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Arte storia e religione - Pietrelcina e i luoghi della devozione a San Pio Pietrelcina, “l’Assisi del meridione”, è conosciuta in tutto il mondo per aver dato i natali, il 25 maggio 1887 a Francesco Forgione, il Santo stigmatizzato noto come Padre Pio da Pietrelcina. Nato in una modesta famiglia di agricoltori, visse la sua infanzia nei vicoli del Rione Castiello, in un’abitazione formata da varie stanze in Vico Storto Valle, nel suggestivo borgo antico del paese. Nella piccola chiesa di S. Anna, oggi meta di pellegrinaggio, fu battezzato il giorno dopo la nascita. L’infanzia e la prima giovinezza la trascorse nel piccolo borgo di Pietrelcina tra l’affetto materno di mamma Peppa (Giuseppa De Nunzio) e del padre Grazio Forgione. Sin dalla tenera età ebbe visioni celestiali; pur essendo un ragazzo come tutti gli altri, allegro e spensierato, amava pregare e stare in contemplazione con il pensiero rivolto a Gesù Crocifisso. Manifestò ben presto la volontà di farsi frate ed all’età di 15 anni, nel 1903, entrò in noviziato dei padri Cappuccini nel Convento di Morcone, suggestivo paese a pochi chilometri da Benevento. E’ una tappa fondamentale, per chi vuol rivivere i luoghi di Padre Pio, visitare questa cittadina per la bellezza del suo centro storico e delle sue chiese. Al visitatore, il centro storico si presenta con una serie di viuzze in pietra calcarea, percorse da scale e slarghi che ricordano, da lontano, un presepe. Meritano una visita la chiesa di San Bernardino, databile al XVI secolo, e la chiesa della Madonna della Pace del XII secolo. Il convento dei frati Cappuccini, costruito nel 1603, è stato da sempre centro di noviziato; nella quiete del convento, Padre Pio studiò e pregò, preparandosi a vestire l’abito del novizio, abitando prima la cella numero 18 e successivamente quella col numero 28 dell’antico convento. Il 28 gennaio 1904 vestì il saio dei cappuccini assumendo il nome di fra’ Pio da Pietrelcina. Completati gli studi in diversi conventi, il 10 agosto 1910, nella cappella dei canonici del duomo di Benevento, fu consacrato sacerdote nelle mani di monsignor Paolo Schinosi, arcivescovo di Marcianopoli. Da questo momento iniziò il suo instancabile apostolato per il bene dell’umanità facendosi conoscere ed amare in tutto il mondo come Padre Pio da Pietrelcina. Durante questo periodo, per motivi di salute, il padre superiore autorizzò il giovane sacerdote a vivere presso la famiglia, al fine di ritemprarsi nella quiete e nella serenità, nel piccolo centro sannita di Pietrelcina. La famiglia Forgione, in località Piana Romana, possedeva un appezzamento di terreno con annessa masseria, tuttora esistente, ristrutturata ed arredata con le povere masserizie dell’epoca. La visita alla casa di piana Romana, è l’occasione per far rivivere al turista/pellegrino, l’ambiente e l’atmosfera dei luoghi in cui visse il Santo di Pietrelcina. E’ qui che avvenne per la prima volta, il 7 settembre 1910, sotto l’olmo, oggi meta di visitatori, il segno della passione di Cristo sul corpo di Padre Pio. E’ lui stesso che, in una lettera datata 8 settembre 1911, indirizzata a Padre Agostino di San Marco in Lamis, scrive: “Ieri sera mi è successo una cosa che io non posso né spiegare né

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Itinerari religiosi Benevento

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Page 1: Itinerari Artistico-religiosi Benevento 1

Arte storia e religione - Pietrelcina e i luoghi della devozione a San PioPietrelcina, “l’Assisi del meridione”, è conosciuta in tutto il mondo per aver dato i natali, il 25 maggio 1887 a Francesco

Forgione, il Santo stigmatizzato noto come Padre Pio da Pietrelcina.

Nato in una modesta famiglia di agricoltori, visse la sua infanzia nei vicoli del Rione Castiello, in un’abitazione formata da

varie stanze in Vico Storto Valle, nel suggestivo borgo antico del paese. Nella piccola chiesa di S. Anna, oggi meta di

pellegrinaggio, fu battezzato il giorno dopo la nascita.

L’infanzia e la prima giovinezza la trascorse nel piccolo borgo di Pietrelcina tra l’affetto materno di mamma Peppa

(Giuseppa De Nunzio) e del padre Grazio Forgione.

