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INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA -MARI
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PRIMA LEZIONE 09-11-18
(a cura di Greta Talone)
Area Critica: qualunque struttura/servizio/unità operativa in cui il personale qualificato si
impegni, con l’uso di adeguate attrezzature, a soddisfare i bisogni del paziente critico.
- Qualificato: la legge 43 prevede che per lavorare in area critica si abbia un master
apposito.
- Adeguate attrezzature e risorse: l’infermiere di area critica si confronta continuamente
con nuove tecnologie e sistemi all’avanguardia.
- Bisogni del paziente critico: “cultura del codice rosso” → immediato pericolo di vita
della persona comporta taglio della valutazione del paziente al necessario:
o Mantenimento delle funzioni vitali: funzione cardiovascolare
o Funzione respiratoria
o Dipende dal quadro che mi trovo di fronte
Il paziente critico è l’individuo che si trova in situazione di cosante lotta per la
sopravvivenza, con un equilibrio psichico e fisico instabile, soggetto a continui mutamenti
a volte imprevedibili e controllabili → elevata intensità assistenziale.
- Equilibrio psichico: per il paziente di area critica non potrebbe esserci un secondo
momento, quindi per lui tutti i momenti sono condensati in uno. “Mi è passata la vita
davanti” frase tipica che spiega come il tutto si riduca a pochi minuti (accertamento,
modello assistenziale e valutazione).
Emergenza: condizione statisticamente poco frequente (poca incidenza temporale) che
coinvolge uno o più individui vittime di eventi che necessitano di un immediato e adeguato
intervento terapeutico o ricorso a mezzi speciali di trattamento.
Differenza tra una maxi-emergenza e una catastrofe:
- Maxi emergenza: quando la domanda è superiore all’offerta→ discrepanza (6 feriti e
un’ambulanza)
- Catastrofe: ad es: terremoto amatrice. Sovvertimento dell’ordine naturale delle cose.
Non esiste più il 118, non esiste più centrale operativa, sono caduti i ponti radio, non ci
sono linee telefoniche, telecomunicazioni e viabilità interrotte, c’è pericolo di crolli
imminenti, non si hanno rifornimenti, gli ospedali non funzionano ecc.
Nell’urgenza ci sono condizioni sempre gravi ma che ci fanno respirare, non c’è pericolo
imminente di vita, ed è la differenza che passa tra un codice rosso (emergenza) e codice
giallo (urgenza). Il codice rosso non viene rivalutato perché ha priorità d’accesso.
DIAGNOSI INFERMIERISTICHE
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- Adattamento inefficace
- Alterazioni sensoriali e percettive
- Carenza di informazione
- Riduzione della mortalità
La diagnosi infermieristica è il giudizio clinico riguardante le risposte della
persona/famiglia/comunità a problemi di salute attuale e/o potenziali. In ambito critico
serve ad orientare il processo assistenziale nei confronti del paziente che abbiamo davanti.
Processo di nursing (accertamento, diagnosi, obbiettivi, pianificazione, attuazione e
valutazione), ex preparazione-esecuzione-riordino. La razionalità del processo passa
attraverso lo stato attuale di salute del paziente, quello che noi ci prefissiamo, come
vogliamo agire in relazione alla situazione e alla fine valutiamo se il nostro intervento ha
funzionato.
IL TRIAGE
Strumento indispensabile a tutti i tipi di assistenza, serve per selezionare, “assortire secondo
qualità” (il primo tipo parte dai raccoglitori di caffè). È una struttura concettuale che aiuta
a prendere decisioni.
Catastrofi:
- Giggino, 9 anni, arresto cardiaco
- Piero, papà, 40 anni, espansione asimmetrica del torace. (Pneumotorace iperteso, sento
l’enfisema sottocutaneo, individuo il secondo spazio intercostale, prendo un ago, buco,
il polmone non si riespande ma ho fermato lo sbandieramento mediastinico.)
- Ottavio, nonno, 80 anni, si sta strozzando con qualcosa.
Su chi agisci prima? Su chi ha più possibilità di sopravvivenza, inizi sul nonno, poi passi
al padre e infine se avanza tempo agisco su Giggino. Se agisco prima su di lui avrei sprecato
tempo, anziché avere un morto ne avrei avuti 3.
L’abilità sta nel ricercare segni e sintomi → semeiotica. Il triage consiste nel riconoscimento
di segni e sintomi, la loro unione, dargli un valore, per poi avere un risultato finale che si
trasforma in un codice colore.
Fasi del BLSD:
- A: AIRWAY uccide prima di B
- B: BREATHING uccide prima di C
- C: CIRCULATION
La metodica deve avere facile applicazione, facile comprensione, e adeguata capacità di chi
lo pratica→ il triage è fatto solo ed unicamente da infermieri perché la norma lo prevede,
deve avere il giusto grado di formazione, lo esercita attraverso i protocolli condivisi e
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autorizzati dl direttore del pronto soccorso. Ci sono situazioni dove però una forma di triage
un po’ meno evoluta viene fatta da non infermieri → triage sulla porta. In caso di maxi-
emergenze c’è una migrazione dei coinvolti verso i pronto soccorso più vicini → attivazione
del PAINAF (piano di emergenza interna per massiccio afflusso di feriti), prevede che il
triage venga anticipato da un portantino sulla porta, fatto in maniera grossolana, si monta
una tenda fuori del pronto soccorso per poi smistare i feriti all’interno di canali ben definiti.
Si va a snellire l’afflusso delle persone.
SECONDA LEZIONE 16-11-2018
(a cura di Alessia Chiuccariello)
Chi salvi prima? Il nonno il padre o il piccolo? Il nonno perché ha maggiore possibilità di
sopravvivenza!
Il triage serve a dare immediata assistenza al malato che giunge in emergenza, quindi serve
a dare la possibilità a tutti I pz di essere assistiti.
Triage quindi è una rilevazione semeiotica di segni e sintomi che danno origine al quadro
di gravità del pz tradotto poi in codice colore.
Il dato della gravità è deciso da una serie di parametri a livello internazionale.
Es pz con lombalgia +massa pulsante (rosso/ dissecazione aorta?) o pz con lombalgia e basta
(verde)
Il triage permette una sorta di smistamento per evitare la folla nelle specialità.
Serve a ridurre lo stato d’ansia del pz che combattiamo solitamente con la considerazione!
Purtroppo, la possibilità di considerare I pazienti in molti casi non c’è e di conseguenza
aumenta lo stato d’ansia.
Sarebbe opportuno Migliorare la qualità delle prestazioni professionali e del personale in
pronto soccorso.
