junije restić, giunio antonio reesti, juni restii - ad annum 1451 - miće gamulin

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Junije Restić, Giunio Antonio Reesti, Juni Restii - Ad Annum 1451 - Miće Gamulin

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  • 251

    esser stato ricevuto con distinzione (e) gradita la sua ambasciata. Ma la causa pi forte, che ingann il senato, fu che a Eagusa si supponesse Ostoja poter promettere denari, ma Radoslavo mai poter metter assieme tanta quantit, quanta s'era promessa dalli Eagusei; e dali' altra parte si confidava, che li Turchi farebbero pi conto del tributo di ducati 500, promesso dalla repubblica, per esser pagamento annuale, che di tutti li denari pagabili in una sola volta, tanto per conto dell'interesse che per onore dell'iraperio.

    Boveseio tutte queste speranze la morte del Luccari, successa nel piii bello de' suoi negoziati. II senato subito. acci il trattato non restasse sospeso, mand nuovi ambasciatori Matteo di Croce e Marino di Jacomo Giorgi, i quali, partiti per mare, si condussero a Seutari e d' indi per la Slavonia in Adrianopoli, con le mede-sime eommissioni, avute dal Luccari, non avendo voluto il senato alterar offerte gi fatte, ma pretese, che le ragioni gi pro-dotte in belle parole supplissero soddisfar l'ingordigia d'una na-zione, la quale senza conoscer onore non fa stima dell' altro che dell' interesse.

    Aveva in tanto, a suggestione d'alcuni poco amorevoli, il re di Bosna mosso avanie alii mercanti ragusei, abitantiin Bosna, e fat-tili arrestar con prender le mercanzie e serrar tutti li passi, acci non potessero liberamente, secondo usato, passar oltre li monti per andar in Slavonia o in Ungaria. Ma siccome s' attendeva dalli Eagusei vincer irnpresa alia Porta Ottomana, cosi anche il senato voile mitigar animo di questo principe, ed aveno visto le di lui operazioni contro li mercanti, e non esser rimasto soddisfatto della risposta data al di lui ambasciatore Goiscich, spedi due ambascia-tor, Giovanni Gondola e Nicol Giorgi, per procurar di tirarlo nelli proprj interessi, pereiocche la famiglia Ootromana, e particolarmente il padre del re Tvarco, erano sempre stati con la repubblica in buona corrispondenza e congiunti con continua confederazione, avendo conosciuto quel re molto bene il grand'utile, che riceveva il suo regno dalli mercanti ragusei, da lui protetti e favoriti in tutte le occasioni.

    II re Tvarco agli ambasciatori s' espresse, aver avuto relazione dai suo ambasciatore Goiscich, stato a Eagusa, che la repubblica gli avrebbe mandato ambasciatori e che sarebbe entrata in trattato seco. Ma quest' offerta di. mandar ambasciatori mai s' era fatta al Goiscich, ne lui aveva promossa. Perci s'entr in sospetto che il re avesse fatto le novit alii mercanti per tirar alia sua corte elli ministri della repubblica a farsi mediatori della pace fra essa e Eaoslavo. Pero antecedentemente la repubblica, alia prima mossa fatta alii mercanti in Bosna, s'era operata appresso Sigismondo, acci lui con efficacia raccomandasse gl'interessi d'essa al re, per il che imperatore aveva mandato in Bosna un suo ambasciatore, Cosma Vladicovcich, vicebano di Dalmazia e Oroazia.

    Questo ministro parlo al re con efficacia e riport da lui la promessa, che non mancherebbe di poner ogni suo studio ed industria per contentar li Eagusei. In consonanza di che, il medesimo re

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    agli ambasciatori Gondola e Giorgi, nella prima udienza, disse, non aver altrimenti -serrato li passi per non lasciar passare li mereanti ragusei, ma esser stato cio obbligato a fare per qualche disordine, seguito alli conflni tra li suoi sudditi e quelli di Giorgio, despoto di Servia; cio esser cosa facile ad aggiustarsi, ma lui aver ayvisi da Eadoslavo Paylovich, la missione d'essi ambasciatori essersi fatta espresso, perche la repubblica voleva attossicar esso, re ed il figiiolo di Eadoslavo. Gli ambasciatori risposero, che per li passi d' aprirsi ringraziavano Sua Maest, non avendo nemmeno potuto creder le strade esser state serrate per

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    ed offese, particolrmente da Eadoslavo; ora pi che mai deside-rarsi la pace, quando questa dovesse farsi con oneste e giuste con-dizioni del risarcimento dei danni e spese; che per la repubblica non cree, ne creder mai, il re voler favorire un suo antico ne-mico, fattosi simulate amico per non aver potuto fare altrimenti"; sperarsi pero, che egli assister alia repubblica, in conformit di quel che fece il suo padre al tempo egf insulti di Nicol Alto-manno e egli attacchi de' Yeneziani, avendo mandate un buon corpo i milizie in ifesa dello stato di Eagusa; ora sperarsi il meesimo dal presente re, come suo amico e confederate.

    Questi trattati sul principio mossero che il re commanasse a Eadoslavo per tutto il suo paese lasciar passar i Eagusei franchi e sicuri, senza alcun impedimento. In adempimento di che egli spei li salvoconotti necessarj. I quali avutisi dal re, disse agli ambasciatori, scrivessero alia repubblica, che il simile si facesse per li sudditi di Eadoslavo a Eagusa, a riserva di quelli che erano intervenuti nelle fazioni della guerra, con li quali si dovesse pro-ceder secondo li patti da farsi e secondo antiche consuetudini.

    Questi sentimenti del re avutisi a Eagusa, fu i nuovo inculcate agli ambasciatori di dar seriamente mano al trattato di pace. Ma perche gli ambasciatori trattennero qualche giorno di notificar al re le plenipotenze, Eadoslavo parti per suoi affari alla corte. E loro, presentatisi all'udienza, rappresentarono esser la repubblica pronta dar salvoconotti per li sudditi di Eadoslavo, ma non aven-dosi cognizione positiva di quelli che erano intervenuti nelle fazioni, potevasi incorrer in molti diordini; perci Sua Maest era pregata si contentasse sospender il fatto delli salvoconotti sinche fosse ri-otto a qualche buon segno il trattato della pace, alia quale la repubblica si piegava, per con fermo proposito d' esserle bonifieate le spese e li danni fatti, non solo dopo la sua riconciliazione, ma anche dal principio.

    II re, per la partenza seguita di Eadoslavo, non pote dar subita risposta, ma di tutto lo fece consapevole. Ed egli subito mand due suoi plenipotenziarj, Budisav Bugarcich ed Alexa Pasctroevich, i quali arrivati alia corte, si fece una conferenza. tra essi e gli ambasciatori della repubblica, in presenz del re e di Januse Goiscich, Giurag Draghicevieh e Vuk Eogassich, suoi ministri. Pu il primo a parlar il re. Narr quanto aveva negoziato, esort alia quiete. le parti, poi, voltatosi agli ambasciatori ragusei, disse: Voi dunque volete la pace, che sia durevole, e che vi siano rifatti li danni e le spese, allegando Eadoslavo esser andato il primo alia corte del Turco, con che aver afforzato anche voi altri ricorrer alia Porta. Uite dunque quel che Eadoslavo dice. Eipigli allora Alexa Pasctroevich , come Eadoslavo mando suoi ambasciatori a Eagusa, perche la repubblica aveva comineiato far una citt sopra il suo territorio, il quale non era stato venduto, (per)ohh citt (ci) fosse, ne che sopra d' esso si fbbricasse; la repubblica non aver voluto nemmeno dar risposta, ma subito avesse comineiato assoldar gente e'far eserciti; seguiti poi li rumori, Eadoslavo esser stato pronto

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    d' accomodar, senza che s' andasse alia Porta del Turco, e perei aver mandato Sanco Bugareich ambasciatore a Ragusa, il qual offeree ci al minor eonsiglio sotto sigillo di segreto, ricevuto con promessa di tener la cosa celata, il che poi da Giorgio Gozze, ambasciatore della repubblica, fosse palesato alia Porta, e con tal ma-niera li Ragusei aver mandato alia Porta contro la volont di Rado-> slavo. Al discorso del re fu risposto dagli ambasciatori di Ragusa : la repubblica aver ricevuto.gli ambasciatori di Radoslavo con molta umanit, ancorche fossero venuti all' udienza senza dar alcun saluto al magistrato, segno tra Slavi d' esser in guerra ed in rottura; aver ben preteso non potersi fabbricar la citta sul terreno venduto da Radoslavo, ma esserlisi anche ben mostrato che, la vendita fatta, sia stato libero alia repubblica, ne Radoslavo aversi riservato alcun dritto sopra Oanali, o sopra il modo di tenerli; dopo di che gli stessi ambasciatori, contro la parola data, esser partiti senza con-gedo da Ragusa, e aver cominciato essi stessi subito ammassar gente, con che s' entr in guerra, e nel pi caldo d' essa si vide calar a Ragusa un minis tro turco, condotto ad istanza di Radoslavo, accompagnato anche da Sanco Bugareich, suo ambasciatore; aver bensi Sanco proposta la pace, su che non esserlisi dato alcun giu-ramento, e Dio volesse che li giuramenti si fossero servati, ma perche non aveva le necessarie plenipotenze, and per portarle e non torn pi, il che necessit la repubblica mandar in Adrianopoli difendersi e mostrar le di lui falsita, servendosi delle stesse anni, eon le quali Radoslavo procurava offenderla.

    Da queste risposte degli ambasciatori vedendo il re ribattute le ragioni di Radoslavo, e desiderando che il medesimo restasse sod-disfatto, replic. lui non voler entrare nel fatto di far rifare le spese e bonificar li danni, per esser cosa troppo grande cosl da una, come dali' altra parte, ma bensi volentieri fprestarsi) a far che la pace sia durabile; li prigioni fsiano) rilasciati senza ranzone,1 sia visto sopra la morte di Giovanni Cerva, gi commandante sul prin-eipio della guerra, spedito verso Oanali, e per il resto, chi ha avuto il male, se ascriva a sua fortuna. Col che si fini quella prima sessione. .

    Dopo la quale gli ambasciatori di Ragusa non lasciarono attender intorno al re per farlo favorevole al risarcimento de' clanni, metten-doli in considerazione, quanto era convenevole, che li danni siano rifatti e bonificate le spese d' una guerra, mossa con ingiustizia da un suddito di Bossina senza consensu del re e degli ordini del regno, nel che doveva esser esso Tvareo per onor suo impegnato a farlo pen-tire, per esempio degli altri; non dover Radoslavo restar (indenne) in tutto e la repubblica con darino, a ristorar il quale andrebbe una buona parte delli stati di Radoslavo; dalla repubblica non do-mandarsi altro che Trebigne e Popovo, benche alia corte del Turco fossero state ottenute tutte le di lui contrade; e benche Radoslavo, aveno mosso guerra, avesse perso le-ragioni d'aver in avvenire il

    1 Ciofe: riscatto.

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    censo, che la repubbliea li pagava, niente i meno cio li si lascie-rebbe, per farlo restar con onore, purche fossero eacciati dalla sua eorte Eaoje Gliubiscich e Dobrusco, con li loro parenti, primi motori della guerra, e ci affmehe la pace possa eser stabile; inoltre che li sudditi di Eadoslavo possano aver rifugio con gli altri Bos-sinesi nello stato di Eagusa, non ostante li patti, -fatti in contrario negl'instrumenti della vendita di Canali.

    Queste erano le pretensioni de'Eagusei. Pero gli ambasciatori avevano istruzioni pi miti di contentarsi di quelle parti di Popovo e Trebigne, che dallo stato di Eagusa si stendono sino all'acqua, e quando anche cio non si potesse avere, la repubbliea era contenta di eonseguire solamente le ville adjacenti a Povarsc sino al piano di Trebigne.

