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GIUSEPPE ZIELLO
ANNO 2014
ISTITUZIONI DI DIRITTO CIVILE
TRABUCCHI
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GIUSEPPE ZIELLO
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INDICE
Capo II. Il negozio giuridico e il contratto Pag. 3
Capo III. I soggetti e il diritto delle persone Pag. 19
Capo IV. Il diritto di famiglia Pag. 26
Capo V. Le successioni per causa morte Pag. 35
Capo VI. Le donazioni Pag. 57
Capo VII. I beni e i diritti reali Pag. 61
Capo VIII. I diritti di obbligazione in generale Pag. 88
Capo IX. Le garanzie dell’obbligazione Pag. 117
Capo X. I principale contratti nominati Pag. 133
Capo XII. Varie fonti di obbligazioni non
contrattuali
Pag. 164
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CAPO II. IL NEGOZIO GIURIDICO E IL CONTRATTO
SEZIONE I. IL NEGOZIO GIURIDICO IN GENERALE
I negozi giuridici sono manifestazioni di volontà rivolta a uno scopo pratico che consiste nella
costituzione, modificazione o estinzione di una situazione meritevole di tutela secondo l’ordinamento
giuridico.
Il negozio giuridico è il mezzo con il quale si attua l’autonomia dei soggetti: il soggetto a seconda
della propria situazione giuridica potrà contrattare, dare procura o far testamento ecc. ma fin tanto
che tali facoltà restano in potenza non andranno a variare alcuna situazione. Tramite i negozi i soggetti
possono modificare i rapporti giuridici.
CLASSIFICAZIONE:
Negozi tra vivi e mortis causa: I negozi mortis causa hanno efficacia con la morte di colui che l’ha posto in essere. A tale categoria (testamenti) si contrappongono gli altri negozi tra
vivi.
Negozi unilaterali, bilaterali e plurilaterali: Secondo il numero delle parti che intervengono nel negozio. (negozi unilaterali: dichiarazioni di volontà provenienti da una sola parte, es.
accettazione di eredità, rinuncia, procura)
Negozi solenni e non solenni: Si distinguono i negozi per i quali è richiesta una determinata forma pena la nullità (solenni); tale forma è richiesta per la validità del negozio (se manca il
negozio è nullo).
Negozi gratuiti e onerosi: Nei primi un soggetto concede un vantaggio senza corrispettivo (donazione) nel secondo c’è un corrispettivo (compravendita).
Negozi di amministrazione e disposizione:
o Atti di ordinaria amministrazione: si conserva il patrimonio limitandosi a trarne i frutti.
o Atti eccedenti l’ordinaria amministrazione: implicano un mutamento che incide sull’essenza economica del patrimonio attraverso vendite, donazioni, transazioni, ecc…(v. art. 374).
o Atti di disposizione: atti di notevole importanza (art. 375) sottoposti a uno speciale e più rigoroso regime (es. vendita di beni immobili, divisioni, transazioni, concordati, costituzione di garanzie reali…).
ELEMENTI DEL NEGOZIO GIURIDICO:
Elementi essenziali :
o Comuni per tutti i negozi: uno o più soggetti, la volontà, forma di manifestazione della volontà, causa.
o Richiesti solo per taluni: l’oggetto (dato dalla cosa + prezzo) per i negozi patrimoniali, il rischio per l’assicurazione, la scadenza per la cambiale.
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Elementi naturali: sono degli effetti giuridici che derivano dal negozio considerato (es. la garanzia per vizi della cosa nella compravendita, il compenso nel mutuo o nel mandato).Sono
stabiliti dalla legge per i singoli tipi di negozi, non dalle parti, le quali, invece, nei limiti
consentiti possono escluderli.
Elementi accidentali: sono elementi apposti dalle parti sotto forma di clausole, che incidono sulla disciplina legale senza intaccare il particolare tipo di negozio. Tra queste varie clausole
negoziali che, IN CONCRETO; esistono solo se espressamente volute, talune hanno una
particolare incidenza, trovandosi ripetute in corrispondenza a situazioni ricorrenti; esse sono
la CONDIZIONE, il TERMINE, il MODUS.
ELEMENTI ESSENZIALI.
A) IL SOGGETTO
Il negozio è posto in essere da una o più volontà. Ci deve essere un autore dell’atto volitivo fornito
della capacità di agire. Il negozio produce le sue conseguenze rispetto ad almeno un altro soggetto: ci
sarà pertanto un titolare dell’interesse in questione, dotato della capacità di diritto (parte in senso
sostanziale).
La parte (o centro d’interessi) può essere semplice o complessa (composta da una o più persone).
- La rappresentanza -
La legge concede a terze persone la legittimazione ad agire nell’interesse del soggetto che è titolare
del rapporto giuridico: la rappresentanza.
Nella rappresentanza la volontà di un soggetto interviene per il compimento di negozi giuridici
valevoli per altri. Non tutti i negozi possono essere compiuti per rappresentanza: non è ammessa per
gli atti personalissimi ( testamento)
° Rappresentanza diretta: Il rappresentante ha il potere di agire in nome e per conto del
rappresentato (o dominus), rimane estraneo alle conseguenze dell’atto compiuto e collabora alla
formazione della volontà del dominus (a differenza del messo o portavoce che trasmette solo la
volontà).
Rappresentanza indiretta: Il rappresentante agisce per conto, ma non in nome del dominus. Dunque ricadono nella sfera giuridica del rappresentante le conseguenze dell’atto compiuto e
rimane responsabile nei confronti dei terzi.
Il potere di rappresentanza trova la sua fonte nella legge (es. rappresentanza legale degli incapaci
d’agire) o nella volontà del dominus che si esplica con il negozio della procura.
N.B. Rappresentanza = potere conferito ad un soggetto di compiere atti produttivi di effetti in capo
ad un altro soggetto. Si manifesta anche nei rapporti tra il rappresentante e i terzi con i quali si viene
a contrattare ed essa, secondo la Cassazione (8249/97) non deve essere necessariamente espressa,
potendo anche risultare indirettamente, purchè in modo CERTO ed UNIVOCO, dalle circostanze del
caso concreto o dalla struttura dell’atto.
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Differisce dalla rappresentanza indiretta, la quale non si manifesta ai terzi e quindi non è
rappresentanza; ha rilevanza solo tra il dominus e chi agisce per lui, giacchè quest’ultimo agisce per
conto – cioè nell’interesse – ma non in nome del primo, che rimane in disparte.
La conseguenza è questa: colui che soltanto indirettamente agisce nell’interesse altrui acquista diritto
o assume obbligazioni che ricadono entro la propria sfera giuridica , con l’obbligo personale di
trasmettere al dominus il risultato del suo agire, mentre egli rimane responsabile di fronte agli altri.
Si viene pertanto a costituire un fenomeno di interposizione di persona : interposizione reale.
Il potere di rappresentanza può trovare la sua fonte nella legge o nella volontà del dominus, per mezzo
di un negozio giuridico che è la procura.
- La procura –
La procura attribuisce un potere al rappresentante; questi, infatti, agendo in nome e per conto del
rappresentato, lo può impegnare nei confronti di altri soggetti. Pertanto il potere di rappresentanza ha
significato principalmente verso i terzi e solo di riflesso verso il rappresentato.
La procura è, quindi, un atto unilaterale rivolto ai terzi - ma non necessariamente in forma
recettizia – costitutivo di poteri: talora essa è compresa in altri negozi, come il mandato, talora sta a
sé, ma in ogni caso si distingue dal negozio nel quale può essere compresa. Il mandato può contenere
o meno una procura, ma si tratta comunque di negozi diversi, tanto sotto il profilo strutturale , quanto
sul piano degli effetti.
Il mandato è un contratto, cioè un atto bilaterale, dal quale deriva un obbligo per il mandatario di
compiere uno o più atti giuridici per curare l’affare che egli si è assunto.
Non è sempre necessario che la procura risulti da un documento, ma in ogni caso la procura conferita
per compiere un atto formale deve avere la forma richiesta per l’atto che il rappresentante ha il potere
di compiere (art. 1392). Es. per la compravendita di beni immobili sarà necessaria la procura scritta
(peraltro, per ottenere la trascrizione sarà altresì necessario l’atto pubblico, oppure l’autenticazione
della scrittura), per l’atto di fondazione la procura per atto pubblico ecc…
La modificazione o la revoca dei poteri deve essere portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei;
altrimenti non saranno opponibili ai terzi se non si prova che questi effettivamente le conoscevano
(art. 1396).
Il falsus procurator è quel rappresentante che ha agito senza poteri o eccedendo i limiti della
procura:i terzi non acquistano diritti dal dominus ma neppure possono sottrarsi unilateralmente
dall’affare compiuto. E infatti:
Il dominus può sanare con una ratifica, l’atto compiuto senza poteri in suo nome (art. 1399)
Se il dominus non ratifica, il contratto è definitivamente inefficace. Il falsus procurator, sua volta, avendo agito a nome altrui, non acquista la posizione di contraente in proprio; sarà
responsabile verso il terzo per i danni che questi abbia sofferto confidando nella validità
(efficacia) del contratto (art. 1398).
Ps. Netta è la distinzione tra fare l’atto di ratifica, con il quale si sana, di regola con effetti retroattivi
(art. 1399), la mancanza di potere (mancanza di legittimazione come vizio a monte dell’atto) e la
convalida con la quale, invece, si sana - pure di regola con effetti retroattivi – un vizio intrinseco
dell’atto (sanatoria dell’annullabilità).
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La procura può essere speciale quando riguarda un affare o una speciale categoria di affari e
generale, quando si estende a tutti gli affari del rappresentato e comprende di regola solo gli atti di
ordinaria amministrazione ( art. 1708).
I requisiti necessari per porre in essere una procura sono la capacità d’agire del dominus e la
capacità d’intendere e di volere del rappresentante (art. 1389).