Valutare periodicamente lo stato dei pz in attesa (I codici rossi vanno rivalutati?
Assolutamente no entrano subito)
Fornire informazioni sanitarie ai pz e ai loro familiari (in uno scenario ideale è ottimale, la
cosa migliore da fare)
Nel triage la comunicazione è fondamentale!
Inevitabilmente chi lavora al triage nel tempo trasforma il suo modo di essere poiché sono
coloro che sono in prima fila e hanno dei carichi e volumi di attività molto importanti.
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Capacità di ascolto ed empatia (è possibile instaurare una relazione con un pz anche in un
quarto d’ora)
È importante per l’infermiere pensare semplice
Legge delle 3 M (merda morte malattia)
Chiarezza e precisione-> è importante parlare con I pazienti in modo semplice e adeguato
al loro livello culturale in quanto la non chiarezza porta ad uno stato eccessivo di ansia nel
paziente poiché non ha compreso quale sia il suo problema.
È importante che il paziente capisca realmente le informazioni fornitegli.
Congruenza tra comunicazione verbale e non verbale.
È importante dire la verità ai pazienti e ai propri cari poiché diventano collaborativi e molto
incisivi tanto che diventano la prima risorsa per risolvere il loro problema.
In America le modalità di approccio al pz sono differenti, molto più diretti e veri, seguendo
quindi dei protocolli. (Esempio ER)
TERZA LEZIONE 11-01-2018
(a cura di Giorgio Sforza)
Gestione del traumatizzato nel territorio
Incominciamo a stabilire che molto spesso di trauma si muore, molto più che di tumori. Il
trauma è sottodimensionato, sottostimato.
Facciamo un esempio: Arturo, l’elettricista che viene a casa e avvita una lampadina, cade dalla
scala: solitamente pensiamo che non si sia fatto niente, ma la scala è alta 2 metri, più l’altezza
di Arturo 1,80, la testa è caduta al di sopra dei 3 metri.
Una caduta al di sopra dei 3 metri prevede la centralizzazione.
Centralizzazione: quando un paziente deve essere portato in un trauma center, quel DEA
di secondo livello provvisto di tutte le specialità come la radiologia all’interno del pronto
soccorso.
Il trauma è:
• una patologia tempo-dipendente. (“Prima se sbrigamo e più vite salvamo”)
• ad altissimo rischio evolutivo. Cosa significa? Che un GLS 15 in questo momento, in
un momento dopo può essere un GLS 3.
Se non vi sono palesi condizioni per dire che è traumatizzato, si tende a sottovalutare il
trauma.
Nel trauma più del sintomo è importante la dinamica! A noi dei sintomi dell’evento
traumatico indicativamente, paradossalmente ci importa di meno. Ci serve sapere la
dinamica di quell’evento traumatico. Con dei criteri di dinamica maggiore, noi trattiamo un
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traumatizzato come se fosse un politrauma. (come se fosse stato schiacciato da un trattore).
Perché l’energia cinetica espressa è altissima.
• • Il trauma è la prima causa di morte per le persone < di 40 anni.
• • Per ogni decesso nel trauma, ci sono 2-3 invalidi. Prima che si affinassero le tecniche
di soccorso per ogni 2-3 morti c’era un invalido.
• • Gli invalidi di adesso sono quelli che una volta erano definiti morti sul colpo, ciò
perché le tecniche e i presidi sono migliorati. Pensate all’intraossea, mediante la quale si
infondono liquidi attraverso un accesso su un punto osseo, come se fosse un CVC.
Nell’approccio al politraumatizzato bisogna prestare moltissima attenzione.
Il 62% delle morti sono inevitabili nel trauma, non possiamo fare niente.
• • Il 26% potenzialmente prevenibili, che significa? Con una prevenzione fatta come
si deve, ovvero indossando le cinture di sicurezza, il casco ecc ed un soccorso immediato e
competente si possono combattere.
• • Quelle facilmente prevenibili (ad esempio il togliere il boccone di terra dal
motociclista incidentato).
La prima cosa da tenere in considerazione è lo scenario, che va valutato attentamente: se il
soccorritore non ritiene lo scenario sicuro non interviene poiché se per andare a salvare una
vita incerta, si mette a repentaglio una vita certa, non c’è proporzione.
N.B: tra velocità (sinonimo di fretta) e precocità c’è una grande differenza. Precocità è
anticipare gli aventi avversi.
Il tempo dipende anche dalla difficoltà che ho nel raggiungere e recuperare il
politraumatizzato ed anche la presenza di più feriti, che ci costringe alla valutazione del
codice START: prima si trattano le persone che hanno problemi in A, sulle prime vie aeree,
poi quelli in B, problemi respiratori, e poi quelli in C. In poche parole si tratta prima chi ha
più probabilità di sopravvivenza.
Quali sono le variabili che mettono in crisi l’assistenza ad un politraumatizzato?
• • Fattori meteo negativi
• • Problemi di ordine pubblico
• • Impatto emotivo
N.B: Ricordate bene la legge delle 3 M: Merda, Morte e Malattia. Quando non ne sentirai più la
puzza, quando la vita di una persona per te non farà differenza, quando le sofferenze di una persona
saranno una cosa normale, cambia lavoro che sei diventato un animale. Al contrario di quello che
vorranno farvi credere, ovvero che voi avrete il pelo sullo stomaco, non dategli retta, riservatevi
sempre il diritto di versare una lacrima. Non esiste nessuno di noi che prima o poi non si trovi davanti
ad una situazione dove rimane di sale. La vostra salvezza quale sarà? La conoscenza profonda del
protocollo, perché anche se sto di sale so fare la giusta procedura.Gli automatismi che
passano attraverso la conoscenza, sono positivi. Nonostante lo stress emotivo della
situazione sapete risolvere la situazione.
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Colore che presentano Multiple Organ Failure non si possono salvare.
• • Il danno primario come lo combattiamo?Con la prevenzione, cercando di
prevenire gli avventi avversi ed utilizzando i dispositivi di sicurezza.
• • Il danno secondario invece lo combattiamo con la qualità del soccorso. Se noi
abbiamo fatto un soccorso qualitativamente accettabili, stabilizzando le 5 masse corporee
con il ragno: cranio, tronco, bacino, ginocchia e piedi; possiamo minimizzare danni
secondari. Se io stringo bene piedi e ginocchia, tronco e cranio, mentre lascio lasco il bacino,
tutta l’energia si concentrerà nel movimento del bacino.
