo stupore, la meraviglia per tutto ciò
che esiste: dalla natura, in tutte le sue molteplici apparenze, al miste-
ro più affascinante, l’uomo.
Dallo stupore sgorga e va formandosi il pensiero. Nel tempo della
tecnologia multimediale dove regna la ragione strumentale che si
nutre di tecnica e di scienza, l’umanità sembra meno disponibile ad
impegnarsi nella fatica di pensare. Siamo propensi a servirci
dell’intelletto per conoscere, non a far uso della ragione per pensare,
suggerisce Kant; ci fermiamo, cioè, ai sensi: a ciò che possiamo
quantificare, vedere, udire, insomma a ciò che possiamo toccare con
mano e che, soprattutto, non impegna più di tanto il pensiero
nell’atto di penetrare, comprendere e andare oltre la realtà. Senza
stupore non è possibile pensare. Ci è consentito conoscere, produrre,
disperderci in molteplici attività divenendone schiavi. Tuttavia pri-
veremo la nostra esistenza di ogni profondità, del fascino
dell’intensità del pensiero tanto duttile da lasciarci cavalcare gli uni-
corni della poesia e dell’immaginazione, da aprire davanti ai nostri
occhi orizzonti immensi e tutti da esplorare, quelli della filosofia,
che, per dirla con Schelling, “…è l’odissea dello spirito”.
Come sappiamo bene, l’Ulisse omerico è un homo viator, colui che,
concluse le vicende belliche, non dismette mai la ricerca della sua
Itaca. Quello è il focolare dei suoi sentimenti più intensi e veri, in
quel luogo lo attendono Penelope e suo figlio Telemaco. In un suo
saggio degli anni ’80, (Homo Viator) il filosofo Gabriel Marcel, ri-
prendendo la narrazione omerica, scriverà che l’uomo è un viandan-
te, un pellegrino della verità e che la nostra condizione umana è
quella di essere itineranti. Nella sua ricerca Ulisse si imbatte in mil-
le avventure: conosce Eolo, il dio dei venti; è catturato dal fascino di
Circe la maga che cerca di avvincerlo e tenerlo dimentico. Ma Her-
mes, ed ecco tornare sempre il mito e la leggenda, lo ha già soccorso
con giusti consigli e con il farmaco dell’erba moly grazie a cui la
maga non solo non potrà sopraffare la sua volontà ma sarà indotta a
diventargli amica. Nell’isola egli si ferma per alcun tempo fino a
quando il pungolo della nostalgia lo indurrà a riprendere il mare. E
ancora, lungo la rotta delle sue peripezie, Ulisse approda ad Ogigia,
l’isola paradisiaca “…ove la Ninfa dalle crespe chiome/ avea dimo-
ra. Ivi un gran foco ardea, / e il tiglio crepitando ed il frondoso/ ce-
dro spandean lontano un grato olezzo/ e la sua bella voce vi facea/
la Ninfa udir con lieta cantilena/ mentre con l’aurea spola industre
tela / iva tessendo. Rigogliose piante / sorgean vicino all’antro, il
pioppo e / l’alno e il cipresso odoroso, … Una giovane vite, onde le
dolci / uve pendean. Per quattro opposti rivi/ una limpida fonte le
sue fresche / acque inviava ai prati, di viole / e d’apio ricoperti; e sì
gioconda/ quella scena apparìa che nel vederla/ dilettar si dovean
gli stessi numi/ e il divino argicida il piè rattenne…”dove subisce
l’incanto di Calypso la Ninfa, restandone ospite, preso da stordimen-
to d’amore, per sette anni.
Ma, qualsiasi sia l’avventura che lo affascina e lo coinvolge, esiste
sempre una forza possente che lo pervade, gli fa discernere il fine e
lo sollecita costantemente a riprendere il viaggio per giungere alla
meta: Itaca, la casa costruita intorno all’albero sacro ad Athena,
l’ulivo produttore di fecondità, calore e benessere. Ulisse possiede la
saggezza di distinguere e tenere ben presenti al suo intelletto le tap-
pe dalla mèta. Lo guida una sorta di nostalgia che non gli consente
di interrompere il percorso. Nel secolo scorso il filosofo Max Hor-
kheimer ebbe a definire l’uomo “nostalgia dell’Assoluto” comple-
tando di valore il senso della magnifica definizione di Schelling. Il
fascino della filosofia sta soprattutto nell’essere ‘odissea’ ovvero ri-
cerca, travaglio, viaggio sospinto oltre ciò che è apparenza, naviga-
zione, magari sovente tempestosa e avversata da mille naufragi, ma,
tuttavia, percorso dove si distinguono sempre le tappe dalla mèta, i
mezzi dal fine, Ogigia da Itaca. Il fascino dell’avventura del filosofo
è nella capacità di passare dalla logica dell’avere a quella
dell’essere, ovvero della ricerca di senso che aiuta a liberarsi dalle
panie dell’angoscia, a ricercare senza tregua, fortificati dal discerni-
mento ma sospinti dal sogno, dalla forza dell’immaginazione oltre
che dalla nostalgia, la nostra Itaca, il nostro paradiso perduto. La
perdita del paradiso è la perdita dell’innocenza. L’uomo che ha
smarrito o dimenticato l’indicazione del paradiso è l’uomo che è
perso nell’esilio, è l’uomo che ha smarrito il focolare e continua ad
aggirarsi angosciato nel labirinto. Ritrovare i miti, i sogni fabulosi, il
mistero, filtrarli attraverso la comprensione del reale e la capacità di
discernimento dell’odissea del pensiero, significa dominare il caos,
impossessarsi del centro ovvero dell’armonia, del nostro paradiso
perduto.