Il negozio della procura è annullabile, qualora il rappresentante si trovi in una condizione di conflitto
d’interessi con il dominus rappresentato, su domanda di quest’ultimo, sempreché il conflitto stessi sia
riconoscibile dal terzo. (art. 1394). Parimenti è annullabile
Le cause di estinzione della procura sono la morte del rappresentato e la rinunzia del rappresentante.
E’ inoltre revocabile da colui che l’ha conferita.
I rappresentanti commerciali sono:
Gli institori: sono operatori preposti all’esercizio di tutta un’impresa o di un suo ramo.
I procuratori: ha il potere di rappresentare l’imprenditore concludendo contratti per lui ma senza essere preposto all’esercizio di un’impresa
I commessi: possono compiere solo quei negozi che sono in rapporto con le operazioni di cui sono incaricati
ELEMENTI ESSENZIALI. LA VOLONTA’
L’elemento della volontà da vita al negozio giuridico purché essa non rimanga all’interno dell’animo
del soggetto ma venga dichiarata manifestandosi vera e seria (es. non è valida una dichiarazione fatta
per esempio scolastico oppure un contratto concluso sulle scene).
Il negozio è radicalmente nullo qualora vi sia:
Violenza assoluta che mira alla costrizione fisica della manifestazione della volontà (es. quando Caio prende la mano di Tizio e la guida forzatamente a sottoscrivere una
dichiarazione).
Errore Ostativo che si a quando per distrazione, ignoranza del significato della parola in lingua straniera il soggetto dice una cosa mentre ne voleva dire un’altra.
Dissenso qualora il destinatario ha dato la sua adesione fraintendendo il vero contenuto del discorso che ha fatto si che ciascuna delle parti ha manifestato una propria volontà
nell’equivoco.
L’accordo simulatorio è un negozio nel quale volutamente le parti dichiarano una volontà che non
corrisponde al loro reale comune volere:
Si ha simulazione assoluta quando si dichiara di volere mentre in realtà i due soggetti non vogliono alcun negozio (es. si finge una cospicua donazione per figurare).
Si ha simulazione relativa quando i contraenti vogliono porre in essere un negozio giuridico e dichiarano invece di volerne fare un altro (es. si fa apparire una vendita dove in realtà si fa
una donazione).
o Particolare forma della simulazione relativa è la simulazione di persona che serve a nascondere la vera persona con la quale si vuole contrattare.
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Gli effetti della simulazione:
Tra le parti vale la regola per cui produce effetti giuridici ciò che si è realmente voluto.
I terzi che abbiano ricevuto pregiudizio dalla simulazione potranno invocare la circostanza che il contratto è solo simulato che porterà, oltre alla nullità del negozio, anche alla possibilità
di avvantaggiarsi del contratto effettivamente voluto (es. la legge tutela il terzo che abbia
contratto in buona fede facendo salvo il suo acquisto, art. 1415).
Il negozio indiretto ha come caratteristica la divergenza tra lo scopo pratico perseguito dalle parti e
la funzione tipica del negozio che viene posto in essere (es. un mandato a vendere e una procura
irreversibile in sostituzione di una vendita).
I vizi della volontà sono l’errore, la violenza e il dolo. Tali fattori non determinano contrasto tra la
volontà e ciò che appare esteriormente (come nella violenza assoluta) (es. violenza morale: per evitare
un grave danno minacciatogli, Tizio preferisce stipulare il contratto). Conseguenza dei vizi è
l’annullabilità.
1. L’errore è una falsa rappresentazione della realtà che concorre a determinare la volontà del soggetto:
o L’errore-vizio (o errore-motivo) indica che la falsa conoscenza influisca sulla volontà del soggetto
o L’errore ostativo riguarda la manifestazione della volontà
Data le uguali conseguenze stabilite dalla legge (annullamento) non è necessario distinguere
con esattezza tali casi di errore. Inoltre l’errore può essere di due specie:
o L’errore di diritto che consiste nella falsa conoscenza o ignoranza della norma che ha determinato la volontà del soggetto (L’errore di diritto non può essere invocato per sottrarsi a un comando della legge). L’errore di diritto è essenziale solo qualora verte su un elemento che è stata la ragione unica o principale che ha indotto il soggetto a compiere quel negozio.
o L’errore di fatto è essenziale quando riguarda:
Sulla natura o sull’oggetto del negozio: credevo di dare in locazione e invece ho sottoscritto un contratto di vendita, credevo di comprare grano e invece era
un altro prodotto.
Sull’identità dell’oggetto della prestazione: credevo di comprare il grano di Sempronio e invece ho comprato il grano di Tuscolano (riguarda la qualità
dell’oggetto).
Sull’identità e sulle qualità della persona (solo quando detta facoltà abbia un rilievo essenziale): stipulo un contratto di Società con Caio credendolo un
facoltoso finanziere.
Requisito purché tali errori siano rilevanti per l’annullabilità del negozio sono la loro
riconoscibilità. (art. 1431 “Errore Riconoscibile. L’errore si considera riconoscibile quando,
in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alle qualità dei contraenti, una
persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo”).
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2. La violenza è intesa come vizio della volontà, in quanto tale è riconducibile alla violenza morale (diversa è la già vista violenza assoluta nella quale la coazione esclude la volontà). Il
processo formativo della volontà è alterato da una minaccia (volontà non libera) che renderà
in negozio annullabile. La minaccia deve essere di tale gravità da far temere un male ingiusto
per se o i suoi beni. La gravità del male si valuta con un duplice criterio:
o Elemento oggettivo: dato dal danno minacciato alle cose o alle persone o Elemento soggettivo: dato dalla valutazione che ne fa la persona che subisce la
violenza. Non è rilevante il timore reverenziale o la minaccia di far valere un diritto (se non qualora
esso sia diretto a conseguire vantaggi ingiusti).
3. Il dolo consiste in quei raggiri o artifizi che vengono adoperati per ingannare una persona e per approfittare dell’errore nel quale essa è caduta, allo scopo di farle compiere un negozio.
ELEMENTI ESSENZIALI. LA FORMA
La forma è il modo di manifestazione della volontà negoziale. In alcuni casi la volontà negoziale si
manifesta con la realizzazione dello scopo (es. distruzione voluta del testamento olografo), si parla di
negozi di attuazione o volontà. Negli altri casi la manifestazione di volontà si distingue in:
Tacita: essa viene a esistere per mezzo di fatti dimostrativi, cioè di un contegno che sarebbe incompatibile con una volontà diversa da quella che si traduce dai fatti stessi.
Espressa: può essere manifestata con parole, scritti o cenni che abbiano lo scopo diretto della dichiarazione. La dichiarazione deve essere riconoscibile da parte di terzi. In alcuni casi la
dichiarazione deve necessariamente essere ricevuta dal destinatario (dichiarazione recettizia).
L’uso di una precisa forma di manifestazione è imposto per determinati atti giuridici. Ad
esempio negli atti solenni è richiesta per tutti i negozi immobiliari, testamento e i più
importanti atti di famiglia a pena di nullità, art.1350. In altri casi la forma scritta è richiesta
non per la validità del negozio (ad substantiam) ma come mezzo di prova in giudizio della
avvenuta stipulazione (ad probationem).
ELEMENTI ESSENZIALI. LA CAUSA
Il potere riconosciuto alla volontà dei soggetti deve trovare nella sua esplicazione una giustificazione.
La causa così intesa, come ragione e funzione economico-sociale di ciascun negozio, non si deve
confondere con lo scopo individuale che induce il soggetto al negozio,cioè il motivo. Tutti coloro che
stipulano una compravendita perseguono lo stesso scopo pratico, che è quello di scambiare la cosa
con un prezzo. La differenza tra negozio illecito e atto illecito:
Negozio illecito: comporta la nullità del negozio. Esso è illecito quando ne è illecita la causa, quando ne è illecito il motivo perseguito dalle parti oppure quando sono illeciti la condizione
o l’oggetto.
Atto illecito: comporta l’obbligo di risarcimento
SEZIONE II. GLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL NEGOZIO GIURIDICO
I soggetti sono liberi di fissare tutte le clausole che essi stimano convenienti. La pratica negoziale
conosce alcune clausole applicabili a quasi tutti i negozi e sono: la condizione, il termine e il modus,
tali clausole vengono dette elementi accidentali poiché possono far parte oppure no di un negozio ma
una volta dedotti, tali elementi acquistano rilevanza come parte integrante della volontà. Alcuni atti
non ammettono tali aggiunte e vengono chiamati actus legitimi o negozi giuridici puri (es.
matrimonio, accettazione dell’eredità).
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LA CONDIZIONE
La condizione costituisce una limitazione agli effetti giuridici del negozio che si fanno dipendere dal
verificarsi di un evento futuro e incerto (art. 1353). Non possono costituire condizione gli avvenimenti
presenti o passati anche se ignorati dalle parti (manca lo stato di incertezza obiettiva) ne tantomeno
accadimenti futuri ma sicuri (in quel caso avremo un termine e non una condizione):
Giorno incerto, evento incerto: il giorno delle nozze di Tizio – CONDIZIONE
Giorno certo, evento incerto: quando Tizio diverrà maggiorenne – CONDIZIONE
Giorno incerto, evento certo: quando Tizio morirà – TERMINE
Giorno certo, evento certo: il 20 marzo 2004 – TERMINE
Le condizioni possono essere:
Sospensive: sospendono fino all'avverarsi dell'evento il sorgere dell'effetto giuridico
Risolutive: eliminano il rapporto scaturito dal negozio condizionato
Potestative: l'avverarsi dell'evento dipende dalla volontà di una parte
Casuali: se il fatto dipende dal caso o da terzi
Miste: se la volontà del soggetto e un elemento estraneo concorrono a produrre l'evento.
Qualora la condizione è impossibile o illecita rende nullo il negozio negli atti tra vivi mentre negli
atti di ultima volontà le condizioni impossibili o illecite si considerano come mai apposte (regola
sabiniana).
IL TERMINE
Il termine è un momento dal quale cominciano a verificarsi (termine di adempimento), o fino al quale
durano (termine di efficacia), gli effetti giuridici del negozio. Si distingue dalla condizione perchè si
riferisce a un avvenimento futuro e certo.