Di cosa si muore nel trauma? Ipossia e Shock, condizioni accomunate da mancanza di
ossigeno. Ipossia e shock sono ossigeno dipendenti, nel trauma si muore per mancanza
d’ossigeno. Lo shock cardiogeno, neurogeno, ipovolemico sono accomunati dal fatto che
in tutti manca l’ossigeno che perfonde i tessuti. Capito questo si capisce come iniziare il
trattamento del politrauma.
GOLDEN HOUR: entro 60 minuti il politraumatizzato deve entrare in una camera
operatoria, per ogni minuto che passa in percentuale diminuiscono le possibilità di
sopravvivenza. La golden hour è un concetto che va avanti da anni, ma adesso si parla anche
di platinum minuts, ogni minuto di questa ora è di platino, ne perdiamo 1, abbiamo perso
un immenso valore temporale nei confronti del paziente. L’ora d’oro non parte da quando
arriviamo sul luogo, ma da quando ha avuto l’incidente, il trauma. Quindi avremo
sicuramente meno tempo al nostro arrivo.
Come affrontiamo il politraumatizzato?
Anticipazione: la mattina quando salite su un’ambulanza, viene prima il controllo e il check
della macchina. Verifica del materiale e soprattutto la presenza del materiale, oltre al suo
funzionamento, soprattutto per quanto concerna la bombola dell’ossigeno.
ALCUNI PRINCIPI DI FISICA APPLICATI AL TRAUMA
Un corpo in movimento rimane in movimento finché non incontra una forza esterna.
Quindi, in un trauma, quello che non si vede all’esterno del corpo, potrebbe essere successo
all’interno, perché gli organi continuano a muoversi fino ad impattare sull’interno del
nostro corpo.
La cavitazione è dovuta ad esempio da una coltellata, ma il fegato può essere comunque
traumatizzato modificando l’anatomia del corpo. Con una randellata, si provoca un danno
interno pari ad una coltella, ma non si vede dall’esterno.
Perciò in quest’ottica usiamo due strategie di trattamento:
• nei traumi chiusi usiamo lo “stay and play”, stai lì e te la giochi, stabilizzi il paziente.
• nei traumi aperti, la coltellata, usiamo lo “scoop and run”, lo carico in ambulanza e
corro all’ospedale perché serve il chirurgo che dia un’occhiata all’interno.
I criteri di centralizzazione di trauma grave quali sono?
• Incidente in autostrada, velocità elevata. In autostrada anche se dite che ci sono 50€
di danni, non ci siamo fatti niente, l’attivazione in centrale operativa è CODICE ROSSO.
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• Incidente con necessità di estricazione, CODICE ROSSO, perché serve tempo per
tirarlo fuori.
• Scontro frontale su strada extraurbana
• Scontro auto-bici
• Incidenti sportivi
COME PROCEDIAMO? LA VALUTAZIONE PRIMARIA E LA VALUTAZIONE
SECONDARIA.
La valutazione primaria ci permette di identificare i killer che portano a morte il paziente.
Dobbiamo identificare immediatamente 2 killer: insufficienza respiratoria e shock.
Quando si sta per strada è fondamentale avere il quadro della situazione sotto gli occhi, ma
soprattutto gestire tutte le vostre azioni con l’ausilio di tutti e 5 i sensi, più il sesto senso,
l’istinto. Non diffidate dell’istinto. Se una cosa non vi quadra, ma i parametri sono ok, non
diffidate dell’istinto.
Perché ci sono dei segnali che voi imparerete a percepire dopo anni di esperienza, ma non
diffidatene.
La valutazione primaria si compone di cinque step: A-B-C-D-E
A: Pervietà delle vie aeree: controllo delle vie aeree e immobilizziamo il rachide.
B: Controllo del respiro attraverso l’OPACS: Osservo, Palpo, Ausculto, Conto,
Saturimetro
C: Circolazione
D: Valutiamo lo stato di coscienza con altri due strumenti: la AVPU è una cosa immediata,
si basa solamente sull’apertura degli occhi, e l’altro è il GCS.
E: Esposizione e protezione
• Valutazione e trattamento vanno svolti in contemporanea, se valuto risolvo, se non riesco
a risolvere non passo allo step successivo.
• In Esposizione e protezione si denudano i pazienti.
N.B Prima legge: i versi emessi dalla bocca del traumatizzato sono inversamente proporzionali al
danno. Seconda legge, l’unico punto che non controlli è quello critico.
Perciò è vero che li dobbiamo spogliare per ispezionare bene il corpo, ma li dobbiamo
assolutamente ricoprire, perché il politraumatizzato anche a 45° di temperatura disperde
calore e va in ipotermia.
A perdere un grado ci vuole un’ora, a recuperarlo 7-12 ore.
Oltre alla coperta termica, infusioni calde.
Fase A
• • Valutiamo lo stato di coscienza, ovviamente su un politrauma non si scuote, ma si
ecciteremo sensorialmente con stimoli sonori o dolorosi (lo stimolo doloroso si dà sull’arcata
sopraciliare).
• • Esploriamo il cavo orale, rimuoviamo eventuali corpi estranei comprese le protesi
dentarie. Rendere le vie aeree aperte in base alle proprie competenze. Come valutiamo la
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pervietà delle vie aeree? Con l’iperestensione della testa? Ad un politraumatizzato no, si fa
la sublussazione della mandibola, manovra estremamente dolorosa, il paziente deve
avere problemi in A, non respirare ed essere incosciente.
• • si posiziona il collare cervicale.
Finita la fase A, passiamo alla fase B.
Valutazione del respiro con OPACS
• • Osservo l’attività respiratoria, come espande questo torace: simmetricamente,
bilateralmente, asimmetrico.
• • P.Inizio a palpare il torace, delicatamente, orientato, alla ricerca dell’eventuale
enfisema sottocutaneo percepito all’osservazione, che è il segno patognomonico.
Dell’enfisema si sente andando a palpare la sensazione di crepitio di neve sotto le mani,
che è il segno di uno pneumotorace iperteso. In questo caso l’aria entra, ma non esce; il
polmone si gonfia, spinge la trachea lateralmente, si ha il turgore delle vene giugulari, si
sente il crepitio sotto le dita e ciò significa che ha poco margine di sopravvivenza. In questo
caso si fa il drenaggio immediato: secondo spazio intercostale, margine superiore della terza
costa (non margine inferiore della seconda!) buchiamo con un ago di grosso calibro e
dreniamo l’aria; tanto che si detende la situazione ed arriviamo in ospedale con tempi tecnici
adeguati per far trattare il paziente.
