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IN QUESTO MONDO DI MASCHI di Alessio Sgherza Dal 1990, l’Associazione italiana arbitri si è aperta alle donne. Sedici anni dopo le “giacchette rosa” sono più di 1.300 e si sono guadagnate uno spazio importante in un campo dominato dagli uomini La seguente pubblicazione è il lavoro individuale di fine corso di Alessio Sgherza ed è un allegato del Ducato, periodico dell'Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino I materiali possono essere riprodotti in tutto o in parte previa esplicita citazione della fonte ma non possono essere utilizzati a scopo commerciale. I testi e le foto sono di Alessio Sgherza

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Page 1: INQUESTOMONDO MASCHI DI - ifg.uniurb.it · I testi e le foto sono di Alessio Sgherza . Le donne iscritte all'Aia (al giugno 2005), su 31.564 associati. Solo un migliaio arbitrano

IN QUESTO MONDODIMASCHI

di Alessio Sgherza

Dal 1990, l’Associazione italiana arbitri si è aperta alle donne. Sedici anni dopole “giacchette rosa” sono più di 1.300 e si sono guadagnate uno spazio importante in un campo dominato dagli uomini

La seguente pubblicazione è il lavoro individuale di fine corso di Alessio Sgherza ed è un allegato del Ducato, periodico dell'Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino I materiali possono essere riprodotti in tutto o in parte previa esplicita citazione della fonte ma non possono essere utilizzati a scopo commerciale. I testi e le foto sono di Alessio Sgherza

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Le donne iscritte all'Aia (al giugno 2005), su 31.564associati. Solo un migliaioarbitrano nelle categorienazionali (dalla A alla D)

Quando arrivi al campo sono tutti diffidenti

ma non cattivi.Meglio così, perché so essere cattiva anch'io

’’Valentina Spina, sezione di Roma 1, 25 anniCategoria: juniores provinciali

Arbitrare è uno sportvuol dire correre,

allenarsi. Il poteredei cartellini

non c’entra niente

’’Chiara Currà, sezione di Ostia, 23 anniCategoria: giovanissimi provinciali

Numeri& curiosità

1.304

È la percentuale di donneall'interno dell'Aia (al giugno

2005): una ogni 24 uomini,con punte del 15-17% inalcune sezioni

4,1%

Percentuale di donne nellasezione di Nuoro, la più fem-minile: quasi 1 donna ogni 4uomini. A Soverato sono il15%, ad Avezzano il 13%

17,8%

Le donne a disposizione degliorgani tecnici nazionali (sucirca 1.200 arbitri). Di que-ste, sei arbitrano nel calcio a5 e otto sono assistenti

18

Le sezioni senza donne. Intotale, le sezioni Aia sono212: in Lombardia, la regio-ne con più arbitri, sono 26; ilMolise, invece, si ferma a 3

13

La divisa con la gonna?Io, sicuramente,non me la metto:

va completamente contro l’idea del calcio

’’Manuela Colelli, sezione di Roma 1, 32 anniCategoria: juniores provinciali

Ho iniziato per curiosità, la passione

ti prende poi,partita dopo partita

non puoi più farne a meno

Francesca Bontorin, sezione di Bassano, 20 anniCategoria: prima categoria

LE RAGAZZEdel fischietto

Una sfida. Ecco, in una parola,cosa vuol dire per una donnafare l'arbitro. «È una sfida agli

uomini», dice Eugenia. Che poi spiega:«Io ho sempre voluto giocare a calcio. A17 anni ho pensato chefare l'arbitro fosse unmodo per far capire agliuomini che non mi pos-sono mettere i piedi intesta». Se per alcune èuna sfida a un mondo dacui si sentono escluse,per altre è un modo dicombattere i proprilimiti. Valeria ad esem-pio. Le trema la vocequando risponde alledomande: «Arbitrareper me è una sfida contro la mia timi-dezza».Eugenia Bertin, 25 anni, e ValeriaPirocchi, 19 anni, sono due delle 1304“giacchette rosa” italiane, un (ancora)piccolo esercito che ogni weekend com-batte sui campi di calcio di tutta Italia,dalla serie A fino alle categorie giovani-li. E il gergo militare non è esagerato pergli arbitri: da soli, in campo, contro 22giocatori, le panchine, i dirigenti e,soprattutto, il pubblico. Solitamentetutti uomini.«Ci sono dei pro e dei contro nell'essereun arbitro donna», spiega FrancescaBontorin, 20 anni, sui campi da quandone aveva 16. «Quando arrivi al campo,per i giocatori e i dirigenti sei diversa.Poi, quando inizia la partita, se vedonoche sai arbitrare ti rispettano anche dipiù, ma se sbagli… sbagli perché seidonna! Fino a qualche anno fa, i pregiu-dizi erano molti di più, ma ancora nonsiamo sullo stesso livello degli uomini».Un mondo che si sta aprendo quindi,un'opinione abbastanza diffusa fra gliarbitri e gli assistenti donne. Rosanna

