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India: PalitanaLa città degli dei

Ai piedi Ai piedi della “città degli dei”, se si alza lo sguardo verso lavertiginosa scalinata che porta alla collina di Shatrunjaya, dove sonostati edificati, raggruppati in nove recinzioni o Tunks, i più antichi templi jainisti, si avverte tutta l’importanza di questo percorso sacro.


Siamo a Palitana, nelGujarat, e lapurificazione iniziaproprio alla base diquesta collina conl’abbandono di qualsiasioggetto di pelle, con laproibizione difotografare immaginireligiose, con il divieto di introdurre cibi nonvegetariani, e poi si inizia a salire, con fatica,perché l’afa è spessoopprimente.


Questo percorso va fatto, quindi, alle prime luci dell’alba, allora l’atmosferaè quasi surreale: i pellegrini, ancora insonnoliti per la levataccia, si mettonoin marcia, in silenzio, tutti in fila, mentre il cielo, ancora grigio, pareappannato da una fitta nebbiolina.


La salita dura circa un’ora e mezza, ma chi non ne ha la forza, può servirsi dei dooli, caratteristiche sedie dondolanti, sollevate da volenterosi “portatori”.

Vedere questi piccoli uomini ed anche donne, affannati ed ansimanti, salire l’erta scalinata, portando sulle spalle enormi pesi, ed alla fine, riposarsi, esausti e stremati, all’ombra, viene da pensare al valore del pellegrinaggio: a chi vanno i meriti?

Al ricco obeso che si fa trasportare o al povero facchino che avanti ed indietro suda sangue?


Dall’alto della collina il panorama è avvincente: si può spingere lo sguardo, se la giornata è serena, fin verso il mare, al golfo di Cambay, ma si puòsoprattutto ammirare i templi. Il più notevole è consacrato a ShriAdishwara, il primo Tirthankar jain (i Tirthankara sono santoni, profeti,“degli esploratori del cammino”).


Visitando questo sito templare si avverte come il Jainismo sia ancora molto vitale; è facile incontrare monaci jaina, vestiti di bianco, con la bocca coperta da un telo per non uccidere gli insetti che inavvertitamente potrebbero entrare…...per loro tutto ciò che esiste possiede un’anima, persino la materia inorganica e quindi hanno anche l’assoluto rispetto per la vita, per ogni essere o cosa. “non violenza” e considerano inutili tutti i sacrifici ed i rituali di cui è molto ricco il bramanesimo; sono invece convinti dell’importanza della costruzione dei templi e della cura che necessitano le statue delle divinità.

E’ possibile vedere monaci e fedeli osservanti coprire di fiori la statua dell’ultimo Tirthankara, aspergerla con acqua lustrale, adorarla, presentare delle offerte e infine addobbarla con gioielli.


Destreggiarsi in questo labirinto di templi, fra la selva delle colonne (mai dueidentiche!), delle statue, delle terrazze, delle logge, poggiare i piedi sulmarmo finemente cesellato dalle trasparenze dell’alabastro, alzare gli occhiverso cupole, torri e tempietti riccamente decorati, è di volta in volta, unascoperta continua.


Ma il vero spettacolo è legato alla moltitudine dei pellegrini che affollanoogni angolo, con devozione composta, cercano di pregare per realizzaresperanze e sogni impossibili, per trovare la pace dell’animo, per stabilireun contatto più diretto con la divinità.


Ecco allora donne, con il desiderio della maternità, offrire, nel tempio diAngor Pir, culle in miniatura, alcuni fedeli, lucidare, con cura meticolosa, ilviso di qualche divinità, altri ancora, donne e uomini, simili a bianchi fantasmi,seduti a cerchio per terra, cantare melodiose nenie, dondolandosi in unaspecie di rapimento cosmico.


E quando poi, al tramonto, si abbandona il sito sacro e si ridiscende lascalinata insieme ai sacerdoti, ci si sente privati di qualcosa e l’immersionenella pianura sottostante, tra i bagliori dell’ultimo sole della giornata, apparequasi come un triste ritorno alla realtà.

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