• • A- Ascolto se ventila o non ventila, crepitii
• • Conto: sotto i 12 e sopra i 29 non respiriamo, insufficienza respiratoria.
• • Saturimetro
I protocolli precedenti prevedevano, per quanto riguardava il politrauma, 12-15 litri minuto
con maschera con resevoir a tutti. Le nuove linee guida prevedono che venga dato ossigeno
ad alti flussi solo sotto il 95% di saturazione.
Qual è il problema del trauma? L’ossigeno. Tutti noi sappiamo che il 40% delle persone che
soccorrete e sono agitate ed aggressive sono sotto l’effetto di alcol o droghe, ma noi persone
che hanno questo tipo di comportamento dopo un trauma dobbiamo sempre considerarli
come possibili ipossici celebrali. Tutte le persone che hanno turbe del comportamento
quindi vanno considerate come ipossiche. Una cosa che di solito si fa è un emo-glucotest,
perché la turba del comportamento può essere data dall’alcol, dalle droghe, dal trauma, ma
anche dal fatto che può essere in ipoglicemia. Le bombole d’ossigeno di ultima generazione
non hanno bisogno di chiavi, qualora vediate qualcuno che cambia una bombolo di
ossigeno con chiavi inglesi, sta sbagliando qualcosa. La bombola d’ossigeno ha un
manometro che indica la pressione all’interno, da lì si può dedurre se è carica o meno, però
sappiamo solo quante atmosfere ci sono all’interno, ma non quanto ossigeno ci sia.
Perciò come faccio a sapere quanto ossigeno ho? Sul collo della bombola d’ossigeno vi sono
una serie di simboli, lettere e numeri. Ci sono scritti anche i litri della bombola, ad esempio
7L, 2L ecc Il manometro indica la pressione interna, allora per sapere quanti litri di
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ossigeno gassoso/volatile noi abbiamo, dobbiamo moltiplicare i litri della bombola per
il numero del manomentro:
7 litri x 200 = 1400 litri di gas dentro la bombola, che se dati per 10 l/min, ogni 10 minuti sono
100 litri, ogni 60 minuti sono 600 litri, quindi con 1400 litri in 2 ore ne ho consumati 1200.
Negli autorespiratori portatili, frequenza respiratoria e volume respiratorio sono gestiti
automaticamente, mentre tutta la macchina funziona pneumaticamente, e va considerata
anche la pressione minima di esercizio al di sotto della quale l’autorespiratore non funziona.
La pressione minima di esercizio di questi dispositivi è di 50 atm.
INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA- MARI 18-01-2018
(curato da Costanza Marsella)
Nel politrauma la valutazione primaria è quella che serve ad evidenziare le situazioni
(ovvero i killer) che possono portare a repentina morte del paziente.
La valutazione primaria si compone di:
• A: airway, vie aeree
• B ed OPACS (osservo, palpo, ascolto, conto, saturazione ossigeno)
• C: circolazione
• D: disability
• E: exposure
Iniziamo ora a parlare di C
PERFUSIONE INTRAOSSEA
Una perfusione intraossea ha la stessa capacità infusionale di un CVC. Disponiamo di
diversi modelli per fare le intraossee. Uno è il BIG (Bone Injection Gun). L’ago viene
inserito per mezzo di un meccanismo a molla precaricata.
Come funziona?
• Si toglie la sicurezza;
• si punta sul piatto tibiale. Il piatto tibiale si ricerca in questo modo: si individua per
prima cosa la tuberosità tibiale e ci si sposta di 2cm lateralmente;
• si spara il chiodo e poi si collega il sistema di perfusione.
• Testa dell’omero e malleolo sono ulteriori siti infusionali utilizzabili
• È disponibile anche un ago pediatrico.
Dispositivo FAST-ONE. Quest’ultimo è dotato di una guida cilindrica che contiene il
dispositivo di infusione, provvista di aghi-guida lungo la circonferenza. L’operatore preme
manualmente la guida sul sito di inserzione innestandola nel tessuto osseo. Il dispositivo
resta in sede dopo la rimozione della guida. Il dispositivo “Fast One”, ha come sito
accessibile solo lo sterno.
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Dispositivo EZ-IO. L’ago viene inserito per mezzo di un trapano elettrico. Il catetere
intraosseo dotato di mandrino si innesta sull’apposito trapano che serve a posizionarlo
all’interno dell’osso; terminato il posizionamento si rimuove il mandrino e si può iniziare
l’infusione.
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REPERIMENTO DEL SITO VENOSO. I protocolli moderni, per quanto riguarda il
politrauma, prevedono al massimo due tentativi di accesso venoso, dopodiché si passa
all’intraossea. Se non si ha a disposizione l’intraossea, si fanno due tentativi, si carica il
paziente e si va al pronto soccorso. Magari in itinere si continua a provare, ma è meglio
portare al pronto soccorso un politrauma in tempo senza un accesso venoso che portarlo in
ritardo con un accesso venoso poiché la differenza molto spesso -come vi dicevo per le ferite
penetranti- la fa la sala operatoria.
Allo stesso modo, se non si riesce ad intubare si usa una i-gel, un otturatore esofageo o un
altro dispositivo sovraglottico. Mal che vada si utilizza una jet ventilation, ovvero si buca
la cartilagine cricoidea con un ago di grosso calibro e si manda nell’albero bronchiale
ossigeno ad alto flusso.
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TAMPONAMENTO O LACCIO? La prima cosa da fare in fase C è usare tutti i sensi
nell’analizzare lo scenario. Qualora andaste ad approfondire il protocollo in maniera
sistematizzata, la prima cosa è valutare se ci sono emorragie visibili. In questo caso cosa
facciamo? Tamponiamo o mettiamo il laccio emostatico?
Il laccio emostatico deriva da una concezione un po’ arcaica dall’emostasi d’emergenza.
Badate bene, ho detto laccio (intendendo cinte, cravatte etc) poiché questi dispositivi hanno
una superficie d’appoggio limitata. Per tale ragione, nel momento in cui li stringiamo, hanno
un’azione tagliente rovinando i tessuti, compresi i vasi, tanto da creare problemi ai chirurghi
vascolari con le anastomosi. Per un certo periodo ci siamo orientati quasi esclusivamente
verso il tamponamento o con il blocco arterioso a monte: se comprimo l’arteria omerale
sicuramente qualsiasi emorragia a valle si arresta. Attualmente stiamo rivalutando il laccio
sotto forma di tourniquet che stringe come il laccio l’arto ma con una superficie d’appoggio
molto più larga, tanto che quando costringiamo non fa danni da “taglio”. Fermo restando
che le indicazioni da un punto di vista generale è che il laccio si mette prevalentemente nelle
amputazioni, soprattutto in quelle da strappamento. Ferite come quelle provocate da
macchine di tipografia sanguinano pochissimo poiché l’azione meccanica esercitata dalla
lama fa collabire i vasi, creando un’emostasi da schiacciamento.