    Sminuiva la repubbliea le sue pretensioni, a misura che il nego-ziato di Adrianopoli andava peggiorando. Avevano li Turehi gi promesso agli ambasciatori di Eadoslavo la rivocazione di quanto avevano per innanzi concesso alii Eagusei, perciocche Ostoja Pa-sctroevich aveva dato buone somme di denari, tanto al Gran Signore, che alii visiri. Ma questi, per ultimarli la grazia della gi detta rivocazione, domandarono altri denari, secondo il costume di quelJa nazione. Eadoslavo si trovava senza nuovo peculio. Mand chiederlo dal re in prestito, ma a questo non parendo incaricarlo di nuovi debiti, si seuso non aver commodita per aceomodarlo. Al che Budi-slav e Palchan, ambasciatori di Eadoslavo spediti espressamente, protestarono al re, che al Turco bisognava dare questi denari, ovvero cedeiii due delli suoi castelli, e far la pace con li Eagusei con quelle condizioni ehe loro prescrivessero. Da queste proposte ridotto il re pigiiar partito senza poter pi traccheggiare, fece chia-mare ad una seconda conferenza gli ambasciatori d' ambe le parti, assistendo lui con tutti li suoi ministri e baroni principali di Bos-sina, esistenti alia eorte.

    II re in brevi parole ordin a Draghiscia di Gruzich, che per parte di tutta la Bossina rispondesse alle proposte fatte per il pas-sato da'Eagusei. Oostui s'espresse subito, il sentimento del regno e delli baroni esser, che se Eadoslavo Pavlovich ha fatto alcun male, ovvero danno, a chi si sia, debba pagarlo secono sara con-venevole, ma li terreni e contrade della corona di Bossina non voler dar ne eoncedere ad alcun altra signoria, ne volersi cacciare, ovvero rimover, li nobili ed antichi uomini per nessun modo dalli loro pa-, trimonj.. A questo parlar di Draghiscia ripigli il re, e consecu-tivamente tutti li baroni ivi presenti, confermando con veemenza, non voler in modo alcuno diminuir in minima parte li stati di Bossma, ne cacciar li proprj gentiluomini per dar soddisfazione agli esteri. Soggiunse poi il re, esso voler che onninamente si faccia pace, e che questa sia durabile, percio volerla lui garantir per ambe le parti, ma intanto non voler che in altra eorte si tratti simil materia, ed avendo gi detto due volte, ora la terza tomare a ridirlo, non volere ehe la repubbliea parli contra Eadoslavo, ne alia Porta del Turco; ne alia eorte dell' imperatore in Ungaria.

  • 256

    Allora Budisav e Palchan, ambasciatori i Eaoslavo, s' inginoc-chiarono e baciarono i piedi al re, e gli ambasciatori di Eagusa, storiti, non risposero altro.-

    Per il clie la repubblica non rest contenta del loro ministerio. Anzi, con lunga tessitura di ragioni, rimprover il poco spirito, mostrato'nella-risposta, ordinandoli, in una espressa udienza esponer al re, la repubblica aver avuta giustissima ragione mandar alia Porta del Turco, mentre, portati li. suoi reclarai alia corte di Bos-sina, non1 (furono) esauiti. Con la risposta d'esser Eaoslavo di-pendente dal Turc, (co>

  • 257

    della pubblicazione ella pace, acci li Turchi, veendo non do-verli fruttar li disturbi di questi principi, non facessero qualche terminazione intempestiva in favor ella repubbliea, a tenore delle rieerche, fatteli in tempo che si disputava a quella corte, e pre-tendessero poi il prezzo oflfertoli, quando la repubbliea, per la pace stipulata in Bossina, non fosse in stato di prevalersi delli loro favori, intendendo di far li snoi tra'ttati con buona fede e lealt.

    17

  • LIBEO UNDECIMO.

    Nel mentre per aver una buona pace si travagliava alia corte di Bossina, arriv ivi Badslavo, e per caso incontratosi con gli am-basciatori della repubblica, siccome era simulatore, li fece delle accoglienze abbracciandoli, e con altri tratti cortesi 4passo, come se mai fosse stato nemico. Ma essi, sbrigatisi con corrispondenti ceri-monie, si portarono dal re, al quale esposero1 la grande amicizia, stata non solo tra il suo padre, ma anche tra tutta la casa Cotro-mana e tra la repubblica, da che Ootromano Gotto per il suo valore conquist la Bossina; in corrispondenza del che la repubblica con tanto affetto aver ricevuto nel suo stato Elisalda, sua bisavola, la quale nell' universale sollevazione contro d' essa, fatta nel regno, ivi s' era rifugiata con li figlioli, dal qua! tempo quella regia stirpe per natural instituto s' era mantenuta in continua confederazione con la repubblica, avendola soccorsa in piii occasioni e di truppe e di con-siglio, e d' altre assistenze, secondo richiesero i tempi; ora, essendo esso re Tvarco erede dell' avito regno, desiderarsi fosse anche dell'affetto verso la repubblica, la quale sempre ha mostrato verso d' esso e affetto ed il rispetto, dovuto alle sue qualit; perci, alle prime richieste di volersi esso re far mediatore della pace tra Eadoslavo e la repubblica, aver essa mandato alia sua corte li plenipotenziarj, piegandosi alia quiete, non ostante tutti ii vantaggi, che si pote-vano sperar grandi; e dal maneggio dell' armi nella prepotenza in cui si trovava la repubblica sopra le forze di Eadoslavo, e dalli trattati d' Adrianopoli, avvalorati da pi denari di quel che lui po-tesse spender, acci tutto il mondo veda nessun aver potuto ridurre al fine la conclusione d' essa, a riserva d' esso re; il quale poi si sperava dovesse, con pari corrispondenza, aver riguardo all' onore ed alia dignit della repubblica, la quale non guardava di lasciare molte pretensioni giustissime per affacilitar il negozio.

    II re mostr desrderio li fossero spiegati gli ultimi sentimenti della repubblica circa le sue pretese. E gli ambasciatori in brevi paro]e risposero, essa esser contenta che Eadoslavo fosse restituito al primiero grado della nobilt a Eagusa ed all' abilit del consiglio, dal che era decaduto per la mossa dell' armi, e li sia restituita la casa e la propriet che teneva nello stato di Eagusa prima della guerra; dall'altra parte li denari, che esso teneva a 5% nelli de-positi della repubblica, siano d' essa per risarcimento de' danni e

    1 esposta nei ms.

  • 259

    spese, o almeno il pro d' essi per dieci anni vada alia repubblica; Eadoje Gliubiscich con altri suoi parenti, instigatori della guerra. conclusa la pace, siano puniti e rimossi da Trebigne}- li suditi di Eadoslavo abbiano rifugio nello stato di Eagusa, come gli altri Bossinesi; li prigioni d' ambe le parti siano m'essi in libert; con-trafacendo Eadoslavo in appresso alii patti, dovesse con effetto ri-sarcir li danni alia repubblica ed alii suoi sndditi, che per tal causa seguissero; dovesse il re garantir questa pace, del che fa-cesse special istromento, acci li suoi posteri siano tenuti ali' osser-vanza del pattuito.

    II re piglio tempo per risponere. Ma le continue pratiche e trattati degli ambasciatori alia corte insospettirono Eadoslavo, che alle ultime essi potessero spuntare qualche tratto a lui pregiudiziale appresso il re, considerate da lui-sempre suo nemico antico. E sic-come misurava altrui animo col suo, cosi non si fidava intiera-mente d'essere sostenuto sin al fine, benehe vedesse gli effetti contrarj alle sue suspicioni. Si risolse perci abboccarsi con gli ambasciatori, e fece anehe che alcuni suoi gentiluomini andassero trovarli, cercando la pace, la quale se la repubblica voleva abbrae-ciare, lui avrebbe mandato ambasciatori a Eagusa. Gli.ambasciatori di cio avvisarono con un espresso la repubblica, la quale non solo rispose ad essi d'essere contenta ricever li ministri di Eadoslavo, ma anehe nei medesimi sensi scrisse alio stesso Eadoslavo. Arrivate queste risposte, lui, siceome era volubile, si ritratto di tutti li primi sentimenti con dichiararsi, essere superfluo far li trattati a Eagusa, potenosi fare in Bossina con pi facilit,

    Questa mutazione, con tutto che fosse solita in ciascheduna procedura di Eadoslavo, pure pose gli ambasciatori in moto, e comin-ciarono procurar intorno al re dar fine al negoziato e dichiarar li suoi sentimenti sopra il progetto, ultimamente fattoli. Ostoja si tro-vava imbrogliato con un ministro turco, arrivato alia sua corte per altri affari; per il che, non potendo accudir a' fatti alieni, procra-stinava spiegar li suoi veri sensi. Per gli ambasciatori di Eagusa, piuttosto annqjati di queste langhezze, che spinti da onesto termine per interesse della repubblica, si spiegarono con gli ambasciatori di Eadoslavo, che se lui. mandava a Eagusa domandar la pace, li sarebbe stata concessa con pi dolci cndizioni di quel che mai avrebbe avuto in Bossina. Eadoslavo, servitosi del consiglio, spedi a Eagusa due suoi ministri, autorizzati per domandar e conchiuder la pace. La quale ivi in poche sessioni fu conclusa, non avendo la repubblica domandato altre condizioni, che le spiegate ultimamente al re dalli suoi ambasciatori.

    II fin della conclusione di questa pace si feee alii 15 d'ottobre, con patti: che tra la repubblica e Eadoslavo fosse pace perpetua, dimenticanza delle ostilita seguite, li prigioni d'ambe le parti rila-sciati senza ranzone; Eadoslavo debba goder uprivilegio della no-bilt, la casa e gli altri suoi beni stabili a Eagusa, come li godeva prima della mossa dell' armi; il pro del denaro di Eadoslavo, esi-

    *

  • 260-.

    stente su li depositi pnbblici a Eagusa, per dodeci anni1 sia della repubblica, a titolo di risarcimento de' danni e spese; Eadoslavo debba castigareM suoi. sudditi, primi motori della guerra; se niai.li sudditi di Eadoslavo facessero danni alii Eagusei, esso Eadoslavo eon effetto debba soddisfarli; il re di Bossina sia giudice t.ra le parti, in caso d' inosser-vanza, e garante di questa pace, la-quale debba esser giurata d'ambe le parti ed autentieata dal re di Bossina con suo special mandato; dovesse esser giurata da Ivanisc, figliolo d' esso Eadoslavo; doversi dar alia Porta del Turco la parte di questa pace da ambi gli am-basciatori della repubblica e di Eadoslavo di concerto, in modo da convenirsi.

    La repubblica di queste convenzioni mand subito due copie agH ambasciatori residenti in Bossina, acci procurassero farle firmare dal re. Al che dovevano anche. accudire Alexa Pasctroevich e Budisav Bugarcich, ambasciatori di Eadoslavo, perciocche si dubi-tava, se al re dovessero piacere tutte le condizioni espressevi. Ed il dubbio non fu vano, perche non voile iirrnarle in modo deside-rato dalla repubblica, eon scusa di non convenirsi al grao suo; ma bensi lui fece far un' altra scrittura, la qual mandata a Eagusa, il senato giudic non dover esser ammessa, essendovi fatte espres-sioni con termini scarsi. Per il che fu insinuato a Eadoslavo dar cal ore alii suoi ambasciatori in Bossina, acci essi travagliassero ridur Ostoja alii convenuti sentimenti. Ed agli ambasciatori di Ea-gvusa fu accommesso metter in considerazione al re, la repubblica aver subito eseguito da parte sua tutto il contenuto nelle capitola-lazioni; dover anche Eadoslavo, per onor suo, far il simile, e non essendo in esse cosa aleuna pregiudiziale al regno di Bossina, era pregata Sua Maesta confermarle,

    Aggravatosi il re circa un capitolo contenente, se per aleuna delle parti fosse contravenuto, il re di Bossina sia obbligato assister la parte contraria, quando lui avesse giudicato esser stato contravenuto, non dispiacque al senato, che questo capitolo fosse riprovato, perciocche mai si desiderava averlo giudice nelle dissensioni che po-tessero risorger con Eadoslavo. Onde prontamente, mostrando di farlo per soddisfazione del re, espresse quel capitolo con termine, che se da aleuna parte contrafatto fosse, sar molto molesto al re e rice-ver in gran dispiacere. Non soddisfece nemmen questa espressione a quel principe, ed avendo Eadoslavo per mezzo delli suoi ambasciatori fatto gli ultimi sforzi di preghiere, finalmente si content d' accettar seeondo il tenore delle prime capitolazioni, variando alcune poche parole; lasci per la medesima sostanza.