4
Nonostante l‟antica e preziosa immagine-
ritratto di S. Francesco di Paola, i Coriglia-
nesi sono legati affettivamente al mezzo bu-
sto del Santo che si porta in processione e
che si trova in sacrestia, verso il quale c‟è
un continuo pellegrinaggio. “Vado a trovare -
si dice - San Francesco”.
Quando Padre Giovanni Cozzolino, da Cori-
glianese, ha manifestato di avere un sogno,
cioè quello di dedicare a S. Francesco una
cappella, dove sostare in preghiera, come a
Paola e a Paterno Calabro, si è deciso di re-
alizzare questo desiderio, affidando il compi-
to all‟artista Yuri Kuku, ricorrendo il V cente-
nario della canonizzazione (1. 5. 1519).
L‟artista ha così arricchito il nostro santuario
di un‟opera veramente originale, un dipinto,
che nel soffitto rappresenta S. Francesco
nella gloria con i Santi e i Beati del I, II e III
ordine dei Minimi. La storia non si scrive so-
lo sui libri, ma può essere anche rappresen-
tata: anche i nostri chiostri raccontano la vita
e i miracoli di S. Francesco. La cappella è
stata inaugurata il 15. 5. 2018, nella ricor-
renza quasi settentennale del ritorno dei PP.
Minimi a Corigliano il 16. 5. 1950. Per tale
motivo, sulla parte sinistra del dipinto, per
chi entra, sono rappresentati i Superiori, che
si sono avvicendati dal 1950 ad oggi, i Su-
periori Generale e Provinciale attuali, i Sa-
cerdoti Minimi di Corigliano e gli ultimi quat-
tro Vescovi Minimi. Questa parte del dipinto
rappresenta la chiesa gerarchica guidata da
Papa Francesco.
Sulla parete di fronte sono rappresentati i
benefattori più noti, in rappresentanza di tutti
gli altri, dei quali si intravedono delle sago-
me non identificate, poiché tutti i Corigliane-
si, chi più chi meno, sono benefattori del
Santuario: basta, infatti, dire “S. Francesco”
e si aprono le porte di ogni casa.
Questo lato rappresenta la Chiesa quale po-
polo di Dio, guidata da Papa Giovanni Paolo
II, che ha dimorato a Paola, apprezzando la
spiritualità del Santo, morto il 2 aprile.
Sia la Chiesa gerarchica che la Chiesa po-
polo di Dio sono dirette, con le loro opere,
verso la gloria di Dio, dove San Francesco ci
ha preceduti e dove ci invita a guardare.
Qualcuno ha fatto osservare che le persone
raffigurate sono tutte giovani. Su questo
punto risponde San Paolo: “La vostra vita è
nascosta con Cristo in Dio e quando si ma-
nifesterà Cristo, nostra vita, noi saremo ma-
nifestati in Lui”. In Paradiso avremo l‟età di
Gesù, saremo tutti trentenni, come da una
visione di un Sacerdote.
L‟autore dei dipinti è Yuri Kuku, un Ucraino,
cattolico di rito bizantino. Prima di iniziare
un‟opera, riflette, prega e digiuna. È un uo-
mo molto riservato. Invitato per
l‟inaugurazione della cappella, mi ha rispo-
sto: “Cosa devo dire, parla l‟opera”.
La struttura in legno, invece, è stata affidata
a mastro Giorgio Pagnotta. Egli è stato con-
tento di partecipare alla realizzazione della
nuova cappella, pur con qualche perplessi-
tà, superata grazie all‟amore per il Santo,
che gli ha fatto ultimare il lavoro prima del
tempo richiesto.