Ci sono delle parti in cui la compressione è difficile ed è preferibile il laccio, così come parti
anatomiche facilmente. A me è capitato che un macellaio si fosse infilato uno stiletto
nell’inguine. In quel caso si tappa la ferita con un dito ed in seguito si usano altri presidi: si
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può ad esempio utilizzare una fisiologica per creare un bendaggio compressivo con l’ausilio
di garze e cerotti. Le compressioni, così come il tourniquet, non sono manovre leggere.
Quando posizioniamo un tourniquet -e questo vale prevalentemente in teatri di guerra- ogni
quarto d’ora va allentato per non creare una sindrome da riperfusione. Ci comportiamo
dunque come se avessimo una sindrome da schiacciamento poiché allentando il laccio
improvvisamente, tutte le sostanze tossiche formatesi nel frattempo vanno in circolo, ed il
paziente rischia di morire. Nel caso in cui si debbano soccorrere persone con arti schiacciata
da pesi si mette il laccio o, in casi estremi, si taglia in situ. Non si rimuove il peso se la
circolazione non è stata interrotta a monte del trauma.
Controlliamo che vi siano emorragie visibili. Facciamo quello che si fa nel bls. Se non ha
segni di circolo facciamo il massaggio cardiaco, pur consapevoli che in caso di arresto
cardiaco dato da trauma la possibilità di sopravvivenza o di ritorno a ritmo sinusale di quel
cuore è quasi pari a zero.
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VALUTAZIONE DEL CIRCOLO. Per valutare il circolo vanno presi in considerazione
diversi fattori:
• Temperatura e colore della cute. Dove quest’ultima è molto fredda e bluastra, in
genere il sangue non arriva;
• Tempo di riempimento capillare: sui politraumi spesso la prima cosa che facciamo
è premere il letto ungueale, che normalmente con questa manovra diventa bianco e
subito dopo si ricolora. Il tempo di riempimento capillare normale è circa 2 secondi.
• Frequenza cardiaca e qualità del polso.
• La cosa più importante è sapere che pressione noi abbiamo in relazione al
reperimento dei polsi periferici perché dobbiamo garantire l’ossigenazione di tutti i
tessuti nobili che sono: cervello, cuore, midollo spinale.
La “pressione minima di esercizio” del cervello, ovvero il valore al di sotto del quale il
cervello va in sofferenza con danni cerebrali è 60 mm/hg. Se sento un polso radiale, ho
sicuramente una pressione uguale o superiore agli 80 mm/hg. Se vi sono problemi
particolari, si prende il polso carotideo. In tal caso, qualora prendessi nota del valore del
polso carotideo, un medico legale saprà che in quel momento si sta lavorando con valori
uguali o superiore 80 mm/hg, garantendo dunque la perfusione cerebrale.
• Se non è reperibile il radiale ma sentiamo il femorale, è superiore uguale a 70 mm/hg.
• Se non reperiamo il radiale, né il femorale ma solo il carotideo, avrò un valore uguale
o superiore a 60 mm/hg. In questo caso la preoccupazione è estrema.
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Segni clinici dello shock. Quando incominciamo a sospettare che un paziente sia in in
shock?
• Colorito della pelle. Pallore, pelle sudata e fredda.
• Ipotensione;
• Tachicardia;
• Tachipnea;
• Stato di agitazione
Anche se il 40% delle persone agitate e violente sono sotto l’effetto di alcool e droga, noi li
dobbiamo considerare come potenzialmente ipossici poiché se si abbassa la pressione e vi è
discrepanza tra massa circolante e letto circolatorio, il cervello non viene perfuso
correttamente.
Mediamente il 7% del peso corporeo è quello del sangue. Questo faceva la differenza per
il progetto di riempimento volemico utilizzato in precedenza. Con questo sistema, si
valutavano le perdite e si classificavano i pazienti in una classe di shock. Le classi di shock
andavano dal 15 al 40% di perdite ematiche, in base ad una serie di segni (coscienza,
respirazione, pressione sistolica, frequenza cardiaca). Si classificava dunque il paziente in
una classe di shock in base alla quale (es ha perso il 30% di sangue, es quasi un litro, lo devo
reintegrare con i liquidi) si impostava il progetto di riempimento volemico.
Si allarga il letto circolatorio, la massa circolante resta la stessa. Qual è lo shock che dà una
cosa del genere? Neurogeno.
Quanti tipi di shock conosciamo?
• Cardiogeno
• Settico
• Ipovolemico (letto circolatorio invariato ma si abbassa la massa circolare)
• Neurogeno (vaso vagale). Quando subisco un trauma al midollo spinale, ho uno
shock neurogeno: la pressione si abbassa, la frequenza cardiaca resta uguale perché
il SNC il vago ed il periferico non fanno altro che dilatare il letto circolatorio. La
massa circolante resta uguale, il problema è che la pressione si abbassa.
Lo shock non si vede solo dalla pressione, è una condizione multifattoriale
comprendente:
• Ipotensione;
• Cute pallida e sudata
• Estremità fredde
• Tachicardia con polso piccolo
• Tachipnea
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• I primi segni vengono dalla testa: il paziente inizia ad essere nervoso, agitato,
aggressivo arrabbiato per poi arrivare al poco lucido, al sopore e poi al coma.
La comunità scientifica internazionale ha dunque stabilito che chi ha presenta determinate
caratteristiche caratteriali si dà per ipossico fino a prova contraria, ottenuta in ambiente
protetto
Queste assunzioni hanno modificato il concetto di riempimento vascolare.
Non teniamo più alle classi di shock ed a quanto si è perso di netto. In passato ciò
rappresentava un problema in quanto la comparazione volumetrica tra liquidi e sangue era
complessa: se perdo un litro di sangue, volumetricamente lo posso sostituire con un litro di
colloide (ad esempio Emagel). I protocolli tuttavia prevedevano che non potessi usare più
di 500cc di Emagel poiché, oltre a provocare un sovraccarico renale importante, può dare
origine ad allergie importanti difficilmente risolvibili. Per questa ragione, dopo i 500cc di
Emagel si usavano i cristalloidi, e lì insorgeva una ulteriore problematica perché il rapporto
sangue cristalloidi è di 1:3 in quanto il 33% del cristalloide va nello spazio intercellulare. Se
perdo un litro di sangue, mezzo litro può essere dunque tamponato con l’Emagel, l’altro
mezzo con un litro e mezzo di cristalloidi. Capite bene come vi fossero grossi problemi da
un punto di vista gestionale. Da un punto di vista clinico, oltre ad un sovraccarico a livello
cardiaco una conseguenza piuttosto importante era l’emodiluizione: sebbene il paziente
fosse volumetricamente compensato, il liquido in circolo non aveva più quelle proprietà
tipiche del sangue. Per tali ragioni ora si fa riferimento ai target pressori.