    Autenticato dal re il trattato, e fattosi garante della pace, gli ambasciatori Gozze e Giorgi si licenziarono dalla sua corte e si trasportarono da Eadoslavo, per farlo ratifiear il trattato e giurar osservazione d'esso. Dove arrivati, furono da lui, esausto d'ogni altra cosa in fuori della simulazione, rieevuti con gran cortesia, e sul fatto dell7 esecuzione. con prontezza furono messi in libert i prigioni. Eu firmata e giurata la pace, ma mise delle difficolt per

    1 Cerva serive: 10 anni.

  • 261

    farla giurare da suo figliolo, allegando e et d' esso Ivanisc 'e le cariche possedute da liri alia corte del re di Bossina. Gli ambasciatori risposero, la repubblica aver giurato di conservare la pace ad Ivanisc in forma contenuta nelle eapitolazioni; lui non giurando, il fatto non sarebbe reciproco; non pretendersi il giuramento da Ivanisc ministro ed officiale regio, ma da Ivaniso Pavlovich, figliolo di Eosan Pavlovich. B perche et era quella che pareva dispen-sarlo, fu convenuto, per ordine del senato, eon im istromento a-parte, che arrivato Ivanisc all'eta legittima dovesse giurar osser-vazione delle convenzioni, fatte con Badoslavo, suo padre.

    Dato il fine a tutto questo, si convenne notificar la pace alia Porta Ottomana d' ambedue le copie, degli ambasciatori della repubblica e di Badoslavo assieme, acci quel ministero infedele, sempre attento alii vantaggi dell'impero, ed assuefatto ad ingorde esazioni di regali, delli quali perdeva anche la speranza con questa pace, non avesse modo di piegar e pervertir il convenuto con maspettati partiti, in virtii dell'istanze fatteli dalle parti in tempo che si guerreggiava. B perci anche fu accommesso agli ambasciatori, notifi-candoli, di dire, essersi fatta (la pace) eon condizione, che le parti rimangano ne'l modo che si trovavano prima della mossa dell'armi, senza alcuna innovazione. La repubblica, per maggiormente sbrigarsi da qual si sia mossa di quei ministri, accommise a Matteo Oroe e Marino Griorgi, suoi ambasciatori, che, notificata la pace, vedendo questa non esser ben intesa alia Porta, senza pigliar congedo, ne aspettar lettere responsive alle credenziali, dovessero levarsi inaspet-tatamente e sortir dalli confini di quell'imperio. li quali in quel tempo erano molto vicini ad Adrianopoli, e, per tal effetto fu ricer-cato Benedetto di Forli, ambasciatore cesareo, porgerli il possibile ajuto per eseguir queste commissioni.

    Tal fine ebbe una guerra di tre anni tra la repubblica e Eadoslavo, mossa da questo infido scismatico sotto chimeric! pretesti e sostenuta dalli Eagusei con ,spirito, se non con fortunati successi. E benche con' la pace avessero assodato il possesso contesoli di Oanali, pur aveva il senato additato di voler stender il dominio della repubblica sopra ben dilatati paesi della Slavonia, nei prin-cipio con aver messo un buon esercito in piedi, dal quale si pro-metteva progressi grandi, di poi con li trattati in Adrianopoli. E ci con facilit sarebbe successo per causa .delli disordinati governi di quei principi, i quali, immersi nelle particolari dissensioni, pos-posta la vera massima di tenersi uniti, privi di denari, odiati dalli sudditi a causa dell' irigiuste imposizioni e tiranniche esazioni, non avrebbero potuto resister'e alle ben ordinate procedure della repubblica, la quale, attaccando uno per uno, unita con gli altri a forza di denari, delli quali sapeva fare buon uso, avrebbe conseguito ogni fine che s' avesse prescritto; ma cosi belli disegni di spiritose idee furono rovesciati, in un attempato senato e pieno d'esperienza, dalla considerazion'e, che aveva gi il Turco domato la Bulgaria, la Macedonia. Albania, ed intrus Delia Slavonia, fattosi arbitro dei principi ' essa, additava di doverla tra poco soggiogare tutta. Per

  • 262

    il che senato conobbe esser tempo piuttosto pensar al modo della propria sussistenza ed indemnit hell'universale rovina, che all' am-pliazione d'nno stato, chc non si sarebbe potuto tener a fronte d'una potenza insuperabile, come era quella del Turco.

    Trovavansi ancora gii ambasciatori della repubblica alia corte di Eadoslayo sul punto di dover congedarsi, quando il re di Bossina ricerc il senato mandarli un ambasciatore con prestezza. Per il che subito fu cohtramanato alla corte di Eadoslavo Nicol Giorgi, il quale,, abboccatosi col re sotto VissoM, fu richiesto, che la repubblica lo accomodasse d'un gentiliiomo per manarlo ambasciatore da Sigismondo imperatore. II senato, che molto volentieri voleva esser istruito di tutti li pensieri ed interessi delli principi slavi, con prontezza deput Pasquale Eesti, cavaliere dello spron d'oro, pratico della corte d' Ungaria e molto accetto a Sigismondo. Ma perche a Eagusa era noto il naturale sospettoso e diffidente delli Slavi, si fece dal Giorgi sotto varj pretesti insinuar al re Tvarco, che il Eesti fosse accompagnato da qualche ministro bossinese, al che lui con-discese, facendo accompagnar ambasciatore da un suo cugino.

    S'erano intanto conclusi due matrimonj di due figliole di Stefano' Yucovich, despota di Servia, essendo stata data una ad Amuratte, re de: Turchi, e l'altra al nipote del conte di Cilia, nipote pure di Barbara imperatrice, moglie di Sigismondo. II senato da questi matrimonj prese occasione di mandar ambasciatori Paladino Gondola ed Andrea Bobali ad esso despota, sotto pretesto di rallegrarsi seco delle affinit contratte, ma in effetto per assister agl'interessi delli mercanti raguse'i, che in gran quantit per quel regno facevano un fiorito commercio, e per pregare esso despota, che raccomandasse ad Amuratte, a seconda della nuova affinit, li mercanti ragusei. trafficanti per la Turchia, acci avessero libera estrazione degli argent!, che,in quel tempo in quantit si eavavano dalle miniere in pi luoghi della Slavonia. Gli ambasciatori trovarono arnmalato il despota; ma con tutto ci furono ricevuti con accoglienze, pari all' animo di quel principe, propenso all' amicizia della repubblica.

    Eadoslavo Pavlovich, vedeno andata clegii ambasciatori alia corte del despota, col qual aveva delli dissapori, prego la repubblica accommetter alii suoi ministri di veder rappaeificarli e levar occa-sioni delle differenze. II senato, benche sempre avesse considerato esso Pavlovich uomo torbido e senza legge, antico suo nemico, pure, perche vedeva li principi slavi per ogni piccola differenza ricorrer all' ajuto de' Turchi, e questi abbracciar ogni occasione per aver pretesti di levare, ora ad uno, ora all' altro, i paesi, faceva conto d' esser megiio tollerare esso Pavlovich, benche diffldente, debole per di forze, che aver un giorno li Turchi confmanti, con incertezza del sistema da tenersi da quelli barbari verso la repubblica. Per il che fu acconmiesso agli ambasciatori, che insinuassero al despota unieo metodo da mantenersi dalli principi slavi esser tenersi uniti e tra di se accomodar tutte le differenze, senza dar adito alia, rapace potenza d'ingerirsi nelle loro differenze, massima sola eapace allungar la perdita della Slavonia. Giorgio despota, principe di qualche ta-

  • lento, il quale in aleuue. occasioni ha mostrato d'intender la veritji dell'interesse di stato, ed in altre ha preteso d'intenderla, ma coll'in-gannarsi ha visto ultima rovina della propria casa e la perdita delli suoi stati, in questa occasione diede orecchio agli ambasciatori di Eagusa, i quali agirono tanto bene, che con un trattato tolsero tutte le differenze tra lui e Pavlovich.

    In questo mentre Bogdan, vojevoda di Sreberniza, Stance e Nicol Dobercvichi, officiali in quel luogo del despota, fecero deirinnova-zioni alii mereanti, ma dal despota, a requisizione egli ambasciatori, furono subito ridotte le cose all' antico sistema.

    Intanto imperatore . Sigismondo essendosi trasferito a Eoma, la repubblica, vedendo poter avere la sua assistenza, sped! subito Pas-qual Eesti, cavaliere dello spron d'oro, Marino Gondola e Biagio Giorgi, ambasciatori da lui, pregarlo d'ottenere per la repubblica dal pontefice Eugenio IV la collazione delli beneficj ecclesiastici. E perche correva voce avesse fatto la pace con li Yeneziani, fu ac-commesso ad essi ambasciatori di procurar appresso di lui, che con-cedesse in proprieta alia repubblica le tre isole di Brazza, Leina e Oorzola, quando li Veneziani le dovessero evacuare.

    In questo mentre i Eagusei ebbero campo di respirare un poco An. dal gran timore di vedersi presto confinanti con li Turci, mentre '" Amuratte, essendo entrato con un grosso esercito in Albania, fu ri-buttato, e benche d'ambe le parti fosse stata grande la perdita delle genti, pure Anrea Tobia, principe d'una parte dell'Epiro, ed Arnuh ' Spta, general degli Albanesi, maneggiarono cosi ben quella guerra, che il Turco, senza aver fatto alcun profitto, ftf costretto partirsi, e sul fine dell' anno li medesimi comandanti albanesi batterono in campagna, con total disfacimento, Isac, generale de'Turchi, che al favor delli ghiacci era entrato in quella provincia per spopolarla.

    Nel mentre ci s'operava in Albania, arrivarono a Eagusa Pietro An. Paolo de Ooppis de Monte Falco e Gabriele, baron de Leccio, ambasciatori per parte di Giovanni Antonio, principe di Taranto. Ma siccome questo principe era ricettacolo di tutti li predoni dell' Adri-. atico, cosa mal vista dalli Eagusei, cosi essi fecero poco e nessun profitto nelli negoziati.

    Non era solo questo principe che si dilettasse della rapina. Quelli di Craina, avvezzi'alla vita piratica, avevano armato alcune barche in corso, con che afforzarono la repubblica spedir una galera con altre due barche annate, capitano Giovanni Menze, eon ordine di Com-tener li mari di Sabioncello e Narenta infino ad Almissa e procurar mis-di coglier li Oraiani predoni, ovunque si trovassero, e non lasciarli corseggiare, e di ci tenesse ragguagliati il eonte Gregorio Nicolich ed il vojevoda Paolo, aeeio dassero mano anche loro al rimedio.

    Ma intanto, alii 15 del mese di maro, mori Sanagl Hranich, il quale nella sua giovent, in tempo della guerra del re Ostoja, niente favorevole alia repubblica, avanzato in et ed ammaestrato. dagli accidenti, sempre (le) si tenne unito, deferendo molto alii consigli del senato, con che mostr d' intender la vera massima che si deve tener tra principi cleboli, confinanti con uno prepotente, come a raggua-

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    giio e'Bagusei e Sandagi era il Turco, gi intruso nella Slavonia. Del resto lui fu un principe di spirito vivo, di ragionamento forte, di molta delicatezza, che penetrava le cose con facilit, ed avrebbe im-' mortalata la sua memoria, se non avesse macchiato . la sua vita ed oscurato la fama con li errori dello scisma e rito patareno, nel quale nacque e mori.

