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1 Nuova Corigliano - Fondato da Mimmo Longo Responsabile Don Vincenzo Longo - Autorizzazione Tribunale Rossano N° 64 del 28.06.1995 Anno III, N. 36, 28 Maggio 2018 In Ottanta Giorni di Giulio Iudicissa Se fossero partiti insieme, insieme sarebbero arrivati a destinazione, dopo ottanta giorni: da Londra, l‟inglese Phileas Fogg, per compiere il giro del mondo, stante il romanzo di Jules Verne, da Roma, le forze politiche per comporre il nuovo governo del nostro paese, secondo le cronache di queste settimane. L‟eroe di Verne, rimesso piede in terra patria, dopo ottan- ta giorni appunto, può ritenersi più che soddisfatto: ha ultimato il suo viaggio nel tempo stabilito e, cosa non pre- vista, ha trovato l‟amore, una indiana, la bella Auda. Non possono cantare vittoria, invece, le forze approdate al Quirinale, le quali, dopo ottanta giorni, non hanno potuto o saputo formare il nuovo Governo. Non sfugga, dunque, la differenza di fondo. Il viaggio di Verne finisce lì, il viaggio delle nostre rappresentanze, M5S e Lega, ricomincia, con passo faticoso, in un conte- sto per nulla chiaro, con risorse non facilmente quantifi- cabili e prospettive quanto meno difficili. A fronte del nuovo scenario c‟è chi plaude, chi disappro- va e chi si pone in prudente attesa. Confronto e dibattito servono a niente: in casi del genere allontanano le posi- zioni e inaspriscono gli animi. Forse, sarebbe opportuna una pausa di tollerante, reciproca comprensione tra quanti si ritengono vincitori, vinti e mediani. Un auspicio, però, di difficile, impossibile attuazione, considerato che siamo uomini e noi uomini siamo fatti così, tranne rari ca- si di sempre più rara saggezza. Di certo, sarebbe piaciuta una maggiore linearità nel cor- so delle trattative, nonché una coerenza effettiva rispetto all‟area di provenienza. Non è bello che, chi vota in una direzione, poi, si trovi in un settore imprevisto, né che, chi ha a cuore il sentimento della patria e della giustizia, si trovi, poi, in un ambito di sovranismo e di giustizialismo. Ma di acqua ormai sotto il ponte ne è passata tanta. Ci conforti la speranza, dimenticati i curricula, che partiti, movimenti e forze d‟ogni area vogliano mantenere una so- stanziale aderenza alla Carta costituzionale e che il futu- ro Capo del Governo non voglia fare “l‟avvocato difenso- re del popolo italiano”, ma si preoccupi di dirigere “la poli- tica generale del Governo” del paese. La Newsletter di Franco Pistoia La vita ‘contro’ di un uomo libero L’aquila e la cetra Sette quaderni, abbandonati e dimenticati in un vecchio magazzino, ritrovati per caso. “Sembravano la traduzione in italiano di un antico manoscritto … Mi chiesi chi potesse essere l‟autore e mi accontentai di pensare che fosse- ro opera di qualche paziente frate di una delle ultime comunità monastiche vissute nella gloriosa abbazia” della Sambucina. Il frate–copista, uomo di fi- ducia, sconsolato per la condanna inflitta al “venerabile abate” dal Concilio Lateranense IV per elementi di eresia e “triteismo” riscontrati in un opuscolo giovanile, affida ai quaderni appunti e ricordi. Anche “se non sono un‟aquila né so suonare bene la cetra, proverò lo stesso a raccontare delle sue sta- gioni rudi e delle sue visioni robuste”. Il paesaggio di Calabria con le sue montagne e i suoi boschi, con la neve, le piogge anche torrenziali, il sole, con la magia della Sila “luogo di grazia”, coi profumi inconfondibili, con gli autunni ricchi di funghi e di castagne … è lo sfondo in cui si muovono i personaggi del Romanzo di Gioacchino da Fiore, (L’aquila e la cetra, EMP) che il cosentino Rocco Giuseppe Greco elabora con rigore di storico e con passione: con l‟intento di studiare l‟eremita, l‟abate, l‟esegeta, il profeta, il fondatore dell‟Ordine Florense, il viandante … Tornato da un viaggio in Palestina, Gioacchino incontra il padre, contrario alle sue scelte. Un incontro drammatico: “E vero, tu mi hai introdotto presso la corte reale, ma ora io voglio servire il re di tutti i re”. Un lungo percorso: l‟abate raggiunge monasteri e ritiri (Corazzo, Casamari, Pietralata), incontra papa Lucio III, che gli concede la licentia scribendi, tes- se rapporti con pontefici e regnanti, scrive tanti libri, tutti su argomenti biblici e storico-spirituali. Profondamente impegnato come filosofo-teologo dei tre stati: la legge, la grazia, la pienezza della grazia: “Il primo è stato illuminato dalla luce delle stelle, il secondo da quella dell‟aurora, nel terzo splenderà il pieno giorno”. “Il primo stato appartiene “al Padre, che è autore di tutte le co- se; il secondo al Figlio, che si è degnato di condividere il nostro fango; il ter- zo allo Spirito Santo, di cui dice l‟apostolo: Dove c’è lo Spirito del Signore, ivi è la libertà”. Gioacchino si concentra sul terzo stato, ma “come ogni profeta intrecciava ogni sua ispirazione alla situazione storica”. E la situazione stori- ca è dolorosa e lacerante: la corruzione dilaga nella società, nella Chiesa, nei monasteri e nei conventi. Il Florense non è tenero, sono netti i suoi ac- centi di condanna: e tutto questo produce ostilità. Ma il suo insegnamento è limpido. Limpido il suo servizio alla Chiesa. Nella piena maturità raccoman- da ai suoi collaboratori di raccogliere le sue opere e di sottoporle all‟esame della sede apostolica (Da Avvenire 6 marzo 2018).