TARGET PRESSORI
• Nel trauma chiuso è necessario mantenere una pressione arteriosa sistolica di
massimo 90mm/hg.
• Nel trauma penetrante dobbiamo mantenere una pressione arteriosa sistolica di
massimo 70mm/hg.
• Nel trauma cranico dobbiamo superare i 110mm/hg.
Quando abbiamo un’emorragia cerebrale, eccetto per uno sfondamento totale della scatola
cranica, il sangue resta all’interno della stessa formando un grumo. Dobbiamo dunque
raggiungere pressioni più elevate affinché il sangue circolante superi questo ostacolo -
gravità compresa- e ce la faccia a garantire quella minima perfusione cerebrale.
Tra trauma penetrante e trauma chiuso, come abbiamo detto, cambia la cavitazione ovvero
una variazione o meno dell’integrità tessutale. Non vi è dunque differenza, se non questa,
tra la pressione di un dito ed una coltellata. Naturalmente, che tutto sia tornato come prima
dopo la pressione esercitata con un dito non implica che non vi sia stato danno.
Nel trauma penetrante dobbiamo tenere la pressione un pochettino più a bada per evitare
l’emodiluzione e l’effetto “tappo di champagne”: rischiamo di far saltare, per un aumento
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improvviso della pressione, i processi coagulativi iniziali. Pericolo minore vi è nel trauma
chiuso poiché è vero che vi è un danno ma, non essendovi soluzione di continuo sui tessuti,
la parte è compattata, minimamente compressa dal punto di vista anatomico fisiologico
quindi possiamo permetterci una pressione maggiore.
Quella dei target pressori è una scoperta italiana che poi è stata acquisita a livello mondiale.
I target pressori sono utilizzati in tutti il mondo per il progetto di riempimento volemico
attuale. È stato appurato – mediante studi randomizzati, dopo anni di sperimentazioni e
valutazioni si fa la metanalisi ovvero si comparano i risultati degli studi, dopodiché
eventuale dopo counseling a livello mondiale ci si attiva sulle linee guida- che sia
sufficiente garantire i target pressioni. Se ad esempio ho un paziente che ha subito una
coltellata con una sistolica di 50 mm/hg ed una minima impercettibile, il mio progetto
volemico sarà quello di portarlo a 70 mm/hg e mantenerlo a 70 mm/hg.
Quando abbiamo la possibilità, nella fase C mettiamo due aghi. Come saprete, ve ne sono a
disposizione diverse misure: 18,16,14 e così via. Il 18 è la cannula di cortesia, serve a poco,
gli aghi che si usano in emergenza extraospedaliera per quanto riguarda prevalentemente
il trauma sono corti e di grosso calibro, da 16 a 14 FR arancioni o grigi). Ogni ago garantisce
un tot di perfusione all’ora. Se la flebo è avviata al massimo, avrò il 18 che fa 300cc/h, il 16
che fa 500cc/h, il 14 che fa 1500cc/h
Perché proprio due aghi? Uno viene impostato con lavaggio, uno a mantenimento del target
pressorio. Ne vengono posizionati due poiché, se uno non funziona, si ha l’altro pronto,
anzitutto, in secondo luogo poiché in ospedale ne abbiamo uno pulito per le analisi, dopo il
lavaggio. Gli aghi attuali tra l’altro hanno enzimi antiaggreganti piastrinici e conformazione
di punta che impediscono l’aggregazione piastrinica ed enzimi
D: DISABILITY.
Nella fase D andiamo a valutare lo stato di coscienza. Lo possiamo valutare con due
strumenti:
AVPU: è velocissimo e si basa solo ed esclusivamente sulla apertura degli occhi. Un
paziente è:
• Alert: sta ad occhi aperti e chi segue;
• Verbal: quando apre gli occhi solo dietro stimolo verbale;
• Pain: quando apre gli occhi solo ed esclusivamente dietro similo doloroso;
• Unresponsive: non risponde affatto, è l’equivalente di Glasgow 3.
Il Glagow Coma Scale. Si basa su:
• Apertura occhi;
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• Risposta verbale
• Risposta motoria
Il punteggio va da 3 a 15. È un misto di valutazione neurologica che va ad incidere sulla
sopravvivenza del paziente. Con un Glasgow sotto 9, si intuba.
• Lo stimolo doloroso -si dà solo ed esclusivamente sull’arcata sopracciliare.
• Quando parliamo di risposta motoria si evoca la risposta motoria neurologicamente
più semplice ovvero tirar fuori la lingua.
• Per la risposta verbale si fanno domande di cui noi conosciamo sicuramente la
risposta (in che giorno siamo oggi?).
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E: EXPOSURE.
Si tratta dell’esposizione del paziente. Il politraumatizzato disperde molto calore. I reni non
filtrano più, se andiamo in ipotermia, e rischiamo di perdere il paziente quindi appena lo
scopriamo lo dobbiamo ricoprire e termoproteggere con la termocoperta/metallina che
garantisce l’isolamento termico. L’oro va fuori perché attira il calore. L’argento va dentro,
poiché respinge il calore che il paziente disperde facendo ritornare il calore sullo stesso.
Quando scopriamo il paziente, dobbiamo andare alla ricerca di quelle situazioni che non
abbiamo potuto vedere prima: oggetti penetranti, ferite che non avevamo visto, deformità
che non dovrebbero esserci per poi ricoprirlo.
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VALUTAZIONE SECONDARIA
Abbiamo finito la valutazione primaria -che si fa in un minuto e mezzo tre minuti.
Dobbiamo passare alla secondaria. In un’ottica di stay and play, la facciamo sul posto. In
un’ottica di scoop and run, finiamo la primaria e scappiamo in ospedale. Se abbiamo la
possibilità la facciamo sul cammino.
