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Cari colleghi studenti, Magnifico Rettore, onorevole Presi- dente della Camera dei Deputati, egregio personale docente e tecnico-amministrativo, gentili ospiti, il 5 novembre dell’anno scorso, in questa stessa occasione, fu il mio predecessore, Paolo Prelazzi, a pronunciare il discorso che oggi spetta a me. Proprio dalle sue parole intendo prendere le mosse, poiché ritengo che da allora non sia sostanzialmente cambiata la situazione generale in cui gli studenti si trovano. Intervento del Presidente del Consiglio degli Studenti, Giovanni Baracetti

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Page 1: Intervento del Presidente del Consiglio degli Studenti ... · 43 Al di là dei risultati, questo è il segno positivo di una volontà partecipativa, della speranza in una democrazia

Cari colleghi studenti, Magnifico Rettore, onorevole Presi-

dente della Camera dei Deputati, egregio personale docente e

tecnico-amministrativo, gentili ospiti,

il 5 novembre dell’anno scorso, in questa stessa occasione,

fu il mio predecessore, Paolo Prelazzi, a pronunciare il discorso

che oggi spetta a me. Proprio dalle sue parole intendo prendere

le mosse, poiché ritengo che da allora non sia sostanzialmente

cambiata la situazione generale in cui gli studenti si trovano.

Interventodel Presidente

del Consiglio degli Studenti,Giovanni Baracetti

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Paolo parlò in difesa dell’università pubblica, laica e aperta

a tutti, minacciata dai tagli e dalla possibilità di diventare fon-

dazione privata, ma soprattutto parlò in difesa dell’istituzione

dell’università, della sua idea platonica. Egli riconobbe la crisi

in cui ci troviamo da tempo, e l’occasione che in essa si cela,

ed invocò, pretese, la riforma; una riforma che estirpasse quei

mali giustamente indicati, spesso strumentalizzati, che tarano il

nostro sistema; una riforma che fosse coerente e condivisa con

chi, studente, dottorando e precario della ricerca, rappresenta

il futuro del nostro Paese; una riforma che non fosse semplice-

mente un togliere risorse a un organismo già provato, l’univer-

sità pubblica, ma che gli fornisse la possibilità di rigenerarsi.

Gli studenti hanno più volte manifestato il loro impegno ci-

vico, discutendo e scendendo in piazza, cercando gli spazi di

confronto invocati, esprimendo sempre fortemente la loro vo-

lontà di non essere meramente degli spettatori, degli utenti.

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Al di là dei risultati, questo è il segno positivo di una volontà

partecipativa, della speranza in una democrazia vera e viva, del

desiderio di impegnarsi in prima persona nella riforma e nella

società. Quale segnale migliore si potrebbe chiedere ai giovani,

di un’attenzione sveglia e a volte sfrontata? La loro richiesta

è chiara: che non si perda l’occasione per risanare e che lo si

faccia collegialmente.

Le ragioni di tali esigenze sono scritte nella Costituzione.

Una reale applicazione del diritto allo studio è requisito es-

senziale per far sì che i singoli possano conseguire gli obiet-

tivi indicati dai dettami costituzionali, ossia il pieno sviluppo

e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica,

economica e sociale del Paese; questo è ovvio e palese: demo-

crazia reale e libertà si nutrono di cultura e di partecipazione,

non certo di ignoranza ed esclusivismo. Per questi motivi la ri-

forma del diritto allo studio non può essere relegata negli uffici

del governo, sottratta al dibattito parlamentare e alle aule delle

rappresentanze della nazione, in definitiva alla nazione stessa,

ma deve essere il più condivisa possibile.

Gli studenti rivendicano il diritto di parola nella discussione

sulla loro formazione ed è giusto che lo stesso faccia il Paese

tutto: chi è così stolto da non occuparsi dei semi da cui nasce

ciò che lo deve nutrire?

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È giusto che questi semi vengano curati con criterio, preten-

dendo che le risorse ad essi dedicate non siano sprecate, ma

utilizzate con discernimento. Gli atenei di Trieste e Udine sono

spinti alla collaborazione e alla razionalizzazione: la strada in-

dicata sta venendo percorsa da tutti, studenti compresi; non a

caso oggi sono qui presenti alcuni colleghi di Udine, con cui sta

iniziando il confronto sui temi comuni.

Ma quali sono queste risorse? Se al seme può bastare poca

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acqua per germogliare, ad una pianta ne serve molta di più per

crescere e fruttificare; eppure, la percentuale di PIL che il no-

stro Paese investe nell’istruzione è notevolmente inferiore ri-

spetto a quella della maggior parte degli stati europei. Mentre

la celebre legge n. 133 del 2008 prevede tagli fino al 2012, la

legge n. 1 del 2009 integra il fondo per le borse di studio per un

solo anno, tempo durante il quale non si raggiunge certo il frut-

to della laurea. Nemmeno la Regione ha preso provvedimen-

ti, anche se forse qualcosa per il diritto allo studio si sarebbe

potuto trovare, visto che i fondi per le telecamere di sicurezza

sono stati reperiti.

Ricordo quell’idea platonica di università a cui accennavo

all’inizio, un’idea di università pubblica; pubblica in quanto se-

gno tangibile dello stato democratico che promuove lo sviluppo

della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, che consente a

tutti i suoi cittadini di avere le stesse possibilità e pari dignità

sociale, che assicura ai capaci e ai meritevoli, anche se privi di

mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi.

Il primo disegno di questa riforma tanto invocata si trova ora

davanti a noi.

In questo momento cruciale, dobbiamo più che mai reclama-

re il diritto a partecipare e a vigilare. Chi per il proprio presente,

tutti per il nostro futuro.