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Page 1: In Ottanta Giorni La Newsletter di Franco Pistoia Corigliano 28... · re del popolo italiano”, ma si preoccupi di dirigere “la poli-tica generale del Governo” del paese. La

1

Nuova Corigliano - Fondato da Mimmo Longo Responsabile Don Vincenzo Longo - Autorizzazione Tribunale Rossano N° 64 del 28.06.1995

Anno III, N. 36, 28 Maggio 2018

In Ottanta Giorni

di Giulio Iudicissa Se fossero partiti insieme, insieme sarebbero arrivati a

destinazione, dopo ottanta giorni: da Londra, l‟inglese

Phileas Fogg, per compiere il giro del mondo, stante il

romanzo di Jules Verne, da Roma, le forze politiche per

comporre il nuovo governo del nostro paese, secondo le

cronache di queste settimane.

L‟eroe di Verne, rimesso piede in terra patria, dopo ottan-

ta giorni appunto, può ritenersi più che soddisfatto: ha

ultimato il suo viaggio nel tempo stabilito e, cosa non pre-

vista, ha trovato l‟amore, una indiana, la bella Auda. Non

possono cantare vittoria, invece, le forze approdate al

Quirinale, le quali, dopo ottanta giorni, non hanno potuto

o saputo formare il nuovo Governo.

Non sfugga, dunque, la differenza di fondo. Il viaggio di

Verne finisce lì, il viaggio delle nostre rappresentanze,

M5S e Lega, ricomincia, con passo faticoso, in un conte-

sto per nulla chiaro, con risorse non facilmente quantifi-

cabili e prospettive quanto meno difficili.

A fronte del nuovo scenario c‟è chi plaude, chi disappro-

va e chi si pone in prudente attesa. Confronto e dibattito

servono a niente: in casi del genere allontanano le posi-

zioni e inaspriscono gli animi. Forse, sarebbe opportuna

una pausa di tollerante, reciproca comprensione tra

quanti si ritengono vincitori, vinti e mediani. Un auspicio,

però, di difficile, impossibile attuazione, considerato che

siamo uomini e noi uomini siamo fatti così, tranne rari ca-

si di sempre più rara saggezza.

Di certo, sarebbe piaciuta una maggiore linearità nel cor-

so delle trattative, nonché una coerenza effettiva rispetto

all‟area di provenienza. Non è bello che, chi vota in una

direzione, poi, si trovi in un settore imprevisto, né che, chi

ha a cuore il sentimento della patria e della giustizia, si

trovi, poi, in un ambito di sovranismo e di giustizialismo.