IL MODUS
Il modus, o onere, è un peso imposto dall'autore di un atto di liberalità a carico del beneficiario. Il
modus si distingue dalla condizione in quanto la disposizione principale viene attuata senza attendere
l'adempimento dell'onere (obbliga ma non sospende). Il beneficiario di una disposizione a titolo
particolare (legato) non è tenuto nell'esecuzione del suo obbligo oltre il valore di ciò che ha ricevuto.
Se l'onere non viene adempiuto l'atto di liberalità non cade, ma gli interessati agiranno per ottenere
l'adempimento dell'obbligo in esso contenuto. Il modus impossibile o illecito è nullo.
SEZIONE III. PATOLOGIA DEL NEGOZIO
Sono tutti quei casi nei quali la deviazione dalle regole di vita del negozio porta un vizio che può
essere mortale. Le conseguenze del vizio variano a seconda di quando esso si rivela:
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Se il negozio è nato male: nullo, annullabile o rescindibile
Se il vizio si manifesterà nella vita del rapporto: risolubile
Non tutti i negozi viziati diventano inefficaci, infatti talora un negozio è valido anche se concluso in
contraddizione con qualche comando legislativo (la sanzione non consiste nella nullità dell'atto ma in
una pena). Non va confusa, infatti, l'inefficacia con l'invalidità, diremo che il negozio è nullo se manca
il soggetto ed è inefficace se il soggetto non è legittimato (es. la vendita immobiliare è nulla se manca
la forma scritta, è inefficace se il venditore non è proprietario dell'immobile).
LA NULLITA'
La forma più grave di invalidità del negozio è la nullità. Il negozio nullo è come non fosse mai esistito.
A norma dell'art. 1418 l'atto è nullo quando manchi uno dei requisiti essenziali del negozio o quando
il negozio sia contrario a norme imperative o illecito. La nullità opera di diritto, la sentenza del giudice
ha natura dichiarativa e può essere rilevata anche d'ufficio; le cause possono essere:
riguardo al soggetto: mancanza di capacità giuridica
riguardo alla volontà: dichiarazione fatta senza intenzione, violenza fisica, malinteso ecc.
riguardo alla forma: mancanza della forma richiesta ad substantiam
riguardo alla causa: causa mancante o illecita
riguardo al contenuto: oggetto mancante, impossibile, illecito, indeterminato e
indeterminabile.
L'ANNULLABILITA'
La figura dell'annullabilità prevede che l'atto esiste e può anche produrre i suoi effetti, ma è data
facoltà a un soggetto di chiederne l'annullamento, eliminando retroattivamente ogni diretta
conseguenza. Tale situazione di pendenza può cessare con:
l'annullamento
con la prescrizione dell'azione di annullamento (5 anni, art. 1442).
con la convalida
o convalida espressa: dichiarazione dell'intento di sanare
o convalida tacita: esecuzione volontaria dell'atto annullabile.
I casi di annullamento previsti sono:
riguardo ai soggetti: per incapacità di agire, per incapacità d'intendere e di volere
riguardo alla volontà: per errore ostativo o errore nella trasmissione.
L'annullamento dell'atto annullabile è dichiarato con sentenza costitutiva, su domanda della parte
legittimata. Ci sono casi di annullabilità assoluta quando l'annullamento può essere fatto valere da
chiunque vi abbia interesse (per l'annullamento del testamento e in alcuni casi di annullamento del
matrimonio). La pronuncia dell'annullamento è retroattiva e i suoi effetti si attuano verso tutti, anche
terzi, solo se esso dipende da incapacità legale. Per le altre cause i suoi effetti non sono opponibili ai
terzi che hanno acquisito diritti a titolo oneroso in buona fede.
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Qualora ci sia un contrasto tra la dichiarazione e la volontà di un soggetto essa verrà risolta in modo
diverso in base alla tipologia di negozio. In alcuni negozi quali matrimonio, testamento e donazione
viene dato particolare rilievo alla ricerca della volontà mentre in tutti gli altri il legislatore si è ispirato
al principio dell’affidamento. Affidamento vuol dire protezione in buona fede. Esempio classico
dell’affidamento è quando Tizio vende a Caio il suo fondo, ma l’atto è annullabile per violenza
morale, se poi Sempronio compra da Caio ignorando il vizio del titolo di quest’ultimo, il successivo
annullamento della prima alienazione non potrà essergli opposto. Quindi Sempronio, che aveva
acquistato in buona fede rimarrà proprietario di ciò che aveva acquistato.
LA RESCISSIONE
La rescissione è un istituto che tutela gli interessi che possono venir lesi dal negozio tramite la
violazione di un criterio di giustizia o di equità. I casi di rescissione sono due:
L’art. 1447: obbligazioni a condizioni inique per la necessità nota alla controparte di salvare se o altri da pericolo imminente (es. chi sta per affogare promette di tutto al suo salvatore)
L’art. 1448: obbligazioni concluse con una persona che si trovi in stato di bisogno qualora si riscontrino i seguenti tre presupposti:
o Il valore della prestazione supera il doppio del valore della controprestazione
o L’abuso che compie una delle parti (consapevolezza della situazione della controparte)
o Lo stato di bisogno della controparte
Il risultato della rescissione è molto simile a quello dell’annullamento, libera dall’obbligo di
adempiere alle prestazioni non eseguite e fa restituire quanto già adempiuto. Il negozio rescindibile
non potrà essere convalidato da un successivo atto di volontà del soggetto che lasci perdurare lo stato
di squilibrio dei valori. L’azione si prescrive in un anno.
SEZIONE IV. I CONTRATTI IN GENERALE
Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale (art. 1321). Il diritto riconosce l’obbligatorietà dei patti e presta le sue sanzioni
per far rispettare il risultato di un libero accordo. Tale libertà è regolamentata dall’art. 1322 che
definisce il concetto di autonomia contrattuale secondo il quale le parti si vincolano unicamente se lo
vogliono (libertà di contrarre), danno ai loro accordi il contenuto che vogliono (libertà contrattuale).
Le parti possono seguire uno degli schemi tipici previsti e regolati dalla legge (contratti nominati) o
possono concludere contratti che non trovano un’espressa disciplina nella legge (contratti
innominati).
I requisiti del contratto sono: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma quando prescritta
(art. 1325).
L’ACCORDO TRA LE PARTI
Il codice non parla di persone ma di parti in quanto anche più persone possono raggrupparsi in un
unico centro d’interessi che costituisce la parte. Il contratto è formato quando c’è il consenso di tutte
le parti, ovvero quando si trova il punto d’incontro tra gli opposti interessi dopo trattative liberamente
condotte. Per arrivare all’accordo è necessario che ci siano due manifestazioni di volontà:
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Proposta (o offerta): contiene tutti gli elementi del contratto, emessa manifestando l’intenzione di obbligarsi
Accettazione: dichiarazione diretta al proponente, deve essere definitiva, incondizionata e conforme alla proposta. L’accettazione perfezionerà il contratto purché essa arrivi in un
congruo termine.
La maggior parte dei contratti si conclude tra persone che si trovano nello stesso luogo, ma i contratti
si formano anche tra persone lontane (per lettera, per mezzo di messi o altri modi). In quest’ultimo
caso ha maggiore rilevanza il momento in cui si deve considerare concluso il contratto. L’art. 1326
stabilisce che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza
dell’accettazione dell’altra parte. (La presunzione legale di conoscenza considera proposta,
accettazione, revoca e ogni altra dichiarazione conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo
del destinatario). Fino al momento in cui il contratto non si perfeziona, il proponente può revocare la
proposta purché tale revoca sia emessa prima che il proponente abbia conoscenza dell’accettazione.
Per la chiarezza dei rapporti, la legge riconosce la proposta irrevocabile che può risultare da un atto
unilaterale (proposta ferma, art. 1329), da contratto (patto di opzione) o dalla legge (quando la
proposta impone obblighi a carico del solo proponente: fideiussione, art. 1333).
Per la conclusione del contratto è necessario la presenza contemporanea delle volontà di tutte le parti.
Per motivi particolari la legge ammette due eccezioni riconoscendo che la proposta continui ad aver
valore per la conclusione del contratto anche dopo la morte del proponente:
Quando la proposta è stata fatta irrevocabilmente
Quando la proposta è stata fatta da un imprenditore nell’esercizio della sua impresa.
Spesso la conclusione del contratto è preceduta da lettere d’intenti, progetti di contratto, minute di
contratto e contratti preliminari che mirano le parti al raggiungimento di un accordo. Per quanto
riguarda il contratto preliminare, con il quale i soggetti s’impegnano a stringere un dato rapporto tra
loro, è un vero contratto con il quale sorgono obbligazioni di facere per le parti. Esemplare è la
trascrivibilità del preliminare avente ad oggetto un bene immobile che rende opponibile l’effetto reale
(Per la validità del preliminare è necessaria la stessa forma che la legge richiede per il contratto
definitivo). L’art. 1337 obbliga le parti, “nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto, devono comportarsi secondo buona fede”. E’ definita infatti culpa in contrahendo, o
responsabilità precontrattuale, il comportamento scorretto nella fase preparatoria per la conclusione
dell’accordo. Il risarcimento per tale violazione è limitato ai così detti interessi negativi che
corrispondono alla diminuzione patrimoniale che il soggetto non avrebbe subito se non avesse
contratto o non avesse fatto affidamento sullo stato delle trattative (es. avrebbe venduto ad altri o
comperato da altri lo stesso oggetto in momento favorevole).
QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO E INTERPRETAZIONE
La legge si applica alle situazioni oggettive e il giudice deve qualificare il negozio secondo il
contenuto dell’accordo quale risulta in seguito alla propria interpretazione e non secondo il termine
impiegato dalle parti. L’interpretazione del giudice indica l’esatto significato del contratto derivato
dagli atti di volontà delle parti indagando sulla comune intenzione delle parti di rifarsi a strutture
tipiche. L’interpretazione è autentica quando viene compiuta dalle parti per mezzo di un successivo
negozio di accertamento.