Se nella primaria abbiamo cercato i killer: il respiro, il sangue etc, la secondaria è,
sottilizzando, una rifinitura che ci fornisce le particolarità. La valutazione parte dalla testa,
facendo l’esame testa/piedi. Anzitutto cambiamo i guanti: il guanto bianco ci permette di
valutare se parti che prima non avevamo tastato sanguinano. Inizio a toccare in maniera
approfondita il paziente:
• Teca: integra
• Arcate sopraccigliari: integre
• Zigomi: integri;
• Pupille: isocoliche, isocitiche, normoreagenti
• Piramide nasale: integra;
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• Segno del “procione”: assente, segno di Buttle, assente. Il “segno del procione” si ha
quando il paziente presenta occhi ecchimotici, il segno di Battle sono delle ecchimosi
retroauricolari che stanno a significare una probabile frattura della base cranica
• Piramide nasale: integra
• Rinoliquorrea o rinorragia, negativa
• Otoliquorrea o otorragia, negativa
• Non avulsioni dentarie
• Giugulari: normotese o turgide
• Trachea, in asse
Nella primaria facevamo OPACS, nella secondaria ci limitiamo ad OPA: osservo come
espande il torace, palpo e lì viene fuori la prima novità: lo palpo non in maniera veloce
ma che mirava solo da una parte, ovvero l’enfisema sottocutaneo, che è uno dei killer.
Adesso andiamo a saggiare strutturalmente la gabbia toracica:
• Sterno;
• Coste per sentire se ci sono fratture
• Ausculto, ventila nei quattro quadranti. Devo paragonare ovviamente apice-apice
base-base.
Passo all’addome:
• Trattabile, non masse pulsanti, non ematomi
Valutazione del bacino
Vi sono due correnti di pensiero che possiamo benissimo unire per avere i risultati migliori.
L’HTRS ci dice che la manovra sul bacino non va fatta, bisogna osservare soltanto i segni
secondari ovvero allineamento e perdita ematica dalle vie urinarie, che potrebbero essere
segni di rottura del bacino. Il PTC dice di fare la manovra del bacino con massimo 8 kg di
pressione. Se trovate un bacino completamente disassiato, è evidente, solo Josef
“Todesengel” Mengele andrebbe a fare una pressione. Se ho un bacino normale, e non ho
segni evidenti di perdite ematiche, posso fare una modica manovra in apertura sulle creste
iliache. Se sento che cedono, scrivo sulla scheda di soccorso bacino +++ e da quel momento
quel bacino non deve essere toccato.
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Io dunque unirei le due raccomandazioni: disassiamento, non eseguo nessuna manovra,
bacino in asse con una dinamica che potrebbe protendere per una lesione del bacino, lo
valuto. Una volta valutato si posiziona un T pod, che è una sorta di panciera che viene messa
con dei lacci che fanno da tirante, ma per noi che siamo poveri metto un lenzuolo, non lo
allungo per tutta la circonferenza, tengo la patta larga e con un cerotto stringo ed avvicino i
due lembi.
Dopo il bacino si esegue la valutazione della sinfisi pubica che ha lo stesso meccanismo del
bacino. Negli uomini esiste il priapismo che è indice, nel 99% delle volte di una lesione alta
del midollo spinale. Subito dopo facciamo le prove di sensibilità sotto le mani, chiediamo di
chiuderci le mani, saggiamo la forza. La differenza tra destra e sinistra è importante. Se il
braccio ha preso una botta stringerà di meno, se non ha preso colpi ed il paziente ed ha
anisocoria e rima buccale storta può indicare un altro genere di lesione.
Quando abbiamo fatto OPACS, vi ho parlato di alcune cose che si possono vedere e trovare
nella gabbia toracica. Consideriamo un’espansione anomala della gabbia toracica: il voilet
costale è una rottura di costole successive che antagonizza il movimento della gabbia
toracica. Si chiama anche respiro paradosso.
• Puntura per lo
pneumoiperteso
• Jet Ventilation: per
dare grossi flussi di ossigeno.
Buchiamo la cricoide con un
ago di grosso calibro e
colleghiamo alla via aerea
ossigeno ad alti flussi. C’è una
ridotta attività respiratoria. Il
soccorritore occlude con il dito
la valvola in fase inspiratoria,
chiudendo quella valvola tutto l’ossigeno che viene erogato va dentro l’albero respiratorio.
Ed anche se i volumi sono minori, si aumenta la concentrazione di ossigeno. Si tratta di una
tecnica che può garantire un margine limitato di tempo però in emergenza quando non si
riesce a fare altrimenti, si riesce a raggiungere un ospedale vicino.
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Il 25% dei giovani è su una sedia a rotelle perché il soccorritore ha commesso un errore di
mobilizzazione. Quando vi parlavo di immobilizzazione e mobilizzazione del paziente -
solidarizzazione delle cinque masse corporee sull’asse spinale- e quando dicevo che le
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ambulanze non devono andare a 300 all’ora per non amplificare le vibrazioni che possono
far diventare una frattura composta una lesione mielica, intendevo proprio questo. Il trauma
è la patologia negletta del nostro tempo, la più sottostimata. Il 20% delle autopsie che
vengono eseguite a seguito di un trauma, danno un esito positivo per compromissione
vertebrale, soprattutto del rachide cervicale.
IL SISTEMA DI EMERGENZA SANITARIA EXTRAOSPEDALIERA DEL LAZIO
Per dare una risposta sanitaria al di fuori dell’ospedale, bisogna avere determinate
caratteristiche. Il Lazio ha (con una tendenza all’aveva) il più grande sistema di emergenza
sanitaria extraospedaliera di Europa ma anche l’unico sistema di emergenza sanitaria
extraospedaliera composto esclusivamente da professionisti. Non vi erano volontari e non
vi erano privati. Con il blocco delle assunzioni e l’invecchiamento del personale stiamo
procedendo verso l’outsourcing.
La missione di un servizio di emergenza sanitaria extraospedaliera è una sola: superare il
concetto di trasporto, andare all’ospedale più idoneo e non quello più vicino nei tempi
previsti, che sono normati dalla legge:
• 8 minuti in area urbana;
• 20 minuti in area extraurbana
Quello che non si sa è che questi tempi sono rispettati. Essendovi però triage telefonico, i
verdi aspetteranno molto.
Nel passato c’era un sistema di trasporto: chi era deputato al trasporto si occupava soltanto
di far prevenire il paziente in ospedale come se fosse un pacco. Dopodiché, con una serie di
interventi legislativi, si è trasformato il tutto da un servizio di trasporto ad un servizio di
soccorso. La differenza è notevole. L’ospedale è andato sul territorio, il paziente è soccorso
nel tempo nel modo giusto e portato al posto giusto, il soccorso entra a pieno titolo nella
parte sanitaria di tutto il sistema. Da trasportatori si è diventati dunque soccorritori.