    Nelli stati di Sandagi successe il di lui nipote, conte Stefano Oo-saccia, figiiolo di Vucaz, fratello di Sandagi.

    La repubblica, sentita questa morte, subito spedl Federico Gondola ambasciatore condolersi per la morte del Sandagi con Stefano e rallegrarsi della sua assimzione al governo. Li fu rappresentata amorevole corrispondenza sempre stata tra la repubblica ed il suo zio; esaltata la prudenza di questo;. desiderarsi tener pari metodo con lui, e, per caparra di cio, rapresentarlisi la sua citt di Castel Nuovo di Draceviza sfornita di tutto, senza munizioni e sufflciente presidio situata tra nemici, i quali, impossessandosi, avrebbero in-quietato il di lui stato; onde per ci s'esortava esso conte 'fortifi-carla e muniiia del necessario. Gradi il conte le dimostrazioni fatten, e la confidenza mostratali, con corrispondenti amorevolezze. S' offerse incontrar sempre le soddisfazioni della repubblica.

    Questa intanto, vedendo ritornato nelli suoi stati di Servia dali'Un-garia, dove s' era antecedentemente trasferito, Giorgio despota, mando dal medesimo Giovanni di Giacomo Gondola e Giacomo di Matteo Giorgi ambasciatori, per procurar di ridurre all' antico sistema gi' in-. teressi de' mercanti, ai quali s' erano fatte delle innovazioni ed a Sre-berniza ed a Nuovo Monte. II fatto fu aggiustato con soddisfazione reciproca. Ma il despota, presa occasione, ad instanza d'Elena, mo-giie del mor'to Sandagi Hranich, ricercar la repubblica permetter ad essa Elena fabbricar una chiesa fuori della citt, in eui si dovesse celebrar alia greca, avend'o in animo essa Elena ritirarsi ivi il resto della sua vita: il senato, sempre avverso ad ogni altro rito che cat-tolico nel suo stato, diede subito la negativa. Ma acci fosse meno amara, si scus, per non maucare ad alcune ideate antecedenti con-venzioni, di non poter, senza dispensa pontificia, concorrer a render soddisfatta essa Elena, la quale e si stimava e s' amava, come moglie di Sandagi, tanto benemerito della repubblka.

    II conte Stefano Cosaceia, arrivato al governo delli stati, si trovava in cattiva intelligenza con vojevoda Eadoslavo Pavlovich. Per il che a Eagusa si temeva dovessero nascere sconcerti alli confini, tenendo tutti due quelli principi strettissime intelligenze con la corte otto-mana, non ammaestrati ancora a sufficienza dagli esempj degii altri potentati di Slavonia e Bulgaria, rimasti senza stati, divoratili da quella fiera potenza, per. aveiia meschiata nelle proprie discorie. II senato, che nella conservazione di questi due principi considerava aver delli loro paesi una barriera, benche ebole, pure desiderabile, per la ifidemnita del proprio stato, vedendo arrivato a Trebigne il Pavlovich, spedi Marino di Giacomo Gondola e Giorgio Gozze ambasciatori eonvitarlo venire a Eagusa, giacche cosi vicino si ritro-vava, e nel medesimo tempo rappresentarli interesse, che aveva

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    lener"il regno di Bossina unito senza discordia tra principali, aceio ti Turchi, che ogni giorno facevano scorrerie per quella provincia, non si prevalessero col cacciar uno e altro dalli proprj stati; esser vero, che esso Pavlovich teneva corrispondenza con li ministri turchi e godeva la protezione di quella Porta, pure anche i r conte Stefano essersi insinuato dipender dal medesimo imperio; pero tutti due sarebbero stati e protetti e favoriti, sinche una loro discordia desse occasione alli Turchi d'entrar nei loro stati e omarli; che se poi era necessario, la repubblica si sarebbe operata a tutto po-tere di rappacificarli, offerendosi mandar ambasciarie espresse per questo fatto.

    Dopo questi passi con Eadoslavo, furono inviati dal senato Paolo Sorgo e Paladino Gondola dal conte Stefano. I quali gli esplicarono il grand' amore portatoli dalla repubblica, per li gran beneficj rice-vuti e da Sandagi suo zio e dalli altri suoi progenitori; esser dis-pqsto il senato contribuir il possibile per ridurlo in pace con Eadoslavo Pavlovich, conoscendosi molto bene, che dalla loro guerra sarebbero derivate ultime rovine non solo ai loro stati, ma anche al resto della Slavonia; esser pregato pero esso conte nominar qual-cuno delli suoi ministri per plenipotenziario; che essi ambasciatori si sarebbero trasferiti dal Pavlovich per far il medesimo officio, ed avrebbono poi travagliato, come mediatori, a levar le difficolt, che si sarebbono incontrate nelli trattati.

    11 conte Stefano s' arrese alle ragioni addotteli, e gli ambasciatori subito si trasferirono da Eadoslavo. Ma costui, vedendo d'averla a fare con un principe giovine, del quale si stimava pi abile, voile prevalersi, e mostrando aderir alia pace, mise per preliminare, che prima li fosse restituito quel che gli era stato tolto e rifatti li danni. Al che gli ambasciatori ragusei risposero, eio esser condizioni, le quali si devono poner nel trattato ed eseguir, secondo sar conve-nuto; non esser bene nei preliminari metter cose di difficil conven-zione; che tauto poi in sua potest sarebbe non convenir, se vedesse non sortire quelle soddisfazioni, che intende conseguire. II Pavlovich rispose, non esser questo il modo di negoziare; e benche intanto alia sua corte fosse arrivato Sanco vojevoda, ambasciatore del conte Stefano, riporto la medesima risposta, data agli ambasciatori ragusei, e fu licenziato.

    II che visto dal conte, richiese la repubblica li volesse imprestar un nobile per poterlo mandar suo ambasciatore in Ungaria dali' imperatore. Ma questo progetto non piacque a Eagusa, ed il senato si seuso con addurre, amarsi esso conte Stefano e desiderarsi compia-cerlo, ma gY interessi non communicabili dalla repubblica non per-metter che ora alcun suo nobile andasse per proprio ministro, non che per alieno, a quella corte; il senato da molto tempo aver bi-sogno di far una missione verso imperatore, ma da pesanti consi-derazioni esser astretto soprasedere sin a miglior tempo; per non incorrer in gravi pregiudizj al ben pubblico.

    Nel piti caldo di questi negoziati s' ebbero a Eagusa lettere dali' imperatore Sigismondo con avviso, che, essendo morto Sanagi

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    Hranih, la repubblica dovesse pagar il censo, che si pagava ad esso Sandagl per la terra di Halonfelda, in avvenire a Matteo di Talonez, conte Oomriense, cosi pure la meta del guadagno dalli sali; avendo esso imperatore accommesso a detto conte Matteo il go-verno di tutta la terra di Halonfelda, pereio doversi anehe esso conte favorir ed assister in tutte le occasioni nel detto governo. Con medesimi sentimenti scrisse anche alia repubblica esso conte Matteo, e, pochi giorni dopo la ricevuta delle lettere, capito nel borgo di Narenta Giorgio Chez, con titolo cl' accommesso del conte Matteo per imperatore. Oostui anche scrisse a Eagusa, che li si mandasse una persona per poterle esplicare alcune cose, ofdinateli far sapere alia repubblica.

    Ma intanto essendo capitati 1,500 Turehi, fatti venire dal conte Stefano Gosaccia, fabbro delle proprie ed aliene rovine, per saecheg-giar alcune contrade, adjacenti ad Halonfelda, che non li prestavano obedienza dopo la morte di Sandagl, Giorgio Chez s' impauri e con molta prestezza torn donde era venuto. Ne la persona, mandatali dal senato, lo pote raggiunger, con tutta la diligenza che facesse. Per i l che, non avendosi potuto dar informazione a l'ui del paga-mento di Halonfelda e del sale, il senato scrisse all'imperatore, railegrarsi molto, che lui fosse in animo di pigiiar quella terra con la gabella, sperandosi cosi dover passar meglio e con piui quiete le cose della repubblica; per pregarsi esso imperatore, che, nel far questo acquisto, avesse bont di farlo in tal modo, che non dovesse esser di danno alii Eagusei, il che si sarebbe conseguito, quando mostrasse di farlo per forza senza alcuna connivenza della repubblica, mentre altrimente il conte Stefano, a cui per successione di Sandagl atteneva quella scala, principe naturalmente, come tutti gli altri Slavi, sospettoso, avrebbe supposto, la repubblica aver avuto mano in questo fatto, giacche, aveno essa da Sandagl comprato quella scala per cinque . anni, con averli pagato antieipatamente molti cle-nari cinque mesi prima che fosse morto, il conte Stefano suppor-rebbe essersi fatto qualche arbitrio a Eagusa per in appresso e per non pagarli il corrente pattuito prezzo, e pereio potrebbe trava-giiar li mercanti ragusei, e per il meno serrarii li passi della Sla-vonia. Nei medesimi sensi si scrisse al conte Matteo.

    Ma intanto a Eagusa s'ebbe, alii 10 d'agosto, un danno inarri-vabile, essendosi brugiato di notte tempo armamento, dove stavano le munizioni. E per la gran quantit di polvere, salnitro eel altre materie combustibili, tanto fu grane incendio, ehe molti pezzi d' artiglieria, ivi esistenti, si squagliarono, ed una parte del palazzo rettorale, a canto di cui era armamento, ando in aria, eon strage e rovina di molti.

    Calepia, fratello minore d' Amuratte imperator cle' Turehi, s' era rifuggito cla Sigismondo per implorar ajuto a poter torre impero dalla mano del fratello. E dopo alcune convenzioni, tra loro fatte, Sigismondo scrisse alia repubblica, che in considerazione sua dovesse dar rieetto a Calepia, il quale con una mano d' Albanesi si mandava contro li Turehi, e perei la repubblica lo facesse, insieme eon tutti

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    che seco venivano, conclurre eon barche ragusee in Albania. La materia diede luogo alle consulte del senato, dove fu considerato il danno, che per questa azione s' avrebbe avuto nelli trafiichi, oltre il pericolo delli mercanti, che in gran quantita con tutte le loro facolt si trovavano nelle provincie di Slavonia e Romania, occupate gia dalli Turehi; e vedersi ogni giorno erescere quel la potenza, con acquisto di nuovi paesi, e venir farsi sempre pi vicina alio stato di Eagusa, senza speranza di dover essere propulsata da alcuno; e dali' altra parte la venuta di Calepia, principe grande, non potersi celaro, e risapendosi dalli Turehi, si sarebbono mossi con li piii crucli termini eontro li Ragusei. In orcline a che, fu scritlo all.' imperatore Sigismondo, scusandosi con la verita del fatto, non poter concorrer questa volta alle sue soddisfazioni. E nel medesimo tempo si scrisse a I conte Matteo Talonez, che supplicasse Sigismondo ac-cettar con buon animo la scusa, clove la repubblica non trovava modo di sodclisfarlo. Ma perche si dubitava, che Calepia, gi partito dall' Un-garia verso Segna, potesse arrivar prima a Ragusa che Sigismondo avesse tempo di jichiamarlo, fu mandato Zanni di Pietro upani, cittadino, verso Segna, per distraerlo e dissuaderlo venir a Ragusa. II upani, trovato Oalepia a Segna, con facilit lo persuase non toe-care a Ragusa, ed avendoli fatti alcuni presenti per parte pubblica, aecompagno, sinche pass le Bocche di Oattaro, senza toceare aicun luogo, soggetto alia repubblica, la quale intanto ebbe la risposta da Sigismondo, in cui approv la deliberazione del senato, esprimendo non aver avuto mai intenzione che la repubblica avesse alcun danno.