Sin dalla tenera età ebbe visioni celestiali; pur essendo un ragazzo come tutti gli altri, allegro e spensierato, amava

pregare e stare in contemplazione con il pensiero rivolto a Gesù Crocifisso.

Manifestò ben presto la volontà di farsi frate ed all’età di 15 anni, nel 1903, entrò in noviziato dei padri Cappuccini nel

Convento di Morcone, suggestivo paese a pochi chilometri da Benevento.

E’ una tappa fondamentale, per chi vuol rivivere i luoghi di Padre Pio, visitare questa cittadina per la bellezza del suo

centro storico e delle sue chiese.

Al visitatore, il centro storico si presenta con una serie di viuzze in pietra calcarea, percorse da scale e slarghi che

ricordano, da lontano, un presepe. Meritano una visita la chiesa di San Bernardino, databile al XVI secolo, e la chiesa

della Madonna della Pace del XII secolo.

Il convento dei frati Cappuccini, costruito nel 1603, è stato da sempre centro di noviziato; nella quiete del convento,

Padre Pio studiò e pregò, preparandosi a vestire l’abito del novizio, abitando prima la cella numero 18 e

successivamente quella col numero 28 dell’antico convento.

Il 28 gennaio 1904 vestì il saio dei cappuccini assumendo il nome di fra’ Pio da Pietrelcina.

Completati gli studi in diversi conventi, il 10 agosto 1910, nella cappella dei canonici del duomo di Benevento, fu

consacrato sacerdote nelle mani di monsignor Paolo Schinosi, arcivescovo di Marcianopoli. Da questo momento iniziò il

suo instancabile apostolato per il bene dell’umanità facendosi conoscere ed amare in tutto il mondo come Padre Pio da

Pietrelcina.

Durante questo periodo, per motivi di salute, il padre superiore autorizzò il giovane sacerdote a vivere presso la famiglia,

al fine di ritemprarsi nella quiete e nella serenità, nel piccolo centro sannita di Pietrelcina.

La famiglia Forgione, in località Piana Romana, possedeva un appezzamento di terreno con annessa masseria, tuttora

esistente, ristrutturata ed arredata con le povere masserizie dell’epoca. La visita alla casa di piana Romana, è

l’occasione per far rivivere al turista/pellegrino, l’ambiente e l’atmosfera dei luoghi in cui visse il Santo di Pietrelcina.

E’ qui che avvenne per la prima volta, il 7 settembre 1910, sotto l’olmo, oggi meta di visitatori, il segno della passione di

Cristo sul corpo di Padre Pio. E’ lui stesso che, in una lettera datata 8 settembre 1911, indirizzata a Padre Agostino di

San Marco in Lamis, scrive: “Ieri sera mi è successo una cosa che io non posso né spiegare né comprendere. In mezzo

alla palma delle mani mi è apparso un po’ di rosso. Questo dolore era più sensibile in mezzo alla mano sinistra, tanto

che dura ancora. Anche sotto i piedi avverto un po’ di dolore. Questo fenomeno è quasi da un anno che si va

ripetendo…”. 

Fu tale il disagio che il giovane frate dove’ subire, da chiedere al Signore di rendere ”invisibili” le stimmate, ma non i

dolori e le sofferenze, che tali rimasero fino al 20 settembre 1918.

In una lettera indirizzata alla nipote Pia, il Santo di Pietrelcina, ricordando l’evento miracoloso, scriverà: “Vai a Pietrelcina

e riordina tutto, perché c’è stato Gesù e tutto è avvenuto là”.

Oggi, in località Piana Romana, vi è una chiesetta ove è conservato l’olmo sotto il quale Padre Pio ricevette le stigmate e

ove era solito pregare nelle afose giornate estive. E’stata di recente costruita una chiesa di più ampie dimensioni per

accogliere gli innumerevoli pellegrini in visita ai luoghi sacri.

Padre Pio, inviato successivamente nel Convento di San Giovanni Rotondo, visse ininterrottamente per 52 anni la sua

esistenza, svolgendo incessantemente il suo apostolato per la salvezza delle anime.

La mattina del 20 settembre 1918 mentre era in preghiera dinanzi al Crocifisso ricevette le stigmate alle mani, ai piedi ed

al costato, che rimasero fresche e sanguinanti durante tutta la sua esistenza terrena, scomparendo misteriosamente dal

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suo corpo il giorno della morte, avvenuta il 26 settembre 1968.