Nell’arco del tempo c’è stato un grande sforzo culturale, un piano formativo che ha
omogeneizzato sia gli strumenti che la base culturale. Si è data una sorta di LEA al 118, nel
senso che i livelli minimi di formazione li dovevano avere tutti tanto da omogeneizzare il
territorio. Abbiamo dotato gli automezzi con la stessa tipologia di allestimento. Tutti
riusciamo a garantire in maniera uguale la stessa erogazione di servizio a tutti i cittadini del
Lazio. Questo è stato un grande risultato. Siamo diventati soccorritori e non trasportatori
perché prima arrivava la chiamata, punto A partenza, B il target, C l’ospedale di afferenza.
Da punto A a B 8 minuti, da B a C 8 minuti. Poi ad un certo punto abbiamo visto che da
punto A a B 8 minuti ma da B a C 20,25, 30 minuti. Avevamo iniziato a trattare i pazienti
sul posto. Poiché mettere il paziente sulla barella a cucchiaio, spostarlo sulla spinale,
mettere il collare, togliere la spinale, mettere il ragno, trovare due vie di accesso sono
operazioni dispendiose in termini di tempo, ergo il sistema si era modificato radicalmente.
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Si va da mezzi che permettono di conservare al minimo le funzioni vitali di base – come le
moto mediche- e poi, incrementando l’allestimento del mezzo, migliorare l’assistenza.
Il tutto viene gestito da una centrale operativa. È un organico che va dalle 60 alle 80 unità
con due linee di attività ben precise:
• Triage
• Dispatch
Il numero sta transitando dal 112 al 118. Quando qualcuno risponde, le domande che fa
sono da protocollo standardizzato – che viene effettuato attraverso evidenze scientifiche
dicono che quelle sono le domande da fare. Le domande hanno un andamento dicotomico.
Si tratta di domande che daranno origine ad un codice colore. Es, Respira? Codice rosso e
parte un’ambulanza. Si continua con le altre domande ma viene fatto partire subito il mezzo.
Quando si riesce ad acquisire il dato, il collega che da origine ad un codice, pigia un pulsante
e la videata si trasferisce sull’altra linea di attività, che è quella del dispatch. I dispatchisti
decidono a chi dare il soccorso avendo un’ottima conoscenza del territorio. Queste due
attività sono di competenza infermieristica per legge. I dispatchisti danno il soccorso,
sanno perfettamente a chi lo danno e le caratteristiche del soccorso: molto spesso danno
soccorso ad una ambulanza a 10km rispetto ad una che sta a 2, sapendo magari che in quella
via ci sono lavori e strettoie. Questo significa saper tenere il territorio.
Le domande che vengono fatte non sono domande casuali. Possono suscitare l’ilarità
dell’utente della serie: cosa vede? I campi. Che campi? Campi di grano, sono stati mietuti
da poco? Quando parlate date delle indicazioni che a voi non risultano vitali ma per noi
sono chiavi di volta. Se mi dite che ho un incidente pontina direzione Roma, con un paziente
incastrato in macchina ed io ho Pomezia che è fuori verso Anzio per un altro soccorso mi
hai detto:
• Estricazione complessa
• Golden hour
• Devo chiamare i pompieri
• Devo mandare una macchina dal sant’eugenio
• Essendo estricazione complessa devo mandare il paziente ad un trauma center ergo
ci mette un’ora. Allora il sant’Eugenio stabilizza, i pompieri estricano, stabilizzazione
e devo domandare se il prato è stato mietuto. Cosa c’entra? Se l’elicottero deve
atterrare e se il campo non è mietuto deve fare hovering perché con una spiga nel
rotore l’elicottero casca.
Abbiamo ponti dedicati digitali su due canali per Roma e fuori Roma. Comunichiamo su
ponte radio, rete cellulare e localizzazione satellitare su tutti i mezzi. Può servire da un
punto di vista giuridico in caso di contenzioso legale che in quell’ora ti trovati in quel punto.
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Comunichiamo con rete digitale sia con palmari, ogni mezzo è dotato di radio con
attivazione dei sistemi di emergenza e sicurezza: se pigio i pulsanti in una certa maniera, la
radio si attiva in comunicazione: in centrale operativa annulla il canale e si sente solo quello
che faccio io -quando c’è pericolo per la sicurezza dell’operatore, ad esempio se è minacciato
con un’arma.
Noi abbiamo un modello di gestione orizzontale. Altre centrali operative a minori flussi di
attività hanno un andamento verticale: mi prendo la chiamata, la elaboro, dò il codice colore
e assegno il soccorso mentre le centrali ad alti flussi di chiamate non possono fare questo.
Siamo più veloci, facciamo fronte a notevoli chiamate, gestiamo più mezzi
contemperamento ma servono tante persone, c’è un effetto catena di montaggio ed è troppo
frammentato il soccorso: chi ha generato il codice triage ed ha dato indicazioni a chi era
presente non saprà come andrà a finire perché generato il codice la schermata va nel settore
del dispatch. Abbiamo 5 centrali operative (adesso sono diventate 3 perché Rieti e Viterbo e
Latina e Frosinone sono state accorpate). Roma è quella che ha il coordinamento nel caso di
maxi emergenze, Roma è quella che ha la gestione del territorio laziale.
In ogni azienda il costo primario non è quello del materiale o delle macchine bensì il costo
del personale. Il 67% delle spese dell’Ares è dato dal costo del personale.
Soccorsi del 2013: guardateli ed iniziate a riflettere. Non ho aggiornato le slide perché i
numeri sono simili.
• Roma e Provincia
• Viterbo
• Rieti
• Latina
• Frosinone
Non c’è battaglia ed i dati all’interno del raccordo sono massicci. Bologna, con una
popolazione notevolmente inferiore ha 70 automezzi, Roma oggi ne ha in circolo 32. Capite
bene che far fronte ad un volume di attività del genere è dura.
Come mai la provincia di Frosinone ha un costo così alto?
• Distanza dall’ospedale;
• Chilometri di percorrenza per raggiungere un DEA di secondo livello sono maggiori;
• Geografia impervia del territorio (catene, gomme termiche, mezzi 4x4)
• Maggiori danni ai mezzi e maggiori spese per la gestione del personale poiché
l’incidenza di incidenti è maggiore
• Percorrenze lunghe
Con i percorsi clinico assistenziali, non posso portare tutti da tutte le parti. Non posso
portare un politraumatizzato in un ospedale che non sia un trauma center.