    In esse lettere raccomand Matteo bano. mandato eontro Giovanni, conte di Veglia e Segna, suo ribelle, per rimetterlo alia ragione, ri-cercando li fossero dati due pezzi c|' artiglieria con alquante muni-zioni ed armi per battere quella eitt. Non piacque, per molte cause, questa seconda riehiesta di Sigismondo a Ragusa. Onde il senato si scuso con allegarli incendio dell' armamento, seguito anno pas-sato, e che attualmente si stava riparando con proveder nuove. arti-glierie, munizioni ed armi, del che a Ragusa s'aveva bisogno per le gelosie che s'avevano delli eontinui passaggi d' armate e corsali, e molto pi delli sempre infesti principi slavi. Questa seusa era vera. Ma fu anche ingrandita impossibilit di servirlo, a riguardo del conte Stefano Oosaccia, sposato di recente con la figliola del detto conte Giovanni di, Yeglia, considerandosi nel senato, che esso conte Giovanni governava tutto il paese di Oroazia sino ad Almissa, e che con faeilita avrebbe potuto infestar la navigazione per Venezia, Marca e Pugiia, ed oltre di cio, offenenosi lui, il Oosaccia'pure si sarebbe tcnuto offeso, ed interdieendo il passo, come facilmente poteva fare, per li suoi stati alii mercanti, avrebbe distrutto il com-mereio. , , ^

    II conte Matteo pure aveva scritto, facendo la medesima ricerca, fatta da Sigismondo. Sicche a lui anche il senato scrisse ne'mede-simi sensi. Ed aceettata da lui la scusa, domando, per mezzo d'Andrea Bobali e di Giovanni di Pietro upani, li fossero imprestati

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    uemila ducati, da spendersi per conto dell' imperatore. Al senato parve, dopo due negative, doversi soisfar nella terza ricerca. E benche all'ora si riparasse l'armamento e si facessero grossissime spese nelle munizioni ed altro, li furono donati li denari doman- dati.. Ed oltre cio la repubblica, a eontemplazione ella raccoman-dazione dell' imperatore, fece delle spese per il ricupero e trasporto verso Segna di molti Albanesi, cacciati alli Turchi dal proprio paese, dopo la disfatta del preacennato Calepia.

    Per alcune differenze, sopravenute tra alcuni principali ella corte del conte Stefano Cosaccia, assistiti dal medesimo contro Pribisavo Pohvaliza, questo s'era ritirato a Eagusa, orinario rifugio e' Slavi perseguitati. Per il ehe il Cosaccia scrisse al senato, si compiacesse favorirlo disporre esso Pohvaliza tornare alia corte sua, con assicu-rarlo, che non avrebbe ricevuto dispiacere, e quando si fosse dis-posto, farlo aceompagnar da un gentiluomo ella repubblica ino a Narenta, dove si sarebbono trovati e gente e carriaggi per condurli alia corte. II-senato, sapendo molto bene la feelta di Pohvaliza, tanto a riguardo del eonte, come del i lui padre e zio, alii quali sempre aveva servito e con diligenza e con lealt, s' opero tanto, ehe riusse esso Pohvaliza andar in compagnia di Nicol Giorgi, ambasciatore della repubblica. Da Stefano fu ricevuto con distinzione e dichiarato suo primo ministro, come quello ehe allevato nella corte di Sandagl aveva appreso li modi regolari, tenuti da esso, se rego-larit perfetta si fosse potuta dar tra li baroni slavi, benche la corte i Sanagl avesse servito i modello agli altri governi i quella nazione.

    II Giorgi ebbe in commissione i trattar nel medesimo tempo col Cosaccia circa la gabella i Narenta, mentre gi il medesimo aveva piti volte richiesto il resto del pagamento per il primo anno. Ma siceome nelli patti, quando fu affittata quella scala, si conteneva, ehe affitto s'intendesse sospeso in tempo ella guerra attuale, e quando non potesse per alcun altro impedimento esser frequen-tata quella scala alli Bossinesi, cosi la repubblica pretese, ehe in-novazioni. fatte da Sigismondo, ed alcuni garbugli, suceessi in Bos-sina, avessero impedito la vendita e' sali e per conseguenza essa non esser tenuta al pagamento. Ma perche a Eagusa si conosceva umor del eonte, e si desiderava conservarlo amico, cosi fu accom-messo al Giorgi, che, esposte le ragioni della repubblica, offerisse per dare ad esso conte tutto il guadagno del sale, fatto quell' anno, senza metter a conto la spesa fatta dalla repubblica in custodir con una galera e due barche armate quella scala, che altrimenti si sa-rebbe persa per li gran sconvolgimenti, stati tra Bossinesi, e per le novit di Sigismondo, e tutto ci essersi fatto per mostrar maggior attenzione e amore agl' interessi d' esso conte Stefano.

    II Giorgi ebbe fortuna di capacitarlo, e lui fece le speditorie; in forma desiderata, con tanta pi, facilit, che, mentre ci si trattava, il eonte per mezzo 'un ministro, espressamente mandato a Eagusa, sollecitava il senato far seco lega contro Eadoslavo Pavlovich per levare al detto la citt di Trebigne ed alcune altre contrade adja-

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    centi, durano ancora tra di loro rinimicizia, accennata per il pas-sato. Ma siccome il senato rimirava ogni novit, fatta in Slavonia, distruttiva dell' universale,. e per conseguenza del suo stato, essendo impossibile non veder meschiate armi turche col pretesto del sol-lievo di qualcuno, ma in effetti per depression di tutti, cosi non voleva fomentar li dissidj, ne affacilitar la mossa dell'armi. In or-dine a che, rappresento per mezzo elli stessi ministri al conte Stefan o tutte le ragioni persuasorie alia pace, unico riparp dell' universal perdita, punto ben conosciuto da Sandagl, suo zio, il quale, benche nemico del Pavlovich, quanto ora esso conte, mai ha voluto con un passo falso aprir idea al Turco di potersi prevaler delle loro discordie. Queste ragioni non fecero effetto appresso Stefano, preve-nuto da una falsa idea d' aver li Turchi favorevoli. Perci volt verso il re di Bossina, col quale fece lega, come a suo luogo si dir, e diede occasione alii Turchi d' occupar una parte delli stati di Eadoslavo.

    Ma siccome il senato era attento alle cose di fuori con li finitimi, cosi non lasciava occasione di far sempre phi commoda la citta ca-pitale, in tutte le sue parti. E perche sin a questo tempo li citta-dini per il proprio uso s'erano serviti dell'acqua piovana, conservata nelle cisterne di ciascuna casa, cosi di presente fu condotto un buon ingegnere da Napoli, a nome Onofrio, il quale, rilevate le montagne d' attorno, condusse per mezzo d' acquedotti, fabbricati con gran spesa per il tramite di molte miglia, acqua da Gionchetto colar in al-cune conserve eostrutte nella citt, le quali poi la communicano a clue lontane, poste su gli angoli di levante e di ponente della piazza maggiore, cosi pure alia terza nel plazzo rettorale, ed alia quanta, posta alle Plocce fuor della citt, per commodita delle caravane e del commercio.

    Erano parecchi anni, che li patti tra la repubblica e gli Anconi-tani erano spirati, e mai s' era potuto convenir per la loro ratifi-cazioue, o per una nuova convenzione, mentre gli Anconitani, come si clisse per il passato, volevano imporre alii Eagusei obblighi di frequentar solamente nella Marca la citta d' Ancona, posposte tutte le altre. condizione stimata a Eagusa impropria, ne accettahile in veruna maniera, per la gran perdita che s' avrebbe avuto in Ancona. Ora gli Anconitani, vedendo il disavvantaggio del non aver il commercio - de' Eagusei, eominciarono insinuarsi, che eon facilit si sa-rebbe convenuto, se si entrasse in trattato. Per il che il senato spedi in Ancona Pasquale di Cremona cancelliere, il quale convenne, che sidebba stare sugli antiehi patti, e cosi fu stipulato.

    Ma se in questa parte s' ampliava il commercio, dall' altra pativa per causa de' corsali. Entrate nel golfo, da Oatalogna e Siracusa, due fuste di questi, rinforzate dalli sudditi del principe di Taranto, depredarono, al capo inferiore dell'isola di Corzola, due vascelli, ca-richi di merei, provenienti da Venezia. II che saputosi a Eagusa, furono spinte dietro li corsali quattro galere, con ordine di far il viaggio diverso a due galere in eonserva, per proeurar con piii fa-cilit per diverse strade giunger li predoni. Due galere erano dirette

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    da Nieol Giorgi e Benedetto Gondola, e altre due da Palaino Gondola e Giugno Cerva. Ma non si -pote usar tal iligenza, che qelli non avessero tempo di fuggire e ritirarsi con la preda nelli porti di Sieilia. Onde si scrisse al vicere di quell'isola, e-fu accom-messo il negozio a Jacobo Prodanelli, che per privati afFari si tro-vava in quelle parti. E si procur che imperatore scrivesse pure in raeeomandazione del fatto. Oon tal iligenza, quel vicere ritenne alcuni preoni e furono rieuperate molte robe, ma non tutte, benche il vicere, a contemplazione di don Pietro d'Aragona, germano del re, avesse promesso il ricupero di tutte.

    In Eassia pure il commercio languiva, particolarmente in Sreber-niza, a causa di nuove imposizioni. Per il che presentatosi a Gior-. gio despota Jacomo Sorgo, spinto dalla repubblica senza carattere, aleuno, il despota s'espresse di non voler trattar seco, senza che avesse carattere pubblico; per il che fu necessario qualificarlo con titolo di ministro della repubblica. Ed intanto anche si spinse un cittadino, Marino Giurcovich,1 in Slavonia dal vojevoda Baaeh Turco, iigiio d'Isac vojevoda, pregarlo, che prestasse buoni offic} in sol-lievo de' mercanti col nuovo hasnadar, venuto in Bossina. Questi ministri, non solo che fecero2 ommandamento alli Turchi di trattar bene li mercanti ragusei, ma anche a Eadoslavo Pavlovich ed al conte Stefano Oosaccia ordinarono di tener aperte le strade e nette di qualsi si sia incursione, a commodo de' mercanti ragusei.

    Li quali (Ragusei) se in questa .parte ebbero fortuna, dali' altra parte furono visitati dalla mano di Dio con un flagello, che per alcuni mesi ' afflisse la citt, mentre, scopertosi il mal contagioso sul principio d' aprile, il governo prese subito espediente di ridursi a Daxa e Gravosa, lasciando nella. citta per guardia, con sufficiente presidio, alcuni senatori, con la compagnia d'altri patrizj, facendo in tutto il numero .d'undici, per proveder sotto di quelli alle cose necessarie e delli cittadini e del male. Ma questo incrudeli talmente, che estinse quasi tutto il presidio e molto popolo. Delli senatori e de' patrizj non rest vivo alcuno, a riserva di Marino di Simon Eesti, senatore il 'pi vecchio e quasi decrepito, quello che fu rettore a Eagusa, quando Sigismondo, fuggito dalla battaglia di Nicopoli del 1396 venne a Eagusa; e di poi fu commandante generale nella con-quista dell' isole di Oorzola, Leina e Brazza, come si disse. II senate si vide obbligato, per la mancanza del governo in citta, proveder (Ut) d' altri senatori e patrizj; ma, vedendo anche doverli mandar alia morte, termin, che li designati stessero fuori, ma sempre a vista della citta, in tante barche armate, per poter accorrer in ogni bisogno e proveder il necessario, quando fossero ricereati dal Eesti, che solo stava al governo interno della citta. Arrivato il fine di lu-glio, nel piii caldo della stagione e della strage, all' improviso Iddio permise che il male cessasse. Ma il governo e li cittadini ritirati non rientrarono che alli primi d' ottobre, dopo replicate quarantene ed un diligente espurgo delle robe della citta.