Ma di acqua ormai sotto il ponte ne è passata tanta.

Ci conforti la speranza, dimenticati i curricula, che partiti,

movimenti e forze d‟ogni area vogliano mantenere una so-

stanziale aderenza alla Carta costituzionale e che il futu-

ro Capo del Governo non voglia fare “l‟avvocato difenso-

re del popolo italiano”, ma si preoccupi di dirigere “la poli-

tica generale del Governo” del paese.

La Newsletter di Franco Pistoia

La vita ‘contro’ di un uomo libero

L’aquila e la cetra

Sette quaderni, abbandonati e dimenticati in un vecchio magazzino, ritrovati

per caso. “Sembravano la traduzione in italiano di un antico manoscritto …

Mi chiesi chi potesse essere l‟autore e mi accontentai di pensare che fosse-

ro opera di qualche paziente frate di una delle ultime comunità monastiche

vissute nella gloriosa abbazia” della Sambucina. Il frate–copista, uomo di fi-

ducia, sconsolato per la condanna inflitta al “venerabile abate” dal Concilio

Lateranense IV per elementi di eresia e “triteismo” riscontrati in un opuscolo

giovanile, affida ai quaderni appunti e ricordi. Anche “se non sono un‟aquila

né so suonare bene la cetra, proverò lo stesso a raccontare delle sue sta-

gioni rudi e delle sue visioni robuste”.

Il paesaggio di Calabria con le sue montagne e i suoi boschi, con la neve, le

piogge anche torrenziali, il sole, con la magia della Sila “luogo di grazia”, coi

profumi inconfondibili, con gli autunni ricchi di funghi e di castagne … è lo

sfondo in cui si muovono i personaggi del Romanzo di Gioacchino da Fiore,

(L’aquila e la cetra, EMP) che il cosentino Rocco Giuseppe Greco elabora

con rigore di storico e con passione: con l‟intento di studiare l‟eremita,

l‟abate, l‟esegeta, il profeta, il fondatore dell‟Ordine Florense, il viandante …

Tornato da un viaggio in Palestina, Gioacchino incontra il padre, contrario

alle sue scelte. Un incontro drammatico: “E vero, tu mi hai introdotto presso

la corte reale, ma ora io voglio servire il re di tutti i re”.

Un lungo percorso: l‟abate raggiunge monasteri e ritiri (Corazzo, Casamari,

Pietralata), incontra papa Lucio III, che gli concede la licentia scribendi, tes-

se rapporti con pontefici e regnanti, scrive tanti libri, tutti su argomenti biblici

e storico-spirituali. Profondamente impegnato come filosofo-teologo dei tre

stati: la legge, la grazia, la pienezza della grazia: “Il primo è stato illuminato

dalla luce delle stelle, il secondo da quella dell‟aurora, nel terzo splenderà il

pieno giorno”. “Il primo stato appartiene “al Padre, che è autore di tutte le co-

se; il secondo al Figlio, che si è degnato di condividere il nostro fango; il ter-

zo allo Spirito Santo, di cui dice l‟apostolo: Dove c’è lo Spirito del Signore, ivi

è la libertà”. Gioacchino si concentra sul terzo stato, ma “come ogni profeta

intrecciava ogni sua ispirazione alla situazione storica”. E la situazione stori-

ca è dolorosa e lacerante: la corruzione dilaga nella società, nella Chiesa,

nei monasteri e nei conventi. Il Florense non è tenero, sono netti i suoi ac-

centi di condanna: e tutto questo produce ostilità. Ma il suo insegnamento è

limpido. Limpido il suo servizio alla Chiesa. Nella piena maturità raccoman-

da ai suoi collaboratori di raccogliere le sue opere e di sottoporle all‟esame

della sede apostolica (Da Avvenire 6 marzo 2018).

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Nel 70° anniversario dell‟entrata in vigore della Costituzione una breve guida

alla comprensione dei suoi primi 12 articoli relativi ai „Principi fondamentali‟

Art. 10: prendere sul serio i diritti umani

Gianfranco Macrì (Università di Salerno)

Una delle intuizioni più importanti

del costituente è stata quella di o-

rientare l’ordinamento italiano (e le

sorti politiche dello Stato) in dire-

zione delle norme di generale appro-

vazione a livello internazionale (art.