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LA LIBERTA’ CONTRATTUALE
I privati sono liberi di stabilire se, con chi e a quali condizioni contrattare, nonché di decidere quale
contenuto dare al contratto. In taluni casi la libertà di decidere è sottoposta a delle limitazioni della
legge:
Sulla libertà di concludere un contratto: art. 2597 che impone l’obbligo di contrattare ai soggetti che esercitano un’impresa in condizione di monopolio legale
Sulla libertà di stabilire con chi con chi concludere un contratto: vantaggio di uno o più soggetti tramite un diritto di prelazione
Sulla libertà di decidere i contenuti del contratto: una norma imperativa fissa l’ammontare del corrispettivo di un determinato bene o servizio oppure imponga la presenza di determinate
clausole accessorie.
Vi sono, inoltre qui casi in cui la libertà di decidere i contenuti sono fortemente limitati nella
contrattazione per adesione nella quale è esclusa a priori qualunque possibilità di negoziazione.
Quando si vuole regolamentare con modalità sempre identiche una pluralità indefinita di rapporti
contrattuali la contrattazione per adesione si dice “standardizzata”che si fanno rientrare nelle
“condizioni generali di contratto”. Esse sono clausole predisposte unilateralmente per disciplinare in
modo uniforme una pluralità indefinita di rapporti contrattuali dello stesso tipo che un soggetto
utilizza per regolamentare i rapporti che instaura con la propria clientela. Le condizioni generali di
contratto si differenziano dai contratti conclusi mediante moduli o formulari (artt. 1341, 1342) in
quanto i secondi prevedono un modulo contenente tutte le clausole predisposte per la sottoscrizione
di entrambe le parti, al contrario delle condizioni generali di contratto che devono essere poste in
condizione conoscerne i contenuti alla controparte senza che essi siano presenti all’interno del testo
contrattuale stesso.
GLI EFFETTI DEL CONTRATTO
Il contratto è un atto giuridico e un regolamento, esso crea un rapporto e ne dà la disciplina. Dal
contratto derivano conseguenze personali (effetti obbligatori, es. il prezzo) ed effetti reali (es. diritto
reale di proprietà). Il canone fondamentale “qui non habet dare non potest” (dopo che un diritto è
stato alienato, il dante causa si trova privato di ogni potere al riguardo e l’acquisto di un secondo
avente causa dovrebbe essere inefficace. Ma la legge non segue sempre tale criterio:
Se si tratta di acquisto di un diritto immobiliare: è preferito chi per primo ha trascritto l’atto
Se si tratta di un bene mobile: è preferito chi per primo ha ricevuto il possesso in buona fede
Se si tratta di un diritto personale di godimento: è preferito il contraente che per primo ha conseguito.
Solo dove non ci sia uno di questi criteri di preferenza vale la regola della priorità nella conclusione
del contratto.
Gli effetti dei contratti possono essere:
Effetti diretti: sono effetti voluti che non toccano i terzi
Conseguenze indirette: si ripercuotono su tutte le persone (es. costituzione di consorzi, nomina di agenti esecutivi)
LA CLASSIFICAZIONE DEI CONTRATTI
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A parte le classificazioni valide per tutti i negozi giuridici (contratti solenni e non solenni; onerosi o
a titolo gratuito; nominati o innominati) essi si distinguono in:
Contratti consensuali e reali: la maggior parte dei contratti si perfeziona con il semplice consenso delle parti. Ci sono alcuni contratti per i quali il consenso non è sufficiente e il
contratto si perfeziona solo con la consegna della cosa (es. comodato, mutuo, deposito, pegno
ecc.), tali contratti sono detti reali e sono tutti unilaterali.
Contratti obbligatori e contratti con efficacia reale o traslativi: i primi sono destinati a produrre solo effetti obbligatori senza realizzare automaticamente per il semplice consenso l’atto voluto
(locazione, mandato, comodato); mentre i secondi producono anche effetti reali e, cioè,
valgono a trasferire o a costruire diritti in capo ad altri (compravendita). In talune ipotesi anche
nella vendita (contratti traslativi) l’efficacia reale può essere differita.
Contratti aleatori e commutativi: Si ha contratto aleatorio quando la determinazione di quella che sarà la prestazione o la controprestazione dipende da un fattore d’incertezza (es. contratto
di assicurazione, l’assicurato perde sicuramente mille euro ma in compenso se scoppia un
incendio ne ricevo cinquecentomila). Mentre nei contratti commutativi le prestazioni vengono
stabilite in precedenza.
Contratti di esecuzione immediata e a esecuzione differita: i primi ricevono un’esecuzione immediata con la perfezione del negozio, mentre i secondi sono destinati ad avere
un’esecuzione soltanto in un momento ulteriore rispetto al tempo della loro perfezione.
Contratti a esecuzione istantanea e contratti di durata: nei primi la vita del rapporto obbligatorio che si pone in essere non è diretta a prolungarsi nel tempo (gli effetti potranno
anche manifestarsi in un tempo futuro ma l’esecuzione del contratto si esaurisce in un solo
momento); mentre nei secondi si ha il prolungarsi dell’efficacia.
IL DIRITTO DI RECESSO
In linea di principio non è dato alle parti di sciogliere unilateralmente il vincolo assunto da un
contratto. Vi sono, tuttavia, delle ipotesi nelle quali le parti hanno diritto di sciogliere il rapporto
istaurato. Ai fini dell’esercizio è necessaria e sufficiente una dichiarazione unilaterale della volontà
di avvalersi del diritto di recesso:
Recesso legale: la legge prevede che la parte di un dato rapporto possa recedere un contratto
di mandato, di appalto, d’opera o di società
Recesso convenzionale: altre volte è lo stesso regolamento negoziale che lo prevede. Nei
contratti ad esecuzione continuata o periodica dei quali le parti non abbiano provveduto a
fissare un termine si ammette l’atto unilaterale di recesso in qualunque momento, per tutti
gli altri casi tale facoltà è ammessa fino a che il contratto non abbia avuto principio di
esecuzione.
SEZIONE V. PROVA E PUBBLICITA’ DEGLI ACCADIMENTI GIURIDICI RILEVANTI
LE PROVE
L’esistenza di un fatto hanno valore solo in quanto si possa dimostrarne l’esistenza. I mezzi di prova
sono uomini, cose e fatti: i fatti devono venire provati dalle parti, dai fatti il giudice desumerà il diritto
(onere della prova). Tale onere ricade sull’attore, il quale non soddisfacendolo non vedrà accolta la
sua domanda. Analogamente, se il convenuto vuole opporsi alle pretese dovrà, a sua volta, provare
i fatti che contrastino con le pretese dell’attore. In alcuni casi la legge stabilisce
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l’inversione dell’onere della prova, un esempio tipico si ha per inadempimento delle obbligazioni: la
legge presuppone una colpa nel debitore inadempiente e ammette che lo stesso debitore provi che
l’adempimento fu impossibile per un fatto a lui non imputabile (art. 1218).
Il giudice prima di ammettere una prova deve giudicare: 1) se questa è possibile secondo la legge;
2) se è concludente il fatto. Esistono due tipi di prove:
La prova storica: rappresenta direttamente il fatto accaduto (es. il documento che dimostra che
esiste un atto formale di compravendita). In tale caso si prova con sicurezza un fatto.
La prova critica: la convinzione del giudice non si forma nell’esame diretto delle circostanze
ma sul significato che ha un fatto che a sua volta sarà oggetto di prova (es. si prova la colpa
mediante la dimostrazione di comportamenti in spregio alle regole di diligenza, prudenza o
perizia). In tale caso, oltre alla sicurezza del fatto dedotto, si deve dimostrare la verosimiglianza
dell’argomentazione. Regola generale: nessuno può costituire prova a favore di se stessi.
Il giudice valuta le prove liberamente eccettuati i casi in cui la legge predispone uno specifico mezzo
di prova (prova legale). I mezzi di prova possono essere:
La presunzione: è una prova critica, è un’argomentazione logica fatta dalla legge o dal giudice,
per mezzo della quale è possibile indurre l’esistenza di un fatto ignoto partendo dalla
conoscenza di un fatto noto. Le presunzioni si dividono in:
o Presunzione legale: La legge stabilisce imperativamente le conseguenze che si debbono trarre dalla provata esistenza di certi fatti. Si distinguono in:
Assolute: non ammettono alcuna prova in contrario
Relative: consentono che l’interessato provi il contrario di quanto si presume
o Presunzione semplice: costituisce una congettura che abbia fondamento in fatti che offrano elementi gravi, precisi e concordanti. Il giudice può utilizzarlo soltanto quanto è ammissibile la prova per testimoni.
Gli atti scritti: sono prove precostituite, si suddividono in due tipologie:
o Atto pubblico: è il documento redatto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Ha grande efficacia probatoria (è valido erga omnes) fino a che non venga impugnato con la querela di falso.
o Scrittura privata: è documento di parte, contiene una dichiarazione scritta proveniente dai soggetti interessati e firmata da questi ultimi. Per attribuire forza di prova alla scrittura privata occorre stabilire la paternità del documento (autenticità delle firme); o riconoscimento di colui contro il quale si invoca la scrittura; o l’accertamento giudiziario.
La prova testimoniale: la prova per testimoni consiste nell’assunzione di dichiarazioni fatte da
terzo riguardanti fatti svolti in sua presenza o dei quali abbia sentito parlare. La legge non
ammette tale prova:
o Quando il valore dell’oggetto eccede € 2,58 salvo disposizione contraria del giudice
o Quando si tratta di accertare patti aggiunti o contrari all’atto scritto
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o Quando il contratto esige la forma scritta ad substantiam
I testimoni possono anche essere minori d’età.
La confessione e il giuramento:
o la confessione è il riconoscimento di uno o più fatti sfavorevoli per il confitente che
ne ammette l’esistenza. Essa non può essere revocata in quanto dichiarazione di
scienza e non di volontà (può essere invalidata per violenza o errore di fatto).