’’Cavoli, 28 anni, indica anche il momen-to in cui le cose sono cambiate: «Negliultimi tre anni ho notato un'accelerazio-ne. Prima rimanevano sempre un po'perplessi, ora invece pensano anche agli

spogliatoi separati quan-do arriva una ternamista». Rosanna, che èassistente in Lombardia,è originaria di Palermo elì ha arbitrato fino a dueanni fa: «Le differenze cisono, soprattutto a livellodi pubblico. A Palermo, itifosi erano più caldi».Anche nei confronti del-l'arbitro? «Anche neiconfronti dell'arbitrodonna», continua

Rosanna, sottolineando con la voce econ un sorriso il termine donna, unmodo come un altro per dire che le offe-se sono molto più pesanti.L'avventura delle donnenell'Associazione italiana arbitri (Aia) èiniziata nel 1990, quando una circolaredella Figc ha aperto le porte delle 212sezioni italiane. Oggi sono il 4% deltotale, una donna ogni 24 uomini.«All'inizio - racconta Manuela Colelli,che ha fischiato per la prima volta nel'91 - eravamo molte di meno e moltopiù coccolate. Io sono convinta cheall'interno dell'associazione siamo anchefavorite: a parità di voto, almeno nellamia esperienza, vanno avanti le donne».Gli arbitri vengono valutati da un osser-vatore, mandato dall'organo tecnico pervalutare i vari aspetti - atletico, tecnico,caratteriale - della loro prestazione; nellecategorie giovanili, la visionatura arrivatre o quattro volte a stagione, nelle cate-gorie maggiori l'osservatore è semprepiù presente, fino ad esserci sempre nellecategorie nazionali. «Alle prime partite

Sono 1.304 le donne arbitro, una ogni 24 colleghi maschiPer molte è una sfida agli uomini, ma anche a se stesse

Al centro,Manuela ColelliNella foto grandeValentina Spina A sinistra, Chiara Currà Nei box, Angela Esposito(sinistra) e SabrinaSammarco (destra)

Un’assistente inserie A, un arbitro

in serie C;le donne dell’Aiasono una realtà

anche nelle categorie nazionali

L'avvocato Angela Esposito ha 42anni, un'agenda piena di impegni euna passione per il calcio che gli è statatrasmessa dal padre, grande tifoso delNapoli. Sedici anni fa, nel 1990, haseguito il primo corso arbitriaperto alle donne: otto anni incampo, poi la scelta diappendere il fischietto alchiodo per fare la mamma.«Chiesi di essere messa fuoriquadro, una decisione presaper rispetto di mia figlia, sonogià una mamma che lavoratanto…».Angela non ha però abbandonatol'Aia; ora è la prima dirigente naziona-le donna. «Io avevo intenzione dismettere - spiega Angela - ma il presi-dente regionale insistette perché con-tinuassi». E così è iniziata la sua“seconda” carriera arbitrale: osservato-re, commissario disciplinare, procura-

tore regionale, fino alla chiamata diTullio Lanese, il presidente dell'Aia.«Quando, 3 anni fa, Lanese mi hachiesto di entrare a far parte dellacommissione disciplinare nazionale è

stato un onore accettare».«Il bello di fare l'arbitro è lo

stare insieme agli altri. Ècompletamente diversodagli sport individuali cheavevo fatto fino ad allora:

uno strumento straordinarioper imparare a rapportarsi agli

altri, sia in situazioni positive che inmomenti difficili». Come era, neiprimi anni, il mondo arbitrale per ledonne? «Siamo state accolte bene,almeno nella mia esperienza. Un sen-timento che si è poi trasformato insana competizione. I pregiudizi c'era-no in campo. Io - conclude, con unpizzico di soddisfazione - credo diessermi fatta rispettare con i fatti».