10, comma 1 Cost.). Non a caso si è

parlato di questo principio (il c.d.

“adattamento automatico”) come di

un “trasformatore permanen-

te” (Perassi) di quanto prodotto a li-

vello internazionale nelle norme na-

zionali. C’è tutto il desiderio, dun-

que, da parte dei padri fondatori, di

alimentare un fertile “scambio di

cromosomi” tra i diversi livelli di le-

galità (interno ed esterno) al fine di

assicurare la pacifica convivenza tra

gli stati. Mai lo stato potrà venire

meno a questo impegno (tranne nel

caso in cui la norma imperativa o

consuetudinaria prodotta in ambito

internazionale determini una viola-

zione dei principi fondamentali

dell’ordinamento italiano e dei dirit-

ti fondamentali della persona) anche

alla luce dell’ulteriore e più recente

obbligo di conformazio-

ne (rafforzata) agli ob-

blighi internazionali da

parte della legislazione

sub-statale (art. 117,

comma 1 Cost.). In que-

sto perimetro di ampia

convergenza auto -

a p p l i c a t i v a

dell’ordinamento italia-

no al diritto internazio-

nale generale si colloca

inoltre la previsione del-

la tutela giuridica dello

straniero (art. 10, com-

ma 2 Cost.), la cui con-

dizione viene messa sotto protezione

attraverso una riserva di legge rin-

forzata finalizzata a dare esecuzione

oltre che alle norme di diritto con-

suetudinario anche a quelle di natu-

ra convenzionale (pattizia). Secondo

la Corte costituzionale sussisterebbe

un circuito normativo invalicabile

(artt. 2-3 e 10, comma 2 Cost.)

all’interno del quale lo straniero vie-

ne preso in carica dall’ordinamento

innanzitutto in quanto “essere uma-

no”, qualunque sia la sua posizione

in relazione alle norme che regolano

l’ingresso e il soggiorno nello Stato.

Sarà compito del legislatore ordina-

rio, invece, valutare, attraverso pon-

derate scelte contingenti (e opportu-

ni criteri di ragionevolezza)

l’adozione di trattamenti differenti

tra cittadini e stranieri in ragione di

effettive diversità di situazioni sca-

turenti dal mancato possesso della

cittadinanza. Restano comunque in-

tatti, nella loro configurazione costi-

tuzionale, le ragioni della indivisibi-

lità dei diritti fondamentali (di liber-

tà e soprattutto sociali). La forza

precettiva dei primi due commi

dell’art. 10 Cost. si manifesta poi “a

cascata” nel terzo dove il “diritto di

asilo” si configura come un diritto

soggettivo perfetto, che travalica la

già ampia tutela riconosciuta allo

straniero in quanto persona umana.

Qui la Costituzione si incarica di ri-

spondere alle domande dello stra-

niero quando, nel suo paese di origi-

ne, qualunque soggettività attenti al-

le “libertà democratiche” che il no-

stro ordinamento riconosce come

fondamentali. Il legislatore può solo

precisare le modalità procedimentali

o i requisiti soggettivi del richieden-

te, ma nessuna limitazione al diritto

d’asilo potrà essere posta in ragione

di valutazioni di opportunità o con-

venienza politico-diplomatica. La

“chiosa” al diritto d’asilo è rappre-

sentata infine dal (logico) divieto di

estradizione dello straniero per reati

politici (art. 10, comma 4 Cost.).

L’ampiezza della fattispecie (“reato

politico”) si mantiene sempre

all’interno del circuito

valoriale inveterato

dalla Costituzione, la-

sciando fuori dal siste-

ma “multilivello” di

protezione dei diritti

fondamentali alcuni

delitti, come il terrori-

smo e il genocidio.

C o m p i t o

dell’ordinamento sarà

comunque sempre

quello di valutare at-

tentamente “cosa ri-

schia” l’estradando

nello stato richiedente.