L’efficacia della confessione è decisiva quando riguarda diritti disponibili purché sia
fatta o in giudizio (prova legale) o alla controparte; se è contenuta in un testamento il
giudice può valutarla liberamente.
o Il giuramento è la prova estrema alla quale si ricorre in mancanza di ogni altra
rivolgendosi alla coscienza morale dell’individuo.
decisorio è quando una parte lo deferisce alla controparte e ne fa dipendere la decisione della contesa.
Si dice deferito quando una parte chiede all’altra che giuri sopra alcuni fatti
Si dice riferito se questi fatti sono comuni a entrambe e la parte che dovrebbe giurare riferisce il giuramento a colui che lo aveva deferito.
Suppletorio è quando viene deferito (imposto) dal giudice a una delle parti e serve ad integrare le prove
Estimatorio è una sottospecie di giuramento suppletorio e viene deferito dal giudice a una delle parti quando non è possibile stabilire altrimenti
il valore della cosa domandata.
PUBBLICITA’ E TRASCRIZIONE
La pubblicità è quel procedimento con il quale si vuole rendere conoscibile ai terzi l’esistenza di
alcuni fatti, del contenuto di negozi e di atti giuridici. Si distinguono tre tipi di pubblicità:
Pubblicità-notizia: rende conoscibile un atto senza però incidere sulla validità ed efficacia di quest’ultimo (es: pubblicazione matrimoniale) la sua mancanza;
La pubblicità dichiarativa: ha lo scopo di rendere opponibile verso i terzi il negozio e costituisce un onere per le parti. La mancanza di tale pubblicità non incide sulla validità e
efficacia del negozio.
Pubblicità costitutiva: senza di essa il negozio non è nè opponibile ai terzi né produce effetto tra le parti (es. iscrizione ipotecaria).
Per rendere conoscibile ai terzi :
la proprietà di un bene mobile, ne basta il possesso;
Il diritto di credito occorre la notificazione al debitore;
la proprietà di beni immobili e beni mobili registrati si applica il regime della trascrizione;
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le ipoteche vige il regime della iscrizione.
La trascrizione è il mezzo di pubblicità relativa a beni immobili e mobili registrati. L’art.2643
stabilisce l’obbligo della trascrizione per: alienazione della proprietà, costituzione di servitù,
usufrutto, superficie, comunione, enfiteusi ed altri. L’istituto della trascrizione mira a soddisfare
diverse esigenze:
Avere un quadro delle situazioni giuridiche dei beni sottoponendo all’obbligo della trascrizione un gran numero di atti e tramite il principio della continuità della trascrizione
Assicurare il rispetto della pubblicità attraverso l’obbligo di trascrivere a carico dei notai o imponendo un onere alle parti che costituisce il principio fondamentale della priorità della
trascrizione come titolo prevalente per l’acquisto.
Tutelare i terzi acquirenti contro il pericolo che venga meno il diritto del loro dante causa. Se
la trascrizione delle domante dirette all’annullamento (o alla nullità) di un atto trascritto viene
fatta dopo 5 anni dalla trascrizione dell’atto essa non potrà essere opposta ai terzi interessati.
I registri di trascrizione sono tenuti con criterio personale (per soggetto): nel catasto fondiario sono
registrati i beni ed ha valore fiscale. La trascrizione si attua nei registri immobiliari che ha competenza
territoriale presentando una domanda allegata a un titolo e una nota; il titolo può essere una sentenza,
un atto pubblico o una scrittura privata autenticata; la nota contiene gli estremi per individuare i beni
e le persone. Per la pubblicità dei fatti relativi ai beni mobili registrati le procedure sono analoghe,
differiscono nel criterio di registrazione (criterio reale e non personale). I registri di stato civile
pubblicizzano la situazione di una persona e sono registri di nascita, di cittadinanza, di matrimonio e
di morte (hanno efficacia probatoria esclusiva). Inoltre la pubblicità degli atti relativi alla successione
(registro delle successioni) di un defunto sono situati presso la cancelleria di ogni tribunale.
SEZIONE VI. ESERCIZIO E DURATA NEL TEMPO DEI DIRITTI
LA PRESCRIZIONE
La prescrizione costituisce un modo di estinzione dei rapporti giuridici per inerzia del titolare del
diritto. Ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per un periodo di
tempo determinato dalla legge, vige la regola dell’imprescrittibilità dei diritti personali. Anche fuori
dal campo personale però vi sono diritti imprescrittibili come l’azione per far dichiarare la nullità
radicale dei negozi o del diritto di proprietà. I requisiti sono:
1. Esistenza di un diritto che poteva essere esercitato dal soggetto
2. Mancato esercizio del diritto stesso
3. Passaggio del periodo di tempo stabilito dalla legge
La prescrizione è istituto di ordine pubblico e non può essere derogato dal privato. L’onere della prova
spetta a colui contro il quale si invoca un diritto. Il termine di prescrizione ordinario è di 10 anni; la
legge prevede anche termini diversi:
In 5 anni si prescrivono: il diritto al risarcimento del danno derivante da atto illecito; il credito per pigioni, fitti, pensioni ecc. (tutto ciò che si paga periodicamente) e l’azione di
annullamento di un negozio.
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In 20 anni si prescrivono i diritti reali su cose altrui: superficie, il diritto dell’enfiteuta, l’usufrutto e le servitù
Vi sono inoltre le prescrizioni presuntive di pagamento della durata di 6 mesi, 1 anno o 3 anni. Esse prevedono la presunzione del pagamento della prestazione rispettivamente di albergatori,
commercianti e professionisti.
Il termine di prescrizione inizia dal momento in cui il diritto può essere esercitato. Se il diritto
inizialmente o per un certo periodo non si può esercitare si ha la sospensione:
Per la situazione soggettiva del titolare: minore o interdetto
Per relazioni specifiche intercorrenti tra chi subisce prescrizione e chi se ne avvantaggia: familiari, amministratori di persone giuridiche ecc.
Il periodo in cui perdura la causa di sospensione non viene calcolato al fine del periodo necessario
per la prescrizione. Si ha interruzione quando il titolare compie un atto nel quale la legge ravvisa la
volontà di esercitare il proprio diritto. In tal caso deve decorrere un nuovo periodo di prescrizione.
LA DECADENZA
Il decorso del tempo può essere considerato anche per un altro effetto giuridico: la decadenza. Nella
prescrizione il decorso del tempo porta, a vantaggio di un altro titolare, la perdita di un diritto. Nella
decadenza si ha riguardo del compimento di un’attività che il soggetto deve svolgere entro un certo
termine, trascorso il quale è impedito all’esercizio del potere da parte del suo titolare. Nella decadenza
è implicito un onere: quando il termine è di decadenza spetta all’interessato dare prova di aver agito
prima della scadenza.
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CAPO III. I SOGGETTI E IL DIRITTO DELLE PERSONE
SEZIONE I. LA PERSONA FISICA
Ogni essere umano ha, in quanto tale, la personalità giuridica; personalità vuol dire essere soggetto
di diritti, con attitudine a diventare titolare di ogni situazione di diritto o dovere giuridico. I diritti
della personalità sono innati e essenziali, acquisiti al momento della nascita: il neonato deve nascere
vivo in quanto un nato morto non è persona. Il nascituro concepito non ha una vera e propria capacità
giuridica; tuttavia la legge gli riconosce alcuni diritti di carattere patrimoniale subordinati all’evento
della nascita (capacità a succedere in un testamento, beneficiario di una donazione).
L’uomo non vive isolato e la posizione che occupa all’interno dei gruppi sociali prende il nome di
status (di cittadino, di padre, di figlio ecc.) tali diritti si affermano verso tutti (inalienabili e
imprescrittibili).
La fine della persona avviene solo con la morte, con essa alcuni rapporti giuridici si estinguono (diritti
personalissimi), gli altri si trasmettono a terze persone. La “morte legale” si identifica con la
cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Può essere importante che venga
determinato il momento preciso della morte. Quando per effetto di incidente, due o più soggetti siano
deceduti e non sia possibile provare il momento della morte di ciascuno. In tale circostanza e fino a
prova contraria è ammessa l’ipotesi di commorienza (es. muoiono nello stesso incidente due fratelli,
lasciando come unici successori legittimi le rispettive mogli; ciascuna di queste ha interesse di
provare che il proprio marito è sopravvissuto al fratello perché in tal caso essa succede anche nella
parte che il sopravvissuto avrebbe ereditato dal premorto). Ci sono delle norme anche in caso di
persone scomparse, si distinguono tre ipotesi:
Scomparsa: basta la scomparsa dal domicilio, accompagnata dalla mancanza di notizie della persona (senza che sia passato un periodo di tempo). L’eventuale successione aperta in favore
di uno scomparso viene devoluta a coloro i quali sarebbe spettata in sua mancanza. Inoltre il
tribunale su iniziativa di qualunque interessato può nominare un curatore del suo patrimonio.
Assenza: Quando la scomparsa dura da tempo, almeno due anni, il tribunale, su iniziativa delle parti effettua una dichiarazione di assenza. I beni dello scomparso passano ai suoi eredi
secondo testamento o in mancanza di questo secondo successione legittima. L’assenza non
scioglie il matrimonio; quindi il coniuge non può risposare.
Dichiarazione di morte presunta: Trascorsi dieci anni dal giorno al quale risale l’ultima notizia il pubblico ministero o qualunque interessato possono chiedere che il tribunale emetta con
sentenza una dichiarazione di morte presunta. Il termine è abbreviato in caso di operazioni
belliche o infortuni. La sentenza stabilisce che il soggetto si considera morto dalla data
dell’ultima notizia.