IN QUESTO MONDO DI MASCHI

2 ’’3

’’Ma che problema se hai famiglia

Ora Angela Esposito è la prima dirigente nazionale

Voleva fare l'arbitro a tutti i costi,senza aspettare. «Adoro il mondo delcalcio, ma non quello femminile.L'arbitraggio è un modo alternativoper farne parte». Guidata da questapassione, Sabrina si è presentataalla sezione di Roma 1 perfare il corso. Unico proble-ma: doveva ancora compie-re 15 anni. «Per entrarenell'Aia bisogna averne 16- spiega Sabrina - e a memancava ancora un anno».Aspettare? Neanche a parlarne:«Ho insistito, ho seguito tutte lelezioni, tutte le riunioni, prendevoappunti.. Ho fatto uguale l'esame,anche se non aveva alcun valore, el'ho passato». Nel frattempo perònon poteva arbitrare, almeno uffi-cialmente. Sabrina, come potreteimmaginare, non ci stava a stareferma e gli organi sezionali l'hanno

assecondata: ha iniziato ad arbitrarequalche partita di pulcini, qualcheamichevole, giusto per testare ilcampo e per farsi un po' le ossa.Poi, a gennaio 2005, con il nuovo

corso e i 16 anni campiuti,Sabrina ha rifatto l'esame:

«È stata solo una formalità,non ho avuto nessun pro-blema. L'ambiente che c'èall'interno dell'Aia è

splendido, non ho fattofatica a restarci. Anche se,

ufficialmente, non ero ancora unarbitro».Dopo un anno di attività, ne valeva lapena? «Sì, fare l’arbitro è una sfidaoltre che uno sport. Essere l'autorità,che però non vuol dire comandare, tida la possibilità di far uscire il megliodel calcio, e cercare di far dimentica-re tutto il brutto che c'è, ogni dome-nica, in giro per l'Italia».

Arbitro a 15 anni, a tutti i costiSabrina: «Adoro il mondo del calcio, così ne faccio parte»

’’’’

(continua nelle pagine seguenti)

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- spiega Marina Di Marco, 19 anni - eromolto tesa, come ogni arbitro. Mi capi-tò un osservatore che addirittura, allaseconda partita, mi disse che non era ilcaso che continuassi. Il voto? Mi diede 6(l'idoneità minima per rimanere in unacategoria è intorno all'8, ndr) ma io lapresi come sfida». E Marina deve avereun bel carattere dato che, a dicembre, havinto il premio come miglior arbitro dicategoria della sua sezione, quella diRoma 1, la più grande d'Italia.Nonostante i numeri siano in crescita,l'Aia rimane ancora un mondo dimaschi. Ma non è un mondo maschili-sta: «Mi aspettavo un mondo molto piùchiuso, invece è una grande famiglia». Aparlare è Valeria Pirocchi, ma quello chedice lo ripetono in molte, anche se nonmanca qualche voce fuori dal coro: «Iproblemi - racconta Cristina Lambiase,che in Campania arbitra da 6 anni - nonarrivano dai giocatori o dai dirigenti, madall'Aia. Quando passiamo i test atleticici guardano con facce allibite, della serie“ce l'hanno fatta?!?”. Vorrei che ci desse-ro più fiducia».Uomini, offese, maschilismo e luoghicomuni, purtroppo tutte cose a cui ledonne arbitro si sono dovute abituare.Ma poi, durante la partita, cosa succede?«Io - racconta Valentina Spina, 25 anni,dopo una partita di Juniores provinciali- mi diverto in campo, scherzo con igiocatori. Ma forse è così perché sonocresciuta sempre in mezzo agli uomini:sono un maschio mancato». I giocatori,spiega ancora Cristina, «sono l'ultimodei problemi. Prima della partita maga-ri scherzano, fanno degli apprezzamen-ti, però appena inizia la partita si scor-dano di te come donna, sei solo l'arbi-tro». Ma in qualche caso ci si spingeanche più in là: «Alla fine di una partita- ricorda Angela Esposito - un giocato-re è venuto da me: “Arbitro, ma le scoc-cia se ci sentiamo? Magari ci andiamo amangiare una pizza…”. Un invito cheho cortesemente rifiutato».Ma in campo, donna o non donna, si èsoprattutto un arbitro: «Le offese arriva-no comunque - continua Valentina -magari le girano solo al femminile, madi solito non sono cose specifiche controle donne». «A volte - ammette PaolaCulicelli, 26 anni, assistente inEccellenza - non c'è niente da fare.Nonostante tu abbia dato il meglio di te,non sei apprezzata comunque. Ma l'im-portante è che lo sai tu, e che eventual-mente lo sa l'osservatore».La stagione 2005-2006 ha portato unanovità che preoccupa e scontenta moltedonne arbitro: la nuova divisa. Per la