Art. 10

L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del

diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge

in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo e-

sercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzio-

ne italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica,

secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

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La Porta del Sogno

Verso luoghi interiori

di Gerardina Laudato de Leonardis

Da sempre il ‘viaggio’ è dimensione fisica e spirituale carica di me-

tafore e di simboli. Non c’è tempo della storia e della cultura in cui

l’uomo non abbia avvertito la profonda analogia tra il camminare

nel mondo ed il viaggio nella dimensione interiore dell’esistenza u-

mana. Esplorare il mondo e la propria interiorità è prerogativa che,

prendendo le mosse dal mito e dall’immaginazione fabulosa, pervie-

ne agli altipiani luminosi della filosofia. Le prime parole che danno

inizio alla Metafisica di Aristotele recitano. “Tutti gli uomini sono

protesi per natura alla conoscenza”. La concezione del mondo e

della vita non può essere che l’urgenza di conoscere e comprendere.

Comprendere significa stabilire un tratto d’unione tra il mondo e

l’io, socchiudere passaggi oltre cui intravvedere lucori capaci di sol-

levare il velo oscuro della solitudine e delle paure, di deporre il pun-

golo della nostalgia, di intuire percorsi che, pur tra innumerevoli tra-

versie, conducono a deliziose radure dove la foresta del nostro esse-

re placa i moti selvaggi, avverte i mormorii di mille e mille felicità

illuminate dalla speranza di pacificazione della mente e del cuore.

Come ogni viaggio anche quello interiore comporta un trasferirsi da

un luogo all’altro, un assoggettarsi a itinerari e tappe fatti di parten-

ze, soste e nuovi inizi. Così, nel nostro viaggio interiore, accade che

le soffocanti sicurezze che, fino a quel momento, pur ci confortava-

no con l’insenatura tranquilla del noto, diventano miraggi che distol-

gono lo sguardo da possibilità nuove, da spazi aperti attraversati dai

venti dell’ignoto. Ansia dell’ignoto e nostalgia del già noto, struggi-

mento per un’assenza che ferisce il nostro essere con la sua presen-

za. Finalmente, varcate le frontiere dell’alterità, lanciato il cuore ol-

tre il muro delle paure e delle attese, plachiamo ogni ansia perché

siamo finalmente giunti alla meta che ci aveva chiamati, al luogo

che aveva innescato l’inarrestabile processo del viaggio. Qui, di

fronte al compimento della ricerca, rischiamo di trovarci ancora e

ancora davanti ad un bivio. “Valeva la pena? - si chiede Fernando

Pessoa- Tutto vale la pena se l’anima non è angusta.” Ritrovare il

centro, ovvero la dimensione del mondo, di noi stessi e dell’altro as-

sume un valore fondante e sacrale, vale cioè come recuperare

l’innocenza perduta, l’incanto del mito, del sogno e del mistero che

diventa stupore.

Alla radice della filosofia sta lo stupore, la meraviglia per tutto ciò

che esiste: dalla natura, in tutte le sue molteplici apparenze, al miste-

ro più affascinante, l’uomo.

Dallo stupore sgorga e va formandosi il pensiero. Nel tempo della

tecnologia multimediale dove regna la ragione strumentale che si

nutre di tecnica e di scienza, l’umanità sembra meno disponibile ad

impegnarsi nella fatica di pensare. Siamo propensi a servirci

dell’intelletto per conoscere, non a far uso della ragione per pensare,

suggerisce Kant; ci fermiamo, cioè, ai sensi: a ciò che possiamo

quantificare, vedere, udire, insomma a ciò che possiamo toccare con

mano e che, soprattutto, non impegna più di tanto il pensiero

nell’atto di penetrare, comprendere e andare oltre la realtà. Senza

stupore non è possibile pensare. Ci è consentito conoscere, produrre,

disperderci in molteplici attività divenendone schiavi. Tuttavia pri-

veremo la nostra esistenza di ogni profondità, del fascino

dell’intensità del pensiero tanto duttile da lasciarci cavalcare gli uni-

corni della poesia e dell’immaginazione, da aprire davanti ai nostri

occhi orizzonti immensi e tutti da esplorare, quelli della filosofia,

che, per dirla con Schelling, “…è l’odissea dello spirito”.

