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© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 6 – Giugno 2016
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Io, tu, noi: il Corpo, unicità della persona, nell’incontro con l’altro
Myriam Perseo
Myriam Perseo, pedagogista, insegnante di scuola dell’infanzia attualmente utilizzata in qualità di docente supervisore del tirocinio nel CdL in Scienze della Formazione primaria di Cagliari, dottore in Psicologia.
La corporeità è il luogo della differenziazione fra il sé e l’Altro, la prima e-
spressione della singolarità. Essa caratterizza in maniera originale la perso-
na e rende possibile l’incontro con altre singolarità-corpo. L’incontro con
l’Altro è un incontro di corpi: ogni forma di relazione parte dall’intenzione,
il bisogno, la voglia di andare verso l’altro. Il corpo rappresenta una sorta
di “ponte” tra l’interiorità e ciò che è fuori da noi, fra me e gli altri.
L’articolo esplora questi concetti in riferimento ai bambini della Scuola
dell’Infanzia.
Introduzione
L’identità è il processo di costruzione del
sé che si arricchisce attraverso una rete di re-
lazioni tra passato e presente, fra persona e
ambiente, fra persone. È, infatti, attraverso
l’incontrare che si costruisce l’identità, la
quale «emerge in parte come effetto di re-
troazione dalla funzione identificante del ri-
conoscimento degli altri» (Becherini, 2005).
Si tratta di un processo in divenire che
modifica l’individuo nei vari contesti e nei
diversi momenti della vita: non è possibile
pensare, quindi, all’identità come qualcosa
di fisso e immutabile, ma come la capacità di
continuare a sentirsi gli stessi nella succes-
sione dei cambiamenti che si verificano
nell’arco degli anni. L’identità viene matura-
ta attraverso tutte le esperienze vissute, essa
è «davanti, dietro, intorno a noi; è nella rela-
zione, nello scambio» (Demetrio, 1996) e si
“serve” del corpo per presentarsi al mondo:
fra corpo e identità vi è un legame circolare,
una mutazione nel corpo porta ad un mu-
tamento di identità e un mutamento di iden-
tità si riflette sul nostro corpo.
La persona posa sul suo corpo i segni iden-
titari e si avvale del corpo per trovare il pro-
prio posto nel mondo: attraverso questo
percorso si prende coscienza della propria
esistenza e si costruisce la relazione con
l’Altro.
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Il corpo è capace di raccontare stati
d’animo e emozioni con una forza superiore
a quella del linguaggio verbale, dando vita
al “dialogo primario”, quella comunicazione
dialogica che crea le basi per la relazione che
costruiamo con le emozioni nei primi giorni
di vita, attraverso il con-tatto.
Comunicazione tra corpo e parole
Wallon ha affermato che l’universo sensi-
bile del bambino è creato e condizionato
dalle braccia della madre, ciò che egli chia-
ma holding: si è educati e cresciuti attraverso
azioni fatte sul corpo e con il corpo, attra-
verso il modo con cui si sono presi cura di
noi, sono entrati in con-tatto con la nostra
pelle, accarezzandola, toccandola, sentendo-
la, ascoltandola.
Questo fa si che ci sia comunicazione co-
stantemente, a prescindere dall’inten-
zionalità del contenuto, perché comunicare è
“mettere in comune”, stabilire una relazione
con un Altro da noi, riconoscersi e ricono-
scere.
Etimologicamente comunicare significa
“essere con”, quindi mettere in rapporto
qualcosa che “ha una distanza” con qual-
cos’altro. È la volontà di stabilire legami, di
unificare ciò che è lontano. Siamo abituati a
comunicare attraverso la parola, ma dove
essa non arriva perché non compresa e
comprensibile entra il gioco il gesto: «le pa-
role sono gesti, nient’altro che gesti,
nient’altro che parole».1
La parola, prima di essere portatrice di un
contenuto e di una intenzione logica, è es-
senzialmente “ gestualità”. Essa rappresenta
la voce che la produce e la persona che la
pronuncia, ogni voce è unica ed è portatrice
di una storia. Grazie al corpo, offerto come
luogo e mezzo di scambio, la parola può
emergere dando nome alla sensazione pro-
vata e trasformandola in vissuto. La parola,
quindi, molto prima di esprimere un concet-
to, un significato, è qualcosa che si lancia e si
riceve, che si dice e che si ascolta, che può
penetrare o rimbalzare.