Il culto e la devozione per Padre Pio da Pietrelcina, già rilevanti quando era in vita e poi successivamente alla sua morte,

si sono accresciuti in seguito alla beatificazione, in occasione del Grande Giubileo del 2000, per opera del Santo Padre

Giovanni Paolo II che lo elevò, poi, agli onori degli altari, proclamandolo Santo, il 16 giugno 2002.

Luoghi Benevento

Morcone Pietrelcina

Arte storia e religione - Le cattedrali di Benevento, Sant'Agata de' Goti e Cerreto SannitaL’itinerario di interesse turistico tocca luoghi di forte richiamo, come Benevento con la sua storia, la suggestiva

Sant’Agata dei Goti e, Cerreto Sannita.

L’itinerario proposto si incentra soprattutto nella visita delle cattedrali, antichi gioielli storici di tutte e tre le città.

In questo percorso di fede e di storia, Benevento conserva un sincronismo religioso di grande rilievo, per cui al culto di

Iside subentra quello di Maria “lactans”. Il cuore pulsante della fede beneventana è la cattedrale, distrutta durante la II

guerra mondiale. Di stile romanico-pugliese, conserva oggi tutto il suo antico fascino nella facciata e nelle porte di

bronzo medioevali, di ottima fattura, ammirabili all'interno della cattedrale. Di grande fascino è la cripta, che conserva

affreschi di memoria longobarda.

La cattedrale di Sant’Agata dei Goti costituisce un unicum nel panorama artistico-religioso del Sannio beneventano. Di

grande suggestione è la cripta medioevale con i suoi affreschi di stile giottesco. Delicato nella sua fattura artigianale è il

coro ligneo.

Il ‘700 costituisce per la ridente cittadina di Cerreto Sannita una rinascita culturale ed artistica insieme. In questo

contesto si inserisce la cattedrale con le sue due torri campanarie policrome “a cipolla”.

Luoghi Benevento

Cerreto Sannita

Sant'Agata Dei Goti

Arte storia e religione - L’arte della ceramicaLa Valle Telesina offre una vacanza per tutti i gusti e i bisogni. Oltre a rinfrancare il corpo grazie alle cure termali in

Telese Terme, il turista può visitare piccoli paesi che conservano intatti i loro originari centri storici. Qui sono ancora

fiorenti le attività artigiane, tra le quali spicca la lavorazione della ceramica, arte praticata e tramandata da secoli.

Le fornaci delle caratteristiche botteghe artigiane di San Lorenzello e Cerreto Sannita producono da centinaia di anni

pezzi artistici di pregiato valore.

Dopo il terremoto del 1688, che ridusse in un ammasso di rovine l’abitato di Cerreto Sannita, il processo di ricostruzione

richiese un’intensa attività edilizia tale da far confluire a Cerreto, San Lorenzello e nei paesi limitrofi, muratori, maestri

scalpellini, stuccatori, ceramisti provenienti da più parti d’Italia e soprattutto dalla celebre scuola di Capodimonte a

Napoli.

Da qui proveniva Antonio Giustiniani, padre del famoso Nicola che, nato nella vicina San Lorenzello nel 1732, passerà

alla storia per aver creato a Napoli nel 1752 la famosa “Scuola Giustiniani”.

Favorita dall’abbondanza delle materie prime, in particolare dall’argilla, l’arte della ceramica si diffuse a Cerreto e San

Lorenzello, dove ebbe un lungo periodo di splendore per tutto il ‘700.

Ai grandi maestri come Giustiniani e Ruso si aggiunsero vere e proprie dinastie di ceramisti che tramandarono ai posteri

l’arte e la tecnica figulina.

Caratteristici i colori che ornano le acquasantiere, i piatti e i vasi di ceramica. Le gradazioni tipiche vanno dal giallo

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intenso, all’arancione, al manganese, al verde con le loro varie sfumature, fino al blu turchino, che dalla metà del ‘700 si

afferma soprattutto per i vasi da farmacia.

Con l’avvento del rococò compaiono nelle ceramiche cerretesi motivi floreali di influenza francese. La maiolica si

armonizza con le linee architettoniche degli edifici, guarnendo pavimenti e pannelli decorativi. Fra tutti, va ricordato il

magnifico pavimento datato 1798 del presbiterio della congrega di Maria Santissima della Sanità in San Lorenzello.