Come sappiamo bene, l’Ulisse omerico è un homo viator, colui che,

concluse le vicende belliche, non dismette mai la ricerca della sua

Itaca. Quello è il focolare dei suoi sentimenti più intensi e veri, in

quel luogo lo attendono Penelope e suo figlio Telemaco. In un suo

saggio degli anni ’80, (Homo Viator) il filosofo Gabriel Marcel, ri-

prendendo la narrazione omerica, scriverà che l’uomo è un viandan-

te, un pellegrino della verità e che la nostra condizione umana è

quella di essere itineranti. Nella sua ricerca Ulisse si imbatte in mil-

le avventure: conosce Eolo, il dio dei venti; è catturato dal fascino di

Circe la maga che cerca di avvincerlo e tenerlo dimentico. Ma Her-

mes, ed ecco tornare sempre il mito e la leggenda, lo ha già soccorso

con giusti consigli e con il farmaco dell’erba moly grazie a cui la

maga non solo non potrà sopraffare la sua volontà ma sarà indotta a

diventargli amica. Nell’isola egli si ferma per alcun tempo fino a

quando il pungolo della nostalgia lo indurrà a riprendere il mare. E

ancora, lungo la rotta delle sue peripezie, Ulisse approda ad Ogigia,

l’isola paradisiaca “…ove la Ninfa dalle crespe chiome/ avea dimo-

ra. Ivi un gran foco ardea, / e il tiglio crepitando ed il frondoso/ ce-

dro spandean lontano un grato olezzo/ e la sua bella voce vi facea/

la Ninfa udir con lieta cantilena/ mentre con l’aurea spola industre

tela / iva tessendo. Rigogliose piante / sorgean vicino all’antro, il

pioppo e / l’alno e il cipresso odoroso, … Una giovane vite, onde le

dolci / uve pendean. Per quattro opposti rivi/ una limpida fonte le

sue fresche / acque inviava ai prati, di viole / e d’apio ricoperti; e sì

gioconda/ quella scena apparìa che nel vederla/ dilettar si dovean

gli stessi numi/ e il divino argicida il piè rattenne…”dove subisce

l’incanto di Calypso la Ninfa, restandone ospite, preso da stordimen-

to d’amore, per sette anni.

Ma, qualsiasi sia l’avventura che lo affascina e lo coinvolge, esiste

sempre una forza possente che lo pervade, gli fa discernere il fine e

lo sollecita costantemente a riprendere il viaggio per giungere alla

meta: Itaca, la casa costruita intorno all’albero sacro ad Athena,

l’ulivo produttore di fecondità, calore e benessere. Ulisse possiede la

saggezza di distinguere e tenere ben presenti al suo intelletto le tap-

pe dalla mèta. Lo guida una sorta di nostalgia che non gli consente

di interrompere il percorso. Nel secolo scorso il filosofo Max Hor-

kheimer ebbe a definire l’uomo “nostalgia dell’Assoluto” comple-

tando di valore il senso della magnifica definizione di Schelling. Il

fascino della filosofia sta soprattutto nell’essere ‘odissea’ ovvero ri-

cerca, travaglio, viaggio sospinto oltre ciò che è apparenza, naviga-

zione, magari sovente tempestosa e avversata da mille naufragi, ma,

tuttavia, percorso dove si distinguono sempre le tappe dalla mèta, i

mezzi dal fine, Ogigia da Itaca. Il fascino dell’avventura del filosofo

è nella capacità di passare dalla logica dell’avere a quella

dell’essere, ovvero della ricerca di senso che aiuta a liberarsi dalle

panie dell’angoscia, a ricercare senza tregua, fortificati dal discerni-

mento ma sospinti dal sogno, dalla forza dell’immaginazione oltre

che dalla nostalgia, la nostra Itaca, il nostro paradiso perduto. La

perdita del paradiso è la perdita dell’innocenza. L’uomo che ha

smarrito o dimenticato l’indicazione del paradiso è l’uomo che è

perso nell’esilio, è l’uomo che ha smarrito il focolare e continua ad

aggirarsi angosciato nel labirinto. Ritrovare i miti, i sogni fabulosi, il

mistero, filtrarli attraverso la comprensione del reale e la capacità di

discernimento dell’odissea del pensiero, significa dominare il caos,

impossessarsi del centro ovvero dell’armonia, del nostro paradiso

perduto.