Il corpo rappresenta una sorta di “ponte”
tra l’interiorità e ciò che è fuori da noi. Senza
questo reciproco coabitarsi e compenetrarsi
fra “dentro e fuori”, ogni comunicazione di-
venta irrealizzabile. Nel corpo co-esistono,
quindi, due dimensioni: quella “esterna”, in
quanto possibilità di presa di possesso e di
movimento nel e sul mondo, e quella “inter-
na”, in quanto testimonianza dell’esistenza e
modalità di identificazione dell’Io. Vi è
un’ulteriore dimensione, «quella condivisa,
che caratterizza il contatto pieno con l’altro
[…] È la co-costruzione di un “noi”, terzo
punto di vista oltre al “mio e al tuo”».2
Ecco che il ruolo dell’altro è fondamenta-
le nella determinazione di quel limite corpo-
reo che, attraverso la trasmissione di mes-
saggi cinestesici e articolari offerti dalla ma-
dre, invia alla pelle del bambino la costru-
zione di un dialogo, che ha nella cura, nella
manipolazione, nel toccare i suoi significati.
La pelle diviene occasione relazionale; i sen-
si permettono l’apertura alla relazione con le
altre persone; quell’apertura intenzionale al
mondo circostante che è sguardo rivolto agli
altri, dialogo, scambio. La postura,
l’espressione del volto, l’espressione dei
muscoli, gli atteggiamenti spaziali sono la
diretta narrazione della storia psicologica,
biologica e personale dell’individuo.
La corporeità è il luogo della differenzia-
zione fra il sé e l’Altro, la prima espressione
della singolarità che caratterizza in maniera
originale la persona e che rende possibile in-
contrare altre singolarità-corpo: si sperimen-
ta l’esistenza in quanto corpo, e, nello stesso
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tempo, si comprende e si conosce l’altro in
quanto corpo. L’incontro con l’Altro è un in-
contro di corpi: ogni forma di relazione par-
te dall’intenzione, il bisogno, la voglia di
andare verso l’altro.
Corporeità e nuovo umanesimo
La dimensione corporea è da tempo al
centro di un nuovo interesse nell’ambito
pedagogico ed educativo. Scrive Zedda
(2006) a questo proposito:
Sul tema del corpo e della corporeità possedia-
mo oggi una ricca messe di studi e di riflessioni
provenienti dall’ambito della filosofia, ma an-
che della psicologia e dalla psichiatria, della so-
ciologia, della semiotica, oltre che, naturalmen-
te, della biologia e della medicina. Ma anche in
ambito pedagogico fioriscono studi e ricerche
che sempre più mettono l’accento
sull’importanza di restituire al corpo, alla cor-
poreità, una centralità pedagogica, consideran-
doli come dispositivi fondamentali per lo svi-
luppo, la crescita, la costruzione dell’identità
personale dell’uomo nella sua integralità e nel-
la relazione con l’alterità.
Sul piano educativo, la pedagogia “ri-
scoprire” il corpo nei suoi valori umanistici
più qualificanti, ne valorizza gli aspetti lega-
ti all’incontro, alla relazione, compartecipa-
zione, al vivere esperienze concrete ricche e
di significato: il rapporto educativo è visto
come rapporto di “reciprocità” ed incontro
tra “alterità” in cui un “essere corpo” si in-
crocia, si intreccia nella storia unica di altri
“essere corpo”.