Ancora oggi rivivono nelle botteghe degli artigiani ceramisti acquasantiere, medaglioni, piastrelle che hanno arricchito nel

passato nobili dimore e luoghi sacri, create da mani abili e attente di artigiani della creta. Si perpetua così un’antica

tradizione nel rispetto degli stili, dei colori, dei disegni e decori di un tempo passato.

Luoghi Cerreto Sannita

San Lorenzello

Telese Terme

Arte storia e religione - I Sanniti, i Romani e le "Forche Caudine"

Nel linguaggio comune, quando si vuole evidenziare che si è avuta una vittoria eclatante con estrema umiliazione dei

vinti, si usa l'espressione “è passato sotto le forche caudine”. Frase che risale alla mitica sconfitta dell’esercito romano

ad opera dei soldati Sanniti e che caratterizzò la seconda guerra Sannitica.

Tito Livio nel libro X degli Annali, nel descrivere l’evento storico, pose in risalto come i Sanniti ebbero una vittoria non

solo splendida ma anche eterna, forse prefigurando come tale episodio storico sarebbe rimasto inalterato nei secoli e

nella memoria degli uomini. La famosa tempra dei soldati romani era stata umiliata, la forza delle “legioni romane” era

stata schernita dal passaggio sotto il “giogo” eretto a disprezzo degli sconfitti. I Sanniti avevano conquistato non Roma,

ma l’eroismo e la fierezza dell’esercito dei romani.

Narra Livio, che nel 321 a.C. le forze romane, erano accampate presso “Calatia” nella pianura vicino Maddaloni, mentre i

Sanniti, al comando di Caio Ponzio, si trovavano nei pressi di “Caudio” vicino all’attuale Montesarchio. Fu diffusa la falsa

notizia che i soldati sanniti erano lontani, occupati ad assediare la città di Lucera.

I consoli romani, per portare aiuto ai buoni e fedeli alleati lucerini, scelsero di raggiungere Lucera passando attraverso le

gole di Caudio; tale strada attraversava una pianura ampia, erbosa e ricca d’acqua ma con due valichi, uno superiore e

l’altro inferiore. L’esercito romano, giunto al valico superiore, lo trovò sbarrato con alberi e macigni e, avvistati i soldati

sanniti, capì di essere caduto in un’imboscata. Repentinamente indietreggiò cercando di guadagnare la libertà dall’altro

valico, ma trovò anche questo sbarrato con macigni ed alberi messi nel frattempo dai soldati sanniti.

Chiusi in una morsa, i nemici sanniti si facevano giuoco di loro, apostrofandoli con ironiche e sprezzanti frasi di scherno.

Disarmati e spogliati delle vesti, i soldati romani subirono l’onta e la vergogna di passare sotto il “giogo”, passare cioè

attraverso delle travi incrociate, tra gli scherni dei sanniti vincitori.

Luoghi Arpaia

Bonea

Forchia

Montesarchio

Paolisi

Page 4: Itinerari Artistico-religiosi Benevento 1

Arte storia e religione - La leggenda delle Streghe di Benevento

Benevento, contornata da rilievi appenninici e adagiata su una conca naturale, ha una storia molto articolata, per certi

versi avvolta nel mistero.

Molti avranno sentito parlare delle “streghe di Benevento”, personaggi leggendari la cui fama si diffuse proprio a partire

dal 700 d.C., durante l’epoca della dominazione longobarda.

La credenza nell’esistenza delle streghe, infatti, nacque e si fuse con gli echi delle misteriose usanze dei longobardi, un

popolo fedele alle proprie tradizioni, che praticava anche nei territori conquistati i riti legati al culto del dio Wothan. Un

rituale, in particolare, prevedeva che i cavalieri longobardi si riunissero fuori dalle mura della città, precisamente in un

bosco di noci, e qui, intrecciandosi in caroselli equestri e corse sfrenate, lanciavano frecce contro una pelle di caprone

appesa ad un albero di noce, consacrato al dio Wothan.

I Beneventani spiavano atterriti e, nella visione popolare, tutto ciò cominciò ad acquisire una parvenza meravigliosa e

demoniaca. Infatti, benché la pratica di queste cerimonie avesse avuto termine - a causa della conversione al

cristianesimo dei Longobardi, sotto il duca Romualdo II - ed il noce “demoniaco” fosse stato abbattuto per volontà del

Vescovo Barbato, le voci attorno a misteriosi eventi continuarono a circolare. Attribuirono questi riti magici a donne

malefiche, intraviste danzare freneticamente intorno all’albero di noce: nell’immaginario collettivo, infatti, gli urli di guerra

furono trasformati nei frastuoni scomposti di orge sataniche. Il diavolo, in sembianze di caprone, partecipava a queste

celebrazioni insieme a demoni custodi, detti “Martinelli” (o Martinetti) in qualità di amanti e servi.