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Nonostante l‟antica e preziosa immagine-

ritratto di S. Francesco di Paola, i Coriglia-

nesi sono legati affettivamente al mezzo bu-

sto del Santo che si porta in processione e

che si trova in sacrestia, verso il quale c‟è

un continuo pellegrinaggio. “Vado a trovare -

si dice - San Francesco”.

Quando Padre Giovanni Cozzolino, da Cori-

glianese, ha manifestato di avere un sogno,

cioè quello di dedicare a S. Francesco una

cappella, dove sostare in preghiera, come a

Paola e a Paterno Calabro, si è deciso di re-

alizzare questo desiderio, affidando il compi-

to all‟artista Yuri Kuku, ricorrendo il V cente-

nario della canonizzazione (1. 5. 1519).

L‟artista ha così arricchito il nostro santuario

di un‟opera veramente originale, un dipinto,

che nel soffitto rappresenta S. Francesco

nella gloria con i Santi e i Beati del I, II e III

ordine dei Minimi. La storia non si scrive so-

lo sui libri, ma può essere anche rappresen-

tata: anche i nostri chiostri raccontano la vita

e i miracoli di S. Francesco. La cappella è

stata inaugurata il 15. 5. 2018, nella ricor-

renza quasi settentennale del ritorno dei PP.

Minimi a Corigliano il 16. 5. 1950. Per tale

motivo, sulla parte sinistra del dipinto, per

chi entra, sono rappresentati i Superiori, che

si sono avvicendati dal 1950 ad oggi, i Su-

periori Generale e Provinciale attuali, i Sa-

cerdoti Minimi di Corigliano e gli ultimi quat-

tro Vescovi Minimi. Questa parte del dipinto

rappresenta la chiesa gerarchica guidata da

Papa Francesco.

Sulla parete di fronte sono rappresentati i

benefattori più noti, in rappresentanza di tutti

gli altri, dei quali si intravedono delle sago-

me non identificate, poiché tutti i Corigliane-

si, chi più chi meno, sono benefattori del

Santuario: basta, infatti, dire “S. Francesco”

e si aprono le porte di ogni casa.

Questo lato rappresenta la Chiesa quale po-

polo di Dio, guidata da Papa Giovanni Paolo

II, che ha dimorato a Paola, apprezzando la

spiritualità del Santo, morto il 2 aprile.

Sia la Chiesa gerarchica che la Chiesa po-

polo di Dio sono dirette, con le loro opere,

verso la gloria di Dio, dove San Francesco ci

ha preceduti e dove ci invita a guardare.

Qualcuno ha fatto osservare che le persone

raffigurate sono tutte giovani. Su questo

punto risponde San Paolo: “La vostra vita è

nascosta con Cristo in Dio e quando si ma-

nifesterà Cristo, nostra vita, noi saremo ma-

nifestati in Lui”. In Paradiso avremo l‟età di

Gesù, saremo tutti trentenni, come da una

visione di un Sacerdote.

L‟autore dei dipinti è Yuri Kuku, un Ucraino,

cattolico di rito bizantino. Prima di iniziare

un‟opera, riflette, prega e digiuna. È un uo-

mo molto riservato. Invitato per

l‟inaugurazione della cappella, mi ha rispo-

sto: “Cosa devo dire, parla l‟opera”.

La struttura in legno, invece, è stata affidata

a mastro Giorgio Pagnotta. Egli è stato con-

tento di partecipare alla realizzazione della

nuova cappella, pur con qualche perplessi-

tà, superata grazie all‟amore per il Santo,

che gli ha fatto ultimare il lavoro prima del

tempo richiesto.

Il tutto è avvenuto sotto la guida

dell‟architetto Antonio Aprelino, il quale ha

dovuto unire esperienza e prudenza, in

quanto il santuario è sotto la tutela della So-

vrintendenza delle belle arti.

Agli artisti, per la bravura e la passione mo-

strate, ognuno nel particolare settore, sono

state consegnate, come segno di ricono-

scenza, una pergamena ed una medaglia in

ricordo.