È «attraverso il corpo, la sua condizione
sociale e culturale, la sua età, il suo sesso, la
sua persona, [che ] il soggetto fa propria la
sostanza del suo essere, per rimandarla in-
contro all’altro».3
Si delinea un approccio globale, che su-
pera la settorialità educativa delle prospetti-
ve tradizionali e scolastiche che hanno "rin-
chiuso" il corpo in “gabbie”: quella esclusi-
vamente funzionale, quella affettiva (soprat-
tutto per quanto riguarda la prima infanzia),
o esclusivamente espressivo - artistica nella
danza.
Un approccio settoriale che lo ha «spezza-
to in tanti apparati e li ha distribuiti “agli
specialisti”: il circolatorio al cardiologo,
l’acustico all’otorino, l’osseo all’ortopedico, i
reni al nefrologo, il riproduttivo al ginecolo-
go, poi ha separato le parti solide dalle parti
liquide e ha distribuito anche queste[…]poi
ha separato per strati a partire dalla pelle,
un pezzo al dermatologo, un pezzo
all’estetista, un pezzo al chirurgo plastico».4
Da tutto ciò emerge il bisogno di pensar-
si non come un io che ha un corpo, ma come
corporeità vivente, tanto che, se improvvi-
samente la nostra figura dovesse cambiare
forma, non solo non saremo più riconosciu-
to dagli altri, ma cesseremo di essere “io”.
Il corpo che ho, il corpo che sono; sono un
corpo oppure ho un corpo: a partire da que-
sta ambiguità costitutiva le scienze umane e
sociali hanno riflettuto sulla complessa te-
matica della corporeità.
E’ un dilemma che ha attraversato anche
la pedagogia, che spesso ha guardato “le di-
scipline” del corpo e del movimento come
importantissime per i loro aspetti igienici e
di salute, dimenticandosi che noi abitiamo il
nostro corpo e che il nostro corpo è abitato
dalle emozioni, dall'esperienza psichica e af-
fettiva.
Per lungo tempo la pedagogia tradiziona-
le ha dato rilievo allo sviluppo delle poten-
zialità cognitive separate dallo sviluppo
dell'espressività corporea. Il corpo ha rap-
presentato, per lungo tempo, un "involucro"
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al quale erano legati divieti e proibizioni,
oppure ancora, “qualcosa” che si doveva al-
lenare con l'esercizio fisico, la fatica, il lavo-
ro muscolare, separato, comunque dalla to-
talità della persona e dalle sue potenzialità
espressive.
Al concetto, legato a certi pregiudizi cul-
turali, secondo cui il corpo è qualcosa di e-
straneo, subordinato allo spirito, oggetto di
addestramento o di narcisismo viene con-
trapposta oggi, l'idea classica di corpo-
spirito-mente come unità psicofisica.
L’approccio attuale valorizza il corpo
dell’esperienza, quello che sentiamo dentro di
noi, nella parte più profonda, che agisce
senza bisogno di rappresentarlo, il corpo
“vissuto”.
La considerazione del corpo […], come corpo
proprio, corpo vivo, apre ad una nuova consi-
derazione della corporeità […] che vede l’uomo
come unità irriducibile, sia pur complessa, a
tratti enigmatica e mostra come il corpo sia
luogo in cui si iscrive la cifra di senso
dell’esistenza umana.5
Recuperare il senso dell’esperienza, di
una corporeità vissuta, propone, essenzial-
mente, un nuovo punto di vista, quello che
parte da un’intelligenza fisica, che percepisce,
racconta, trasforma e forma, prende consa-
pevolezza, non del possedere un corpo, ma,
del riconoscermi come soggetto psicofisico,
in cui corpo, mente e spirito sono parte in-
dissolubile l’una dell’altra.