Il tutto è avvenuto sotto la guida
dell‟architetto Antonio Aprelino, il quale ha
dovuto unire esperienza e prudenza, in
quanto il santuario è sotto la tutela della So-
vrintendenza delle belle arti.
Agli artisti, per la bravura e la passione mo-
strate, ognuno nel particolare settore, sono
state consegnate, come segno di ricono-
scenza, una pergamena ed una medaglia in
ricordo.
Corigliano Calabro
Una nuova Cappella dedicata a San Francesco di Paola
all’interno dell’antico Santuario
di Padre Francesco Di Turi O. M.
Nonostante l‟antica e preziosa immagine-
ritratto di S. Francesco di Paola, i Coriglia-
nesi sono legati affettivamente al mezzo bu-
sto del Santo che si porta in processione e
che si trova in sacrestia, verso il quale c‟è
un continuo pellegrinaggio. “Vado a trovare -
si dice - San Francesco”.
Quando Padre Giovanni Cozzolino, da Cori-
glianese, ha manifestato di avere un sogno,
cioè quello di dedicare a S. Francesco una
cappella, dove sostare in preghiera, come a
Paola e a Paterno Calabro, si è deciso di re-
alizzare questo desiderio, affidando il compi-
to all‟artista Yuri Kuku, ricorrendo il V cente-
nario della canonizzazione (1. 5. 1519).
L‟artista ha così arricchito il nostro santuario
di un‟opera veramente originale, un dipinto,
che nel soffitto rappresenta S. Francesco
nella gloria con i Santi e i Beati del I, II e III
ordine dei Minimi. La storia non si scrive so-
lo sui libri, ma può essere anche rappresen-
tata: anche i nostri chiostri raccontano la vita
e i miracoli di S. Francesco. La cappella è
stata inaugurata il 15. 5. 2018, nella ricor-
renza quasi settentennale del ritorno dei PP.
Minimi a Corigliano il 16. 5. 1950. Per tale
motivo, sulla parte sinistra del dipinto, per
chi entra, sono rappresentati i Superiori, che
si sono avvicendati dal 1950 ad oggi, i Su-
periori Generale e Provinciale attuali, i Sa-
cerdoti Minimi di Corigliano e gli ultimi quat-
tro Vescovi Minimi. Questa parte del dipinto
rappresenta la chiesa gerarchica guidata da
Papa Francesco.
Sulla parete di fronte sono rappresentati i
benefattori più noti, in rappresentanza di tutti
gli altri, dei quali si intravedono delle sago-
me non identificate, poiché tutti i Corigliane-
si, chi più chi meno, sono benefattori del
Santuario: basta, infatti, dire “S. Francesco”
e si aprono le porte di ogni casa.
Questo lato rappresenta la Chiesa quale po-
polo di Dio, guidata da Papa Giovanni Paolo
II, che ha dimorato a Paola, apprezzando la
spiritualità del Santo, morto il 2 aprile.
Sia la Chiesa gerarchica che la Chiesa po-
polo di Dio sono dirette, con le loro opere,
verso la gloria di Dio, dove San Francesco ci
ha preceduti e dove ci invita a guardare.
Qualcuno ha fatto osservare che le persone
raffigurate sono tutte giovani. Su questo
punto risponde San Paolo: “La vostra vita è
nascosta con Cristo in Dio e quando si ma-
nifesterà Cristo, nostra vita, noi saremo ma-
nifestati in Lui”. In Paradiso avremo l‟età di
Gesù, saremo tutti trentenni, come da una
visione di un Sacerdote.
L‟autore dei dipinti è Yuri Kuku, un Ucraino,
cattolico di rito bizantino. Prima di iniziare
un‟opera, riflette, prega e digiuna. È un uo-
mo molto riservato. Invitato per
l‟inaugurazione della cappella, mi ha rispo-
sto: “Cosa devo dire, parla l‟opera”.
La struttura in legno, invece, è stata affidata
a mastro Giorgio Pagnotta. Egli è stato con-
tento di partecipare alla realizzazione della
nuova cappella, pur con qualche perplessi-
tà, superata grazie all‟amore per il Santo,
che gli ha fatto ultimare il lavoro prima del
tempo richiesto.
Il tutto è avvenuto sotto la guida
dell‟architetto Antonio Aprelino, il quale ha
dovuto unire esperienza e prudenza, in
quanto il santuario è sotto la tutela della So-
vrintendenza delle belle arti.
Agli artisti, per la bravura e la passione mo-
strate, ognuno nel particolare settore di
competenza, sono state consegnate, come
segno di riconoscenza, una pergamena ed
una medaglia in ricordo.
Di certo, il Santuario da oggi è più ricco.