Nei secoli successivi, dopo che lo splendore di Benevento accrebbe e la città divenne “isola pontificia” nel Regno di

Napoli, la leggenda continuò a vivere, attraversando il basso Medioevo, il Rinascimento e l’età Barocca, fino ai nostri

giorni, colorendosi via via con particolari sempre più vari.

Molte e diversificate le tracce lasciate nella letteratura da questa leggenda beneventana: dalle opere del problematico

autore de Il Fiore, il trecentesco Ser Durante, al festevole Redi de Il Gobbo di Peretola, alle prediche di San Bernardino

da Siena.

Anche nella musica questa leggenda ebbe una propria eco: Il Noce di Benevento di Franz Xaver Sussmeyer, allievo di

Mozart e Salieri, fa, evidentemente, riferimento all’albero “incriminato” e Le Streghe è proprio il titolo di una delle più

singolari composizioni di Paganini.

Ma delizioso ambasciatore nel mondo della leggenda di Benevento è, dal 1860, il liquore che Giuseppe Alberti non

poteva che chiamare “Strega”. Un nome che fa appello al saldo legame con il territorio, ma anche alle qualità e al gusto

da incanto.

Luoghi Benevento

Arte storia e religione - I Longobardi e il culto di San Michele ArcangeloDi costumi estremamente rozzi, in un continuo stato di guerra, costretti ad una vita seminomade, i Longobardi, nel 568,

provenienti dalle zone dell'odierna Ungheria, giunsero in Italia attraverso il Friuli e vi si stanziarono, eleggendo Pavia

capitale del Regno.

Conquistata tutta l'Italia, si insediarono nel 571 a Benevento. Il ducato di Benevento ebbe nel corso dei secoli, rispetto al

principato di Pavia, una propria autonomia, una propria entità indipendente. La sconfitta del re Desiderio ad opera di

Carlo Magno nel 774 determinò la fine del Regno longobardo di Pavia, con la sola eccezione del ducato di Benevento, il

cui duca Arechi II elevò a principato, ed ebbe una durata fino al 1077, anno in cui cadde sotto il dominio pontificio.

Ebbe inizio così per Benevento un periodo storico di notevole importanza: si ampliarono le mura della città, si curò

l'urbanistica, si realizzarono lo sviluppo e l'ampliamento della "civitas", si diede impulso alla attività culturale e religiosa,

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ricostruendo abbazie, chiese, monumenti, con gli annessi "scriptorum", centri propulsori di cultura.

Benevento dopo la conversione dei Longobardi al cristianesimo nel 663 divenne notevole centro di produzione e di

esperienze culturali; vanno ricordate la famosa "scrittura beneventana" ed il "canto beneventano"; inoltre la nota "sacra

via langobardorum", strada dei pellegrini, che da Benevento, lungo il percorso della via Traiana, passando per l'attuale

Buonalbergo, raggiungeva il monte Gargano, luogo di fede in onore di San Michele Arcangelo, patrono dei Longobardi.

La storiografia longobarda ha dato l'inizio del culto micaelico all'episodio bellico dell'8 maggio 650, allorchè secondo la

tradizione i Longobardi di Benevento respinsero un attacco dei Bizantini i quali volevano impadronirsi del santuario

dedicato all'Arcangelo sul monte Gargano. Successivamente a questo episodio, ebbe notevole diffusione il culto

micaelico in tutto il Medioevo.

L'arcangelo San Michele, il più potente difensore del popolo di Dio, fu definito "principe degli Angeli" per la sua lealtà,

fedeltà e devozione nei confronti del Signore.

L'arcangelo viene rappresentato, nell'iconografia orientale ed occidentale, come un combattente con la spada in mano,

che nella prima immensa guerra apocalittica, affronta e sconfigge Lucifero ribellatosi a Dio, facendolo sprofondare nelle

tenebre. Contribuirono, certamente, ad accrescere il culto di San Michele nell'area sannita le vicende della transumanza

ed i pellegrinaggi verso il Gargano.

Luoghi Airola

Moiano

Montesarchio

Morcone

Santa Croce del Sannio

Sant'Agata Dei Goti

Sassinoro