Da tutto ciò prende l’avvio una nuova at-
tribuzione di senso all’esistenza umana, che
diviene essenzialmente contatto, relazione,
tra ciò che io porto “dentro il corpo” e le
opportunità offerte dall’esterno, caratteriz-
zata da un’intenzionalità, una curiosità, che
spinge ad “es- porsi”, in attesa che il mondo
dia indicazioni e riflessi da accogliere. Lo
stesso mondo che, a sua volta, ci ha ricevuto
nel momento in cui diventiamo siamo di-
ventati presenza in esso.
Il corpo diviene veicolo e occasione di in-
tenzionare, significare, relazionarmi a ciò e a
colui che incontro; è spazio di riflessione nel
senso definito da Galimberti: «riflettere non
è costruire il mondo, ma restituirgli la sua
offerta».6
“Essere corpo” nella scuola dell’infanzia
La scuola dell’infanzia si presenta, oggi,
come scuola aperta alla molteplicità e alla
diversità di culture; una scuola partecipata e
vissuta dalle famiglie, progettata dal team
docente, accogliente e disponibile al cam-
biamento. Essa è portatrice di una nuova vi-
sione dell’infanzia: soggetto di diritti e co-
costruttrice della propria storia e della cul-
tura cui appartiene.
La scuola dell’infanzia pone il bambino,
nella fascia d’età 3-6 anni, «al centro
dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti:
cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, este-
tici, etici, spirituali, religiosi. In questa pro-
spettiva le proposte non verranno pensate
«per individui astratti, ma per persone che
vivono qui e ora, che sollevano precise do-
mande esistenziali, che vanno alla ricerca di
orizzonti di significato».7
La pedagogia ci ha insegnato che il bam-
bino è corpo, un corpo che sente, che conosce
e sperimenta, che costruisce, che ricerca, che
si muove verso gli oggetti e verso gli altri.
Dai tre ai sei anni egli esperisce il mondo a
partire dal corpo: un universo fatto di emo-
zioni, sensazioni, idee, relazioni. Il corpo è
anche un potente mezzo espressivo e comu-
nicativo, autentico, profondo, unico.
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Star bene nel e con il proprio corpo divie-
ne una condizione essenziale per impegnar-
si costruttivamente a conoscere e conoscersi,
a fare, ad agire e a pensare. L'educazione
non può accettare limitazioni imposte da
una visione della persona "divisa" in parti
segmentate (il corpo, la mente, le emozioni),
ma, muoversi verso la persona nella sua to-
talità.
Ciò implica, tra l’altro, lo sforzo di cono-
scere “completamente” il bambino e la
bambina. Non possiamo valutare la com-
plessità della persona con regole e strumenti
quantitativi, nell'ottica dell'obiettività astrat-
ta. Alla rigidità di ogni valutazione e giudi-
zio quantitativo deve essere contrapposta la
flessibilità di una "lettura" nuova dei senti-
menti, delle emozioni, della comunicazione
personale ed interpersonale, nell'ottica del
pieno rispetto dell'unicità di ognuno.
La scuola dell’infanzia si dispone, così,
ad accogliere anche il corpo dei bambini:
ascoltandolo, prendendosene cura, ricono-
scendolo come “luogo” da esplorare, cono-
scere, rispettare; “luogo” di costruzione
dell’identità, ambito in cui sono inscritti gli
alfabeti indispensabili per l’espressione e la
comunicazione.
Per utilizzare i tanti linguaggi della cor-
poreità diviene importante che i bambini
esplorino ogni parte del corpo, prendendo
coscienza delle sue articolazioni, sviluppan-
do un senso di “appartenenza”, per poterlo
vivere in modo pieno e positivo, conferendo-
gli valore esistenziale.