Il bello di arbitrare?Quando sei in campo

hai il Potere.Puoi dire: ‘Qui comando io!’

Mi piace troppo...

’’Alessandra Serafini, sezione di Roma 1, 24 anniCategoria: juniores regionali

Quando arbitri al meglionon fa niente

se non ti apprezzano:l’importante è sapere

di aver dato il massimo

’’Paola Culicelli, sezione di Ostia, 26 anniCategoria: assistente in Eccellenza

È bello dimostrareche ‘anche’ una donnapuò capirci di calcio.

Gestire 22 ragazziè una gran sensazione

’’Cristina Lambiase, sezione di Salerno, 24 anniCategoria: seconda categoria

A 17 anni ho sfidatoil mondo maschile:

arbitrare per far capireagli uomini che non possono

mettermi i piedi in testa

Eugenia Bertin, sezione di Padova, 25 anniCategoria: seconda categoria

prima volta nella storia dell'Aia, è statapensata una divisa per gli uomini e unaper le donne: quella femminile prevedeuna pantagonna, una via di mezzo fra unpantaloncino e un gonnellino, idea che faaccapponare la pelle a molte ragazze: «Èorrenda - taglia corto Giovanna DiEmidio - già ti prendono in giro, e noi cimettiamo anche le gonne?». Vota controla nuova divisa la maggioranza, ma c'èanche qualche voce positiva. PerValentina la motivazione è solo estetica:«Questo gonnellino si adatta meglioalle nostre forme: io sono donna e losono anche quando arbitro».Chiara Currà, 23 anni, rien-tra nello spogliatoio, chiu-de la porta e si sciacqua lafaccia. Ancora non sache i dirigenti delle duesquadre hanno parlatobene di lei.

«Davvero? - chiede,arrossendo - Sono soddi-sfazioni. Il bello di fare l'arbi-tro non è il potere di comandarein campo, di essere l'autorità, comemolti pensano. Il bello è lo sport,correre, allenarsi, stare insieme». Lauraha 24 anni, arbitra da 8 anni e di campine ha visti molti: ora fischia, in Abruzzo,sui campi di Eccellenza. «Fare l'arbitro èun'esperienza splendida. Ti forma ilcarattere, sei costretto a prenderti le tueresponsabilità, ti fa crescere. Non biso-gna sottovalutarlo: anche prendere lamacchina per andare al campo, da sola, èuno stimolo fortissimo».Quasi tutte le ragazze parlano volen-tieri e sono anche abbastanza schiette.Poi arriva la domanda fatidica: dovepensi di poter arrivare? Ridacchiano,arrossiscono e danno risposte di cir-costanza. Tutte sognano la serie A,ma si dicono contente di dove arbi-trano, che sia la Promozione o iGiovanissimi. Paola si espone piùdelle altre: «Quando hai unobiettivo, punta alla Luna;anche se non la raggiungerai,atterrerai fra le stelle».

Cristina CiniLA MIA SERIE A

La miglior moviola in campo? Un arbitrodonna. Una ricerca inglese sostiene infattiche il cervello femminile è più adatto arisolvere delle situazioni come il fuorigio-co perché «gli uomini sono troppo coin-volti emotivamente nella partita», mentrele donne adottano «un approccio più logi-co, che consente una migliore compren-sione del gioco».Una ricerca che fa sorridere e che nonsembra essere supportata dalla realtà deifatti. "Le donne in tribuna - raccontaEleonora, arbitro della sezione di Roma 1- sono molto peggiori degli uomini, noncapiscono niente e urlano tutto il tempo».