Corigliano Calabro

Una nuova Cappella dedicata a San Francesco di Paola

all’interno dell’antico Santuario

di Padre Francesco Di Turi O. M.

Nonostante l‟antica e preziosa immagine-

ritratto di S. Francesco di Paola, i Coriglia-

nesi sono legati affettivamente al mezzo bu-

sto del Santo che si porta in processione e

che si trova in sacrestia, verso il quale c‟è

un continuo pellegrinaggio. “Vado a trovare -

si dice - San Francesco”.

Quando Padre Giovanni Cozzolino, da Cori-

glianese, ha manifestato di avere un sogno,

cioè quello di dedicare a S. Francesco una

cappella, dove sostare in preghiera, come a

Paola e a Paterno Calabro, si è deciso di re-

alizzare questo desiderio, affidando il compi-

to all‟artista Yuri Kuku, ricorrendo il V cente-

nario della canonizzazione (1. 5. 1519).

L‟artista ha così arricchito il nostro santuario

di un‟opera veramente originale, un dipinto,

che nel soffitto rappresenta S. Francesco

nella gloria con i Santi e i Beati del I, II e III

ordine dei Minimi. La storia non si scrive so-

lo sui libri, ma può essere anche rappresen-

tata: anche i nostri chiostri raccontano la vita

e i miracoli di S. Francesco. La cappella è

stata inaugurata il 15. 5. 2018, nella ricor-

renza quasi settentennale del ritorno dei PP.

Minimi a Corigliano il 16. 5. 1950. Per tale

motivo, sulla parte sinistra del dipinto, per

chi entra, sono rappresentati i Superiori, che

si sono avvicendati dal 1950 ad oggi, i Su-

periori Generale e Provinciale attuali, i Sa-

cerdoti Minimi di Corigliano e gli ultimi quat-

tro Vescovi Minimi. Questa parte del dipinto

rappresenta la chiesa gerarchica guidata da

Papa Francesco.

Sulla parete di fronte sono rappresentati i

benefattori più noti, in rappresentanza di tutti

gli altri, dei quali si intravedono delle sago-

me non identificate, poiché tutti i Corigliane-

si, chi più chi meno, sono benefattori del

Santuario: basta, infatti, dire “S. Francesco”

e si aprono le porte di ogni casa.

Questo lato rappresenta la Chiesa quale po-

polo di Dio, guidata da Papa Giovanni Paolo

II, che ha dimorato a Paola, apprezzando la

spiritualità del Santo, morto il 2 aprile.

Sia la Chiesa gerarchica che la Chiesa po-

polo di Dio sono dirette, con le loro opere,

verso la gloria di Dio, dove San Francesco ci

ha preceduti e dove ci invita a guardare.

Qualcuno ha fatto osservare che le persone

raffigurate sono tutte giovani. Su questo

punto risponde San Paolo: “La vostra vita è

nascosta con Cristo in Dio e quando si ma-

nifesterà Cristo, nostra vita, noi saremo ma-

nifestati in Lui”. In Paradiso avremo l‟età di

Gesù, saremo tutti trentenni, come da una

visione di un Sacerdote.

L‟autore dei dipinti è Yuri Kuku, un Ucraino,

cattolico di rito bizantino. Prima di iniziare

un‟opera, riflette, prega e digiuna. È un uo-

mo molto riservato. Invitato per

l‟inaugurazione della cappella, mi ha rispo-

sto: “Cosa devo dire, parla l‟opera”.

La struttura in legno, invece, è stata affidata

a mastro Giorgio Pagnotta. Egli è stato con-

tento di partecipare alla realizzazione della

nuova cappella, pur con qualche perplessi-

tà, superata grazie all‟amore per il Santo,

che gli ha fatto ultimare il lavoro prima del

tempo richiesto.

Il tutto è avvenuto sotto la guida

dell‟architetto Antonio Aprelino, il quale ha

dovuto unire esperienza e prudenza, in

quanto il santuario è sotto la tutela della So-

vrintendenza delle belle arti.

Agli artisti, per la bravura e la passione mo-

strate, ognuno nel particolare settore di

competenza, sono state consegnate, come

segno di riconoscenza, una pergamena ed

una medaglia in ricordo.

Di certo, il Santuario da oggi è più ricco.