Si configura così una scuola in cui la di-
mensione cognitiva e corporea si fondono e
si integrano con quella relazionale, in un
equilibrato progetto di crescita, nel quale en-
trano a far parte il fare e l'agire il gioco, la
fantasia, la creatività. Essa dovrebbe essere
non solo luogo, ma anche tempo in sé signi-
ficativo sia dal punto di vista esperienziale
che emotivo – affettivo – relazionale. É nel
tempo della relazione, infatti, che ogni azione,
piccola o grande, può assume un valore, in
cui ogni momento è importante per arricchi-
re, accogliere, creare, per realizzare un rap-
porto di crescita, di benessere, di felicità.
La conoscenza del corpo è un processo in
divenire, che si costruisce nel tempo attra-
verso esperienze tattili, visive, uditive, po-
sturali, di movimento e che può essere reso
concreto attraverso un costante dinamismo
fra:
Rapporto Io-Corpo: il corpo come cono-
scenza di sé; il corpo come espressione di
sentimenti; il corpo come rappresenta-
zione.
Rapporto Io-Mondo: il corpo come “stru-
mento” di esplorazione dell'ambiente; il
corpo come mezzo di conoscenza
dell'ambiente; il corpo come possibilità
di agire nell'ambiente.
Rapporto Io-Altri: il corpo come fonte di
conoscenza dell'altro, il corpo come
mezzo di comunicazione e di relazione.
Si tratta di processi che portano il bambi-
no non solo a sperimentare il corpo ma an-
che ad interiorizzarlo: uniscono in un’unica
forma di conoscenza il corpo che possiedo e
il corpo che sono, cioè la dimensione "ester-
na" e quella "interna", la consapevolezza del
corpo e il “sentire” il proprio corpo, la di-
mensione del coabitare.
L’esperienza corporea positiva rende i
bambini sicuri e disponibili a usare il pro-
prio corpo nell’approccio con gli altri, am-
pliando le potenzialità comunicative di tipo
non verbale, sperimentando nuove forme di
apprendimento, esperienza e conoscenza,
che passano dal “proprio corpo” per arriva-
re al “corpo altro”.
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La scuola dell'infanzia diviene, così, labo-
ratorio di esperienze, capace di stimolare ed
espandere ogni potenzialità dei bambini che
la frequentano. In quanto scuola di base li
prepara a vivere positivamente il futuro in
un mondo dove esser-ci significa essere sog-
getti con una propria identità, ma piena-
mente integrati con altre identità.
Tutto ciò richiede anche al docente un co-
involgimento in prima persona, per divenire
un “facilitatore“ di processi di cambiamento
reali e concreti, di percorsi di crescita, pron-
to a prendersi cura della persona in diveni-
re, aiutandola ad esprimersi liberamente, a
condividere esperienze, a costruire relazioni
attraverso il gioco.
Attraverso la dimensione ludica e
l’esperienza corporea la scuola dell’infanzia
può realmente:
accogliere, valorizzando l’originalità e in-
dividualità irripetibile del bambino e
della bambina;
coinvolgere, favorendone la libera esplo-
razione, la sperimentazione, e aiutando i
bambini a ricercare un proprio modo di
essere nel gruppo;
esprimersi, offrendo ad ognuno la possibi-
lità di essere soggetto attivo e protagoni-
sta della propria storia da condividere.
Far vivere il corpo nei contesti della for-
mazione dell’infanzia diviene, allora, una fi-
nalità fondamentale dell’educazione.
NOTE 1 L. Aragon, Thèatre Roman, 1974, Gallimard, Parigi, p. 54
2 A.A.V.V. I laboratori del corpo, 2009, Raffaello Cortina editore, Milano, p. 67
3 David Le Breton, Antropologia del corpo e modernità, 2007, Giuffrè editore, Milano, p.XI
4 Anna D’Elia, Diario del corpo, Frammenti, immagini, connessioni fra sé e il mondo,2002, Edizioni Unicopli, Milano, p.124
5 Michele Zedda, op. cit. p. 11
6 Umberto Galimberti, Il corpo, 1983, Milano, Feltrinelli, p.118
7 Op. cit
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Luis Aragon, Thèatre Roman, 1974, Gallimard, Parigi
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