    J Ginhovich nel cod. Cerva. 2 facessero nei ms.

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    Mentre a Eagusa si stava col flagello della peste, la Servia risen-tiva quello degi'insulti e depredamenti de'Turchi; nel che, in quella confusione, M mercanti ragusei patirono assai, avendo paura ritirarsi a Eagusa per tema del male;. e, conoscendo non poter contro quella potenza tener molto tempo il despota, si prevedeva il danno irrepa-rabile. Ma Giorgio, che altre volte seppe aecomodarsi V animo a dar una propria figiiola in moglie ad Amuratte, questa volta non bi-lanci troppo a eomprar la pace e la sussistenza del resto dello stato, con dar la citt ricehissiina di Branicevo alii Turehi. ' Sul fine dell' anno, agli 8 di decembre, mori Sigismono impera

    tore, principe piti proprio per li tempi i pace che della guerra, e'ssendo in questa quasi sempre stato soccombente, dove che ne' ma-neggi politici ridusse materie difficilissime al fine propostosi. Ed avendo molti scrittori di lui paiiato, io passer a narrar che a Eagusa si seppe la nuova della sua morte dalle lettere scritte alia re-pubblica da Matteo bano de Talonez, il qual avanz aiicora, doversi a Posonia ridur tutti li baroni e prelati per trattar circa elezione del nuovo re, alia qual dignit molti aspirare, ma parere doverla conseguir Alberto, duca d' Austria,, genero di Sigismono. La morte di questo principe avutasi a Eagusa, si fecero solenni esequie, coll'assistenza del governo. E benche gi si fosse perso quel gran concetto, ispirato da Ludovico il grande, della potenza d' Ungaria, e vista la poca speranza, che si poteva avere d' assistenze da quella corona neir occasione, per la poca cura alle cose del regno di Sigismono, tutto. applicato alii fatti d' altre provincie, negligenza, dll quale scaturi la perdita, o non curata, o per connivenza tolle-rata, della Dalmazia: pure la repubblica voleva conservarsi in societa di quel regno, per-poter ostenfar alii finitimi baroni la sua prote-zione, benche ridotta ormai in un puro fantasma. Percio si fecero li ovuti passi i conoglianza con Barbara, moglie di Sigismono, e con li prelati, principi e baroni del regno, raccolti in Posonia. Li quali, ivi fornite esequie, tutti s' inviarono ad Alba Eegale, dove ne' comizj regali, alii 5 di genaro, fu con universal consenso accla-mato re d' Ungaria Alberto, duca d' Austria, che aveva per mogiie Elisabetta, figiiola di Sigismono e di Barbara, figliola del conte di Cilia, come si disse.

    II nuovo re spedi a.Eagusa il cavalier Pilippo con lettere; date alii 6 di genaro,- nelle quali dava ragguagiio e della morte di Si gismono e della sua esaltazione, provenuta dall' aver, come lui di-. ceva,. li prelati e baroni voluto secondare la disposizione testamen-taria di Sigismono; e quivi diffusosi nel racconto del modo dell' elezione ed incoronazione, seguit ricercar la repubblica che procurasse conservar la medesima sincerit verso quel regno, la qual per il passato sempre aveva avuto, e continuar con la stessa costanza, nelle passate occasioni ammirata, ne lasciasse variar le cose per alcun si-nistro sopraveniente accidente.

    Arrivato a Eagusa il suddetto Filippo con le lettere, il senato, in aderenza della sua massima di mostrare interessarsi nelle prosperit

    'del regno d' Ungaria e di sperar ogni protezione da quello, ordino

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    tre .giorni di fete pubbliehe per la eoronazione- d' Alberto. B i poi rispose alle di lui lettere, che siccome la repubblica aveva rice-vuto amaramente la morte di Sigismono, con altrettanto piacere intendeva la sua suceessione a quel regno, come d' un principe, dal qual si sperava ogni protezione nelle oecasioni, e dal valor del quale si preveeva over quel regno non solo esser mantenuto con tutte le sue ipendenze, ma anche accrescrato; che pero Sua Maesta era ringraziata degli officj passati con la repubblica per mezzo delle sue lettere, portate dal cavalier Filippo.

    Date queste risposte, furono anche tra poco spediti Giovanni Gondola, Michiel Marino Eesti e Giacomo Giorgi ambasciatori, ralle-grarsi con Alberto. ed esponerli quanto rammarieo ricevesse la repubblica per.la morte di Sigismono, vedendosi priva d'un principe suo protettore, il quale dal principio della sua incoronazione fino alia morte ha amato, beneficato e protetto essa repubblica; ma, avendo di poi sentito esaltazione d' esso Alberto, niuna piu grata, piti accetta e pit desiderabile nuova si e potuta ricevere, che fosse valevole estinguer il primo dolore, considerandosi, che essendo lui del piti nobil e chiaro sangue tra li principi d'Europa, non s'e po-tuto trovare pi degno re per la corona d' Ungaria, e tanto piti, che dotato d'infinite eroiche virtu si sperava dovesse corrisponder all'universale aspettazione i riuseir principe benignissimo, amator de'sud-diti e difensore degli amiei, e particolarmente della repubblica di Eagusa, la quale si raecomandava alia sua protezione.

    Nella prima udienza finiti questi officj dagli ambasciatori col re, attesero la confermazione delli patti e privilegj, ottenuti dalla repubblica da Ludovico, da Maria e da Sigismono. Ed ora spunta-rono da Alberto, che essendo alcun Eaguseo danneggiato nelli paesi sottoposti alia corona d' Ungaria, dovesse la camera regia rifonder il danno; e questo si faceva, acci la gente fosse pra ritenuta far danni1 alii mercanti viandanti.

    Mentre tali negozj si trattavario in Ungaria,. il conte Stefano Oosaceia aveva fatto lega col re di, Bossina per levar li stati a Eado-slavo Pavlovich e spartirli tra di loro. E nonostante tutte le rimo-stranze fatteli dal senato di Eagusa, quando per il passato, come si disse, tent d' attirarlo concorrer. alia detta lega, (il conte), non con-tento di farlo solamente con le proprie e con le forze di Bossina, aveva meschiato nella querela i Turchi. E per dare principio alle conquiste, mand un suo eapitano, per nome Eajco, eon buon numero di soldati attaccar Trebigne. Ma perche in quella contrada le truppe del Oosaceia facevano delli disordini, quella gente cominci salvarsi nelli stati della repubblica, la quale, dubitando che da ci potesse darsi occasione alle medesime truppe entrar nel di lei stato per perseguitar,li Trebinesi, mand Nicolo Tarcovieh, cittadino, pro-testar a Eajco: la repubblica esser in buona pace col conte Stefano, col quale s' avevano patti e convenzioni di poter dar franco e libero rifugio ad ogni sorte di persone nel suo stato di Eagusa, onde, oc-

    1 Ciofe: pi cauta a non far danni.

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    correndo che qualeheduno delli Trebinesi si rifugias.se, esso Eajco guardasse di non entrar nelle tenute della repubblica e seguitarli, non dovendo ad alcuno esser molesta questa; eomodita di sicuro ri-fugio, e particolarmente ai Bossinesi doveva esser grata, mentre da molto tempo hanno provato molti un gran beneficio della liberta di questo rifugio, e particolarmente il padre d' esso Eajco, accolto ed aecarezzato a Bagua, sinche ebbe fortuna d' aggiustarsi col conte, suo padrone. Sentitasi da Rajco 1'ambasciata, rispose: lui esser puro esecutore degli ordini, ne poter far meno di non obbedir li comandi del conte Stefano, suo signore, il quale aveva un comandamento dali' imperator de'Turchi di soggiogar la contra da di Trebigne e perseguitar li Trebinesi, dovunque si trovassero.

    Sentitosi ci a Eagusa, il senato spedi subito dal conte Stefano Giorgio Gozze ambasciatore, il quale per istrada s' abboccb con Eajco, col quale si eondolse, che, contro li patti e eonvenzioni, al-cuni delli suoi siano calati sulle tenute di Eagusa ed avessero spo-gliato certi sudditi, per essersi parecchi Trebinesi ridotti nello stato della repubblica. Ma ambasciatore da Eajco riport le medesime risposte, date al Tarcovich; onde lui prosegui il viaggio, ed arri-vato dal conte Stefano, gli espose: li predecessori suoi aver fatto molti trattati con la repubblica/ e da lui stesso esser stati confer-mati, tra li quali la principal -convenzione esser, che nello stato di Eagusa ogni rifuggito fosse salvo, ne potesse esser da chi si sia richiesto; ora certi Trebinesi essendosi salvati a causa dell' entrata clelle sue truppe in Trebigne, dietro d' essi esser calati in Breno e Bergato alcuni suoi soldati, con aver eomrnesso delli disordini, per la qual insolita novit aver la repubblica manato dal comandante clelle sue truppe dolersi degl'insulti, ma lui aver risposto d' averlo fatto per ordine d' esso conte Stefano; perci veniva esser pregato comandare, che li suoi s'astengano da simili innovazioni, per esser lo stato di Eagusa libero dar ricetto ad pgnuno, come s' e visto in molte occasiohi, quando il vecchio re Tvarco guerreggi con li suoi ribelli, e vojevoda Pietro quando ebbe delle differenze con Sandagl Hranich, e quando questo dome- il conte Gregorio, col quale poi si rappacific; esser pregato esso conte Stefano considerare, che la fortuna e volubile e giornaliera, e li accidenti umani mobili, per poter accadere che un giorno li suoi abbiano bisogno di questo rifugio. II conte rispose, lui aver pi occasioni di aggravarsi della repubblica, per aver ricevuto nel suo stato li suoi nemiei Trebinesi, con tutte le famiglie e facolt, e levato ad esso il niodo di vendi-carsi. eplic ambasciatore, aver ci fatto la repubblica, non per diminuir il suo onore, ne render vana la sua potenza, ma per esser franca e libera, come al tempo di Elisalda e d'altri principi, rifug-giti e salvati a Eagusa. Al che il conte cominci scusarsi, che non procedendo in tal maniera, ne obbedendo alii commandi della Porta Ottomana, questa prenderebbe per se li tre castelli di Eacloslavo Pavlovich. Ma l'ambasciatore Gozze li rimostro, che anche.Sandagl Hranich, suo zio, aveva simili e piti pressanti ordini, ma, come quello che intendeva molto bene la ragione politica della Slavonia,

    18

    http://rifugias.se
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    mai aver voluto obbedire, ne eominciare con le armi far novit, benche fosse stato nemico del Pavlovich, per non ridurre necessaria entrata de' Turchi in sovvenzione d' alcuna delle parti, conoscen-dola distruttiva e del protetto e dell' oppugnato.

    Non s' acquiet alle ragioni il conte, ma comincio minacciar guerra. Ed intanto mand a Eagusa lamentarsi, che alcuni Eagusei avessero occupato certi confini appresso Tarnoviza e Mravignaz. Per il che furono mandati lo stesso Giorgio Gozze e Biagio Eagnina, in com-pagnia degli ambasciatori del conte, per riconoscer le differenze de' confini tra li terreni della repubblica e quelli delli figlioli di Gregorio Nicolich; ed al parere d'alcuni uomini vecchi d'ambe le parti, furono accomodati li segnali.

    Intanto il conte scrisse alia repubblica, ricercandola, che li man-dasse Benedetto Gondola, perche aveva riferirli importanti negozj. Fu subito compiaciuto. E perche a Eagusa si dubitava, nelche il senato non s'ingann, lui doversi aggravare, che il re di Bossina gli avesse fatto sapere, la repubblica aversi lamentato di lui al re d' Ungaria, che volesse ad essa mover guerra, pero fu accommesso al Gondola, che, parlandoli di ci, dovesse rispondere, che pochi giorni prima il re di Bossina aveva scritto alia repubblica d' aver ricevuto lettere dal re rd'Ungaria sopra tal fatto, ma dalla repubblica non essersi fatto tal lamento, non credendosi mai lui dover essere prevaricatore de' giuramenti, ma forse essersi pre-sentito dal re, perciocche per tutta la Bossina e Slavonia s' era sparsa tal fama, ed alcuni pellegrini ungari e tedeschi gii avranno riferito, ed il re si sar mosso da se, come quello che, oltre d' esser protettore, di buon occhio rimira gT interessi della repubblica.