«Non si può generalizzare - chiosa inun'intervista Carolina Morace, ex calcia-trice e ora opinionista - anche perché ledonne sono sempre più coinvolte quandoguardano una partita di calcio».Ma sono così assurdi i risultati di questaricerca? In realtà no: si può giungere allestesse conclusioni partendo da ciò che sisa già sulla conformazione del cervellomaschile e femminile: «Le donne - spiegail professor Vincenzo Prunelli, neuropsi-chiatra e psicologo dello sport - hanno l'e-misfero destro del cervello, quello dell'i-stinto, più sviluppato. Gli uomini invecefanno più affidamento sull'emisfero sini-

stro, quello del ragionamento».Questo potrebbe essere, in campo, unvantaggio per le donne perché alcune deci-sioni (come il fuorigioco) devono essereprese in brevissimo tempo, quasi d'istinto.Ma è difficile tirare delle somme: «Pergiungere a queste conclusioni - dicePrunelli - servono dei grandi numeri. Quiin Italia non li abbiamo, e non so che cam-pione è stato preso in considerazione».Simili i risultati di un’altro studio, questavolta americano: analizzando oltre ottomila individui, è stato dimostrato che ilcervello femminile funziona meglio quan-do ha poco tempo a disposizione.

Fuorigioco, l’istinto femminile non sbaglia

’’È il rimborso minimo che un arbitro riceve per la direzione di una garadelle categorie giovanili (giovanissimi e allievi)

Numeri& curiosità

23€

È il rimborso per una partitadi serie A; a questa cifrabisogna aggiungere un fissoannuale che va dai 14 mila ai 37 mila euro

5.000€

L’anno in cui, una circolaredella Figc, ha consentito l’accesso anche alle donne ai corsi dell’Associazione ita-liana arbitri

1990

Cristina Cini è l'unica donnanella Can A e B, dove fa l’assistente. Ha esordito in serie A nel 2004, nella partita Juventus-Chievo

1

L’anno in cui è stato istituzio-nalizzato il ruolo dell’arbitroPrima le decisioni eranoprese, in accordo, da duedelegati scelti dalle squadre

1891

Al campo nessuno si aspettava unarbitro donna, quella mattina.Poi Cristina Cini è arrivata al

campo e ha fatto il suo esordio.Impaurita (come ogni arbitro alla primapartita), all'inizio fischiava poco, dovevaancora prendere confidenza con ilfischietto. Era il 1991.Sono passati 15 anni e possiamo dire cheCristina ha preso confidenza non solocon fischietto e cartellini, ma anche conla bandierina: oggi è il primo assistentedonna in serie A.- Cristina Cini, come è arrivata nelmondo dell'arbitraggio?«Per caso sentii parlare di un corso perarbitri, era il primo anno che era apertoalle donne. Avevo sempre fatto sport e hovoluto provare. Dopo aver fatto il corso,dopo aver arbitrato le prime partite, misono appassionata e sono andate avanti».- Meglio l'esordio assoluto o l'esordio inserie A?«Oddio, sono state due grandissimeemozioni, ovviamente diverse. L'esordioin serie A è stato un sogno che si è rea-lizzato e che non avrei mai pensato chepotesse avvenire. La prima partita, nel

1991, è stato un altro tipo di emo-zione, sono entrata in campo e

quasi non mi rendevo conto dicosa dovevo fare…»

- Più paura che emozione…«Eh sì, proprio così (ride)…

praticamente, nel primotempo ho fischiato l'inizio

e poi la fine (ride)».- Qual è il bello di fare

l'arbitro? E ora ilbello di fare l'assi-

stente?