SEZIONE II. CAPACITA’ GIURIDICA E CAPACITA’ DI AGIRE
La capacità giuridica è l’attitudine a essere titolari di diritti e doveri (titolari in potenza). Per capacità
di agire si intende l’attitudine di un soggetto a porre in essere validamente atti idonei ad incidere sulle
situazioni giuridiche di cui è titolare, si acquista con il compimento del diciottesimo anno (maggiore
età). Il possesso della capacità d’agire costituisce il requisito di validità degli atti
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negoziali salvo che nel momento in cui ha manifestato la propria volontà si sia trovato in uno stato di
incapacità di intendere o di volere (in tale caso l’atto è annullabile). Cause di incapacità possono
essere:
La minore età: eccezioni nei negozi compiuti nella vita quotidiana. L’emancipazione è un periodo di tempo con una limitata capacità di agire che si consegue ipso iure con il
matrimonio. Il minore è sottoposto alla potestà dei genitori, è esercitata da entrambi prendendo
insieme le decisioni concernenti la vita e il patrimonio del minore. I genitori hanno il dovere
di provvedere al mantenimento, all’educazione e all’istruzione dei loro figli e fissare una
residenza e un domicilio del minore. I poteri e i diritti patrimoniali comprendono la
rappresentanza legale, l’amministrazione dei beni e l’usufrutto legale. Ciascun genitore,
singolarmente, può porre in essere un atto di ordinaria amministrazione in nome del minore
mentre per quegli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessario l’accordo di
entrambi i genitori.
Qualora i genitori siano morti o decaduti dalla potestà si apre un procedimento per la nomina
di un tutore che provvederà alla cura del minore e all’amministrazione del suo patrimonio:
o Tutela: il tutore viene nominato dal giudice tutelare secondo la volontà del genitore che per ultimo ha esercitato la potestà (tutela volontaria), se manca la designazione (o gravi motivi si oppongono ad essa) la scelta del tutore avviene tra gli ascendenti o parenti prossimi (tutela legittima), ad altre persone scelte dal giudice (tutela dativa) o a enti di assistenza (tutela assistenziale).
Il tutore svolge una funzione di interesse pubblico gratuito e le sue funzioni sono
analoghe a quelle della potestà dei genitori. Il proto tutore, sempre nominato dal
giudice è invece un sostituto che rappresenta il minore quando il tutore si trova in
conflitto d’interessi con quello dell’interessato e lo sostituisce quando il tutore viene
definitivamente a mancare.
o Curatela: il soggetto emancipato o inabilitato trova una integrazione alla sua volontà mediante l’intervento di un curatore a differenza del tutore, il curatore interviene solo per alcuni atti e di regola solo per rapporti patrimoniali.
o Amministrazione di sostegno: la persona dell’amministratore di sostegno è scelta dal giudice con esclusivo riguardo agli interessi del beneficiario. Ha carattere temporaneo e qualora vengono meno i presupposti avviene la cessazione dell’amministrazione tramite decreto del giudice su richiesta del beneficiario, dell’amministratore o del p.m.
La salute del soggetto: l’ordinamento si preoccupa di porre rimedio alle situazioni di deficienza psico-fisica con diversi strumenti:
o Amministrazione di sostegno: la nomina di un amministratore di sostegno può essere richiesta a beneficio di una persona che per effetto di un’infermità fisica o psichica si trovi nell’impossibilità anche parziale di provvedere ai propri interessi (malattia,
turbamenti psichici, vecchiaia ecc.). La nomina viene disposta dal giudice tutelare con decreto motivato, immediatamente esecutivo, che provvede a individuare la persona
dell’amministratore e del beneficiario nonché la durata e i limiti dell’incarico. Il
beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza dell’amministratore di sostegno e può porre in
essere tutti gli atti della quotidianità. Gli atti compiuti in violazione di
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ciò sono annullabili. L’istanza per la nomina di un amministratore di sostegno può
essere promossa dallo stesso soggetto beneficiario da diretti interessati (familiari entro
il quarto grado) il tutore, il curatore o il pubblico ministero. Gli effetti
dell’amministrazione di sostegno decorrono da quando viene emesso il decreto e deve
essere data pubblicità presso la cancelleria del tribunale e comunicato all’ufficiale di
stato civile. Il tempo può essere determinato o indeterminato
o Interdizione: si ha quando una persona si trova affetta da abituale infermità di mente che la rende incapace di provvedere ai propri interessi. La determinazione dell’infermità mentale è materia della patologia psichiatrica, accertata la quale il giudice potrà disporre l’interdizione con sentenza. I presupposti sono due:
Vizio di mente abituale
Inettitudine ad attendere i propri interessi
L’interdizione porta l’incapacità generale circa i negozi patrimoniali o familiari (non
può stipulare contratti, fare testamento, sposare, riconoscere figli naturali) un tutore lo
deve rappresentare in tutti gli atti. Ha effetto dalla pubblicazione della sentenza, la
quale viene annotata nel registro delle tutele e comunicata all’ufficiale di stato civile.
L’interdizione ha effetto fino alla morte del soggetto o fino a una sentenza di revoca.
La condanna all’ergastolo o per una reclusione non inferiore ai cinque anni per un reato
doloso porta l’interdizione legale del condannato che si riferisce ai soli atti di natura
patrimoniale. Per quanto riguarda il fallimento viene avviata una procedura a tutela dei
creditori: il fallito subisce la privazione del potere di disporre del patrimonio, per i suoi
atti patrimoniali subentra un curatore nominato dal tribunale.
o Inabilitazione: la legge stabilisce quattro casi:
Per coloro che si trovano in una condizione di attuale e abituale malattia di mente non così grave da procedere all’interdizione
Per coloro che per prodigalità spendono il denaro per motivi futili o frivoli
Per coloro che abusano di bevande alcoliche o stupefacenti
Per i sordomuti e ciechi dalla nascita o dalla prima infanzia che non abbiano ricevuto un’educazione sufficiente.
Con l’inabilitazione il soggetto non può compiere in prima persona atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione e il curatore disegnato integrerà con il suo assenso la
volontà dell’inabilitato. Ha effetto dalla pubblicazione della sentenza, la quale viene
annotata nel registro delle tutele e comunicata all’ufficiale di stato civile.
L’inabilitazione ha effetto fino alla morte del soggetto o fino a una sentenza di revoca.
Le azioni di annullamento degli atti compiuti da interdetti o inabilitati si prescrivono in 5 anni dal
momento in cui passa in giudicato la sentenza che revoca l’interdizione o l’inabilitazione, dalla morte
o dal giorno del compimento della maggiore età del minore. Mentre di un incapace non dichiarato si
prescrive dal giorno della stipulazione del negozio.
SEZIONE III. I DIRITTI DELLA PERSONALITA’
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Ogni uomo ha la possibilità astratta di essere titolare di diritti e a ogni individuo sono riconosciuti dei
diritti chiamati “diritti inviolabili dell’uomo” e sono assoluti, non patrimoniali, inalienabili,
intrasmissibili, imprescrittibili e irrinunciabili. Altro diritto essenziale alla persona è quello
all’integrità morale o all’onore (per il diritto penale nessuna pena è infamante) e sono tutelati dal
diritto penale attraverso la punizione dei reati di ingiuria e diffamazione. Tra i diritti della personalità
va anche annoverato il diritto alla riservatezza della propria immagine (previsto il divieto di
pubblicare il ritratto di una persona senza il consenso della medesima).
La tutela del nome è diretta alla cura di un interesse individuale e della società; avere un nome è un
diritto e un dovere. Il nome si compone del prenome e del cognome, è dichiarato da uno dei genitori,
da un loro procuratore speciale o da chi altri faccia la dichiarazione di nascita. Se i genitori sono
ignoti, l’ufficiale di stato civile o il direttore dell’ospizio stabiliscono il nome. Il prenome o il cognome
può essere modificato purché ridicolo, vergognoso o riveli l’origine illegittima mediante decreto o
mediante avvenimenti della vita (si pensi al figlio naturale che assume il cognome del genitore che
per primo lo ha riconosciuto). La moglie aggiunge al proprio il cognome del marito e lo conserva
durante lo stato vedovile.
SEZIONE IV. LA SEDE GIURIDICA DELLA PERSONA
La vita di ciascuno è legata all’atto di nascita che viene fatto, e resta, nel luogo della nascita. Il nostro
sistema attua una distinzione tra dimora, residenza e domicilio:
Dimora: indica il luogo nel quale la persona si trova anche solo in via transitoria (soggiorno
in vacanza). Ha scarso rilievo giuridico e non è definita dal codice civile.
Residenza: indica il luogo nel quale la persona dimora abitualmente con una stabilità duratura
accompagnata dalla volontà di fissarvi la propria abitazione. La residenza può essere trasferita
con doppia dichiarazione ai comuni del luogo di partenza e arrivo. Nel luogo di residenza va
fatta la pubblicazione e viene celebrato il matrimonio, viene stabilita la competenza del
tribunale per l’adozione.
Domicilio: è determinato dal luogo dove una persona ha stabilito la sede principale dei propri
affari o interessi. Ogni persona ha un solo domicilio generale. Il domicilio determina il luogo
dove si apre la tutela, la successione mortis causa e dove viene dichiarato il fallimento
dell’imprenditore.
SEZIONE V. LE PERSONE GIURIDICHE IN GENERALE
La persona giuridica è un organismo unitario che viene considerato dall’ordinamento come soggetto
di diritto, è distinto dalle persone fisiche che concorrono a formarlo. La capacità della persona
giuridica è più ristretta di quella delle persone fisiche, in quanto la sua natura ne rende inconcepibile
l’azione nei rapporti personali. Devono coesistere quattro elementi nell’organizzazione di una
persona giuridica:
Persone: partecipano alla vita della persona giuridica sempre, o come soggetti che formano la
volontà dell’ente o come destinatari della sua attività
Patrimonio: qualunque sia lo scopo perseguito dalla persona giuridica, un patrimonio è sempre
indispensabile. Esso è formato dai contributi degli associati, da sovvenzioni dello
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Stato e di altri enti pubblici, da liberalità di terzi e da proventi dell’attività economica svolta
dall’ente. E’ perfettamente autonomo rispetto a quello dei suoi membri. Per le associazioni
non riconosciute il patrimonio è definito fondo comune, ne consegue che sul fondo non
potranno soddisfare le proprie ragioni i creditori personali degli associati così come i creditori
dell’associazione non possono soddisfare le proprie ragioni sul patrimonio personale degli
associati.