    II conte, ostentando gelosie e promovendo differenze, mostrava una indicibil cecit, non vedendo, che mentre egli si voleva ingrandir con quello degli altri, andava spianando la strada alia perdita delli suoi stati. Ogni giorno il Turco cresceva nelle provincie slave, e dalla Zenta, lasciando a' fianchi la Servia, s' era intruso in qualche porzione orientale della Bossina, imminente alii stati del conte Stefano. Alia guardia del qual paese era stato destinato da Amu-ratte Sabelia, figliolo di vojevoda Isac, altre volte nominato.

    Questo commandante della sua venuta a quel governo diede parte alia repubblica e le mand un presente di cose turchesche. II senato, in corrispondenza, spedi da lui Luca di Giovanni Eadoslavich, * suo cittadino, per rallegrarsi seco della nuova carica con buoni presenti, ricercando la sua amicizia con espressioni, che si sperava veerlo corrispondere alii diportamenti di' vojevoa Pajazet, suo antecessore, e Isac, suo padre, nella protezione dei mercanti.

    Con tutta questa missione benche la repubblica lisciasse questi commandanti turchi, pure, perche li vedeva armati in qualche vici-nanza del suo stato, ed ignorando, dove dovessero voltarsi armi

    1 Cerva: Radosalich.

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    loro, gi persuasa, che li principi adjacenti con le mani alia cintola stessero aspettando esser preda di chi gii attaccasse, fece spedizione

    a Oanali di due proveditori. Pasqual Sorgo e Damiano Giorgi, con ordine di. difender quella contrada, ed intanto, per poter con piii facilit cio fare, ritirar la gente inutile, con tutti li loro averi, a Zaptat, sino che si vedesse, dove s' avesse a voltare Sabelia.

    La stessa causa, che dava apprensione alii Eagusei, dava timore al conte .Stefano Cosaccia, benche dipendesse dai Turchi.. E perci si senti a Eagusa, lui doversi ritirare verso li confini della repubblica. II senato, desideroso di vederlo eel onorare, spedi invitarlo con deputar alcuni nobili per corteggiarlo, ma, avendo lui mutata risoluziojie, convenne mutar apparecchio. Laonde fu mandato da da lui Giovanni Gondola e Giupano Bona ambasciatori, dalli quali li fu esposto, che esseno venuti alcuni suoi ambasciatori a Eagusa, se gli era risposto a tutti i negozj, eccetto alia proposta della ga-bella di Narenta, della quale non era stato comprata dalla repubblica che la met; e, presa occasione, si dolsero d'alcuni suoi sud-diti, che deviavano quel commercio. Ma la fama gi s'era divulgata., che il conte si fosse alienato dall' amicizia della repubblica; anzi molti affermavano, che di certo dovesse muover guerra. Pero gli ambasciatori gli mostrarono d' avere non piccola maraviglia, per-cioeche la repubblica aveva sempre ed amato ed onorato. Ma quel che era certo (si e), che li Eagusei, esistenti nelli di lui stati, erano1 vessati con ingiustizia e di notte nascostamente trava-gliati. Gli ambasciatori ricavarono per mezzo delli pensionarj che s' aveano in quella corte, esser non solo connivenza, ma anehe ordine positivo d'esso conte; dal che si ricav, (che) anche li depre-, damenti, fatti a Oanali dalli Eigiani, potessero esser eausati dalla di lui volonta. Pero gli ambasciatori, simulando* le notizie che -s' avevano di lui, s' aggravarono, ed il conte promise di rimediar e castigar li delinquent]'. Per ed il rimedio ed il castigo non passa-rono oltre la promessa.

    Ci vedendosi a Eagusa, si stava con apprensione di sentir presto delle novit ed avere una guerra discomodissima ed intempestiva. Per ovviar la quale quanto fosse possibile, fu spedi to in Ungaria al re Alberto frate Antonio Orispini, custode del convento di Slano, per pregarlo, che si contentasse ordinare al bano di Dalmazia, ed altri vicini commandanti delle sue provincie, sovvenir la repubblica con ajuti opportuni, in caso s'avesse la temuta guerra.

    Ma intanto il conte Stefano aveva inconimciato con piia confidenza trattar con gli ambasciatori ragusei, ed infuori del fatto di Karenta, nel quale non s' acquietava, protestava mai aver avuto pensiero di far alcun male alia repubblica, non che muover guerra, e perci doversi castigare quelli che davano fuori simili dicerie. Gli ambasciatori a queste sue asserzioni risposero, che si ricordasse lui aver dett pi volte non doversi tra gli amici viver simulatamente, onde per mo-

    1 fossero nei rus. 3 Cio^ : dissimulando.

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    strarli tutta la confidenza erano in obbligo di rappresentarli, che pure un'alfcra voce corresse, che avendo esso conte mandato a Ve-nezia ambasciatori, li avesse incaricati di trattar in pregiudizio-della repubblica di Ragusa, e benche non s' avesse alcun sospetto delli Veneziani, come di quelli che in ogni incontro si mostrauo amici, ed ultimamente hanno ributtato altri che faeevano cattive parti contro li Eagusei, ed in occasion di pi guerre, avute con il .re d'Ungaria, hanno tenuto li Eagusei per amici e neutrali: pure, se la commissions data alii suoi ambasciatori era tale, non poter far altro che meravigliarsi, aver voluto lui trattare in pregiudizio della repubblica, la quale piuttosto spererebbe, che lui T avesse do-vuta difendere nell'occasioni. II conte neg d'aver data tal commis-sione, ed intanto giunsero a Ragusa da Yenezia li di lui ambascia-tori. Ed il senato. trovo modo di veder le loro commissioni, e si certific che effettivamente non avevano trattato contro gl'interessi delli Eagusei. Per fu pregato esso conte, giacche lui voleva vivere in pace con la repubblica, tenesse modo di divulgare, tal essere il suo sentimento, perciocehe dalle suddette false nuove veniva intor-bidato il commercio a Eagusa, quanto pure a Narenta, non volen-dosi azzardare li mercanti con li loro effetti, dove si teme incontrare garbugli e danni.

    Mentre cio si trattava alia corte del conte Stefano, in Ungaria mori il re Alberto. La nuova della sua morte arriv a Eagusa ultimo giorno di novembre. Li si fecero le solite esequie, e si scris-sero lettere di condoglianza alia regina Elisabetta, restata gravida dopo la morte del marito, ed a tutti gli ordini del regno.

    E durante queste funzioni, arriv a Eagusa, per parte di Baclo-slavo Pavlovich, Ivanisc Oebeglianovich, suo ambasciatore, proponer alia repubblica, che, se voleva entrare con lui in trattato. le avrebbe venduto Trebigne e Klobuk. Cio si proponeva dal Pavlovich, perciocche vedeva, che inveterata inimieizia del Oosaccia gli avesse eausato la perdita di tutti gli altri stati, occupati dalli Turchi, e che restatoli questo solo, non aveva forze di mantenerlo. Male me-desime cagioni, che movevano Eadoslavo disfarsi di quelli stati. persuasero il senato di non ingerirsi; ma con tutto questo, per la. gran brama d'ampliar il dominio, non si seppe da,r la negativa, Onde fu risposto al Oebeglianovich, che vedesse molto bene prima, se il suo padrone voleva effettivamente vendere quelle contrade, e riferisse; che allora si sarebbe proeurato aver licenza dal re di Bos-sina e dalla Porta del Turco poterle comprare.

    An, Non era cosi riservato, ne circospetto, il conte Stefano per l'am-1440' pliazione de' suoi stati, ma dove se gli apriva adito di far alcun

    progresso, senza molte considerazioni entrava in ogni impegno. Ed ora vedendo in Ungaria interregno e per elezione del nuovo re dissensioni da non estinguersi presto, voile servirsi della buona con-giun'tura, e fatto un esercito, composto da suoi sudditi e da alcuni ajuti, avuti dalli vieini suoi confederati, aveva messo un stretto as-sedio ad Almissa. Questa citta non poteva esser soccorsa dalli Un-gari per li disordini, come si disse, dell' interregno. Onde la regina.

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    Elisabetta.e li direttori del regno scrissero, del mese di genaro, e poi di marzo mandarpno a Eagusa Gregorio Diomiscio ambasciatore, offerendo la detta citt d'Almissa alia repubbliea in propriet, purche la soccorresse e fornisse alcune altre, in quei contorni della Croazia ungara, di vettovaglie e di attrezzi militari.

    A Eagusa, oltre che si conobbe subito di quanto vantaggio sarebbe stato acquisto d'Almissa per se stesso, e per adito che avrebbe dato ad ulteriori conquiste, si viveva con gran desiderio d'ampliare lo stato. Ondo, alia usanza delle repubbliche, s' entr in continue consulte per anatomizzare il fatto. Li vantaggi si vedevano chiari: con. le dipendenze della Oraina si raddoppiava quasi lo stato vecchio; s apriva adito a nuovi aequisti delli paesi adjacenti, che, sottoposti all'Ungaria, colta qualche occasione di dissidj, tanto famigliari in quel regno, con denaro facilmente. s' avrebbono avuti; rnessa (sarebbe) la repubbliea in tal stato, da non aver appren-sione di poter esser travagliata dalli circonvicini principi slavi li quali al contrario sarebbono ridotti portarle rispetto, in cambio delle gelosie che continuamente le davano. Dali' altra parte cosi belle speranze erano rovesciate in un senato, pieno d'esperienza e di saggio discernimento, dalle considerazioni, che, benche fosse facile soccorrer per mare assediata citta d'Almissa, pure si doveva entrare in guerra col Oosaecia, li di cui paesi circondavano li stati della repubbliea, tutti aperti, in fuori della citt capitale e di Stagno; nella guerra pero doversi spendere tesori con incertezza dell' esito, e per forza veder meschiati li Turchi, gi quasi confinanti, per aversi essi impadronito di buona parte delli stati di Eadoslavo Pav-lovich; loro anelare la conquista del resto di Bossina, questa guerra doverli dare e pretesto e commodit; il eonte Stefano, niente moderato, avrebbe dato mano ad ogni loro intrapresa per averli au-siliarj contro la repubbliea, ed allora non solo non si sarebbe po-tuto tener Almissa, ma nemmeno conservar il vecchio stato, in faccia d' una invincibil potenza nemica.

    A riflesso di queste considerazioni fu terminato scusarsi con la regina e con quel governo con scriver impossibilit di poter la repubbliea dar soeeorso ad Almissa, per trovarsi assediata da un numeroso esereito, commandato in persona dal conte Stefano Casaccia, ne aver ardimento di entrare in guerra con un cosi potente principe, che da tutte le parti circonava li stati della repubbliea con li suoi paesi, pieni di gente bellicosa; ma la maggior cagione di non poter secondare le richieste ungare esser che il conte Stefano, godendo la protezion de' Turchi, li avrebbe associati contro la repubbliea, ed allora questa sarebbe stata prea o dell' uno, o degli altri, tanto pi che niente bene in questo tempo era raccomandata alia Porta Ottomana. Oon questa risposta ambasciatore fu licenziato da Eagusa.

    Ma intanto la regina Elisabetta avendo dato alia luce un figliolo maschio, a cui fu posto nome Vladislavo Postumo, il senato le scrisse lettere congratulatorie.