«Mettercela tutta, cercare di fare ilmeglio possibile. E poi, naturalmente, lasoddisfazione quando si riesce a vedereun fuorigioco difficile».- L'arbitraggio è uno sport come tanti oha qualcosa di diverso, qualcosa in più?«È particolare. Prima facevo atletica leg-gera, ma qui sei una squadra, sei unaquaterna: quando si va bene tutti insie-me si hanno più soddisfazioni».- Qual è il tuo prossimo obiettivo? Omeglio, hai ancora un obiettivo?«L'obiettivo è sempre fare bene la pros-sima partita. Meglio fare un gradino allavolta, forse è stato il modo per arrivare aquesti livelli. Piano piano, le soddisfa-zioni sono arrivate».- Il calcio rimane un mondo di uomini. Èun mondo maschilista? Lo è mai stato?«Quando io facevo l'interregionale, eanche lì ero l'unica ragazza, erano tuttiun po' scettici. Ora si sono tutti abituati,ormai ci trattano come dei "maschietti"».- E nell'Aia, invece? C'è maschilismo?«Assolutamente no, io sono sempre stataaccolta benissimo in tutte le categorie.Non posso proprio dire di aver mai subi-to alcuna discriminazione, anzi… pensoproprio di essere stata molto fortunata!»- Cosa pensi della nuova divisa, quellacon la pantagonna?«(ride) Penso che l'importante sia, con lapantagonna o con il pantaloncino, fare ilmeglio che si può in campo… quello chesi indossa, alla fine, non conta nulla…»

«Nell’Aia nonc’è traccia dimaschilismo»Ma non tuttele ragazzesono d’accordo

Sopra, Chiara Currà Nella foto a destra,

Cristina Cini, l’unica donna assistente

in serie A e BLe donne nelle

categorie nazionalisono diciotto

’’ ’’’’

4 5’’

IN QUESTO MONDO DI MASCHI

(continua dalle pagine precedenti)

Una ricerca: il cervello delle ragazze più adatto a cogliere l’attimo e a decidere velocemente

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ÈÈ oraoradi allenarsidi allenarsi

È il tempo limite per correre i50 metri nei test atletici. Pergli uomini, il tempo di riferi-mento è più basso: 7''40

8sec8sec1010centesimicentesimi

«In 3 secondi,

il gioco - spiega

Marco Lucarelli -

si ribalta. All’arbitro

sono chieste

accelerazioni di 10,

20 o anche 50 metri

Ma è fondamentale

la capacità

di leggere il gioco,

per non rimanere

in ritardo

sull’azione»

AccelerazioneAccelerazione

È il tempo massimoper percorrere i3000 metri nei testatletici di inizioanno. Per gli uomini è 12minuti e 40 secondi. Il ritardo medio accumu-lato dalle donne rispettoai colleghi maschi è di 2minuti e mezzo (dati delComitato Regionale delLazio). Ma cosa succedein campo? «Se ti alleni -spiega Eugenia Bertin -in campo corri come unuomo, stai dentro l’azio-ne».

È necessario un

allenamento ad alta

intensità, con carichi

di lavoro pari all’85-

95% delle capacità

Consigliati esercizi

ripetuti di corsa

alternata veloce-lenta,

su tempi variabili

(4-5 minuti e 15-20

secondi)

ResistenzaResistenza

I chilometri che percorre unarbitro ogni partita: un valoresimile a quello dei calciatori

1111chilometrichilometri

I calci di punizione fischiati ogni partita dall’arbitro(media degli arbitri di serie A nella stagione 2004-2005, fonte: gazzetta.it)

LuciditàLucidità

3377punizionipunizioni

11secondosecondo

E’ il tempo di reazione

di un arbitro. «Più di

un secondo - spiega

Marco Lucarelli - è già

un’eternità. Ma la deci-

sione viene presa in

pochi millesimi di

secondo»

6 7

IN QUESTO MONDO DI MASCHI

14min14min5050secondisecondi

All’arbitro (che corre più dei calciatori) è richiesta un’ottima preparazione atleticaEcco gli aspetti più importanti da curare

Nella foto grandeManuela Colelli

Nelle foto piccole(dall’alto, in senso orario)

Chiara Currà, Marina De Marco,

Susanna Fiammetta,Valentina Spina

e Francesca Bontorin

I dati sono stati forniti dalprof. Marco Lucarelli,

responsabile del settoreatletico dell’Aia

I valori più alti

di frequenza cardiaca

(e quindi il carico

di lavoro maggiore)

per un’arbitro arrivano

negli ultimi 15 minuti

di gara. Per questo

è necessario

un’allenamento

specifico per gli sforzi

ad alta intensità