Scopo: lo scopo perseguito dall’ente costituisce l’elemento unificatore delle persone e dei beni
che la compongono. E’ sufficiente uno scopo di qualsiasi natura, purché possibile e lecito, una
suddivisione di fondo può essere operata tra:
o Scopi ideali: appartengono associazioni e fondazioni regolate nel primo libro del
codice civile.
Associazioni: sono gruppi di persone riunite per il conseguimento di un loro
scopo. Tale scopo non può essere la distribuzione di utili tra gli associati. Ciò
non preclude la possibilità per associazione e fondazione di svolgere attività
imprenditoriale purché i proventi non siano distribuiti tra gli associati ma siano
destinati al perseguimento dello scopo dell’ente.
Fondazioni: sono enti destinati dalla volontà di un fondatore alla cura dei beni
legati a una determinata opera.
o Scopi di lucro: ricomprende le società commerciali e le società di capitali disciplinate
nel libro V del codice civile.
o Scopo di carattere pubblico: enti ascrivibili al settore pubblico (come quelli
territoriali) e sono attive nell’interesse dello stato
o Scopo di carattere privato
Speciale differenziazione avviene per le persone giuridiche ecclesiastiche (parrocchie,
conventi) dalle civili. Le prime non sono enti pubbliche ma sono dotate di speciale autonomia
in ragione del loro carattere peculiare che lo Stato riconosce e tutela. Le seconde sono
anch’esse persone giuridiche private ma non perseguono uno scopo di culto.
Riconoscimento: E’ considerato un elemento formale, l’abrogato art. 12 prevedeva il
riconoscimento attribuito da decreto del Presidente della Repubblica. Il d.p.r. 361/2000 ha
modificato il sistema: le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni a carattere privato
acquistano la personalità giuridica mediante iscrizione nel registro delle persone giuridiche
istituito presso le prefetture (è altresì prevista la competenza di regioni e provincie autonome
per persone giuridiche autonome che operano in materie di competenza regionale (ass.
sanitarie). Requisiti per il riconoscimento sono lo scopo possibile e lecito e un patrimonio
adeguato.
La differenza tra enti riconosciuti e non riconosciuti prima fondamentale nel nostro ordinamento è
stata annullata con la l. 192/2000 che permette a entrambe (non solo a quelli riconosciuti)
l’accettazione d’eredità con beneficio d’inventario.
ORGANI DELLA PERSONA GIURIDICA
La relazione tra chi agisce per l’ente e la persona giuridica costituisce una particolare forma di
rappresentanza. Si discosta dalla classica forma di rappresentanza (dove il rappresentante sostituisce
la volontà del rappresentato con la propria) per l’inesistenza di una volontà dell’ente. La volontà
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della persona giuridica è invece riferita da quella espressa dalle persone fisiche che formano l’organo
amministrativo dell’ente. Questo fenomeno viene chiamato rappresentanza istituzionale o organica.
In virtù di tale legame i comportamenti illeciti tenuti dagli organi a danno dei terzi sono imputati
all’ente (purché si tratti sempre di atti posti in essere nell’ambito dei fini dell’ente stesso). La
responsabilità dell’ente non esclude l’ulteriore responsabilità dell’autore dell’illecito.
ESTINZIONE E MODIFICAZIONE DELLE PERSONE GIURIDICHE
Le persone giuridiche si estinguono per le cause previste nell’atto costitutivo e nello statuto; il
raggiungimento dello scopo o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; la delibera assembleare
di scioglimento (solo per le associazioni); la dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo. Qualora la
prefettura accerti l’esistenza di una di tali cause ne da comunicazione agli amministratori e al
presidente del tribunale affinché, con la nomina dei liquidatori, dia avvio al procedimento di
liquidazione dei beni. Soddisfatti in sede di liquidazione i creditori dell’ente, i beni restanti sono
devoluti in conformità dell’atto costitutivo o dello stato (se lo prevede) oppure ad enti dagli analoghi
fini.
La fusione tra associazioni è ritenuta possibile previa autorizzazione del Prefetto, tale azione
comporta l’estinzione delle associazioni precedenti e la costituzione di una nuova. Nell’ipotesi di
fusione per incorporazione ad estinguersi è solo l’associazione incorporata. Più frequenti della fusione
sono i fenomeni di scissione che si verifica quando un gruppo di iscritti, dimettendosi, si stacca da un
ente associativo per costituirne uno nuovo.
SEZIONE VI. LE ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE
La costituzione tutela solennemente la libertà associativa (art. 18 C.) ed in modo particolare le
associazioni religiose (art. 19 C.) sindacali (art. 39 C.) e partiti politici (art. 49 C.). Gli unici limiti
posti a questa libertà sono il divieto di istituire associazioni segrete, a carattere militare o vietate
dall’ordinamento penale. L’associazione prende vita dal contratto associativo, l’art. 14 prevede che
le associazioni riconosciute siano costituite con atto pubblico. I contratti associativi sono contratti
plurilaterali aperti e consensuali, ciò prevede la possibilità dell’ingresso di nuove parti e l’esodo di
altre. Il contratto associativo è formato da:
Atto costitutivo: si manifesta la volontà delle parti di dar vita al rapporto, deve contenere la
denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio, della sede e
dell’amministrazione. Può includere anche norme relative all’estinzione dell’ente e alla
devoluzione del patrimonio.
Statuto: si regolamenta il rapporto stesso
Gli organi necessari all’associazione sono l’assemblea e gli amministratori. Agli amministratori sono
attribuite le funzioni di gestire e rappresentare l’ente nei confronti dei terzi, l’attività negoziale svolta
dagli amministratori viene imputata all’associazione che ne risponde col proprio patrimonio.
L’assemblea è un organo collegiale con funzione deliberante cui partecipano tutti gli associati. La
qualità di associato si acquisisce tramite stipulazione dell’accordo assicurativo o con successiva
adesione allo stesso.
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SEZIONE VII. LE ASSOCIAZIONI NON RICONOSCIUTE
Differenze importanti esistono tra le associazioni riconosciute e quelle non riconosciute:
Gli amministratori delle associazioni prive di riconoscimento non sono esenti da
responsabilità personale connessa con le obbligazioni assunte in nome e per conto dell’ente
come avviene nelle associazioni riconosciute.
L’atto costitutivo dell’associazione non riconosciuta è un contratto per il quale non è
prevista alcuna forma particolare ne atto pubblico.
SEZIONE VIII. LE FONDAZIONI
La fondazione è una stabile organizzazione costituita per destinare un patrimonio al perseguimento
di uno scopo. Il patrimonio viene sottratto alla disponibilità del fondatore e degli amministratori per
essere destinato alla realizzazione degli scopi statutari (con il processo di privatizzazione delle
imprese pubbliche tali organizzazioni hanno visto aumentare notevolmente la loro importanza, es.
fondazioni bancarie, musicali e universitarie). L’elemento formale del riconoscimento è per le
fondazioni obbligatorio in quanto il codice non contempla tale forma di organizzazione non
riconosciuta. La costituzione della fondazione avviene mediante un atto unilaterale (testamento o atto
tra vivi, in tale caso è richiesto atto pubblico) mediante il quale il fondatore manifesta la volontà di
dar vita ad un ente che dovrà provvedere alla realizzazione di uno scopo da lui determinato. La parte
normativa dell’atto costitutivo che disciplina l’attività prende il nome di statuto (similmente a quanto
accade per le associazioni riconosciute). L’unico organo previsto dal codice civile per la fondazione
è il consiglio di amministrazione che prende le più importanti decisioni che riguardano la vita della
persona giuridica. Tale organo non è subordinato al fondatore ma resta esclusa la possibilità, a
differenza di quanto accade nelle associazioni, che gli amministratori possano modificare l’atto
costitutivo, deliberare lo scioglimento dell’ente o variarne il fine. I poteri di controllo sono esercitati
dalle prefetture e regioni o province autonome che hanno il compito di riconoscere le fondazioni (così
come per le associazioni). Le cause di estinzione di una fondazione sono lo scadere del termine di
durata previsto e la dichiarazione di nullità dell’atto di fondazione.
SEZIONE IX. I COMITATI
I comitati sono organizzazioni volontarie di persone che intendono promuovere il perseguimento di
scopi collettivi ed esterni ai promotori utilizzando mezzi finanziari raccolti mediante pubbliche
sottoscrizioni. Il comitato si differenzia dall’associazione per la necessaria altruità dello scopo. Altra
caratteristica è la struttura chiusa del contratto di comitato che è stipulato da un gruppo di persone
denominate promotori. I comitati sono regolati dal codice come enti sprovvisti di riconoscimento. Le
cause di estinzione sono previste dall’art. 42 e sono:
Insufficienza dei fondi raccolti
Impossibilità dello scopo
Realizzazione dello scopo
L’estinzione comporta il passaggio alla fase di liquidazione: l’eventuale residuo di fondi viene
devoluto a discrezione dell’autorità governativa a meno che non sia previsto diversamente dall’atto
costitutivo.
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CAPO IV. IL DIRITTO DI FAMIGLIA
SEZIONE I. LA FAMIGLIA IN GENERALE
La Costituzione riconosce solennemente i diritti della famiglia quale società fondata sul matrimonio
con uguaglianza tra uomo e donna nel matrimonio e nella potestà sui figli e il valore dei figli stessi
nell’organizzazione dei vincoli familiari. L’interesse della famiglia non sempre coincide con quello
egoistico dei singoli infatti, mentre massima è la libertà che il diritto garantisce ai soggetti, minima è
l’autonomia che viene loro riconosciuta nel regolamento del rapporto di famiglia.
Nella maggior parte gli atti di famiglia costituiscono atti puri che non ammettono termine o
condizione, e atti personalissimi che non ammettono rappresentanza.