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    Intanto, laseiata assediata Almissa, il conte Stefano s' era trasfe-rito nelle vicinanze dello stato i Eagusa. Al senato, che voleva teneiio amico, parve mandare complimentarlo, come fece, Nicolo Giorgi ed Andrea Bobali, dandoli commissione convitarlo venire a Eagusa. E furono mandati a Oanali, per dove si supponeva dovesse transitare, Biagio Eagnina e Damiano Giorgi, per riceverlo e trat-tare con splendidezza. Niente s' ometteva dal senato per guaagnar ella confienza nell' animo di questo principe, perche consideravasi, che standosi con lui in amicizia, con facilit s' avrebbe potuto fari i delle rappresentanze e rimoverlo nelle occasioni da quelle intrapren-denti procedure, con le quali in tutte le sue azioni mostrava di non considerar, che le novit violente avrebbono fatto un giorno per-dere lo stato, col che la repubblica avrebbe perso la barriera, dietro la quale ancora si poteva schermir dali' ingorde vessazioni e'Turehi. Gli ambaseiatori trovarono il conte Stefano a Oastel Nuovo di Dra-ceviza, e furono ricevuti con distinzione e graditi gli ufficj; ma si seuso di non poter venire per allora a Eagusa. E intanto gli arri-varono ancora gli ambaseiatori di Eadoslavo Pavlovich. Con questa oceasione lui si lasci uscir di bocea appresso quelli della repubblica di Eagusa, che lui, non volentieri, ma forzato dalli commandi del Gran Signore, doveva levare le contrade di Eadoslavo.

    Questo era quel punto, che la repubblica considerava pernicioso. Per il che fu accommesso subito ad essi ambaseiatori operarsi col conte e rappresentarli le diseordie e divisioni nei regni esser ultima loro rovina, e massime in Bossina; loro due esser li princi-pali baroni; ovendo esser due sostegni di quel regno, bisognava che fossero amici, per non far caerlo in servit e' barbari; la repubblica in ci interessarsi, come quella che con la rovina di Bossina doveva pericolare; perci, oltre il proprio interesse, per amor che portava ad ambidue essi baroni si moveva ed esibiva voler tentar alcun modo di far pace tra di loro per beneficio esso regno; per primieramente si pregava esso conte considerar, se mai al mondo furono necessarj buoni amici, quello esser il tempo, nel quale la sola unione e buona eorrispondenza tra finitimi poteva preservar la Bossina, della quale in alcune adiacenze gi li Turchi s' erano intrusi e si conosceva animo loro per il resto. II conte, a qneste rappresentazioni, si scusava non poter far altrimenti perseguitar Eadoslavo; volentieri esiderare d' aver seco pace, ma cio esser impossibile, per aver Eadoslavo promesso denari al Turco, li quali o bisognava dare/ o vedersi attaccato e distrutto; egli non aver denari, e per conseguenza non esservi altro riparo alle corn-

    muni calamit, che attaccarlo con le forze proprie, per non dar motivo ai Turchi, col non obbedirli, d' attaccarlo loro ed impadro-nirsi del resto delli. di lui paesi. Gli ambaseiatori ripigliarono, pre-gando il conte, che li scusasse, se fossero importuni, mentre, quando un amico e caro, non bisogna lasciar i ricorarli e proseguir gi? incominciati consigli, e massime quelli che riguardano non solo utile ed onore del suo amico, ma anco dell' universale; per, desi-derandosi ogni gloria e felicit ad esso conte, se li ricordava, non

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    potendosi trovare altro rimedio;, si pigli ripiego d' operar col re di Bossina, che Eaoslavo s' umilii al Turco e li mandi ambasciatori, con persuaderlo non voler esser cagione dell' ultima rovina ella Bossina; e non potendo Eaoslavo metter tanti denari assieme, dovesse il re, esso conte e Eaoslavo in eomunit provederli e tutti tre assieme pagarli al Turco, il quale avrebbe mu tato massima, quando fosse soddisfatto e riconoseiuto; che altrimenti seguendo, sara con disfaciment del regno di Bossina; esempio esser vicino; la Slavonia, Bulgaria, Eomania, Albania, il despota e li suoi figlio-letti, tutti esser andati a male, e di questo esser stata causa le i-scordie; per il che esso conte si lasciasse persuader dalli Ragusei, al sommo interessati nella conservazione del resto di Slavonia e elli stati d' esso conte.

    Nel men tre cio si trattava, pervenne a Eagusa Stefano, famigiiare di Vladislavo Polono, nuovamente eletto re d'Ungaria, con lettere, nelle quali il principe dava ragguaglio alia repubblica ella sua as-sunzione a quel trono e della sua incoro.nazione, col concorso un-amme.i tutti li prelati e baroni, in Alba Eegale. In risposta furono scritte lettere eongratulatorie, benche,a Eagusa si sapesse non esser affatto quiete le cose, ne esser quel regno senza commozioni interne. Per il che anche il despota, vedeno non poter avere dalli Ungari alcuna assistenza contro li Turchi, fece ritorno, e, preso il viaggio da Segna per mare, venne a Eagusa, dove dal pubblico fu fatto incontrare da otto nobili, con essersi anche. fatte molte finezze, si a lui, che alia despotessa, sua consorte, corteggiata sempre da al-cune nobili a questo dal senato destinate. Si trattenne parecehi giorni, spesato dal pubblico. E percioeche dubitava molto di. non poter sussistere in Antivari, richiese che la repubblica aceomodasse d'una galeotta, la quale a spese sue dovesse trattenersi nell'acque 'Albania, per poter, in ogni evento, con quella fuggir a Eagsa. Al senato non parve da se pigiiar questo impegno, ma porto la consulta al consiglio generale, dove fu terminate darli una galeotta, capitanata da Pasqual Sorgo, a spese ella repubblica.

    Trasferitosi il despota in Antivari, la galeotta pure and servirlo. E tra poco tempo con la medesima lui mand a Eagusa il suo te-soro in tanto argento, desiderando, che fosse depositato nella stanza del pubblico erario, come fu compiaciuto. Al despota si desiderava mostrar tutta attenzione, mentre dalla sua gioventti sempre fu propenso, in ogni incontro, ed alle sodisfazioni della repubblica ed alla_ protezione de'particolari, che in gran copia facevano im fiorito commercio nelli di lui stati.

    Ora, arrivato in Antivari, subito aveva da posta propria. scritto a a quelli suoi di Nuovo Monte in raceomandazione de' Eagusei, ivi esistenti. E poi ricerc la repubblica, scrivendole di mano propria, che avendo sentito, il conte Stefano Oosaccia aver armato a Narenta una galeotta con alcune altre barche per venirli contra e per mare e per terra, pero desiderava1 sapere, se la repubblica voleva aceo-

    1 che pero nei ms.

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    modarlo elle sue galere, per poterle esso despota arm are per sua difesa a spese proprie. Al. senato non parve risponder. in materia cosi importante con lettere. Perci mand Giorgio Gozze ambaseia-tore darli risposta a bocca per accertarlo, che sempre la repubblica e stata desiderosa di ogni suo bene, esaltazione ed onore, ed essere anche persuasa che lui, in corrispondenz, non vorrebbe la sua di-struzione, il che certo succederebbe, quando si sapesse d' averlo ac-eomodato delle sue galere, mentre, attorniata dalli stati del conte Stefano, sarebbe stata attaccata da lui, unito con li Turchi, meschiati cla esso in ogni suo affare; onde si compiacesse desister dalla ri-chiesta delle galere, tanto pi che non era vera la miova dell' ap-parecchio del conte Stefano, il cbe se fosse, si avrebbe saputo a Eagusa e si sarebbe dato ayviso ad esso despota, come ora se li dava per cosa vera, (die) il Cosaccia avesse tagliato legname nel bosco a Narenta, ma che ancora non 1'abbia levato; che per non comportava il tempo pei tutto quell'inverno metter due bardie in mare Nel medesimo tempo fu avvertito dal senato, per mezzo del Gozze, tener fornite le sue citta e castelli, e di vettovaglie e di mu-nizioni; al che lui domando d' esser soccorso, e la repubblica li provide una buona quantita di grani e miglio.

    Li Turchi intanto scorrevano quelle parti d' Albania e di Eassia, e continuamente acquistando nuove citta e castelli, si rendevano sempre piti jbrti. II loro commandante Esai Begh mand a Eagusa Oioban suo messo con ricerea, che la repubblica li mandasse un ambasciatore. perche aveva da negoziare seco. II senato, eonoscendo non clover aver alcun vantaggio da questi negoziati, in bella ma-, niera si scus, e li mand.6 solamente accompagnata da buoni regali la copia degli ultimi trattati, fatti col Gran Signore.

    Ma Amuratte, avendo sentito il ricevimento fatto a Eagusa al despota, e forse anche il deposito delli suoi tesori, invi un ambasciatore, Hasnadar Begh; il che sentitosi prima del di lui arrivo, si entr in gran consulta nel senato, se si doveva subito spedir ambasciatori ad Amuratte ma in ultimo fu terminato aspettar la venuta del Turco ed allora sul fatto pigliar quella massima che si giudicherebbe conveniente. Arrivato poi il Hasnaar Begh, espose la sua commissione col dire, che il Gran Signore voleva li fosse mandato il tributo, che per il passato era stato dato al suo padre ed altri suoi antecessors Li fu risposto, ed il medesimo anche scritto ad Amuratte, che alia proposta s'avrebbe risposto con gli ambasciatori che si dovevano mandar alia sua corte. Ed effettivamente subito fu terminato inviar due ambasciatori, del che e di tutto il resto, contro il parere d' alcuni senatori, fu data parte al despota. E per ambasciatori ad Amuratte ^furono destinati Giacomo Sorgo e Stefano Benessa, li quali ebbero in commissione di scusar la propria tardanza a causa che1 la repubblica non li avesse spediti prima, sinche esso Amuratte era in Slavonia, avendo avuto pi gusto man-darli in Adrianopoli, accio tutti quelli, che erano allora alia sua

    1 a causa che vale semplicemonte che.

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    corte, vedessero anche i Eagusei essere in grazia e goder la sua amicizia; di poi dovessero ringraziarlo delli buoni trattamenti, fatti alii mercanti nazionali in Slavonia, a riserva di Sreberniza, e lo pregasser di raccomandar eon sue lettere essi mercanti alii principi di Bossina, aceio li trattassero bene; cosi anche in Sreberniza farli trattare dalli suoi commandanti, come sono stati trattati in tempo del despota. Queste erano le proposte, che dovevano fare gli ambasciatori. Ma furono muniti altre commissioni per risponder alle domande, che li potessero esser fatte. E primieramente, se li fosse domandato il tributo, dovessero rispondere, la citt di Eagusa esser stata empre libera e franca, ne mai aver dato al suo padre, ne ad alcuno de' suoi antecessori, ne per simile ad alcun altro po-tentate, tributo alcuno, ne mai aver mandata ambasciata a ve-runo de' suoi antecessori, a riserva di lui solo in circa nove anni prima, per ringraziarlo delli buoni trattamenti che faceva alii mercanti, cui allora per sua benignit e grazia concesse molti privilegj; che se poi voleva considerare la grande utilit, che dalle gabelle pagate dalli mercanti ragusei ricavava il suo erario, vedrebbe pagarsene dalli Eagusei phi che da qual si sia altra citta del suo impero. E perche li Turchi opponevano, pagarsi all' Ungaria ed alia Bossina, fu accomrnesso risponder, cio non esser tributo,^ ma una piccola pensione per affitto d'alcuni terreni, loro attinenti; cosi pure alcuni pagamenti, fatti alii suoi antecessori dal sultano Orhan in poi. esser stati per la sussistenza de'mer-canti nelli stati turchi, e non tributo. Se poi fosse parlato circa accoglienze, fatte al despota, si dovesse risponder, che ci era stato conveniente; se anche non fosse stato mai conoseiuto, sa-rebbe stata cosa decente il farlo, mentre per rinfrescarsi aveva toccato Eagusa, alia quale importava mostrarsi grata ad ognuno, giacche li suoi cittadini praticavano quasi tutta Europa ed erano da per tutto accolti