LA PARENTELA E GLI AFFINI
Dal matrimonio derivano tre diversi ordini di rapporti:
Rapporto di coniugio: rapporto tra marito e moglie
Rapporto di parentela: rapporto tra genitori e figli, tra i figli e tra tutti coloro che hanno lo stesso sangue, ovvero discendono gli uni dagli altri (linea retta) o derivano da un capostipite
comune (linea collaterale). Nel vincolo che lega tra loro due fratelli, la legge tiene conto
dell’eventualità che in comune vi sia solamente il padre (fratelli consanguinei) oppure solo la
madre (fratelli uterini)
Rapporto di affinità: rapporto tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge. I gradi di affinità corrispondono ai gradi di parentela. Tra gli affini non esistono diritti ereditari.
I gradi di parentela rappresentano il numero di generazioni che intercorrono tra due soggetti;
intendendo per generazione il rapporto che esiste tra generante e generato.
IL DIRITTO AGLI ALIMENTI (?)
Gli alimenti vengono attribuiti a una persona in considerazione della sua incapacità di provvedersi il
necessario per vivere e ne viene fatto carico a un’altra tenuto conto delle sue possibilità economiche.
L’espressione alimenti nel linguaggio giuridico significa alimentazione, alloggio, vestiario, cura della
persona e della sua istruzione scolastica. L’ordine stabilito dall’art. 433 prevede coniuge, figli,
genitori, generi e nuore, suocero e suocera e in ultimo fratelli per stabilire le persone che devono gli
alimenti. Si passa da una categoria all’altra quando manchi il congiunto di una categoria o non sia in
grado di provvedere.
La differenza tra diritto agli alimenti e l’obbligo al mantenimento: il primo è dovuto nei limiti del
necessario a favore di chi ne ha bisogno, mentre chi è obbligato al mantenimento deve provvedere a
tutte le occorrenze di vita in proporzione delle sue possibilità. Agli obblighi di mantenimento e di
alimenti tra i coniugi si è sostituito un generico obbligo di contribuzione che consiste in un dovere di
assistenza anche materiale.
SEZIONE II. IL MATRIMONIO
L’art. 29 della Costituzione riconosce il matrimonio come fondamento della famiglia. Il matrimonio
può intendersi in due differenti modi:
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Come atto giuridico: L’atto di matrimonio è un atto pubblico ciò è ravvisabile, oltre dalla pubblicità dell’atto, dal celebrante (parroco o ufficiale di stato civile) la cui funzione è ben
diversa da quella del notaio che documenta lo scambio del consenso dei contraenti. I patti
lateranensi del 1929 e gli accordi di villa madama del 1984 prevedono il riconoscimento da
parte dello Stato italiano del sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto canonico. A
giudicare sulla validità del matrimonio civile sono competenti i tribunali civili, sui matrimoni
concordatari la giurisdizione canonica. Per quanto riguarda il divorzio, è sempre lo Stato che
esercita la giurisdizione esclusiva.
Come rapporto giuridico: in tale caso, a differenza della celebrazione, esso è regolato unicamente dal diritto civile, infatti anche il parroco, subito dopo la prestazione del consenso
legge agli sposi tre articoli del codice civile.
I SOGGETTI
I requisiti sono:
L’età: il diritto civile richiede la maggiore età. Tuttavia il tribunale per i minorenni può ammettere, per motivi gravi, al matrimonio chi abbia compiuto sedici anni.
La capacità mentale: l’art. 85 vieta il matrimonio all’interdetto. Inoltre l’art. 120 dice che può essere impugnato anche il matrimonio contratto da colui che si provi essere stato incapace di
intendere e di volere al momento della celebrazione.
Gli impedimenti sono:
La parentela, l’affinità e l’adozione:
o Non ammettono dispensa: parentela in linea retta all’infinito, collaterale di 2° grado e affinità in linea retta
o Ammettono dispensa del Tribunale: affini in linea collaterale
Vincolo di precedente matrimonio: Impedimento a contrarre matrimonio civile sarà ogni precedente matrimonio civilmente valido; per il diritto canonico si considera soltanto il
vincolo religioso.
Il delitto: si vieta di contrarre matrimonio all’omicida con chi resta vedovo della sua vittima.
Il lutto vedovile: la vedova non può contrarre matrimonio per il periodo di dieci mesi (tempus legendi= tempo del pianto) dalla morte del coniuge (o dopo l’annullamento o scioglimento o
divorzio); mira ad evitare difficoltà nell’attribuire la paternità ai figli che dovessero nascere.
LA PUBBLICAZIONE
La pubblicazione ha lo scopo di rendere noto il progettato matrimonio, perché se qualcuno conosce
l’esistenza di eventuali impedimenti sia posto in grado di fare opposizione. La pubblicazione per il
matrimonio civile si fa richiesta all’ufficiale di stato civile del comune dove uno degli sposi ha
residenza. Il matrimonio sarà celebrato nella casa comunale del luogo della pubblicazione.
Per il matrimonio cattolico sono necessarie le pubblicazioni fatte mediante affissione alle porte della
chiesa parrocchiale per la durata di almeno 8 giorno comprese due domeniche. Le pubblicazione
ecclesiastiche non bastano per ottenere gli effetti civili del matrimonio: il parroco farà richiesta
all’ufficiale dello stato civile purché venga fatta la pubblicazione civile.
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Se non vengono presentati atti di opposizione e si tratta di matrimonio cattolico, l’ufficiale di stato
civile rilascia il certificato dell’avvenuta pubblicazione che comporta un impegno assoluto a
trascrivere il matrimonio cui si riferisce.
La celebrazione prevede la presenza degli sposi, dell’ufficiale dello stato civile competente e di due
testimoni: l’ufficiale dà lettura degli artt. 143, 144 e 147 e riceve la dichiarazione di consenso da
ciascuna delle parti. Dopo viene compilato l’atto di matrimonio il quale sarà poi iscritto nel registro
di stato civile.
Nel matrimonio cattolico lo scambio del consenso avviene davanti al parroco e almeno due testimoni.
Quando gli sposi sono uniti in matrimonio perché l’atto abbia a conseguire gli effetti civili il
celebrante deve dare lettura degli artt.143,144 e 147. Il parroco, subito dopo la celebrazione, deve
redigere l’atto di matrimonio in doppio originale e uno di questi sarà trasmesso all’ufficiale dello stato
civile del comune in cui il matrimonio è stato celebrato, per la sua trascrizione.
Ciò che distingue il matrimonio dall’unione di fatto è che il primo si fonde su un atto formale che fa
sorgere il vincolo legale.
LA PROMESSA DI MATRIMONIO
Gli sponsali, cioè la promessa reciproca di futuro matrimonio, obbligano a risarcire il danno cagionato
all’altra parte per le spese fatte prima del rifiuto a celebrare il matrimonio a causa della promessa poi
non mantenuta, sempre che non sia determinato da giusta causa. Conseguenza della rottura è
comunque sempre il diritto alla restituzione dei doni fatti a causa del promesso matrimonio.
IL CONSENSO E L’INVALIDITA’
Il consenso deve essere prestato dagli sposi personalmente; non è ammessa rappresentanza (il
matrimonio per procura è possibile solamente per i militari in tempo di guerra e per chi risiede
all’estero). La volontà nel matrimonio civile non può essere limitata dall’apposizione di un termine o
di una condizione.
L’art. 122 prevede due vizi del volere con rilevanza sulla validità del matrimonio:
La violenza morale: minaccia grave diretta a estorcere il consenso
L’errore: riguardante l’identità della persona o su qualità personali dell’altro coniuge (condanna a gravi pene, delinquenza, impotenza, falsa attribuzione di gravidanza in atto)
In tali casi il consenso è viziato e il coniuge vittima dell’errore può richiedere l’annullamento (un
anno di coabitazione dopo il riconoscimento dell’errore vale come sanatoria):
Annullabilità assoluta insanabile: identità di sesso tra gli sposi; precedente matrimonio in atto di almeno uno degli sposi; parentela, affinità e adozioni previsti dall’art. 87. In tale caso il
matrimonio è annullabile a iniziativa di qualunque soggetto, senza limite di tempo e senza
possibilità di sanatoria.
Annullabilità relativa: per il difetto di età; per i vizi del volere (visti pocanzi); per il matrimonio dell’interdetto per infermità di mente. In tale caso l’annullamento può essere
chiesto soltanto da alcune persone espressamente determinate.
La dichiarazione di nullità o la sentenza di annullamento hanno efficacia retroattiva: il matrimonio si
considera come mai avvenuto. Il matrimonio annullato si dice putativo quando è stato contratto in
buona fede da almeno uno dei coniugi oppure gli sia stato estorto con la violenza. In tale caso la
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retroattività viene mitigata e il matrimonio viene considerato valido fino alla sentenza. Se entrambi i
coniugi erano in buona fede, il giudice può disporre l’obbligo di corrispondere somme a favore del
coniuge che non abbia adeguate fonti di reddito. Se la nullità viene imputata all’altro coniuge o a un
terzo gli può essere imposto di pagare una congrua indennità. Rispetto ai figli nati o concepiti prima
della sentenza di nullità, il matrimonio putativo produce gli stessi effetti del matrimonio valido.
LA SOCIETA’ CONIUGALE
Dal matrimonio sorgono gli obblighi di coabitazione nella residenza fissata d’accordo; di fedeltà e di
assistenza. La residenza familiare è il luogo di vita comune o punto d’incontro dei coniugi che
lavorano e vivono in località diverse; il domicilio è invece il luogo dove ciascuno dei coniugi ha
stabilito la sede dei propri affari. Per quanto riguarda invece la cittadinanza il coniuge straniero o
apolide, di cittadino italiano, acquista la cittadinanza dopo sei mesi di residenza sul territorio o dopo
tre anni dalla data del matrimonio. Per il nome, l’art. 143 bis dispone che la moglie aggiunge al proprio
cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile purché non passi a nuove nozze.
La l. 4 aprile 2001, n. 54 ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto degli ordini di protezione
contro gli abusi familiari, in virtù del quale il giudice può ordinare al coniuge (o convivente) che
abbia tenuto una condotta pregiudizievole per l’integrità fisica o morale o per la libertà dell’altro
coniuge, la cessazione d